Compiangere Ofelia [0.07in] e altri rompicapo

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Interazioni con i personaggi di finzione
Compiangere Ofelia
e altri rompicapo
I
È possibile interagire con i personaggi di finzione?
I
Chiaramente, certe interazioni ci sono precluse. Non possiamo
andare a cena con Sherlock Holmes, corteggiare Jessica
Rabbit, mandare una cartolina a Miss Marple.
I
Tuttavia, parrebbe che altre interazioni con i personaggi di
finzione siano possibili: il mostro di Frankenstein ci fa paura,
proviamo simpatia per il barone rampante, e compiangiamo
Ofelia.
I
Questo tema, le nostre interazioni con i personaggi di finzione,
merita una riflessione.
I
Iniziamo con un caso descritto da K. Walton.
Sandro Zucchi
2013-14
S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Emozioni e finzione
1
Salvare l’eroina?
2
Qualche domanda
Henry, un campagnolo retrogrado che guarda una rappresentazione
teatrale, salta sul palcoscenico per salvare l’eroina dalle grinfie del cattivo
e da una morte orribile. . . . Supponete che, se la rappresentazione
proseguisse secondo il piano, il cattivo legherebbe l’eroina ai binari della
ferrovia e un treno di passaggio la farebbe fuori. Questo deve essere
rappresentato cosı̀: due pali paralleli sul pavimento del palcoscenico
rappresentano i binari. L’attore che interpreta il cattivo mette l’attrice
che interpreta l’eroina sui pali e avvolge una fune intorno al suo corpo. Il
sipario si chiude e il passare del treno è indicato da effetti sonori. Se
Henry si precipita sul palcoscenico e rimuove l’attrice dai pali prima che il
tecnico del suono faccia passare il treno, non ha salvato l’eroina? Oppure
potrebbe causare un subbuglio tale che la rappresentazione deve essere
cancellata del tutto. Questo impedisce agli interpreti di mettere in scena
la morte dell’eroina. E dal momento che ciò che accade nel mondo di
finzione è esattamente ciò che viene rappresentato, Henry sembra aver
impedito la morte dell’eroina.
Walton (1990).
S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Emozioni e finzione
S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Emozioni e finzione
3
I
Nel caso descritto da Walton, Henry salva l’eroina?
I
Forse no. O forse sı̀, in un certo senso.
I
Se la risposta è no, perché no?
I
Se la risposta è sı̀, in che senso la salva?
S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Emozioni e finzione
4
Il testo del dramma
Drammi senza testo
I
I
Una risposta possibile è che Henry non salva l’eroina perché il
fato delle eroine è determinato una volta per tutte dai testi
delle opere di finzione in cui appaiono.
I
Il fato di Ofelia è quello che si può leggere nel testo di
Amleto, il fato di Anna Karenina quello che si può leggere nel
testo di Anna Karenina.
I
E il fato dell’eroina, nel caso descritto da Walton, è
determinato dal testo del dramma che viene messo in scena.
I
Se il testo del dramma dice che l’eroina muore investita da un
treno, questo è il suo fato e Henry non ci può far nulla. Non
ha certo salvato l’eroina perché ha interrotto una
rappresentazione.
S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Emozioni e finzione
I
I
I
5
Le intenzioni di Henry
I
Si potrebbe rispondere che Henry non salva l’eroina per la
semplice ragione che non è quello che sta cercando di fare.
I
Henry, che è un campagnolo retrogrado, ha scambiato la
rappresentazione teatrale per qualcosa che sta realmente
accadendo.
I
È convinto che l’attrice sulla scena sia in pericolo e cosı̀ cerca
di salvarla: salta sul palco e la slega.
I
Henry non ha salvato l’eroina perché stava cercando di salvare
l’attrice.
S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Emozioni e finzione
Certo, se il dramma è stato scritto, è l’eroina muore, si
potrebbe sostenere che l’eroina di quell’opera di finzione non
può essere salvata da nessuno.
Ma un un’opera di finzione drammatica non deve
necessariamente essere scritta prima.
E infatti questo è proprio il caso della rappresentazione a cui
sta assistendo Henry.
“Sto supponendo che l’evento teatrale di cui si immischia
Henry non sia la rappresentazione di un’opera teatrale scritta,
un’istanza di un’opera teatrale (tipo) che potrebbe avere
anche delle altre istanze, ma sia interamente improvvisata sul
momento. Sabotare una rappresentazione particolare non sarà
di alcun aiuto all’eroina di un’opera teatrale che è un tipo.
Questo richiederebbe rimaneggiare il testo.” (Walton 1990)
S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Emozioni e finzione
6
Le rilevanza delle intenzioni
7
I
La risposta precedente si espone a diverse obiezioni.
I
In primo luogo, il fatto che si cerchi di compiere una certa
azione non impedisce che se ne compia un’altra.
I
Stavo cercando di salvare il cane, impedendogli di affogare, e
facendo questo ho salvato anche le pulci, senza averne
l’intenzione.
I
Dunque, anche se l’intenzione di Henry fosse di salvare
l’attrice, questo non esclude che salvi l’eroina.
S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Emozioni e finzione
8
Le vere intenzioni di Henry
I
Un moto di impazienza
In secondo luogo, “non è necessario che Henry pensi che sia
l’attrice del mondo reale ad essere in pericolo e che cerchi di
salvarla. Supponete che egli sappia perfettamente che sta
guardando una rappresentazione teatrale, e che è solo una
donna di finzione a essere in pericolo. Ma supponete che egli
senta cosı̀ fortemente che una damigella cosı̀ innocente e bella
debba essere salvata, anche nella finzione, che accorre in suo
aiuto. Se egli sa il fatto suo, può semplicemente staccare il
filo che alimenta il sistema sonoro, e in questo modo devia il
treno e salva l’eroina.” (Walton 1990)
S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Emozioni e finzione
9
Generalizzando
I
I
I
Chissenefrega di lunatici come Henry!
