Scenari

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Scenari
L’Europa dei popoli
e delle nazioni
T
re grandi questioni dominarono la storia
europea della prima metà dell’Ottocento: la
questione delle libertà civili e dei diritti politici, la questione nazionale e la cosiddetta «questione
sociale» posta dal diffondersi del processo di industrializzazione e dal peggioramento delle condizioni
di vita di larghi strati della popolazione, che inizialmente tale processo indusse. Si trattava di questioni
già emerse nel dibattito politico e culturale del tardo
Settecento, in seguito alle trasformazioni politiche,
economiche e sociali che avevano coinvolto, seppure in maniera diseguale, larga parte del continente
europeo, e che ora si riproponevano con forza traducendosi in consapevole esigenza politica. Nella
prima metà dell’Ottocento la questione sociale rimase in realtà ancora sullo sfondo e furono soprattutto
l’idea di libertà e l’idea di nazione a monopolizzare
la scena politica. Le due idee-forza, saldate in questa
fase in un binomio inscindibile, si tradussero in movimenti insurrezionali capaci di prendere l’iniziativa
e modificare le istituzioni interne degli Stati e la geografia politica dell’Europa.
Diversi furono i fattori che contribuirono alla
loro affermazione. Per quanto riguarda la questione delle libertà civili e dei diritti politici un fattore
fondamentale fu il rafforzamento della borghesia,
decisa ad acquistare quell’autonomia e quel margine di manovra che le consentissero di esprimere a
pieno il ruolo ormai centrale che stava guadagnando
nella società a partire dalla rivoluzione industria-
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le. La classe emergente voleva partecipare in prima
persona alla gestione del potere e voleva eliminare le
rigidità del sistema assolutistico reputandole un freno allo sviluppo economico. Libertà politica, libertà civili e libertà economica divennero gli obiettivi
prioritari delle sue lotte che finirono per scardinare
gli assetti politici e sociali esistenti. Da minoranza la
borghesia si apprestò così a diventare classe dominante, ma una volta raggiunto il potere la sua carica
rivoluzionaria venne meno e di fronte alle rivendicazioni politiche ed economiche del proletariato,
l’altra classe che come la borghesia era stata frutto
della rivoluzione industriale, la grande maggioranza
dei borghesi sposò il principio dell’ordine e della stabilità sociale, sostituendo alla tradizionale gerarchia
di nascita la gerarchia del denaro.
Caratteri più propriamente culturali contribuirono invece all’affermazione della questione nazionale. La riscoperta di un’identità nazionale, suscitata
dall’esempio francese e in opposizione alle occupazioni delle armate napoleoniche, venne esaltata soprattutto dagli intellettuali. Si andò affermando un
concetto di nazione quale espressione di un’unità organica, caratterizzata da una comunanza di tradizioni, lingua e religione ed espressione del particolare
spirito di un popolo. In quegli anni l’idea di nazione
accompagnò e sostenne la richiesta di libertà, nazione e popolo divennero un binomio inscindibile, e
tutta l’Europa fu percorsa da movimenti che si battevano per l’indipendenza e per cacciare lo straniero.
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Scenari
Cultura
L’Europa della prima metà dell’Ottocento fu percorsa da fermenti politici e culturali che traevano alimento dalle concezioni politiche definite agli inizi del
secolo nell’ambito delle riflessioni sulla Rivoluzione
francese, evento con il quale tutto il pensiero politico era stato costretto a confrontarsi. Tali concezioni
alimentarono non solo il confronto politico del XIX
secolo, ma anche quello del secolo successivo e sono
ancora presenti nel dibattito contemporaneo. Le tre
concezioni politiche che si fronteggiarono nel corso
dell’Ottocento furono quella conservatrice, quella
liberale e quella democratica.
