TERRA E CORPO IMMORTALE IN ARTAUD Florinda

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NOESIS – BERGAMO
INCONTRI DI FILOSOFIA
Florinda CAMBRIA
TERRA E CORPO IMMORTALE
IN ARTAUD
2009 - 2010
IL CIELO, LA TERRA
FLORINDA CAMBRIA – TERRA E CORPO IMMORTALE IN ARTAUD
Florinda Cambria1 – Università de l’Aquila
Conferenza tenuta martedì 2 marzo 2010
1.1
RELAZIONE
L’idea di un corpo immmortale è inusuale, l’immortalità non è
abitualmente riferita al corpo (a meno di inquietudini da
modificazione genetica).
Questa conferenza si propone di
sollecitare sentimenti di interesse circa la terrestrità (Rilke2, sonetti
ad Orfeo) abbinata ad un corpo immortale. Siamo usi pensare al
terrestre come non-celeste, opposto allo spirituale ed
all’immortale. Il terrestre è visto come animale, carnale, caduco.
Ora si vorrebbe proporre la terrestrità non come altro dal cielo, ma
come supporto del cielo. Il terrestre come luogo di possibile
generatività, danza fertile, terra madre, con implicazioni anche caotiche, basse, femminili. In
Artaud è stato attore, regista, teatrologo, politico
questi termini ne ha parlato Artaud3.
rivoluzionario. La sua idea dominante è stata la potenzialità di mutazione, transustanziazione di
ciò che è terreno. Vedeva la danza come sfondo all’azione, prassi che comporta permanenza delle
forme e transito attraverso di esse. Danza come posture e movimento, transito attraverso le
posture. La danza è esercizio di un movimento posturale e transiente. Ciò che rende organici (=
organizza) posture e movimento è il ritmo.
Artaud era un marsigliese con madre greca e nonne turche. Vivrà parte dell’infanzia a Smirne, poi,
insofferente, andrà a Parigi a scrivere poesie. La sua era poesia operativa, intrecciata al teatro.
Artaud costituisce una tappa fondamentale nel teatro del ‘900. Nel teatro vede una funzione etica.
Lavorò per due anni con i surrealisti, ma li abbandonò quando il loro rivoluzionarismo si appiattì
sulle posizioni di Marx e del PCF (partito comunista francese). Accusato di non interessarsi più
alla rivoluzione, rispose che la rivoluzione lo interessava sempre, era la loro rivoluzione che non lo
interessava più. Secondo la prassi fu espulso ed isolato, e gli vennero a mancare molte risorse di
sussistenza4.
Critica Marx non come filosofo o pensatore, ma in quanto europeo. Secondo lui la cultura europea
ha sbriciolato l’uomo, lo ha reso esausto ed incapace di riscatto. Negli anni 30 lascia il teatro, dove
comunque l’ostracismo della sinistra ortodossa gli aveva molto limitato gli spazi operativi, e parte
per un viaggio in Messico che avrà per lui la valenza di viaggio iniziatico.
Arrivato in Messico ha la possibilità di tenere conferenze agli studenti universitari e di scrivere su
riviste (Messaggi Rivoluzionari, editi a cura di M. Gallucci5). Nella sua prima conferenza dichiara
1
Vedi note bibliografiche.
Rilke, Poeta austriaco di origine boema (1875-1926). Vedi Borgna, Noesis 2009
3
Artaud, vedi capitolo riferimenti.
4
La gauche aveva già gramscianamente occupato le istituzioni culturali e le gestiva con spregiudicato cinismo.
5
Messaggi rivoluzionari, a cura di Marcello Gallucci, Vibo Valentia, Monteleone, 1994
2
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Appunti dalle conferenze
a cura di Danilo Cambiaghi
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2009 - 2010
IL CIELO, LA TERRA
di essere venuto alla ricerca di uomini politici, e poi inizia a parlare di cultura. Uno dei suoi scopi
era lo studio dei riti precolombiani sopravvissuti alla colonizzazione. Sogna una rivoluzione
globale, cioè culturale, impossibile con gli esausti europei.
