“ “ Chi ha paura di quest`uomo?

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SABATO 1 MAGGIO 2004
LA REPUBBLICA 37
DIARIO
DI
PERCHÉ ATTACCANO LE SUE TEORIE
Anche nel nostro paese
il dibattito ha toccato
toni da crociata e
minacciato il futuro
dell’insegnamento
Le tesi evoluzioniste
del grande scienziato
sono da anni bersaglio
di pesanti accuse
dei creazionisti
DARWIN
I
Chihapauradiquest’uomo?
UMBERTO GALIMBERTI
riferimento alle specie in via di
estinzione non per selezione naturale, ma ad opera dell’uomo.
E allora a me viene il dubbio che
la teoria evoluzionista darwiniana, che, al pari del pensiero greco,
colloca l’uomo nella grande cate-
na dell’essere senza accordargli alcun privilegio rispetto alle altre
specie viventi, sia messa a tacere a
favore della teoria creazionista
non tanto per salvaguardare la dignità dell’uomo fin dalla sua origine divina, quanto per garantirsi, in
BRUCE CHATWIN
GLI abitanti selvaggi della Terra
del Fuoco lo spaventavano. Aveva letto (ma non ne teneva conto) la descrizione fatta
dal capitano di Drake di «gente graziosa e innocua» con
canoe di belle proporzioni, «del cui aspetto e uso i principi sembravano deliziati». Egli cadde invece nell’errore comune ai naturalisti: di esser pieni di meraviglia di fronte alla complicata perfezione di altri esseri e di aver ripugnanza per lo squallore dell’uomo. Darwin pensava che i “fuegini” fossero «gli esseri più abietti e miserabili» che avesse mai visto. Somigliavano ai diavoli di «opere come Der
Freischütz» ed erano affascinati dalla sua pelle bianca come oranghi di un giardino zoologico. Scherniva la loro canoa, scherniva il loro linguaggio («a stento merita di essere definito articolato») e confessava che a malapena
poteva convincersi che fossero «suoi simili, abitanti dello stesso mondo»…
La sola vista dei fuegini infatti l’aiutò a metter a punto la teoria che l’uomo era il risultato dell’evoluzione
di scimmie antropomorfe e che l’evoluzione era maggiore in alcuni uomini e minore in altri.
“
DARWIN.
“
n una lettera del 1872 indirizzata al paleontologo scozzese Hugh Falconer, Charles Darwin
scriveva che «la sua teoria dell’evoluzione sarebbe stata rifiutata in
blocco dai creazionisti che l’avrebbero considerata pura spazzatura,
robaccia (rubbish)». Centocinquant’anni dopo, la profezia, almeno qui da noi, si è avverata, e la
teoria darwiniana dell’evoluzione, che oggi neppure il magistero
ecclesiastico contesta, ha rischiato di essere eliminata dai testi scolastici che, alla spiegazione scientifica dell’evoluzione, avrebbero
dovuto preferire la narrazione mitico-simbolica della creazione.
Di questo si è discusso ampiamente in questi giorni sui nostri
giornali, per cui non vale qui la pena di ritornare, se non per rimarcare l’enorme fatica che fa la scienza
a prendere piede nella nostra cultura, per una sorta di malinteso
“umanismo” che, sotto la falsa apparenza di nobilitare l’uomo, nasconde almeno due truci intenzioni che qui vorremmo evidenziare.
La teoria creazionista, concependo l’uomo a immagine di Dio,
gli conferisce il privilegio del dominio incontrastato sull’intera
natura. Leggiamo infatti nel primo
libro della Bibbia: «Poi Iddio disse:
facciamo l’uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza;
domini sopra i pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sugli animali
domestici, su tutte le fiere della terra e sopra tutti i rettili che strisciano sopra la sua superficie» (Genesi
1,26).