Il dibattito: conservatori, liberali, democratici
Per i conservatori, sostenitori della restaurazione
dell’ordine precedente allo sconvolgimento operato
dalla Rivoluzione francese e dall’Impero napoleonico, la Rivoluzione era stata un evento catastrofico,
frutto del razionalismo e dell’Illuminismo settecenteschi. I rivoluzionari avevano preteso di costruire
una nuova società in nome di astratti princìpi universali, libertà, uguaglianza, fraternità, disprezzando
la tradizione storica che era invece, a loro giudizio,
l’unico vero collante di una comunità. Di qui la loro
esaltazione del primato della tradizione, della religione, del rispetto per i poteri legittimi (monarchia
e Chiesa).
Il richiamo ai princìpi dell’Illuminismo e la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del
1789 costituirono, invece, la base dell’elaborazione
del pensiero liberale. Partendo dalla convinzione
che i diritti individuali fossero inalienabili, i liberali
elaborarono una concezione dello Stato come garante del rispetto delle leggi volte alla salvaguardia
della sfera privata dei cittadini. I liberali prendevano
a modello la monarchia parlamentare inglese, sostenendo il suffragio ristretto su base censitaria, ed
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L’Europa dei popoli e delle nazioni
125
esprimevano gli interessi esclusivi di quei ceti proprietari benestanti (aristocratici e borghesi) cui conferivano diritto di voto.
Se i liberali concentravano l’attenzione sull’individuo e sulla tutela delle sue libertà, i democratici,
che costituivano un altro grande filone di pensiero
politico, mettevano l’accento su chi esercitava il potere e sulla partecipazione dei cittadini alla cosa pubblica. I soggetti che esercitavano il potere dovevano
essere legittimati dal popolo e per questo era fondamentale affermare il suffragio universale. Il modello
istituzionale di riferimento per i democratici era la
repubblica. La loro concezione della comunità politica aveva connotazioni solidaristiche e prospettava
un graduale superamento delle differenze sociali.
Pur puntando a conquiste differenti, i democratici
si trovarono a combattere insieme ai liberali contro
l’assolutismo restaurato dai governanti europei dopo
la Rivoluzione e per l’indipendenza di molti paesi
dal dominio dello straniero.
L’idea di nazione In questo inizio di secolo maturò un’ulteriore cruciale riflessione attorno all’idea
di nazione, idea che divenne uno dei cardini della
riflessione e della pratica politica ottocentesca, contribuendo a caratterizzare in maniera profonda e
unitaria l’intero secolo. La nazione fu intesa come
un’unione naturale, che incarnava il particolare spirito di un popolo. All’interno di questa visione generale trovarono posto diverse interpretazioni: quella
più conservatrice, che esaltava la superiorità di una
nazione sulle altre, e quella, prevalente in questa prima metà dell’Ottocento, che legava l’idea di nazione
a quella di libertà, riconoscendo a ciascun popolo
il diritto di farsi nazione, darsi istituzioni, organi
e forme di governo, leggi sue proprie. Queste ultime interpretazioni dell’idea di nazione animarono
molti movimenti indipendentisti in quei popoli che
da secoli erano sottoposti al dominio straniero (in
Grecia, Italia, Belgio, nell’Impero asburgico e nella
Confederazione germanica). In Italia l’elaborazione
dell’idea di nazione ebbe il suo punto di riferimento
nel pensiero di Giuseppe Mazzini, nella sua idea di
«nazione e popolo» come comunità etico-religiosa
e nella sua convinzione che all’Italia e al popolo italiano fosse affidata una missione di libertà. Per Mazzini, democratico e repubblicano, ciascuna nazione
era una comunità voluta da Dio e aveva una precipua missione da svolgere: l’Italia unita, in particola-
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Parte 2 L’Europa dei popoli e delle nazioni
re, avrebbe dovuto porsi alla guida degli altri popoli oppressi e condurli nel processo di liberazione e
conquista dell’indipendenza.
Il pensiero socialista Un ulteriore fronte di riflessione politica si apriva sui problemi posti dalla
«questione sociale», favorendo la nascita del pensiero socialista. I primi socialisti ritenevano possibile
modificare gli aspetti deteriori della società industriale, cioè l’individualismo, l’antagonismo della
concorrenza, l’avidità del profitto, in nome di una
società più solidale. Ma emersero presto posizioni più radicali che individuavano le basi del nuovo
sistema nella disuguaglianza, nell’arricchimento di
pochi e nella povertà della maggioranza, posizioni
secondo le quali solo l’abolizione della proprietà
privata avrebbe portato a superare il nuovo sistema.
