le americhe: nonostante i rialzi dei tassi continua l`imbalance tra

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GLI SCENARI ECONOMICI
LE AMERICHE: NONOSTANTE I RIALZI DEI TASSI
CONTINUA L’IMBALANCE TRA DOMANDA E OFFERTA
Gli Stati Uniti
Pil
Inflazione
Q4 1999
Q1 2000
Q2 2000
Q3 2000
Q4 2000
Q1 2001
Q2 2001
Q3 2001
Q4 2001
4,6%
2,6%
4,9%
3,2%
5,2%
2,8%
4,3%
2,7%
3,4%
2,5%
3,3%
2,2%
3,5%
2,2%
3,8%
2,2%
3,9%
2,3%
La forza dell’ultimo dato e le ampie revisioni dell’aggregato di spesa ci hanno necessariamente obbligato a
un’ulteriore revisione della crescita nel 2000 portandola al 4,4% dal 3,8% stimato a gennaio, mentre rimaniamo convinti che un naturale “decadimento” caratterizzerà il 2001, anno per il quale teniamo le stime ferme
al 3,6%. La sola revisione del quarto trimestre rispetto alla prima stima, infatti, avrebbe portato a una
crescita del 4% per quest’anno, in linea con il 4,2% del ‘99. In realtà qualche effetto statistico nasconde anche
per il prossimo anno una crescita che, sotto il profilo trimestrale, rimane indubbiamente ben salda e lontana
dal dover rappresentare l’effetto di 125 bp di rialzo dei tassi di interesse, come accadeva in precedenti cicli
di restrizione monetaria. Di seguito vedremo che gli ultimi dati contengono elementi che giustificano aggiustamenti nelle voci di spesa pari a circa quattro decimi di punto per il GDP 2000, anno in cui il solo effetto di
trascinamento porta un 2%.
L’esplosione del quarto
trimestre ‘99 spinge
le previsioni del 2000
Nella combinazione tra previsioni sugli aggregati e stato della politica monetaria (che nelle sue dichiarazioni
può essere un buon leading) è necessario partire da due elementi importanti:
a) la Fed non solo riconosce gli effetti della produttività ma, dopo averne separato gli effetti positivi
sull’offerta e il rischio di eccessi sulla domanda, non nega la possibilità che l’output per ora lavorata
rimanga elevato, considerato il procedere degli investimenti. Questo ha una diretta influenza sulle nostre
previsioni della domanda interna e dell’inflazione;
Il calo nell’excessliquidity è un
primo segnale di
“macro”-soddisfazione
per la Fed?
Non è ancora completato il riassorbimento dell’excess liquidity
b) una buona indicazione del rapporto tra politica monetaria e ciclo potrebbe venire dall’eccesso di liquidità
nel sistema, definito dalla differenza tra crescita dell’aggregato monetario M2 e quella del GDP nominale. Questo indicatore è stato sensibilmente positivo durante la fase di calo dei tassi dopo la discesa dei
prezzi del petrolio, durante la recessione del ‘90-91 e la recente emergenza dovuta alle due crisi e a Y2K.
Tale differenza dovrà mostrare segnali di deciso ridimensionamento per evitare di continuare a finanziare
in modo indesiderato la domanda di credito (o peggio i mercati). La sua dinamica potrebbe divenire un
test per l’adeguatezza dei tassi reali.
7
UniCredit Banca Mobiliare
GLI SCENARI ECONOMICI
“Because monetary
policy works with
a lag” (Greenspan)
Si apre quindi un periodo importante per la politica monetaria perché, come avevamo accennato nel numero
scorso, anche accettando gli effetti permanenti della “distruzione creativa” in atto, con il passaggio ad
attività maggiormente capital-intensive o gli effetti distensivi di un surplus di bilancio, i tassi dovranno
comunque iniziare a mostrare qualche effetto sugli aggregati dopo gli usuali 9-12 mesi di lag, altrimenti il
riassorbimento dell’output-gap non potrà avvenire in modo soft, come nel nostro scenario.
