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STORIA DELL’ARTE MODERNA
(MONOGRAFICO II SEMESTRE A.A. 2010-11 E 14-15)
PROF. EDOARDO VILLATA
A.A. 2010-11 e 14-15
Università Cattolica del Sacro Cuore - Facoltà di Lettere e Filosofia
Introduzione
Il corso di Storia dell’arte moderna, per tutti gli studenti triennali della facoltà di Lettere e filosofia e
dell’interfacoltà con Economia, è tenuto dal professor Edoardo Villata. Il secondo semestre sia
dell’a.a. 2010-11, sia dell’a.a. 2014-15, cioè il corso monografico, ha avuto per tema Leonardo da
Vinci. La bibliografia prevede: 1) Appunti delle lezioni; 2) una serie di saggi, come indicati nel
programma. Nella presente dispensa sono riportati in maniera esauriente e completa tutti gli appunti
delle lezioni, già integrati, negli appositi luoghi, con i sunti dei saggi sopraindicati, che completano la
spiegazione delle opere artistiche prese in esame. Questa dispensa contiene quindi tutto ciò che c’è da
sapere per l'esame, serve soltanto mandare una mail a [email protected] per poter avere le
immagini del corso (cui fanno riferimento i numeri presenti nel testo), non altrimenti acquistabili in
fotocopisteria. La dispensa non contiene invece il sunto del saggio E. Villata, Leonardo plasticatore tra
Firenze e Milano, richiesto soltanto agli studenti dell’a.a. 2014-15, i cui estremi si trovano sul programma.
All’esame interroga il professor Villata in persona, che è molto disponibile e lascia sovente partire con
un argomento a piacere, quindi si invita ad uno studio buono e completo dei contenuti del corso,
peraltro molto semplice e breve.
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Analisi biografico-teorica
- Leonardo è figlio del notaio ser Piero e della contadina Caterina, e nasce a Vinci o ad Anchiano il
15/4/1452. È figlio illegittimo, infatti Piero si sposa altre cinque volte e dà a Leonardo molti fratelli e
sorelle. Ai figli legittimi, che avrà solo più tardi negli altri matrimoni, vuole riservare gli studi di
notariato, allora a Leonardo concede di entrare nella bottega di Andrea del Verrocchio, illustre scultore
ed orafo in Firenze, dato che il giovane dimostra spiccate propensioni all’arte. Infatti nel 1463-65
probabilmente approda a Firenze.
- Lì ha compiti umili, quali spese e pulizie, poi apprende come mescolare i colori, farli rapprendere con
olio di lino o uovo, lavorare i metalli e la creta, fare calcoli architettonici, copiare i modelli antichi,
insomma “tecnica”. Solo in seguito agli apprendisti è concesso il lavoro diretto, la “pratica”, partendo
da disegni che i fanciulli realizzano assieme. Leonardo come garzone dev’essersi specializzato in
dettagli fiamminghi. Nella stessa bottega sono collaboratori di Verrocchio Botticelli, Perugino e
Ghirlandaio, invece sono compagni di Leonardo Lorenzo di Credi e Gian Francesco Rustici.
- Nel 1469 i documenti attestano che Ser Piero riconosce Leonardo nella sua famiglia, ma solo per
poter pagare meno tasse. Infatti la famiglia tutta si trasferisce a Firenze ed il padre, ser Piero, diviene
notaio presso i Medici.
- Leonardo diviene maestro autonomo nel 1472, iscrivendosi alla Compagnia dei Pittori di San Luca,
ma continua la collaborazione interna alla bottega del Verrocchio, pur di avere abitazione nello studio,
insegnamenti e materiali gratuiti. Celebre è nel 1475 un perduto cartone per una portiera di seta per il
re di Portogallo, con “Adamo ed eva nell’eden”, che Verrocchio sembra commissionare a Leonardo,
secondo Vasari, che crea una varietà di fiori naturalistica e dettagliata; purtroppo è perduto.
- Documento del 1476 è una denuncia, poi assolta, anonima per atti di sodomia (si pensa sia
omosessuale), assieme ad altri pittori ed a Lionardo Tornabuoni, in cui è coinvolto Leonardo, che si
dice “sta” nella bottega del Verrocchio, forse sono amanti (un disegno strappato agli Uffizi di
Leonardo con teste di donna giovane e vecchia, ha l’iscrizione “Fioravante di Domenico di Compagni
in Pistoia, amatissimo...”, che fanno intendere Leonardo omosessuale, ma in realtà amatissimo è una
forma epistolografa dell’epoca, scritta a dei prestasoldi).