I
Anche ammettendo che la questione di come interagiamo con
i personaggi di finzione abbia qualche interesse, vogliamo una
teoria che spieghi i casi centrali di interazione, e non un caso
limite come quello di questo campagnolo retrogrado.
I
Ecco!
S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Emozioni e finzione
10
Conan Doyle ha salvato Holmes?
I casi limite hanno spesso una funzione importante nel
mettere alla prova le teorie.
Ma la domanda se è possibile salvare le eroine non sorge solo
nei casi di campagnoli un po’ tardi.
Come osserva Walton,
Il principio dell’esempio [di Henry] può essere generalizzato.
Dal momento che nel mondo reale i romanzi, le opere teatrali,
i dipinti, e cosı̀ via sono ciò che determina cosa accade nei
mondi di finzione, noi possiamo influenzare i mondi di finzione
nella misura in cui la natura dei romanzi, delle opere teatrali e
dei dipinti dipende da noi. Possiamo distruggere un uomo
cattivo dipinto, non con una spada, forse, ma con un pennello
– dipingendo una spada che lo attraversa e l’espressione di uno
che spira sul suo volto. I pittori, gli autori, e gli altri artisti
sono dei veri dei rispetto ai mondi di finzione.
S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Emozioni e finzione
I
11
I
Dunque, la domanda se è possibile salvare l’eroina non sorge
solo nel caso di Henry, ma anche nel caso di autori che
producono opere di finzione.
I
Un autore che si è affezionato al proprio personaggio e decide
di impedire che venga ucciso lo ha salvato?
I
Pare che Conan Doyle avesse deciso di far fuori Holmes e poi,
in seguito alle proteste dei lettori, avesse deciso di farlo
continuare a vivere scrivendo un’altra avventura. Conan Doyle
ha salvato Holmes?
S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Emozioni e finzione
12
Teorie al lavoro
I
I
Le teorie dei nomi di finzione e dei personaggi di finzione che
abbiamo esaminato possono aiutarci a far chiarezza.
I
Esaminiamo l’affermazione (1) alla luce delle nostre
discussioni precedenti:
(1)
I
La verità nella finzione?
(1)
Henry salva l’eroina.
I
È vera questa affermazione (supponendo che il caso di Henry
accada nel mondo reale)?
S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Emozioni e finzione
13
Verità letterale
I
14
Infine, (1) non è vero neppure se concordiamo con Kripke sul
fatto che esistono i personaggi di finzione.
(1)
Per Kripke, i personaggi di finzione sono entità astratte. E se
assumiamo che l’eroina di cui si parla in (1) sia un’entità
astratta, allora, di nuovo, non c’è nulla da salvare. L’entità
astratta prodotta dalle attività concrete degli attori sul
palcoscenico nel caso di Henry non sta per finire sotto un
treno.
I
(Anche se simpatizzate per Meinong, non è ovvio che questo
predica che (1) è vero: come è possibile salvare un oggetto
che non esiste?).
Henry salva l’eroina.
15
Henry salva l’eroina.
I
Quindi, l’enunciato (1) non è vero letteralmente (nel senso
che Henry salva una persona fisica):
S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Emozioni e finzione
Infatti, Henry, a differenza dell’eroina, non è un personaggio di
quell’opera di finzione.
Entità astratte
Inoltre, nel mondo reale non c’è nessuna eroina in carne e ossa
da salvare nel caso di Henry.
(1)
Henry salva l’eroina.
S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Emozioni e finzione
I
I
L’enunciato (1) non è vero nell’opera di finzione che gli attori
mettono in scena:
S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Emozioni e finzione
16
Obiezione
Replica
I Quando parliamo di salvare una nazione, presumibilmente intendiamo
I
(1)
I Magari, cosı̀ come si può salvare una nazione, si può anche salvare un
personaggio di finzione. Se il testo di Amleto va perduto, e si perde la
memoria del dramma di Shakespeare, forse anche il personaggio di
Amleto cessa di esistere. “Salvare Amleto” in questo caso potrebbe voler
dire “impedire che il personaggio cessi di esistere” in questo senso.
Henry salva l’eroina.
I
Ma Kripke sostiene che i personaggi di finzione sono entità
astratte come lo sono le nazioni.
I
Le nazioni possono essere salvate o distrutte. Qualche
personaggio storico è stato definito “il salvatore della nazione”
(Mao Zedong, per esempio).
I
salvarla dall’estinzione, in quanto le nazioni possono cessare di esistere se
la storia prende un certo corso.
Ho detto che, se l’eroina che spinge Henry all’azione è una
entità astratta, allora (1) è falso:
I In ogni caso, anche se accettiamo che, in questo senso, sia possibile
salvare un personaggio di finzione, non è questo ciò che sta facendo
Henry, e dunque le attività di Henry non rendono vero (1):
(1)
Henry salva l’eroina.
I I personaggi di finzione non cessano di esistere perché muoiono nella
Perché dunque non possiamo salvare i personaggi di finzione?
storia che li riguarda, altrimenti il personaggio di Amleto avrebbe cessato
di esistere nel momento in cui Shakespeare scriveva la fine del dramma.
S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Emozioni e finzione
17
Conclusione
I
18
Altre interazioni
Le considerazioni precedenti indicano che, letteralmente,
l’enunciato (1) è falso:
(1)
Henry salva l’eroina.
I
I personaggi di finzione non possono essere salvati (se non
cercando di preservare le opere in cui compaiono).
I
Quando asseriamo (1), probabilmente, intendiamo dire
qualcosa come:
(2)
I
S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Emozioni e finzione
I
Non possiamo salvare personaggi di finzione. Questo tipo di
interazione con i personaggi di finzione ci è preclusa (se non
nel senso che abbiamo discusso).
I
È possibile invece temere o essere atterriti da personaggi di
finzione?
I
Questo pare essere alla nostra portata.
