Lettera ad un educatore stanco

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Lettera ad un educatore stanco
Chi te lo fa fare?
Ce lo hanno chiesto e ce lo siamo chiesti tutti di fronte alle esigenze della quotidianità, quelle
esigenze che mettono in crisi, ogni volta, la scelta del nostro servizio educativo.
Chi te lo fa fare? Non i genitori, non il parroco, nemmeno la tua ricerca di autostima o il tuo
volontarismo.
Allora cosa? Mi spiace ma non posso raccontartelo.
Le parole sarebbero insufficienti. L'amore chiede di esserci, chiede di essere vissuto per essere
compreso. La lontananza invece alimenta solo sé stessa.
Vorrei allora raccontarti di quanto sono forti gli abbracci al termine di un camposcuola
significativo.
Vorrei raccontarti di quante stelle abbiamo visto e farti ascoltare la più bella dichiarazione
d'amore, quella che Dio fa silenziosamente ad ogni uomo, tutte le sere.
Vorrei raccontarti quanto sono salate le lacrime durante una confessione e di come in quel sale ci
sia tutto il sapore del perdono ricevuto e donato.
Vorrei poterti descrivere l'intensità di un sorriso o di un silenzio che non sono misurabili in decibel
e che scaturiscono solo dalla follia razionale della fede.
Vorrei trovare le parole adatte per descrivere la bellezza di un ragazzo, di un giovane, di un adulto
che prende, con forza ed entusiasmo, la sua vita per mano, dividendo - come si fa con un bagaglio il peso con il suo Signore.
Mi piacerebbe avere la sensibilità necessaria per descriverti il suono di una comunità che cammina,
che cresce, che spera all’unisono, che lotta per la costruzione del Regno.Vorrei che tu potessi sentire
il profumo di una vita che matura bene nel bene, anche attraverso le parole seminate in un grigio
incontro parrocchiale.
Vorrei avere una tavolozza di colori sufficiente a descrivere le vite che ho incontrato. Una diversa
dall'altra e tutte inesorabilmente irripetibili. Vorrei poterti raccontare quanta stoffa c’è in
ciascuna vita -più o meno consapevolmente e non certo per merito mio - e di quali meraviglie il
Signore ha fatto anche con quelli che sembravano solo scampoli.
Vorrei infine raccontarti di tanti educatori che nel dono hanno trovato la profondità di tutta
un'esistenza e non solo di una parte di essa, di quanti nel dono hanno scolpito una vita a tuttotondo.
E donare (proprio come scolpire) significa, prima di tutto, perdere.
Vorrei poterti descrivere come sia possibile che una vita donata sia una vita ben spesa.
Tutto questo dovrei raccontarti. Ma non ne sono capace.
E allora vieni: l'amore chiede solo di esserci, chiede solo di essere vissuto per essere compreso.
Convegno dei Consigli Parrocchiali - 24 – 25 ottonbre 2015
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