Cellule T regolatorie in pazienti con sclerosi multipla che

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Cellule T regolatorie in pazienti con sclerosi multipla che
rispondono alla terapia con interferone beta
Chiarini M.,1 Serana F.,1 Bertoli D.,1 Zanotti C.,1 Capra R.,2 Rottoli M.,3 Rovaris M.,4 Cavaletti G.,5
Clerici R.,6 Rezzonico M.,7 Caimi L.,1 Imberti L.1
1Laboratorio di Biotecnologie, Spedali Civili di Brescia;
Sclerosi Multipla, Spedali Civili di Brescia, presidio di Montichiari;
3Ospedali Riuniti Bergamo; 4IRCCS Santa Maria Nascente, Fondazione Don Gnocchi, Milano;
5Dipartimento di Neuroscienze e Tecnologie Biomediche, Università di Milano-Bicocca, Monza;
6Ospedale Valduce, Como; 7Ospedale S. Anna, Como
2Centro
e-mail: [email protected]
20
Introduzione
Sono ormai molte le evidenze a favore di un ruolo fondamentale dei linfociti T ad attività regolatoria (Treg) nel
controllo delle cellule T autoreattive che innescano i
fenomeni autoimmuni.1 La maggior parte dei lavori
apparsi in letteratura negli ultimi anni concorda nel classificare le Treg in due principali gruppi. Il primo è rappresentato dalle Treg naturali, cellule che originano nel
timo nelle prime fasi dello sviluppo fetale e neonatale e
che esprimono CD4, CD25 e il fattore di trascrizione
FoxP3;2 le Treg naturali sono cellule policlonali, capaci
di riconoscere diversi antigeni self, ed esplicano la loro
attività mediante contatto diretto tra le cellule.3 Il secondo gruppo di cellule regolatorie, le Treg inducibili, origina dalle cellule T mature o dalle Treg naturali in condizioni di opportuna stimolazione antigenica; queste cellule agiscono con un meccanismo citochina-dipendente e
possono essere distinte in Tr1, che secernono principalmente IL-10,4,5 e Th3, che producono soprattutto
TGFβ.6,7 Vista la loro capacità di sopprimere la risposta
autoimmune, le Treg sono state molto studiate nell’ambito di patologie in cui si osserva un’aumentata attività
delle cellule del sistema immunitario e tra queste, la sclerosi multipla (SM). La SM è una malattia infiammatoria
cronica del sistema nervoso centrale (SNC), caratterizzata da demielinizzazione focale, perdita di oligodendrociti, danno assonale e astrogliosi.8 Un ruolo chiave nella
patologia della SM è attribuito alle cellule T effettrici
autoreattive che penetrano la barriera emato-encefalica e
si attivano nel SNC. E’ su queste cellule che si pensa si
esplichi l’attività soppressoria delle Treg, inducendo la
cosiddetta “tolleranza periferica”.9 La maggior parte dei
lavori eseguiti sui pazienti con SM ha focalizzato
l’attenzione principalmente sulle Treg naturali, dimostrando una loro diminuita capacità soppressoria,10-13
spesso in un contesto immutato dal punto di vista quantitativo.10,11,13-15 Le Treg inducibili, invece, sono state
poco studiate in questa patologia, ed uno dei pochi lavoATTIVITÀ SCIENTIFICA
ri che ha cercato eventuali deficit delle Tr1 nella SM ha
analizzato il “pathway” della molecola CD46.16,17 Il
CD46 è una molecola ad attività costimolatoria per le
cellule T18 di cui esistono quattro isoforme, generate in
seguito a splicing alternativo, le quali differiscono per il
loro dominio citoplasmatico, che può essere costituito o
da una coda intracitoplasmatica formata da 16 amminoacidi (Cyt1) o da una di 23 amminoacidi (Cyt2).19 La funzione di CD46 come attivatore o inibitore della risposta
delle cellule T è mediata proprio dall’espressione temporale di una delle due code: Cyt1 inibisce la risposta
infiammatoria inducendo l’espansione proprio delle cellule con fenotipo Tr1,20 mentre Cyt2 aumenta
l’infiammazione.21 Un recente studio di Astier e collaboratori16 ha dimostrato che l’attivazione del pathway del
CD46 è compromessa in alcuni pazienti con SM in quanto le cellule T stimolate con anticorpi monoclonali
(MoAb) anti-CD46 e anti-CD3 presentano una ridotta
produzione di IL-10 associata, in particolare, ad un
aumento dell’espressione delle isoforme di CD46 che
portano la coda Cyt2.
