Lezioni di storia della matematica (Versione - CIMM

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Lezioni di storia della matematica
(Versione preliminare, 2003 -2004)
Massimo Galuzzi1
4 dicembre 2003
1 e-mail:
[email protected]
2
Indice
1 Introduzione
1.1 Le coordinate cartesiane . . . . . . . .
1.2 Gli enti geometrici fondamentali . . . .
1.2.1 L’equazione della retta . . . . .
1.2.2 L’equazione della circonferenza
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5
6
6
8
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11
12
13
13
13
Descartes e le coordinate
3.1 Il problema di Pappo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
3.2 Euclide come presupposto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
3.3 Un esempio: dal cerchio ad Euclide . . . . . . . . . . . . . . .
17
19
23
24
2 Qualche osservazione sugli
2.1 Assiomi mancanti . . . .
2.2 Dimostrazioni difettose .
2.3 Ridondanza . . . . . . .
2.4 Rapporti e proporzioni .
3
Elementi
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4 Qualche osservazione sulle Grundlagen
4.1 Assiomi di incidenza . . . . . . . . . . . . . . .
4.2 Assiomi d’ordine . . . . . . . . . . . . . . . . .
4.3 Assiomi di congruenza . . . . . . . . . . . . . .
4.3.1 Conseguenze degli assiomi di congruenza
4.4 Assioma sulle parallele . . . . . . . . . . . . . .
4.5 Assiomi di continuità . . . . . . . . . . . . . . .
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27
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33
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36
36
5 Hilbert ed i grandi teoremi
39
5.1 Teoria delle proporzioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 39
5.1.1 Teorema di Talete . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 41
3
5.1.2 Un teorema sui sistemi di numeri . . . . . . . . . . . . 43
5.2 Calcolo di segmenti con il teorema di Desargues . . . . . . . . 44
5.2.1 Equazione della retta . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 47
6 L’Algebra Geometrica di Artin
4
49
Capitolo 1
Introduzione
1.1
Le coordinate cartesiane
In genere, le coordinate cartesiane sono presentate in questo modo. Si tracciano due rette perpendicolari ed orientate x, y. Per un punto P del piano
si conducono le parallele1 a queste rette.
Vengono cosı̀ individuati due punti Px , Py su queste rette e dunque due
segmenti OPx , OPy che sono le coordinate di P .
y
Py
O
6
P
-
Px
x
Figura 1.1: Le coordinate
Ogni punto del piano è ora individuato da una copia di numeri (o di
segmenti?) (x, y) e possiamo scrivere P = (x, y).
Lasciamo per un momento in sospeso la questione relativa alla natura
delle coordinate x, y. In genere, da queste premesse si trae la conclusione che
ogni punto del piano è individuato con precisione: ma non bisogna insistere
1
Parallele e non perpendicolari, anche se in questo caso coincidono.
5
troppo su questo punto. Si tratta di una constatazione ovvia, che, in quanto
tale, non ha un carattere matematicamente significativo.
Poniamoci ora il problema del significato di una espressione come
(1.1)
y = x + x2 .
Se x e y sono segmenti, occorre chiarire la natura delle operazioni che si
fanno sui segmenti. In particolare: cos’è il quadrato di un segmento? Come
possiamo sommarlo al segmento x?
Possiamo pensare che x indichi a sua volta un’area data dal prodotto di
x per il segmento unitario. Abbiamo allora il rettangolo x × 1 che deve essere
sommato al quadrato x × x. Si procede come suggerisce Euclide nel Libro I
degli Elementi (o nel libro VI).
Si tratta poi di discendere da un’area (sempre con l’aiuto del segmento
unitario) ad un segmento y.
Questo modo di procedere, interpretando il prodotto di due segmenti a, b
come un’area ed il prodotto di tre segmenti a, b, c come un volume, ritornando poi ad un singolo segmento con l’aiuto del segmento unitario, ha una
limitazione evidente. Rende molto complicato (ed ambiguo) valutare una
quantità come a4 . Abbiamo le due quantità a2 che dobbiamo trasformare in
segmenti o un segmento a ed un volume a3 ?
È però possibile, utilizzare il segmento unitario e le procedure del libro
VI degli Elementi per avere un calcolo sui segmenti.
Possiamo naturalmente anche pensare ad x e y nella (1.1) come a misure,
numeri reali. Resta però allora da spiegare come la retta sia il luogo adatto
per rappresentare i numeri reali (oltre alla √
necessità di spiegare i numeri reali
stessi). Che significa la (1.1) quando x = 2 + π?
1.2
Gli enti geometrici fondamentali
Abitualmente (e saggiamente) alla presentazione degli assi cartesiani e del
loro ruolo non si connette tutta la problematicità alle quale ho accennato
nella sezione 1.1. Si passa invece rapidamente ad introdurre le equazioni degli
enti geometrici fondamentali. Discutiamo brevemente di queste questioni.
1.2.1
L’equazione della retta
Limitiamoci alla retta per l’origine.
6
6
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........
........
...
........
P
........
.......
..........
O
....
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........
........
........
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........
........
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....
...
..
...
...
...
...
....
-
Q
Figura 1.2: La retta per l’origine
Il rapporto
PQ
QO
si mantiene costante al variare di P sulla retta (teorema di Talete). Poiché
P Q = y e OQ = x possiamo scrivere
(1.2)
y
= m.
x
Viceversa, se x e y verificano un’equazione del tipo (1.2), si sceglie un punto
P1 = (x1 , y1 ) e si mostra che la (1.2) rappresenta tutti e soli i punti della
retta OP1.
y1
di un punto
Poiché m nella (1.2) rappresenta un qualsiasi rapporto
x1
che appartiene alla retta, possiamo anche scrivere
y1
y
=
x1
x
od anche
(1.3)
xy1 = x1 y
ed interpretare dunque l’equazione in termini di prodotto di segmenti. Oppure possiamo introdurre la nozione di coefficiente angolare. . .
Comunque, molte nozioni geometriche (parallelismo, perpendicolarità,
fasci di rette parallele, ecc.) sono utilizzate liberamente per arrivare a scrivere
(in generale) che un’equazione della forma
ax + by + c = 0
7
rappresenta una retta.
Bisogna allora prestare molta attenzione per osservare che, ad esempio, la
condizione di parallelismo di due rette è una semplice riformulazione analitica
di un concetto geometrico già noto ed ampiamente utilizzato.
1.2.2
L’equazione della circonferenza
In questo caso, ciò che viene presupposto è la conoscenza del Teorema di
Pitagora, la proposizione I, 47 del primo libro degli Elementi. Limitiamoci
alla circonferenza con il centro nell’origine
...........
.......
......
.....
.....
.....
....
....
....
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......
...
........
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.......
... ..............
...........
.....
....... ....
........ ... ....
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.... ....
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....
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...
...
..
........
6
P
O
-
Q
Figura 1.3: Una circonferenza con centro in O
Si tratta di osservare che
(1.4)
OP 2 = OQ2 + P Q2 .
Posto OP = r, si ha
(1.5)
x2 + y 2 = r 2 .
Anche in questo caso, quando si arriva a
(1.6)
x2 + y 2 + ax + by + c = 0
(con tutte le relative discussioni) si utilizzano proprietà geometriche ben note.
Si osservi che anche ora tutto può essere interpretato in termini di operazioni
sui segmenti e non sulle loro misure.2
2
Il terzo postulato del primo libro degli Elementi afferma che è possibile costruire
un cerchio dati centro e raggio. Se dunque P ha le coordinate date dai segmenti a, b,
8
Questa era l’intenzione originaria della Géométrie di Descartes.3
Abbiamo un’algebra (un linguaggio simbolico dotato di regole operative)
che può essere utilizzato per descrivere problemi geometrici opportunamente
riformulati in termini di soli segmenti, i quali vengono denotati con i primi
simboli dell’alfabeto a, b, c, . . . Alcuni segmenti possono poi essere incogniti,
a priori, e saranno denotati con i simboli z, y, x, . . .
In questa prospettiva concettuale le misure dei segmenti non hanno ragione d’essere.
In effetti il concetto di numero reale e le proprietà della retta che consentono di arrivare alla retta reale sono dati storicamente nella secondo metà
dell’Ottocento. Più di duecento anni dopo la Géométrie di Descartes (1637).
l’equazione
x2 + y 2 = a2 + b2
può essere pensata come un ‘nome’ che denota l’ente euclideo, non necessariamente come
un luogo dato in termini numerici.