Queste posizioni trovarono una solida base teorica
nell’opera di due intellettuali tedeschi, Karl Marx e
Friedrich Engels, che nel 1848 pubblicarono il Manifesto del Partito comunista. Nei loro scritti, che
ebbero una grande influenza sul movimento operaio internazionale, essi prospettavano una nuova visione dell’uomo e della storia. Quest’ultima andava
interpretata come una successione di lotte di classe,
ossia come lo scontro tra sfruttati e sfruttatori: liberi
e schiavi nell’antichità, feudatari e servi della gleba
nel Medioevo, borghesi e proletari nell’età del capitalismo. Secondo Marx ed Engels, il proletariato era
sottoposto ovunque alle stesse condizioni di sfruttamento, per questo la classe operaia non doveva affrontare la battaglia separatamente, di Stato in Stato,
ma insieme, superando le barriere nazionali, in tutto
il mondo.
PER APPROFONDIRE PUOI LEGGERE
Sul dibattito tra conservatori, liberali, democratici  7.2.
Sull’idea di nazione e sul contributo del pensiero romantico
alla riflessione politica ottocentesca  7.3.
Sul pensiero di Mazzini e sulla Giovine Italia  9.2.
Su socialismo e comunismo  7.4.
Sull’analisi del capitalismo condotta da Marx nel Capitale
 Storia e... economia, p. 207.
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Politica
La Restaurazione Sconfitto Napoleone, nel 1815 i
rappresentanti delle grandi potenze (Impero asburgico, Russia, Prussia e Inghilterra) si riunirono in
congresso a Vienna per ridefinire l’assetto politico
dell’Europa. Tutti concordavano sulla necessità di
“restaurare” i confini territoriali degli Stati europei
precedenti alla Rivoluzione e a Napoleone, riconfermandovi i “legittimi” sovrani (principio di legittimità), ma obiettivo comune era anche quello di
bilanciare le rispettive sfere di influenza in modo da
evitare nuovi conflitti. E in effetti la parola chiave del
Congresso di Vienna fu “equilibrio”, una priorità in
nome della quale venne in parte sacrificato anche il
principio di legittimità, che pure costituiva la bandiera ideologica della Restaurazione. Fu soprattutto l’Austria, tramite il suo Cancelliere Klemens von
Metternich, a farsi promotrice del tentativo di cancellare dalla Storia le vicende rivoluzionarie, ma una
restaurazione integrale apparve presto impossibile
e i sovrani dovettero in qualche modo adeguarsi ad
alcuni cambiamenti divenuti ormai irreversibili.
Il primo cedimento riguardò la sistemazione
politico-territoriale dell’Europa. A Vienna, si resero
infatti definitivi non pochi cambiamenti intervenuti
in età napoleonica, ratificando annessioni, accorpamenti territoriali e creazione di nuovi Stati: ciò rispondeva bene alla nuova strategia politica di equilibrio tra le grandi potenze, chiamate ora a collaborare
insieme per mantenere stabile la situazione internazionale e quella interna dei singoli Stati. Il concerto
europeo costituiva una novità rispetto al sistema settecentesco delle relazioni internazionali, imperniato
sull’antagonismo tra i singoli Stati e sulla volontà di
ciascuno di essi di assumere una posizione predominante. Quel sistema si era rivelato, alla prova dei
fatti, fragile e inadeguato, aveva generato conflitti
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Scenari
REGNO DI
GRAN BRETAGNA
E IRLANDA
127
L’Europa dei popoli e delle nazioni
maturate nel periodo precedente, e venne nel giro di
pochi anni nuovamente messo in discussione da una
successione di moti insurrezionali (1820-21; 183031), che investì l’Europa portando all’indipendenOCEANO
za la Grecia e il Belgio (1830), insiemeATLANTICO
alla lontana
America Latina, liberatasi nel giro di poco più di un
decennio dal secolare dominio europeo. Il decennio
di moti da una parte dimostrò la fragilità
dell’accorLa Coruña
1820
do raggiunto tra le grandi potenze –Porto
la Russia
aveva
1820-23
appoggiato la rivoluzione greca e l’Inghilterra
quella
Madrid
REGNO
belga –, dall’altra intaccò irreparabilmente
il 1820-23,
prin1835
DEL
PORTOGALLO
cipio della legittimità dinastica, in primo luogo in
REGNO
Lisbona il re legittimo
Francia, dove durante l’insurrezione
DI
1820-23
SPAGNA
venne sostituito da Luigi Filippo d’Orléans, nominato dal Parlamento. Inoltre, le insurrezioni
avevano
Cadice
e guerre, creando il terreno propizio per le rivoluzioni. Stabilire un sistema di equilibrio tra le grandi
potenze, nella mente dei suoi promotori, avrebbe invece offerto le garanzie di un lungo periodo di pace
e questa a sua volta avrebbe permesso e garantito la
conservazione sociale.
