Esami di stato es. prova1_recessione democratica

annuncio pubblicitario
Prova 1
Globalizzazione e recessione democratica
A Il candidato svolga la seguente traccia, con riferimenti alle sue conoscenze in ambito
sociologico, antropologico e pedagogico.
«I sistemi democratici attraversano una crisi profonda in relazione non soltanto al deterioramento
continuo della qualità della partecipazione politica da parte della massa dei cittadini, ma anche agli
effetti della globalizzazione economica, ovvero della formazione del mercato unico mondiale.
I sistemi politici si sono formati in età moderna nell’ambito degli Stati nazionali. A loro fondamento
stava il presupposto che i governi, sia liberali e democratici sia autoritari, avessero gli strumenti per
regolare mediante le leggi, frutto di processi decisionali interni a ciascun paese, la vita dei corpi
politici e sociali compresi nei confini del territorio statale. Attributo decisivo del potere sovrano
nazionale era la possibilità e la capacità di regolare anche l’economia, tanto che l’”economia
nazionale” era considerata componente essenziale dello Stato, il quale, infatti, regolava le
esportazioni e le importazioni, i settori produttivi, la moneta e le finanze. Il processo democratico
non aveva alterato questo meccanismo, seppure avesse provveduto a dare una nuova
legittimazione alla sovranità, estendendo a tutti i cittadini il diritto di partecipazione alla formazione
dei governi. Orbene, la globalizzazione ha già avuto e continua ad avere tra i suoi effetti quello di
alterare completamente la sovranità degli Stati medi e piccoli, che, già tradizionalmente debole,
viene ora ridotta pressoché ad una finzione giuridica. A mantenere gli attributi della sovranità
nell’epoca attuale restano soltanto gli Stati maggiori e in molti casi anch’essi con difficoltà».
M. L. Salvadori, Le inquietudini dell’uomo onnipotente, Laterza, Roma-Bari 2003
Il candidato rifletta sulla crisi dello Stato moderno e della democrazia nell’era della globalizzazione,
soffermandosi in particolare sui caratteri fondanti del sistema democratico e sulle ragioni di quella
che il sociologo della politica Larry Diamond (2008) ha definito “recessione democratica” in molti
paesi del mondo. Evidenzi, inoltre, il ruolo della scuola e dell’istruzione nella formazione della
coscienza democratica.
B Il candidato risponda in modo chiaro e sintetico a tre dei seguenti quesiti.
a. Quali sono le caratteristiche fondamentali dello Stato moderno?
b. Quali sono le differenze fra regime liberale, regime democratico e regime totalitario?
c. Quale rapporto istituisce John Dewey fra democrazia ed educazione?
d. Che cosa si intende con “punto di vista etico” e “punto di vista emico” in antropologia?
e. Che cos’è la secolarizzazione? A quali ragioni storiche è dovuta?
f. Che cosa si intende con ”esplosione scolastica”? Quali ne sono le cause?
Patrizia Scanu © Pearson Italia S.p.A.
1
A
Analisi della traccia
Il brano proposto è di Massimo Salvadori, uno dei principali studiosi italiani di storia
contemporanea. Le parole-chiave del testo (sintetizzate) sono crisi dei sistemi democratici,
deterioramento della qualità della partecipazione politica, effetti della globalizzazione economica,
sovranità nazionale, Stato moderno. Da rilevare la contrapposizione fra mercato unico mondiale ed
economia nazionale. La riflessione di Salvadori si concentra dunque sulla crisi della democrazia e
della sovranità nazionale in molti paesi del mondo, piccoli, medi e grandi e ne individua due fattorichiave: la qualità progressivamente peggiore della partecipazione dei cittadini alla vita democratica
e la globalizzazione economica, con la nascita di un mercato unico mondiale. Questa è la tesi del
brano.
La consegna che segue riprende i concetti-chiave e presenta tre precise richieste:
1. individuare le cause della crisi dello Stato moderno e della democrazia nell’era della
globalizzazione (chiamata da Diamond “recessione democratica”);
2. esporre i caratteri fondanti di un sistema democratico;
3. argomentare quale sia il ruolo della scuola nella formazione di una coscienza democratica.
Il testo è quindi di tipo espositivo-argomentativo: lo studente deve contemporaneamente esporre
quello che sa su crisi della democrazia, globalizzazione economica e caratteri di un sistema
democratico e argomentare una sua riflessione sulle cause del fenomeno e sul ruolo della scuola.