Le componenti interne della domanda al vaglio dell’effetto tassi
Già il primo trimestre darà poche soddisfazioni a chi si aspetta una certa regolarità delle serie storiche
economiche (le nostre anticipazioni sono per un 1,2% t/t equivalente al 4,9% sul primo trimestre ‘99). Con
quali conseguenze? Ci sono novità nella composizione della crescita americana e quanto la politica monetaria potrà continuare a essere gradualista di fronte a dati ancora forti?
Domanda interna
ancora trainante e
deficit commerciale a
nuovi massimi
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L’elemento dominante della domanda interna rimane la crescita dei consumi, rivista periodicamente al rialzo
anche nelle stime di consenso, oggi al 4,5%. Benché esplicitamente dichiarato da più esponenti del Board
della Fed e dallo stesso Chairman non essere oggetto di riferimento per la politica monetaria, il livello
dell’equity market continua a essere un osservatorio importante per la formazione delle aspettative da parte
dei consumatori e quindi una determinante significativa degli spostamenti del reddito permanente.
Se la scorsa estate il gap tra crescita dei redditi reali e dei consumi era, ironicamente, “in procinto di
chiudersi”, l’attuale posizione merita alcune considerazioni non tanto sulla sostenibilità, quanto sulla possibilità che si normalizzi senza particolari scossoni dei mercati finanziari, che renderebbero problematica non
solo la gestione della “leva interna” dell’economia (forte calo della confidence, contrazione della preferenza
per il rischio, ulteriore calo del mercato per eccesso di offerta), ma anche di quella estera (vere e proprie
fughe di capitali), presupposto di una crisi di più ampia portata.
GLI SCENARI ECONOMICI
Continua ad ampliarsi il gap tra crescita dei consumi e del reddito
Finora, infatti, al calo del mercato dei titoli tecnologici ha fatto riscontro un rialzo degli indici tradizionali (DJI
e SP500), tanto che l’indice Wilshire 5000, che rappresenta sostanzialmente l’universo investibile americano,
è ancora vicino ai livelli di inizio anno. Questo rappresenta un’importante indicazione di “appetito per il
rischio” che sostiene l’attuale attesa di reddito e, alla fine del processo, lascia il dollaro invariato. Tuttavia
l’evidenza empirica mostra che se nel lungo periodo consumi e redditi sono cointegrati (con un coefficiente
statisticamente non diverso dall’unità), nel breve altre variabili concorrono a determinarne la dinamica
intorno al trend di fondo e, tra queste, avevamo segnalato in precedenza la significatività di indicatori legati
alla borsa. La separazione degli effetti porta comunque a concludere che solo in presenza di shock il ritorno
dei consumi lungo la linea segnata dalla crescita del reddito personale si osserverebbe nell’arco di pochi
trimestri. Due sono le conseguenze immediate: a) i consumi hanno ancora tanto spazio quanto la solidità
della ricchezza aggregata prodotta (in % del reddito disponibile) di cui gli indici di borsa sono solo la proxy.
Per l’anno in corso gioca eventualmente a favore l’effetto statistico con il ‘99, che penalizza il livello attuale
dei corsi.
In assenza di shock
significativi gli effetti
di breve periodo
dominano il trend
Wall Street stabile potrebbe contribuire a frenare l’entusiasmo, ma non a spegnere
l’ottimismo
Tuttavia vale la pena ricordare le parole di Greenspan all’ultima testimonianza semestrale: “… domestic
demand, which continues to be buoyed by the lagged effects of increases in stock market valuations”. Se ne
deriva che, per aumentare significativamente la propensione al risparmio, sarebbe necessario uno shock con
effetti prolungati sul livello delle quotazioni che sul fronte macroeconomico continuano a controbilanciare
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GLI SCENARI ECONOMICI
UniCredit Banca Mobiliare
l’effetto restrittivo dei tassi di interesse. Ci attendiamo quindi una crescita dei consumi vicina al 4,8% dal
precedente 4,5%.