Henry fa sı̀ che nel dramma l’eroina non muoia.
L’enunciato (2) è vero. E, in generale, gli autori di finzione
possono far sı̀ che certe cose accadano o meno nelle loro
storie. Ma (2) non è ciò che (1) letteralmente dice.
S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Emozioni e finzione
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S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Emozioni e finzione
20
Temere il blob
Emozioni verso i personaggi di finzione
temere
Ecco un esempio del tipo che ci tenta di più: Charles
sta guardando un film dell’orrore su un terribile fango
verde. Si contorce sulla poltrona mentre il fango cola
lentamente, ma senza posa, sulla terra, distruggendo
tutto ciò che incontra sul suo cammino. Ben presto una
testa lercia emerge dalla massa ondulante e due piccoli
occhi si fissano sull’obiettivo. Il fango, accelerando,
prende una nuova direzione e si dirige dritto verso gli
spettatori. Charles caccia un grido e si aggrappa
disperatamente alla sedia. Dopo, ancora scosso, confessa
che era “terrificato” dal fango. (Walton 1990)
S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Emozioni e finzione
I
Il caso di Charles pare rendere vero (3):
(3)
21
Emozioni verso i personaggi di finzione
Charles ha paura del fango verde.
I
Un tipo di interazione possibile con i personaggi di finzione è
dunque questa: possiamo temere i personaggi di finzione.
I
O no?
S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Emozioni e finzione
22
Il problema
compiangere, ammirare, disprezzare, ecc.
I
I
È chiaro che, se ammettiamo che Charles teme il fango verde,
dovremmo anche ammettere che sia possibile provare altre
emozioni verso i personaggi di finzione.
I
Torniamo al caso di Charles che sta guardando un film
dell’orrore sul fango verde.
I
Abbiamo detto che Charles ha paura del fango verde.
È possibile
• provare pietà per Ofelia, a causa del suo destino tragico,
• provare ammirazione per Don Giovanni, perché rifiuta di
I
Ma per aver paura di qualcosa, dobbiamo credere di essere in
pericolo.
I
Di certo, Charles non crede di essere in pericolo, altrimenti si
alzerebbe e se la darebbe a gambe.
I
Come è possibile dunque che Charles abbia paura del fango
verde?
I
Questo è il problema.
pentirsi di fronte al convitato di pietra,
• provare repulsione per Scarpia, che cerca di ottenere i favori di
una giovane donna ricattandola,
• provare disprezzo per i cortigiani del duca di Mantova, che
infieriscono su un povero vecchio,
• ed essere deliziati da Topolino.
I
Dov’è il problema?
S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Emozioni e finzione
23
S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Emozioni e finzione
24
Estensione del problema
Una formulazione generale
I È chiaro che, una volta sollevato il problema per il caso di Charles
che teme il fango verde, possiamo sollevare problemi analoghi per le
altre emozioni verso i personaggi di finzione.
I
I Per provare pietà per qualcuno, dobbiamo credere che, nella realtà,
gli sia accaduto qualcosa di terribile. Ma è chiaro che non crediamo
affatto che, nella realtà, qualcosa di terribile sia accaduto a Ofelia.
Come possiamo dunque provare pietà per lei?
credenze.
• Ma le credenze rilevanti sono assenti nel caso del fango verde,
di Ofelia, Don Giovanni, Scarpia, e degli altri personaggi di
finzione menzionati.
• Dunque, come è possibile provare emozioni per questi
personaggi?
I Per ammirare qualcuno dobbiamo credere che, nella realtà, abbia
fatto qualcosa di notevole in qualche senso. Ma non crediamo
affatto che, nella realtà, Don Giovanni abbia rifiutato di pentirsi di
fronte al convitato di pietra.
I
I Per provare repulsione per qualcuno, dobbiamo credere che, nella
realtà, abbia fatto qualcosa di spregevole. Ma non crediamo affatto
che, nella realtà, il capo della polizia papalina abbia cercato di
ricattare Tosca. Ecc.
S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Emozioni e finzione
Il problema, nell’affermare che proviamo emozioni per i
personaggi finzione, può essere formulato cosı̀ in termini
generali:
• Per provare emozioni verso un individuo dobbiamo avere certe
25
Proposte di soluzione
È il fatto che le emozioni comportano certi tipi di credenze a
causare la difficoltà.
S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Emozioni e finzione
26
Prima linea di soluzione
presenza delle credenze rilevanti
I
Esamineremo ora diverse soluzioni possibili al problema delle
emozioni verso i personaggi di finzione.
I
Per il momento assumeremo che sia ragionevole asserire che
proviamo compassione, paura, timore, ammirazione, disprezzo,
ecc. per i personaggi di finzione e vedremo se è possibile
risolvere il problema attaccando una delle due assunzioni che
portano a negare che proviamo emozioni di questo genere.
I
Poi torneremo sulla nostra assunzione iniziale.
S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Emozioni e finzione
27
I
Per provare emozioni verso un individuo dobbiamo avere certe
credenze, ma le credenze rilevanti sono assenti nel caso dei
personaggi di finzione. Ma allora come possiamo provare
emozioni per questi personaggi?
I
Una prima via di uscita da questo dilemma cerca di mostrare
che, al contrario, le credenze rilevanti sono presenti.
S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Emozioni e finzione
28
Credenze momentanee
I
Torniamo al caso di Charles e del fango verde.
I
Abbiamo detto che temere il fango verde comporta credere di
essere minacciati dal fango verde, ma Charles non crede nulla
del genere.
I
Si potrebbe obiettare che, nel corso del film, ci sono dei
momenti in cui Charles perde il senso della realtà e in questi
momenti egli crede davvero che il fango verde lo minacci, e
per questo è terrorizzato.
I
Questi momenti in cui crede che il fango lo minacci sono
troppo brevi perché Charles pensi di fare qualcosa, e questo
spiega perché non se la dà a gambe.
