Relativismo conoscitivo

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Relativismo conoscitivo
Roberto Di Molfetta
www.appuntidiscienzesociali.it
Esserci, in una data situazione, altera completamente la percezione di processi e stati di cose, quando
dall’esterno al contrario si ha la sensazione che essi siano meglio marcati, visti più oggettivi, perché
riconsiderati alla luce di principi ed assiomi assoluti.
Il relativismo è figlio della necessità di comprendere i fenomeni, non visti come monolitici blocchi di
informazioni non totalmente conosciute in profondità.
Bisogna cogliere il valore dei fatti e del materiale simbolico in una realtà fluida, dinamica, in divenire,
vissuta nell’emozione, negli stati psicologici del momento, quando vi sono incertezza del futuro e mancata
definizione univoca del passato.
Quando si è parte di un gruppo sociale, di una subcultura ad esempio, di una realtà locale maggiormente
ristretta, i valori creano differenze tali tra un’analisi interna ed una esterna che ne risultano visioni
criticamente dissimili, spesso antitetiche.
Questo deriva anche da una sottovalutazione del momentum psicologico specifico dell’epoca e del luogo,
quando dall’esterno e a posteriori l’analisi è basata solo su alcuni fatti scelti e visti come essenziali.
Ma un gruppo sociale vive anche il momento per una serie di variabili che la storia dei grandi protagonisti
non rileva, o non rileva a sufficienza.
La globalizzazione odierna si contrappone alla tribalizzazione culturale, al punto che ciò che è vero per una
nazione può non esserlo per un certo localismo; parti del territorio, ragionano in modo lontano ed opposto
da quello della totalità al punto che anche i fatti storici sono visti in modo diametralmente opposto pur
partendo da fatti si uguali ma da una cultura locale, da un rete di significati, da uno stato psicologico
differenti.
Casi esemplari sono l’animalismo dei mass-media europei e un certo diffuso sentimentalismo per la tutela
degli animali che mal si conciliano con tradizioni come la Corrida spagnola.
I punti di contatto e di dialogo sembrano essere pochi nel modo di intendere la questione, pur tra persone
che si intendono civili da schieramenti opposti, in opposti modi di percepire l’usanza iberica.
Passando agli esseri umani, è difficile analizzare il fenomeno mafioso ove massicciamente presente se non
ci si riesce culturalmente a calare, con metodo antropologico, nelle tradizioni, usi e costumi, cultura e storia
politico-economica delle terre che delle organizzazioni criminali più potenti sono stati la culla.
Fenomeni locali non possono venir compresi se non si viaggia mentalmente nella rete simbolica culturale
che li ha prodotti. Anche nelle società evolute, in sociologia come in antropologia l’osservazione
partecipante permette di essere presente, di vedere con occhio guidato ruoli e relazioni, status, simboli nel
loro fluire continuo all’interno della situazione da studiare.
Sarebbe inutile pensare di aver compreso un’epoca storica con il metro di giudizio attuale, come
sincronicamente è impensabile di voler analizzare localismi, subculture, ambiti delimitati anche se
apparentemente aperti, come forum di discussione Internet quanto carceri, senza avere un approccio che
l’antropologo Geertz definisce dell’esserci stato.
Esserci stato non vuol ben dire a mio avviso, esservi stato solamente fisicamente ad osservare, ma anche
adeguare la prospettiva culturale per assimilare lo spirito di un luogo, quando è possibile come epoca,
comprensione degli strumenti che al termine del percorso permettono realmente l’analisi delle culture, dei
fatti alla luce della cultura relativa, alla luce della visione dei partecipanti che l’hanno creata.
Come situazione esemplificativa conclusiva, possiamo considerare una azienda di una certa dimensione
come case study: se vogliamo veramente conoscere le dinamiche interne, i processi sociali e socializzanti, i
rapporti di potere e i modi di comunicare che vi sono e si svolgono all’interno, al di là dell’ufficialità,
bisogno evitare stereotipi, preconcetti e assiomi su come dovrebbe essere la cultura aziendale di una
impresa di quelle dimensioni.
Solo in questa maniera si potrà avere una conoscenza non generica ma approfondita della singola istanza
conoscitiva.
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