Capitolo Quinto .................................. Le società

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Capitolo Quinto...................................
Le società mutualistiche
1. Generalità: lo scopo mutualistico
Con il termine «società mutualistiche» vengono indicate le società cooperative e le società di mutua assicurazione. Elemento comune di tali società
è lo «scopo mutualistico», che si pone come presupposto legale di queste particolari organizzazioni sociali.
In particolare, scopo mutualistico è l’intento di fornire beni, servizi od occasioni di lavoro direttamente ai membri dell’organizzazione a condizioni
più vantaggiose di quelle che otterrebbero dal mercato operando singolarmente.
Affinché lo scopo mutualistico (e cioè la eliminazione dell’intermediario
speculante) possa realizzarsi, occorre che assumano la qualità di imprenditore
quelle stesse persone che normalmente sono ad esso contrapposte (clienti,
consumatori); perciò, in tali società, l’impresa viene collettivamente esercitata
dalle stesse persone che usufruiranno poi dei beni o servizi da essa prodotti:
nelle società mutualistiche, dunque, soci e destinatari dell’attività sociale sono
le medesime persone.
2. Le società cooperative
Le società cooperative sono predisposte per l’esercizio collettivo a scopo
mutualistico di imprese commerciali e non.
La partecipazione alle stesse, pertanto, si determina essenzialmente in relazione alla identità
dei bisogni sentiti dai soci ed alla possibilità di una soddisfazione di essi attraverso lo svolgimento
dell’attività sociale.
Il fenomeno cooperativo, con il quale si attua la cd. «autogestione dell’impresa», si manifesta
in vari campi:
— consumo: (es.: cantine sociali, latterie sociali etc.) la cooperativa procura ai soci beni a prezzo
di costo lievemente aumentato per le spese generali ma comunque a condizioni più favorevoli
di quelle di mercato;
— produzione: (cooperative agricole in generale etc.) i soci conferiscono i loro prodotti alla
cooperativa e, tramite la stessa, li vendono direttamente ai consumatori, eliminando ogni
intermediario;
— lavoro: la cooperativa impiega direttamente il lavoro dei soci;
— costruzione: (cooperative edilizie) la cooperativa ha come scopo la costruzione di edifici, da
assegnarsi in proprietà ai soci, con divieto di alienazione ai non-soci ed esclusione di ogni
profitto per la società;
— credito: (es.: banche popolari) la cooperativa esercita il credito a vantaggio dei soci, ai quali
distribuisce, sia pure in misura limitata, anche gli utili conseguiti.
La riforma del diritto societario ha profondamente inciso sulla disciplina
delle cooperative, riscrivendola quasi integralmente.
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Parte Seconda - Le società
La più significativa modifica apportata dalla riforma riguarda la distinzione,
al loro interno, tra cooperative a mutualità prevalente e cooperative non
a mutualità prevalente, con riserva delle agevolazioni fiscali previste dalle
leggi speciali solo in favore delle prime.
Ai sensi dell’art. 2512, sono società cooperative a mutualità prevalente, quelle che:
1) svolgono la loro attività prevalentemente in favore dei soci, consumatori o utenti di beni o
servizi;
2) si avvalgono prevalentemente, nello svolgimento della loro attività, delle prestazioni lavorative
dei soci;
3) si avvalgono prevalentemente, nello svolgimento della loro attività, degli apporti di beni o servizi
da parte dei soci.
La disposizione di cui al successivo art. 2513, detta, poi, taluni criteri per la definizione del
concetto di prevalenza, mentre l’art. 2514 descrive i requisiti di non lucratività che le cooperative
a mutualità prevalente devono prevedere nei propri statuti. La L. 99/2009 (cd. Legge sviluppo) ha
introdotto l’obbligo per le società cooperative, ai fini della dimostrazione del possesso dei requisiti
di cui all’art. 2513, di comunicare ogni anno le notizie di bilancio all’amministrazione presso la
quale è tenuto l’albo delle società cooperative, pena l’applicazione della sanzione amministrativa
della sospensione semestrale di ogni attività dell’ente.
Inoltre, la legge in esame è intervenuta sulla disciplina dei consorzi agrari riconoscendo a
questi la natura di cooperative a mutualità prevalente indipendentemente dai requisiti stabiliti
dall’art. 2513, ma purchè rispettino i requisiti di cui all’art. 2514.