3
Cfr. le pagine iniziali di (Descartes 1983).
9
10
Capitolo 2
Qualche osservazione sugli
Elementi
Per più di duemila anni, gli Elementi (circa 300 AC) hanno costituito un
modello di rigore scientifico, ed hanno avuto un ruolo fondamentale come
strumento educativo.1 Ci si può però chiedere se, pur continuando ad assegnare ad essi una grande importanza, non sia il caso di tener conto anche di
quanto gli studi sui fondamenti della geometria hanno prodotto, soprattutto
nel secolo scorso.
Magari per riproporre inalterate le dimostrazioni euclidee, ma con una più
chiara consapevolezza di quanto attiene al ‘rigore geometrico’ e di quanto,
invece, è affidato al convincimento psicologico e richiede un completamento
assiomatico per situarsi allo stesso livello di rigore.
Una guida alla lettura critica degli Elementi è data dall’apparato di note
di (Euclide 1970). Suggerisco anche la lettura di Gario (2003).
In rete si trova anche la splendida edizione di David Joice.
Molto interessante è anche l’edizione dei primi sei libri di Euclide fatta
da Oliver Byrne (1847) e resa disponibile da Bill Casselman.
Per comodità del lettore riporto i postulati di Euclide. Non riporto,
invece, in seguito, figure e dimostrazioni, invitando ad una lettura personale.
1
Ma con quale valenza? Non certo per rispondere alle esigenze della vita pratica. . .
11
Postulati
1. Si può condurre una linea [segmento] da ogni punto ad ogni punto.
2. Si può prolungare una retta continuamente [mantenendo il carattere
rettilineo].
3. Si può descrivere un cerchio con ogni centro e con ogni raggio.
4. Tutti gli angoli retti sono uguali tra di loro.
5. Se una retta, cadendo su altre due forma gli angoli interni e dalla stessa
parte minori di due rette [tali che la somma sia minore di due retti], le
due rette prolungate illimitatamente verranno ad incontrarsi da quella
parte in cui gli angoli sono minori di due retti.
Si noti che il quinto postulato è il solo luogo degli Elementi dove viene
detto che due curve (rette) che verificano una certa condizione hanno un
punto in comune [almeno un punto in comune...]
2.1
Assiomi mancanti
I.1: costruzione di un triangolo equilatero:2
• non vi un assioma che assicura che i due cerchi si debbono intersecare.
• non è detto che le due linee non debbano intersecarsi prima (Zenone di
Sidone)
Mancanza di assiomi specifici: due cerchi tali che la distanza dei centri sia
minore della somma dei raggi debbono intersecarsi; due rette possono avere
al più un punto in comune.
Analoga critica si può muovere alla I.22 che permette di costruire un
triangolo dati i lati. Quindi anche la I.23 che permette di costruire un angolo
uguale ad un angolo dato richiede un assioma in più (e quindi anche la I. 31
che afferma l’esistenza di almeno una parallela)
Problema 1. – Senza l’assioma sulla intersezione dei cerchi si può costruire
il punto medio di un segmento?
2
Cfr., qui e in seguito, le Guide di Joice relative alle proposizioni di Euclide.
12
Problema 2. – Nella I.31 (indipendente dal V postulato), che afferma l’esistenza di una parallela per un dato punto esterno ad una retta, si sceglie un
punto interno ad un segmento. È possibile dimostrare l’esistenza di questo
punto? Si può, prescindendo da questo punto, scegliere uno degli estremi del
segmento?
I.2: trasporto di segmenti. Una dimostrazione bellissima, ma nella I.4
(primo criterio di uguaglianza) si utilizza la sovrapposizione. Hilbert assume
il primo criterio come assioma.
Qual è il ruolo del movimento negli Elementi ?
2.2
Dimostrazioni difettose
I.16: il teorema dell’angolo esterno.
Un’analisi del carattere visivo della dimostrazione euclidea è data da Alexander Bogomonly. Sulla sfera (siamo prima del postulato delle parallele), il
punto F può stare sulla retta CD e non nell’interno.
Per questa ragione Hilbert3 propone una dimostrazione diversa.
2.3
Ridondanza
Il teorema di Pitagora è dimostrato, senza ricorrere alla teoria delle proporzioni nella I.47. Il Lemma attinente alla X.33 fornisce una dimostrazione
in termini di proporzioni.
Nella III.5 due cerchi si tagliano in due punti A, B. Allora non hanno lo
stesso centro. Il punto B non ha alcun ruolo.
2.4
Rapporti e proporzioni
Se definiamo una proporzione come uguaglianza di rapporti,
a
c
= ,
b
d
3
cfr. (Hilbert 1997, I. 22).
13
dobbiamo naturalmente dire che cosa si intende per rapporto. Se a, b sono
segmenti ed esistono due interi m, n tali che
ma = nb
n
. Ma se non esistono due
potremo dire che il rapporto di a e b è dato da m
numeri (segmenti incommensurabili)?
La grande idea di Eudosso:4 in matematica non abbiamo mai rapporti separatamente: dobbiamo solo confrontare rapporti e quindi saper dire
quando per 4 segmenti (o 4 grandezze) sia
a : b = c : d.
Per semplicità suppongo di trattare solo con segmenti.
1) Caso razionale. Se esistono m, n tali che na = mb e contemporaneamente nc = md possiamo dire che
a : b = c : d.
2) La definizione generale: idea: se, in qualche modo sappiamo dare un
significato a ab ed a dc [...] l’uguaglianza dei rapporti implica la non esistenza
di una frazione m
con
n
a
m
c
<
< .
b
n
d
m
Questo significa che per ogni frazione n , se vale
m
a
<
n
b
deve valere anche
m
c
< .
n
d
Ma le disuguaglianze possono essere trasformate!
na > mb
deve implicare anche
nc > md.
[ecc.]
Ecco allora la definizione di Eudosso [un po’ modernizzata].
4
Mi pare che il commento di Joice non renda completa giustizia a questa idea.
14
Definizione 1. –
a:b=c:d
significa che, per ogni scelta di interi m, n
• se na > mb deve essere anche nc > md;
• se na = mb deve essere anche nc = md;
• se na < mb deve essere anche nc < md.
IL carattere ‘difficile’ della teoria delle proporzioni (che già si intuisce
dalla definizione fondamentale) ha costretto Euclide ad una scelta didattica
[...]
Sulle difficoltà dell’utilizzo della teoria delle proporzioni classica nella
scuola galileiana (a causa dell’assenza di una nozione indipendente di rapporto), si veda (Giusti 1993).
15
16
Capitolo 3
Descartes e le coordinate
La ‘invenzione’ della geometria analitica è tradizionalmente (e giustamente se
non ci si limita al puro meccanismo delle coordinate) attribuita a Descartes.
Tuttavia il modo con il quale compaiono le coordinate, nella soluzione del
problema di Pappo, è diverso da quello che poi diviene standard nel primo Ottocento.1 Tanto che alcuni storici (come Gino Loria) interpretano la
Géométrie come un semplice ‘precorrimento’ della ben posteriore geometria
analitica.2
Per valutare appieno la soluzione cartesiana del problema di Pappo, è
bene premettere una sorta di Lemma che isola il problema di calcolare la
distanza di un punto da una retta, secondo un dato angolo, una volta che sia
nota un’altra distanza data in modo simile.3
Precisamente:
Lemma 1. – Le rette AB e HT sono date in posizione, ed è dato il punto
A su AB. Sono dati anche due angoli β, η. Supponendo di conoscere la
1
Rette orientate e perpendicolari, unità di misura fissate su entrambi gli assi, ecc.
Si veda (Loria 1923). Ma si veda anche l’intelligente valutazione di Bompiani (1921).
La denominazione ‘geometria analitica’ è mutuata dalla Meccanica analitica di Lagrange.
3
Può essere utile rammentare il fatto che, nel contesto ‘moderno’, la distanza del punto
P = (x0 , y0 ) dalla retta di equazione ax + by + c = 0 è data da
2
±
ax0 + by0 + c
√
,
a2 + b 2
ove il doppio segno dipende dalla posizione del punto rispetto alla retta. Se la distanza viene valutata secondo un dato angolo, la quantità precedente viene semplicemente
moltiplicata per un fattore costante (il coseno di un angolo).