S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Emozioni e finzione
Il problema per l’ipotesi delle credenze momentanee
I
• Charles appare terrorizzato per tutto il film. Come si spiega
questo fatto se ci sono solo dei brevi momenti sparsi in cui
crede di essere minacciato dal fango?
• Il ricorso a credenze momentanee per spiegare come possiamo
provare emozioni per i personaggi di finzione è poco plausibile
per emozioni come l’ammirazione o la pietà. Possiamo provare
pietà per Anna Karenina durante tutta la lettura del romanzo,
e anche dopo. Non è chiaro come questo sia attribuibile al
fatto che per dei brevi momenti durante la lettura crediamo
davvero che accadano i fatti narrati nel romanzo.
29
Mezze credenze
S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Emozioni e finzione
I
Forse la ragione per cui Charles è terrorizzato è che, anche se
non crede completamente che il fango lo minacci, ci crede un
po’, ha una mezza credenza che questo sia vero.
Come osserva Walton, il problema fondamentale con il ricorso
alle mezze credenze per spiegare come sia possibile che
Charles abbia paura del fango verde è questo:
• se Charles crede anche un po’ che il fango lo minacci, non è in
grado di escludere che il fango lo minacci, “ci aspetteremmo
che abbia qualche inclinazione ad agire sulla sua paura nei
modi normali. Anche una credenza esitante, un semplice
sospetto che il fango sia reale, indurrebbe qualsiasi persona
normale a pensare seriamente di chiamare la polizia e avvertire
la sua famiglia, giusto in caso. Ma Charles non pensa neppure
ad azioni del genere.”
Un individuo ha una mezza credenza che una cosa sia vera se
e solo se non è del tutto sicuro che sia vera e non è neppure
del tutto sicuro che non sia vera.
S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Emozioni e finzione
30
Il problema per l’ipotesi delle mezze credenze
I
I
Walton (1990) solleva due problemi per l’ipotesi che la
credenza rilevante per provare paura sia presente sotto forma
di credenza momentanea:
31
S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Emozioni e finzione
32
Paura di volare
Il problema per l’ipotesi delle credenze “di pancia”
I
I
I
I
Forse Charles non ha una mezza credenza, ma un tipo speciale
di credenza, una “credenza di pancia”, invece di una
“credenza intellettuale”.
I
Per esempio, si potrebbe sostenere che una persona che ha
paura di volare ha esattamente una credenza “di pancia” di
questo tipo. Da un punto di vista razionale, chi ha paura di
volare sa solitamente che è più pericoloso andare in auto, che
volare è un modo ragionevolmente sicuro di viaggiare, ma a
qualche livello crede anche che volare sia pericoloso, e per
questo ne ha paura.
I
Forse, la credenza sottostante alla paura del mostro verde di
Charles è come quella sottostante alla paura di volare.
I
S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Emozioni e finzione
I
33
Seconda linea di soluzione
Walton solleva il problema seguente per l’ipotesi che la paura
di Charles dipenda da una credenza “di pancia”.
Se Charles avesse la credenza di essere minacciato dal fango
verde, e questa fosse una credenza analoga a quella che sta
dietro alla paura di volare, dovremmo aspettarci che Charles
abbia comportamenti analoghi a quelli delle persone che
hanno paura di volare.
La credenza “di pancia” che gli aerei siano pericolosi induce le
persone a evitare di volare, per quanto possibile.
Ma Charles non mostra alcuna inclinazione ad andarsene dal
teatro.
Quindi, il ricorso alle credenze di pancia non aiuta a spiegare
come sia possibile che Charles creda che il mostro verde lo
minacci.
S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Emozioni e finzione
34
La sensazione di paura
rifiuto del cognitivismo
I
Torniamo al nostro problema: per provare emozioni verso un
individuo dobbiamo avere certe credenze, ma le credenze
rilevanti sono assenti nel caso dei personaggi di finzione.
Dunque, come possiamo provare emozioni per questi
personaggi?
I
Una seconda via di uscita da questo problema nega che le
emozioni richiedano credenze.
I
La tesi che le emozioni comportano necessariamente delle
credenze è detta cognitivismo (in teoria delle emozioni).
I
Vediamo come potremmo risolvere il problema rifiutando il
cognitivismo.
S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Emozioni e finzione
35
I
Perché diciamo che Charles ha paura del fango verde?
I
Charles vede il fango sullo schermo avanzare nella sua
direzione e il suo cuore batte violentemente, gli manca il fiato,
gli sudano le mani. . .
I
La paura del fango verde di Charles è semplicemente la
sensazione che prova quando occorrono questi cambiamenti
corporei.
I
La sensazione che accompagna automaticamente questi
cambiamenti corporei non richiede alcuna credenza, cosı̀ come
la sensazione che proviamo quando abbiamo la febbre non
richiede alcuna credenza.
S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Emozioni e finzione
36
Le emozioni come stati fenomenologici
Un problema per la teoria fenomenologica
il contenuto delle emozioni
I
I
Lo psicologo William James ha formulato una teoria delle
emozioni simile a quella suggerita dalle osservazioni precedenti
riguardo a Charles.
I
James afferma: “la sensazione di quei cambiamenti [corporei]
mentre occorrono è l’emozione.” (1884).
I
Come osserva Currie, “se le emozioni sono semplicemente
delle sensazioni, avere un’emozione non richiede di avere delle
credenze specifiche più di quanto provare dolore richieda delle
credenze specifiche.”
S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Emozioni e finzione
I
causa di certi comportamenti, l’altra ha per oggetto Francesco
ed è causa di altri comportamenti.
• Ma la sensazione che proviamo è la stessa in entrambi i casi.
I
37
Falsificare il cognitivismo
I
I
I
Se il ragionamento precedente è corretto, non è plausibile
rifiutare il cognitivismo sostenendo che le emozioni sono
sensazioni.