Le cooperative non a mutualità prevalente rispondono ad un nuovo modello di cooperative,
che fa propria un’organizzazione di impresa più flessibile.
Per esse vale un duplice limite alla distribuzione degli utili eventualmente conseguiti:
a) un limite statutario, per cui è demandato all’atto costitutivo indicare le modalità di ripartizione
e la percentuale massima di utili ripartibili tra i soci (art. 2545quinquies, comma 1);
b) un limite legale, per cui è previsto che l’utile di bilancio può essere distribuito (nella percentuale fissata dallo statuto) sempre che il rapporto tra il patrimonio netto e il complessivo
indebitamento della società sia superiore ad un quarto (art. 2545quinquies, comma 2).
Con riguardo alle società cooperative, già prima della riforma del diritto societario, il legislatore aveva, con L. 31-1-1992, n. 59, modificato la relativa disciplina con l’introduzione di alcune
importante innovazioni:
a) è stata estesa a tutte le cooperative la possibilità di istituire la categoria dei soci sovventori
(precedentemente propria delle sole mutue assicuratrici). I conferimenti di questi soci sono
destinati alla costituzione di appositi fondi per lo sviluppo delle attività produttive.
I soci sovventori apportano capitale di rischio: essi cioè non intendono fruire dei vantaggi
mutualistici, bensì desiderano ottenere una congrua remunerazione del loro investimentoconferimento.
I conferimenti dei soci sovventori sono rappresentati da azioni nominative che godono di
un trattamento più favorevole dell’ordinario per quanto concerne la ripartizione degli utili e
dell’attivo risultante dalla liquidazione.
Al socio sovventore, in proporzione al suo apporto, possono essere attribuiti più voti purché
complessivamente i voti dei sovventori non superino il terzo dei voti spettanti a tutti i soci;
b) è stata prevista la possibilità di emettere azioni di partecipazione cooperativa, prive di voto e
privilegiate nella ripartizione degli utili e nel rimborso del capitale. Queste azioni possono essere
emesse solo per un ammontare non superiore alle riserve indivisibili o al patrimonio netto.
Le azioni in esame possono essere al portatore solo se integralmente liberate.
I possessori di tali titoli sono organizzati in assemblea speciale la cui convocazione può essere
richiesta da almeno un terzo di costoro. È previsto anche un rappresentante comune. Queste
innovazioni hanno lo scopo di favorire l’apporto di capitali alle società cooperative e quindi
di agevolarne lo sviluppo;
Capitolo Quinto - Le società mutualistiche
111
c) sono stati istituiti i fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione,
i quali devono essere costituiti dalle associazioni di rappresentanza del movimento cooperativo, e possono essere gestiti, senza scopo di lucro, da associazioni o da società per azioni e
costituiscono patrimonio autonomo rispetto a quelli degli enti gestori.
I fondi devono essere finalizzati esclusivamente alla promozione e al finanziamento di nuove
imprese e di iniziative di sviluppo della cooperazione, con preferenza per i programmi diretti
all’innovazione tecnologica, all’incremento dell’occupazione e allo sviluppo del Mezzogiorno.
Il legislatore della riforma, sulla scia già tracciata dalla legge del 1992, ha introdotto la figura
dei soci finanziatori.
L’art. 2526 prevede, infatti, la possibilità che anche le cooperative emettano strumenti finanziari
(come le s.p.a.): in tal caso i diritti di amministrazione o quelli patrimoniali spettanti ai possessori dei detti strumenti, nonché le condizioni per il loro trasferimento sono fissati nell’atto
costitutivo.
Il legislatore, tuttavia, ha fissato un limite ai diritti dei possessori degli strumenti finanziari,
stabilendo che agli stessi non può, in ogni caso, essere attribuito più di un terzo dei voti spettanti
all’insieme dei soci presenti ovvero rappresentati in ciascuna assemblea generale.
3. Disciplina
In sintesi la disciplina delle società cooperative può così essere esposta:
1. costituzione: deve avvenire nella forma dell’atto pubblico ed è sottoposta all’iscrizione nel
registro delle imprese a seguito della quale la società acquista la personalità giuridica (artt.