- Sicuramente è a contatto colla corte medicea, mentre lavora in Firenze a molti progetti e molti dipinti
per molti committenti. A Firenze l’arte è politica, dunque per essere artisti apprezzati bisogna avere
committenti potenti, seguaci, copiare temi specifici. Nella cerchia di Leo si hanno a Firenze: Tommaso
Masini da Peretola, detto Zoroastro (per la sua passione della necromanzia).
- Però Lorenzo de’ Medici, nella politica di riconciliazione con Milano (anche col papa, dove manda
Verrocchio a realizzare la tomba di Sisto IV, ed anche a Venezia, dove manda Verrocchio a realizzare
il monumento equestre a Bartolomeo Colleoni, o a Napoli dove manda Antonio Rossellino), manda
invece Leonardo a Milano, come un personaggio d’immagine e non un occasionale artista, sigillo del
prestigio culturale di Firenze. La lettera di presentazione, forse mai spedita però, di Leonardo a
Ludovico il Moro (nel codice atlantico), è elogiativa nei suoi confronti, ed afferma come Leonardo si
farà apprezzare, offrendo le sue macchine, la sua ingegneria militare e civile, il suo genio, persino un
monumento equestre al Moro. Già nell’autunno 1482 è a Milano. Potrebbe esserci andato insieme al
poligrafo e mercante Benedetto Dèi, a cui indirizzerà delle lettere fittizie in una specie di
protoromanzo che racconta l’apparizione di un mostro in Siria. Oppure, teoria insicura, assieme alla
sua lira d’argento a forma di teschio di cavallo, Leonardo va come musicista a Milano, e vince una
gara di musica sforzesca. Sicuramente ci va assieme ad un vero musicista, Altlante Migliorati. Lo
accompagna il fido allievo Zoroastro.
- A Milano lavora per Gian Galeazzo Maria Sforza, di cui è reggente Ludovico il Moro sino al 1494,
anno della morte del primo. Nella cerchia di Leonardo si hanno negli anni ottanta a Milano: Boltraffio,
Marco d’Oggiono e Gian Giacomo Caprotti, soprannominato Salai (nome di un diavolo del
“Morgante”) per la sua furberia (il suo prediletto). Forse accoglie persino sua madre, una certa
“Catelina”.
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- Nel 1487 elabora un modello ligneo per il tiburio del duomo di Milano, concorso che sarà vinto
dall’Amadeo.
- Nel 1489 Gian Galeazzo Maria Sforza sposa Isabella d’Aragona, ma morendo la madre di questa, le
nozze si celebrano l’anno successivo, ed alla sacra rappresentazione (teatrale) di Bernardo Bellincioni
Leonardo collabora progettando il set dello sfondo. È la celebre “festa del paradiso”, dove Milano è
tutta ornata per le nozze.
- A Milano lavora inoltre come ingegnere civile. È inoltre incaricato di stendere “ventiquattro storie
romane” al castello di porta Giovia a Milano, che non si sa se venne mai realizzata.
- Nel 1490 è a Pavia assieme all’Amedeo ed al Martini per un consulto sul duomo.
- Nel 1498 il Moro gli dona con un atto notarile una vigna nei pressi di S Maria delle Grazie.
- Luigi XII continua la guerra all’Italia iniziata nel 1494 dal predecessore Carlo VIII, morto nel 1498,
dunque muove guerra a Milano in quanto si ritiene legittimo successore: il condottiero filofrancese
Trivulzio spodesta Ludovico nel 1499, allora Leonardo scappa tra Mantova (1499) presso Isabella
d’Este, Venezia (1500), dove dispensa consigli per la protezione della città dai Turchi. Dato che
Leonardo è un traditore, scappa dalle ire di Ludovico il Moro quando questi riprende potere perché
chiede appello a Massimiliano, imperatore asburgico, che lo aiuta a tentare di riconquistare il ducato
nel 1500, ma fallisce e Ludovico è risconfitto, imprigionato in Francia, dove morrà. È probabilmente a
Roma e Tivoli per un brevissimo soggiorno nel 1501.
- Nel 1501 è a Firenze, orma repubblica senza de’ Medici, dove lavora come pittore.
