La speranza non delude

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hiese nel mondo |
CUBA
La speranza
non delude
Saluto iniziale
Lettera pastorale
dei vescovi di Cuba
«Cuba è cambiata negli ultimi anni. La
nostra situazione attuale è differente
da quella degli anni passati. (…) Una
nuova generazione di cubani, nata negli
ultimi decenni, (…) non si contenta di
desiderare che il presente sia migliore
del passato, ma vuole anche che il futuro sia migliore del presente» (n. 20).
Sono passati vent’anni dalla lettera pastorale L’amore tutto spera, e quindici
dalla storica visita di Giovanni Paolo
II (1998), e i vescovi di Cuba prendono
nuovamente la parola con una lettera
pastorale nel segno della speranza.
Prendendo le mosse dalla devozione
alla Vergine della Carità del Cobre
come un tratto che, da quattro secoli,
descrive l’unità del popolo cubano, il
documento La speranza non delude,
diffuso il 15 settembre scorso, si addentra nella valutazione della situazione economica e politica dell’isola,
confermando e aggiornando i giudizi
costantemente espressi in questo ventennio: soprattutto l’appello a sostituire al paternalismo dello stato la partecipazione (n. 19), a non disperdere
attraverso l’emigrazione il capitale
umano del paese (n. 28) e a passare
dalle riforme economiche a quelle politiche: «Cuba è chiamata a essere una
società pluralista» (nn. 31-32).
Stampa (10.11.2013) da sito web www.iglesiacubana.org. Nostra traduzione dallo spagnolo.
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1. Cari fratelli e sorelle, noi vescovi di Cuba, in occasione dell’Anno della fede, ci rivolgiamo a voi, sacerdoti, diaconi, religiosi e religiose, ai fedeli laici e a tutti
i cubani, per condividere questa lettera pastorale, che si
prefigge l’obiettivo di far crescere nei nostri cuori la speranza che ogni persona e ogni popolo sono chiamati a
nutrire. Questo invito alla speranza nasce dalla nostra
fede cristiana, dalla buona volontà, dalla necessità e dal
dovere di cercare per tutti i cubani un futuro migliore.
La Vergine della Carità
ci apre il cammino della speranza
2. Nel rivolgerci a voi in questa circostanza abbiamo
alcuni motivi per essere lieti e fiduciosi nel Signore, perché nel cercare e nel seminare la speranza sentiamo la
presenza materna e benedicente della nostra patrona, la
Vergine della Carità del Cobre. È ancora viva nella nostra memoria la gioia provata nel celebrare, nel passato
2012, l’anno giubilare per il 400° anniversario del rinvenimento e della presenza della sua immagine benedetta
in mezzo al nostro popolo. Lei scelse di restare in mezzo
a noi come Madre della carità e Madre dei cubani. Alle
celebrazioni del centenario sono stati invitati tutti i suoi
figli, anche quelli che si trovavano sparsi in terre lontane;
e tutti, in vari modi, si sono riuniti intorno a lei.
3. Con il motto «A Gesù per Maria, la carità ci unisce», la Vergine Maria della Carità ci ha unito, ancora
una volta, come è sempre avvenuto nel corso di quattro
secoli, durante i quali noi «cubani siamo stati sempre
uniti, senza distinzione di razza, classe od opinione, in
uno stesso cammino: il cammino che porta a El Cobre».1
4. Mai era stata tanto evidente l’unità nella carità
come quella si è manifestata nelle piccole e nelle grandi
e affollate processioni di massa e nei pellegrinaggi dei
cubani che hanno accompagnato la venerata immagine
della Vergine Mambisa nel suo giro in tutta l’isola. In
quelle manifestazioni di fede si sono incontrati il prete e
l’ingegnere, il militare e il civile, il poliziotto e il recluso, il
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bambino e il vecchio, il contadino e l’abitante della città,
il cattolico e gli altri credenti, il funzionario del governo
e chi ritiene di fare opposizione, la donna incinta e la
madre che ha perso il figlio, i residenti a Cuba e quelli
che vivono fuori dalla nostra isola. Molti sono tornati a
parlarsi, si sono abbracciati e riconciliati dopo aver passato anni nella disaffezione e nella distanza.
5. La Madonna della Carità ci ha accolto tutti e ci ha
protetto con il suo manto, ha accolto le preghiere pronunciate ad alta voce e quelle nascoste nel silenzio dell’anima, e le ha presentate tutte al Figlio suo Gesù Cristo.