2521-2523). Tutte le cooperative, anche se diverse da quelle a mutualità prevalente, devono
iscriversi presso l’Albo delle società cooperative. Tale iscrizione, a seguito della L. 99/2009, ha
assunto valore costitutivo della qualifica di società cooperativa. Inoltre, è richiesto che i soci
fondatori siano almeno nove; la denominazione sociale può essere formata liberamente ma
deve contenere l’indicazione «società cooperativa»; il contratto di società è aperto e consente
l’ingresso di nuovi soci alle condizioni determinate nell’atto costitutivo (cd. principio della
porta aperta), l’ammissione è deliberata dagli amministratori previo accertamento dei requisiti
previsti dall’atto costitutivo;
2. partecipazione dei soci: la partecipazione dei soci è rappresentata da quote (o da azioni) di
valore non inferiore a 25 euro e, per le azioni, non superiore a 500 euro; ove la legge non preveda diversamente, nessun socio può essere titolare di una partecipazione superiore a 100.000
euro; quote ed azioni sono trasferibili per atto tra vivi con effetto verso la società solo se il
trasferimento è autorizzato dagli amministratori (art. 2530), nel trasferimento mortis causa
può prevedersi però anche la continuazione della società con gli eredi provvisti dei requisiti
per l’ammissione alla società (art. 2534); l’esclusione del socio opera nelle ipotesi indicate
dall’art. 2533; in sede di liquidazione della quota, il socio ha diritto anche al rimborso del
sovrapprezzo eventualmente da lui corrisposto in occasione dell’ammissione alla cooperativa,
tranne nel caso in cui quel sovrapprezzo sia stato utilizzato per la rivalutazione del capitale
sociale;
3. responsabilità dei soci: l’art. 2518 stabilisce, in via generale, che nelle società cooperative,
per le obbligazioni sociali è esclusivamente responsabile la società con il suo patrimonio.
La introduzione, per effetto della riforma, di un unico regime di responsabilità consegue alla
eliminazione della distinzione tra società cooperative a responsabilità limitata ed illimitata, cui
corrispondeva un diverso atteggiarsi della responsabilità, nel primo caso limitata alla quota
conferita e, nel secondo, prevista illimitatamente a carico dei soci nei casi di fallimento o
liquidazione coatta amministrativa della società;
4. il capitale sociale è variabile, cioè muta al mutare del numero dei soci, quindi gli aumenti e
le diminuzioni del capitale sociale non comportano modifiche dell’atto costitutivo; a riserva
legale deve essere destinato almeno il 30% degli utili netti e l’accantonamento va fatto in
relazione a ciascun bilancio annuale qualunque sia l’ammontare già raggiunto dalla riserva;
una quota degli utili netti deve essere corrisposta ai fondi mutualistici per la promozione e
112
Parte Seconda - Le società
lo sviluppo della cooperazione; l’atto costitutivo deve indicare la percentuale massima degli
utili ripartibili tra i soci; se l’atto costitutivo lo prevede, l’assemblea può assegnare ai soci le
riserve divisibili nei modi indicati dal nuovo art. 2545quinquies; l’atto costitutivo determina,
inoltre, i criteri di ripartizione tra i soci dei ristorni, secondo la quantità e la qualità degli
scambi mutualistici realizzati (art. 2545sexies);
5. l’assemblea sociale: ogni socio ha di regola un solo voto («una testa, un voto») e può esercitarlo
purchè iscritto da almeno novanta giorni nel libro dei soci (art. 2538); l’atto costitutivo può
prevedere modi peculiari di convocazione dell’assemblea, e fissare liberamente senza alcun
limite le maggioranze necessarie per le deliberazioni: può essere ammessa anche la votazione
per corrispondenza o mediante altri mezzi di telecomunicazione; l’art. 2540 disciplina la votazione in assemblee separate, che deve essere prevista dall’atto costitutivo quando la società
cooperativa ha più di tremila soci e svolge la propria attività in più province, ovvero se ha più
di cinquecento soci e si realizzano più gestioni mutualistiche;
6. per quanto riguarda gli amministratori, si applicano in via generale le norme dettate per la
S.p.a.; in particolare, la maggioranza di essi deve essere scelta tra i soci cooperatori o tra le
persone indicate dai soci cooperatori persone giuridiche;
7. per quanto concerne l’organo di controllo (collegio sindacale o anche consiglio di sorveglianza
o comitato per il controllo interno), i suoi componenti possono essere scelti liberamente, non
essendo prescritta l’appartenenza a determinati ceti professionali, e possono essere anche
estranei all’ente societario.