17
distanza di un punto C dalla retta AB secondo la direzione data dall’angolo
β (si veda la figura 3.1) si vuole conoscere la distanza di C dalla retta T H
condotta secondo l’angolo η.
Ecco come si può procedere, seguendo le indicazioni di Descartes.
T..............
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........
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.......
.......
........
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........
.......
.......
........
....................................................................................................................................................................................................................................................................................................................
........
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.......
........
........
........
........
.......
.......
...
AG = a
A
x
B
β
G
η
y
H
C
Figura 3.1: Distanza di un punto da una retta.
Indichiamo con a il segmento AG. La posizione del punto C, che si immagina noto, è individuata dai segmenti AB, BC (le coordinate) che possiamo indicare con x e y. Il triangolo T BG ha angoli noti (T[
GB è dato e
[
T BG = π − β). Quindi sono noti i rapporti dei lati. Avremo perciò
BG(= a − x) : BT = h : k,
e quindi
BT =
h(a − x)
.
k
Ne segue che
h(a − x)
.
k
Ora possiamo osservare che anche il triangolo CT H ha angoli noti, e quindi
sarà
CH : CT = l : k.
CT = y +
18
Dunque
(3.1)
CH =
h(a − x)
y+
k
l
l
hl(a − x)
= y+
. 2
k
k
k2
Osservazione 1. – Nella dimostrazione precedente abbiamo implicitamente
supposto che il punto B fosse tra A e G e che C e T fossero da parti opposte
rispetto alla retta AB. Ipotesi diverse implicano naturalmente cambiamenti
di segni nella (3.1), poiché un segmento negativo non ha senso per Descartes:
ha senso solamente sottrarre o sommare segmenti. 2
Osservazione 2. – Si noti che, supponendo il rapporto
CB
CH
dato, otteniamo l’equazione di una retta (in termini moderni, ma anche nel
contesto della geometria cartesiana. Tuttavia Descartes tralascia le minuzie).
Più esattamente, in tale ipotesi il punto C sta su una retta, la quale è rappresentata da equazioni diverse a seconda della regione di piano nella quale
si trova il punto C. In altre parole, un’equazione della forma
ax + by + c = 0
ci permette di individuare (e costruire) un luogo. L’interpretazione espressa
con ‘rappresenta il luogo dei punti tali che. . . ’ verrà a sovrapporsi in tempi
successivi. 2
3.1
Il problema di Pappo
Ecco una breve descrizione di questo celebre problema, risolto da Descartes.
Vediamo dapprima la formulazione per quattro rette.
Con riferimento alla figura 3.2, si tratta di individuare il luogo dei punti C
tali che, condotti i segmenti CB, CD, CF, CH secondo angoli dati, il rapporto
CB × CF
CD × CH
abbia un valore dato λ.
19
T..............
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...
...
R
E
A
B
G
F
H
CB × CF = λ CD × CH
C
D
Figura 3.2: Il problema di Pappo.
Procediamo come nel Lemma 1 Sia AB = x, BC = y. Gli angoli del
triangolo ARB sono noti, e dunque è noto il rapporto tra i lati. Sia AB = x.
Sarà allora
bx
AB : BR = z : b ⇒ BR = .4
z
Quindi
bx
CR = y +
z
oppure
bx
CR = y −
z
a seconda della posizione di C rispetto alla retta AB.
Gli angoli del triangoloDRC sono noti:
CR : CD = z : c,
CD =
cy bx
+ 2.
z
z
4
Si noti che scegliende come ‘origine’ un punto diverso da A potremo avere delle
quantità come h + x o x − h per la ascissa di A.
20
Descartes prosegue, e trova, come abbiamo visto, che ogni segmento
richiesto è della forma
±αx ± βy ± γ.
In generale, formulando il problema per 2n rette, avremo
n
Y
ai x + bi y + ci = λ
i=1
2n
Y
ai x + bi y + ci .
i=n+1
Otteniamo l’equazione di una curva algebrica di ordine n.
Nel caso che ci interessa, per quattro rette, abbiamo un’equazione di
secondo grado. Dunque, afferma Descartes perentoriamente, abbiamo una
sezione conica.
Osservazione 3. – Cominciamo con questa osservazione sulla soluzione cartesiana.
Nel calcolo di segmenti che Descartes utilizza per valutare CB, CD, CF ,
) può essere
CH il segmento unitario non compare esplicitamente. BR (= bx
z
interpretato come un segmento anche nella prospettiva concettuale di Viète.
In maniera meno semplice, ma altrettanto effettiva, possiamo interpretare i
calcoli degli altri segmenti. Qual è dunque il ruolo del segmento unitario?
Si potrebbe rispondere che il ruolo del segmento unitario è essenzialmente
fondazionale. 2
Osservazione 4. – Come può Descartes affermare che si ottiene una curva
come soluzione del problema di Pappo?
Vediamo un esempio utilizzando la struttura concettuale cartesiana, ma
introducendo qualche semplificazione.
Sia ABCD un quadrato avente A per origine e per il quale C = (1, 1).
Se P è nella regione indicata nella figura 3.3 , la richiesta
PH × PK = PL × PM
si traduce (con ovvia scelta delle coordinate) in
(3.2)
y(y − 1) = x(1 − x).
Abbiamo dunque la circonferenza di equazione
(3.3)
x2 + y 2 − x − y = 0.
21
K
P
H
..........................................
....................
.............
............
.......
.......
......
......
......
.
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.....
....
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.........................................................................................................................................................
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D
C
M
A
L
PH × PK = PL × PM
B
Figura 3.3: Un esempio semplice.
La (3.3) è però ottenuta scegliendo una determinata regione del piano.
Se P si trova in un’altra regione, come indicato nella figura (3.4), otteniamo
(3.2a)
x(x − 1) = y(1 − y).
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C M
D
K
A
H
B
PH × PK = PL × PM
P
L
Figura 3.4: Lo stesso esempio.
Si tratta, per noi, della stessa equazione. Ma si può affermare la stessa
cosa nel contesto cartesiano? La risposta è sı̀, ma in modo assai più articolato.
La distanza di P dalla retta CD non è più espressa da y−1. Diviene 1−y. Ed
22
altrettanto accade con la distanza di P dalla retta BC. I due cambiamenti
di segno si compensano dando la stessa equazione.
Naturalmente, la simmetria rende evidente il fatto che otteniamo una
circonferenza ogni qualvolta si parte da un punto P esterno al quadrato, ma
la simmetria è un dato contingente.
Se il punto P è interno al quadrato, si ottiene l’equazione
x(1 − x) = y(1 − y),
ossia
(x − y)(x + y + 1) = 0.
Abbiamo le due rette che contengono le diagonali del quadrato.
Si noti che il luogo geometrico (una coppia di rette) è reso riconoscibile
dal fatto che un polinomio di secondo grado f (x, y) si scrive nella forma
f (x, y) = r(x, y)s(x, y) ove r e s sono polinomi di primo grado. Un fatto
geometrico dipende totalmente dall’algebra. 2
Osservazione 5. – Si noti che nella soluzione del problema di Pappo si
considera un segmento arbitrario x (l’ascissa) su una retta e si conduce un
segmento y (l’ordinata) secondo una direzione prefissata. Abbiamo una coppia di ‘assi cartesiani’, ma legati in modo intrinseco al problema.5 Soltanto
gli sviluppi successivi della matematica condurranno al piano con assegnato
un riferimento cartesiano e delle figure date successivamente e separatamente
dal riferimento.
3.2
Euclide come presupposto
All’inizio della sua Géométrie, Descartes pone una Avvertenza:
Fin qui ho cercato d’esser comprensibile a tutti; temo invece che
il seguente trattato potrà essere letto soltanto da coloro che han
già qualche familiarità con i testi di geometria: infatti, dato che
questi contengono parecchie verità già ben dimostrate, ho stimato
superfluo ripeterle, ma non ho cessato per questo di servirmene.6
5
6
Cfr. (Bompiani 1921).
Cfr. (Descartes 1983, p. 525).
23
Questa avvertenza mostra chiaramente come Descartes accetti pienamente
la geometria di Euclide, e si limiti, con l’introduzione del segmento unitario
a renderla ‘utilizzabile’ nella sua nuova geometria.