Nello svolgimento devono essere presenti sia l’esposizione sia l’argomentazione e devono essere
sviluppati adeguatamente tutti e tre gli aspetti. Gli ambiti disciplinari coinvolti sono soprattutto
sociologia e pedagogia, ma si possono agevolmente trovare riferimenti anche all’antropologia
culturale. Possono tornare utili nozioni filosofiche, economiche, storiche e giuridiche.
Patrizia Scanu © Pearson Italia S.p.A.
2
Brainstorming
Ci sono molti altri riferimenti che si possono considerare per il tema. Questo è un esempio, per
dare un’idea.
Patrizia Scanu © Pearson Italia S.p.A.
3
Scaletta
Per la scaletta, occorre selezionare i riferimenti e decidere l’ordine logico-argomentativo del testo.
Sono possibili molti temi diversi, ma in questo caso la traccia è abbastanza strutturante. Il percorso
logico proposto nello svolgimento sarà il seguente:
Scaletta degli argomenti
1
Lo Stato moderno:
formazione e caratteristiche
2
Differenza fra sistemi
liberali, democratici e
totalitari
3
I requisiti di un sistema
democratico
4
Diffusione della democrazia
e recessione democratica
Le ragioni della crisi della
democrazia:
a. La globalizzazione
economica
b. La separazione fra
economia e società
c. La crisi di
autorevolezza delle
classi dirigenti
politiche
d. La nuova coscienza
globale
5
6
Migliorare la democrazia:
educare alla cittadinanza
democratica e alla legalità
a. All’interno della
scuola e dei contesti
informali di
educazione
b. Nella società,
democratizzando la
scuola
7
Limiti dell’educazione alla
cittadinanza democratica
Patrizia Scanu © Pearson Italia S.p.A.
Riferimenti e concetti
 Il processo di formazione
 Caratteristiche: territorialità, “monopolio della violenza
legittima” (Weber), laicità, struttura burocratica, legittimazione
popolare, nazionalità.
 Stato liberale: suffragio ristretto, paternalismo
 Stato totalitario: élite come espressione e tutore del popolo,
rapporto diretto senza società civile attraverso i media e
l’educazione
 Stato democratico: suffragio universale, partecipazione, diritti
sociali oltre che civili e politici (Marshall). La Costituzione: art.
1 e 34 (Calamandrei)
 Distribuzione del potere decisionale
 Principio maggioritario
 Tutela delle minoranze e dei soggetti deboli
 Pluralismo politico
 Principio di rappresentanza
 Separazione e bilanciamento dei poteri
 Controllo democratico
 Disuguaglianze economiche non eccessive fra i cittadini
 Pari opportunità di accesso alle risorse pubbliche
 Nascita di Stati democratici dagli anni Settanta
 Recessione democratica (Diamond)
 Economia policentrica e interdipendente, oligopolio delle
multinazionali, debolezza degli Stati nazionali in materia
fiscale, giuridica e ambientale, potere di ricatto della
multinazionali.
 Rottura del patto sociale delle democrazie, crisi del Welfare
State, aumento delle disuguaglianze economiche, sfiducia
verso lo Stato
 Giddens (“paradosso della democrazia mondiale”), ricerca di
Mair e Biezen, delusione verso la politica percepita come
casta corrotta (G. Stella), tendenze oligarchiche (Pareto e
Michels), desiderio di democrazia diretta.
 Bisogno di certezze e minore tolleranza alle incertezze
(Bauman, “società liquida” e Beck, stile attributivo
autoconsolatorio), politica vista come connivente o impotente
di fronte ai rischi globali.
