Tesina – Jimi Hendrix

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Istituto Tecnico Economico
“A. Zanon”
Classe: 5AE
Un fuoco indimenticabile
Un uomo solo al comando.
La sua chitarra è una Fender Stratocaster.
Il suo nome è ... Jimi Hendrix
Maturanda:
Giorgia Paron
Esame di stato a.s. 2013- 2014
1
2
Dedicata ai miei genitori,
Viviana e Fabio
E a tutti coloro che sognano
Con la musica come il mito di
Jimi Hendrix
3
Indice:
2
Dedica
5
Premessa personale
7
Introduzione
15
23
29
32
Storia –Il ’68 e la guerra del Vietnam con gli occhi di Hendrix
Storia dell’arte - La Pop Art di Warhol. L’unione tra musica e arte
Letteratura inglese - La Beat Generation. Provocazione secolare
Poesie della Beat Generation
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Per finire – Piccola curiosità. Biografilm 2014- Bologna
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Bibliografia
4
Premessa
L’
idea di sviluppare questo argomento nel mio percorso d’esame
è nata dalla mia grandissima passione per la musica che da
sempre mi accompagna quotidianamente in ogni gesto che compio.
Fin da piccola mi ha appassionato il suono, le emozioni che esso
suscita, emozioni infinite che cambiano in ognuno di noi… spiegare i
sentimenti che mi trasmette è indescrivibile ! La vera Musica è
speciale, fa vedere una realtà ben diversa da quella che viviamo, ti
trasporta in una dimensione fantastica, costituita solamente da vere
suggestioni, libera da ogni pensiero, da ogni paura … ti aiuta ad
usare l’immaginazione, a ricercare
la scintilla creativa che è
nascosta nell’abisso della nostra anima.
A volte è veramente sorprendente come un’armonia di sole sette note
abbia la capacità di muovere in noi impulsi di libertà, in cui
possiamo riscoprire la nostra personalità e trovare un conforto a ogni
cosa.
Il genere musicale che ho scelto per sviluppare questa mia ricerca è il
Rock, genere musicale che conosco e ascolto fin da bambina, grazie
anche a mio padre che me l’ha trasmesso con amore e convinzione
attraverso la sua chitarra e la sua musica.
E’ uno stile che mi ha fatto crescere e mi ha permesso di vedere il
mondo con sguardi diversi, con una mentalità fuori dal comune.
Differisce dagli altri, per il suo carattere così tenace, capace di
entrare nell’anima e non lasciarti mai più, capace di caricare
d’infinite energie e andare avanti,SEMPRE, anche quando ormai le
speranze sembrano svanite.
Mi ha aiutato a superare molti momenti bui nel corso della mia vita e
proprio per questo sono qui a raccontarlo a voi, sperando di uscire da
quest’aula lasciandovi impresso dentro,un piccolo frammento di
storia che ha creato il mondo artistico in cui viviamo e con l’intento
di farvi scoprire emozioni a voi sconosciute.
“Basta una serie di note. Il resto è improvvisazione”
Cit. Jimi Hendrix
5
Il rock è un modello di vita, non è solo suoni.
Loredana Bertè
Come rockstar, ho due istinti: voglia di divertirsi e voglia
di cambiare il mondo. Ho la possibilità di fare entrambe le
cose.
Bono Vox
La cosa grandiosa del rock and roll è che uno
come me può essere una stella.
Elton John
Un giorno anche la guerra si inchinerà al suono di una
chitarra
Jim Morrison
Il rock dovrebbe essere suonato al volume che serve.
Luciano Ligabue,
Il mio dio è il rock'n'roll.
Lou Reed
Se non si conosce il blues è inutile prendere la
chitarra e suonare rock and roll o qualsiasi altra
forma di musica popolare.
Keith Richards
Il rock'n'roll è la forma espressiva più schifosa, brutale e
malefica, un afrodisiaco pestilenziale, la musica preferita di
tutti i delinquenti della terra.
Frank Sinatra
Talvolta mi piace vedere la storia del rock'n'roll come l'origine della
tragedia greca. Immagino un gruppo di fedeli che danzavano e
cantavano in piccoli spazi all'aperto. Poi un giorno dalla folla
emerse una persona posseduta e cominciò a imitare un Dio.
Jim Morrison
Noi facciamo musica libera, dura, che picchi forte sull'anima in modo da
aprirla.
Jimi Hendrix
Lo so, è solo rock 'n' roll, ma mi piace!
The Rolling Stones
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27: la maledizione del rock
(trascrizione di un documentario sulla maledizione del 27, pubblicato nel 2012)
“27 è il numero della maledizione del rock, proprio a 27 anni muoiono, infatti, alcuni dei più
grandi musicisti rock: Brian Jones, Jimi Hendrix, Janis Joplin, Jim Morrison, Kurt Cobain, Amy
Winehouse. Idoli che vivono una breve esistenza, stretta nella tenaglia tra il geniale talento
artistico e l’abuso di alcool e droghe. Questo percorso vuole ricordare tanti artisti che sono morti
all’apice del loro successo.
La mattina del 18 settembre del 1970, viene trovato morto soffocato all’interno
dell’appartamento che aveva affittato al SammarcandHotel di Londra, causa della morte,
probabilmente, un micidiale cocktail di alcool e tranquillanti.
Con la sua morte svaniva il sogno dell’Acquario, l’esperienza a Woodstock diventava legenda e
l’approccio alla chitarra elettrica non sarebbe mai stato più lo stesso. Era il 18 settembre del 1970,
quando gli infermieri del servizio ambulanze 999, trovarono Jimi Hendrix riverso sul letto di un
hotel londinese.
Infarto per overdose da cocktail da barbiturici, scrisse il medico legale, eppure quel referto non
convinse i fan, certi di un mistero più grande. Oggi a sostenere che Hendrix fu ammazzato, è il
suo fonico James Wright, in un libro di memorie in cui si afferma che l’assassino fu il suo
manager, Michael Jeffery […]
Da allora il mistero Hendrix continua, affiancato dalla storia di tanti altri rocker maledetti.
Icona della musica rock, Jimi ha incantato generazioni differenti. Carisma, talento musicale e
carica sessuale, ne hanno fatto una figura universale che ha superato la sua volontà.
Alla morte Jimi, che era nato a Seattle da padre nero e madre cherokee, ha lasciato una
complicata situazione ereditaria, solo nel ’95 il padre Al e la sorellastra Janì, unici parenti rimasti,
hanno preso possesso dei diritti.
Il padre dichiarò: « Quando Jimi iniziò a suonare, la prima chitarra acquistata fu a $ 5,00, usata
da un amico di sua madre. Noi non ostacolammo la sua passione musicale, aveva 15/16 anni e
suonava nel tempo libero davanti alla TV, non prese mai lezioni, non sapeva leggere la musica ma
conosceva i principi base.»
Sangue indiano o cherokee, un po’ messicano un po’ afroamericano, una fender Stratocaster, un
chitarrista mancino, rock’n’roll, blues, funky, psichedelia… alla fine è tutto qui, basta mischiare e
avrete una delle più gloriose figurine musicali mai sentite.
Comincia a suonare ed è un talento vero, diventa un session man molto richiesto, fino a suonare
con mostri sacri dell’epoca: Wilson Pickett, Little Richard, Tina Turner…
Nel 1965 la mecca è il village di New York, Jimi Hendrix abita li e suona. È il periodo
dell’innovazione, Jimi sta cercando qualcosa, forse nemmeno lui sa bene cosa. Charles Chamber,
un ex degli Animals, lo nota e decide di lavorare su quel giovane irregolare. Lo porta a Londra, gli
procura una sezione ritmica, Mitch Mitchell batteria e Noel Redding basso. Si chiamano The Jimi
Hendrix Experience ed esplodono letteralmente quando esce il primo singolo: Hey Joe!
Nel 1967, il primo album: Are you experienced? . L’esordio è strepitoso, ma quel che consacra
Hendrix in patria è il Festival di Monterey, un’esibizione mozzafiato, grandiosa che resta negli
annali, non solo per la follia cristallina di Hendrix, che finisce per bruciare la sua chitarra in
scena, ma anche per il suono.Dopo la morte e tra le soliti liti su liti e una valanga di inediti più o
meno credibili, i dischi di Hendrix hanno continuato ad uscire per anni, per decenni… ma forse,
solo chi l’ha visto suonare dal vivo, può capire cos’era davvero Jimi Hendrix.”
Una maledizione che dura in eterno sotto l’ombra di alcuni degli artisti che hanno segnato la
storia del rock, a partire da Jimi Hendrix sino ad arrivare all’ultimo artista maledetto, Jim
Morrison, morto il 3 luglio 1971.
All’apparenza potevano sembrare persone comuni, con una vita normale ma nell’anima avevano
un mondo tutto da raccontare, lo facevano attraverso la musica, attraverso l’uso della
trasgressione e della rabbia. Forse era l’unico modo che avevano per far sentire il loro dolore
interiore e trasmettere la loro angoscia al pubblico; erano artisti emarginati che non possedevano
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un posto all’interno della società perché considerati “matti” e troppo strani per condurre
un’esistenza troppo scontata. Ma in realtà dietro quei volti si nascondevano dei geni, delle menti
potenti, ancor più della stessa società che gli si poneva davanti.
Ognuno aveva una propria vita, sin da piccoli erano bambini comuni, conducevano un’infanzia
regolare, poi crescendo si sono accorti di essere speciali e possedere qualcosa di più rispetto agli
altri. Riuscirono a scoprire la loro capacità di commuovere milioni di spettatori con le loro
canzoni, che nascevano dal desiderio di evadere da quell’istituzione troppo regolare, troppo
limitata in cui vigevano leggi che per loro era impossibile non violare, volevano soltanto vivere la
vita come se un domani non ci fosse stato! Era chiedere troppo? NO.
Erano totalmente liberi, senza ostacoli, l’unica amica che potesse comprenderli veramente era
lei:la Musica; ma quella vera e sentita, quella fatta da sole sette note e il resto improvvisazione,
come disse Hendrix, quella musica che appena la ascolti ti fa venire la pelle d’oca, quella musica
che alla prima nota è capace di trasportarti mentalmente in un altro universo, aldilà della
semplice realtà monotona e conflittuale… cercavano solo questo!
Ma evidentemente erano visti quasi come “alieni” o addirittura paragonati a Satana, poiché con le
loro band cantavano inni contro il mondo, contro i valori della società, contro qualcosa che non
gli apparteneva e che non sentivano propriamente loro. Rigettavano tutto ciò che detestavano
nelle loro opere, molte volte, considerati di difficile comprensione, perché venivano usati termini
lessicali troppi forti che andavano al di là della mentalità comune e della superficialità.
Il termine”artista maledetto”, nasce appunto da questa reputazione che essi diffondevano tra le
masse, estraniandosi completamente e continuando a vivere a testa alta. Adottavano uno stile di
vita molto provocatorio, pericoloso, asociale o autodistruttivo consumando droghe e alcool, per
far fronte agli innumerevoli concerti e viaggi. Assumevano queste sostanze anche per motivi
legati al successo, poiché una volta divenuti famosi e unici nel loro genere, i fan pretendevano da
essi delle performance sempre più intense e sentendosi obbligati ad esibire ininterrottamente la
loro parte migliore che aumentava dopo ogni concerto, l’unica via d’uscita per loro era
l’assunzione di stupefacenti molto potenti.