Come è avvenuto con l’apostolo Giovanni ai piedi della
croce, anche noi l’abbiamo ricevuta come madre, nei nostri cuori e nelle nostre case (cf. Gv 19,27).
La visita di due papi ha lasciato
nella nostra storia un segno di speranza
6. Altri due eventi di profondo significato religioso
hanno inciso nella nostra storia recente il segno della speranza. In meno di quindici anni abbiamo avuto il privilegio di essere visitati da due papi. Il primo è stato il beato
Giovanni Paolo II, sempre vicino al nostro paese e alla
nostra Chiesa, che custodiva in modo speciale nel suo
cuore e ha desiderato ardentemente visitare.
7. Giovanni Paolo II arrivò a Cuba nei giorni ancora
molto difficili del cosiddetto «periodo speciale», in un
momento critico della nostra storia nazionale, in cui si
vedeva chiaramente il crollo della speranza dei cittadini,
dinanzi a un futuro incerto e al crescente disincanto per
una proposta ideologica che, nei suoi aspetti economici e
sociali, sembrava essere la soluzione di tutti mali, ma che
cominciava a essere messa in discussione, in misura maggiore o minore, dalla popolazione. Allo stesso tempo, ci
si apprestava a fare marcia indietro dalle timide riforme
socioeconomiche appena avviate, cosicché molti cubani
furono costretti a cercare la risposta alla loro disperazione nell’emigrazione che li portò verso terre lontane.
8. Nel bel mezzo di quella difficile situazione, all’inizio del 1998, papa Giovanni Paolo II venne come «Messaggero di verità e di speranza» a confermare i cattolici
nella fede, a proporci l’immutabile verità di Gesù Cristo,
a invitarci a mettere la nostra la fiducia nel Dio che non
delude mai, e senza il quale niente possiamo fare (cf. Gv
15,5) e a esortarci a cercare in noi stessi, a partire dalle
nostre radici cristiane, le soluzioni capaci di risvegliare
nei cubani la speranza.
9. La presenza del santo padre, fragile e malato, e la
sua parola energica conquistarono un grande spazio nel
cuore dei cubani. L’anima dei cubani e la Chiesa che
sta in Cuba non furono più le stesse, dopo quella visita
memorabile. Quel suo vibrante richiamo: «“Non abbiate
paura di aprire il vostro cuore a Cristo”, lasciate che egli
1 Vescovi di Cuba, lettera pastorale L’amore tutto spera,
8.9.1993, n. 2; Regno-doc. 1,1994,47.
2 Giovanni Paolo II, Discorso all’arrivo a Cuba, aeroporto di
L’Avana (Cuba), 21.1.1998, n. 4; Regno-doc. 3,1998,66.
3 Benedetto XVI, Parole durante la visita al santuario della Virgen de la Caridad del Cobre, El Cobre (Cuba), 27.3.2012.
entri nella vostra vita, nelle vostre famiglie, nella società,
affinché in questo modo tutto venga rinnovato»,2 scosse
l’anima dei cubani e, come effetto della sua visita, non
solo riottenemmo la festività del Natale, ma molti risvegliarono la loro memoria religiosa che si era addormentata o era nascosta, mentre altri riscoprirono la verità che
non cambia, e che non viene da un uomo, ma da Dio. Da
quel momento, un grande numero di cubani cominciò a
sentire la sete di ciò che è veramente spirituale, nonché
la necessità di riavvicinarsi alla fede e di ricevere i sacramenti della Chiesa.
10. E come se Dio avesse voluto confermare il suo
amore per il popolo cubano, dopo soli tredici anni abbiamo ricevuto la visita dell’oggi emerito papa Benedetto XVI. Un papa che, benché viaggiasse poco per
motivi di età, ha voluto inserire Cuba in uno degli ultimi
viaggi del suo pontificato. I cubani non possono dimenticare questo gesto, perché egli volle accompagnarci,
come «pellegrino della carità», nell’Anno giubilare mariano che abbiamo celebrato nel 2012. Come hanno
fatto milioni di cubani, lungo quattro secoli, Benedetto
XVI, come un figlio devoto, si è inginocchiato davanti
all’immagine sacra della Madonna del Cobre e, come il
buon pastore che ama le sue pecore, ha affidato a Maria
il futuro della nostra patria esortandola ad avanzare «nel
cammino di rinnovamento e di speranza, per il maggior
bene di tutti i cubani».3 Alla Madre nostra presentò «le
necessità di coloro che soffrono, di coloro che sono privi
di libertà, lontani dalle persone care», dei «giovani», dei
«discendenti di coloro che giunsero qui dall’Africa», dei
«contadini».4 E ci ha promesso di continuare a «pregare
ardentemente» affinché possiamo proseguire il nostro
cammino «e Cuba sia la casa di tutti e per tutti i cubani,
dove convivano la giustizia e la libertà, in un clima di
serena fraternità».5
La parola divina e umana della Chiesa
alimenta la nostra speranza
11. Giovanni Paolo II e Benedetto XVI hanno sottolineato non solo la dimensione religiosa, ma anche quella
umana e sociale della missione evangelizzatrice della
Chiesa. Entrambi hanno fatto riferimento alla realtà
spirituale e sociale dei cubani nel momento presente e
nella prospettiva del futuro. La Chiesa di Cristo non può
rimanere chiusa in se stessa e limitarsi a rispondere solo
a chi la cerca. Giovanni Paolo II ci ha detto: «Il servizio
all’uomo è la via della Chiesa»6 e il servizio all’uomo è
offerto dalla Chiesa senza fare distinzione di religione,
razza, età, sesso, condizione sociale o pensiero politico.