Tuttavia, ci possono essere altre ragioni per rifiutare il
cognitivismo applicato alle emozioni.
Il cognitivismo afferma che le emozioni comportano sempre
delle credenze:
• temere qualcuno comporta credere che, nella realtà,
S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Emozioni e finzione
I
Dunque, se troviamo anche un solo caso in cui un’emozione è
presente ma non la credenza rilevante, il cognitivismo è falso.
S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Emozioni e finzione
Il problema è che, secondo la teoria fenomenologica, questo
dovrebbe essere impossibile: se la sensazione è la stessa,
provare pietà per Maria e provare pietà per Francesco sono la
stessa emozione.
38
Il caso di Frances
quell’individuo sia pericoloso e ci minacci,
• provare pietà per una persona comporta credere che, nella
realtà, le sia accaduto qualcosa di brutto e che lei soffra per
questo,
• ecc.
I
Un problema sollevato da Currie per la teoria fenomenologica
delle emozioni è questo.
Pare del tutto possibile che si verifichi lo stato di cose
seguente:
• Proviamo pietà per Maria e proviamo pietà per Francesco.
• Queste emozioni sono distinte: una ha per oggetto Maria ed è
39
Consideriamo il caso seguente descritto da Walton (e proposto
da Greenspan 1981):
Frances, supponiamo, fu attaccata una volta da
un cane rabbioso. In seguito a questa esperienza
traumatica, essa “esibisce paura in presenza di tutti i
cani,” incluso il caro vecchio Fido, “benché sappia
benissimo che Fido è stato vaccinato contro la
rabbia e in ogni caso è quasi senza denti.” Frances
ha genuinamente paura di Fido, suggerisce
Greenspan,. . . ed evita il cane quando può. Ma è
bizzarro attribuirle le credenza che Fido sia
pericoloso. Infatti, essa è perfettamente a suo agio
nel permettere agli amici e ai suoi cari di giocare con
lui.
S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Emozioni e finzione
40
Un argomento contro il cognitivismo
I
Sulla base del caso di Frances, si potrebbe argomentare che il
cognitivismo è falso.
I
Infatti, Frances ha paura di Fido, ma la credenza rilevante è
assente: Frances non crede che Fido sia pericoloso o la
minacci.
I
(Si noti che questo argomento contro il cognitivismo non
mostra che le emozioni non sono mai accompagnate da certe
credenze caratteristiche. Sarebbe difficile negare che
solitamente le emozioni comportino certe credenze.
L’argomento mostra semplicemente che le emozioni non
comportano sempre la presenza di credenze.)
S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Emozioni e finzione
Replica del cognitivista
41
Una via di uscita poco praticabile
I
C’è anche un altro problema.
I
Ammettiamo per amore di discussione che il caso di Frances
mostri effettivamente che le emozioni non implicano sempre
certe credenze e dunque che il cognitivismo è falso.
I
Non è chiaro che questo ci permetta di concludere che Charles
ha paura del mostro verde.
I
Infatti, nel caso di Frances sembra ragionevole affermare che
Frances ha paura di Fido perché prova certe sensazioni che
causano un comportamento tipico di chi ha paura dei cani e
che consiste nell’evitare il cane.
I
Invece, Charles non cerca affatto di evitare il mostro verde. Le
sensazioni che prova non fanno sı̀ che egli esca dal cinema.
S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Emozioni e finzione
I
Un modo possibile in cui il cognitivista potrebbe replicare
all’argomento precedente è questo: Frances in realtà crede che
il cane sia pericoloso per lei, si tratta di una credenza non
razionale, come la paura di volare.
I
Se questa affermazione è corretta, il caso di Frances non
mostra affatto che il cognitivismo sia falso, ma solo che ci
sono modi diversi in cui possiamo credere che qualcosa sia
pericoloso e ci minacci.
S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Emozioni e finzione
42
Tornare sui propri passi
I
Finora abbiamo cercato di risolvere il problema sollevato da
enunciati come (3) sostenendo che sia possibile provare
emozioni per i personaggi di finzione e negando che le
emozioni comportino certe credenze rilevanti oppure negando
che le credenze rilevanti siano assenti.
(3)
43
Charles ha paura del fango verde.
I
Non abbiamo certo mostrato in modo conclusivo che questi
modi di risolvere il problema siano impraticabili, ma abbiamo
visto che vanno incontro a certe difficoltà.
I
Un’altra opzione possibile è quella di negare che (3) sia vero,
e più in generale di negare che sia possibile provare emozioni
per i personaggi di finzione.
S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Emozioni e finzione
44
Se non è paura, cos’è?
I
Teorie delle quasi-emozioni
Naturalmente, non possiamo semplicemente limitarci a negare
che (3) sia vero:
(3)
I
Presenterò ora un’analisi del caso di Charles e degli altri casi
di interazione psicologica con i personaggi di finzione secondo
la quale, in realtà, non proviamo per loro emozioni come la
paura, la pietà, il disprezzo, l’ammirazione, ecc.
I
Analisi di questo tipo sono state proposte in forme
leggermente diverse da Walton e Currie. Qui ignoreremo le
differenze e ci concentreremo su ciò che hanno in comune.
I
Queste analisi, per ragioni che saranno chiare tra poco,
potremmo chiamarle “teorie delle quasi emozioni”.
I
Prima di introdurre queste teorie, tuttavia, facciamo
un’escursione al museo: la National Gallery di Londra.
I
È una visita guidata da Kendall Walton.
Charles ha paura del fango verde.
I
Se neghiamo che Charles abbia paura del fango verde
dobbiamo spiegare perché (3), pur non essendo vero, sembra
vero.
I
Se lo stato di Charles non è uno stato di paura del mostro
verde, dobbiamo spiegare che tipo di stato è. Infatti, non c’è
dubbio che la vista del mostro verde influenzi in qualche modo
Charles.