 L’educazione democratica in pedagogia: Dewey, Cousinet,
Freinet
 Il concetto di educazione alla cittadinanza democratica e di
educazione alla legalità
 Il Rapporto UE del 2012
 La democratizzazione dei sistemi scolastici (Husén)



Sahlins (“opulenza primitiva”),
Limiti dell’educazione
Necessità di difendere la democrazia
4
Svolgimento
Il lungo processo che porta alla formazione degli Stati moderni, iniziato nel XV secolo con la
nascita dello Stato assoluto, dopo le grandi rivoluzioni – inglese, americana e francese –, si
conclude con lo sviluppo di regimi costituzionali e in particolare dello Stato liberale, di quello
democratico e di quello totalitario. È merito delle scienze sociali aver dimostrato che Stato liberale,
democrazia, autoritarismo (fascismo) e totalitarismo (nazismo e comunismo) sono altrettante forme
possibili dello Stato moderno. Tutti questi sistemi politici hanno infatti in comune la territorialità, che
definisce in modo preciso gli ambiti della sovranità nazionale; l’accentramento del potere politico; il
“monopolio della violenza legittima” (Weber), ovvero l’esercizio esclusivo della coercizione;
l’ordinamento giuridico; la laicità, fondata sulla cultura giuridica; la struttura burocratica; la
legittimazione popolare, che viene interpretata in modi diversi nei diversi regimi; la nazionalità.
Mentre nello Stato liberale il suffragio è ristretto e l’esercizio del potere è nelle mani di una
minoranza abbiente che afferma, in modo paternalistico, di interpretare gli interessi del popolo, e
nello Stato totalitario l’élite al potere dichiara di essere espressione e tutore del popolo, a cui si
appella in modo diretto attraverso i media e l’educazione, senza la mediazione della società civile,
lo Stato democratico si fonda sull’idea della partecipazione dei cittadini alla vita politica, sul
suffragio universale, sulla tutela non solo dei diritti civili (integrità personale, libertà di pensiero, di
espressione, di fede, di associazione ecc.) e dei diritti politici (diritto di voto, di essere votati, di
svolgere attività politica), ma anche dei diritti sociali (diritto alla salute, al lavoro, all’istruzione, al
benessere, alla protezione sociale), come dice il sociologo T. H. Marshall. La Costituzione italiana
pone il diritto al lavoro come fondamento della democrazia, proprio nel primo articolo: «L’Italia è
una Repubblica fondata sul lavoro». Il lavoro dà dignità, realizza le aspirazioni individuali e
consente una partecipazione libera alla vita pubblica. Senza una qualche forma di benessere
economico garantito dal lavoro, infatti, non c’è spazio per la libertà di scelta e di partecipazione in
ambito politico. Senza istruzione, invece, come sostiene il giurista e padre costituente Piero
Calamandrei, viene a mancare la possibilità della mobilità sociale e dell’accesso alla classe
dirigente da parte dei più capaci e meritevoli. La scuola è fondamento della coscienza democratica
perché pubblica e aperta a tutti, come recita l’articolo 34.
La democrazia comprende però altri requisiti fondamentali: la distribuzione del potere decisionale e
il principio maggioritario (le decisioni sono prese a maggioranza, non d’autorità da uno o pochi
soggetti), la tutela delle minoranze e dei soggetti deboli, il pluralismo politico, il principio di
rappresentanza (i cittadini eleggono i propri rappresentanti liberamente e con scadenze regolari),
la separazione e il bilanciamento dei poteri, il controllo democratico, esercitato dai cittadini
attraverso la pubblica opinione, che presuppone trasparenza nell’esercizio del potere e libertà di
informazione (quindi dei media indipendenti e critici), una distribuzione non eccessivamente
disuguale della ricchezza, pari opportunità di accesso alle risorse pubbliche. Non tutti i sistemi
democratici sono uguali e non tutti corrispondono interamente ai requisiti indicati.
Tuttavia, la capacità delle democrazie occidentali di coniugare la difesa delle libertà individuali con
la libertà di impresa economica e l’influenza schiacciante della potenza economica e dei modelli
culturali di origine europea hanno spinto molti paesi del mondo, dagli anni Settanta, ad abbracciare
la democrazia, anche là dove essa era estranea alla tradizione politica locale. Ora, come dice
Larry Diamond, il fenomeno si inverte e la democrazia sembra entrare in una fase di recessione in
diversi paesi, perfino in Europa.
Le ragioni della crisi della democrazia sono molteplici. La prima, prospettata da Massimo
Salvadori, è l’impatto della globalizzazione economica sulla sovranità politica degli Stati.
Patrizia Scanu © Pearson Italia S.p.A.
5
L’economia globale è policentrica e interdipendente, basata sulla distribuzione mondiale dei beni e
sull’oligopolio di grandi organizzazioni economiche globali, le multinazionali o transnazionali.