12. La Chiesa, dunque, esiste per rendere presente
Gesù Cristo e ricordare che da lui non si può prescindere, per proclamare il suo Vangelo e, in questo modo,
4 Cf. ivi.
5 Benedetto XVI, Discorso di congedo da Cuba, aeroporto di
L’Avana (Cuba), 28.3.2012; Regno-doc. 7,2012,200.
6 Giovanni Paolo II, Discorso all’arrivo a Cuba, n. 4; Regno-doc.
3,1998,66.
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servire l’umanità. Giovanni Paolo II, nel suo discorso
all’arrivo a Cuba, ha espresso la «profonda convinzione
che il messaggio del Vangelo conduce all’amore, alla dedizione, al sacrificio e al perdono, in modo che se un
popolo percorre questo cammino vuol dire che è un popolo che ha la speranza di un futuro migliore».7 Egli ci ha
invitato a costruire il futuro «guidati dalla luce della fede,
con il vigore della speranza e la generosità dell’amore
fraterno» per costruire «un ambiente di maggiore libertà
e pluralismo».8 Allo stesso modo Benedetto XVI ha fatto
ai cubani questo appello: «Date nuovo vigore alla vostra
fede, vivete in Cristo e per Cristo, e, con le armi della
pace, del perdono e della comprensione, impegnatevi a
costruire una società aperta e rinnovata, una società migliore, più degna dell’uomo, che rifletta maggiormente la
bontà di Dio».9
13. È questo l’unico modo di essere e di fare Chiesa,
anche qui nella nostra patria, dove il Signore ci chiama
a consacrarci a lui per mezzo dell’annuncio del Vangelo
e del servizio a ognuno dei nostri fratelli. Così, volgendo
lo sguardo alla realtà in cui viviamo, e dando ascolto e
attenzione ai desideri, alle speranze e alle frustrazioni dei
figli di Dio che vivono in questa terra, con la fiducia riposta nel Signore e incoraggiati dall’amore della Madonna
del Cobre, noi vescovi presentiamo ai nostri fedeli e a
tutti i cubani questo messaggio.
La destinazione comune dei beni materiali
e la libertà sono fonti di speranza
14. Tra le diverse opzioni possibili per realizzare
il bene comune, la Chiesa sceglie quella che difende e
promuove la libertà responsabile dell’uomo. «È commovente – dice papa Benedetto XVI – vedere come Dio
non solo rispetta la libertà umana, ma sembra averne
bisogno».10 In effetti, la libertà è un dono prezioso che
Dio dà all’essere umano, che è stato creato maschio e
femmina, a immagine e somiglianza di Dio, per essere fecondi e moltiplicarsi, dominare sui pesci del mare e sugli
uccelli del cielo e su tutti gli animali che si muovono sulla
terra (cf. Gen 1,27-28). Tutta l’umanità e, in essa, noi
cubani siamo chiamati a godere di quella libertà voluta
da Dio che permette all’uomo di ottenere per sé e per la
sua famiglia i frutti di un lavoro dignitoso e di partecipare
alle decisioni che riguardano il suo futuro personale, familiare e sociale.
15. Tuttavia, la libertà non è sufficiente, dal momento che lo stesso racconto della creazione parla della
destinazione universale dei beni. Dio vuole che l’uomo
viva in modo responsabile anche la libertà. Nel racconto
biblico – fortemente simbolico – dell’assassinio di Abele
da parte del fratello Caino, per gelosia e per invidia, l’assassino si nasconde e cerca di non farsi vedere da Dio,
che lo interroga sul delitto appena commesso: «Dov’è
tuo fratello?». Caino dà una risposta falsa e irresponsabile: «Non lo so. Sono forse il guardiano di mio fratello?»