Difficile una correzione
del deficit senza un
miglioramento deciso
della domanda estera
Veniamo al secondo punto (b) “Incrementi nei prezzi delle azioni e nel valore di mercato delle attività
possedute dalle famiglie stanno creando potere d’acquisto addizionale per il quale non sono stati ancora
prodotti beni e servizi”. L’insistenza con cui la Fed dichiara la scarsità di beni nazionali e i continui minimi nel
rapporto scorte/vendite ci ha necessariamente portato ad aumentare la crescita delle importazioni rispetto
alle previsioni di gennaio a un tasso dell’11% nel 2000, come sostanzialmente si è visto nel ‘99. Il miglioramento del deficit commerciale non è nelle carte dunque, e nei prossimi mesi l’Amministrazione americana
dovrà imparare a convivere con oltre 400 miliardi di dollari di sbilancio, generati da una domanda interna che
non trova soddisfazione nella produzione domestica.
Se si considera poi che il deficit corrente è ormai il 4% del GDP, è più verosimile ipotizzare che il correttivo
arriverà da un calo dell’import o attraverso la rinomata ripresa dell’economia globale ex-Usa, che al momento non sembra sufficiente? L’innalzamento dei livelli della componente export del Napm ci aveva infatti
portato a sopravvalutare l’andamento dell’export durante il secondo semestre ‘99 e la sostanziale stabilità
degli ultimi mesi non anticipa grande vivacità da parte dei paesi partner. Tuttavia, a giudicare dalle nostre
stime, quest’ultima opzione rimane un elemento chiave per una “soluzione di breve periodo” al deficit per
due differenti motivi: l’estrema dominanza degli effetti “quantità” rispetto agli effetti “prezzo” sull’export
americano e, in misura non meno importante, l’elemento strutturale a cui è fondamentalmente legata
l’accelerazione del deficit di partite correnti dell’ultimo quinquennio.
La crisi asiatica ha
generato 150 miliardi
di dollari di maggiore
deficit commerciale
in due anni
Attraverso un modello di previsione delle voci che compongono il GDP americano abbiamo simulato gli
effetti sull’export nel biennio ‘98-‘99 di uno scenario alternativo al vero e proprio crollo dei volumi esportati
dopo la crisi asiatica. Lo scopo non è quello di stimare simbolicamente il percorso alternativo del made in
Usa, quanto quello di circoscrivere gli effetti congiunturali dall’attuale saldo negativo. La simulazione acquista ancora maggior valore se si considera che lo scorso anno, superate le due crisi finanziarie, la ripresa
dell’export verso il Canada, Messico e l’Asia ex-Japan furono contrastate proprio dalla debolezza della
domanda europea e giapponese, ancora deboli rispetto alle medie di lungo periodo.
I risultati della simulazione indicano che, a fronte di una domanda estera crescente a tassi simili a quelli ante
crisi1, la deviazione dell’export dal profilo effettivo sarebbe stata del 10% tra il ‘98 e il ‘99. Il deficit
commerciale avrebbe toccato il livello minimo di 230 mld alla fine dello scorso anno contro i 344 effettivi. In
tutto questo, profili alternativi del dollaro forniscono risultati marginalmente differenti.
La stima degli effetti della crisi asiatica rivela l’importanza della domanda estera nel
recupero del deficit ...
1
10
Dinamica stimata in modo neutrale attraverso un modello ARIMA su dati trimestrali
GLI SCENARI ECONOMICI
In una gestione di breve periodo dello sbilancio corrente si tratta di attendere che i mancati guadagni in
termini di domanda si facciano sentire per recuperare posizioni perdute. Tuttavia, a causa della lentezza del
Giappone e dell’Europa, il recupero sarà inferiore alla magnitudine indicata come necessaria dal modello
specificato. Questo risponde in parte al problema della pazienza della Fed: oltre ai motivi legati al massimo
sfruttamento della produttività in aumento, una politica monetaria gradualista minimizza il rischio di generare una fuga dalle attività in dollari e contribuisce a finanziare l’economia almeno fino a quando la valvola
di sicurezza dell’export non divenga affidabile.
Parallelamente è necessario considerare anche un secondo aspetto, decisamente strutturale e relativo alle
relazioni di lungo periodo. La sensibile accelerazione del deficit corrente a partire dal ‘97 è proprio lo
specchio di un fattore riconducibile, in senso più ampio, agli effetti strutturali che può esercitare uno shock
di produttività in un modello del ciclo reale.