In linea di principio, nel progetto cartesiano, algebra e geometria dovrebbero procedere di pari passo interagendo in modo equilibrato. In realtà, la
strumentazione analitica che Descartes propone ha una totale prevalenza sugli aspetti geometrici.7 Con le successive edizioni latine e con le riflessioni di
Newton e Leibniz sul testo cartesiano che conducono al calcolo differenziale
l’algebra8 acquista una preminenza ancora maggiore.
Le coordinate semplicemente funzionano. L’analisi del come e del perché
esse funzionano nel trasformare problemi geometrici in problemi algebrici è
lasciata a tempi successivi.
Inoltre, poiché Descartes accetta la matematica classica (almeno in parte)
come presupposto, nella sua Géométrie non trova spazio la descrizione analitica degli enti fondamentali che abbiamo visto nella Sezione 1.2. Un altro
aspetto che contribuisce a rendere poco significativa l’indagine sulla natura
del meccanismo delle coordinate.
3.3
Un esempio: dal cerchio ad Euclide
Questo esempio è estremamente elementare, ma rende con efficacia visibile
il ruolo del linguaggio e delle manipolazioni algebriche. Consideriamo una
circonferenza di equazione
(3.4)
x+ y 2 = 1
7
Si pensi solo al metodo dei coefficienti indeterminati, la regola dei segni, il problema
delle tangenti. . .
8
Il termine va inteso in senso lato.
24
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y
1+x
x
Figura 3.5: Dal cerchio ad Euclide.
Possiamo riscrivere la (3.4) nella forma
y 2 = 1 − x2
e quindi
(1 + x) : y = y : (1 − x).
Abbiamo il teorema di Euclide: l’altezza relativa all’ipotenusa è media proporzionale rispetto alle proiezioni dei cateti.
25
26
Capitolo 4
Qualche osservazione sulle
Grundlagen
Suggerisco la lettura preliminare dell’Introduzione e del testo che precede la
presentazione degli assiomi.1
4.1
Assiomi di incidenza
Hilbert presenta separatamente questi due assiomi.
Assioma 4.1.1. – Dati due punti A, B esiste una retta che li contiene
entrambi. ♦
Assioma 4.1.2. – Dati due punti A, B esiste al più una retta che li contiene
entrambi. ♦
Poi si prosegue in questo modo.
Assioma 4.1.3. – Su una retta esistono almeno due punti. Esistono almeno
tre punti che non sono sulla stessa retta.2 ♦
Assioma 4.1.4. – Dati tre punti A, B, C che non siano sulla stessa retta,
esiste un piano α che li contiene. Ogni piano contiene almeno un punto. ♦
1
Suggerisco anche come testo di riferimento (Hilbert 1899), od anche (Hilbert 1970).
Si noti che questo implica che esiste sempre un punto al di fuori di una retta qualsiasi.
Siano A, B, C tre punti non allineati.
Siano P e Q due punti (non necessariamente distinti da A, B, C) e si consideri la retta
P Q. Questa retta non può contenere tutti e tre i punti A, B, C.
2
27
Assioma 4.1.5. – Dati tre punti A, B, C che non siano allineati, esiste al
più un piano che li contiene. ♦
Assioma 4.1.6. – Se due punti A, B di una retta a sono in un piano α, ogni
punto di a è punto di α. ♦
Assioma 4.1.7. – Se due piani α, β hanno un punto A in comune, essi hanno
in comune almeno un secondo punto B ♦
Assioma 4.1.8. – Esistono quattro punti che non sono nello stesso piano.
♦
Hilbert osserva che l’assioma 4.1.7 esprime il fatto che lo spazio non ha più di
tre dimensioni, mentre l’assioma 4.1.8 afferma che lo spazio ne ha esattamente
tre.
Teorema 1. – Due rette in un piano hanno al più un punto in comune.
Due piani hanno al più in comune una retta, un piano ed una retta che non
sia contenuta in esso possono avere al più un punto in comune. ♦
Teorema 2. – Dati una retta ed un punto fuori di essa, oppure date due
rette con un solo punto in comune viene determinato uno ed un solo piano
che li contiene. ♦
Disponendo solo di questi assiomi si hanno anche modelli molto ‘poveri’,
dove non è possibile garantire, per esempio, che dati due punti A, B, e quindi
una ed una sola retta a che li contiene, vi sia un punto ulteriore sulla retta.
4.2
Assiomi d’ordine
Hilbert definisce la relazione f ra.3
Assioma 4.2.1. – Se un punto B è posto fra A e C, allora i punti A, B, C
sono punti distinti di una stessa retta, e B è posto anche fra C e A. ♦
3
Hilbert stesso rinvia per questi assiomi a Pasch (1882).
28
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A
B
C
Figura 4.1: B fra A e C.
Assioma 4.2.2. – Dati due punti distinti A, C, esiste sempre almeno un
punto B di AC tale che C sia fra A e B. ♦
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A
C
B
Figura 4.2: Si può prolungare . . .
Assioma 4.2.3. – Dati tre punti su una retta, non ne esiste più di uno che
stia tra gli altri due. ♦
Hilbert definisce a questo punto: segmento, estremi del segmento, punti
interni, punti esterni.
Si noti che gli assiomi proposti sino a questo punto non permettono di
asserire che un segmento AB abbia dei punti interni.
Assioma 4.2.4 (Pasch). – Siano A, B, C tre punti non appartenenti ad
una stessa retta e sia a una retta del piano ABC che non interseca A, B, C.
Se la retta a passa per un punto del segmento AB, deve passare anche per
un punto del segmento AC o del segmento BC. ♦
29
C
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A
a
B
Figura 4.3: L’assioma di Pasch.
Nel supplemento I.1 è dimostrato che che a non può intersecare entrambi i
lati.
Teorema 3. – Dati due punti A, C esiste sempre un punto D della retta
AC che sta fra A e C. ♦
Dimostrazione. Per l’assioma 4.1.3 (si veda la nota 2) esiste un punto E
esterno ad AC. Per l’assioma 4.2.2 esiste su AE un punto F in modo tale
che E sia un punto interno di AF .
F
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E
A
D
C
G
Figura 4.4: Esiste sempre un punto interno a un segmento.
Per lo stesso assioma (e per l’assioma 4.2.3) esiste su F C un punto G
che non è interno al segmento F C. Per l’assioma 4.2.4, la retta EG deve
intersecare AC in un punto D. Osservazione 6. – Attenzione a non affrettare la conclusione che un segmento debba contenere infiniti punti. Evidentemente, iterando il procedimento del Teorema 3, possiamo determinare un nuovo punto tra A e D. Ma
dobbiamo dimostrare che questo punto si trova anche tra A e C !
30
Nella prima edizione delle Grundlagen, tra gli assiomi d’ordine si trovava
anche il seguente:
Dati ad arbitrio quattro punti A, B, C, D su una stessa retta,4 essi
possono essere ordinati in modo che B stia fra A e C ed anche
fra A e D, ed inoltre C stia fra A e D ed infine C stia fra B e D.5
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A
B
C
D
Figura 4.5: Quattro punti sulla retta.
Questo risultato si ottiene invece come teorema dopo le osservazioni di E.H.Moore.6
Ecco comunque come Hilbert prosegue:
Teorema 4. – Se tre punti A, B, C sono su una stessa retta, uno di essi si
trova fra gli altri due. ♦
Dimostrazione (A. Wald). Se A non si trova tra B e C e C non si trova tra
A e B, mostriamo che B si trova tra A e C.
G
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E
F
D
A
B
C
Figura 4.6: Teorema di Wald.
4
Si veda la figura 4.5.
Cfr. (Hilbert 1899, p. 6).
6
Cfr. (Moore 1902).
5
31
Sia D un punto esterno alla retta AC e si consideri la retta BD. Utilizzando l’assioma 4.2.2, si determini G in modo che D sia fra B e G. Utilizziamo
ora l’assioma 4.2.4 considerando il triangolo BCG e la retta AD. Le rette
AD e CG si intersecheranno in E, con E tra C e G. Nello stesso modo,
otteniamo che le rette CD e AG si intersecano in F , con F tra A e G. Applichiamo nuovamente l’assioma 4.2.4 al triangolo AEG ed alla retta CF .
Ne segue che D si trova tra A ed E.
Se ora utilizziamo ancora lo stesso assioma per il triangolo AEC e la retta
BG abbiamo infine che B si trova tra A e C. Mi limito ad enunciare i teoremi seguenti.
