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Pietro Veglio
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6963 Pregassona, 18 marzo 2014
Plusvalore 19.3.2014:
PIL: strumento utile o perfettibile?
Il prodotto interno lordo (PIL) è l’aggregato dei beni e servizi prodotti annualmente da un Paese. Gli
economisti, i politici ed i media lo utilizzano per valutare la performance economica nazionale e compararla
con quella di altri paesi. Il PIL è uno strumento relativamente nuovo. La nascita risale all’inizio del secolo
scorso. Il suo sviluppo coincise con la Grande Crisi del 1930 e la seconda guerra mondiale quando gli Stati
Uniti contabilizzarono le loro spese militari per dimostrarne l’impatto positivo sulla loro economia.
L’aggregazione statistica delle componenti del PIL non è mai stata facile, nemmeno quando le
economie erano meno complesse e diversificate di quanto lo siano attualmente. Ci vollero alcuni decenni per
creare metodi adeguati che permettessero di comparare varii PIL nazionali sull’arco di parecchi anni. Il lavoro
non è terminato, per esempio per aggiustare il valore nominale del PIL all’inflazione e determinarne il valore
reale. Infatti, nonostante i miglioramenti realizzati negli ultimi 50-60 anni, è diventato piu’ difficile calcolare
l’evoluzione dell’indice dei prezzi. Oggi un computer portatile è piu’ performante di uno assemblato 10 anni
fa, anche se i prezzi non sono cambiati di molto. Del resto, ancora pochi decenni fa i computers personali non
esistevano nemmeno. Questo dimostra quanto sia difficile catturare attraverso un unico indice dei prezzi
l’enorme evoluzione tecnologica in corso. Per non parlare della difficoltà di paragonare PIL nazionali che
sintetizzano enormi differenze nelle strutture e modalità di consumo di economie tremendamente diverse.
Il PIL ignora aspetti fondamentali. Innanzitutto non incorpora il costo ambientale che la produzione
di parecchi beni e servizi origina. Eppure sarebbe indispensabile tener conto dell’impatto ambientale della
crescita economica – ovvero il rischio che tale crescita avvenga a scapito delle risorse naturali disponibili e
delle future generazioni – calcolando il deprezzamento di tali risorse, come avviene per gli investimenti fisici.
Poi il PIL non misura né il grado di felicità né di soddisfazione personale dei cittadini. Infine, la recente crisi
finanziaria ha evidenziato che l’aggregazione dei dati statistici che compongono il PIL tende ad esagerare
l’apporto del settore finanziario allo stesso.
Alle sfide metodologiche se ne aggiungono altre legate alla globalizzazione. La complessità
economica è aumentata geometricamente, complici l’innovazione tecnologica, la produzione e commercio
di nuovi prodotti e servizi e l’internazionalizzazione delle catene produttive. Inoltre il settore dei servizi e dei
beni immateriali, compresi i numerosi servizi online gratuiti, è ormai dominante e la sostenibilità costituisce
una sfida ineluttabile. Infine il PIL non incorpora sufficientemente né la gamma di nuovi prodotti immessi sul
mercato, né l’evoluzione verso la produzione di articoli su misura, né il fatto che molti prodotti sono concepiti
in un paese, le loro componenti provengono da svariati paesi che vengono poi assemblate in un altro paese
e infine trasportate via container verso i mercati di esportazione.
Certo, il PIL non verrà abbandonato. Nonostante le sue lacune, non esistono alternative migliori. Ma
è lecito sperare che verrà perfezionato per adeguarsi alle caratteristiche dell’economia del 21esimo secolo,
in particolare utilizzando le nuove tecnologie, vedi telefoni cellulari, per raccogliere dati economici
rappresentativi. Le nuove tecnologie sarebbero piu’ adeguate che le tradizionali inchieste, soprattutto nei
paesi emergenti ed in sviluppo.
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