Alcune multinazionali hanno introiti annuali superiori al PIL di intere nazioni. Esse sono in grado di
determinare l’andamento dei prezzi e dei mercati mondiali, hanno migliaia di dipendenti e un
indotto enorme in diversi paesi, dispongono dei mezzi economici e legali per fare pressione sui
governi nazionali, per condizionare la formazione delle leggi, per sottrarsi a regimi fiscali esosi o a
norme giuridiche sul lavoro troppo restrittive rispetto ai loro interessi. Di fronte alla potenza
economica delle grandi organizzazioni multinazionali, gli Stati risultano indeboliti: la forza degli
Stati moderni era costituita in passato dal controllo fiscale ed economico all’interno dei confini
nazionali; ora, invece, questi confini non esistono praticamente più. Gli Stati non riescono a
imporre la propria giurisdizione su entità sfuggenti e transazionali, soprattutto in materia fiscale e
ambientale. La natura nazionale degli Stati si rivela drammaticamente insufficiente a controllare e
regolamentare delle entità economiche così abnormi, dotate di potere di ricatto economico nei
confronti del singolo paese.
La seconda ragione è la separazione fra economia e società, che caratterizza l’attuale sistema
capitalistico ispirato alla deregulation e alla logica economica pura. La democrazia si basa su un
patto sociale, per il quale i cittadini accettano l’imposizione di leggi e tasse in cambio di sicurezza
sociale e di diritti. Nella crisi economica attuale, invece, si assiste a una contrazione del Welfare
State e quindi della tutela delle fasce più deboli della popolazione. La crescita economica degli
ultimi decenni non si è accompagnata a uno sviluppo umano e sociale soddisfacente e ad una
protezione ambientale adeguata. In molti paesi democratici, fra cui l’Italia, le disuguaglianze fra
ricchi e poveri si sono accentuate. La credibilità dei sistemi democratici è perciò diminuita agli
occhi dei cittadini impoveriti e sempre più esclusi dal benessere.
La terza è la crisi di autorevolezza delle classi dirigenti politiche. Il sociologo Anthony Giddens ha
parlato di un “paradosso della democrazia mondiale”: la democrazia è in crisi proprio nei paesi in
cui è nata. I cittadini si iscrivono sempre meno ai partiti, come mostrano molte ricerche (per
esempio, quella di Mair e Biezen) e si recano sempre meno alle urne per votare. Sembra che la
gente sia delusa della classe politica, percepita come un’élite corrotta e indifferente alle esigenze
reali dei cittadini. In Italia, il giornalista Gianantonio Stella ha definito la classe politica una “casta”,
vorace e autoreferenziale. Sembrano farsi evidenti le tendenze oligarchiche delle democrazie
denunciate dalle teorie elitiste di Pareto e di Michels. I partiti attirano sempre meno e si avverte
nella società un desiderio di democrazia diretta, come testimoniano i numerosi movimenti di
protesta nati in Europa negli ultimi anni.
La quarta è la nuova coscienza globale, che comporta un aumento del bisogno di certezza. La crisi
economica ha accentuato il senso di precarietà diffuso nella “società liquida” (Bauman). I cittadini
del mondo globale hanno maggiore bisogno di certezze rispetto alle generazioni precedenti,
perché abituati alla protezione sociale e alla riduzione del rischio (adottando uno stile attributivo
autoconsolatorio, come sostiene il sociologo Beck), e nello stesso tempo sono meno disposti a
tollerare l’incertezza. Ma il mondo attuale è imprevedibile: i cambiamenti climatici, le catastrofi
ambientali prodotte dall’uomo, la perdita del lavoro come effetto della delocalizzazione, gli effetti
sulla salute delle scelte economiche ipertecnologiche sono altrettanti motivi di ansia e di sfiducia.
La percezione diffusa è che la politica non abbia risposte a questi problemi globali e che sia quindi
connivente o impotente.
Tuttavia, non si sono ancora trovate forme di governo migliori della democrazia. L’antropologia
culturale ci ha mostrato l’esistenza di società pacifiche ed egualitarie di cacciatori-raccoglitori e
forse i nostri antenati del Paleolitico godevano anche loro dell’”opulenza primitiva” di cui parla
Patrizia Scanu © Pearson Italia S.p.A.