Teorema 5. – Dati quattro punti su una retta è sempre possibile assegnare
i nomi A, B, C, D in modo tale che B stia fra A e C, ed anche fra A e D e
inoltre C stia fra A e D e fra B e D. ⋄
Teorema 6. – Dati i punti A, B, C, D, E, . . . , K è sempre possibile disporli
nell’ordine indicato dall’ordinamento lessicografico. ⋄
Teorema 7. – Dati due punti su una retta, tra di essi esiste un numero
infinito di punti. ⋄
Vediamo invece il teorema seguente, del quale Hilbert omette la dimostrazione.
Teorema 8. – Ogni retta a del piano separa i punti che non sono su di
essa in due regioni, con la proprietà seguente: ogni punto A di una regione
determina con ogni punto B dell’altra regione un segmento AB nel quale
esiste un punto della retta a. Invece due punti A, A′ della stessa regione
determinano un segmento AA′ che non contiene punti di a. ⋄
Dimostrazione. Sia a una retta e sia A un punto che non le appartiene. Sia
P un punto della retta e consideriamo la retta AP . Per l’assioma 4.2.2 esiste
un punto B sulla retta AP in modo che P stia fra A e B. I punti A e B
sono in due regioni diverse. Se un punto A′ è tale che AA′ non ha punti in
comune con a, diremo che A′ è nella stessa regione di A; se BB ′ non ha punti
in comune con a, diremo che B ′ è nella regione di B.
Se X è un punto arbitrario, la retta a, per l’assioma 4.2.4 interseca AX
o BX (ma non entrambi). Quindi ogni punto che non stia su a sta in una
ed in una sola delle due regioni.
32
Sempre utilizzando lo stesso assioma, si vede facilmente che seA′ e A′′
sono nella stessa regione di A, il segmento A′ A′′ non può contenere punti di
a. Hilbert conclude questa sezione definendo poligonale, poligono, vertici,
ecc. Si trovano poi i teoremi seguenti.
Teorema 9. – Ogni poligono che si trovi in un piano suddivide il piano in
punti interni ed esterni [. . . ] ⋄
Teorema 10. – Ogni piano separa i punti dello spazio in due regioni [. . . ]
⋄
4.3
Assiomi di congruenza
Si noti che con gli assiomi considerati sino ad ora abbiamo infiniti punti interni di un segmento, ma questi punti non sono ‘organizzati’. Non possiamo,
per esempio, parlare del punto medio di un segmento.
Definizione 2. – I segmenti stanno fra loro in una certa relazione reciproca
per la cui descrizione si useranno i termini ‘congruenti ’ o ‘uguali ’.
Assioma 4.3.1. – Se A, B sono due punti su una retta a ed A′ è un punto
su di essa o su un’altra retta a′ , allora è sempre possibile trovare un punto
B ′ da una data parte della retta a′ per A′ in modo tale che il segmento AB
sia congruente o uguale al segmento A′ B ′ . In simboli
AB ≡ A′ B ′
⋄
Hilbert osserva che questo assioma richiede la possibilità di costruire
segmenti. L’unicità viene dimostrata in seguito.
Assioma 4.3.2. – Se un segmento A′ B ′ ed un segmento A′′ B ′′ sono congruenti ad uno stesso segmento AB, allora il segmento A′ B ′ è anche congruente
al segmento A′′ B ′′ . Brevemente: se due segmenti sono congruenti ad un terzo
sono anche congruenti tra loro. ⋄
Osservazione 7. – Hilbert nota che il fatto che un segmento sia congruente a se stesso non discende in modo ovvio da questi assiomi. Però se il
33
segmento AB è costruito su una semiretta7 in modo che sia congruente a
A′ B ′ e l’Assioma 4.3.2 si applica a
AB ≡ A′ B ′ , AB ≡ A′ B ′
si ottiene il risultato richiesto. In modo simile si ottengono la simmetria e la
transitività della relazione. Assioma 4.3.3. – Su una retta a sono dati due segmenti AB e BC che
hanno il solo punto B in comune e sulla stessa retta A o su un’altra retta a′
sono dati due segmenti A′ B ′ , B ′ C ′ con il solo punto B ′ in comune.
A
B
C
a
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A′
B′
C′
a′
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...
...
...
Figura 4.7: Additività della somma.
Allora, se
AB = A′ B ′
e BC = B ′ C ′
anche
AC = A′ C ′ . ⋄
Hilbert descrive ora gli angoli.
Definizione 3. – Sia α un piano ed h, k siano due semirette distinte che
hanno l’origine O in comune poste su due rette distinte del piano α. La
coppia di semirette h, k è detta un angolo e l’angolo è indicato con ∡(h, k)
o con ∡(k, h). Le semirette h, k sono dette i lati dell’angolo, ed il punto O è
detto vertice. ⋄
Hilbert mostra poi come si possa parlare di punti interni ed esterni ad un
angolo ed elenca alcune proprietà.
7
Definita in precedenza in modo ovvio.
34
Definizione 4. – Anche gli angoli stanno in una certa relazione reciproca
per la quale potremo usare i termini ‘congruenti ’ o ‘uguali ’. ⋄
Assioma 4.3.4. – Sia ∡(h, k) un angolo in un piano α e sia a′ una retta
in un piano α′ e sia dato un lato definito di a′ in α′ . Sia h′ una semiretta
sulla retta a′ che ha origine in O ′. Allora esiste nel piano α′ una ed una sola
semiretta k ′ tale che l’angolo ∡(h, k) sia congruente od uguale a ∡(h′ , k ′ ) e
nello stesso tempo tutti i punti interni dell’angolo ∡(h′ , k ′ ) stiano nel lato di
a′ scelto. Simbolicamente
∡(h, k) = ∡(h′ , k ′ ).
Ogni angolo è congruente a se stesso, ossia
∡(h, k) = ∡(h, k)
è una relazione sempre vera.
⋄
Definizione 5. – Se B è il vertice di un angolo, su un suo lato si trova A e
sull’altro lato si trova C, l’angolo sarà anche indicato con ∡ABC o con ∡B.
Gli angoli saranno anche indicati con le lettere greche. ⋄
Assioma 4.3.5. – Se per due triangoli8 ABC e A′ B ′ C ′ valgono le congruenze
AB = A′ B ′ , AC = A′ C ′ ∡BAC∡B ′ A′ C ′
allora anche la congruenza
∡ABC∡A′ B ′ C ′
è soddisfatta.
⋄
Cambiando le notazioni, si ha l’uguaglianza anche dell’altro angolo.
Hilbert mostra, a questo punto come si abbia l’unicità della costruzione
di segmenti.
8
Hilbert aggiunge l’ipotesi che, da qui in poi, i triangoli non abbiano i vertici su una
stessa retta.
35
4.3.1
Conseguenze degli assiomi di congruenza
È possibile ora definire angoli supplementari, angoli opposti al vertice ed
angoli retti. Si dimostrano ora facilmente i teoremi seguenti.
Teorema 11. – Gli angoli alla base di un triangolo isoscele sono uguali.
Dopo aver definito la congruenza di triangoli:
Teorema 12. – Primo criterio di congruenza dei triangoli.
Teorema 13. – Secondo criterio di congruenza dei triangoli.
Nel seguito Hilbert dimostra le principali proprietà che si trovano negli
Elementi per le quali non viene usato il parallelismo.
4.4
Assioma sulle parallele
Hilbert dà l’assioma in questa forma:
Assioma 4.4.1. – Sia a una retta ed A un punto non su di essa. Allora
esiste al più una retta nel piano determinato da a e da A che passa per A e
non interseca a. ⋄
È facile vedere che utilizzando gli assiomi precedenti si ottiene anche la
unicità. Inoltre si dimostra il teorema
Teorema 14. – La somma degli angoli di un triangolo equivale a due angoli
retti. Hilbert osserva ora che si può definire un cerchio e si possono ricavare i
teoremi abituali (in particolare l’esistenza di un cerchio per tre punti).
4.5
Assiomi di continuità
Hilbert suddivide gli assiomi.