A nostra conoscenza, nessuno, fino a oggi, ha studiato la
modulazione delle Treg naturali e delle cellule Tr1 nello
stesso gruppo di pazienti con SM, pochi autori hanno
valutato gli effetti del trattamento con interferone-beta
(IFNβ) sul numero o sull’attività delle Treg,16,22,23 e nessuno ha preso in considerazione il fatto che, in un certo
numero di pazienti (circa il 12%), questo farmaco non è
in grado di esplicare la propria attività biologica a causa
dell‘induzione di anticorpi anti-IFNβ.24 Lo studio da noi
intrapreso ha cercato di superare queste limitazioni perché la quantificazione delle cellule Treg naturali e dell’attività delle cellule Tr1 nei pazienti in cui l’IFNβ è biologicamente attivo potrebbe rappresentare il primo passo
per l’identificazione di nuovi marcatori biologici capaci
di prevedere gli effetti della terapia. Questa informazione
è di importanza strategica, dal momento che la risposta
biologica e clinica alla somministrazione di IFNβ nei
Lettere GIC Vol. 20, Num. 3 -Dicembre 2011
pazienti con SM è molto variabile e sicuramente non
legata solamente alla presenza di anticorpi anti-IFNβ.
Metodi e Risultati
Per questo studio sono stati arruolati 99 pazienti di età
compresa tra i 19 e i 63 anni affetti da SM recidivanteremittente definita secondo i criteri di McDonald,25 con
un intervallo di Expanded Disability Status Scale
(EDSS) da 0 a 3. Quarantanove di questi erano in terapia
con IFNβ da almeno due anni, mentre i rimanenti 50, che
non avevano mai assunto il farmaco, avevano iniziato la
terapia al momento dell’inclusione nello studio (T0), per
poi essere seguiti nel tempo con visita a 6 mesi (T6) e 12
mesi (T12) dall’inizio del trattamento. Come controlli
sono stati reclutati 25 donatori sani. Per valutare la risposta biologica all’IFNβ è stato quantificato, in Real-Time
PCR, l’mRNA che codifica per la proteina myxovirus
resistance protein A (MxA), una proteina prodotta solo in
seguito all’interazione tra gli IFN di tipo I, tra cui
l’IFNβ, e lo specifico recettore.26 Tutti i pazienti che non
esprimevano l’mRNA di MxA a 12 ore dalla somministrazione di IFNβ erano considerati non responsivi all’attività biologica del farmaco.
La caratterizzazione dei differenti sottotipi di cellule
Treg è stata effettuata mediante citometria a flusso; le
cellule del sangue periferico sono state analizzate con un
citometro BD FACSCanto II e valutate mediante il software FlowJo v7.6.5 (la strategia di “gating” utilizzata per
la caratterizzazione delle sottopopolazioni Treg è
mostrata nella Figura 1A). Sulla popolazione di cellule T
CD4+ sono state identificate le cellule T naive con fenotipo CD45RA+CCR7+, le cellule T central memory
(TCM) con fenotipo CD45RA-CCR7+ e le T effector
memory (TEM) con fenotipo CD45RA-CCR7-.27 Sulle
cellule naive sono state selezionate le cellule CD31+, che
rappresentano le “recent T emigrants” (RTE)28,29 e tra
queste ultime, evidenziate quelle con fenotipo Treg
CD25+CD127low/-,30
ovvero
le
RTE-Treg
+
+
+
+
low/31,32
(CD45RA CCR7 CD31 CD25 CD127 ).