Molto spesso capitava di veder sfoggiare la loro pazzia direttamente sul palco, in quanto poco
prima di salire, un bicchierino di vodka unito a una striscia di Coca non mancava mai, come fece
Jim Morrison, fondatore dei “The Doors”, in molti dei suoi concerti. Infatti all’epoca due
psichiatri hanno concluso che non sono stati l’abuso di alcool e di droghe a farne uno dei più
grandi musicisti pop dei suoi tempi, ma piuttosto tali eccessi hanno danneggiato la sua creatività
artistica. Sapevano però, che facendo così, avrebbero goduto di quella fama ancora per poco, si
sentivano consumare da quelle droghe che assumevano quotidianamente, ma anche fino
all’ultimo sospiro, loro erano lì, su quel palco, davanti a milioni e milioni di persone, pronti e
carichi per farli scatenare. Quella strada li avrebbe portati subito dopo al degrado più assoluto e
poi alla morte.
Poco dopo infatti, le luci sul palco si spensero per sempre, le urla e l’entusiasmo dei fan cessarono,
ma di quei mostri del rock rimarrà sempre il mito eterno, la loro mostruosa musica e Woodstock
1969.
E come tutti gli artisti, il loro genio venne riconosciuto e apprezzato dopo la loro scomparsa!
Jimi Hendrix è stato per il mondo della chitarra rock quello che Paganini fu per il violino e per la
composizione violinistica durante l’età della musica romantica.
Tutti i chitarristi e musicisti rock gli devono un riconoscimento per quello che ha saputo
insegnare e trasmettere; li ha ammaestrati sul potere che una chitarra, insieme a un amico
inseparabile di vita, quale l’amplificatore, possono comporre. A lui bastava avere davanti a sé una
Fender Stratocaster abbinata a un amplificatore Marshall, con un pedale Wha Wha Vox e un
distorsore Fuzz Face per mandare in escandescenza il pubblico. Grazie ai mezzi di cui disponeva,
la sua musica risultava alcune volte violenta, e difficilmente si riusciva a seguire l’armonia
musicale che suonava, ma appena posava il plettro sulla chitarra, esisteva solo lui.
Ma quando si tratta di suono Jimi Hendrix è uno tra i pochi chitarristi a possederne uno
inconfondibile ed eterno. Jimi era un tutt’uno con la sua strumentazione e, da pioniere, utilizzò
chitarre, effetti e amplificatori come nessuno fino ad allora.
8
Ha saputo donare una capacità magica a un semplice strumento a 6 corde in nylon e ne ha
riconosciuto il giusto valore.
Di contro, però, Hendrix non ha avuto seguaci, nel senso che nessuno ha ripreso in maniera
convincente il suo chitarrismo visionario, la sua furia devastante che lui riusciva a mettere in
musica, al contrario di un sacco di chitarristi che con la furia riescono a produrre nient’altro che
rumore… ma non si può certo negare che fu preso come modello da tante generazioni successive
e da molti personaggi del panorama musicale, che, grazie a lui hanno continuato a disegnare la
storia del rock cominciando dall’America e espandendo la sua fama e immagine in tutto il mondo.

Il grande Eric Clapton, famoso cantautore, chitarrista e compositore britannico, raggiunse
il successo nel 1966, che dopo un concerto a Londra, gli viene dedicata una scritta sui
muri di una metropolitana Clapton is God. Nello stesso periodo conosce il batterista Ginger
Baker e il pianista, compositore e bassista Jack Bruce, più tardi con loro fonderà il gruppo
dei Cream, band nella quale lui stesso sarà il protagonista più acclamato. Poco dopo
stringerà rapporti d’amicizia con Frank Zappa, collaborando anche in alcuni dischi.
Soprannominato Slowhand (Mano lenta) e God (Dio), definito da Chuck Berry The Man
of the Blues (L'uomo del Blues), è uno dei più famosi e influenti chitarristi blues.
Plurivincitore di Grammy Award, è l'unico musicista che vanta 3 inserimenti
nella Rock'n'Roll Hall of Fame. Non a caso la rivista “Rolling Stone” lo ha inserito al
secondo posto dietro solo a Jimi Hendrix nella classifica Rolling Stone's 100 Greatest
Guitarists of All Time, che annovera i migliori chitarristi di tutti i tempi, eleggendolo come
migliore chitarrista vivente.

“Diventerò la più grande rock-star, mi ucciderò e farò una fiammante uscita di scena.
Voglio diventare ricco e famoso e uccidermi come Jimi Hendrix.” , disse cosi Kurt Cobain a
un suo compagno di scuola, furono le prime parole a far capire ciò che voleva divenire.
Kurt Donald Cobain nasce il 20 Febbraio 1967 in una cittadina nello stato di Washington.
Disoccupazione e povertà sono le fondamenta di quella zona. Lo spazio circostante, però ,
era rallegrato da un piccolo ragazzo che si divertiva a gironzolare con il suo tamburo nelle
strade vuote di quel paese privo di vita. Kurt, molto intelligente e sensibile, è la gioia della
sua famiglia, ed è per questo che creano in lui l’illusione di un mondo perfetto. Quando i
suoi genitori non riescono più a nascondere i loro problemi e il fallimento del matrimonio,
Kurt reagisce a questo cambiamento con un disturbo psichico così forte da rendere
necessaria l’assunzione di farmaci. Con questo divorzio tutta la sua infanzia viene buttata
via; i suicidi tra i parenti e l’impiccagione di un giovane vicino, peggiorano il suo stato.
Kurt aveva una visione sempre più negativa della vita. Cominciò a chiudersi in se stesso, a
fumare canne, e crearsi un suo mondo: il sogno della grande rock-star.
Il velo grigio steso sulla sua infanzia produce in lui l’idea che la vita è un’unica montagna
di spazzatura. Eppure, l’artista tira fuori dei frutti dalla terra della sua anima corrotta.
Cambia il cielo con i Nirvana, riesce a far diventare il “grunge” uno stile di musica
accettato e diventa il rivoluzionario di una società consumistica. Un giorno si ritrova ad
essere una rock-star: valutata, commercializzata, messa in busta… e si butta via, come
Jimi.

Leader carismatico e frontman della band statunitense The Doors, Jim Morrison, fu uno
dei più importanti esponenti della rivoluzione culturale degli anni Sessanta, nonché uno
dei più grandi cantanti rock della storia. Impetuoso "profeta della libertà" e ultimo poeta
maledetto, è ricordato come una delle figure di maggior potere seduttivo e trasgeressivo
nella storia della musica rock e uno dei massimi simboli dell'inquietudine giovanile.
Era soprannominato il Re Lucertola e venne paragonato a Dioniso, divinità del delirio e
della liberazione dei sensi.
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Contemporaneo di Jimi, fu influenzato molto dalla sua musica e dalla sua ideologia;
sempre carico di un’energia vitale suprema, capace di sovrastare il mondo con un solo
passo. Si trovarono accomunati talmente tanto dalla propria personalità e dal proprio stile
di vita, che nel 1980 pubblicarono in Canada il disco Woke Up This Morning and Found
Myself Dead. L’album documenta un’esibizione non ufficiale di Hendrix nel locale
notturno The Scene, a New York City nel marzo del ’68, in cui si auto registrò con un
registratore che si portò con sé. A questo concerto partecipò anche Jim Morrison, che si
esibì con urla oscene dopo essere salito sul palco totalmente ubriaco,
Nel 2008 anche Morrison, come Hendrix, è stato posizionato al 47º posto nella lista dei
100 migliori cantanti secondo la rivista Rolling Stone.

Janis Lyn Joplin è stata una cantante statunitense.
Divenne nota verso la fine degli anni sessanta come cantante del gruppo Big Brother and
the Holding Company, e successivamente riconosciuta per i suoi lavori da solista. La sua
carriera continuò fino alla morte per overdose all'età di 27 anni. Anche per lei la rivista
statunitense Rolling Stone le riserva il 28º posto della lista dei 100 artisti più importanti
della storia. Sempre stata un’adolescente inquieta, fin dai primi anni giovanili si avvicinò
al blues cominciando a cantare nel coro cittadino e avvicinandosi alle musiche di
Leadbelly, Bessie Smith, Odetta e Big Mama Thornton che pronunciò:
«quella ragazza prova le stesse cose che sento io»
Condivise senza paura l’ideale Peace and Love che caratterizzò il movimento Hippy.
Partecipò insieme ad altri artisti, al Festival di Woodstock del 1969 in cui Hendrix suonò
Summertine per lei; partecipò anche al concerto in memoria di Martin Luter King.
Lo stile emancipato della Joplin fu rivolto alla difesa dell'uguaglianza fra bianchi e neri,
uno stile totalmente antirazziale e contro ogni forma di diversità, sostenuto anche da una
particolare ammirazione per la musica delle sue cantanti blues preferite. Anche per
questo, poco prima della propria morte acquistò una lapide più dignitosa per Bessie
Smith, deceduta a seguito di un incidente stradale e non soccorsa per via del colore della
sua pelle. Janis ebbe anche un incontro ravvicinato con Jimi, nel quartiere di Queens a
N.Y., un tempo sede dell’Esposizione Mondiale. Proprio li che i due s’incontrarono tra gli
angusti camerini a dividersi un quarto di Jack Daniels, tra il trambusto e la fretta.
…Una cosa sola li accumunava…
1.
2.
3.
4.
Jimi Hendrix: novembre 1942- settembre 1970, muore all’età di 27 anni
Jim Morrison: dicembre 1943- luglio 1971, muore all’età di 27 anni
Kurt Cobain: febbraio 1967- aprile 1994, muore all’età di 27 anni
Janis Joplin: gennaio 1943- ottobre 1970, muore all’età di 27 anni
Tutti e quattro muoiono alla giovane età di 27 anni, tutti riuniti dallo stesso destino e tutti
portavano nel cuore quello strano rancore. Uno strano destino il loro, semplice coincidenza o
troppi eccessi? Nascono tutti nel ’42- ’43 e muoiono tra il ’70- ’71, eccetto Cobain. Arrivano al
1968 che sono quasi trentenni, maturi, ma con un modo di affrontare la vita troppo pericoloso. Ai
loro occhi il mondo “puzza”, anzi, gli uomini che ci vivono puzzano, per cui l’unico mezzo che
hanno per sopravvivere all’ignoranza e agli uomini comuni era la ribellione, concretizzata con le
urla, sesso, droga e rock’n’roll. Manifesto spirituale di quello stile popular music.
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Jimi
Hendrix
Hendrix chiude il festival di Woodstock trasfigurando ed
interpretando l'inno degli Stati Uniti The Star- Spangled
Banner. Si accanisce sul tema dell’inno in maniera selvaggia,
è come se “sputasse” sul più alto valore della patria,
intervallando con feroci attacchi di chitarra i suoni dei
bombardamenti e dei mitragliamenti sui villaggi del Vietnam.