(Gen 4,9). Questo ci insegna che la libertà dell’uomo ha
un limite: l’essere umano non può perseguire il suo proprio bene dimenticando, trascurando o opprimendo suo
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fratello. Per questo, Gesù, che ha dato la vita per noi, ci
comanda caldamente: «Amatevi gli uni gli altri come io
ho amato voi» (Gv 15, 12).
16. Se il nostro orientamento di vita ha il suo fondamento reale nella fede cristiana o se, pur prescindendo
da essa, ci proponiamo di rispettare gli altri e di crescere
in umanità, allora «devo essere responsabile di mio fratello». Prendere in considerazione l’altro, per aiutarlo,
è uno dei limiti essenziali della mia libertà. Le formule
«ognuno per sé» e «sono libero di fare quel che voglio»
non esprimono affatto la libertà dei figli di Dio. Non
si deve dimenticare, inoltre, che l’egoismo umano può
manifestarsi in vari modi, a volte apparentemente contraddittori. La struttura e l’organizzazione delle società
e dei governi, ieri come oggi, possono dar vita a gruppi
di potere che non rappresentano sempre tutti i cittadini
e non si preoccupano di quanti sono al di fuori della
loro cerchia di riferimento. Taluni gruppi mettono i loro
interessi al di sopra di quelli dei loro simili arrivando,
persino, a ignorarli e ad annientarli dal punto di vista
sociale.
17. Quanto detto nel paragrafo precedente sposta
l’attenzione sull’egoismo collettivo che è e sarà sempre
un delitto scandaloso dinanzi a Dio, il quale continua
a chiedere una risposta tanto agli egoismi individuali
quanto a quelli collettivi che si manifestano ai nostri
giorni: «Che cosa hai fatto? La voce del sangue di tuo
fratello grida a me dalla terra» (Gen 4,10). Tutti dobbiamo essere responsabili gli uni degli altri e condividere, qui e ora, un luogo, un tempo e un destino comuni.
Nessuno può rivendicare la libertà per se stesso e negarla
agli altri, o cercare il suo bene e disinteressarsi del bene
degli altri. La libertà che Dio concepisce per l’uomo è
una libertà responsabile della vita e del destino di tutti
coloro che vivono intorno a noi. Sì, siamo noi i custodi
dei nostri fratelli!
18. Il governo, da parte sua, ha l’obbligo di agire per
il bene di tutti i cittadini, e il modo migliore per raggiungere questo obiettivo è di tenere presenti i legittimi
interessi di ogni gruppo umano e di ogni territorio che
compone la nostra società. Un governo responsabile del
destino comune dei cittadini deve condividere anche la
responsabilità che tutti si prendano cura di tutti. In questo modo si evita il paternalismo statale. Questo è anche
il modo migliore per evitare di cadere nell’inerzia sociale
che consente a molti di ripetere la risposta irresponsabile
di Caino: «Non ho niente a che fare con mio fratello».
19. Lo stato basato sulla partecipazione deve sostituire lo stato paternalista, in modo definitivo. Non si
deve temere lo sviluppo di un’autonomia sociale forte
e responsabile, sostenuta dalla base e che si muova in
conformità con le regole della convivenza civile; che
sia in grado di favorire la collaborazione fraterna nel
rispetto dei vari interessi e delle necessità specifiche dei
differenti gruppi sociali; e, inoltre, deve favorire la ricerca delle soluzioni dei problemi senza dover attendere
risposte e soluzioni dall’alto. Questo è ciò che la dottrina sociale della Chiesa chiama principio di sussidiarietà ed è, di per sé, uno dei fondamenti di una società
aperta e solidale.
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I cambiamenti alimentano
la speranza del nostro popolo
20. Cuba è cambiata negli ultimi anni. La nostra situazione attuale è differente da quella degli anni passati.
E neanche i cubani di oggi sono uguali ai cubani di venti
o quarant’anni fa. È normale che sia così. Assumendo
come termini di riferimento alcuni fatti storici vediamo
che la lettera pastorale dei vescovi di Cuba L’amore tutto
spera, pubblicata nel 1993, conteneva una serie di sollecitazioni, alcune delle quali hanno trovato riposta, mentre altre rimangono ancora irrisolte. Intanto, una nuova
generazione di cubani, nata negli ultimi decenni, fa la
sua lettura della nostra realtà e manifesta aspirazioni e
interessi peculiari, diversi da quelli che avevano i loro
genitori. Questa nuova generazione non si contenta di
desiderare che il presente sia migliore del passato, ma
vuole anche che il futuro sia migliore del presente.