Sui linfociti Treg con fenotipo CD4+CD25+CD127low/- è stato
posto un “gate” per identificare, sulla base all’espressione del CD45RA e del CCR7, le cellule naive Treg, le central memory Treg (TregCM) e le effector memory Treg
(TregEM).33,34 L’identificazione delle cellule Tr1, invece,
è avvenuta misurando, in Real-Time PCR, l’mRNA per
IL-10 e per CD46 nelle cellule del sangue periferico dei
pazienti, precedentemente stimolate in vitro con MoAb
anti-CD3 e anti-CD46, sostanze che, in presenza di IL-2,
fanno espandere preferenzialmente la popolazione Tr1
secernente IL-1020 (l’approccio sperimentale è mostrato
Fig. 1: A. Strategia di gating per l’identificazione
delle sottopopolazioni linfocitarie. Le cellule mononucleate del sangue periferico sono state marcate coi
i seguenti mAbs: CD45RA FITC, CD4 APC-H7,
CD25 PE e CD127 Pe-Cy7, CCR7 PerCp-Cy5.5 e
CD31 APC. B. Rappresentazione schematica del processo di stimolazione dei linfociti con MoAb antiCD3 e anti-CD46, in presenza di IL-2 per indurre il
fenotipo Tr1. L’mRNA per IL-10 e per la molecola di
superficie CD46 sono stati quantificati in Real-Time
PCR (figura riadattata da Dwyer KM et al, Purinergic
Signalling, 2007).
TCM: cellule T “central memory”; TEM: cellule T
“effector memory”; RTE: “recent T emigrants”;
TregCM: cellule Treg “central memory”; TregEM: cellule Treg “effector memory”.
Lettere GIC Vol. 20, Num. 3 - Dicembre 2011
ATTIVITÀ SCIENTIFICA
21
nella Figura 1B). L’analisi statistica è stata eseguita con
metodi non parametrici e con ANOVA fattoriale a disegno misto (soglia di significatività: p < 0.05).
L’analisi citofluorimetrica ha mostrato, in primo luogo,
che le sottopopolazioni di linfociti T CD4+ erano rappresentate in modo simile nei pazienti con MxA non indotta, quindi non-responder biologici, nei pazienti con MxA
indotta in trattamento con IFNβ da almeno 24 mesi, e nei
controlli sani, mentre ha evidenziato un leggero aumento dei linfociti T naive ed RTE ed una diminuzione dei
linfociti TCM, ma non dei TEM, dopo 12 mesi di terapia
(Figura 2A). Non sono state invece rilevate differenze
nelle percentuali delle cellule Treg totali; al contrario, si
è osservata una ridistribuzione delle sottopopolazioni
anni di terapia; tutto questo, però, non avveniva nei
pazienti MxA indotti in trattamento con il farmaco solo
da 12 mesi (Figura 2B). I risultati, inoltre, dimostrano
che la percentuale di Treg naive diminuisce con l’età
solo nei pazienti non trattati mentre in quelli trattati con
IFNβ non c’è correlazione tra quantità di Treg naive ed
incremento dell’età. Il contrario avviene per le cellule
TregCM la cui percentuale non è influenzata dall’età nei
pazienti non trattati, ma aumenta con il crescere dell’età
nei pazienti trattati con IFNβ (dato non mostrato).
Per studiare la popolazione Tr1 non è stato possibile utilizzare l’approccio citofluorimetrico perché queste cellule non esprimono specifici e selettivi marcatori di superficie. Abbiamo perciò quantificato l’mRNA codificante
Fig. 2: A. Sottopopolazioni dei linfociti T CD4+ analizzate prima dell’inizio della terapia (T0) e dopo 12 mesi (T12) ed identificate
seguendo la strategia illustrata in Figura 1. B. Percentuali delle sottopopolazioni delle cellule Treg nei controlli (Ctrl); pazienti con SM
in cui l’IFNβ non è biodisponibile perché non è in grado di indurre l’mRNA per MxA (MxA-); pazienti trattati con IFNβ da almeno
due anni in cui l’mRNA per MxA è indotto (MxA>24); pazienti che iniziano il trattamento con IFNβ (T0) e lo proseguono per 12 mesi
(T12) ed in cui l’mRNA per MxA risulta indotto (MxA+).
(Figura riadattata da Chiarini M et al, Multiple Sclerosis, 2011).
RTE: “recent T emigrants”; TCM: cellule T “central memory”; TEM: cellule T “effector memory”; TregCM: cellule Treg “central memory”; TregEM: cellule Treg “effector memory”.