6
Marshall Sahlins. Ma le società attuali sono troppo grandi e complesse e la globalizzazione
renderà forse necessario pensare a nuove modalità di organizzazione sociale e politica non ancora
sperimentate. Per ora, si può provare a migliorare la democrazia, favorendo la costruzione di
un’autentica coscienza democratica nelle nuove generazioni. Molti pedagogisti hanno creduto nella
capacità della scuola e dell’educazione di costituire il pilastro della democrazia. Tra essi, Dewey,
Cousinet, Freinet. Nella loro proposta pedagogica è comune il principio della partecipazione attiva
dei ragazzi al processo educativo. La democrazia nella scuola è infatti uno dei modi in cui si può
insegnare la democrazia come esperienza vitale e vissuta. I valori della cooperazione, della
solidarietà, del rispetto, della responsabilità, il rifiuto della violenza e della prevaricazione, il
confronto critico sono gli elementi fondanti dell’educazione alla cittadinanza democratica e alla
legalità. L’educazione alla cittadinanza può essere intesa come consapevolezza dei propri diritti e
dei propri doveri, nella prospettiva della responsabilità verso se stessi, verso la propria comunità e
verso la comunità mondiale. Nella “Raccomandazione del Comitato dei Ministri agli Stati membri
dell’UE” del 2002, si invitano i governi nazionali a favorire l’educazione alla cittadinanza
democratica in tutti i contesti formali e informali di educazione, perché favorisce il confronto
reciproco, il dialogo interculturale e interreligioso, promuove l’uguaglianza fra uomini e donne,
favorisce rapporti pacifici e armoniosi fra i popoli e promuove lo sviluppo della società e il
rafforzamento della democrazia.
La democrazia a scuola può essere intesa anche come democratizzazione dei sistemi scolastici,
che comporta l’accesso di tutti i bambini a una scuola pubblica, omogenea a livello geografico,
gratuita e aperta a tutte le componenti della società. Le politiche scolastiche di democratizzazione
della scuola, che in Europa sono state portate a termine compiutamente solo in Svezia (come
dimostra la ricerca del pedagogista svedese Husén), prevedono l’estensione dell’istruzione
prescolare, per ridurre da subito le disuguaglianze delle opportunità educative, la posticipazione
nel tempo della scelta della scuola superiore, una didattica inclusiva e non selettiva e l’attenzione
all’educazione permanente.
La scuola non può, certamente, sopperire da sola alla grave crisi attuale della politica nei sistemi
democratici. Nemmeno sembra credibile che una classe politica così screditata possa promuovere
valori tanto elevati e carichi di idealità. Tuttavia, la democrazia è per definizione potere dal basso,
dai cittadini. Va difesa e sostenuta nella vita di tutti i giorni, nell’interesse di tutti. L’alternativa – uno
Stato autoritario o totalitario – non è certo desiderabile.
Per approfondire
Democrazia in Enciclopedia Treccani online (http://www.treccani.it/enciclopedia/democrazia)
Piero Calamandrei, Discorso pronunciato a Roma l’11 febbraio 1950
(http://www.uaar.it/uaar/ateo/archivio/2002_3_art1.html)
Raccomandazione del Comitato dei Ministri agli Stati membri dell’UE sull’educazione alla cittadinanza democratica n° 12
del 2002 (http://archivio.pubblica.istruzione.it/news/2005/allegati/raccomandazione_ue.pdf)
Mauro Magatti, La grande contrazione. I fallimenti della libertà e le vie del suo riscatto, Feltrinelli, Milano 2012
Patrizia Scanu © Pearson Italia S.p.A.
7
B Analisi e svolgimento dei quesiti
I quesiti proposti riguardano in parte l’argomento del tema e in parte altri argomenti. Dal momento
che ai primi due si è già di fatto risposto nel tema e al terzo si è fatto comunque cenno, se ce la
sentiamo di affrontare gli ultimi tre possiamo mostrare alla commissione che la nostra
preparazione è ampia e sicura. In caso di dubbio, meglio comunque ripiegare su una risposta
sicura e scegliere uno dei primi tre. Per ogni quesito si sono usate al massimo 200 parole.
Quesito 4
ANALISI
In antropologia, la distinzione fra punto di vista etico e punto di vista emico è assai nota. Proviamo
a definirla, facendo riferimento a qualche autore significativo.