Assioma 4.5.1 (Archimede). – Se AB e CD sono due segmenti arbitrari,
allora esiste un intero n tale che replicando n il segmento CD a partire dal
vertice A sulla semiretta che contiene B si ottiene un punto al di là di B. ⋄
36
Assioma 4.5.2. – Non è possibile estendere l’insieme dei punti di una linea
a mantenendo le relazioni di ordine e di congruenza che sussistono tra gli
enti originali cosı̀ come le proprietà fondamentali dell’ordinamento e della
congruenza poste dagli assiomi I-III e V.1. ⋄
37
38
Capitolo 5
Hilbert ed i grandi teoremi
5.1
Teoria delle proporzioni
Nel testo di Hilbert, la teoria delle proporzioni è esposta nel capitolo sesto,
ed è fondata su un’analisi sottile ed elegante delle potenzialità del teorema
di Pascal.
La teoria delle proporzioni semplificata è in un supplemento di Paul
Bernays.1
Supponiamo di avere solamente a disposizione:
1. Gli assiomi piani di collegamento;
2. Gli assiomi di ordinamento;
3. Gli assiomi di congruenza;
4. Il parallelismo nella forma IV.
Si noti che non assumiamo la continuità.
Si possono ottenere facilmente le abituali proprietà delle circonferenze,
sugli angoli al centro, ecc. (Attenzione: non possiamo però garantire che una
retta che disti dal centro di una circonferenza meno del raggio la intersechi,
...ecc. Manca la continutià...)
Il rapporto di a e b è l’angolo opposto ad a nel triangolo rettangolo di lati
a, b.
1
Cfr. (Hilbert 1997, pp. 203-206). Si veda anche (Mollerup 1903) e (Vailati 1924) e
(Levi 1903).
39
La proporzione è assegnata con la seguente configurazione geometrica.
Si dimostra facilmente che
a : b = c : d ⇒ a : b = (a + c) : (b + d).
Da
a:b=c:d
si deduce
a : c = b : d.
Basta considerare la figura seguente: gli angoli indicati nella figura sono
uguali, e quindi i puni estremi delle due ipotenuse sono conciclici.
40
5.1.1
Teorema di Talete
La dimostrazione si fonda sulla proprietà delle bisettrici.Sia SS ′ la biset[ e sia S il punto di intersezione della bisettrice di OAB
[ con la
trice di AOB
bisettrice SS ′ .
41
Abbiamo
r : u = r ′ : u′
e
r : v = r′ : v′.
Allora
r : r ′ = u : u′
e
r : r′ = v : v′
e quindi [...]
r : r ′ = u : u′ = v : v ′ =
= (u + v) : (u′ + v ′ ) = a : a′ .
Ma possiamo osservare che r, r ′ sono anche le distanze di S e S ′ dalla retta
OB, e quindi anche
b : b′ = r : r ′ .
Prodotto di segmenti e proporzioni
Un’idea di Beppo Levi (Leyendo a Euclide, Rosario, 1949). Si assumono le
stesse proprietà...
Disponiamo due rapporti uguali come in figura:
I rettangoli colorati sono uguali.
Consideriamo ora due rettangoli arbitrari.
42
I rettangoli colorati sono uguali se e solo se K ≡ H.
Abbiamo un criterio per assegnare un significato a
ab = cd.
Il prodotto di segmenti definito come rettangolo (indipendentemente dalla
scelta del segmento unitario) può essere posto alla base di una teoria delle
proporzioni.
5.1.2
Un teorema sui sistemi di numeri
K (ordinato) sia archimedeo.2 Allora vale la proprietà commutativa.
∀a, se poniamo n = 1 + 1 + . . . + 1, si ha
(5.1)
an = na.
Sia ab 6= ba. Possiamo supporre a > 0, b > 0 e ab − ba > 0.
Siamo in un corpo, quindi ∃c tale che
(a + b + 1) c = ab − ba.
Sia ora d tale che 0 < d < 1, e d < c.
Per l’assioma di Archimede, ∃m, n tali che
md < a ≤ (m + 1) d,
2
nd < b ≤ (n + 1) d.
Gli assiomi che Hilbert assume per un sistema complesso di numeri ossia, con la
terminologia moderna, per un corpo ordinato, sono in (Hilbert 1997, p. 44 - 45). Dagli
assiomi segue immediatamente che 1 (unità rispetto al prodotto) è tale che 1 > 0 (ove 0 è
l’unità rispetto alla somma).
43
Moltiplicando e tendo conto di (5.1):
ab ≤ mnd2 + (m + n + 1) d2 ,
ba > mnd2 ,
e quindi
ab − ba < (m + n + 1) d2 .
Da md < a, nd < b, d < 1 si ha
(m + n + 1) d < a + b + 1
e quindi
ab − ba < (a + b + 1) d < (a + b + 1) c.
5.2 Calcolo di segmenti con il teorema di Desargues
Assumiamo soltanto:3
1. Gli assiomi piani tra quelli di collegamento: I.1-I.3;
2. Gli assiomi di ordinamento;
3. IV*.: l’assioma delle parallele nella forma più forte, esistenza ed unicità.
4. Non assumiamo gli assiomi di congruenza, né quelli di continuità.
Il teorema di Desargues viene enunciato nella forma più semplice.
Teorema 15. – Se due triangoli in uno stesso piano hanno i lati corrispondenti paralleli, le rette congiungenti i vertici corrispondenti passano per uno
stesso punto o sono parallele.
Se le rette congiungenti i punti corrispondenti passano per uno stesso
punto o sono parallele e se due coppie di lati corrispondenti sono paralleli,
anche i terzi lati sono paralleli. ⋄
3
Questo argomento è sviluppato nel cap. V del testo di Hilbert.
44
C
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...... .......................
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C
A
R
B
B
È possibile istituire un calcolo di segmenti con soltanto ciò che abbiamo a
disposizione?
Non vi sono difficoltà ad introdurre le coordinate, come illustra la figura.
Asse y
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P
y
x
Asse x
Si tratta ora di vedere come, con il materiale a disposizione, si possa arrivare
all’equazione della retta. Hilbert fa una osservazione importante: non serve
un’analisi del comportamento di tutti i segmenti rispetto all’uguaglianza,
ma solo di quelli che giacciono sugli assi e con un estremo nell’origine! Per
istituire questa uguaglianza basta il parallelismo.
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′.......... .......................
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E
O
Y
E
X
Si fissa la retta unitaria EE ′ . Ora due segmenti (con un estremo in O e
giacenti sugli assi) sono uguali in queste condizioni:
1. se sono entrambi sull’asse x coincidono;
2. se sono entrambi sull’asse y coincidono;
3. se sono uno sull’asse x e uno sull’asse y, la retta che congiunge i loro
estremi diversi da O è parallela alla retta unitaria.
45
L’uguaglianza dipende dalla scelta della retta unitaria. Ma è possibile
istituire una somma (su ogni asse) che ne sia indipendente?
Ecco la definizione di somma
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a+b
a
1
a
1
b
a+b
Si manda da a la parallela alla retta unitaria 11 (per maggiore semplicità
ora si utilizzano a, b, 1, ecc.: le coordinate) e si trova un segmento ‘uguale’
ad a. Si manda ora la parallela all’asse x. Da b si manda la parallela all’asse
y. . . Dal punto di intersezione si manda la parallela alla retta unitaria, e si
ha a + b.
Se si esegue la costruzione in due modi (si osservi che la retta unitaria
serve solo a fissare una direzione) otteniamo, se è vero il teorema di Desargues,
lo stesso risultato (Il teorema va applicato ai triangoli a′ , a′′ , a e b′ , b′′ , a + b).
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′′....
′′
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.................................................................................................................
′...... ....
′......... .......
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.... .............. .....
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a
b
a
a
b
b
a+b
Con un ragionamento dello stesso tipo si dimostra che
a + b = b + a.
Evidentemente si ha l’opposto di c, c∗ con la costruzione seguente:
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.. .... ... .... ...
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∗ .....
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...
c
c
46
Il prodotto di segmenti è definito nel modo abituale, ma ora gli assiomi non
bastano a garantire la commutatività.
5.2.1
Equazione della retta
Vogliamo ora vedere come ad una retta si possa associare un’equazione del
tipo
ax + by + c = 0.
Non vi sono difficoltà nel dimostrare che le rette parallele agli assi hanno
equazioni del tipo x = k oppure y = h. Nel caso generale, poiché per
ogni segmento non nullo esiste un inverso rispetto al prodotto (come è facile
dimostrare) possiamo ridurci a
ax + y + c = 0.
Consideriamo la figura.
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....