22
Treg quando queste ultime sono state suddivise, sulla
base delle caratteristiche fenotipiche di espressione delle
molecole CD45RA e del CCR7, in Treg naive- e memory-like. In particolare, la percentuale di cellule TregCM
era significativamente più alta nei pazienti trattati da
almeno due anni con IFNβ rispetto ai pazienti non ancora trattati, mentre una situazione opposta è stata osservata per le cellule Treg naive, che erano diminuite dopo due
ATTIVITÀ SCIENTIFICA
per IL-10 sia in sangue intero sia in cellule mononucleate di sangue periferico prima e dopo la stimolazione in
vitro con MoAb anti-CD46 e anti-CD3. Nei campioni di
sangue intero, prelevati ai pazienti prima dell’inizio della
terapia, la quantità di mRNA per IL-10 era simile a quella trovata nei soggetti di controllo, ma aumentava significativamente dopo 12 mesi di trattamento con IFNβ
(Figura 3A). Invece, dopo stimolazione, nelle cellule dei
Lettere GIC Vol. 20, Num. 3 -Dicembre 2011
Fig. 3: A. Livelli di espressione dell’mRNA per IL-10 nel sangue intero di controlli (Ctrl), e pazienti con SM, prima della terapia (T0)
e un anno dopo (T12) l’inizio del trattamento. B. Livelli di espressione dell’mRNA per IL-10 in cellule mononucleate di sangue periferico dei pazienti con SM stimolate in vitro con MoAb anti-CD3 e anti-CD46 in presenza di IL-2. C. Livelli di espressione
dell’mRNA per CD46 nelle cellule dei pazienti stimolate in vitro con MoAb anti-CD3 e anti-CD46 in presenza di IL-2. I pazienti sono
divisi in due sottogruppi caratterizzati da bassa (rombi mezzi pieni) e alta (rombi pieni) espressione di mRNA per CD46. D. Livelli di
espressione dell’mRNA per IL-10 prima (T0) e dopo (T12) terapia nei due sottogruppi di pazienti con bassa (rombi mezzi pieni) e alta
(rombi pieni) espressione di RNA per CD46. E. EDSS misurato due anni dopo l’inizio della terapia nei due sottogruppi di pazienti con
bassa (rombi mezzi pieni) e alta (rombi pieni) espressione di mRNA per CD46. Tutte queste analisi sono state eseguite solo in pazienti in cui l’mRNA per MxA era indotto.
Barre d’errore: media e intervallo di confidenza al 95% (C); mediana e intervallo interquartile (D, E). NR: rapporto di normalizzazione calcolato rispetto a un unico soggetto sano (A, D) o alle cellule non stimolate di un pool di donatori (B, C).
(Figura riadattata da Chiarini M et al, Multiple Sclerosis, 2011).
pazienti MxA-indotti, ottenute sia prima dell’inizio della
terapia sia dopo 12 mesi, la quantità di mRNA per IL-10
era molto più alta di quella trovata nel sangue intero, ma
significativamente più bassa nei pazienti rispetto ai controlli (Figura 3B). Questo suggerisce che la popolazione
Tr1 dei pazienti con SM o è meno numerosa o è meno
sensibile alla stimolazione in vitro con quegli MoAb che
normalmente ne inducono l’espansione. Al contrario,
dopo stimolazione in vitro, l’mRNA codificante per la
molecola CD46, era aumentato nelle cellule dei pazienti
rispetto ai controlli, indipendentemente dal fatto che i
campioni dei pazienti fossero ottenuti prima o dopo il
trattamento. In particolare, abbiamo potuto distinguere
due sottogruppi di pazienti in trattamento con IFNβ in
cui le cellule mononucleate del sangue periferico esprimevano differenti livelli di mRNA codificante per CD46
(Figura 3C). I due sottogruppi, uno con quantità di
Lettere GIC Vol. 20, Num. 3 - Dicembre 2011
mRNA per CD46 simile ai quella dei controlli e l’altro
con mRNA per CD46 più alto, mostravano anche una
diversa capacità di produrre IL-10 in risposta alla terapia
con IFNβ. Infatti, anche se in entrambi i gruppi l’mRNA
per IL-10 tendeva ad aumentare dopo 12 mesi di terapia,
nei campioni analizzati ex vivo, l’incremento di mRNA
per IL-10 era significativamente maggiore nei pazienti
con alti livelli di mRNA per CD46 (Figura 3D). Infine,
sono state trovate delle correlazioni tra i risultati biologici e l’andamento clinico della malattia: i pazienti con alti
livelli di mRNA per CD46 e IL-10 avevano, dopo 24
mesi dall’inizio della terapia, un EDSS mediano significativamente più basso rispetto agli altri, mentre non vi
era nessuna differenza prima dell’inizio del trattamento
(Figura 3E). I pazienti con bassi livelli di mRNA per
CD46 mostravano inoltre, dopo 24 mesi di terapia, un
aumento significativo dell’EDSS (dato non mostrato).