Per la mentalità greca antica
questa concezione sarebbe stata
considerata la più alta espressione
di Hybris, di tracotanza, di inaudito oltrepassamento del limite. E
questo perché, per il greco antico,
la natura «che nessun uomo e nessun Dio fece» (Eraclito) rappresentava quello sfondo immutabile le
cui leggi, regolate dal vincolo della
necessità (ananke), costituivano il
punto di riferimento da cui trarre
indicazioni per il governo della
città e per la buona conduzione di
sé. Qui Platone è stato chiarissimo:
«Anche quel piccolo frammento
che tu rappresenti, o uomo meschino, ha sempre il suo intimo
rapporto col cosmo e un orientamento a esso, anche se non sembra
che tu ti accorga che ogni vita sorge per il Tutto e per la felice condizione dell’universa armonia. Non
per te infatti questa vita si svolge,
ma tu piuttosto vieni generato per
la vita cosmica» (Leggi 903 c).
All’opposto della mentalità greca, la tradizione giudaico-cristiana concepisce la natura non come
lo sfondo immutabile su cui l’uomo deve regolarsi, ma come il prodotto della “volontà” di Dio che
l’ha creata a disposizione della
“volontà” dell’uomo, a cui è concesso l’incontrastato dominio.
Questa concezione del “dominio”, che non è greca ma giudaicocristiana, se un tempo era compatibile con le dimensioni della terra
e la scarsa densità della popolazione umana, oggi, a rapporto invertito, non è più praticabile. E sulla
base della tradizione giudaico-cristiana, che ha sempre concepito la
morale come una regolatrice dei
rapporti fra gli uomini, non disponiamo di una morale che si faccia
carico degli enti di natura, come la
salvaguardia dell’aria, dell’acqua,
della vegetazione, del clima, del
mondo animale, con particolare
nome di Dio, il dominio incontrastato sulla terra come vuole l’insensibilità del profitto, del denaro
e del mercato oggi globalizzato.
A fianco di questa prima malcelata intenzione, che vuole legittimarsi su base religiosa, ce n’è una
seconda, ancora più truce, che utilizza impropriamente la teoria
evoluzionista di Darwin per giustificare gli stessi risultati a cui è approdata, probabilmente suo malgrado, la teoria creazionista.
Volendo riassumere in una for-
mula la teoria di Darwin potremmo dire: «L’ambiente propone e la
selezione dispone». Ciò significa
che l’ambiente (che comprende
tanto l’ambiente fisico quanto gli
altri viventi) agisce sull’organismo
che, per conseguire il successo riproduttivo, si adatta a cambiamenti evolutivi o, in caso di insuccesso, si estingue. Per Darwin c’è
dunque un’unica causa dell’evoluzione, il cui meccanismo, per
dirla in modo un po’ truculento, è
quello del carnefice o del boia che
rimuove gli individui inadatti una
volta emersi quelli adatti, seguendo processi che pazientemente si
possono identificare.
Questa teoria, che Darwin aveva
limitato all’ambito biologico, è
stata impropriamente estesa all’ambito sociale e, sotto la denominazione di “darwinismo”, si è fatta
passare per “legge naturale”, per
cui anche nella società il pesce
grosso può mangiare il pesce piccolo.
Equiparare l’evoluzione sociale
all’evoluzione naturale significa
riconoscere libertà illimitata a chi
è più forte, accettazione indiscussa della disuguaglianza, nessun
intervento dello Stato per aiutare i
più svantaggiati, con tutto ciò che
ne consegue praticamente in ordine all’assistenza agli anziani, lo
sfruttamento delle donne e dei
minori, le cure mediche a chi non
dispone di risorse, l’istruzione a
chi non può permetterselo, fino
alla malattia, la fame e la morte per
chi non ha denaro. E’ evidente che
qui a garantire la «sopravvivenza
del più adatto» non sono più le risorse biologiche come prevede la
teoria di Darwin, ma le risorse economiche, ossia la ricchezza e la
potenza che la ricchezza garantisce.
Il capitalismo non controllato, il
mercato non regolato, la mancata
distribuzione della ricchezza attraverso la tassazione che garantisce lo stato sociale sono le espressioni più evidenti della teoria biologica darwiniana impropriamente applicata alla società. Marx
(che proprio a Darwin intendeva
dedicare Il Capitale) propose di
correggere il darwinismo sociale
con il progetto comunista che,
naufragato nella sua versione integrale in Russia e in Cina, ha consentito in Europa la creazione di
uno stato sociale che oggi vediamo sottoposto a una continua limatura nei paesi capitalisti, e del
tutto assente nel resto del mondo.