La nomina del collegio sindacale nelle società cooperative è obbligatoria negli stessi casi in cui
sussiste tale obbligo per le s.r.l. le quali, però, a seguito delle modifiche da ultimo introdotte dal
D.L. 5/2012, conv. in L. 35/2012, possono scegliere tra organo di controllo o revisore (art. 2543).
Tali casi, a norma dell’art. 2477, sono:
1) se il capitale sociale non è inferiore a quello minimo stabilito per le società per azioni
(120.000 euro);
2) se per due esercizi consecutivi siano stati superati due dei limiti indicati all’art. 2435bis
relativi alla redazione del bilancio in forma abbreviata (totale dell’attivo patrimoniale:
4.400.000 euro; ricavi delle vendite: 8.800.000 euro; dipendenti occupati in media: 50
unità);
3) se la società sia tenuta alla redazione del bilancio consolidato;
4) se la società controlla altre società sottoposte obbligatoriamente al controllo legale dei
conti.
Ancora, sussiste l’obbligo di nomina del collegio sindacale quando la società emetta strumenti
finanziari non partecipativi.
I soci lavoratori
La legge 3 aprile 2001, n. 142 ha attuato una revisione della legislazione in materia cooperativistica, con particolare riferimento alle cd. cooperative di lavoro, nelle quali il rapporto
mutualistico abbia ad oggetto la prestazione di attività lavorative da parte del socio.
Le cooperative di lavoro sono organizzazioni di impresa composte solamente da lavoratori che
si associano ed assumono collettivamente, per lo più sotto forma di appalti, l’esecuzione di
opere o servizi. Esse sono perciò caratterizzate dallo scopo mutualistico, inteso come fornitura
di occasioni di lavoro direttamente ai membri dell’organizzazione a condizioni più vantaggiose
di quelle che otterrebbero dal mercato.
In particolare, il rapporto tra società e socio ha natura duplice, associativa e lavorativa insieme.
Il socio lavoratore, infatti, stabilisce con la propria adesione, o successivamente all’instaurazione
del rapporto associativo, un ulteriore e distinto rapporto di lavoro, in forma subordinata,
autonoma od in qualsiasi altra forma (ivi compresi i rapporti di collaborazione coordinata non
occasionale) con cui contribuisce comunque al raggiungimento degli scopi sociali.
In tale contesto vengono disciplinati il trattamento economico, con le relative integrazioni,
quello fiscale e quello previdenziale.
Capitolo Quinto - Le società mutualistiche
113
Ciò che distingue la mera prestazione di lavoro subordinato dalla prestazione lavorativa in
regime mutualistico è sostanzialmente la partecipazione ed il coinvolgimento nella vita societaria (partecipazione ad assemblee sociali ed ai momenti decisionali propri della cooperativa;
svolgimento di attività rientranti nell’oggetto sociale, etc.).
L’art. 1 della legge 142/2001 chiarisce che sono soci lavoratori di cooperativa coloro i quali:
1) concorrono alla gestione dell’impresa partecipando alla formazione degli organi sociali e
alla definizione della struttura di direzione e conduzione dell’impresa;
2) partecipano alla elaborazione di programmi di sviluppo e alle decisioni concernenti le scelte
strategiche, nonché alla realizzazione dei processi produttivi dell’azienda;
3) contribuiscono alla formazione del capitale sociale e partecipano al rischio di impresa, ai
risultati economici ed alle decisioni sulla loro destinazione;
4) mettono a disposizione le proprie capacità professionali anche in relazione al tipo ed all’attività
svolta, nonché alla quantità delle prestazioni di lavoro disponibili per la cooperativa stessa.
4. Vigilanza e controlli. Scioglimento autoritativo
Le società cooperative, per l’interesse pubblico ad esse collegato, sono
soggette a rigorosi controlli dell’autorità governativa. Nel caso in cui vengano
accertate irregolarità tali da impedire il regolare funzionamento della società,
l’organo di vigilanza può revocare gli amministratori ed i sindaci ed affidare
la gestione ad un commissario governativo.
L’autorità di vigilanza, infine, può disporre lo scioglimento delle cooperative
(art. 2545septiesdecies):
— che non perseguono lo scopo mutualistico o che non siano in condizione
di raggiungere gli scopi per cui sono state costituite;
— ovvero che, per due anni consecutivi, non abbiano depositato il bilancio
annuale o non abbiano compiuto atti di gestione.
L’art. 2545quinquiesdecies ha, inoltre, esteso il controllo giudiziario ex art.