21. Si è aperta una fase della nostra storia che comincia a mostrare nuove possibilità, nel momento in cui si
mettono in atto una serie di misure che incidono sulla realtà economica, sociale e, in qualche misura, politica del
paese. Nelle incipienti riforme vediamo chiaramente una
risposta, anche se ancora incompleta, alle domande da
tempo espresse dalla popolazione cubana. Siamo testimoni di alcuni cambiamenti, per esempio: il ritorno delle
scuole secondarie e degli istituti pre-universitari nelle
città, fatto che favorisce la vicinanza dei giovani e degli
adolescenti alle loro famiglie; il rilascio di quanti erano
detenuti per ragioni politiche o simili motivazioni; l’utilizzo privato dei terreni per le coltivazioni; la rimozione
di alcune misure restrittive che colpivano la dignità dei
cittadini perché limitavano la stessa libertà dei cubani:
per esempio, il divieto di soggiornare in hotel, di creare
una piccola impresa privata o familiare, di vendere e acquistare proprietà o di viaggiare all’estero ecc.
22. Noi, vescovi di Cuba, vogliamo vedere in tutto
questo, come avevamo già detto nella lettera pastorale
di cui stiamo commemorando il ventesimo anniversario,
l’inizio di un processo di riforme sempre più vaste, per
il bene della popolazione e delle nuove generazioni di
cubani. Confidando nel Signore ci aspettiamo che queste
riforme, così come altre azioni che riteniamo necessarie,
vadano in porto, perché sentiamo chiaramente le urgenti
aspirazioni dei cittadini, che su di esse fondano le loro
speranze. La migliore eredità che possiamo lasciare alle
generazioni future, infatti, è lavorare per ottenere un presente migliore.
23. L’urgenza dei cambiamenti si fonda sull’esperienza vissuta a partire dalle limitazioni, dalla scarsità
dei beni, dalla mancanza di possibilità di progresso personale o familiare di non pochi cubani, i quali sentono
che con il passare degli anni la vita scorre verso la fine
senza che abbiano potuto concretizzare le loro aspirazioni naturali, proprie di ogni essere umano e di ogni
7 Ivi.
8 Giovanni Paolo II, Discorso di congedo da Cuba, aeroporto di
L’Avana (Cuba), 25.1.1998, n. 5; Regno-doc. 3,1998,72.
famiglia. Tra i più giovani ci sono molti che non vedono
le condizioni per realizzare il loro progetto di vita nella
terra nativa e che, come conseguenza, sentono forte la
tentazione di provare a farlo in altri paesi.
24. È normale che ci siano resistenze al cambiamento,
e non è difficile constatarlo nella nostra società, perché i
cambiamenti provocano, sempre, qualche incertezza sul
futuro. Nella nostra società la resistenza si lega, anche, a
una mentalità, o modo di pensare, fondata su elementi
ideologici che hanno avuto una loro origine e un loro
sviluppo, e che si sono prolungati nel tempo senza che ci
si rendesse conto che, oggi, la nostra realtà si è evoluta;
motivo per cui molti oggi colgono gli aspetti obsoleti e
non più accettabili di questa visione statica della realtà.
Per consolidare la speranza
dobbiamo superare la nostra povertà
25. Nei nostri viaggi frequenti e continui tra le parrocchie e le case di missione si presenta dolorosamente
ai nostri occhi di cubani e di pastori la povertà, ancora
tanto diffusa nel nostro paese. Una povertà materiale,
risultato di salari insufficienti per mantenere una famiglia
con dignità; e altre forme di povertà che colpiscono i più
deboli e più indifesi, anche se è presente un certo impegno sociale per andare incontro a coloro che si trovano
in questa condizione.
26. A Cuba, inoltre, a queste forme di povertà diffusa dobbiamo aggiungere quella dei gruppi sociali che,
in condizioni normali, non ne sarebbero stati vittime;
per esempio, la povertà materiale degli ingegneri e dei
lavoratori delle cooperative agricole, dei medici o degli
insegnanti, degli atleti che danno gloria al nostro paese
o dei pescatori che con il loro lavoro portano a Cuba
valuta estera.