A questo punto risulta a tutti
evidente che gli esiti finali della
teoria creazionista, che prevede il
dominio incontrastato dell’uomo
sulla terra, e l’impropria applicazione alla società della teoria evoluzionista di Darwin vanno perfettamente d’accordo, perché l’astuzia della ragione, coniugata alla malafede, fa sotterraneamente
camminare in perfetta armonia
gli esiti pratici di teorie che in superficie vengono presentate come opposte e inconciliabili.
L’assenza di cultura, di pensiero e di riflessione critica del nostro
tempo, mescolata all’egoismo individuale completano il quadro
desolante di un’umanità che all’uso della terra ha sostituito l’usura, e al rispetto dell’uomo il diritto della forza. La storia a questo
punto ribolle, come sempre accade quando il suo artefice, l’uomo,
regola la sua vita sul registro animale.
DIARIO
38 LA REPUBBLICA
LE TAPPE
PRINCIPALI
GLI STUDI 1825-1830
Figlio di un medico, nel 1825 Darwin si
iscrive alla facoltà di medicina. Nel 1828 si
trasferisce a Cambridge, qui si
appassiona alla scienza e alla geologia
IL VIAGGIO 1831-1836
A 22 anni prende parte al viaggio della
nave reale Beagle e dalle osservazioni alle
Galapagos deriva l’idea che le specie
vadano lentamente modificandosi
SABATO 1 MAGGIO 2004
IL MATRIMONIO 1839
Nel 1839 sposa Emma Wedgwood. La
sua salute peggiora. Una malattia
misteriosa gli procura insonnie e nausee.
La famiglia lascia Londra per il Kent
UN GRANDE SCIENZIATO SPIEGA CHE COSA È STATA LA CONQUISTA DARWINIANA
DIFENDO L’EVOLUZIONE
CONTRO L’OSCURANTISMO
RICHARD DAWKINS
I LIBRI
CHARLES
DARWIN
L’origine
della specie,
Bollati
Boringhieri
1985
L’espresione
delle
emozioni,
Bollati
Boringhieri
1982
GIUSEPPE
MONTALENTI
Charles
Darwin,
Editori Riuniti
1982 (1998)
STEPHEN
JAY GOULD
Questa idea
della vita. La
sfida di
Charles
Darwin,
Editori Riuniti
1984
I fossili di
Leonardo e il
pony di Sofia,
Il Saggiatore
2004
DANIEL C.
DENNETT
L’idea
pericolosa di
Darwin,
Bollati
Boringhieri
1997
LOREN
EISELEY
Il secolo di
Darwin.
L’evoluzione
e gli uomini
che la
scoprirono,
Feltrinelli
1981
JONATHAN
HOWARD
Darwin, il
Mulino 2003
NILES
ELDREDGE
Ripensare
Darwin. Il
dibattito alla
Tavola Alta
dell’evoluzio
ne, Einaudi
1999
GIOVANNI
BONIOLO
Il limite e il
ribelle. Etica,
naturalismo,
darwinismo,
Raffaello
Cortina 2003
L
e scoperte di Darwin sono, al
pari di quelle di Einstein, universali ed eterne, mentre le
conclusioni cui giunsero Marx e Gesù sono limitate e caduche. All’inizio
del ventunesimo secolo, la reputazione di Darwin tra i più importanti
biologi della storia (in opposizione
ai non-biologi influenzati da preconcetti religiosi) è tuttora eccelsa
come lo è da quando è morto. Persino il Papa si è espresso, inequivocabilmente, in suo favore.
Qual è, allora, l’enigma di
Darwin? Quale la sua soluzione? Di tutti i
trilioni e trilioni
di modi di cui le
parti di un corpo
dispongono per
potersi mettere
insieme, soltanto
un’infinitesima
minoranza dà la
possibilità di vivere, di procacciarsi
il cibo, di nutrirsi e
di riprodursi. E’ vero, vi sono molti esseri viventi diversi —
almeno dieci milioni, se contiamo il numero delle singole
specie oggi viventi —
ma per quanto numerosi essi possano essere, vi saranno pur sempre molti più infiniti
modi di non-essere!