Sirene di contraerea ed altri rumori di battaglia, il tutto avvalendosi della sua sola chitarra.
Hendrix non ha mai predicato contro la guerra, ma è pur vero che ha urlato.
Jim
Morrison
E poi c'è il "ruggito divino" di Morrison, che è uno degli urli più possenti della storia del rock, in
“When The Music 's Over”, una lunga litania in crescendo, come lo ha anche definito il Corriere
della sera. Manifesta la sua inquietudine in testi, poesie, urlando e dimenandosi sul palco.
« Sono sempre stato attirato dalle idee di ribellione contro l'autorità. Quando ti riconcili con
l'autorità, diventi tu stesso un'autorità. »
Il discorso che fece il 1 marzo 1969 prima del suo concerto a Miami diede il via ad una sommossa
del pubblico che fu eccitato proprio dalle parole del cantante. Si denudò davanti a migliaia di
spettatori, mentre pronunciava parole provocatorie e contro il potere:
“...Quanto Pensate che possa durare?
Per quanto lascerete che vi diano ordini?
Per quanto?
Forse vi piace.
Forse vi piace essere comandati!...Siete tutti degli schiavi. Vi lasciate comandare a bacchetta
da tutti.
Che cosa pensate di fare...
....Ascoltate,un tempo pensavo fosse tutto uno scherzo.
Pensavo fosse tutto da ridere.
Nelle ultime sere però ho incontrato gente che faceva qualcosa.
Tentano di cambiare il mondo e io voglio fare come loro.
Voglio cambiare il mondo. Voglio cambiarlo. Yeah! Yeah!Cambiarlo!
La prima cosa che faremo è assumere il controllo di tutte le scuole!....
...Ehi,inizio a sentirmi solo quassù,ho bisogno d'amore
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Ehi,non posso credere che ve ne stiate seduti tutti quanti là in fondo.
Perché non venite qui con noi?Forza!
Siete della fifty-cent section o cosa?Forza
Venite qui,su!Venite vicino,gente. Abbiamo bisogno d'amore!Avete proprio deciso di
starvene lontani.
Ascoltate ora!Non sto parlando di rivoluzione!
Non sto parlando di rivoluzione!
Non sto parlando di dimostrazioni!Dico divertiamoci!
Dico balliamo.
Voglio vedere che vi alzate e ballate.
Voglio vedervi ballare per le strade quest'estate.
Voglio vedervi che vi divertite.
Voglio vedervi vagare senza meta.
Voglio vedervi dipingere la città.
Voglio vedervi scuoterla.
Voglio vedervi urlare.
Voglio vedere del divertimento. Voglio vedere che tutti si divertono.
Noi siamo insieme. Siamo insieme. Siamo insieme,tesoro. Siamo insieme...
Voglio vedervi ballare. Yeah,voglio vedere che vi divertite.
Voglio vedervi ballare.
Non ci sono regole!
Non ci sono leggi!
Fate tutto quello che volete!Fatelo!Si!....”
Questo è un piccolo ritaglio di quello che disse Morrison in 1° marzo del ‘69 a Miami. Le frasi
sottolineate sono quelle che tracciano meglio la sua mentalità, e il ruolo che ricopre all’interno
della società. E’ nato per vivere senza leggi e rivoluzionare il mondo, le autorità non esistono e
non hanno potere sulla massa.
Provoca il pubblico, dichiarandoli tutti schiavi e subordinati a uno stato che “li comanda a
bacchetta”.
Kurt
Cobain
Kurt Cobain ha dichiarato:
«Everyone at Woodstock lied to me.
Look at the world I live during the ’90. Drugs are rampant. AIDS is rampant. Fuck you,
Woodstock.»
«Tutti a Woodstock mi hanno mentito.
Guardate il mondo in cui vivo negli anni ’90. Le droghe sono dilaganti. L’AIDS è dilagante. Vai a
quel paese, Woodstock.».
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La fede solamente in se stesso e la capacità di agire da solo, gli davano la forza per sopravvivere.
Ma là fuori c’era un mondo troppo crudele e troppo grande da affrontare. Lui era solo, per questo
motivo abusava di alcool e stupefacenti che lo facessero sentire vivo e carico di energie per
affrontare l’ambiente che lo circondava.
Janis
Joplin:
"If I hold back, I’m no good. I’m no good.
I’d rather be good sometimes, than holding back all the time"
“Se mi fermo, non sto bene. Non sto bene.
Preferisco stare bene ogni tanto che trattenermi tutto il tempo”
Questo è il messaggio che Janis ci urla al microfono, mentre si ripara nel suo mondo fatto di blues
ed eccessi. Ha scelto proprio questa strada, la più impervia e distruttiva.
Se si fermava, non era in grado di stare in pace con sé stessa; preferiva esagerare ogni tanto
piuttosto che trattenersi sempre e stare male, incapace di comprendere e sopportare quel dolore
che per lei era troppo grande.
Parole pronunciate al momento giusto nel posto giusto, quelle che sono rimaste impresse
all’interno dei più fedeli al rock. Non sono espressioni che vengono dimenticate tanto facilmente,
poiché conservavano l’avversità contro la storia, contro un pianeta devastato dalla guerra e dalle
autorità che opprimevano il genio umano, non permettevano nessun tipo di libertà o forma
artistica. La massa seguiva la massa, solo loro hanno avuto il coraggio di essere Individui e veri
Uomini, solo loro hanno avuto l’audacia di andare controcorrente ed essere anticonformisti,
vivevano per quello. L’obiettivo era far vedere un mondo che esisteva da sempre ma che il popolo
non osservava e viveva abbastanza. Il vero Artista, con la A maiuscola è questo. Solo colui che è
capace di agire secondo i propri istinti e sa identificarsi come unico e inimitabile, verrà ricordato
come il poeta maledetto, salvatore delle masse.
Si conquistarono un posto proprio a Woodstock, uno dei festival musicali rock più riusciti dalla
storia, con quasi un milione di partecipanti entrò nel guinness dei primati come miglior
manifestazione storico- culturale del mondo. Parteciparono artisti di fama mondiale ma anche
giovani artisti che aspiravano al successo. Inizialmente era stato ideato come uno spettacolo di
provincia, ma inaspettatamente accolse migliaia di giovani e il tutto finì un giorno più tardi del
previsto. Durò dal 15 al 18 agosto e si svolse a Bethel, nella contea di Sullivan, alle autorità fu
detto che non si sarebbero riunite più di 50.000 persone ma subito gli abitanti si ribellarono. Il
luogo fu scelto un po’ per caso, poiché gli organizzatori dapprima volevano costruire in quel
terreno uno studio di registrazione, per la sua atmosfera ritirata e tranquilla. Presto, però,
immaginarono di realizzare al suo posto un più ambizioso festival musicale e artistico, Woodstock
era per loro un'iniziativa commerciale, che chiamarono appunto "Woodstock Ventures", una
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possibilità di guadagni. Divenne una manifestazione ad ingresso libero, ma quando gli
organizzatori si accorsero di stare attirando centinaia di migliaia di persone in più del previsto:
circa 186.000 biglietti erano stati acquistati in prevendita. Woodstock era una sorta di protesta
contro la Guerra e il suo messaggio fu diffuso dai media di tutto il pianeta. Segnalato come la
fusione e l’ambivalenza della controcultura1 e della protesta, il festival è stato classificato come tre
giorni di pace, amore e musica. Gli organizzatori del Festival hanno sottolineato che chiunque
acquistasse un biglietto avrebbe contribuito ad un fronte unito contro la guerra del Vietnam .
Decine di discorsi furono fatti contro la guerra , come Country Joe esortando alla folla che "se si
vuole fermare questa guerra , dovrete cantare più forte possibile "; cosi molti giovani hanno
distrutto i loro progetti in segno di protesta al Vietnam . La figura simbolica della Guerra e del
Festival era l’Hippy, libertà e purezza in una sola persona.
Le grandi icone del ’68:
James Dean, Elvis Presley e Bob Dylan
1
Furono i ventenni degli anni sessanta a iniziare la “contestazione” contro le istituzioni dominate ancora dalla morale tradizionale. Il
movimento cominciò attraverso la diffusione dei gusti e dei consume giovanili come ad esempio: il Rock’n’roll, i blue jeans che abbinati ai
capelli lunghi divennero simboli anticonformisti. Si aggiunsero poi comportamenti trasgressivi con l’affermazione della libertà sessuale e la
nascita della controcultura polemico e avverso contro gli stili di vita e le mode proposte dal sistema. Come tutto, anche questa cultura ebbe
le sue più ammirate icone: James Dean (con la sua onquietudine); Elvis Presley ( il profeta del rock) e Bob Dylan (cantore della
contestazione).
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È la mattina del 18 agosto 1969 e Jimi Hendrix, insieme alla sua band Gypsy Band & Rainbows,
suona all'epilogo del Festival di Woodstock, andato in scena a Bethel, nello stato di New York.
L'evento passerà alla storia, così come l'esibizione. La sua versione dell'inno americano, "The Star
Spangled Banner", è una dura metafora contro la guerra del Vietnam, rievocata da sibili ed
esplosioni originati dalla Fender Stratocaster e diffusi dal muro degli amplificatori Marshall.
Trasfigurazione simbolica della sfiducia della società americana, nei confronti della tutela dei
diritti civili e della guerra del Vietnam. Hendrix si è sempre mostrato disinteressato alla politica,
infatti, intervistato sull'argomento dette risposte evasive, sostenendo che probabilmente c'erano
delle buone ragioni all'intervento americano in Vietnam.
I meravigliosi anni postbellici, fase di benessere e pace sociale per tutto il mondo occidentale,
videro la loro fine a cavallo tra gli anni ’60 e ’70, durante i quali cominciarono a mancare alcuni
dei presupposti fondamentali sui quali il mondo dell’ovest aveva fondato il proprio sviluppo:
 Piano sociale: al sistema capitalistico subentrò una contestazione che ebbe il suo momento
peggiore nel 1968, infatti questo fenomeno verrà indicato come il movimento del
“Sessantotto”.
 Piano economico: dal 1973 i paesi industrializzati furono colpiti da una grande crisi,
influenzando, cosi, lo sviluppo del dopoguerra.
I protagonisti della contestazione sessantottesca furono i giovani, un gruppo sociale che nei
decenni postbellici aveva assistito a uno sviluppo quantitativo , in quanto erano i protagonisti
della baby boom generation nati in una fase di crescita demografica, ma anche a una
trasformazione qualitativa poiché fu la prima generazione del Novecento cresciuta in condizioni
di benessere e interesati dalla scolarizzazione di massa, che aveva reso accessibile l’istruzione ai
giovani di tutte le età e di tutte le fasce sociali. E proprio la scuola e l’università fecero da sfondo
ai movimenti di protesta contro l’ordine politico e sociale. Precisamente, il 1968 è passato alla
storia come un anno di violente rivoluzioni, manifestatesi in grandi movimenti di massa che
hanno coinvolto, oltre agli studenti, anche gli operai e le donne. L'obbiettivo comune era la lotta
contro l'autoritarismo, i governi, l'ordine costituito e i valori dominanti.