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ax
a
1
ax + y
P
y
x
Se dal punto 1 sull’asse x tracciamo una retta parallela alla retta data otterremo un segmento sull’asse y che indicheremo con a (e che dipende solo dalla
posizione della retta data). Se x è l’ascissa di P , ax è il prodotto secondo la
definizione vista. Eseguiamo ax + y sommando (relativamente all’asse y. Si
ottiene
ax + y = c∗ ,
ove c∗ è (per la definizione stessa di somma) l’ordinata del punto di intersezione della retta con l’asse y. Sia ora c l’opposto di c∗ . Allora
ax + y + c = c∗ + c = 0.
Se ora moltiplichiamo (a sinistra) per un arbitrario segmento b abbiamo
l’equazione della retta nella forma solita.4
4
Si noti il ‘motore algebrico’ dell’analisi. La soluzione delle due equazioni x = 0,
a(x − 1) + y = 0 è evidentemente (0, a). Similmente la soluzione di ax + y + c = 0 e x = 0
è (0, −c).
47
48
Capitolo 6
L’Algebra Geometrica di Artin
Descartes nel dare inizio alla geometria algebrica, dopo aver introdotto il segmento unitario, utilizza liberamente, come abbiamo visto, i risultati del Sesto
Libro degli Elementi 1 per introdurre un calcolo di segmenti le cui operazioni
egli pone in corrispondenza con le operazioni algebriche.
Questi segmenti, attraverso un’idea intuitiva e non ancora analizzata di
numero reale sono in effetti pensati equivalenti al nostro campo reale.
Nel Settecento la matematica si sviluppa prevalentemente in termini analitici, con una progressiva de-geometrizzazione degli enti matematici. Il rapporto tra geometria e coordinate è privo di problematicità perché le coordinate
hanno un ruolo assolutamente prevalente.
Con gli sviluppi dell matematica ottocentesca, l’introduzione sistematica
della variabile complessa, le geometrie non euclidee ed il risorgere della geometria proiettiva diviene oggetto d’attenzione critica la ragione per la quale,
a partire da un contesto geometrico possiamo agire in termini algebrici : in
altre parole che cosa rende possibile un calcolo di segmenti.
Abbiamo già visto nel Capitolo 4 la sottigliezza dispiegata da Hilbert
per analizzare il fondamento di questo calcolo sul quale poggia la geometria
analitica attuale.
Ora vogliamo vedere brevemente (e schematicamente) il contributo di
Emil Artin.2
Anche l’analisi di Artin è molto sottile, seppur con una prospettiva con1
In particolare le proposizioni 10–13.
Ho tratto molto profitto, nello stendere questi appunti, dalle discussioni avute con
Enrica Nicolini, che ha elaborato una tesi di laurea dal titolo Emil Artin ed il problema
delle coordinate, della quale sono stato relatore.
2
49
cettuale assai diversa: invece di istituire un apparato assiomatico che dia
ai segmenti, in modo naturale, una struttura algebrica, egli dà un apparato
minimale per gli assiomi relativi agli enti geometrici e utilizza poi le trasformazioni del piano, le dilatazioni e le traslazioni, per ricostruire il campo
attraverso di esse.
Nel seguito riformulo quanto esposto in (Artin 1968, cap. 4), a volte però
riportando il testo di Artin (in traduzione) quasi integralmente.3
Sia K un campo.4 I punti, indicati con A, B, . . . , P, Q, . . . saranno le
coppie ordinate (ξ, η) di elementi di K. Un punto P = (ξ, η) sarà anche
pensato come un vettore. Una retta l sarà definita, come insieme di punti,
da
l = {X|X = P + tA}
ove P è un punto, A un vettore e t ∈ K. Le frasi “P è un punto di l”, “l è
parallela ad r”, ecc. si interpretano in modo ovvio.
Diremo dilatazione una rappresentazione della forma
σ(X) = αX + C,
ove C è un vettore fisso e α ∈ K. Se α = 0 si dirà che la dilatazione è
degenere.
La composizione di dilatazioni è una dilatazione. Sia τ (x) = βX + D.
Allora
(6.1)
στ (X) = σ(βX + D) = αβX + αD + C.
È evidente che l’insieme delle dilatazioni non degeneri forma un gruppo
rispetto al prodotto dato dalla composizione. L’unità è data dalla trasformazione identica, che si ottiene per α = 1 e C = 0 = (0, 0). L’inversa di σ si
calcola immediatamente dalla (6.1).
Tra le dilatazioni non degeneri abbiamo le traslazioni, che sono le dilatazioni prive di punti fissi. Da
X = σ(X) = αX + C,
3
Per la comodità del lettore. Ma inverto l’ordine espositivo. Inoltre per maggiore
semplicità considero direttamente un campo invece che un corpo, anche se, come è facile
verificare, la commutatività del prodotto non è necessaria.
4
Si può pensare ad R, C, Q o anche ad un campo di caratteristica finita; o un campo
finito o, addirittura Zp .
50
posto C = (a, b), X = (x, y) si deducono le condizioni perché X sia un punto
fisso
(
(1 − α)x = a
(1 − α)y = b.
Dunque le traslazioni sono individuate da α = 1. Indicheremo l’insieme delle
traslazioni con T .
Se ora scegliamo l’origine O = (0, 0) come punto fisso, tutte le dilatazioni
che hanno questo punto come fisso hanno evidentemente la forma
(6.2)
σ(X) = αX.
Sia ora τC (X) = X + C una traslazione e si osservi che, se σ è data dalla
(6.2) abbiamo
(6.3)
στC σ −1 (X) = στC (α−1 X) = σ(α−1 X + C) = X + αC = ταC (X).
Da una traslazione abbiamo ottenuto un’altra traslazione, la quale ha la
proprietà importante di avere la stessa direzione della traslazione originaria.5
Si noti ora che un elemento α ∈ K individua esattamente sia una dilatazione della forma (6.2) sia una applicazione
τC 7→ ταC
dell’insieme T delle traslazioni in se stesso. Indichiamo l’applicazione individuata da α di T in T con τ α . Si vede allora facilmente che
(τ1 τ2 )α = τ1α τ2α
e che l’applicazione
( )α : T → T ,
data da τ 7→ τ α
è un omomorfismo.
Indichiamo ora con ( )0 l’omomorfismo di T che ad ogni traslazione
associa la traslazione identica e con ( )1 l’omomorfismo che associa ad ogni
traslazione la traslazione stessa.
5
In termini più ‘algebrici’: le traslazioni sono un sottogruppo normale del gruppo delle
dilatazioni non degeneri.
51
Sia ora k l’insieme di questi omomorfismi. Possiamo definire la somma
in k, attraverso la composizione. Se ( )α , ( )β sono due elementi di k,
dobbiamo vedere come questa somma opera su una traslazione arbitraria τC
per produrre una nuova traslazione e dunque, ancora, come questa traslazione
opera su un punto arbitrario X. Abbiamo allora:
β
α
α
β
( ) + ( ) (τC )(X) = τC τC (X) = τCα (X + βC) = X + βC + αC.
Dalla definizione posta risulta evidente che
( )α + ( )β = ( )α+β .
Analogamente possiamo definire il prodotto: questa volta componendo i
morfismi in k con
(( )α )β .
Quindi
(( )α )β (τC )(X) = X + αβC.
In questo modo k risulta essere organizzato con una struttura di campo. Il
campo K risulta posto in corrispondenza di isomorfismo con l’insieme degli
omomorfismi k di T in T della forma ( )α , attraverso l’applicazione α 7→ ( )α .
È ora facile vedere che possiamo identificare k × k con K × K.
L’idea di Emil Artin è ora quella di creare un contesto geometrico sufficientemente ricco per ottenere un insieme di dilatazioni e traslazioni con le
proprietà viste.6 A partire dagli omomorfismi sulle traslazioni si costruirà
un corpo K, il quale risulterà un campo se, come ha mostrato l’analisi di
Hilbert, operiamo una richiesta aggiuntiva su una configurazione geometrica
corrispondente ad un caso particolare del teorema di Pascal.7
Come Hilbert, Artin parte da due insiemi P, R di ‘punti’ e ’rette’ e suppone data una relazione di appartenenza che dia senso a “P giace sul l“.
Due rette l, m sono dette parallele se l = m o se sono prive di punti comuni.
Assume poi che per due punti distinti vi sia una sola retta che li contiene e
l’assioma di Playfair. Se la retta l contiene P e Q, Artin scrive
l = P + Q.