S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Emozioni e finzione
45
La spiaggia di Scheveningen
S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Emozioni e finzione
46
Un visitatore commenta il dipinto
Willem Van der Velde il giovane
S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Emozioni e finzione
47
I
Immaginate un visitatore del museo, Stephen, che osserva il
dipinto di Van der Velde e commenta cosı̀:
vedo molti velieri. . . ci sono molti velieri al
largo. . . noto un uomo su un carro, mi pare che
abbia una traccia di gioia sul volto, ma è troppo
lontano per vederlo bene. . . ci sono un settimo e un
ottavo veliero visibili all’orizzonte. . . quello è un
veliero. . . guarda, c’è un cane che sta nuotando tra
le onde.
I
Ciò che dice Stephen pare del tutto appropriato alla situazione.
S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Emozioni e finzione
48
Verità nel dipinto
Report di esperienze visive
I Consideriamo gli enunciati (4) e (5) proferiti da Stephen:
I Consideriamo ora gli enunciati (8) e (9):
(4)
Ci sono molti velieri al largo.
(8)
Stephen vede molti velieri.
(5)
Ci sono un settimo e un ottavo veliero visibili all’orizzonte.
(9)
Stephen nota un uomo su un carro.
I Questi enunciati sembrano veri: riportano correttamente l’esperienza di
I Questi enunciati sembrano veri, e questo si spiega osservando che
Stephen quando guarda il dipinto.
possono essere intesi come affermazioni su ciò che è vero nel dipinto.
I Ma non possiamo spiegare perché ci sembrano veri dicendo che sono
I Se (4) e (5) vengono intesi come (6) e (7), allora è chiaro che sono
intesi come affermazioni su ciò che è vero nel dipinto. Infatti, nel dipinto
Stephen non c’è, e quindi (10) e (11) sono falsi:
veri:
(6)
Nel dipinto di Van der Velde, ci sono molti velieri al largo.
(7)
Nel dipinto di Van der Velde, ci sono un settimo e un ottavo
veliero visibili all’orizzonte.
S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Emozioni e finzione
49
Verità problematiche
(10)
Nel dipinto di Van der Velde, Stephen vede molti velieri.
(11)
Nel dipinto di Van der Velde, Stephen nota un uomo su un carro.
S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Emozioni e finzione
50
Usi non veridici?
I Ho detto che, se qualcuno vede qualcosa, allora quella cosa esiste. Si potrebbe
obiettare che, nei casi di allucinazioni o illusioni ottiche, il soggetto può vedere
delle cose che non esistono. Non potremmo dire che (8) è vero in quanto riporta
un’illusione ottica di Stephen?
I
Notate inoltre che, letteralmente, (8) e (9) non sono veri:
(8)
(8)
Stephen vede molti velieri.
(9)
Stephen nota un uomo su un carro.
I
Se qualcuno vede qualcosa, allora quella cosa esiste. Ed è
impossibile notare qualcosa, se quella cosa non esiste.
I
Ma nella realtà non ci sono velieri che Stephen vede e non ci
sono uomini su un carro che Stephen nota.
I Anche se esistono usi non veridici di vedere, non è chiaro che possiamo
considerare (8) come l’affermazione che Stephen ha un’illusione ottica.
I Quando Stephen dice “vedo molti velieri” sta affermando di essere in preda a
un’illusione ottica per cui gli sembra che ci siano velieri, che in realtà non ci
sono? No, Stephen sa benissimo che non ci sono velieri nella stanza e non sta
affermando di vedere (in senso non veridico) dei velieri nella stanza, sta
semplicemente descrivendo ciò che vede nel quadro.
I Dunque, l’enunciato (8), nella misura in cui riporta correttamente ciò che
Stephen dice quando afferma “vedo molti velieri”, non riporta un’illusione ottica.
I Inoltre, anche se supponiamo che (8) comporti un uso non veridico di “vedere”,
notate che (9) pare vero eppure non ci sono usi non veridici di “notare”
attestati indipendentemente:
(9)
S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Emozioni e finzione
Stephen vede molti velieri,
51
Stephen nota un uomo su un carro.
S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Emozioni e finzione
52
Enunciati indicali
I
Considerate ora l’enunciato (12) proferito da Stephen mentre
indica un punto della tela:
(12)
I
I
Barche a tela
quello è un veliero.
I
Di nuovo, ciò che Stephen afferma quando proferisce (12)
sembra vero, ma non possiamo spiegare perché sembra vero
dicendo che va inteso come un’affermazione su ciò che è vero
nel dipinto.
Infatti, quello che Stephen sta indicando con il suo gesto è un
punto della tela, ma (13) è falso (non c’è nessuna tela nel
dipinto):
(13)
Ovviamente, (12) non è vero neppure in senso letterale:
(12)
I
quello è un veliero.
Non è vero in senso letterale perché un punto della tela non è
un veliero.
Nel dipinto di Van der Velde, quel punto della tela è
un veliero.
S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Emozioni e finzione
53
Indicali differiti
S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Emozioni e finzione
54
Un problema con il riferimento differito
I Forse, possiamo trovare una soluzione al nostro problema facendo la
considerazione seguente: a volte possiamo indicare un oggetto per riferirci
a un altro oggetto.
I Per esempio, vedo passare un tizio su una Cannondale e dico con aria
compiaciuta:
(14)
I
C’è un problema con la soluzione che fa ricorso al riferimento
differito.
I
Cosa sono le entità fittizie? Se Kripke ha ragione, le entità
fittizie sono entità astratte (come le nazioni). Le entità
astratte non possono godere di proprietà di oggetti concreti
come la proprietà di essere un veliero.
I
Quindi, se Stephen intende riferirsi a un oggetto di finzione
proferendo il dimostrativo “quello” e indicando un punto della
tela, non è chiaro come possa intendere una cosa vera:
quella è la mia bicicletta.
I Non intendo dire che il tizio in questione mi ha rubato la bici, indico
quella cannondale per riferirmi a un tipo di bicicletta e intendo dire che la
mia bicicletta è di quel tipo. E questo è vero.