ATTIVITÀ SCIENTIFICA
23
24
Discussione
Gli studi pubblicati fino ad oggi non avevano pienamente chiarito il ruolo delle cellule Treg nei pazienti con SM
trattati con IFNβ e, anzi, avevano fornito risultati spesso
contraddittori,12,14,35 probabilmente per l’eterogeneità
dei soggetti studiati o dei metodi usati per identificare la
popolazione Treg. I risultati sopra riportati, rafforzati
dalla scelta di analizzare pazienti seguiti nel tempo,
prima e dopo l’inizio della terapia, e dall’identificazione
dei pazienti in cui l’IFNβ non era bioattivo, indicano che,
a livello di pool totale, i linfociti Treg non presentano
variazioni dovute alla terapia, né si riscontra un loro deficit prima dell’inizio del trattamento. Al contrario si è
potuto evidenziare una ridistribuzione all’interno delle
diverse sottopopolazioni di Treg, con un incremento di
quelle che esprimono il marcatore CCR7. In particolare,
le cellule con fenotipo CD4+CD25+CD127low/-CD45RACCR7+, che identifica la popolazione TregCM, sono
aumentate nei pazienti in trattamento con IFNβ da almeno due anni. Queste cellule regolatorie sono probabilmente quelle dotate di maggiore capacità soppressoria.
Dati ottenuti in topi knock-out hanno infatti dimostrato
che le Treg necessitano dell’espressione del CCR7 per
essere realmente soppressorie.34 Inoltre, come gli altri
linfociti T, anche le Treg probabilmente usano il CCR7
per riuscire a localizzarsi nei linfonodi, dove si possono
attivare ed espandere in seguito a stimolazione antigenica.36 Una ridistribuzione omeostatica dei sottogruppi di
Treg dopo terapia è suggerita anche dalle diverse correlazioni osservate tra le sottopopolazioni di Treg e l’età:
in particolare, la percentuale delle Treg naive diminuisce
con l’età solo nei pazienti non trattati, ma non nei pazienti in terapia con IFNβ. Nei soggetti sani, invece, è stato
dimostrato che a causa dell’involuzione timica, il numero dei linfociti Treg naïve decresce con l’età, mentre il
numero delle Treg totali è mantenuto pressoché costante
per tutta la vita grazie alla continua proliferazione omeostatica periferica, attivata da antigeni“self”, e alla comparsa di nuove Treg generate in seguito alla maturazione
di cellule T memoria periferiche indotta da variazioni del
microambiante.8
L’analisi dell’altro tipo di linfociti Treg, i Tr1, è stata
effettuata in maniera indiretta, misurando la quantità di
RNA codificante per IL-10 e CD46, dopo stimolazione
con MoAb anti-CD46 e anti-CD3, che insieme inducono
l’espansione di una popolazione con caratteristiche simili a quella Tr1. Si è osservato che l’aumento di mRNA
per IL-10 nei pazienti trattati è accompagnato da
un’alterazione dell’espressione del CD46 dopo stimolazione in vitro, che sembra essere correlata ad una diversa capacità di produrre IL-10: i pazienti che, dopo 12
mesi di trattamento con IFNβ, avevano un maggior livello di mRNA per CD46 erano quelli con più alta produzione di IL-10 e persino con un andamento clinico
migliore, forse proprio grazie alla maggior produzione di
un’interleuchina anti infiammatoria come IL-10.
ATTIVITÀ SCIENTIFICA
In conclusione, lo “shift” fenotipico delle Treg, da Treg
naive a TregCM, ed il coinvolgimento della popolazione
Tr1 potrebbero spiegare, almeno in parte, il meccanismo
attraverso il quale l’IFNβ esplica i suoi benefici nei
pazienti con SM. Questo lavoro suggerisce che la quantificazione dell’mRNA per IL-10 e CD46 potrebbe permettere di identificare precocemente i pazienti con un
minore rischio di progressione della malattia perché alti
produttori di mRNA per IL-10 e CD46 mentre l’analisi
citofluorimetrica delle sottopopolazioni Treg potrebbe
aiutare ad individuare quei pazienti con la più alta percentuale di cellule ad elevata attività soppressoria, anche
se quest’ultima ipotesi dovrà essere verificata con nuovi
studi basati su test funzionali.
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ATTIVITÀ SCIENTIFICA
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