l`anoressia

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l‘anoressia
In tempi moderni
Anche se fu un medico genovese nel 1500, tale Simone Porta, il primo a studiare e descrivere il quadro
clinico dell'anoressia nervosa, è tradizione diffusa far risalire la prima scoperta della malattia solo al 1689,
quando venne pubblicato ad opera del medico britannico Richard Morton il primo resoconto di due pazienti
(un ragazzo minorenne e una ragazza di appena 18 anni) che, in assenza di patologie manifeste, rifiutavano
di alimentarsi
Nel 1860 Louis-Victor Marcé descrisse per primo un "disordine dello stomaco" con una predominanza nel
sesso femminile, concetto che fu ripreso e identificato quasi contemporaneamente nel 1870 da Charles
Lasègue come anoressia isterica a Parigi, e da William Gull come anoressia nervosa a Londra. Fu lo stesso
Lasegue a fornire la prima descrizione approfondita del nucleo psicopatologico centrale del disturbo; a Gull
e Lasegue si deve quindi il merito di aver posto l'attenzione sull'origine non organica di tale disturbo, oltre
all'intuizione del ruolo importante svolto dalla famiglia nello sviluppo dell'anoressia.
Negli anni compresi tra il 1889 e il 1911 si ritrovano lavori in merito di neurologi come Jean-Martin Charcot
e Gilles de la Tourette.[9] Nel corso dell'anno 1903 lo psicologo francese Pierre Marie Félix Janet, nel suo
scritto "Les Obsessions et la Psychasthénie", descrisse le caratteristiche della malattia dandole un'altra
definizione: psicoastenia. Lo psicologo pensava che fosse dovuta a un rifiuto da parte della donna della sua
sessualità.
Anche Sigmund Freud ebbe modo di studiare la malattia; secondo il suo pensiero l'anoressia nervosa era
correlata a una forma di melanconia a cui non corrispondeva un'evoluzione sessuale, ovvero la persona non
aveva sviluppato una propria identità sessuale compiuta.
L'anoressia e i disturbi alimentari in generale sono una vera e propria emergenza sanitaria nei paesi
occidentali industrializzati e, secondo molti autori, sono in continuo aumento. In realtà i vari studi effettuati
non concordano: se parte di essi tende a evidenziare un preoccupante aumento dei casi, altri sottolineano
l'andamento costante, senza alcuna variazione. Un altro studio di tipo meta-analitico, che ha esaminato
l'evoluzione storica della malattia nel passato (1995), ha dimostrato come negli anni novanta la percentuale
di popolazione colpita sia rimasta costante.
Secondo i dati ricavati dalla letteratura la prevalenza (numero totale dei casi nella popolazione)
dell'anoressia si attestava attorno allo 0,3% nel 2003, mentre l'incidenza (numero di nuovi casi nella
popolazione in un determinato periodo di tempo) è di 8 casi per 100.000 soggetti in un anno. La
percentuale poi è stata aggiornata a 0,42% nel 2006 da studi condotti in Italia. In seguito, nel 2007, la
prevalenza si sarebbe leggermente alzata, attestandosi attorno allo 0,5% o, come suggerisce più
pessimisticamente un altro studio, avrebbe superato il 2%. Per quanto riguarda l'età di esordio, questa si
situa fra i 12 e i 25 anni (anche se si sono verificati negli ultimi anni diversi casi che superano i 30 anni), con
il momento più critico fra i 15 e i 19 anni. Altri studi hanno trovato picchi di incidenza in corrispondenza dei
14 e 18 anni d'età. La malattia quindi colpisce soprattutto gli adolescenti, anche se ultimamente si stanno
sempre più registrando casi negli adulti e anche tra gli anziani.
Altra caratteristica tipica dell'anoressia è quella di essere un disturbo prettamente femminile: circa il 90%
dei casi, infatti, si sviluppa nel sesso femminile.
Il problema comunque non riguarda solamente le donne. Anche se gli studi sul sesso maschile sono minori,
è stato stimato che sul totale degli ammalati risultano essere presenti dal 5% al 10% di casi riguardanti
ragazzi adolescenti e maschi adulti.
La percentuale di maschi anoressici sembra in aumento, ma ciò potrebbe derivare dal semplice fatto che
oggi un maggior numero di uomini si rivolgono ad un medico per curare tale disturbo.
Nel sesso maschile è maggiormente espresso un altro problema collegato all'immagine del corpo (cfr.