2409 a tutte le cooperative.
La L. 99/2009 è intervenuta a ribadire le ragioni di interesse pubblico che stanno alla base
dell’espletamento dei compiti di vigilanza cooperativa e ha previsto la riserva «in via esclusiva» in
favore del Ministro dello sviluppo economico dei poteri di accertamento dei requisiti mutualistici,
sopprimendo il riferimento agli interventi ispettivi di altre amministrazioni pubbliche.
5. Le società di mutua assicurazione
La società di mutua assicurazione è una società esercente attività assicurativa, nella quale il socio ha diritto alla prestazione dell’assicurazione per il
solo fatto di aver aderito alla società. Le società di mutua assicurazione sono
sempre a responsabilità limitata.
La qualità di socio si acquista assicurandosi presso la società e si perde
con l’estinguersi dell’assicurazione (art. 2546).
L’atto costitutivo può prevedere, però, anche la presenza di soci sovventori, i quali — a differenza dei soci assicurati — non sono legati alla società da rapporti di assicurazione, ed i cui
conferimenti servono al solo fine di costituire fondi di garanzia per il pagamento delle indennità.
Tali soci, nell’amministrazione della società e nell’assemblea, hanno una influenza limitata e
subordinata a quella dei soci assicurati (art. 2548).
114
Parte Seconda - Le società
Le mutue assicuratrici vengono comunemente classificate in due tipi:
a) a quota fissa, in cui si ha la costituzione di un patrimonio sociale mediante
versamento di quote individuali da parte di ciascun socio;
b) a ripartizione, nelle quali i soci assumono l’obbligo di contribuire pro quota al pagamento delle indennità di assicurazione mano a mano che sono
dovute, senza perciò addivenire alla costituzione di un patrimonio sociale.
Le mutue assicuratrici sono regolate dalle norme stabilite per le società
cooperative, in quanto compatibili con la loro natura, e sono assoggettate
alle autorizzazioni, alla vigilanza ed ai controlli stabiliti dalle leggi speciali
sull’esercizio dalle assicurazioni (art. 2547).
Nozione
Tipi
Società
cooperative
Società
mutualistiche
Società di
mutua
assicurazione
Società con scopo
mutualistico
Cooperative a
mutualità prevalente
Cooperative non a
mutualità prevalente
Responsabilità
Per le obbligazioni sociali risponde
solo la società con il suo patrimonio
Partecipazioni
sociali
Quote od azioni trasferibili con
il consenso degli amministratori
Assemblea
Aventi ad
oggetto
l’esercizio di
attività
assicurativa
Organi sociali
Organo amministrativo
Organo di
controllo
obbligatorio
facoltativo
Parte Quarta
I titoli di credito
Capitolo Primo....................................
Lineamenti generali dei titoli di credito
1. Generalità
Il codice non definisce i titoli di credito, ma detta soltanto regole generali
(artt. 1992 e ss.) e ne rinvia la disciplina specifica alle leggi speciali che regolano la cambiale, gli assegni etc.
Trattasi, comunque, di un documento nel quale è incorporata la promessa
unilaterale di effettuare una prestazione in favore di chi presenterà il titolo al
debitore. Tale documento ha le seguenti caratteristiche:
— rappresenta, di regola, un diritto di credito ad una prestazione pecuniaria
ma può incorporare anche un diritto di credito alla consegna di merci o
perfino un diritto reale di garanzia quale il «pegno» risultante, appunto,
dalla cd. nota di pegno;
— attua con la massima speditezza il trasferimento dello stesso, in quanto
trasferendo il documento si attribuisce ad altri il diritto in esso incorporato;
— nella sua materialità è una «res» e specificamente un bene mobile al quale
si applica la ben nota regola del «possesso vale titolo» di cui all’art. 1153,
sostanzialmente riprodotto, per i titoli di credito, nell’articolo 1994;
— il diritto che si acquista con il titolo di credito è originario ed autonomo,
ed è determinato dal tenore letterale del titolo.
Quanto esposto chiarisce i seguenti caratteri dei titoli di credito:
— letteralità, secondo cui il debitore che ha assunto un’obbligazione cartolare
deve compiere la prestazione esattamente indicata nel titolo, cioè quale
risulta secondo i termini letterali delle clausole contenute nel documento
e senza potersi richiamare ad accordi successivi che modifichino detto
contenuto;
— autonomia, il diritto acquistato non è lo stesso ceduto dal precedente
creditore, ma è un diritto «originario» sorto, cioè, «ex novo». L’autonomia
tutela il creditore in quanto non possono a lui essere eccepite dal debitore
cartolare le eccezioni che questi avrebbe potuto opporre al precedente
possessore.