I Forse, la stessa cosa accade quando Stephen indica un punto della tela e
dice:
(12)
quello è un veliero.
(12)
quello è un veliero.
I Stephen indica un punto della tela per riferirsi a un’entità di finzione, un
oggetto nel dipinto, e afferma di quell’entità di finzione che è un veliero.
S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Emozioni e finzione
55
S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Emozioni e finzione
56
Un veliero della vecchia scuola
I
C’è anche un altro problema con la soluzione che ricorre al
riferimento differito.
I
Per capire qual è il problema, leggiamo questo passaggio di
Moby Dick, in cui viene descritto il Pequod, il veliero di
Achab:
. . . Era un veliero della vecchia scuola, piuttosto
piccolo semmai; con un aspetto rapace fuori moda.
Lungamente stagionato e macchiato dal tempo
passato tra i tifoni e le calme di tutti e quattro gli
oceani, il suo scafo aveva un colorito scuro come
quello di un brigadiere francese che ha combattuto
sia in Egitto che in Siberia. La sua prua venerabile
pareva barbuta. I suoi alberi. . .
S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Emozioni e finzione
Un altro problema con il riferimento differito
I
(12)
I
57
Un altro tentativo
I
I
quello è un veliero.
Stephen proferisce (12) indicando un punto della tela. Forse,
quello che intende dire è che quel punto della tela è la
rappresentazione di un veliero.
Se le cose stanno cosı̀, osserva Walton, perché non è possibile
indicare il passaggio precedente di Moby Dick per riferirsi al
veliero di cui si parla nel passaggio?
S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Emozioni e finzione
I
Il punto della tela indicato da Stephen è effettivamente la
rappresentazione di un veliero.
I
Ma anche la descrizione del veliero nel passo citato di Moby
Dick è una rappresentazione di un veliero.
I
Quindi, il nuovo tentativo solleva una domanda simile a quella
precedente: se è possibile proferire (12) per dire che il punto
della tela indicato è una rappresentazione di un veliero, perché
non possiamo proferire (12) per dire che il passaggio di Moby
Dick indicato è una rappresentazione di un veliero?
(12)
S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Emozioni e finzione
quello è un veliero.
58
Una domanda senza risposta
Forse possiamo risolvere il problema sollevato da (12)
supponendo che il predicato “è un veliero” vuol dire qualcosa
di diverso da quello che letteralmente significa:
(12)
Il problema è questo. Secondo la soluzione proposta, in (12) il
dimostrativo “quello” viene usato per riferirsi a un oggetto di
finzione, il veliero nel quadro. Stephen proferisce (12) per
affermare che quell’oggetto di finzione è un veliero:
59
quello è un veliero.
S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Emozioni e finzione
60
Riassumendo
I
Gli enunciati (8), (9), (12) proferiti da Stephen sembrano tutti
veri, sono del tutto appropriati alla situazione in cui egli si
trova:
(8)
Stephen vede molti velieri.
(9)
Stephen nota un uomo su un carro.
(12)
I
La soluzione di Walton
I
La soluzione di Walton al problema precedente si basa sulla
distinzione tra opere di finzione e giochi di finzione.
I
Vediamo come questa distinzione può aiutarci a risolvere il
problema.
Quello è un veliero.
Ma non è chiaro come spiegare questo fatto.
S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Emozioni e finzione
61
I fruitori come partecipanti
62
Opere di finzione e giochi di finzione
Stephen non appartiene al mondo di finzione del dipinto, naturalmente,
come le barche gli appartengono, e un lettore dei Viaggi di Gulliver non è
un personaggio nel romanzo come Napoleone è un personaggio in Guerra
e pace. Dobbiamo rammentare la distinzione tra i mondi dell’opera e i
mondi dei giochi di finzione in cui queste opere sono dei supporti.
I fruitori appartengono solo ai secondi. È di finzione nel gioco che il
lettore gioca con I viaggi di Gulliver, non nei Viaggi di Gulliver, che egli
legge il diario di un medico di bordo, ed è di finzione nel gioco di chi
guarda La spiaggia di Scheveningen che egli vede dei velieri al largo.
Il mondo del gioco di un fruitore include delle verità di finzione
generate da tutti i suoi supporti, dal fruitore cosı̀ come dall’opera e dalle
relazioni tra di essi. Il mondo dell’opera include soltanto quelle verità di
finzione generate dall’opera da sola. È di-finzione-nella-Spiaggia di
Scheveningen che ci sono dei velieri al largo, che c’è un carro tirato da un
cavallo sulla spiaggia, e un cane che nuota tra onde. Quando Stephen
contempla il dipinto, è di finzione nel suo gioco che accade tutto questo e
inoltre che egli vede i velieri al largo e un cane tra le onde. Il mondo del
suo gioco è un’espansione del mondo dell’opera. Walton (1990)
S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Emozioni e finzione
S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Emozioni e finzione
I
Il quadro proposto da Walton è il seguente.
I
L’autore di un’opera di finzione produce l’opera con
l’intenzione che il pubblico faccia finta che certe cose siano
vere.
I
Quando noi leggiamo o guardiamo l’opera di finzione,
accettiamo questa volontà dell’autore e facciamo finta che ciò
che lui ci racconta sia vero.
Dunque, quando leggiamo un romanzo, guardiamo un quadro,
assistiamo a una rappresentazione teatrale, o guardiamo un
film, ci sono due finzioni distinte:
• l’opera di finzione,
• il gioco di finzione del fruitore che usa quell’opera come
I
supporto.
63
S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Emozioni e finzione
64
Verità nell’opera e verità nel gioco
I
La soluzione
I La soluzione proposta Walton è dunque che (8) e (9) sembrano veri
L’opera di finzione, come sappiamo, genera certe verità di
finzione. Ad esempio, nella Spiaggia di Scheveningen, ci sono
dei velieri al largo, un cane che nuota tra le onde e un carro
tirato da un cavallo fermo sulla spiaggia.
in quanto sono intesi come (15) e (16):
(8)
Stephen vede molti velieri.