Anoressia riversa o bigoressia), per cui l'ideale non è quello di apparire magri ma il più muscolosi possibile.
(In questo caso si parla di dismorfia muscolare, che è stata considerata come un fenotipo dell'anoressia.
Anche se gli studi in passato sono stati pochi, è stato riscontrato negli uomini anoressici una diminuzione
del desiderio sessuale. Poiché in passato ritenuta malattia quasi esclusivamente femminile l'interesse
accademico circa l'incidenza dell'anoressia nel mondo maschile si è sviluppato solo di recente; ciò fa sì che
siano diffusi stereotipi quali l'anoressia come "malattia da donne", o l'associazione della sua manifestazione
maschile a condizioni quali l'effeminatezza, la bisessualità o l'omosessualità. Diversi studi dimostrano come
la malattia si manifesti indipendentemente dall'orientamento sessuale del soggetto (l'80% degli anoressici
maschi sarebbero eterosessuali).
Cause psicologiche
Fra i primi ad accorgersi di un risvolto psicologico della malattia fu John A. Ryle, che nel 1936 notò una
correlazione della malattia con le delusioni d'amore. Oltre ai fattori sociali e familiari, vi sono importanti
fattori di rischio legati al forte desiderio di sottoporsi (spesso ripetutamente) a diete ferree per il
raggiungimento di uno standard estetico; la difficoltà ad adattarsi ai cambiamenti e agli eventi stressanti;
fallimenti amorosi; gravi difficoltà scolastiche o lavorative; alterazione della normale condizione familiare o
anche una forzata separazione da essa; lutti o gravi incidenti occorsi ad amici o parenti; abusi sessuali e
fisici.
Processo importante di mantenimento del disturbo è quello della dismorfofobia: le persone con questa
difficoltà non solo non sono soddisfatte del loro aspetto, ma non riescono ad osservarlo e percepirlo con
obiettività, bensì lo vedono distorto e peggiore di quello che in realtà è. La dismorfofobia non è solo
un'errata valutazione "razionale" del dato percettivo (ad esempio, davanti allo specchio): è un disturbo
psicopatologico che va a coinvolgere la rappresentazione del proprio "schema corporeo", e che richiede un
intervento specifico.
Il fenomeno è stato confermato anche da studi di neuroimaging: dei pazienti sono stati sottoposti a
risonanza magnetica funzionale, una tecnica capace di visualizzare la risposta emodinamica correlata
all'attività neuronale dell'encefalo, ed i loro pattern di attivazione neurale sono stati messi a confronto con
quelli di persone senza patologie alimentari, rivelando alcune differenze significative.
Da non trascurare anche il rischio di effetti di circolo vizioso: il soggetto vive uno stato di ansia e
depressione in relazione alla sua situazione, che lo portano a digiunare; la malnutrizione facilita a sua volta
uno stato di disforia nell'individuo, intensificando la sua depressione.
Cause psichiatriche
Nella letteratura scientifica è avanzata l'ipotesi che all'origine dell'anoressia nervosa vi sia una pregressa
positività psichiatrica, od una relativa comorbilità, con disturbi della sfera ossessivo-compulsiva; tale
comorbilità spiegherebbe la struttura compulsiva ed ossessiva presente soprattutto in una delle due forme
della malattia.[
Cause genetiche
Dati ottenuti con la risonanza magnetica funzionale.
Negli ultimi anni si è spostata l'attenzione nel campo della genetica e in tal senso gli studiosi cercano di
stabilire le possibili cause della malattia. Gli studi si sono concentrati sul 5-HT(2A) (un sottotipo recettoriale
della serotonina), la cui funzione può risultare alterata durante la fase della pubertà. Un tale
funzionamento anomalo si ritiene possa essere possibile causa di anoressia, ma i risultati sono contrastanti.
Familiarità
Già in passato si ipotizzò una forma di familiarità della malattia, ipotesi confermata poi da studi successivi,
che mostrano un maggiore coinvolgimento nei gemelli monozigoti. Gli ultimi studi sull'ereditabilità,
mostrano che i sintomi della malattia hanno ognuno un diverso grado di diffusione. (Per ereditabilità si
intende la probabilità che ha una persona di sviluppare una data malattia dovuta ad un gene difettoso
ereditato.) Ultimamente, grazie a tali studi, si è presupposto un coinvolgimento per alterazione dei
cromosomi 1, 2 e 13, con specifiche localizzazioni.
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