- Nel 1502-03 Leonardo è assoldato da Cesare Borgia in veste di architetto e ingegnere militare. Il
figlio di papa Alessandro VI, detto "il Valentino", è uno dei tiranni più feroci del momento ed occupa
Leonardo in mansioni legate alle continue campagne militari, come rilevare e aggiornare le
fortificazioni delle città di Romagna conquistate, mettere a punto armi, un nuovo tipo di polvere da
sparo, macchine volanti e strumenti per la guerra sottomarina.
- Nel 1503 è ancora a Firenze, per altri lavori pittorili, ma non solo: conosciuto Machiavelli, con
l’amico comune Valentino, si dedica a deviare l’Arno con scopi bellici contro Pisa, ma l’operazione è
troppo costosa.
- Nel 1506 torna a Milano per pochi mesi per completare lavori di pittura (col De Predis alla Vergine
delle Rocce), ma i Francesi chiedono proroghe alla permanenza di Leonardo, i Fiorentini prima
dissentono, poi interviene Charles d’Amboise, governatore francese di Milano in persona, nel 1507, ed
allora Leonardo rimane a Milano nel suo secondo soggiorno milanese, dal 1508 al 1513. Rientra
brevemente a Firenze solo a chiarire questioni sull’eredità con fratellastri e sorellastre.
- Nella cerchia di Leo si hanno dopo i soggiorni del primo Cinquecento: il milanese GiovanFrancesco
de’ Melzi ed il milanese Agostino Busti, detto il Bambaia (per la sua goffaggine e babbaggine), ed il
Salai.
- Viaggio a Roma di Leonardo nel 1513-16 con il Melzi, Salai e Bambaia. È ospite di Giuliano de’
Medici, fratello di Papa Leone X. In tale occasione Leonardo, più che ammirare i classici dell’antichità
(di cui era già a conoscenza grazie ad un manuale delle antichità romane) o le stanze di Raffaello o le
pareti della Sistina, si concentra su studi di animali e fossili, passeggiando per i colli di Roma.
Bambaia è curiosissimo dei classici antichi e li indaga e li scarabocchia (ora a Berlino), specie i nudi, i
capitelli, l’arco di Costantino, ma non Raffaello e Michelangelo, che sono seguiti da un altro
leonardesco a Roma, Cesare da Sesto. Salai giocava tra i ruderi. Melzi, serioso, segue il maestro
incomprensibilmente. Si occupa anche di ingegneria civile, prosciugando le paludi pontine e
prendendo misure di alcune chiese romane per il papa.
- Nel 1517 è costretto a cedere alle pressioni di re Francesco I di Francia, sia per politica sia per
l’enorme riconoscimento e denaro che gli daranno: dunque si trasferisce ad Amboise, presso il castello
di Cloux-Lucè, dove è primo ingegnere, pittore ed architetto del re. Riceve nel 1517 la visita del
cardinale Luigi d’Aragona, nel cui diario si annota che intravide nei dipinti il San Giovanni, la
Sant’Anna ed una donna, la Gioconda.
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- Il soggiorno francese 1517-19 lo vede progettista per un palazzetto per la madre di Francesco I, e ne
approfitta per riposo e conclusioni dei suoi studi, sottotono per la vecchiaia ed una trombosi che gli
paralizza la mano. Muore il 2/5/1519, ed i suoi testamento vede un sacco di opere date già a Salai, che
vende ai Francesi, e tutti i suoi scritti al Melzi. È sepolto nel castello di Amboise.
- Leonardo e Michelangelo non sono in buoni rapporti, per dissidi di carattere, di pittura e di età.
Leonardo condanna gli “eccessi anatomici e la retorica muscolare” che fanno parte dello stile
michelangiolesco, pur senza mai citare direttamente il rivale. Hanno una disputa sulla collocazione del
“David” michelangiolesco in Firenze nel 1504, simbolo dei valori repubblicani e cittadini, perché
Leonardo vorrebbe tenerlo in disparte. Probabilmente si odiano quando nel 1503 entrambi devono
affrescare il salone dei cinquecento nel palazzo della signoria, l’uno con la battaglia di Cascina, l’altro
colla battaglia di Anghiari.