Quando, nel 36, torna dal Messico la sua vicenda umana precipita. Se ne perdono le tracce, ad un
certo punto torna dall’Inghilterra in stato di coercizione per presunta infermità mentale. Uscirà dal
manicomio nel ’46, dopo avere subito 52 volte l’elettroshock. Trascorrerà a Parigi gli ultimi due
anni della vita, scrivendo moltissimo, usando una grafia inedita che era parte integrante del suo
programma rivoluzionario. Definisce i suoi scritti una produzione grafica per analfabeti, dove i
messaggi inseriti tra i disegni sono dettati cantando. Completa una rivoluzione individuale, vissuta
nel proprio corpo, come alternativa alla rivoluzione globale non riuscita. Dice: “La rivoluzione che
non abbiamo saputo fare, il mondo la farà contro di noi6.”
Vive la terrestrità come luogo di rigenerazione, superando la contrapposizione tra spirito e corpo.
Rigenerazione del corpo che diventa possibilità di trasfigurazione etica verificata attraverso la
cultura. Cita da S. Paolo, prima lettera ai Corinzi: “Ciò che tu semini non prende vita se prima non
muore, e quello che semini non è il corpo che nascerà, ma un semplice chicco, …… si semina
ignobile e risorge glorioso, si semina debole e risorge pieno di forza ….. si veste di immortalità
…… dov’è o morte il tuo pungiglione?7”
L’immagine della semina suggerisce la risurrezione dei corpi, da pensare come nascita nuova ed
incorruttibile da un seme mortale. Paolo prevede un superamento dell’ignobile e corruttibile per
accedere al nobile ed incorruttibile. Rimane però la contrapposizione tra caducità terrestre ed
incorruttibilità celeste. Artaud rileva che tale posizione non è autonoma, ma è condizionata da una
visione preesistente ed affermata.
Artaud si riferisce molto anche alla sapienza alchemica che gli permette di pensare il terrestre come
costitutivo del celeste.
Cita da uno scritto del ’36, critico verso l’Europa: “La scienza moderna ci insegna che non c’è vera
distinzione … tra energia, movimento e massa.” La Cambria esprime l’emozione suscitata in lei
dalla formula di Einstein8 che equipara massa ed energia, dove si può interpretare la massa come
energia rappresa e l’energia come massa in espansione.
Secondo Artaud è un ritorno, con 400 anni di ritardo, al trimundio alchemico9, basato su zolfo, sale
e mercurio. L’alchimia è insieme sapienza ed attività, e presume un percorso conoscitivo di tipo
iniziatico relativo al mondo della materia, cioè dell’energia, cioè del potenziale di trasformazione
della materia. Mentre cerca la pietra filosofale l’alchimista si rinnova, mentre cerca la via per
trasformare la materia vile in oro, in realtà trova la via per elevare e nobilitare sé stesso.
L’evoluzione della materia in oro (cioè in energia) è parallela alla crescita dell’alchimista, il cui
opus è la rinascita dell’alchimista stesso come puer aeternum10.
L’alchimia non è l’anticamera della chimica, ma la ricerca di un’etica della trasformazione (dalla
materia all’immortalità).
L’Artaud stabilisce la seguente relazione tra termini scientifici ed alchemici:
6
confronta “Fata volentes ducunt, nolentes trahunt”, Vedi Sacchi, note 7 e 8, Noesis 2009
S.Paolo ai Corinzi, vedi capitolo dei riferimenti.
8
e=mc2 , dove e è l’energia, m la massa e c la velocità della luce. Per approfondire si consulti, ad esempio, il sito
http://it.wikipedia.org/wiki/E%3Dmc%C2%B2
9
La Cambria definisce erratissima l’idea corrente che vede nell’alchimia semplicemente l’origine della chimica.
10
Puer aeternum: puro come un fanciulle, ed incorruttibile nel tempo.