27. Proprio queste categorie di uomini e di donne
che, attualmente, soffrono forti limitazioni economiche,
per il loro livello di istruzione e il loro desiderio di migliorare la propria vita e quella del paese, più di altri
possono contribuire a eliminare la povertà. Nonostante
le sue difficoltà economiche, Cuba ha una tradizione storica di rinnovamento e possiede una discreta quantità di
risorse tecnico-scientifiche che possono servire da base
per realizzare le riforme di cui il paese ha bisogno.
28. Queste risorse, conosciute come capitale umano,
sono molto apprezzate nel mondo moderno e già da
molto tempo sono in attesa di opportunità per diventare
produttive e per mettere al servizio delle persone e della
società l’immenso potenziale delle conoscenze acquisite
nelle nostre scuole e università. A causa delle mancanze
di opportunità e delle emigrazioni molto è stato perso e
si continua a perdere di questa ricchezza, che invece è
destinata a crescere, a Cuba. Qualsiasi piano di riforme
deve contare su questa ricchezza umana, in cui la nazione ha investito e continua a investire molte risorse.
9 Benedetto XVI, Omelia alla messa per il 400° anniversario del ritrovamento della Virgen de la Caridad del Cobre, Santiago de Cuba, 26.3.2012.
10 Ivi.
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La realizzazione personale
è necessaria per la speranza
29. Un progetto sociale, qualunque esso sia, deve lasciare spazio ai progetti di vita personale e familiare dei
cittadini, in modo che l’uno e gli altri possano armonizzarsi. Venendo meno la giusta relazione tra il progetto
sociale e quelli personali si provoca frustrazione, e questo
è uno dei fattori che maggiormente suscita il desiderio di
emigrare, soprattutto tra i giovani.
30. Nella lettera pastorale L’amore tutto spera abbiamo scritto:«Più che misure congiunturali di emergenza, diventa imprescindibile un preciso progetto economico, capace di ispirare e mobilitare le energie di tutto
il popolo».11 Le aspirazioni al miglioramento personale
dovrebbero essere incoraggiate in modo da costruire una
società civile forte, che sarà sempre un bene necessario
per qualsiasi paese che aspiri a un benessere sociale ed
economico sano, sostenuto da forti pilastri morali e spirituali. Solo un contesto umano che valorizzi le singole
persone può far emergere i valori e sviluppare le virtù che
la nostra società tanto reclama e di cui ha tanto bisogno.
Le speranze di un futuro migliore
comprendono anche un nuovo ordine politico
31. Come è avvenuto per l’economia, riteniamo imprescindibile per la nostra realtà cubana un’attualizzazione o un aggiornamento della legislazione nazionale
che attiene all’ordine politico. Da qualche tempo stanno
nascendo piccole aree di dibattito e di discussione a differenti livelli e ambienti, a volte create dai cittadini stessi:
intellettuali, giovani e altri che, a partire dalla base,
esprimono in modi diversi la loro visione dei cambiamenti necessari a Cuba, con punti di vista e proposte
serie e diversificate.
32. Tutto questo indica che Cuba è chiamata a essere
una società pluralista, la somma di tante realtà cubane;
in altre parole, Cuba è la nazione di tutti i cubani, con le
loro differenze e aspirazioni, anche se non è stato sempre
così. Si deve affermare il diritto alla diversità rispetto al
pensiero, alla creatività, alla ricerca della verità. È dalla
diversità che nasce la necessità del dialogo.
Il dialogo tra i cubani
apre un cammino di speranza
33. Noi vescovi abbiamo detto più volte, nel corso
degli ultimi decenni, che il dialogo tra i vari gruppi che
compongono la nostra società costituisce l’unico percorso
possibile per realizzare e sostenere le trasformazioni sociali in corso a Cuba. Di fatto, il dialogo è sempre proficuo perché dà la possibilità di portare nuove idee e nuove
soluzioni ai problemi o ai conflitti che si presentano.
34. In questa prospettiva papa Francesco, durante
la sua recente visita in Brasile, ha detto: «Quando i leader dei diversi settori mi chiedono un consiglio, la mia
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risposta sempre è la stessa: dialogo, dialogo, dialogo. L’unico modo di crescere per una persona, una famiglia,
una società, l’unico modo per far progredire la vita dei
popoli è la cultura dell’incontro, una cultura in cui tutti
hanno qualcosa di buono da dare e tutti possono ricevere
qualcosa di buono in cambio».12 Nel recente passato, l’azione mediatrice della Chiesa ha portato alla liberazione
di decine di carcerati; è, pertanto, un segnale chiaro che
questo cammino è percorribile nella nostra patria, e dovrebbe estendersi anche ad altri settori e gruppi sociali
della nazione.
