Giulia Donati

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RELAZIONE MUSEO DELLA MENTE
Il giorno 9/11/2011 la classe si è recata al Museo-Laboratorio della Mente. Il nostro gruppo è
stato guidato all’interno di quello che prima era un ospedale psichiatrico (ora diventato
museo),dallo psichiatra Pompeo Martelli. Durante questa visita abbiamo ripercorso l’ospedale
Santa Maria della Pietà definitivamente chiuso nel 1999. Con le continue spiegazioni del dottor
Martelli ci siamo ritrovati immersi nelle varie aree manicomiali,nei grandi ricordi e nei dolorosi
racconti di pazienti,sottoposti a varie “cure” (elettroshock),di medici e di infermieri. Le varie aree
del manicomio erano diversamente intitolate:
• Entrare fuori uscire dentro: qui abbiamo attraversato un piccolo corridoio caratterizzato da
una specie di muro a specchio attraverso cui gli occhi del paziente scrutavano attentamente
quelli del visitatore,come per invitarlo ad entrare nella sua realtà,nel suo mondo che spesso
ci appare così insolito; contro questo muro i corpi dei pazienti urtavano molto violentemente
e con molta frequenza per attirare l’attenzione non verso di loro,come individui,ma verso
tutto ciò che erano costretti a subire; questo ci porta quindi a un duro impatto con la realtà
manicomiale.
• Modi le sentire: questa è stata la seconda area visitata;era costituita da piccole aree interne:
la prima contenente la cosiddetta “ Camera di Ames” (guardando attraverso un buco si aveva
un’ ipotesi percettiva); la seconda contenente altri tre tipi di stanze (quella del parlare, del
vedere e dell’ascoltare).
• Ritratti: in questa terza stanza era presente una vecchia macchina fotografica,i pazienti
appena entravano in manicomio venivano fotografati e i loro nomi venivano scritti su delle
lavagne.
• Dimore del corpo: all’interno di questa quarta stanza,il visitatore trova un tavolo dal quale
venivano emessi del suoni,udibili solo con la testa tra le mani; e un dondolo,il visitatore si
siede su una sedia,dinanzi a lui c’è uno schermo, oscillando e avvicinandosi sempre più ad
esso,ha la possibilità di immergersi nei vari luoghi e nei vari volti dei pazienti del manicomio.
• Inventori di mondi: in questa stanza sono stati riportati i vari dipinti,le varie “opere”,create da
due pazienti dell’ospedale psichiatrico, Fernando Oreste Nannetti,che per anni ha inciso sul
muro della sua camera con una semplice fibia, delle storie basate sulla fantasia. L’altra
colonna portante dell’ospedale fu Gianfranco Baieri, il quale venne affidato dalla madre in un
collegio. Dopo vario tempo trascorso in collegio,all’età di 7 anni venne portato al reparto per i
bambini dell’ospedale Santa Maria della Pietà. La sua diagnosi era completamente infondata
e inventata,sotto suo suggerimento,dai medici. Dopo aver festeggiato 50 anni trascorso in
manicomio,venne trasferito al padiglione 22; fu proprio qui che iniziò a dipingere. Due dei
suoi quadri fondamentali sono: “l’orologio senza tempo” e il “quadrettato”.
L’istituzione chiusa: in questa stanza erano presenti la fagotteria,la farmacia,la cosiddetta “
camera di contenzione” ,erano inoltre presenti le macchine dell’elettroshock,i letti con le cinte e
un armadio dove erano contenuti veleni e stupefacenti,che venivano somministrati con estrema
naturalezza dagli infermieri. In questa area si trovava anche un tavolo con 3 registri che
contenevano i nominativi,le varie diagnosi e cure dei pazienti. Appena veniva toccato un registro
sul tavolo (digitale) apparivano delle immagini che in seguito diventavano video,nei quali gli
infermieri,i medici,ma soprattutto i pazienti raccontavano quella che era la crudele vita
all’interno del manicomio. Questa visita mi ha molto interessato e tutti quei racconti,quegli
oggetti hanno aiutato la mia mente a ricostruire la crudele realtà manicomiale. Sono arrivata
inoltre a comprendere che la follia è come un estraniarsi dal proprio mondo,con essa si arriva a
pensare in un modo tutto proprio. Una persona giudicata folle non è poi tanto diversa da tutti gli
altri,spesso la società contemporanea non arriva a comprendere questo,anzi è spesso solita a
tralasciare e a discriminare queste persone che spesso celano dietro determinati atteggiamenti
folli una sofferta storia di vita che solo un occhio sensibile e attento è in grado di percepire e
comprendere. Visualizzando alcune testimonianze di ex degenti del manicomio,che ora sono
liberi e hanno riacquisito il diritto di cittadinanza della società civile, sono venuta a conoscenza
che molti di loro paragonassero la struttura a una prigione,o ad una discarica! Dagli anni 90
,grazie alla legge Basaglia (legge 180),questo manicomio non esiste più,ma in una
palazzina,trasformata in museo,resta scolpita la memoria di chi tra queste mura ha
urlato,pianto,sofferto.
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