1. Negli studenti, la contestazione si traduceva nel rifiuto di una cultura di vertice e
autoritaria e giudicata appartenente al passato;
2. Negli operai, si risolveva nell'opposizione allo sfruttamento operato dal potere padronale;
3. Nelle donne si esprimeva come ribellione ad una cultura e ad un costume etico e sessuale
prettamente maschilistico.
Il fenomeno ebbe espressioni e manifestazioni eterogenee, toccò paesi geograficamente ed
ideologicamente differenti tra loro e si estese in vari modi nel decennio successivo. Interessò gli
Stati Uniti, l’Europa occidentale, l’America Latina, il Giapppone persino oltre la Cortina di ferro,
in Cecoslovacchia. Le prime manifestazioni si ebbero nel 64' a Berkley, in California, con
l'occupazione dell'Università; gli studenti chiedevano di partecipare ai metodi d'insegnamento e
alla scelta dei contenuti, nonché di poter usufruire dell'ateneo come luogo per dibattere problemi
sociali. Ben presto la contestazione sfociò nella battaglia contro la discriminazione razziale, nella
difesa dei diritti civili e nel rifiuto della guerra del Vietnam.
In Europa, il movimento di contestazione cominciò tra le vie della capitale francese in cui il
movimento studentesco aderiva fortemente alla tradizione culturale delle sinistre e nel maggio del
68' si trasformava in una vera e propria sollevazione contro il governo chiamato appunto: il
maggio
francese.
In Italia, la contestazione nasceva dal movimento studentesco ed era sancita dall'occupazione
dell'Università di Torino nel novembre del 67'; gli studenti, uniti in assemblee permanenti,
contestavano il sistema universitario, in quanto portavoce di una cultura reazionaria e contraria
al sistema borghese, inteso come gerarchico, burocratico, spersonalizzante, classista, tendente ad
ingabbiare l'individuo nell'unica logica del denaro e del benessere. Chiedevano, di contro, una
cultura basata sull'autogestione. Il movimento, intanto, si collegava alle lotte operaie e sindacali,
esplodendo in manifestazioni di piazza e scontri con le forze armate, sino ad arrivare all'autunno
caldo del 69', caratterizzato dalla mobilitazione degli operai nelle fabbriche per il rinnovo dei
contratti.
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Al di là delle differenze tra nazione i punti in comune del Sessantotto europeo furono:
 L’egualitarismo: lotta contro le gerarchie nella società e superamento della divisione tra
lavoro manuale e intellettuale.
 L’internazionalismo: unione contro la guerra del Vietnam e sostegno alle lotte di
liberazione dei popoli del Terzo mondo.
 Alleanza con la classe operaia.
L'eredità del 68' sulle future generazioni è stata diversa, perché portava in sé una serie di
innovazioni: rapporti sociali più flessibili e aperti, una cultura più libera, più critica. La donna
acquistava maggiore consapevolezza del proprio ruolo nella società. Infatti, dopo le ventate
dell'estremismo femminista, otteneva la legalizzazione dell'aborto e si conquistava un suo posto
nel lavoro, nei servizi sociali e nel campo familiare. In ogni modo, la totalità di questi eventi,
provocò una vera e propria rivoluzione in tutti i campi della vita quotidiana.
Innanzitutto, una componente fondamentale, del nuovo universo culturale, fu costituita dalla
nascita della musica leggera. La canzone già aveva conosciuto una notevole diffusione con la
radio, ma con il perfezionamento degli strumenti di riproduzione del suono conobbe un ulteriore
sviluppo.
Poi continuò quel boom demografico, già iniziato con la fine della II guerra mondiale, ma che
interessò principalmente i paesi del Terzo mondo. I fattori principali che lo determinarono furono
il miglioramento delle condizioni igieniche e la mancata educazione alla pianificazione familiare,
cosa che invece è avvenuta per gli stati industrializzati (per i quali si prevedeva negli anni futuri
una crescita zero, dovuta anche all'introduzione dei contraccettivi orali -la pillola-).
Ma più di ogni altra cosa, gli anni 60' rappresentano l'età del consumismo, il cui tratto distintivo
sta, non solo nella crescita globale dei consumi, ma anche nella loro composizione. Infatti, i
prodotti che venivano maggiormente acquistati, non erano i generi alimentari, ma
l'abbigliamento, gli elettrodomestici, le automobili ecc. Questa crescita del commercio venne
favorita dai messaggi pubblicitari, amplificati dai mezzi di comunicazione di massa. E' questa la
fase in cui comincia a diffondersi il più grande tra i mezzi di comunicazione: la televisione. Il suo
avvento ebbe effetti rivoluzionari in tutti i campi, offrendo la possibilità di mostrare le immagini
di un evento, in tempo reale. Essa portò lo spettacolo dentro le case, creando nuove abitudini
familiari e una nuova cultura di massa: una cultura in cui l'immagine e il suono tendono a
prevalere sulla parola scritta.
Vietnam. 30 aprile 1975. Saigon cade sotto i colpi dell’offensiva
Vietcong e delle truppe nord- vietnamite. È l’epilogo di un conflitto che
ha scosso nel profondo la società internazionale. Ha lasciato un tragico
saldo: 58.000 morti da parte statunitense e più di due milioni di vittime
tra i vietnamiti. Una guerra che ha impresso un’impronta duratura e
profonda sulla storia del XX secolo; un simbolo delle tensioni
internazionali del ‘900 con il tale coinvolgimento dell’opinione pubblica
mondiale.
La guerra del Vietnam
Pres. Lyndon Jhonson : “È una sporca guerra, ci siamo infilati in una brutta situazione e non so
come ne usciremo, non so proprio come possiamo tirarcene fuori adesso che ci siamo dentro fino
al collo.”
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Il ricordo di questa guerra è ancora all’interno degli occhi di tutti coloro che hanno vissuto quei
tremendi anni e hanno ottenuto lo scoppio di una III guerra mondiale.
Notiziario: 1° agosto 1964
“Terremoti siluranti hanno attaccato ieri un caccia pediniere americano
al largo della costa vietnamita; e oggi il presidente Johnson ha
replicato con durezza e decisione:- ad ogni attacco sferrato contro i
nostri soldati noi risponderemo, a chi nel sud- est asiatico chiederà
aiuto per difendere la libertà, noi lo daremo- il presidente ha ordinato
alla marina statunitense di continuare a pattugliare la zona e in caso di
attacco di annientare gli aggressori.
Il presidente Lyndon Johnson chiede al congresso il potere per prendere tutte le misure necessarie
a prevenire ulteriori aggressioni:
Membro del Congresso: “Non possiamo vincere in Asia, quindi non mi sento
di avallare oggi questo genere di programma nel Vietnam del sud, almeno
con il mio voto, poiché a mio giudizio, il nostro intervento causerà la
morte di un immenso numero di ragazzi americani, e senza motivo.”
L’origine della guerra del Vietnam è da ricercare negli eventi che segnarono la decolonizzazione
dell’Indocina francese,un processo reso irreversibile dagli esiti della II guerra mondiale. Da
guerra post- coloniale, il conflitto del Vietnam si trasformerà a partire dal 1946 in uno scontro
ideologico nel contesto della guerra fredda.
Ci troviamo intorno al 1945. Un certo Ho Chin Minh, capo del partito comunista vietnamita,
decide di nominare un governo provvisorio. Tale mossa, intimorì non poco alcuni paesi
occidentali (Francia e Usa in particolare), come segno di un’ulteriore espansione del comunismo
in Asia.
In quel periodo, i francesi tentavano di riconquistare la loro vecchia colonia indocinese ed il
governo instaurato in Vietnam (regione appartenente all’Indocina) che avrebbe favorito l’inizio di
un’indipendenza, non sarebbe stato di grosso aiuto. Nel 1946, iniziarono gli scontri tra la Francia,
supportata finanziariamente dagli Stati Uniti e il Fronte nazionale di liberazione (Fnl) vietnamita,
aiutato dai Viet-minh, esercito del nord del Vietnam.
Otto anni di guerra, soldati delle forze regolari vietnamite costantemente impegnati in
violentissimi combattimenti contro le difese francesi, economicamente sostenuti dagli Stati Uniti.
Per il presidente americano Eisenhower l’occidente aveva il dovere di fronteggiare e sconfiggere il
comunismo in Asia, anche a costo di sanguinose guerre. La sconfitta francese a Dien Bien Phu e la
conferenza di Ginevra del 1954 metteranno fine alla guerra dell’Indocina ma apriranno la strada
alla divisione del Vietnam. L’accordo prevede un cessate il fuoco e un concentramento delle parti
contendenti in aree separate delimitate da un confine provvisorio al 17° parallelo. Inoltre:


L’Indocina, fu divisa in tre stati indipendenti: Laos, Cambogia e Vietnam.
Il Vietnam venne separata in due:
a. Vietnam del nord, con capitale Hanoi, in cui viene riconosciuta una repubblica
democratica sotto la guida di Ho Chin Minh,
b. Vietnam del sud, con capitale Saigon, guidata da Ngo Dinh Diem, ma sotto il
controllo statunitense.
Negli stessi accordi venne stabilito che entro la metà del 1956 si tenessero delle elezioni per la
completa riunificazione del paese. Tutto ciò non avvenne mai. Eisenhower intravedeva il sud del
18
Vietnam come un ulteriore campo di battaglia per la guerra fredda. Le future elezioni vietnamite,
avrebbero visto una sicura vittoria del partito comunista e quindi la perdita del controllo nel sud
del paese; il clima politico in Vietnam si surriscaldò, così gli Stati Uniti decisero di far sorgere una
dittatura militare filo americana, finanziandola economicamente e militarmente, con l’obiettivo di
neutralizzare la guerriglia dei vietcong (vietnamiti rossi), filo comunisti sudvietnamiti, garantiti
dal sostegno dell’Unione Sovietica e della Repubblica Popolare Cinese, nonché del Vietnam del
nord.
Nel 1962, l’allora presidente americano J.F. Kennedy, aumentò l’impegno militare nel Vietnam,
ma senza risultati. L’anno dopo, infatti, il 1° novembre, l’esercito vietnamita allestì un violento
colpo di stato. Ngo Dinh Diem venne ucciso e una giunta militare filo comunista ne prende il
posto. La situazione perde il controllo e dopo appena tre settimane, Kennedy viene assassinato e
L.B. Johnson lo sostituisce, confermando l’appoggio militare ed economico al Vietnam del sud.
Nel 1964 gli Usa iniziano i bombardamenti aerei sul Vietnam del nord, dando il via alla guerra.
Gli attacchi aumentavano sempre di più con gli anni, così come i bombardamenti, soprattutto
nelle maggiori città, e in particolare i morti; ma i risultati erano terrificanti. La più grande
potenza mondiale non riusciva a domare le forze guerrigliere.