Il primo obiettivo, in effetti, fu almeno in parte
raggiunto. L’uso delle trattative diplomatiche per dirimere le controversie internazionali impedì, per circa un quarantennio, lo scoppio di conflitti generali
tra le grandi potenze. Il ripristino dell’ordine monarchico assolutista, sebbene temperato da alcune trasformazioni oramai ineludibili (come, ad esempio,
l’abolizione dei diritti feudali soppressi in quasi tutta
Europa), contrastava sia con le trasformazioni economiche e sociali sia con le diffuse aspirazioni alla
libertà politica e alla coesione nazionale che erano
MAR
DE
NOR
REG
DEI P
BA
Amsterd
1848
Bruxel
1840
Parigi
NO DI DANIM
REG
MARE
DEL
NORD
REGNO DI
GRAN BRETAGNA
E IRLANDA
REGNO
DEI PAESI
BASSI
Amsterdam
1848
Bruxelles
1830
Boulogne
1840
Parigi
REGNO DI FRANC
(Repubblica dal 184
1848
1848
Clermont
1841
Tolosa
Barcellona
1820, 1835, 1842
Valencia
1835
Clermont
1820
Tolosa
1820-23
1820-23
NO
Stoccarda
1847, 1848
1841
Madrid
1820-23, 1835
Barcellona
1820, 1835, 1842
Valencia
1835
Cadice
1820-23
PR
US
1830, 1848
Torino
1848
Praga
1848
Ulma
Monaco
1848
IMPERO
SVIZZERA
1821, 1833, 1848
SIA
Berlino
1847
1848
1848
Marsiglia
1841
REGNO
DI
SPAGNA
1848
DI
1848
1841
Lione
La Coruña
Lisbona
1848
1831, 1848
Colonia
MAR
BALTICO
Venezia
Milano
Varsavia
Posen
1830, 1831
1846, 1848
IMPERO RUSSO
Cracovia
Brünn
1846, 1848
(austriaca dal 1846)
1848
Vienna
1848
Budapest 1848
D’AUSTRIA
Zagabria
1848
MAR NERO
1848
1821, 1848
REGNO
DI
SARDEGNA Firenze STATO
1848
DELLA
CHIESA
Roma
1848, 1849
Napoli
1820, 1848
Palermo
1820, 1848
IMPERO
Istanbul
OTTOMANO
REGNO
DELLE
DUE SICILIE
Missolungi
1821
Epidauro
GRECIA 1822
(indipendente dal 1822,
riconosciuta nel 1830)
MAR MEDITERRANEO
Moti rivoluzionari
Confine rivendicato dalla Grecia
nel 1830
Confine rivendicato dal Belgio
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127
nel 1831
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18
18
Marsigli
1841
Moti rivoluzionari
Confine rivendicato dalla Grecia
nel 1830
Confine rivendicato dal Belgio
nel 1831
Confini della Confederazione
germanica
Riga
1847
Lio
Limoges
Amburgo
REGNO DI FRANCIA
(Repubblica dal 1848)
Nantes
Neuchâtel
1848
1848
REGNO
DEL
PORTOGALLO
1848
G
RE
Lipsia
Francoforte 1830, 1845
Lilla
Limoges
Porto
Copenaghen
Hannover
1830, 1848
OCEANO
ATLANTICO
REGNO
DI
SVEZIA
1841
Nantes
I moti rivoluzionari in Europa (1820-48)
CA
AR
Lilla
1830, 1848
1820-23
REGNO
DI
NORVEGIA
1830
Boulogne
1848
128
Parte 2 L’Europa dei popoli e delle nazioni
messo in moto forze la cui presenza mutava il panorama politico europeo: erano riapparsi i movimenti
popolari e, mentre guadagnavano terreno gli ideali
liberali e democratici, cominciavano a serpeggiare le
idee socialiste.