L’aspetto strutturale
del deficit corrente
sottolinea la necessità
della ripresa della
domanda estera
... ma i fondamentali della Nuova economia rendono più complesso il recupero
Come si può osservare nel grafico, la relazione di lungo periodo tra investimenti e deficit corrente si è
modificata come diretta conseguenza dello shock di produttività che, modificando sensibilmente la percezione del rapporto tra reddito permanente e corrente, ha di conseguenza compresso i livello del risparmio.
A parità di crescita della domanda estera, il recupero della posizione debitoria diviene strutturalmente più
complesso.
Come si evidenzia dai dati mensili disponibili, gli investimenti residenziali esitano ancora a dare segnali di
ridimensionamento, alternando a dati deboli vistose riprese. Sia sul fronte dell’attività reale che su quello
del finanziamento, infatti, non si sono notati sensibili arretramenti della propensione alla spesa tanto da far
pensare a una decisa contrazione. Solo l’indice di rifinanziamento dei mutui è a livelli molto bassi, ma la
correlazione con le aspettative sui movimenti dei tassi a breve (qui approssimata dalla pendenza tra tasso
swap a due anni e tasso interbancario a tre mesi) fanno pensare ormai a un punto di minimo, solitamente
aiutato con ulteriori switch tra mutui a tasso fisso e variabile. Le conseguenze per la voce di contabilità
nazionale sono di ridimensionamento della contrazione inizialmente stimata per il 2000 con un leggero
effetto positivo sul GDP.
Investimenti: meglio
del previsto nel 2000
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GLI SCENARI ECONOMICI
UniCredit Banca Mobiliare
Le attese sui tassi devono rimanere crescenti per contrastare la domanda di credito
Rimane immutato lo
scenario dell’inflazione
Il primo trimestre 2000 si è dimostrato migliore delle attese, almeno per i dati del core-index, mentre il dato
grezzo ha riportato gli effetti del forte aumento dei prezzi del petrolio. Su quest’ultimo confermiamo il
nostro scenario di progressiva discesa dei prezzi: l’eccesso di domanda formatosi a seguito dello stop alla
produzione si riassorbirà a breve, al netto delle usuali tensioni stagionali e della ricostituzione delle scorte.
Le nostre precedenti stime sul CPI, basate su un prezzo medio del Brent nel 2000 a 22 dollari circa contro i
24,2 dollari attuali, non vengono modificate nella sostanza (2,7% nel 2000 e 2,2% nel 2001). Anche considerando le sorprese sulla produttività e la recente fiducia di Greenspan sulla “strutturalità” di questo fenomeno, nel breve rimangono ancora alti i rischi di “deviazione” dallo scenario base, come segnalato nello scorso
numero de Gli Scenari Economici.
America Latina
Brasile
Gli investimenti e
la domanda estera
trascinano il Pil
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Var. % a/a
1997
1998
1999
2000P
2001P
Pil
Inflazione
3,6
4,8
-0,1
-1,8
0,8
8,6
3,0
6,0
3,5
5,5
L’economia brasiliana ha ormai intrapreso un percorso in piena ascesa, soprattutto grazie alla forte accelerazione del settore industriale. Negli ultimi mesi dello scorso anno, l’incremento della domanda estera ha
aiutato l’industria a recuperare il terreno perso nel periodo di crisi, contribuendo così significativamente alla
variazione tendenziale del Pil nel quarto trimestre del ’99 (3,1%). Abbiamo stimato che la crescita si attesterà al 3.0% nel 2000 (3,5% le previsioni per il 2001) e che le maggiori spinte arriveranno dal settore degli
investimenti, favorito da tassi di interesse ormai su livelli sufficientemente bassi. Minor vigore verrà invece
dai consumi privati, comunque in crescita rispetto al ‘99.