Migliaia e migliaia di ragazzi americani nati tra gli anni 40 e 50, ricevettero la chiamata alle
armi, cui si aggiunsero i volontari (la maggior parte di loro erano studenti universitari) e 1/3
delle forze militari statunitense vennero mandate in Vietnam; tra di loro c’erano ragazzi di
appena 18 anni e molti di loro non fecero più ritorno a casa.
In occasione del capodanno tra il ’68 e il ’69, le forze nord vietnamite lanciarono un feroce
attacco, infiltrandosi nelle campagne e nelle città, tra cui anche la capitale Saigon. I morti da
parte americana aumentavano sempre di più e nel 1969 i più accesi movimenti pacifisti,
pressavano il proprio paese per l’immediato ritiro delle forze armate dal Vietnam. Lo stesso anno,
l’attuale presidente R. Nixon avviò le prime trattative di pace a Parigi.
Molte furono le battaglie in quel periodo: la battaglia di La Drang nel 1965, quella di Long Tan
nel 1966, la prima battaglia di Saigon nel ’68. Senza contare le campagne di bombardamento:
l’operazione Rolling Thunder tra il ’65 e il ’67 e la Linebacker... ma la più significativa e inutile
probabilmente fu la battaglia di Hamburger Hill nel ‘69.
Nel 10 maggio 1969, le truppe americane individuano nella “Collina 937”, nella valle di Ashau,
una fondamentale importanza strategica. Per dieci giorni ci furono interminabili scontri tra
l’esercito degli Usa e quello nord vietnamita, questi ultimi posizionati sulla vetta della collina. Gli
americani, nonostante la conquista della vetta, subirono enormi perdite, dovute anche dallo
scarso aiuto ricevuto dal comando superiore, per il rifornimento d’adeguati mezzi di rinforzo. La
“Collina 937” venne poi ribattezzata col nome di Hamburger Hill, per la grande quantità di
cadaveri sparsi per la collina. Il 20 maggio fu conquistata e subito dopo, un nuovo ordine
comunicò lo sgombero della zona per la scarsa importanza.
Tra il 1970 e il 1972, Nixon decise di aumentare in modo consistente la presenza delle forze
aeree a differenza di quelle terrestri. Gli scontri si allargarono fino ai confini con la Cambogia e
Laos, ma senza successo. Nel 1972 l’esercito nativo conquista diverse zone militarmente
importanti e i ripetuti errori strategici inducono gli americani a continui fallimenti.
Nel 1973 Nixon è costretto alla firma, la pace di Parigi è fatta …
… ma la guerra non è ancora finita.
19
Per altri due anni l’esercito americano mantenne la sua occupazione a Saigon. Ancora due anni di
scontri sanguinosi, fin quando le forze nord vietnamite e quelle vietcong conquistarono la città
(ribattezzata poi Ho Chi-Min).
Nel 1975 tutte le truppe americane vennero ritirate dal Vietnam, segnando così la prima sconfitta
militare per gli Stati Uniti d’America. Nixon aveva l’obbligo di pagare 4 milioni di dollari al
Vietnam per i danni provocati, pagamento che non avvenne mai, così i vietnamiti si tennero tutti i
prigionieri americani.
Le conseguenze in Vietnam furono disastrose. L’economia fu duramente colpita dal conflitto e
ancora oggi stenta a riprendersi. Alla fine della guerra, il paese conta più di sette milioni tra morti
e feriti.
Per gli Usa fu la guerra più lunga mai combattuta. Circa 70000 furono i morti e 100000 i
mutilati e circa 3000 soldati sono ancora oggi dispersi (forse prigionieri) in Vietnam.
Un’intera generazione venne segnata da quella guerra, furono enormi i danni psicologici e morali
che subirono i reduci. Per anni i soldati americani ritornati dal Vietnam hanno rappresentato una
mina vagante per la società americana. Solo verso la fine degli anni ’80 gli Usa si sono liberati
della “sindrome del Vietnam”, che colpì in particolare il mondo del cinema.
Per molto tempo i reduci sono diventati il simbolo della colpa da cancellare, l’immagine di quella
“sporca guerra”, l’emblema dell’irreparabilità psicologica.
In fondo nessuno, se non loro stessi, conoscono ciò che significa partire appena ventenni in
Vietnam e di ciò che gli è accaduto.
Combattere per anni una guerra senza conoscerne il vero motivo, assistendo a scene che nessun
aggettivo potrebbe descrivere. Subire perdite di amici che per anni ti sono stati vicini nella
speranza di raggiungere un’insperata sopravvivenza.
Tornare finalmente a casa dopo anni. Scendere dall’aereo e un subire domande dai giornalisti del
tipo: “Cosa si sente ad uccidere un uomo?”, “Perché avete combattuto quella guerra?”, fotografi
che sembrano scambiarti per un fenomeno da circo … e un gruppo di pacifisti che ti urlano
“assassino” e ti sputano in faccia … come se avessero davvero una colpa, come se di loro
spontaneità avessero deciso di prendere un fucile e andarsene a caccia di uomini in Vietnam.
Essere rifiutati dalla società per ciò che hanno fatto o per essere considerati dei danneggiati
mentali e magari se sei fortunato ti becchi una medaglia al valore civile come Robert De Niro in
“Taxi Driver”.
Le ferite dolorose e laceranti che lasciò questa guerra, toccarono la sensibilità di molti artisti, che
con il loro genio riuscirono a dare una propria interpretazione di quella che passò alla storia
come la “guerra ingiusta”, colpendo l’anima e le emozioni dell’opinione pubblica. Non solo in
campo cinematografico e musicale ma anche a livello artistico ci fu, in particolare un artista che
riuscì a dare un’interpretazione propria della guerra, trattasi di James Rosenquist con la sua opera
più significativa “F- 111”.
20
James Rosenquist, è considerato uno dei pilastri del movimento della Pop Art, abbreviazione di
Popular Art, insieme a Andy Warhol e Roy Lichtestein.
Egli indaga il mondo del cinema, della televisione e della pubblicità dandone una
rappresentazione accattivante ma frammentata. La sua è una pittura policroma che distoglie la
forma e il significato di oggetti banali e spunti tematici facenti parte della nostra vita quotidiana. I
suoi quadri si caratterizzano per il grande formato e i temi del mondo pubblicitario, i quali
hanno fatto parte all'inizio della sua carriera.
Ha affrontato anche temi più specificamente legati al mondo socio-politico. Il suo dipinto più
famoso e uno dei più grandi al mondo, intitolato F-111 del 1965, è ispirato alla guerra del
Vietnam. Raffigura un aereo da caccia americano accanto a oggetti e simboli frammentati, da un
piatto di spaghetti a un fungo atomico.
James Rosenquist ha cominciato a dipingere F-111 nel 1964, in uno dei decenni più turbolenti
per gli USA. Ispirato da cartelloni pubblicitari e da dipinti murali in scala di precedenti, come
Claude Monet Ninfee, ha progettato i suoi 23 pannelli per avvolgere intorno alle quattro pareti
della Galleria Leo Castelli a 4 East 77th Street a Manhattan. Rosenquist ha come soggetto il caccia
bombardiere supersonico bimotore F-111, il modello più innovativo e l’arma tecnologicamente
più sviluppata del momento, che intravise nei cieli, simbolo di una società consumistica, capace
di mettere in discussione la collusione tra il Vietnam, il consumismo, i media e la pubblicità. È un
dipinto a cui
È un dipinto a certamente non mancano i colori, abbinati e intrecciati in
modo avvincente. Risaltano subito all’occhio
dell’osservatore perché spiccano la loro vivacità
in ogni punto del dipinto. Sono prevalentemente
colori primari ma caricati di una forza e una
luminosità sorprendenti.
È tuttora membro dell'American Academy and
Institute of Arts and Letters. Le sue opere sono conservate nei
musei di tutto il mondo, fra questi il Museo d'arte moderna e
contemporanea di Trento e Rovereto (MART), il Metropolitan
Museum of Art e il Museum of Modern Art (MoMA) di New York,
il Museo Guggenheim di Berlino, di Bilbao e di New York, che gli
ha dedicato una retrospettiva nel 2003.
Prima di delineare il profilo della figura che fondò e fu uno dei
maggiori interpreti della Pop Art, bisogna capire e studiare che
cosa realmente fu il movimento artistico all’interno della società e
come influenzò il mondo delle arti figurative.
Con il termine Pop Art, coniato nella seconda metà degli anni cinquanta in Gran Bretagna e negli
Stati Uniti, sono denominate le opere di un gruppo di artisti che, pur non caratterizzati come
movimento unitario, tuttavia possedevano un comune atteggiamento nei confronti della realtà
urbana delle grandi metropoli, nella quale le merci, i mass media, la segnaletica e la pubblicità
compongono i dati di partenza di un’iconografia della società dei consumi e che divennero i
protagonisti di questa nuova forma artistica. Le origini specifiche della pop art vanno ricercate
nella crisi attraversata dall'arte non figurativa e in particolare dall'espressionismo astratto, crisi
che portò la più giovane generazione di artisti alla ricerca di una nuova espressione figurativa
che attingesse nuova linfa dalle forme della vita quotidiana.
21
Inoltre molti di loro facevano capo a una serie di gallerie d’arte che presto divennero il centro
culturale di punta della scena artistica newyorkese e internazionale. Gallerie come quella di Leo
Castelli o di Sidney Janis svolsero un importantissimo ruolo di promozione della pop art, analogo
a quello che era stato svolto dalla Guggenheim all’epoca dell’action painting.
I pittori della pop art svilupparono soprattutto gli elementi linguistici e formali ripresi da
Rauschenberg e Johns, a partire dagli aspetti considerati comunemente low (bassi), sul piano
culturale, per banalità e semplicità. L’inserimento di una quotidianità diffusa, che, già presente
nell’opera del pittore Hopper, era finalizzato a mettere in evidenza il distacco tra l’uomo e la
nuova società contemporanea diviene negli artisti della pop art la risposta all’esigenza di
ristabilire una concordanza tra la realtà e l’arte. Il cittadino nordamericano, che trovava riscontri
e sicurezze pittorico-iconografiche nelle bandiere di Johns, si riconosce conseguentemente le
scelte figurali dei pittori della pop art, che, accantonato definitivamente l’astrattismo,
recuperavano una certa semplicità popolare dell’immagine, retificando ogni messaggio-merce.
Il mondo della riproduzioen e della divulgazione, dalle immagini del Partenone a quella dei
giornali con foto di incidenti automobilistici, dal ritratto di dive come Elizabeth Taylor e miti
eterni come Jimi Hendrix alle cartoline che illustrano i quadri di Mondrian. Viene a costituirsi
come un indifferenziato soggetto da immortalare tramite il linguaggio dei mass media e la sua
assunzione a moderna icona tecnologica.
Non si trattò di un’aspra critica alla società, quanto piuttosto di una cinica e ironica, forse
diperata, presa d’atto, dell’omologazione del reale, dell’impossibilità di un cambiamento, del
tramonto stesso di una condotta artistica romantica. Tratto comune di tutti gli artisti della pop art
fu l’uso di tecniche già in atto nell’industria e nella produzione contemporanea, come la stampa
serigrafica, la fotografia e la grafica pubblicitaria.