La «primavera dei popoli» In un crescendo di mobilitazione e di proteste e in un contesto di grave crisi
economica, si giunse infine alle rivoluzioni del 1848
che sconvolsero l’intera Europa. Ancora una volta la
scintilla scoppiò in Francia e da lì si propagò rapidamente nel resto del continente, trovando le ragioni
del suo dilagare nella realtà politica e sociale dei singoli paesi. Se in Francia la rivolta assunse un forte
connotato sociale, entro i confini dell’Impero asburgico fu piuttosto il risultato di una miscela esplosiva,
un misto di aspirazioni e insofferenza: a Vienna la
popolazione espresse la sua intolleranza per l’assolutismo, mentre nelle diverse aree dell’Impero i popoli
sottomessi (ungheresi, boemi, polacchi) si mossero
per riconquistare l’indipendenza; anche nella Confederazione germanica e in Italia le insurrezioni
espressero soprattutto un’aspirazione all’indipendenza e all’unità nazionale. Tuttavia, la «primavera
dei popoli», come fu chiamato il ’48, si esaurì rapidamente. Le forze conservatrici riuscirono a riprendere il controllo ovunque e, ancora una volta, tutto
sembrò tornare come prima. In realtà, nonostante
l’insuccesso, le rivoluzioni non erano passate invano: le aspirazioni dei cittadini ad una più ampia partecipazione politica non poterono più essere ignorate, così come non poté più essere ignorato il problema dell’unificazione degli Stati tedeschi e dell’Italia.
L’Italia unita Ma, se per l’Unità tedesca si sarebbe dovuto aspettare ancora qualche decennio, il
processo di unificazione italiana prese consistenza proprio a partire dal 1848, quando i liberali e i
sostenitori del movimento nazionale trovarono un
punto di riferimento istituzionale e politico nel Regno di Sardegna. Fu proprio in Italia, dunque, che
il progetto di restaurazione di Metternich incontrò
il suo più grande fallimento, sconfitto dall’esercito
piemontese, nel quale i volontari provenienti da tutta la Penisola giocarono un ruolo fondamentale, ma
anche da una generale mobilitazione dell’opinione
pubblica, nella quale era cresciuta in quegli anni una
forte consapevolezza dell’appartenenza nazionale.
L’Unità si compì come un ingrandimento del Regno
di Sardegna e la Costituzione concessa all’Italia uni-
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ta fu lo Statuto Albertino, la carta costituzionale approvata nel 1848 dal re Carlo Alberto in Piemonte.
Lo Statuto, progressivamente esteso ai territori annessi dai Savoia, ampliava le libertà individuali, ma
prevedeva un sistema di voto censitario e lasciava
alla Corona ampi poteri. Il 17 marzo 1861 Vittorio
Emanuele II fu proclamato re d’Italia. Rimanevano
fuori dai confini del nuovo regno pochi strategici
territori: Roma e il Lazio, Venezia.
PER APPROFONDIRE PUOI LEGGERE
Sul Congresso di Vienna  7.1 e sulla Restaurazione  7.1 e
7.5.
Sui moti del 1820-21 e del 1830-31 in Europa  7.5, in Italia
 9.1.
Sui moti del 1848 in Europa  8, in Italia  9.3.
Sul Risorgimento italiano  9.1.