Possiamo pertanto
concludere con ragionevole certezza che gli esseri viventi
sono miliardi di volte troppo complessi — troppo statisticamente improbabili — per aver iniziato a vivere per mera casualità. Ed è del tutto
improbabile che siano stati “creati”
poiché l’esistenza del Creatore stesso sarebbe ancora più inverosimile.
In che modo, dunque, hanno iniziato a esistere gli esseri viventi? La risposta esatta — la risposta di Darwin
— è che sia entrato in gioco il caso,
ma non un caso unico, un distinto
episodio casuale. Ciò che si è verificato è piuttosto tutta una serie di piccoli episodi casuali, ciascuno di essi
talmente piccolo da essere un plausibile prodotto di quello che lo aveva
preceduto, episodi occorsi l’uno dopo l’altro, in sequenza. Questi minuscoli avvenimenti casuali furono
prodotti da mutazioni genetiche —
errori occasionali — occorse nel materiale genico. Molti dei cambiamenti conseguenti furono deleteri e
condussero alla morte. Una minoranza di essi invece risultò rappresentare un piccolo progresso, che
portò a migliorare la sopravvivenza
e la riproduzione. Tuttavia questo
processo di selezione naturale, questi cambiamenti che risultarono essere vantaggiosi alla fine si diffusero
in tutte le specie diventando la norma. Il quadro complessivo era quindi pronto per la piccola trasformazione successiva del processo evolutivo. Dopo un migliaio circa — supponiamo — di questi piccoli cambiamenti in serie, in cui ciascuna trasformazione costituiva la premessa
di quella successiva, il risultato finale divenne, grazie a un processo di
accumulo, ben più complesso per
potersi dire il prodotto di un unico
episodio casuale.
Sebbene teoricamente sia possibile che un occhio si sviluppi dal nulla, con una singola evoluzione molto fortunata, in pratica ciò è inconcepibile. Occorrerebbe una fortuna
smisurata, che implichi simultaneamente delle trasformazioni in un
gran numero di geni. Possiamo dunque escludere una simile coincidenza pressoché miracolosa. E’ invece
perfettamente plausibile che l’occhio così come esso è oggi si sia evo-
‘‘
,,
LE PROVE
I fossili ci dicono che la vita si è
evoluta sulla Terra per più di 30
milioni di anni. Un arco di tempo
impensabile per la mente umana
luto a partire da qualcosa di molto
simile ad esso ma non del tutto, un
occhio per così dire appena un po’
meno sofisticato. Con lo stesso ragionamento, questo occhio appena
un po’ meno sofisticato si è evoluto a
partire da un occhio leggermente
meno sofisticato ancora, e così via.
Se si tiene conto di un numero sufficientemente grande di differenze
sufficientemente piccole tra una fase evolutiva e la precedente, si dovrebbe essere in grado di delineare
l’evoluzione di un occhio intero,
complesso e funzionante, a partire
dalla nuda pelle. Quante fasi intermedie è lecito postulare? Ciò dipende dal tempo con il quale abbiamo a
che fare. E’ dunque esistito un tempo sufficientemente lungo affinché
dal nulla si sviluppasse in piccole fasi successive un occhio?
I fossili ci dicono che la vita è andata evolvendosi sulla Terra per più
di tremila milioni di anni. E’ del tutto inconcepibile per la mente umana abbracciare una simile immensità di tempo. Per nostra natura — e
per nostra fortuna — noi consideriamo la nostra aspettativa di vita come
un periodo di tempo sufficientemente lungo, ma non possiamo ragionevolmente sperare di vivere
neppure un secolo. Sono trascorsi
2000 anni da quando visse Gesù, un
periodo di tempo sufficientemente
lungo per rendere indistinta la differenza che intercorre tra storia e mito. Riusciamo a immaginare un milione di simili archi di tempo, che si
SIGMUND FREUD
susseguono snodandosi all’infinito?