7
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massa
energia
movimento
= sale
= zolfo
= mercurio
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= corpo
= spirito
= anima
L’uomo totale, sintesi del trimundio, è costituito da corpo, spirito ed anima. L’anima si pone come
cerniera tra massa ed energia, luogo di sintesi e di tensione. Il corpo si pone come spirito rappreso,
lo spirito come corpo esteso. Il corpo è in opera ed in corso d’opera.
Tracciare correlazioni tra terreno e celeste è esercizio di danza, rivolgimento tra corpi che
esprimono spirito e spirito che si rapprende in corpi11. C’è spiritualità che si rapprende creando
corpi conformi. Al fondo ribolle l’immagine dell’immaterialità della vita. Le nostre scienze
stanno per riportare alla luce questi concetti.
Spirito e materia non esistono separatamente.
Artaud si propone di recuperare l’idea, alchemica e scientifica, dell’unitarietà tra spirito e corpo.
La semina di S. Paolo si ripropone come semina nel corpo, spiritualizzazione dei corpi, ma anche
corporeizzazione dello spirito. Solo nella bidirezionalità si trova l’uomo totale, in un’ottica di
materialità assoluta. L’idea del puer aeternum che ha sconfitto la morte è perseguibile solo
attraverso la cultura.
“… oggi in Europa la cultura …si compera. In Europa c’è uno stato di decadenza generalizzato”.
Uomini e terre colti sono in realtà coltivati, sono humus profondo dissodato.
“… la cultura è un movimento dello spirito … tra vuoto e forma … Bisogna imparare a tenersi
diritti nell’andirivienni tra la morte e la vita … esercizio di quelle radici profonde che l’Europa ha
dimenticato.”
Cultura come transito attraverso la morte (idea di iniziazione, ma anche idea posturale).
Iniziazione, postura, superamento della morte senza negare la morte. La rinascita è possibile
perché c’è la morte, porta che si attraversa. Imparare a morire per rinascere è un esercizio
posturale, difficile da pensare in una prospettiva singolare, individuale.
Non si tratta più di pensare al corpo come ad una individuazione, ma piuttosto come ad una
disponibilità a fare massa con la massa di tutti gli altri corpi. Idea di una semina che riscriva la
geografia … di tutti i corpi.
Sempre negli scritti dell’Artaud rinato, dopo che ha reimparato a scrivere ed a stare ritto, troviamo:
“… attenzione, il punto di vuoto è punto di puro transito, non vi si può restare (come nello slancio
della danza non si può restare tra due posture), è lavoro in corso che non si è ancora depositato in
atto”.
Fare cultura significa coltivare forme.
C’è una semina etica non di solo grano ma di sé stessi. Rimanere diritti nel braciere delle forme.
Fare offerta di sé come fertilizzante per nuove forme, il fare di tutti e di ciascuno.
Semina, coltura, cultura, coltivare e farsi coltivabile.
Caducità consapevole, farsi coltivabile.
Il tipo di autorigenerazione che aveva in mente si evince da frasi come questa: “ ed è così che a
forza di morire ho finito per conquistare una vera immortalità”.
11
Qui, abbinando corpi al plurale con spirito al singolare, si anticipa l’abbandono dell’individualità nella fase di
rigenerazione.
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1.2
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DIBATTITO
Paninformi sottolinea come la presentazione della Cambria sottenda una forma di ottimismo basato
sul nostro essere uomini, e non in vista di un bene nebuloso altrove.
Intervento 1 – Chiede un chiarimento a proposito dell’individualità, in parte esplicitamente negata,
ma indirettamente evocata con l’invito a tenere la schiena ritta nel braciere delle forme.
Risposta 1 – L’osservazione è pertinente. Si adombra la possibilità di dissoluzione in corpi
più grandi. Essere diritti nel braciere delle forme non si riferisce al mantenimento di una
qualsiasi forma. Quello che permane è la disponibilità a bruciare. Il logos eracliteo
permane nella trasformazione. Si accenna ad una retta disponibilità a farsi trasformazione.