Su democratici e moderati nell’Italia risorgimentale  9.2.
Sulla Prima e sulla Seconda guerra di indipendenza in Italia
 9.4-6.
Sul Piemonte liberale e su Cavour  9.5-6.
Sull’Unità d’Italia  9.7.
Società
Il cambiamento in atto Nell’Ottocento con l’espandersi del processo di industrializzazione la società occidentale si trasformò profondamente, assumendo
contorni più articolati e mobili. Non era più la rigida
società dei proprietari terrieri e dei contadini, ma la
ben più fluida e stratificata società della borghesia e
del proletariato. Nella prima metà dell’Ottocento il
processo era solo all’inizio, forti erano le resistenze e
le continuità con il passato, ma il cambiamento era
in atto e la sua forza dirompente. L’emergere di nuovi soggetti sociali comportò una profonda trasformazione della mentalità, dei valori condivisi e dei
comportamenti pubblici. Erano dirompenti anche
le trasformazioni ambientali: fabbriche, strade, fer-
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Scenari
rovie e canali cambiarono rapidamente la fisionomia del paesaggio; le città crescevano enormemente
mutando struttura, mentre le campagne si trasformavano per la progressiva introduzione di nuove
tecniche agricole e si avviavano ad un lento spopolamento. Il cambiamento non investì tutta l’Europa:
molte zone, soprattutto nell’area orientale, rimasero arretrate e prevalentemente agricole, ma il processo era in espansione e non poté essere fermato.
Borghesi e proletari Era la borghesia la classe
sociale che gestiva questo inarrestabile processo di
modernizzazione. Borghesi erano gli imprenditori,
i banchieri, coloro che gestivano i grandi capitali, li
investivano traendone un profitto, ma borghesi erano anche molti dei professionisti o degli studiosi che
mettevano a punto le innovazioni tecnologiche. La
borghesia non era una classe omogenea – c’erano
borghesi molto ricchi, borghesi benestanti e piccoloborghesi –, ma ciò non le impedì di esprimere con
forza una propria cultura, un proprio modo di pensare e un proprio stile di vita, destinati ad imporsi e
a rappresentare per molti esponenti dei ceti inferiori
un traguardo cui aspirare. Uno dei principali e più
profondi cambiamenti culturali imposti dalla borghesia riguardò il rapporto con il denaro: accumulare denaro, attività moralmente condannata nel Medioevo e appena tollerata nell’età moderna, divenne
in questo primo Ottocento una vera e propria “vocazione”, una attività considerata utile al progresso
dell’umanità. Pilastri dell’etica borghese erano il lavoro e la famiglia. I borghesi credevano nella libera
concorrenza ed erano profondamente individualisti
nel lavoro. La famiglia borghese era molto poco liberale, anzi di stampo piuttosto conservatore, strutturandosi ancora intorno al ruolo dominante del pater
familias, a cui tutti, moglie e figli, erano assoggettati. La fiducia nel progresso era un altro caposaldo
del pensiero borghese. Essa poggiava sul grandioso
sviluppo economico e sulle straordinarie conquiste
della scienza e della tecnica che tra Settecento e Ottocento incantarono l’Europa.
Insieme alla borghesia, un’altra classe sociale
emerse in questo primo scorcio dell’Ottocento, il
proletariato: l’altra faccia della medaglia di questo
travolgente processo di modernizzazione. Relegati
ai margini della vita sociale e costretti a condizioni di vita spesso disumane, gli operai iniziarono in
questi anni, grazie anche al movimento socialista, a
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L’Europa dei popoli e delle nazioni
129
prendere coscienza della loro condizione di sfruttati
e cominciarono ad organizzarsi per difendere i loro
diritti. Le prime associazioni sindacali nacquero in
Inghilterra, favorite dal rapido sviluppo industriale
e dal regime liberale vigente in quel paese, e sorsero
lentamente anche nel resto d’Europa in concomitanza con il diffondersi del sistema di produzione industriale. Gli obiettivi delle organizzazioni operaie
erano inizialmente strettamente sindacali: miravano
cioè ad ottenere miglioramenti nelle condizioni di
lavoro e nelle retribuzioni salariali. Con la diffusione del socialismo le tematiche si ampliarono e le rivendicazioni investirono anche la sfera politica nella
prospettiva di un generale rivolgimento della società
capitalistica.