Supponiamo che avessimo voglia di
scrivere l’intera storia su un unico
lungo rotolo di carta: se stipassimo
tutta la storia dopo Cristo su un metro di questo rotolo di carta, quanto
lunga dovrebbe essere la parte di esso dedicata alla storia prima di Cristo, fino all’origine dell’evoluzione?
La risposta è che la parte di storia ante Cristo si estenderebbe da Milano
a Mosca.
Si pensi alle implicazioni di tutto
ciò nei confronti della moltitudine
di trasformazioni evolutive che possono essersi compiute. Le razze
canine domestiche — i pechinesi, i barboncini, gli spaniel, i
san Bernardo e i
chihuahua — derivano tutte dai
lupi, in un arco di
tempo misurabile
in centinaia, al
massimo migliaia
di anni: non più di
un paio di metri lungo la strada del rotolo di carta da Milano
a Mosca. Si pensi alla
moltitudine di trasformazioni necessarie a passare da un lupo a un pechinese. E
ora si moltiplichi questa moltitudine di trasformazioni per un milione: così facendo, diventa agevole ritenere che un occhio
possa essere nato da un non-occhio
attraverso fasi impercettibili.
Si sostiene spesso che affinché
possa esservi un occhio è necessario
che esistano tutte le parti di un occhio, oppure l’occhio non sarà funzionante. Metà occhio, così si ritiene, non è molto meglio che non avere l’occhio tout court. Non si vola
con mezza ala. Non si può udire con
mezzo orecchio. Pertanto non può
esservi stata una serie di evoluzioni
intermedie successive che hanno
portato all’occhio, all’ala o all’orecchio moderno. Questo tipo di ragionamento è così superficiale che ci si
può soltanto chiedere quali siano le
ragioni inconsce per volerci credere.
E’ ovviamente falso che un mezzo
LA “BEAGLE”
Charles
Darwin ebbe
l’opportunità
di imbarcarsi
sulla nave
inglese
“Beagle” che
faceva il giro
del mondo.
Dalle
osservazioni
compiute
durante il
viaggio
nacque la sua
teoria
dell’evoluzione
KONRAD LORENZ
Le ricerche di Darwin
hanno posto fine, poco più
di mezzo secolo fa, a tale
presunzione. L’uomo nulla
di più è, e nulla di meglio,
dell’animale
Da Charles Darwin
sappiamo quanto caro gli
venne a costare il trionfo
della verità… Nel suo
diario scrisse: “Mi sono
sentito un assassino”
Una difficoltà della
psicoanalisi, 1916
L’altra faccia dello specchio
1973
GREGORY BATESON
ERNST CASSIRER
Fu giusto, e inevitabile,
che Darwin creasse ipotesi
partendo dalla temperie
culturale della sua epoca,
ma fu disastroso non
capire cosa stava facendo
La teoria darwiniana
prometteva di rispondere
non solo alla domanda
sull’origine dell’uomo, ma
a tutte le domande sulla
nascita della civiltà umana
Una sacra unità
1991
Sulla logica delle scienze
della cultura, 1942
occhio sia inutile. Chi soffre di cataratta e si è sottoposto alla rimozione
chirurgica del cristallino non può
vedere molto bene senza occhiali,
ma vedrà comunque molto meglio
di chi non ha del tutto gli occhi. Senza un cristallino non si mette a fuoco
un’immagine precisa, ma si può tuttavia evitare di inciampare in un
ostacolo e si può identificare la sagoma di un predatore in agguato.
Il ragionamento analogo — che
non si possa volare con una mezza
ala — è smentito anch’esso, da un
vasto numero di animali che riesce
con successo a effettuare dei voli o
dei movimenti più o meno planati, e
tra essi mammiferi di taglie diverse,
lucertole, rane, serpenti e calamari.