172
Parte Quarta - I titoli di credito
Dei titoli di credito possono farsi differenti classificazioni.
In base al rapporto fondamentale (e cioè, al rapporto sottostante che ha
portato alla creazione del titolo), si distingue tra:
a) titolo causale: nel quale, insieme alla promessa di eseguire una prestazione
a cui correlativamente corrisponde il diritto di credito del destinatario della
stessa, è pure indicato il rapporto sottostante, alla cui sorte viene legato
l’adempimento del titolo anche di fronte ai terzi (ad esempio le azioni societarie);
b) titolo astratto: in cui, invece, il rapporto fondamentale, cioè quello sottostante, non è enunciato ed è, perciò, irrilevante nei confronti dei terzi possessori in buona fede del titolo. Costoro avranno diritto alla prestazione anche
se il rapporto fondamentale non sussiste più, ovvero è viziato (ad esempio
cambiale e assegno circolare). All’astrattezza è connessa però la letteralità
del titolo.
I titoli di credito si distinguono anche in base al loro regime di circolazione:
a) titoli nominativi: intestati ad una determinata persona.
Il trasferimento avviene mediante l’annotazione del nome dell’acquirente
sul titolo e nel registro dell’emittente o con il rilascio di un nuovo titolo
intestato al nuovo titolare;
b) titoli all’ordine: intestati anch’essi ad un titolare; l’intestazione, però, risulta
unicamente dal titolo, e l’emittente non è tenuto a registrarla.
Il trasferimento avviene mediante consegna del titolo accompagnato da
una serie continua di girate («girata» è, appunto, l’ordine di pagare ad
una determinata persona: «e, per me, pagate a…» rivolto dal creditore al
debitore).
La girata non può essere parziale, né sottoposta a condizione.
Di solito la girata ha solo la funzione di circolazione, nel senso che serve a far diventare il
giratario portatore legittimo del titolo di credito; vi sono comunque delle ipotesi (es., per la
cambiale) in cui la girata ha anche la funzione di garanzia, nel senso che il girante diventa responsabile verso i giratari successivi per l’inadempimento della prestazione da parte
dell’emittente;
c) titoli al portatore: non intestati ad alcun titolare. Per il trasferimento è
sufficiente la semplice consegna del titolo.
In relazione al contenuto dei diritti enunciati nel titolo, si distinguono:
— titoli di pagamento: che danno diritto ad una determinata prestazione di
carattere pecuniario (esempio: cambiale, assegno);
— titoli rappresentativi: che attribuiscono un diritto diverso dal diritto ad
una prestazione pecuniaria, come ad esempio la pretesa alla consegna di
una merce, e possono attribuire anche un diritto reale (come ad esempio
la nota di pegno); tali sono la fede di deposito, la polizza di carico etc.;
— titoli di partecipazione: che assegnano al possessore uno «status giuridico»
con i relativi diritti (esempio azioni di società: viene attribuito lo stato di
socio con i relativi diritti di partecipazione alle assemblee, di voto etc.).
Capitolo Primo - Lineamenti generali dei titoli di credito
173
In relazione al modo in cui sono creati ed emessi, si distinguono:
— titoli individuali: sono creati di volta in volta in relazione ad ogni singola
operazione;
— titoli di massa: sono creati con un’unica operazione, diretta a porre in essere
più titoli del medesimo contenuto (esempio: azioni sociali, obbligazioni sociali).
2. Titoli impropri, di legittimazione e atipici
Alcune figure giuridiche, pur se indicate comunemente come «titoli», debbono essere tenute distinte dai titoli di credito in quanto sono prive dei caratteri
propri di quest’ultimi. Tali sono:
a) i cd. titoli impropri, che consentono solo il trasferimento di un diritto senza
l’osservanza delle normali forme della cessione, ma non attribuiscono al
cessionario alcun diritto letterale ed autonomo (es.: polizza di assicurazione);
b) i cd. titoli (o documenti) di legittimazione, che servono solo ad identificare
l’avente diritto ad una determinata prestazione (es.: biglietti ferroviari, teatrali,
cinematografici, marche di guardaroba etc.). Essi sono predisposti unicamente
allo scopo di facilitare l’esecuzione del contratto, approntando un mezzo di
prova di particolare efficacia per l’individuazione della persona del creditore.