Cuba nel concerto delle nazioni:
motivi di speranza
35. Negli ultimi anni ci sono stati grandi cambiamenti in molte nazioni, in modo particolare nella nostra regione latino-americana. In un mondo sempre più
globalizzato e interdipendente, le necessarie riforme interne, sia politiche sia economiche, possono contribuire
a farci entrare in modo più dinamico e sicuro nel contesto internazionale. Occorre citare, a questo proposito,
le efficaci parole pronunciate dal beato Giovanni Paolo
II pochi minuti prima di concludere il suo viaggio nella
nostra patria: «Ai nostri giorni nessuna nazione può vivere sola. Per questo, il popolo cubano non può vedersi
privato dei vincoli con gli altri popoli, che sono necessari
per lo sviluppo economico, sociale e culturale».13
36. Bisogna dare il giusto riconoscimento al cambiamento nella politica estera del nostro paese, attualmente
orientata verso l’America Latina, che è a noi più vicina e
più simile. Tuttavia, queste relazioni non devono né possono limitarsi alla regione latinoamericana. Nell’attuale
contesto di politica internazionale è necessario riflettere
sulle relazioni di Cuba con gli Stati Uniti, perché esse
per molti decenni, in modi diversi e di forma costante e
profonda, hanno influenzato la vita del nostro popolo.
A queste relazioni si riferiva il beato Giovanni Paolo II
quando disse che «l’isolamento forzato si ripercuote in
modo indiscriminato sulla popolazione, accrescendo le
difficoltà dei più deboli, in aspetti fondamentali come
l’alimentazione, la sanità e l’educazione».14 E concluse
chiedendo la cancellazione delle «misure economiche
restrittive imposte dall’esterno del paese, ingiuste ed eticamente inaccettabili».
37. Negli Stati Uniti risiedono un gran numero di
cubani e di loro discendenti che continuano a considerarsi cubani e amano Cuba. La vicinanza geografica e i
legami familiari tra i due popoli sono realtà ineludibili,
che dovrebbero essere tenute presenti con l’obiettivo
di promuovere una politica inclusiva, salvaguardando
il rispetto delle differenze, così da alleviare le tensioni
e le sofferenze di molte persone e famiglie, nonché uno
scambio commerciale giusto e orientato al bene di tutti.
A questo proposito, esortiamo a incoraggiare nuove iniziative di dialogo che siano in grado di favorire la realizzazione del desiderio espresso dal beato Giovanni Paolo
II, che invitava il mondo ad aprirsi a Cuba e Cuba ad
aprirsi al mondo.
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La famiglia e i giovani,
speranza della patria e della Chiesa
38. La famiglia come istituzione naturale è chiamata
a essere «scuola di umanità» e a trasmettere valori che
esaltino la persona e la rendano capace di vivere una
vita sociale sana e costruttiva. Al tempo de L’amore tutto
spera affermavamo che nel nostro paese «una delle perdite più sensibili è quella dei valori familiari. Quando si
rompe la famiglia si rompe la cosa più sacra».15 Oggi,
vent’anni dopo, quella situazione non solo non è migliorata, ma con dolore dobbiamo riconoscere che la vita
familiare a Cuba si trova in condizioni di degrado ancora
peggiori, con gravi ripercussioni sulla vita delle persone e
della società.
39. È significativo il richiamo delle autorità del paese
dinanzi al crescente deterioramento dei comportamenti
dei cittadini e della moralità pubblica. Di fronte a questa
situazione riteniamo che non siano sufficienti i richiami
e le misure disciplinari, ma che sia necessario attivare
un processo educativo per promuovere, in tutti i cubani,
il desiderio di essere buoni e di praticare la virtù. Al
raggiungimento di questo fine dovrebbero contribuire,
unendo le loro forze, la famiglia, la scuola, i mezzi di
comunicazione sociale e le istituzioni religiose, rivolgendosi soprattutto ai bambini e ai giovani come primi destinatari di una formazione integrale. La Chiesa cattolica,
fedele alla sua missione e con la sua esperienza educativa,
si sente chiamata a dare continuità, con più solerte impegno, agli sforzi per diffondere i valori personali, familiari
e sociali, nonché per coltivare l’educazione alla virtù.