Molti diversi tipi di animali che vivono sugli alberi hanno tra i loro arti dei
lembi di pelle che costituiscono
quasi delle porzioni di ala. Se si cade
da un albero, qualsiasi lembo di pelle, qualsiasi ulteriore superficie del
corpo che aumenti l’area di impatto
può salvare la vita. Per quanto piccolo o grande sia questo lembo di pelle, deve pur sempre esserci una soglia critica in corrispondenza della
quale, se si cade da un albero di quella altezza, la vita sarebbe stata salva
proprio ed esclusivamente in virtù
di una superficie di pelle lievemente
maggiore. Quindi, quando i discendenti di questo esemplare avranno
evoluto un lembo di pelle appena
più grande, le loro vite saranno salve
grazie a una superficie appena maggiore di quella necessaria a salvarli
se fossero caduti da un albero appena più alto. E così via, per fasi impercettibilmente graduali, per centinaia e centinaia di anni, si è arrivati
all’ala nella sua completezza.
Occhi e ali non possono essersi
evoluti in un’unica fase. Sarebbe
stato come avere la fortuna di trovare il numero della combinazione
che apre il forziere di una grande
banca. Ma se si girassero a caso i
quadranti del forziere, e ogni volta
che ci si avvicina alla combinazione
esatta la porta del forziere si aprisse
di una sola fessura alla volta, ben
presto si riuscirebbe ad aprire il forziere. In sostanza, questo è il segreto di come l’evoluzione per mezzo
DIARIO
SABATO 1 MAGGIO 2004
WALLACE 1858
Il naturalista Alfred Russell Wallace gli
invia dalla Malesia un saggio in cui è
esposta a grandi linee la sua teoria della
selezione naturale
IL GIRO
DEL MONDO
DI DARWIN
LA SELEZIONE 1859
Esce “On the Origin of Species”, dopo
vent’anni di lavoro ininterrotto. Nel libro
sono esposti gli studi sull’ evoluzione e la
teoria della lotta per l’esistenza
LA ROYAL SOCIETY 1864
Darwin non è mai stato riconosciuto
ufficialmente dalla Royal Society. Nel
1864 riceve la medaglia Copley, ma non è
menzionata la teoria dell’evoluzione
Viaggio
d'andata
PERÙ
"Beagle"
il nome della nave
con cui Darwin compì
le sue esplorazioni
LA REPUBBLICA 39
CILE
Viaggio
di ritorno
BRASILE
AUSTRALIA
URUGUAY
ARGENTINA
NUONA
ZELANDA
[email protected]
LE IMMAGINI
L’illustrazione della Copertina di questo
Diario è di Tullio Pericoli.
Il giro del mondo di Darwin sulla “Beagle”, le osservazioni sui rettili e sulgli uccelli condotte alle isole Galapagos e la sua
teoria sull’evoluzione conobbero una
poplarità che andò oltre la comunità
scientifica. La stampa in basso mostra
Darwin mentre misura la velocità di una
tartaruga gigante. A sinistra, nell’altra
pagina, una vignetta ironizza sulla “discendenza” dell’uomo dalla scimmia,
l’aspetto delle sue teorie che più sconvolse il senso comune dei contemporanei
GLI AUTORI
Il testo di Bruce Chatwin che costituisce
il Sillabario è tratto da In Patagonia, editore Adelphi.
Richard Dawkins è “Simonyi Professor of the Public Understanding of
Science” a Oxford. E’ uno dei più noti
studiosi su scala mondiale dell’evoluzione e ha pubblicato libri dedicati a
questo tema come Il gene egoista, L’orologiaio cieco e Alla conquista del Monte
Improbabile (tutti da Mondadori).
I versi di Hans Magnus Enzensberger,
scrittore e saggista, sono tratti da L’elisir
della scienza in uscita da Einaudi.
della selezione naturale abbia raggiunto ciò che ci pareva del tutto
impossibile realizzare. Ciò che non
può plausibilmente derivare da
predecessori molto diversi, può
plausibilmente derivare da un predecessore solo leggermente diverso: ammesso che vi sia una serie sufficientemente lunga di predecessori solo leggermente diversi, da una
cosa se ne può ottenere una qualsiasi altra.