L’aspetto decadente della realtà fu messo in risalto da Andy Warhol con l’uso di un mezzo
oggettivante quale la fotografia; la realtà consumistica, rappresentata dai prodotti di consume di
massa come la bibita Coca-cola, o le scatole di zuppa Campbell o le foto di Marylin Monroe, viene
esorcizzata attraverso la ripetizione serial e la trasformazione cromatica ottenuta con il mezzo
della tecnica serigrafica (tecnica di stampa di tipo permeografico che utilizza come matrice
un tessuto di poliestere teso su un riquadro in legno o metallo definito come quadro serigrafico o
telaio serigrafico). Immagini di disastri stradali come Disastri del sabato, o di sedie elettriche
vuote, o i ritratti dei condannati a morte, sono esempi eloquenti dell’ampio repertorio funebre e
tragico esercitato da Andy Warhol, quasi neutralizzato da quella dell’informazione giornalistica
contemporanea. Egli realizzò anche film, giornali e libri fotografici in uno studio- impresa
denominato Factory a New York. La sua resta forse la figura più emblematica della società
statunitense della seconda metà di questo secolo.
La vita e l’opera di Andy Warhol sono circondate da un alone di leggenda che l’artista stesso ha
contribuito a creare con il suo eccentrico stile di vita, e con la registrazione degli episodi della sua
quotidianità. Secondo un aneddoto, nel 1962, quando l’artista si trovava in una fase di crisi,
qualcuno gli suggerì di dipingere un oggetto così familiare a ogni americano che nessuno vi
avesse mai postato l’attenzione: «qualcosa come una scatola di Zuppa Campbell». Se
Duchamp fece la sua rivoluzione con un gabinetto, Fontana tagliando una tela e Pollock
versandovi sopra il colore, Warhol la condusse adottando come soggetto, manifesti
pubblicitari, giornali, settimanali o semplicemente la spesa fatta al supermercato; si trovò
così a comprare un’intera serie di zuppe di vari gusti e si mise al lavoro.
Inizialmente si limitò a dipingere grandi immagini della scatola di zuppa Campbell,
riproducendo la forma; successivamente iniziò, con pennello e colore, a stampare sulla tela
l’immagine con la tecnica della serigrafia, ripetendola fino a ricoprire l’intera superficie.
Scatola ed etichetta sono dipinte in modo assai accurate: e poi la scatola appare
enorme,come isolata nello spazio, mentre lo strappo dell’etichetta è diverso da qualsiasi
altro strappo, perchè presuppone un gesto umano.
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Scatola molto grande
fino ad occupare
tutto lo spazio sulla tela.
Strappo dell’eticchetta: parola chiave del
dipinto; raffigurato come un semplice strappo,
ma dietro di se, nasconde il simbolo di una
società divisa dal consumo e dai fenomeni di
massa
Warhol non poté far altro che attirare verso di se molte critiche su quest’opera. Ci si chiedeva che
senso avesse dipingere con precisione un oggetto banale.
Ma è proprio questo il punto di partenza dell’opera artistica di Andy, lui non aveva altro scopo
che rendere visibile ciò che è tanto banale da non attirare mai la nostra attenzione.
Il vero tema della sua arte è l’ordinarietà, la banalità dell’oggetto, e nello stesso tempo, per
contrasto, l’importanza che esso assume nella vita quotidiana.
Dipinti in modo così accurati, gli oggetti divennero pezzi unici: un simbolo, con le sue
implicazioni psicologiche e sociologiche. La concezione sta nello scarto che vi è tra la sua vera
natura e il modo in cui è rappresentato, ci spinge a interrogarci sulla natura degli oggetti che ci
circondano. Del resto, i pittori hanno sempre dipinto, nelle nature morte, oggetti quotidiani, non
meno banali, in sé, delle scatole di zuppe di Warhol.
Ma come tutti ormai sappiamo, Warhol non divenne famoso solo per una scatola di zuppa
Campbell; lui fu ammirato e amato anche da molti del mondo dello spettacolo, della musica e del
cinema , forse per il suo modo di distogliere la banale realtà dall’occhio dell’osservatore, o
probabilmente per la sua grande capacità di innalzare un banale oggetto a un simbolo contro la
lotta al consumismo e alle mode dei mass media. Tutto di lui fu adorato ma non del tutto
compreso; parlava, attraverso i suoi quadri, di una realtà che non fa più parte di noi stessi ma lo
faceva con un linguaggio comune e che tutti potessero comprendere, non era molto difficile da
capire!
Per i più ignoranti in materia però, lui era soltanto un pittore che spendeva metà del suo tempo a
realizzare quadri tutti uguali con lo stesso soggetto ripetuto più volte, in cui cambiava solamente
il colore. Forse non tutti sanno, allora,che la caratteristica madre della’arte di Warhol è questa:
È totalmente impossibile cominciare a osservare questo
quadro e non accorgersi della sua rarità e di tutti gli
elementi che lo rendono unico.
 La tecnica della serigrafia
23
 La ripetizione del soggetto rappresentato
 L’uso di colori policromi
Ma soprattutto, LEI, il soggetto che Andy Warhol ha
dipinto mille e mille volte in forme diverse: Marylin
Non solo arte …
Non solo lei, ma fece anche molti altri ritratti, riguardanti i personaggi legati al mondo del
fumetto, della politica, della economia, come Mao Tse- Tung, Lenin, Che Guevara, Agnelli,
nonché il padre della psicanalisi Freud e le attrici Liz Taylor e Ingrid Bergman, personaggi
appartenenti al panorama musicale come Elvis Presley e Jimi Hendrix.
Arte e musica s’incontrano per l’ennesima volta, alla ricerca di quel filo conduttore che li tiene
uniti:
1. La protesta contro una società troppo “uguale”
2. La ricerca del proprio IO che sia in grado di rappresentarli, pur avendo ideologie
anticonformiste, disposti a lottare contro una società arrabbiata, schiava del governo e
stanca di combattere contro qualcuno che non sapeva, nemmeno minimamente,
rappresentarli.
Quella voglia dentro di sé, di ritrovare quelle sensazioni ormai perse e smarrite nel profondo della
loro anima; l’unico desiderio era mostrarsi al pubblico per quello che erano veramente e
dimostrare loro che nessuno né in gioventù né mai, avrebbe potuto cambiarli per farli divenire
macchine omologate al consumo di massa.
Ognuno è prezioso per quello che rappresenta, mostrarsi senza timori e senza paura dei giudizi,
questo è il vero coraggio.
Due menti unite da un solo dipinto; arte e musica;
passione e banalità; incomprensione e libertà;
potendo dare un parere personale, questo quadro
suscita in me un sentimento di libertà. Conoscendo gli
antefatti che sono nascosti dietro due geni così
brillanti, capisco la sofferenza che provavano a vivere
in un mondo in cui tutti erano e vivevano come tutti.
Il loro obiettivo era cambiare il mondo in meglio, far
comprendere che in questo pianeta le regole sono
marginali poiché l’individualità è la chiave della
nostra esistenza.
Avevano modi differenti per farlo, ma riuscirono a
trasmettere il messaggio a milioni di fan e di amanti
d’arte,
24
ed era questo che li appagava veramente; riuscire nella loro impresa.
Da come possiamo interpretare l’arte di Warhol, ci risulta ben chiaro la sua passione per la
musica, infatti collaborò strettamente con Lou Reed, un grande mito che contribuì alla nascita del
rock, fondatore e leader della band storica “Velvet Underground”.
Una sera, durante un’esibizione al Café Bizarre di Greenwich Village, viene loro proibito di
eseguire il pezzo “Black Angel’s Death Son”, dal testo troppo spinto per l’epoca, divieto che non
viene ascoltato e causerà il licenziamento della band. Fortuna vuole che ad ascoltarli tra il
pubblico ci fosse il grande Andy Warhol, il quale rimane folgorato dal personaggio di Reed e
decide di stringere una collaborazione che lo porterà a diventare manager della band.
L’estro di Warhol li farà esibire in una performance multimediale conosciuta come “The
Exploding Plastic Inevitable”: al Trip di Los Angeles, uno dei locali più in voga della metropoli
statunitense, vengono proiettati filmati per lo più registrati dallo stesso Warhol, il tutto
accompagnato da luci psichedeliche a ritmo della musica dei Velvet Underground, un evento in
puro stile rock anni ’60 dove ballerini vestiti di pelle agitano frusta, sballati da un mix di alcohol e
LSD.
Il palco è invaso da torce elettriche, bilanceri, siringhe ipodermiche, croci di legno, in una totalità
che sembra suggerire la ribellione che i testi di Reed e l’arte di Warhol esprimevano, con mezzi
diversi, ma entrambi molto suggestivi.
Il messaggio univoco si mescola con i mali dell’epoca come l’alienazione, il
disagio sociale, l’abbandono, per esorcizzarli tramite la
rappresentazione stessa di questi. Il legame tra le due
personalità, aprirà a Reed le porte della Factory dell’artista
pop-artiano, dove creatori di ogni genere hanno la possibilità
di manifestare liberamente il loro credo artistico, che esso sia
pittorico, poetico o addirittura del tutto estraneo alle dinamiche
dell’arte dell’epoca.
Secondo Warhol, i personaggi dell’arte, dello spettacolo e
dellapolitica, potevano essere “consumati” dall’arte come
qualunque altro oggetto.
Mi sono affacciata a questo stile pittorico, poichè credo che sia
molto vicino
al mio modo di essere. Oltrepassando il campo musicale, che, come
ormai avrete capito, è il perno di questa mia tesina, amo tutto ciò che viene tramutato in forma
artistica.
Lo stile pittorico di Warhol divenne un simbolo, divenne immagine universale e comune a tutti,
un pò come lo è la musica, tutti attraverso l’arte possono esprimersi; ecco, lui si esprimeva così.
Mi attrae tantissimo il suo stile, perché distoglie la realtà dai luoghi comuni per trasportarli in
luoghi paralleli alla vita quotidiana.
Possiamo paragonarlo a una “caccia al tesoro” in cui ognuno ne diviene il protagonista; e questo
ipotetico “qualcuno” deve cercare di capire la chiave di lettura che si nasconde dietro un
semplice oggetto banale, ovvero captare fino in fondo il perché di quella rappresentazione e il
collegamento con la realtà. Il soggetto di una tela può nascondere dietro a se una lotta infinita e
spetta a noi saperlo interpretare in modo corretto.
Forse il punto più difficile da affrontare è porsi davanti alla domanda:
Come riuscirci?
Semplice.
FANTASIA
IMMAGINAZIONE
25
INTELLETTO
CORAGGIO
CAPACITÁ
INTERPRETATIVA
Strumenti utilizzati più volte da coloro che, a loro modo, racchiudono tutto quanto descritto nelle
pagine precedenti.