Implica anche la trasformazione di corpi sociali, politici, ecc. Essere conforme al farsi delle
forme. Nello stato di puro passaggio non si permane (allegoria della danza). Non è
possibile permanere nell’impermanenza. Non c’è vuoto senza forme, e non ci sono forme
senza vuoto.
Siamo alla relazionalità assoluta, il puro vuoto è astrazione.
essere
disponibili alla trasformazione significa che la rivoluzione il mondo non la farà contro di
noi. Rieccheggia il “fata volentes ducunt, nolentes trahunt”
Intervento 2 – Il materialismo assoluto che è stato presentato non sembra discostarsi molto dalla
visione marxista, pur essendo interessante la sintesi tra essere e divenire. L’utilità di questo
pensiero sta nel porsi come una spinta, non come una verità, ché altrimenti si andrebbe verso
nichilismo e dissoluzione.
Questa visione allucinante deve essere spinta a concepire la
trascendenza.
Risposta 2 – Artaud vedeva grandi differenze tra il suo pensiero e quello di Marx, ed aveva
pagato caro tale differenziazione che gli era costata l’espulsione dal gruppo dei surrealisti,
ed il conseguente inaridimento delle fonti di sussistenza. La parola “assoluto” non è
sinonimo di “radicale” L’idea di materia non è opposta/contrapposta all’idea di spirito, ma
si allarga fino a comprenderlo, inglobarlo. La realtà è vista come realtà al lavoro, e
lavorata. La contrapposizione classica tra materialismo e spiritualismo si riduce al lavoro
che li produce entrambi.
Per Artaud la rivoluzione di Marx è troppo piccola, il
materialismo marxista muore sul proprio stesso limite, non è in grado di storicizzare sé
stesso, di ricondursi al lavoro di cui è fatto. Artaud è radicalmente antidogmatico. Il
divenire è inteso in senso pratico (= lavoro), non ontologico. La questione del nichilismo ci
alita sul collo. Nietsche distingue tra un nichilismo forte e uno debole. Il nichilismo forte
ricorda di tenere diritta la schiena, è un accoglimento sapiente della vitalità della morte.
Dice che niente vale la pena. Il nichilismo debole è senza spina dorsale, dice che niente
vale la pena. Artaud dice che “neanche Socrate, forse solo Nietsche aveva occhi per
spogliare l’umanità”. Artaud non vuole essere persuasivo, è solo una proposta posturale.
La verità come divenire può suscitare entusiasmo o angoscia. Dov’è oggi la possibilità di
una rigenerazione? La via della trascendenza è possibile, percorribile, ma la proposta di
Artaud è una trans-immanenza, il fare.
Intervento 3 – Apprezza il taglio della lettura di Artaud, ma vorrebbe sentire esplicitato il problema
dell’arte, sotteso nel processo di creazione dell’opera. Trova che il pensiero di Artaud sia molto
simile al processo artistico, che produce conoscenza non attraverso il pensiero ma attraverso
l’azione (dramma, azione scenica, teatro). Sarebbe fuorviante presentare Artaud come pensatore, è
in primo luogo sperimentatore, attore, uomo perennemente in viaggio.
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Risposta 3 – Questo intevento contiene già la propria risposta.
Cammino di transformazione come processo artistico.
Gli scritti messicani, chiarissimi, danno valenza
politica all’uomo colto (coltivato, coltivabile, coltivatore). Drama è una rappresentazione
agita e mostrata. L’arte va bene, purché in prospettiva politica e non estetizzante. Arte
come luogo di formazione del sapere, oltre gli steccati disciplinari che sono stati la disgrazia
degli ultimi due secoli. Arte come capacità di articolazione di senso nella massa di tutti i
corpi.
Intervento 4 – Il discorso di Artaud è assimilabile a quello di Goethe12 sulla metamorfosi delle
piante.
Risposta 4 – La metamorfosi Goethiana è un’altra suggestione proponibile. Il passaggio da
forma a forma può essere accostato ad Artaud, ma si tratta di un accostamento delicato.
Bisognerebbe forse rifarsi a Shelling13. Goethe tenta di tenere insieme forme ed informe
senza cadere nell’indistinto di Shelling.