L’evoluzione, dunque, è teoricamente capace di svolgere il compito che, una volta, pareva essere prerogativa di Dio. Ma c’è qualcosa che
comprovi che l’evoluzione ha effettivamente avuto luogo? La risposta
è sì. Le prove sono assolutamente
sovrabbondanti. Milioni di fossili
sono reperibili esattamente nei
luoghi ed esattamente alla profondità alla quale dovremmo attenderci di trovarli se l’evoluzione avesse
avuto luogo. Cosa ancora più significativa, non un singolo fossile è mai
stato trovato laddove la teoria evoluzionistica non si sarebbe mai
aspettata di trovarlo, sebbene abbia anche potuto verificarsi un caso
di questo tipo: un mammifero fossile nella roccia così antico da precedere addirittura i pesci, per esempio, sarebbe stato sufficiente a confutare l’intera teoria evoluzionistica.
Le modalità di diffusione degli
animali viventi e delle piante sui
continenti e nelle isole del mondo
sono esattamente quelle che ci si
‘‘
,,
LA VITA
In che modo gli esseri viventi hanno
iniziato a esistere? La risposta di
Darwin è che sia entrato in gioco il
caso, ma non un singolo e unico caso
dovrebbe aspettare di rilevare qualora si fossero evoluti da antenati
comuni per fasi lentissime e graduali. Le modalità di somiglianza
tra gli animali e le piante sono esattamente quelle che ci si dovrebbe
aspettare di riscontrare se alcune
specie fossero parenti stretti e altre
parenti più lontani tra loro. Tutto
ciò era molto convincente già all’epoca di Darwin. Oggi, grazie
a quanto ci comprova la genetica molecolare, si dovrebbe essere dei dementi
per dubitarne. Le prove a favore dell’evoluzione sono così schiaccianti che per salvare
la teoria della creazione occorrerebbe presumere che Dio abbia deliberatamente lasciato un’enorme
quantità di indizi per far sì che
sembrasse che
avesse avuto
luogo l’evoluzione. In altre parole, i fossili, la distribuzione geografica degli animali, la disposizione dei codici
del Dna e così via
sarebbero soltanto una gigantesca truffa. E c’è
qualcuno che
abbia voglia di
venerare un Dio
capace di simili
inganni? E’ sicuramente più rispettoso,
e
scientificamente plausibile al
tempo stesso,
considerare le
prove per quello che sono. Tutte le
creature viventi sono imparentate
tra loro, tutte discendono da un
unico remoto progenitore che visse
oltre 3.000 milioni di anni fa. L’evoluzione è un dato di fatto, ed è uno
dei più importanti dati di fatto che
conosciamo. Privare i bambini dell’opportunità di apprenderla sarebbe un barbarismo educativo da
epoche buie.
Traduzione di Anna Bissanti
CHARLES DARWIN
HANS MAGNUS ENZENSBERGER
L'uomo che non volle mai.
La terra sotto ai piedi gli dava il mal di mare.
"Precursore", "sovvertitore", "geniale", "un
titano":
lui non volle, si oppose,
sin dall'inizio, con tutti i mezzi,
nausea, emicrania, ipocondria.
La scuola, nient'altro che un vacuo.
Fa lo scemo. Mediocre e pigro per beffa.
Lo studio ripugnante, un'insostenibile noia,
tempo perso. Nulla capisce di matematica,
dimentica i classici, rimane ignorante come
un maiale
circa la politica, la storia e la filosofia.
Pretenderebbero che diventasse medico:
non può vedere il sangue.
Vorrebbero farne un curato:
non sa il latino.
Buono a nulla. Si astiene da tutto,
indugia, evita sempre di trarre conseguenze,
incapace di farsi avanti coi gomiti.
Il matrimonio: terribile spreco di tempo.
Bambini: tutto sommato meglio di un cane.
Da qualsiasi divertimento gira alla larga:
il divertimento è la peggior cosa.
Otto anni Sui cirripedi
(due volumi sulle specie viventi e due
su quelle fossili).
Il guscio si trasforma in un robusto edificio
che protegge il corpo a guisa di corazza.
Della mia vita successiva non vi è dunque,
eccezion fatta per le mie pubblicazioni,
nulla da riferire.