I titoli di entrambe le categorie suddette non sono documenti necessari per l’esercizio del
diritto in essi indicato, in quanto di regola, in caso di perdita, il creditore è sempre ammesso
a provare con altri mezzi il proprio diritto.
Inoltre l’ultimo possessore dei cd. titoli impropri non ha alcun diritto autonomo, per cui nei
suoi confronti sono sempre opponibili le eccezioni opponibili ai precedenti possessori;
c) i titoli atipici sono quelli non previsti da alcuna disposizione normativa ma
emergenti dalla pratica commerciale (es.: certificati di partecipazione ad un
fondo comune di investimento mobiliare, certificati di deposito d’uso etc.).
Il codice ne esclude la libertà di emissione nel solo caso di titoli al portatore aventi per oggetto l’obbligazione di pagare una somma di denaro (art.
2004); nessun divieto pone, invece, per i titoli all’ordine e nominativi.
Le carte di credito e servizi di pagamento
Le carte di credito sono documenti (tesserini plastificati) che consentono al titolare l’acquisto
di beni e servizi disparati senza obbligo di immediato pagamento del prezzo.
Si distinguono in particolare due tipi di carte di credito:
a) le carte di credito bilaterali: sono rilasciate dalle stesse imprese che forniscono i beni o i
servizi e consentono di effettuare l’acquisto degli stessi presso le singole unità di distribuzione
commerciale delle imprese emittenti, fornendo al titolare una dilazione nel pagamento;
b) le carte di credito trilaterali (American Express, Visa etc.): sono emesse da imprese che
gestiscono esclusivamente il servizio di intermediazione nei pagamenti. L’impresa emittente
paga ai fornitori i prezzi dei beni o servizi acquistati dai titolari della carta e periodicamente
incassa da questi ultimi quanto dovuto per gli acquisti; la stessa impresa, inoltre, quale suo
corrispettivo, percepisce un compenso dai fornitori e uno dai titolari della carta. L’impresa
emittente stipula due tipi di convenzione:
— con i fornitori una convenzione di abbonamento, in virtù della quale costoro si obbligano a fornire ai titolari della carta i beni ed i servizi richiesti, senza pretenderne il
174
Parte Quarta - I titoli di credito
contestuale pagamento. L’emittente, invece, si obbliga a pagare al fornitore il relativo
corrispettivo, dedotta una percentuale quale compenso del servizio;
— con colui che diviene titolare della carta una convenzione di rilascio, in virtù della quale
costui ha la possibilità, dietro pagamento di un canone annuo, di utilizzare la carta
stessa per effettuare acquisti presso gli esercizi convenzionati, senza pagare subito il
prezzo.
Il D.Lgs. 27-1-2010, n. 11 ha recepito nel nostro ordinamento la direttiva 2007/64/CE sui servizi di pagamento, volta a creare un unico mercato dei servizi bancari e finanziari nell’Unione
europea e facilitare la libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali.
È stata introdotta una nuova categoria di operatori non bancari, i cd. istituti di pagamento
(si pensi, ad esempio, agli operatori di telefonia), che potranno associare alla normale attività
commerciale anche l’offerta di servizi di pagamento, inclusa la concessione di credito, fino ad
oggi di competenza esclusiva di banche e istituti finanziari. In questo modo, quindi, nuovi soggetti, come catene della grande distribuzione, compagnie telefoniche, stazioni di rifornimento,
potranno svolgere tutti i servizi di pagamento previsti dalla direttiva stessa.
Una delle principali novità introdotte dal decreto riguarda i micropagamenti, ovvero tutti
quei pagamenti giornalieri effettuati dal consumatore; infatti, con la moneta elettronica sarà
possibile effettuare un pagamento di piccolo importo (fino a 30 euro) con la carta o qualsiasi
strumento tecnologico (anche il cellulare) che sia in grado di immagazzinare il proprio credito
da spendere, da avvicinare ad un lettore.
Il sistema previsto si basa su un contratto quadro tra istituto e cliente, nel quale è definita la
disciplina delle operazioni di pagamento e che può prevedere obblighi e condizioni che le parti
devono rispettare sia per l’apertura che per la gestione di un conto di pagamento. L’obiettivo
è quello di garantire il massimo livello di sicurezza nell’utilizzo degli strumenti di pagamento
e favorire l’innovazione nei processi di pagamento.