40. Vogliamo rivolgerci, ora, ai giovani con le parole
sempre attuali di padre Félix Varela, che in sé ispirano
un degno progetto di impegno sociale: «Non esiste la
patria senza la virtù, né la virtù con l’empietà». Questo
ideale fu ben esplicitato da papa Giovanni Paolo II nel
rivolgersi ai giovani durante la messa celebrata a Camaguey, durante la sua memorabile visita: «Cari giovani,
credenti o non credenti, accogliete l’appello a essere virtuosi. Ciò vuol dire che dovete essere forti dentro, grandi
di animo, ricchi dei sentimenti migliori, coraggiosi nella
verità, audaci nella libertà, costanti nella responsabilità,
generosi nell’amore, invincibili nella speranza. (...) “Non
abbiate paura di aprire il vostro cuore a Cristo”».16
41. Dando continuità a questi insegnamenti, esortiamo i giovani a prendersi cura della loro mente, del
loro corpo e del loro cuore; imparino a cercare sempre la
verità nella loro vita, in modo da non vivere nell’illusione
o nel vuoto esistenziale, ma da edificare la loro vita sul
fondamento sicuro della verità. Solo così diventeranno
padroni e responsabili della loro vita. «Voi siete la dolce
speranza della patria»,17 chiamati a costruire non solo la
Cuba del futuro, ma in primo luogo la Cuba presente.
42. Cari giovani credenti in Cristo, vi esortiamo vivamente a fermentare la società con gli insegnamenti di
Gesù – fondamento dell’identità stessa dei suoi discepoli
–, con i comportamenti e le virtù che ogni giovane di
sani principi e buoni sentimenti deve far propri; il che
significa vivere con radicalità l’amore e il servizio disin-
teressato agli altri, con gioia e fiducia in Dio. La Chiesa
si aspetta da voi quella risposta giovanile piena di entusiasmo, oggi più che mai necessaria per evangelizzare il
nostro popolo secondo il mandato che viene da Cristo e
che papa Francesco ha richiamato con urgenza in occasione della recente Giornata mondiale della gioventù:
«Per favore lasciate che Cristo e la sua parola entrino
nella vostra vita, lasciate entrare la semente della parola
di Dio, lasciate che germogli, lasciatela che cresca».18
«“Non avere paura”. Quando andiamo ad annunciare
Cristo, è lui stesso che ci precede e ci guida».19
La Vergine Maria, madre della speranza
43. Al momento di congedarci, cari fratelli e sorelle,
chiediamo alla Vergine della Carità, Madre nostra del
Cobre, di esaudire gli aneliti di speranza di tutti i cubani. Ai vescovi, ai sacerdoti, ai diaconi, alle persone
consacrate e ai fedeli laici conceda l’amore e lo zelo
apostolico necessari per annunciare Cristo ai nostri fratelli. Sarà possibile evangelizzare solo seminando nella
nostra terra la speranza cristiana che si appoggia sulla
certezza che Dio mantiene sempre la sua promessa:
«Io sono con voi sempre, fino alla fine del mondo» (Mt
28,20). Questa promessa di Gesù si compie oggi e si
compirà domani e sempre. Il vento che spinge la barca
della Chiesa è il soffio dello Spirito Santo, che la protegge, la rafforza e la santifica. Guidati così dalla grazia
di Dio, guardiamo al futuro con speranza: e «la speranza non delude» (Rm 5,5).
Con sentimenti di fede, speranza e amore impartiamo a tutti la nostra benedizione.
L’Avana, 8 settembre 2013.
✠ Dionisio García Ibáñez,
arcivescovo di Santiago de Cuba,
presidente;
✠ Jaime card. Ortega y Alamino,
arcivescovo dell’Avana,
vicepresidente
(seguono le altre firme)
11 Vescovi di Cuba, L’amore tutto spera, n. 36; Regno-doc.
1,1994,50.
12 Francesco, Discorso alla classe dirigente del Brasile, Rio de Janeiro (Brasile), 27.7.2013, n. 3.
13 Giovanni Paolo II, Discorso di congedo da Cuba, n. 4; Regnodoc. 3,1998,72.
14 Ivi.
15 Vescovi di Cuba, L’amore tutto spera, n. 41; Regno-doc.
1,1994,50.
16 Giovanni Paolo II, Omelia alla messa a Camagüey (Cuba),
23.1.1998, n. 6.
17 Félix Varela Morales, Cartas a Elpidio.
18 Francesco, Intervento alla veglia con i giovani, Giornata mondiale della gioventù di Rio de Janeiro (Brasile), 27.7.2013, n. 1; Regnodoc. 15,2013,451.
19 Francesco, Omelia nella messa conclusiva, Giornata mondiale
della gioventù di Rio de Janeiro (Brasile), 28.7.2013, n. 2; Regno-doc.
15,2013,453.
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