Esprimendomi, potrei affermare che questa tesina è racchiusa in una “cornice” un po’ come fu il
Decameron di Boccaccio; sono partita con una premessa nella quale spiego il motivo della mia
scelta di sviluppare e approfondire queste tematiche, poi sono passata a introdurre quello che fu
Jimi Hendrix nella storia planetaria e i modelli che trassero da lui uno stile di vita comune. Ho
cercato di esprimere in modo chiaro ed esplicito i punti in comune tra musica- storia e arte
nell’arco degli anni ’60 e ’70; ho analizzato e eseguito una ricerca sugli avvenimenti e sulle
affermazioni che passarono alla storia; ho evidenziato i conflitti tra società e autorità; ho riportato
testimonianze, frutto di anni di ricerca. Ho raccontato mie personali emozioni, suscitate da una
poche note emesse dal suono di una chitarra; ho dato delle opinioni su come fu possibile
sopravvivere a un clima tanto anticonformista … insomma … ho semplicemente scritto questa
tesina con il mio carattere!
Un atteggiamento in cui riscontro dei punti in comune con lo sfondo di questo mio percorso: la
Beat Generation.
Beat! Un battito di cuore! Beat! Ritmo! Beat! Sconfitta! Beat! Ribellione! Il Beat è tutto questo, è
vita! Voglia di ribellione, di libertà, di abbattere un mondo troppo soffocante e inquadrato in
schemi troppo antiquati. Ecco cosa fu la Beat Generation, avanguardia artistica americana, che ha
fatto sognare e appassionare generazioni e generazioni di giovani americani e, successivamente,
italiani. Uno slancio di vita come non se ne sono mai visti prima. Entriamo nel mondo del Beat e
delle sue voci!
-
Alfredo Incollingo -
La Beat Generation fu un movimento artistico, letterario e musicale sviluppatosi attorno agli anni
cinquanta e sessanta negli Stati Uniti. Questo movimento modificò non solo la letteratura e la
cultura dell’epoca, ma la stessa visione della vita e la coscienza collettiva di una società che
portava ancora le ferite causate dalla grande guerra.
Nasce da un gruppo di scrittori americani e viene alla ribalta nel 1950, così come i fenomeni
culturali da esso ispirati. Gli elementi centrali della cultura "Beat" consistono nel rifiuto di norme
imposte, le innovazioni in stile, la sperimentazione delle droghe, sessualità alternativa, l'interesse
per la religione orientale, un rifiuto del materialismo e rappresentazioni esplicite della condizione
umana.
Ha direttamente ispirato i successivi movimenti culturali di rottura afferenti al maggio 1968,
l'opposizione alla guerra del Vietnam, gli Hippy di Berkeley e Woodstock; ha anche contribuito a
rinforzare il "mito americano".
Questo movimento orbitava attorno a figure come Jack Kerouac, Allen Ginsberg, William
Burroughs, Gregory Corso, Charles Olson, Gary Snyder,Lawrence Ferlinghetti, Norman Mailer,
rappresentanti della nuova cultura Americana; la Beat Generation viene anche chiamata
«gioventù bruciata».
26

Origine del termine
Jack Kerouac ha introdotto l'espressione Beat Generation nel 1948, per caratterizzare quel
movimento giovanile anticonformista che si faceva spazio nell’underground newyorchese. Il
nome nasce da una conversazione con lo scrittore John Clellon Holmes. Kerouac riconosce però,
che fu Herbert Huncke che, originariamente, utilizzò la parola beat in una precedente discussione
con lui. L'aggettivo beat potrebbe colloquialmente significare stanco o abbattuti, in riferimento
alla comunità afroamericana del periodo, ma Kerouac fa sua quell'immagine e altera il significato
includendo le connotazioni di ottimista, beato, e l'associazione musicale essere sul beat. John
Clellon Holmes definisce il movimento in un articolo in qualità di manifesto estetico, pubblicato
sul New York Times nel mese di novembre del 1952, dal titolo This Is the Beat Generation.
 Origine del gruppo
In principio...
In principio ci fu una generazione di giovani americani, nata dopo la seconda guerra mondiale, in
un epoca di grandi sconvolgimenti mondiali, la quale viveva un grande malessere interiore. Le
note vicende politiche di quegli anni avevano creato un clima soffocante dovuto alla paura di una
possibile nuova guerra mondiale tra URSS e USA (sfumata nel 1962) e di conseguenza ad un
maggior controllo sociale volto a reprimere ogni forma di "dissenso".
Il primo nucleo si formò nel Greenwich Village, quartiere di artisti e hipster di New York, dall'incontro di
Jack Kerouac, Neal Cassady e Allen Ginsberg. Tutti e tre giovani, non ancora famosi, ma pieni di energia.
Vivevano clandestinamente come si racconta in “I sotterranei”, romanzo autobiografico di quel periodo.
Ginsberg già componeva sotto effetto di allucinogeni e droghe chiuso nella sua camera da letto e
declamava le proprie poesie in pubblico. Kerouac e Cassady viaggiavano da un capo all'altro del Paese.
Erano costantemente braccati dalla polizia accusati di spaccio e consumo di stupefacenti, per cui erano
costretti a vagabondare per la città o per interi Stati e a continue fughe. Risale sempre a questo periodo la
nascita del termine “beat”. Nel 1947 ne “I sotterranei” Jack Kerouac coniò questa parola. Il gruppo iniziò
ad ingrandirsi. William Burroughs fu tra le nuove entrate. Autore molto attendo alla descrizione tanto che
nel suo romanzo capolavoro “La scimmia sulla schiena”, descrive minuziosamente gli effetti delle droghe
che assume tanto da sembrare un referto scientifico. Questa vita da “sotterranei” durò fino al 1952
quando J.C. Holmes, giornalista del New York Magazine, presentò questo gruppo di amici – artisti al
mondo intero nel famoso articolo “This is the beat generation”, da cui si riprese l'accezione Beat
Generation, cioè generazione di sconvolti.
Simbolo indiscusso del beat è, Neal Cassady, ispirazione di molte opere e citato da altri autori
statunitensi, quali Charles Bukowski, per l'eccezionale personalità che "l'ultimo sacro idiota
d'America" riusciva a far esplodere. Il movimento beat è una corsa velocissima, ma che lascia il
segno: pochi sono riusciti a fermarsi prima del punto di non ritorno. Una gioventù bruciata. Il
movimento nasce come utopia all'interno di un gruppo di amici, amanti della letteratura e
completamente saturi della società che vivono, delle regole, dei tabù. I beat vogliono scappare,
viaggiare, ma non per un senso di fuga dalle responsabilità, ma per trovarsi nuove regole e stili di
vita.
Da qui viene l'abuso di sostanze stupefacenti, di alcol per trovare un nuovo sistema di regole, per
sedare la sofferenza e per riunire l'io e il Tutto.
Inizialmente, il movimento beat, anche grazie al successo di Sulla strada raccoglie un grande
consenso e dà vita al movimento dei figli dei fiori e dei beatniks. Entrambi i gruppi saranno
motivo di grave malcontento della società contro gli scrittori beat che, per il loro modo di vivere,
non sembravano differenziarsi da questi personaggi che intendevano tutta la corrente come una
rivolta contro la borghesia statunitense che sfocerà nella protesta contro la guerra del Vietnam.
Ad un certo punto essere beat diventa scomodo sia per gli attacchi pressanti delle associazioni
statunitensi, che per le intrusioni nella sfera personale da parte di fan e giornalisti che vedevano
in questi uomini dei simboli della rivolta che non avevano il coraggio di fare.
27

Accezioni del termine Beat
Le accezioni che possono essere attribuite alla parola «beat» in italiano sono molteplici. Beat è
beatitudine (beatitude), la salvezza dello spiritualismo Zen, ma anche il misticismo indotto dalle
droghe più svariate, dall'alcol, dall'incontro carnale e frenetico, dal parlare incessantemente,
sviscerando tutto ciò che la mente racchiude. Beat può anche essere tradotto con «battuto»,
«sconfitto»: denota la sconfitta proveniente dalla società, dalle sue costrizioni, dagli schemi
imposti ed inattaccabili; beat è il richiamo alla vita libera e alla consapevolezza dell'istante.
Beat come ribellione. Beat come battito. Beat come ritmo. Quello della musica jazz in voga in
quegli anni, quello del be bop, quello della cadenza dei versi nelle poesie. Il jazz frenetico, sudato,
vissuto e catartico; il jazz di Charlie Parker, "The bird", personaggio eroico e deificato da questa
generazione; la poesia di Carlo Marx declamata fino a tarda notte e i versi sconnessi di Mexico
City Blues o della poesia "Mare suoni dell'Oceano Pacifico a Big Sur" che fa da appendice a "Big
Sur" di Kerouac. Beat è la scoperta di sé stessi, della vita sulla strada, del sesso liberato dai
pregiudizi, della droga, dei valori umani, della coscienza collettiva. Beat non è politica,
nonostante molti movimenti abbiano origine da questa fonte. Beat non è religione, nonostante sia
forte la componente religiosa in questo gruppo. Beat è libertà di essere sconfitti, ma molto più
probabilmente beat è uno dei tanti termini che solo "hipsters dal capo d'angelo ardenti per l'antico
contatto..." possono capire, hanno un significato mistico, insito nell'anima battuta, beata, ritmata,
ribelle di quella generazione.
In principio c'erano gli hipster o Angry young man. Questo gruppo di figure distaccate,
rappresenta la corrente esistenzialista statunitense, che riconosce il rischio di una guerra atomica,
e sente il peso della società consumistica statunitense del dopoguerra e della standardizzazione
delle masse. Gli hipsters sono distaccati, conoscono i pericoli e, perciò, si licenziano dalla società
iniziando ad inseguire la loro esistenza profonda. Gli hipsters sono i tipi seri, misticamente in
preda all'eroina che Kerouac descrive nella prima parte de “I sotterranei”. Accanto a questi
personaggi, emergono i beat, giovani sofferenti e focosi, dediti all'alcol e alla marijuana, poeti,
romanzieri, che vorrebbero condividere con l'umanità il loro amore per il tutto e, invece, si
sentono incompresi. Per il loro stile di vita sono accomunati spesso alla "Lost Generation", e per
stessa ammissione di molti scrittori beat, Whitman ed Hemingway sono alle origini delle loro
ideazioni letterarie.
Nel mondo della musica, la beat generation fece molti proseliti, maggiormente appartenenti al
mondo del Jazz come : Chet Baker, Dizzy Gillespie, Miles Davis e David S. Ware. Artisti di
indiscussa fama mondiale che insieme formavano un’orchestrina jazz, suonavano musiche di
accompagnamento, mentre poeti leggevano tipiche poesie definite “Beat”. Quelle stesse poesie, si
ritrovavano, alternate a fotografie, scritte intorno a tappezzare il locale, difficili da leggere, tra
semibotti e tavoli di legno, spesso a lume di candela. Quei locali erano ancora quelli in cui erano
passati i protagonisti della beat generation e forse lì avevano scritto alcuni pezzi della loro epopea.