Sulla disciplina dei servizi di pagamento è intervenuto il D.Lgs. 29-12- 2011, n. 230 (pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale del 7-2-2012), apportando modifiche sia al TUB (D.Lgs. 385/1993) sia
al D.Lgs. 11/2010.
Infine, si sottolinea che è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 99 del 28 aprile 2012 il
D.Lgs. 16-4-2012, n. 45 di attuazione della direttiva 2009/110/CE, concernente l’avvio, l’esercizio e la vigilanza prudenziale dell’attività degli istituti di moneta elettronica. Il nuovo regime
comunitario modifica le direttive 2005/60/CE e 2006/48/CE ed abroga la direttiva 2000/46/CE.
Il D.Lgs. 45/2012 reca in particolare modifiche al TUB, con la sostituzione del Titolo Vbis (artt.
114bis e ss.) in materia di «Moneta elettronica e istituti di moneta elettronica».
3. Eccezioni opponibili dal debitore (art. 1993)
La conseguenza principale dei caratteri della letteralità ed autonomia dei
titoli di credito è la non opponibilità, al possessore del titolo, delle eccezioni
derivanti dai rapporti intercorrenti con i precedenti portatori. Sono opponibili
solo:
➤➤ di forma
➤➤ fondate sul contesto letterale del titolo
Eccezioni reali ed as- ➤➤ falsità della firma
solute (opponibili a ➤➤ difetti di capacità o di rappresentanza del sottoscrittore al momento
tutti i possessori)
dell’emissione
➤➤ mancanza delle condizioni necessarie all’esercizio dell’azione (es.:
prescrizione)
Capitolo Primo - Lineamenti generali dei titoli di credito
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➤➤ Nozione: sono le eccezioni fondate su rapporti diversi da quello cartolare, pertanto opponibili solo ad un determinato possessore
Eccezioni personali
➤➤ Tipi
• difetto di titolarità (ad esempio titolo sottratto)
• tutte le eccezioni derivanti dal rapporto fondamentale
• compensazione con un altro credito
➤➤ Intrasmissibilità: Si trasmettono solo nel caso che il nuovo possessore, nell’acquistare il titolo abbia agito intenzionalmente a danno
del debitore (art. 1993)
4. Ammortamento del titolo di credito
Lo stretto legame esistente tra il diritto cartolare e il documento in cui esso
è incorporato avrebbe certamente prodotto gravi conseguenze nell’ipotesi di
perdita involontaria del documento (per distruzione, furto o smarrimento):
in particolare l’impossibilità di ottenere la prestazione del debitore, dato che
questa è subordinata alla presentazione del titolo.
Per ovviare a ciò il legislatore ha predisposto un apposito procedimento cd.
di ammortamento (artt. 2016-2019, 2027), finalizzato a reintegrare la legittimità dell’ex-possessore del titolo ovvero a sancire la nullità del titolo sottratto
o disperso.
L’ammortamento è ammesso solo per i titoli all’ordine e nominativi e consta di due fasi:
— una fase necessaria: su ricorso del titolare spossessato, il presidente del Tribunale, dopo sommario accertamento, può stabilire con decreto, da notificare al debitore e pubblicare sulla
Gazzetta Ufficiale, l’ammortamento del titolo. Con ciò il titolo di legittimazione perde efficacia
ed il debitore non sarà liberato se paga al presentatore dello stesso;
— una fase eventuale: la legittimazione del ricorrente è reintegrata decorsi trenta giorni dalla
pubblicazione del decreto di ammortamento. Se in questo periodo intervengono opposizioni
da parte del detentore del titolo, verrà istruito un ordinario giudizio di cognizione volto ad
accertare l’effettiva titolarità del diritto cartolare; in mancanza di opposizioni, il decreto di
ammortamento va in giudicato, cioè diviene definitivo, consentendosi al ricorrente di esercitare
i suoi diritti sul debitore.
Il proprietario spossessato di un titolo al portatore, non essendo per tali titoli azionabile il
procedimento di ammortamento, potrà soltanto notificare il fatto, fornendone la prova, al debitore: tuttavia la sua legittimazione ad ottenere la prestazione sarà reintegrabile solo trascorso il
termine di prescrizione del titolo (art. 2006).
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