6
In particolare bisognerà individuare esattamente gli omomorfismi di T in se stesso che
corrispondono alla proprietà descritta dalla (6.3).
7
Cfr. (Hilbert 1970, cap. 3) o, (Hilbert 1997, cap. 3).
52
Dopo aver dimostrato che il parallelismo è una relazione di equivalenza, chiama fascio una classe di equivalenza di rette parallele. Dimostra poi che se
esistono tre fasci distinti di rette parallele (almeno tre direzioni) ogni fascio
contiene lo steso numero di rette e questo numero è uguale al numero di punti
giacenti su una retta qualsiasi.8 Dopo aver posto l’ulteriore assioma sull’esistenza di almeno tre punti non allineati, si ha la definizione di dilatazione.
Definizione 6. – Una rappresentazione
σ:P →P
si chiama dilatazione quando vale la proprietà seguente. Siano P, Q punti
distinti e sia
P ′ = σ(P ), Q′ = σ(Q).
Sia l′ la retta parallela a P + Q passante per P ′. Allora Q′ giace su l′ .
P ′ = σ(P )
Q′ = σ(Q)
P
Q
Figura 6.1: Dilatazione
Si dimostra poi facilmente (ma attenzione ad esaminare tutti i casi possibili!) il teorema seguente:
Teorema 16. – Una dilatazione σ è individuata dalle immagini P ′ , Q′ di
due punti distinti P, Q. Se P ′ = Q′ allora σ manda ogni altro punto in P ′ (è
degenere). In caso contrario è una corrispondenza biunivoca.
8
Cfr. (Artin 1968, p. 59).
53
Corollario 1. – Se una dilatazione ha due punti fissi allora essa è l’identità.
Definizione 7. – Sia σ una dilatazione non degenere e sia P un punto.
Ogni retta contente P e σ(P ) si dirà una traccia di P . Se P 6= σ(P ) allora
la traccia è unica ed è P + σ(P ).
σ(P ) 6= P
P = σ(P )
P
Figura 6.2: Tracce nei due casi
Teorema 17. – Sia σ una dilatazione non degenere, P un punto e l una
traccia di P . Allora se Q è un punto di l anche σQ è un punto di l.
Corollario 2. – L’intersezione di due tracce non parallele è un punto fisso.
Per individuare le traslazioni, basta ora la definizione seguente (si veda
la figura):
P ′ = τ (P )
P
Q′ = τ (Q)
Q
Figura 6.3: Traslazione
Definizione 8. – Una dilatazione non singolare τ si chiamerà traslazione
se τ = 1 oppure se τ non ha punti fissi.
54
Si dimostra facilmente che
Teorema 18. – Una traslazione è univocamente determinata dall’immagine di un punto.
Osservazione 8. – Nel seguito si suppone che le dilatazioni siano non degeneri. Si verifica facilmente che le dilatazioni (non degeneri) formano un
gruppo D e le traslazioni formano un sottogruppo T .
Sia σ una dilatazione e τ una traslazione. Allora στ σ −1 è ancora una
traslazione. Infatti, sia τ1 = στ σ −1 . Se τ1 ha un punto fisso P si ha
στ σ −1 P = P
ossia
τ σ −1 P = σ −1 P
e quindi τ ha un punto fisso. In questo caso τ = 1, ed anche τ1 = 1 ed è
dunque una traslazione. Se τ non è l’identità allora τ1 non ha punti fissi.
Sia ora π il fascio individuato da τ . La traccia di σ −1 P rispetto a τ è
data da σ −1 P + τ σ −1 P . Dato che σ è una dilatazione, si ha
σ −1 P + τ σ −1 P k σ(σ −1 P ) + σ(τ σ −1 P ) = P + στ σ −1 P.
Quindi στ σ −1 conserva le tracce. Allora:
Teorema 19. – Le dilatazioni formano un gruppo D e le traslazioni T formano un sottogruppo normale di D. Se σ è una dilatazione e τ 6= 1 è una
traslazione, allora τ e στ σ −1 hanno la stessa direzione.
Si dimostra anche facilmente che
Teorema 20. – L’identità e le traslazioni che hanno come direzione un dato
fascio π di rette parallele formano un gruppo.
Molto importante è il teorema seguente:
Teorema 21. – Se esistono traslazioni con direzioni diverse, allora T è un
gruppo commutativo.
55
Dimostrazione. 1) Siano date τ1 , τ2 con direzioni diverse. Per il Teorema
19, la traslazione τ1 τ2 τ1−1 ha la stessa direzione di τ2 e quindi di τ2−1 . Se
τ1 τ2 τ1−1 τ2−1 6= 1, ne segue che τ1 τ2 τ1−1 τ2−1 e τ2 hanno la stessa direzione.
Ma anche τ1 e τ2 τ1−1 τ2−1 hanno la stessa direzione e quindi τ1 τ2 τ1−1 τ2−1 ha
la direzione di τ1 . Ma allora τ1 e τ2 dovrebbero avere la stessa direzione.
Abbiamo una contraddizione, e quindi τ1 τ2 τ1−1 τ2−1 = 1, ossia τ1 τ2 = τ2 τ1 .
2) Supponiamo ora che τ1 , τ2 abbiano la stessa direzione. esiste τ3 con
direzione diversa e, per quanto dimostrato al punto 1), τ3 τ1 = τ1 τ3 . Anche la traslazione τ2 τ3 ha direzione diversa da quella di τ1 . In caso contrario τ2−1 τ2 τ3 = τ3 avrebbe la stessa direzione. Allora, ancora utilizzando la
proprietà 1),
τ1 (τ2 τ3 ) = (τ2 τ3 )τ1 = τ2 (τ3 )τ1 ) = τ2 (τ1 τ3 ).
Da τ1 τ2 τ3 = τ2 τ1 τ3 si ottiene (le traslazioni formano gruppo: vale la legge di
cancellazione): τ1 τ2 = τ2 τ1 . Assioma 6.0.1. – Dati due punti P, Q esiste una traslazione τP Q che porta
P in Q.
Poiché una traslazione è individuata dall’immagine di un punto, τP Q è unica.
Inoltre, poiché esistono traslazioni con direzioni diverse, dall’Assioma
6.0.1 segue che T è abeliano.
Sia T l’insieme delle traslazioni. Procedendo ora ‘a ritroso’ si tratta di
individuare quegli omomorfismi di T in T corrispondenti alla (6.3). Ecco
una prima definizione:
Ecco ora la definizione fondamentale:
Definizione 9. – Una rappresentazione
α:T →T
è detta un omomorfismo che conserva le tracce se.
(1) è un omomorfismo di T ;
(2) conserva le tracce. Più esattamente: τ α = 1 o τ e τ α hanno la stessa
direzione.
Si osservi intanto che tra gli omomorfismi ve ne sono due particolari, che
possiamo indicare con 0 e 1. Essi sono definiti da
τ 0 = 1T , ∀τ ;
56
τ 1 = τ, ∀τ.
Anche la applicazione −1 è data in modo ovvio:
(τ )−1 = τ −1 , ∀τ.9
Inoltre, essendo T commutativo, si ha
(τ1 τ2 )−1 = τ2−1 τ1−1 = τ1−1 τ2−1 .
Inoltre, se σ è una dilatazione fissa, con
τ 7→ στ σ −1
∀τ
si ha ancora un omomorfismo che
Ora Artin indica con k l’insieme di tutti gli omomorfismi che conservano
le tracce. Sarà k il corpo richiesto.
Ecco come è definita la somma. Consideriamo α, β ∈ k. Con α + β
intendiamo l’omomorfismo definito da:
(α + β)(τ ) = τ α τ β .
Utilizzando la notazione esponenziale:
τ α+β = τ α τ β .
Mostriamo che è un omomorfismo:
(τ1 τ2 )α+β =
=
=
=
(τ1 τ2 )α (τ1 τ2 )β
τ1α τ2α τ1β τ2β
τ1α τ1β τ2α τ2β
(τ1 )α+β (τ2 )α+β .
Si vede poi facilmente che α + β conserva le tracce.
Il prodotto è invece definito da
τ αβ = (τ β )α .
Si vede facilmente che con queste definizioni definizioni k è un anello.
[Da completare]
9
Ho introdotto le parentesi nel menbro a sinistro per indicare con chiarezza che viene
descritto l’operato di un omomorfismo.
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