- Leonardo è mancino (ma ha imparato ad usare anche la destra, dunque diviene ambidestro), scrive da
destra verso sinistra ed a grafia particolare, leggibile a specchio. Leonardo è in anticipo nella pratica
rispetto a ciò che teorizza nei manoscritti. I leonardisti mettono nella stessa epoca le teorie degli scritti
e le loro applicazioni nei dipinti, ma in realtà teorizza successivamente ciò che ha pitturato, infatti
afferma “prima la sperienza, poi la ragione”, ed adotta la tecnica del “componimento inculto”, ossia
non definitivo ed ancora in sviluppo. Tra le teorie più note, la “prospettiva aerea”, la “spedizione”, la
teoria dei “moti mentali”, e quella che definirà Vasari come “immagini terribilmente cacciate di
scuro”, l’ambientazione “a lume universale”, infine lo “sfumato”. Prospettiva aerea: l’aria è reale,
anche se invisibile, è “l’aria grossa”, dunque tanto più è lontano l’oggetto, tanta più aria si vede;
essendo essa azzurra per i raggi del Sole, tanto più si è distanti, tanto più gli oggetti cambiano colore,
deviando sull’azzurrino. Prospettiva di spedizione: tanto più si è lontani, tanto meno sono definiti i
contorni. I moti mentali sono la psicologia dei personaggi che si somatizza nelle loro azioni, non tanto
nei gesti quanto negli sguardi e nelle espressioni. L’accenno del vasari indica il netto contrasto tra lo
sfondo scuro ed il personaggio dipinto, insomma una facilitazione nel dipingere e nella
compenetrazione. L’idea a lume universale è successiva, a sfondo complesso e paesistico, ed indica la
pittura col fondale all’aperto, e prelude al Cinquecento. Lo sfumato è la perdita di definizione, è
l’avvolgimento atmosferico, è la sintesi dei suoi studi scientifici della natura attraverso l’arte: usava i
polpastrelli, non i pennelli, per compenetrare colori ed oggetti.
- Negli ultimi anni aveva la destra paralizzata, dunque in alcune opere tarde del periodo francese si fa
aiutare.
- Tra le occupazioni di Leonardo:
1) Anatomia, specie d’inverno così la decomposizione dei corpi che dissezionava all’obitorio era
minore. Gli piacciono la scultura scheletrica, quasi un’architettura: c’è osmosi tra le arti.
2) Volo degli uccelli e di volo in generale: è leggenda l'episodio di un suo tentativo fallito dalla collina
di Fiesole, e sono famose le sue macchine pseudovolanti per Cesare Borgia, il Valentino. Una parte
degli scritti è un codice sugli uccelli.
3) Balistica, armi, cannoni e mitraglie.
4) Ingegneria civile, come difesa delle città (Venezia, Firenze) con bastioni, spostamento di fiumi
(Firenze), prosciugo di paludi (Roma).
5) Ottica, riflesso, luce luministica, concezioni assai affini alla pittura.
6) Musica, è celebre per la lira d’argento a forma di scheletro di Cavallo, forse con quel pretesto si reca
a Milano.
7) Storielle e grammatica, più per curiosità che altro, dato ch’è “omo sanza lettere”, ignaro del latino,
che prova ad imparare con studio intensissimo, ma non conoscerà mai come un uomo di lettere,
riuscendo solo in forma superficiale, e comunque è appassionato sulla scia appunto del petrarchismo.
8) Architettura e geometria e matematica: l’algebra non è il suo forte, in quanto tra gli appunti continua
a sbagliare operazioni algebriche, eppure si impegna molto ed ottiene buoni risultati. Studia anche
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Vitruvio, il “De Architectura” da poco scoperto, e le reali misure dell’uomo, come nel disegno
dell’“Uomo Vitruviano”, dove tenta di quadrare il cerchio.
9) Botanica e geologia.
- Leo affida tutti gli appunti ed i disegni al Melzi, che l’ha accompagnato in Francia, ma i discendenti
di questi furono confusionari: molte carte andarono allo scultore Pompeo Leoni che elaborò il Codice
Atlantico, altri finirono nel Seicento nella biblioteca Ambrosiana, dove le razzie dei Francesi
nell’Ottocento li portarono all’Istitute De France. Altri furti del Seicento fanno riapparire codici alla
Trivulziana di Milano ed alla biblioteca Reale di Torino. Molti famosissimi scritti sono nella Royal
Library di Londra, collezione Windsor. Solo nel Novecento sono spuntati due codici autografi alla
Nazionale di Madrid.
- Il “Libro O Trattato Della Pittura”, probabilmente dell’allievo Francesco Melzi, è conservato come
manoscritto nel codice Urbinate 1270 della Biblioteca Apostolica Vaticana, e contiene moltissimi,
quasi tutti quelli importanti, scritti leonardeschi rielaborati.