SVOLGIMENTO
Il linguista Kenneth Pike aveva introdotto i termini etico ed emico riprendendoli dalle parole
fonetico e fonemico, che si riferiscono rispettivamente ai suoni prodotti dall’organo vocale presente
in tutti gli uomini e al modo in cui i suoni linguistici sono organizzati all’interno di ciascuna lingua. In
antropologia culturale, questa distinzione (introdotta da Marvin Harris) rimanda alla differenza fra il
punto di vista interno alla cultura che si studia e il punto di vista esterno, proprio della cultura
dell’antropologo. Un concetto, un comportamento, un’usanza hanno un significato diverso per chi
fa parte di una cultura e per chi li osserva da un diverso punto di vista culturale. Geertz ha parlato
di concetti vicini all’esperienza e di concetti lontani dall’esperienza per descrivere il punto di vista
del nativo e quello dell’antropologo, spiegando che il ricercatore deve prima comprendere
empaticamente la cultura dall’interno, poi tradurla nei codici che sono propri della sua cultura e
della sua formazione, in un continuo rimando di traduzioni e interpretazioni. Alcuni antropologi
hanno privilegiato il punto di vista emico, come Boas, che ha cercato di ricostruire il punto di vista
del nativo, altri quello etico, come Radcliffe-Brown e Lévi-Strauss, cha hanno preferito utilizzare
categorie e classificazioni lontane dall’esperienza dei nativi.
Quesito 5
ANALISI
Il quesito rimanda alla sociologia della religione. Anche qui proviamo a introdurre la definizione e
qualche riferimento.
SVOLGIMENTO
La secolarizzazione è il fenomeno per il quale la religione tende a rifluire dalla sfera pubblica a
quella privata; il termine descrive quindi il processo grazie al quale le istituzioni politiche e sociali e
la cultura si sono rese autonome dall’influenza della religione. La secolarizzazione non implica una
riduzione della religiosità, ma una laicizzazione della società, che tende a considerare l’adesione a
una fede e la pratica religiosa come una scelta individuale, non in grado di influire sulla condizione
sociale o sui diritti delle persone. Il principale teorico della secolarizzazione è stato Max Weber,
che ha identificato nel disincantamento del mondo il processo che ha condotto alla nascita delle
società moderne, borghesi e capitalistiche. Con l’avvento della razionalità tecnica, il mondo perde il
Patrizia Scanu © Pearson Italia S.p.A.
8
suo incanto e la sua magia; la sfera del sacro e del profano si separano definitivamente (ma il
processo era già iniziato con le grandi religioni) e si produce una secolarizzazione della vita sociale
e politica. L’origine della modernizzazione coincide per Weber con l’affermazione dell’etica
protestante. Certamente un grande contributo alla secolarizzazione è venuto dal dibattito sulla
tolleranza che segue alle guerre di religione in età moderna e dall’Illuminismo, con la sua critica
alla tradizione e all’autorità.
Quesito 6
ANALISI
L’esplosione scolastica è un tema studiato nelle scienze dell’educazione. Per individuarne le
cause, occorre guardare alla storia.
SVOLGIMENTO
L’esplosione scolastica è il fenomeno per il quale l’istruzione scolastica ha interessato tutti gli strati
della società ed è stata promossa dagli Stati, anziché dai privati o dagli enti ecclesiastici. Dopo una
prima fase di alfabetizzazione di massa, che si è concentrata nel XIX secolo, infatti, i governi dei
paesi occidentali, nel corso della seconda metà del Novecento, hanno promosso una
scolarizzazione di massa, che ha coinvolto in modo sistematico le nuove generazioni
nell’istruzione superiore, prolungando l’obbligo scolastico anche fino alla maggiore età. Le ragioni
dell’esplosione scolastica sono diverse: la richiesta di manodopera qualificata e di personale
impiegatizio nei settori dell’industria e dei servizi; l’influenza della religione sull’abitudine alla lettura
nei paesi a maggioranza protestante, nei quali l’alfabetizzazione si è diffusa prima rispetto a quelli
a maggioranza cattolica; la volontà dei governi di accrescere il prestigio nazionale; le ideologie
favorevoli all’istruzione e, soprattutto, una forte spinta dal basso da parte degli strati medio-bassi
della società, per i quali il titolo di studio è credenziale obbligata per ottenere prestigio sociale e
accesso alle professioni (società delle credenziali di Collins).
Patrizia Scanu © Pearson Italia S.p.A.
9
Scarica