“Ho visto le migliori menti della mia generazione
distrutte dalla pazzia, affamate, nude, isteriche
trascinarsi per strade di negri all’alba in cerca di droga rabbiosa…
a fumare nel buio
soprannaturale di soffitte ad acqua
fredda fluttuando nelle cime delle città, contemplando jazz…
Ho visto le migliori menti della mia generazione che mangiavano fuoco in
hotel ridipinti…
che vagavano su e giù a mezzanotte per depositi ferroviari chiedendosi dove
andare, e andavano, senza lasciare cuori spezzati.”
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(da “Howl”- Urlo di Allen Ginsberg)
“Con l’arrivo di Dean Moriarty ebbe inizio quella parte della mia vita che si
potrebbe chiamare la mia vita lungo la strada. Prima di allora avevo spesso
sognato di andare nel west per vedere il continente, sempre facendo piani
vaghi e senza mai partire… Che cos’è quella sensazione quando ci si allontana
dalle persone e loro restano indietro sulla pianura finché le si vede appena
come macchioline che si disperdono? E’ il mondo troppo vasto che ci sovrasta
ed è l’addio. Ma noi puntiamo avanti verso la prossima pazzesca avventura
sotto le stelle.”
(da “On the road” di Jack Kerouac)
“E sono uno straniero infelice
contento di scappare per le strade del Messico
I miei amici sono morti su di me, le mie amanti svanite, le puttane bandite…
Se mi ubriaco mi viene sete
se cammino il piede mi cede
se sorrido la mia maschera è una farsa
se piango non sono che un bambino
se mi ricordo sono bugiardo
se scrivo la scrittura è passata
se muoio il morire è finite
se vivo è appena cominciato
se aspetto l’attesa è più lunga/se vado l’andare è andato…”.
(Allen Ginsberg)
“Ok Neal
Spirito etereo
brillante come l’aria che si muove
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azzurro come l’alba cittadina
felice come la luce espressa dal giorno
sui nuovi edifici della città…
Dopo che l’amicizia sbiadisce dalle forme della carne
felicità pesante pesa sul cuore,/potrei parlarti fino all’eternità…
O Spirito
Spirito Signore assolvimi dai miei peccati,
Spirito Signore ridonami la tua benedizione,
Spirito Signore perdona le pretese del mio corpo fantasma…
Spirito Signore, continuo a vagare da solo.
Oh sospiro profondo”.
(da “ Cantica Elagia” di Allen Ginsebrg
In onore di Neal Cassady)
Informazione dell’ultimo minuto:
articolo estratto da “Rai.it Spettacoli ” del 09.06.2014
E per finire... piccola curiosità
“Jimi Hendrix e il suo rock a colori tra i biopic
musicali a Bologna”
"Jimi: all is by my side" con André 3000 apre il Biografilm festival dedicato
alle storie vere. Molti i titoli sui musicisti, dal documentario su Abbado a
"Frank", film di finzione con Michael Fassbender
"È un fatto di colori. Voglio che la gente veda la musica come la vedo io". E ancora: "Se
avessi il potere, riempirei le strade di colori". Non era un'ossessione, quella di Jimi
Hendrix, ma uno sguardo d'artista molto difficile da raccontare senza sprofondare
nell'ovvietà. Jimi: all is by my side, il film di John Ridley presentato a Roma che aprirà
la decima edizione del Biografilm Festival di Bologna, in programma dal 6 al 16
giugno, offre uno sguardo inedito su uno dei grandi innovatori della storia del rock.
Con André Benjamin (ovvero André 3000, la metà del duo hip hop Outkast, già visto sul
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grande schermo in Four Brothers) nei panni di Jimi, Ridley (premio Oscar per
l'adattamento di 12 anni schiavo) ha scelto di raccontare la bruciante e purtroppo breve
volata del musicista di Seattle partendo dai suoi timidi esordi in non indimenticabili band
di rhythm 'n' blues fino alla vigilia della sua trionfale apparizione al festival di Monterey
nel 1967, quella della chitarra bruciata sul palco. Un anno vissuto a tappe forzate, segnato
da incontri decisivi: prima quello con Linda Keith, all'epoca fidanzata di Keith Richards dei
Rolling Stones, capace di scuoterlo dal suo pigro torpore esistenziale quasi privo di
ambizioni.
Poi con Chas Chandler, bassista degli Animals con la vocazione del manager, che lo strappò
ai club semideserti di New York per portarlo a Londra, l'unico luogo che potesse realmente
comprendere i suoi arcobaleni blues. Il tutto tra agitate session in studio, la nascita degli
Experience con relative audizioni, incroci con star della swingin' London come Eric
Clapton, Andrew Loog Oldham (all'epoca manager degli Stones), Paul McCartney e tanti
altri. La fotografia di un'epoca vertiginosa, raccontata attraverso una storia forse meno
conosciuta, fatta soprattutto di relazioni e di improvvise accelerazioni artistiche, che
mostra anche i lati più oscuri e miserabili (soprattutto nei suoi controversi rapporti con le
donne) dell'uomo che ha stravolto le regole della musica. Peccato però che gli eredi non
hanno concesso i diritti dei brani di Hendrix e quindi il regista non ha potuto utilizzare le
musiche originali.
Da Jimi Hendrix a Bob Dilan, al Biografilm festival il
biopic è in musica
Al festival dedicato alle biografie di Bologna (6 - 16 giugno) molti i film sui musicisti: dal
documentario "Dont look back" su Bob Dylan nell'omaggio ai filmaker Hegedus &
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Pennebaker a "Frank", ultima interpretazione di Michael Fassbender nei panni del leader
di una band d'avanguardia ispirato all'alter ego del musicista britannico Chris Sievey
Il film, presentato a Toronto, è uno dei fiori all'occhiello di questa edizione del festival
bolognese, l'unico evento italiano interamente dedicato alle biografie e ai racconti di vita.
Proprio Jimi: all is by my side sarà l'evento di apertura di "Biografilm Europa", la
nuova selezione di biopic prodotti dai 28 paesi dell'Unione Europea, che raccontano
attraverso i migliori film degli ultimi 18 mesi l'importanza strategica della produzione. "I
film biografici - spiega il Direttore Artistico di Biografilm Andrea Romeo, - sono in
questo momento in Europa una delle più riuscite sintesi tra cinema e televisione, tra
narrazione autoriale e vocazione divulgativa". Ma la manifestazione, che quest'anno è
focalizzata sul tema della cultura, offrirà una lunga serie di opere incentrate sulla musica. A
partire dalla retrospettiva dedicata a Donn Alan Pennebaker, il padre del "rockumentary",
di cui verranno riproposti due lavori di straordinaria importanza come Don't look back, il
documentario sul tour inglese di Bob Dylan del 1965, e Jimi plays Monterey, la cronaca
dell'esibizione del chitarrista al festival di Monterey. In anteprima mondiale verrà
presentato anche L'Orchestra. Claudio Abbado e i musicisti della Mozart di Helmut
Failoni e Francesco Merini, un affresco inedito dedicato al geniale direttore d'orchestra
scomparso nello scorso gennaio. La rassegna prevede l'anteprima italiana di Frank, un film
di Lenny Abrahamson incentrato sulla figura di Frank Sidebottom, alter ego del comico e
musicista britannico Chris Sievey: un genio folle che gira con una maschera di cartapesta
interpretato da Michael Fassbender.
Bibliografia e sitografia:
La presente tesina non ha la pretesa di essere una ricerca completa,
ma è soltanto uno spunto da cui partire per una ricerca che sembra essere
infinita,come la capacità della musica di trasformare il mondo.
Premessa e introduzione:
 Aforismario: aforismi e citazioni sul mondo del rock, dalle personalità più
conosciute degli ultimo 40 anni
 Documentario: “27” la maledizione del rock
 Conoscenze personali
 Confronti e discussioni con musicisti e conoscenti
 Canzone: The Star- Spangled Banner
 Canzone: Summertime
 Ricerche con supporto da internet
 Film- documentario: Woodstock. 3 GIORNI DI PACE, AMORE E MUSICA
Storia:



Documentario: La Guerra del Vietnam “le battaglie, le situazioni e i personaggi”
Documentario: Il ’68
Film: “Full Metal Jacket”
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

Ricerche con supporto da internet
Film- documentario: Woodstock. 3 GIORNI DI PACE, AMORE E MUSICA
Storia dell’arte:

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


Libro: “Arte in primo piano. Dal Neoclassicismo ad oggi”
(Giuseppe Nifosì)
Libro: “L’età contemporanea”
(Bertelli- Briganti- Giuliano)
Pop art: corso di storia dell’arte
Enciclopedia “Treccani”
Conoscenze personali
Ricerche con supporto di internet
Inglese:
 “On the road” - Jack Kerouac –
 Beat Generation: documenti, foto e citazioni.
 Enciclopedia “Treccani”
 I protagonist della Beat Generation: tra miti poesie e musica jazz
 Kataweb Musica: una discografia essenziale. Beat Generation.
Conclusioni
Questo elaborato ha preso in esame il lavoro che ho iniziato nel novembre 2013
attraverso ricerche, documentari e molta musica. Cominciai inizialmente con la lettura
del libro: “Jim Morrison è vivo” e da quel giorno decisi che proprio quello sarebbe stato
l’argomento per la mia tesina d’esame. Mi impegnai, un pò al giorno, a fare continue
ricerche su come il rock fosse nato, le sue origini e il suo significato. Mi confrontai con
mio padre e parlai molto anche con amici di famiglia che, insieme a lui, suonano in una
rock- band; mi appassionai fin da subito e il lavoro portato a termine non mi è pesato,
l’ho fatto con piacere e dedizione.
Con molto ascolto e un pizzico di passione spero di essere riuscita a trasmettervi e a
regalarvi una parte di me stessa, la metà che da 18 anni mi accompagna nel cammino
di tutti i giorni. Una passione troppo grande che non avrà mai fine e che continuerò a
divulgare in modo che la cultura musicale e storica siano conosciute dal mondo che mi
circonda.
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Ringraziamenti
Desidero ringraziare tutti coloro che si sono resi disponibili ad aiutarmi nella
realizzazione di questa ricerca. Grazie a tutti coloro che mi hanno fatto conoscere fatti di
vita vissuta estranei alla realtà in cui oggi viviamo e che attraverso le loro conoscienze ed
esperienze hanno arricchito, a loro modo, il mio bagaglio culturale. Amici, conoscenti e
familiari tutti, per il loro supporto e per la colaborazione.
Un grazie però va anche a voi. Cinque anni sono volati come il vento, troppo veloci, ma in
questi anni mi avete insegnato molto e ne farò tesoro. Tutti i ricordi che ho di ognuno di
voi, li porterò sempre nel cuore; sono stati esperienze di vita che mi hanno fatto
comprendere com’è veramente il mondo là fuori che mi aspetta. Ci sono stati anche
momenti bui e di smarrimento, in cui mi chiedevo ripetutamente se avessi fatto la scelta
giusta... una motivazione, però, riuscivo sempre a trovarla.
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Dopo cinque anni assieme, il nostro percorso finisce qui e spero vivamente che dal
momento in cui usicrò dalla porta riusciate a ricordarmi, anche seppur attraverso le
piccolo cose.
A malincuore vi saluto.
Un bacio.
Giorgia
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