- In un passo del Codice Atlantico appare il celebre “elenco di libri” di cui Leo era in possesso a
Milano alla fine del Quattrocento, una specie di biblioteca ambulante in miniatura. È una casuale e
spontanea miscitanza di autori, generi e temi, equamente docile a scritti letterari, storici e scientifici,
ma tutti libri, mai manoscritti, e quasi tutti volgari, pochi latini, dato che a stento ne capiva in
superficie. Tra di essi: ‘Pistole del Filelfo, Facezie di Bracciolini, De Re Militari di Valturio, il
volgarizzamento di Plinio il Vecchio dell’“Historia Naturalis” del Landino, ed un certo “De
Immortalitò d’Anima” identificato con la Teologia Platonica di Ficino (anche se è improbabile
l’esperienza neoplatonica in Leonardo), anche Burchiello, l’Acerba di Cecco d’Ascoli, Poliziano
(probabilmente si conoscevano, entrambi omosessuali), Intercenali di Alberti, ma soprattutto Dante
(tante citazioni di Versi, forse una probabile Matelda è il 283bis), Petrarca (se proprio fosse poeta
sarebbe un petrarchista, anche se accusa spesso Bellincioni di eccessivo petrarchismo) e Boccaccio
(alcune citazioni)... sembra insomma un toscano di media cultura vissuto nel Quattrocento, che ha
pochi gusti per l’antico, ma buoni, e soprattutto adora la poesia popolare toscana del tre-quattrocento.
Si noti che il Salai, nome d’arte dato da Leo al suo allievo milanese assai furbo, si rifà ad un diavolo
del “Morgante”.
- Lomazzo e Vasari riportano Leonardo già come genio poliedrico alla rinascimentale, dunque anche
musico, cosa nota ed abbastanza certa, ma soprattutto poeta... però non ne rimangono tracce, ed è
impossibile che i due si riferissero agli scritti di Leonardo, perché già all’epoca prosa e poesia erano
nettamente distinte, dunque “poeta” indicava necessariamente delle rime. In un celebre foglio Windsor
sono allineate alcune citazioni poetiche, da Dante e Petrarca, che sono riportate uguali nell’ordine e
nella forma in un manoscritto antonelliano: è probabile che come fonte comune ci sia uno zibaldone
anonimo, che testimonia che o in Leonardo o nella sua cerchia era diffusa la letteratura.
- Nel 1490 segna sulle carte di iniziare un libro sull’arte, probabilmente volendo teorizzare il suo
metodo pittorico, cosa che non farà mai.
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La vita di Leonardo secondo le “Vite” di Giorgio Vasari
La vita di “Lionardo” lo introduce come un personaggi nato sotto un buon influsso stellare, divino,
molto bello in corpo ed aggraziato nei movimenti. Genio poliedrico, si interessa a molte cose ma poi le
abbandona. Gli attribuisce la musica e la poesia, il disegno fin da piccolo, tanto che il padre Piero lo
manda dal Verrocchio in Firenze. Si occupa soprattutto di pittura, ma non disdegna progetti di scultura
ed architettura. Ama cavalli ed uccelli. Stima più il suo esser filosofo che l’esser cristiano. Gli si
attribuisce l’angelo del “Battesimo” del Verrocchio, che s’altera per la sua troppa bellezza. Ricorda
l’aneddoto d’una rotella di un contadino che Leo trasforma in opera d’arte modellata e dipinta, così il
padre la vende anziché ridarla al proprietario. Poi racconta del suo trasferimento agli Sforza, in virtù
del suo esser musico dalla lira d’argento e gran rimatore. In Milano compie la “Vergine delle Rocce”
ed il “Cenacolo”, ed assume Salaì. Il re di Francia lo nota e per lui disegna un leone gigliato. Dopo
alcuni travagli si reca in molte città, tra cui Firenze, dove comincia una “Sant’Anna” con un
Giovannino ed un agnello (errore di Vasari), e la “Mona Lisa”, ed infine accenna alla preparazione
della “Battaglia di Anghiari”. Poi narra di un viaggio a Roma con Giuliano de’ Medici, presso il papa.
Racconta l’astio tra lui e Michelangelo. Si trasferisce in Francia presso il re, che lo adotta come primo
pittore ed architetto. Ricorda infine il suo intervento solo consiliare nella “Decollazione” del Rustici.
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