Stephen nota un uomo su un carro.
I
Anche il gioco di finzione genera certe verità. Più
precisamente, secondo Walton, il gioco di finzione estende le
verità di finzione dell’opera.
(9)
I
Per esempio, nel gioco di finzione che compie Stephen quando
guarda La spiaggia di Scheveningen, ci sono dei velieri al
largo, un cane che nuota tra le onde e un carro tirato da un
cavallo sulla spiaggia. Inoltre, è vero nel gioco che Stephen
vede tutte queste cose.
(15)
Nel gioco di Stephen, Stephen vede molti velieri.
(16)
Nel gioco di Stephen, Stephen nota un uomo su un carro.
I Infatti, è vero nel gioco di Stephen che egli vede molti velieri e nota
un uomo su un carro.
S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Emozioni e finzione
65
Il veliero sulla tela
I Perché non è appropriato proferire (12) indicando il passaggio di Moby
vero quando proferisce (12) indicando un punto della tela?
Dick che descrive il veliero di Achab, mentre è appropriato proferire (12)
indicando un punto della tela di Van der Velde?
Quello è un veliero
(12)
I Certo, è vero nel gioco di Stephen che ciò che egli indica è un veliero.
Dunque, (17) è vero:
(17)
finzione verbale ci invita giocare, egli non ci invita far finta di vedere
qualcosa, ma piuttosto a far finta di sentire o leggere qualcosa.
Nel gioco di Stephen, quello è un veliero.
I Scrivendo Moby Dick, Melville ci invita di far finta di ascoltare o leggere
gioco di far finta ciò che sta indicando è un veliero. Supponete che
sopraggiunga James e dica “Ti sbagli, quello non è un veliero, è una
nuvola.” Non sarebbe appropriato per Stephen ribattere che è un veliero
perché lui ha fatto finta che lo sia!
una narrazione in cui qualcuno informato dei fatti parla di un veliero. Il
veliero non è presente nel gioco e dunque non lo possiamo indicare.
I Nel caso delle opere di finzione visive, l’autore ci invita invece a far finta
di vedere qualcosa. Dunque, il veliero è presente nel gioco che Van der
Velde ci invita a giocare con La spiaggia di Scheveningen, e per questo lo
possiamo indicare.
I Ciò che Stephen intende dire quando proferisce (12) è piuttosto:
Nel gioco di finzione che l’autore del quadro ci invita a giocare,
quello è un veliero.
S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Emozioni e finzione
Quello è un veliero.
I Walton risponde cosı̀: nei giochi di finzione che l’autore di un’opera di
I Tuttavia, Stephen, asserendo (12) sembra dire qualcosa di più che nel suo
(18)
66
Il veliero di Achab
I Possiamo spiegare in modo analogo l’intuizione che Stephen afferma il
(12)
S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Emozioni e finzione
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S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Emozioni e finzione
68
Tornando dal museo
Il ritorno del blob
I Ora che abbiamo fatto una visita al museo, torniamo alla questione
I Torniamo al caso di Charles e del mostro verde. Walton e Currie
precedente: le interazioni psicologiche con i personaggi di finzione.
propongono di spiegare cosı̀ ciò che accade.
I È chiaro che noi possiamo avere delle interazioni psicologiche con i
I Charles, guardando il film, fa finta di credere che un mostro verde lo
personaggi di finzione: la lettura di un romanzo, la visione di un dipinto,
di un film o di una rappresentazione teatrale possono influenzarci
profondamente, determinare in noi certi stati psicologici che hanno come
oggetto dei personaggi di finzione.
minacci, e dunque nel gioco di finzione che egli compie ha paura del
mostro verde.
I Ora, a causa del fatto che nel gioco di finzione Charles ha paura del
I Tuttavia, abbiamo visto che è problematico descrivere queste interazioni
mostro verde, egli arriva a provare nella realtà diverse sensazioni tipiche
della paura.
dicendo che temiamo, ammiriamo, compiangiamo, ecc. dei personaggi di
finzione.
I Queste sensazioni, tuttavia, non sono sufficienti per affermare che Charles
I Le emozioni comportano certi tipi di credenze, ma nel caso dei personaggi
ha paura del mostro verde nella realtà. Per avere paura del mostro verde,
Charles deve provare queste sensazioni perché crede che il mostro verde lo
minacci. Ma Charles fa solo finta di crederlo.
di finzione queste credenze sono assenti.
I Come è dunque possibile spiegare le nostre interazioni psicologiche con i
personaggi di finzione?
S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Emozioni e finzione
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Emozioni e quasi-emozioni
S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Emozioni e finzione
70
Questo è tutto per quest’anno!
I Possiamo descrivere cosı̀ la teoria delle emozioni che emerge dalla
spiegazione precedente.
I Le emozioni sono stati in cui il soggetto prova certe sensazioni perché ha
I
I
I
I
I
certe credenze.
Ad esempio, la paura di qualcosa è uno stato in cui soggetto si trova se
prova certe sensazioni a causa della sua credenza che quella cosa lo
minacci.
Un soggetto può tuttavia arrivare a provare certe sensazioni tipiche della
paura non perché crede che qualcosa lo minacci, ma perché fa finta di
crederlo.
Lo stato stato psicologico del soggetto in cui egli prova certe sensazioni
perché fa finta di credere che qualcosa lo minacci non è paura. Potremmo
chiamarlo invece quasi-paura.
Le quasi-emozioni sono stati in cui il soggetto prova certe sensazioni
perché fa finta di avere certe credenze.
Le nostre interazioni psicologiche con i personaggi di finzione si spiegano
in termini di quasi-emozioni, invece che di emozioni.
S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Emozioni e finzione
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