Sul fronte della domanda estera, il recupero delle esportazioni avviato dalla svalutazione del cambio dell’anno scorso, continuerà soprattutto nel settore manifatturiero e dei semilavorati. Ci attendiamo che tale
evoluzione non dipenda solo dalla “forza” permanente degli Stati Uniti (22% delle esportazioni totali), ma
anche dal recupero dell’Argentina (che copre invece una quota dell’11%). Con il netto miglioramento dell’export e una dinamica dell’import che prevediamo più contenuta, la bilancia commerciale si porterà in
surplus entro fine anno, dall’attuale saldo negativo (-434 milioni di Usd al quarto trimestre ‘99).
GLI SCENARI ECONOMICI
Durante l’anno torna positivo il saldo commerciale
L’inflazione, dato lo scenario che vede i prezzi del petrolio in lento e graduale rallentamento, si manterrà
attorno al target del 6,0% a fine anno. Questa situazione permetterà alla Banca Centrale di riprendere la
politica monetaria espansiva interrotta dalla seconda metà dell’anno passato.
Argentina
Var. % a/a
1997
1998
1999
2000P
2001P
Pil
Inflazione
8,1
0,3
3,9
0,7
-3,2
-1,9
3,0
0,3
5,0
0,5
Prosegue il recupero dell’economia argentina: le stime governative sono di un tasso di crescita nel 2000 pari
al 4,0%. Questa previsione ci sembra eccessivamente ottimistica. Considerate le prospettive esclusivamente
domestiche, infatti, non riteniamo che il Pil possa crescere nel 2000 a un tasso superiore al 3%. L’Argentina,
infatti, è un Paese caratterizzato da un basso grado di apertura all’estero, dato che la domanda interna copre
quasi il 90% del prodotto totale. Di conseguenza, l’effetto positivo dell’incremento delle esportazioni (che
prevediamo pari a circa il 12% nel 2000) ha un’influenza limitata rispetto ad altri Paesi dell’America Latina.
Come accennato in precedenza la domanda interna è ancora debole (la crescita dei consumi privati non
supererà il 2,0% durante l’anno in corso) tuttavia, sulla base degli ultimi dati relativi alla produzione industriale (9,0% l’incremento tendenziale di dicembre, 3,2% e 3,3% quelli di gennaio e febbraio) possiamo
esprimere un moderato ottimismo sulle prospettive di crescita.
Il recupero
della domanda estera
non basta a garantire
un’economia forte
Tasso di inflazione nuovamente positivo nella seconda metà dell’anno
C.P. (var % a/a)
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GLI SCENARI ECONOMICI
UniCredit Banca Mobiliare
Le variazioni dell’indice dei prezzi al consumo negli ultimi mesi sono state negative (ad eccezione del mese
di gennaio in cui l’inflazione è stata pari allo 0,7%), ma crediamo che entro fine anno il tasso di inflazione sarà
positivo (0,3%), grazie anche al recupero del trend di fondo dell’economia.
Messico
La forte accelerazione
della domanda interna
alimenta la crescita
Var. % a/a
1997
1998
1999
2000P
2001P
Pil
Inflazione
6,8
15,7
4,8
18,6
3,7
12,3
4,6
10,5
4,0
9,6
Dopo gli ultimi dati di crescita (5,2% l’aumento del Pil nel quarto trimestre del ’99) riteniamo che sia
opportuno rivedere al rialzo le previsioni per l’anno in corso passando dal 4,0% al 4,6%. La revisione delle
stime può essere sostanzialmente attribuita a una forte accelerazione della domanda interna: i consumi
privati infatti aumenteranno quasi del 6,0%. Ad alimentare la domanda interna è soprattutto l’ulteriore
declino dei tassi di interesse che consentirà anche la ripresa degli investimenti, quest’anno previsti in
crescita a un tasso superiore al 10%. Come nel ‘99 la ripresa dell’economia giungerà in buona parte dalla
domanda americana, che copre circa il 75% dell’export totale.
Accelera la domanda interna
Il miglioramento della domanda aggregata non dovrebbe incidere in modo pericoloso sulla dinamica dei
prezzi: l’inflazione si manterrà su livelli intorno al 10%, soprattutto grazie al miglioramento della valuta
messicana che contribuirà in modo rilevante a mantenere bassi i prezzi all’importazione. Il profilo cedente
dei prezzi al consumo sarà un importante presupposto per una politica monetaria prociclica anche nel 2000.
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