Della dicotomia che si andava consolidando nella società ottocentesca tra borghesia e proletariato
si fece specchio fedele la città. Nel nuovo modello
urbano sempre più netta era infatti la separazione
tra le periferie malsane e affollate dai ceti popolari,
espulsi dal centro storico o inurbati dalle campagne,
e i quartieri residenziali destinati ai ceti agiati, abbelliti e migliorati dalla realizzazione di numerose opere pubbliche (illuminazione, fogne, strade, giardini).
Per gestire in maniera più efficiente gli interventi
pubblici nacque anche una nuova disciplina, l’urbanistica, che guardava alla città come a un grande organismo, le cui parti dovevano essere razionalmente collegate. Gli esempi più caratteristici di questo
nuovo modo di intendere lo sviluppo urbano furono
rappresentati da Parigi e Vienna.
La chiusura dei cattolici Le grandi trasformazioni
sociali e culturali dell’Europa colpirono duramente anche la Chiesa in questo primo Ottocento. Il
mondo cattolico vi si oppose infatti con forza, chiudendosi in un atteggiamento di intransigente difesa della tradizione. Laicità, progresso, fiducia nelle
scienze divennero gli obiettivi polemici principali
delle gerarchie cattoliche, che trovarono espressione
nell’enciclica Quanta cura, nel Sillabo degli errori del
nostro tempo e nel Concilio Vaticano I, con il quale
si giunse a proclamare l’infallibilità del papa (1870).
PER APPROFONDIRE PUOI LEGGERE
Sulla borghesia: etica, cultura, stile di vita  10.1.
Sul proletariato e sulle organizzazioni operaie  10.3-4.
Sulla città moderna  10.2.
Sulla Chiesa  10.5.
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130
1.
Parte 2 L’Europa dei popoli e delle nazioni
Lavora tu
Completa lo schema sottostante inserendo le lettere corrispondenti ai termini e alle espressioni elencati (attenzione! ci sono due intrusi).
a. «primavera dei popoli» b. libertà politiche e civili c. ordine monarchico assolutista d. equilibrio e. questione nazionale f.
politico-territoriale g. legittimità h. diritti feudali i. moti insurrezionali j. politico-sociali
Restaurazione
Principio di
........................
........................
Risistemazione
........................
Trasformazioni
........................
Aspirazione a
........................
........................
(1820-21; 1830-31)
........................
........................
(1848)
2. Indica sulla carta muta dell’Europa del XIX secolo gli Stati elencati ed esegui le consegne.
Portogallo • Spagna • Inghilterra • Francia • Belgio • Confederazione germanica • Impero asburgico • Impero russo • Impero
ottomano • Grecia • Italia
a. Completa la tabella sottostante inserendo i termini e le espressioni elencati.
nazionale • borghesia • industrializzazione • sociale • identità nazionale • libertà civili
Il rafforzamento della ...............................
contribuì alla richiesta di: ........................
La riscoperta della ...............................
determinò la: .........................................
Gli effetti negativi della ...........................
determinarono la: ......................................
............................... e diritti politici
Questione ...............................
Questione ...............................
b. Indica sulla carta dell’Europa gli Stati nei
quali le rivolte assunsero rispettivamente caratteri sociali, politici e nazionali.
3.
Per riassumere gli elementi che caratterizzarono le trasformazioni politiche e
sociali della prima metà dell’Ottocento,
rispondi alle seguenti domande.
a. Che cosa sostenevano i conservatori?
b. Che cosa differenziava il pensiero politico
di liberali e democratici?
c. Quale visione della storia prospettavano i
teorici del socialismo?
d. Quali erano i pilastri dell’etica borghese?
e. Quali obiettivi si prefiggevano le organizzazioni operaie?
f. In che modo fu influenzato l’assetto urbano delle città dalla dicotomia tra borghesia e
proletariato?
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