Ordine del giorno: massimo quattro ore di
lavoro,
quindi la visita alle serre.
Lunga siesta, avvolto in uno scialle,
sul sofà. Cambio d'abito. Dopo cena
qualcuno al piano suona un notturno.
Si va a letto presto. Insonnia:
Le sue notti erano pessime,
spesso giaceva sveglio o sedeva eretto.
(Cfr. a quindici miglia [in linea d'aria]
un altro invalido che controvoglia
e senza sosta lavora per sovvertire:
epatalgia, nausea, foruncolosi;
debole come una mosca, insonne, tormentato
dall'eccessivo cacasangue:
Io sono una macchina, condannata
a ingoiare libri, per poi
riversarli, sotto forma diversa
nel letamaio della storia).
Infiniti dettagli, accumulati come calcare
corallifero/
in cassetti, cartelle, scartoffie.
Povero diavolo, commenta il suo giardiniere,
sta lí in piedi a fissare per minuti interi
un girasole.
Se solo avesse qualcosa da fare,
gli farebbe un gran bene.
Poi il famoso giro del mondo: quasi controvoglia,
quasi per svista. A bordo
giace ore intere sul tavolo di navigazione.
Vertigine, fiacchezza.
Raccoglie problemi, dati, preparati.
Le sue convinzioni le tiene per sé.
Un pomeriggio legge Malthus
(come passatempo): palpitazioni,
brividi violenti, e nel cervello
una tempesta elettrica. Da allora
fu perso. Il resto è evoluzione:
L'Origine delle specie nasce
e si sviluppa, "naturalmente", senza sosta,
una nuova specie d'idee, in un processo
che sgretola colui che sgretola, gradualmente,
pian piano, e inesorabilmente.
Indietreggia, si sposa,
s'installa in un remoto villaggio,
evita viaggi, socialità,
si schermisce: pensionato a trentatre anni.
La mia testa si è tramutata in una specie di
macchina,
destinata a macinare valanghe di fatti
per trasformarle in leggi generali.
Sette anni Sui banchi coralliferi, struttura e
localizzazione.
Ventun anni Sulle abitudini e i movimenti
delle piante rampicanti.
Dolorosa atrofia. Sensazione
di essere totalmente essicato.
Non resta altro che la scienza.
Tanto peggio.
A volte la odio.
Non vuole, non volle mai,
eppure vota la vita intera alla "natura"
con il suo grossolano spreco, il suo infimo
acciarpamento
e la sua orrida ferocia: metodico
come un contabile o un lombrico.
La formazione dell'humus
tramite l'attività dei vermi,
con osservazioni circa le loro abitudini:
frutto di un'attività di cinquant'anni.
Nella storia del mondo piú significativi
di quanto non si pensi, essi macinano la terra
nel loro ventriglio per trasformarla in humus
a tonnellate, in silenzio e senza sosta.
I FILM
E L’UOMO
CREÒ
SATANA
Nel 1925, a
Dayton, nel
Tennessee, un
professore di
biologia viene
accusato di
insegnare la
teoria
dell’evoluzione
di Darwin,
contraria alla
legge di stato
Di Stanley
Kramer
(1960)
IL PIANETA
DELLE
SCIMMIE
Rovesciamento
radicale della
gerarchia
uomo/animale
Dopo un viaggio
nel tempo
George Taylor
viene fatto
prigioniero da
una popolazione
di guerrieriscimmie
Di Franklin J,
Schaffner
(1968)
MASTER &
COMMANDER
Il mondo della
marina
Britannica
all’epoca delle
battaglie
contro la flotta
di Napoleone.
Sulla nave
H.M.S.
Surprise c’è
anche un
medico che
studia Darwin e
cerca “prove”
nelle isole
Galapagos
Di Peter Weir
(2003)
2001
ODISSEA
NELLO
SPAZIO
Nel prologo
l’uomo
scimmia e il
monolite nero,
quattro milioni
di anni dopo lo
stesso
monolite e due
astronauti che
partono alla
volta di Giove.
Il centro del
film è
l’evoluzione nel
tempo e nello
spazio
Di Stanley
Kubrick
(1968)
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