12
13
Johan Wolfgang von Goethe (1749-1832), letterato e filosofo tedesco. Vedi note al capitolo dei riferimenti.
Friedrich Wilhelm Joseph von Shelling (1775-1854), filosofo tedesco. Vedi nota al capitolo dei riferimenti.
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1.3.1
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RIFERIMENTI
FLORINDA CAMBRIA
Le note che seguono sono tratte dal sito:
http://www.nonterapia.ch/nonterapia/amici-insegnanti-guest-teacher/florinda-cambria/
Florinda Cambria, docente di Filosofia ed epistemologia della complessità presso l’Università de L’Aquila.
Collabora con le cattedre di Filosofia teoretica e di Propedeutica filosofica presso l’Università degli Studi di Milano. È
autrice di numerosi saggi apparsi su riviste specialistiche e di due monografie dedicate al pensiero e all’opera di
Antonin Artaud: Corpi all’opera. Teatro e scrittura in Antonin Artaud (Jaca Book, Milano 2001) e Far danzare
l’anatomia. Itinerari del corpo simbolico in Antonin Artaud (ETS, Pisa 2007). Ha inoltre tradotto e curato l’edizione
italiana di J.-P. Sartre, Critica della Ragione dialettica. Tomo II (L’intelligibilità della storia, Christian Marinotti
Edizioni, Milano 2006).
1.3.2
ARTAUD
Le note che seguono sono tratte dal sito:
una trattazione più completa e dettagliata.
http://it.wikipedia.org/wiki/Antonin_Artaud
a cui si rimanda per
Antonin Artaud, (Marsiglia, 4 settembre 1896 - Ivry, 4 marzo 1948) fu un commediografo, attore teatrale, scrittore e
regista teatrale francese.
Nel libro Il teatro e il suo doppio Artaud espresse la sua ammirazione verso le forme orientali di teatro, in particolare
quello balinese. L'ammirazione ispiratagli dalla fisicità ritualizzata e codificata della danza balinese, gli ispirò le teorie
esposte nei due manifesti del "Teatro della Crudeltà". Per crudeltà non intendeva sadismo, o causare dolore, ma lo
stimolo al sacrificio di qualunque elemento non concordante al fine della rappresentazione. Artaud riteneva che il testo
avesse finito con l'esercitare una tirannia sullo spettacolo, ed in sua vece spingeva per un teatro integrale, che
comprendesse e mettesse sullo stesso piano tutte le forme di linguaggio, fondendo gesto, movimento, suono e parola.
« Se il segno dell'epoca è la confusione, io vedo alla base di tale confusione una rottura tra le cose e le parole, le idee, i
segni che le rappresentano... Il teatro, che non risiede in niente di specifico, ma si serve di tutti i linguaggi (gesti, suoni,
parole, fuoco, grida) si ritrova esattamente al punto in cui lo spirito ha bisogno di un linguaggio per manifestarsi »
« Il Teatro della Crudeltà è stato ideato per restaurare il teatro di una concezione passionale e convulsiva della realtà ed
è in questo senso di rigore violento e di estrema condensazione di elementi scenici che la crudeltà su cui questo si basa
deve essere compresa. Questa crudeltà, che sarà sanguinaria quando necessario, ma non in maniera sistematica, può
essere così identificata con un tipo di severa purezza morale che non teme di pagare alla vita il prezzo che le deve. »
1.3.3
SAN PAOLO AI CORINZI
Dalla prima lettera di Paolo ai Corinzi 15, 1-58
1
Vi rendo noto, fratelli, il vangelo che vi ho annunziato e che voi avete ricevuto, nel quale restate saldi, 2e dal quale
anche ricevete la salvezza, se lo mantenete in quella forma in cui ve l'ho annunziato. Altrimenti, avreste creduto invano!
3
Vi ho trasmesso dunque, anzitutto, quello che anch'io ho ricevuto: che cioè Cristo morì per i nostri peccati secondo le
Scritture, 4fu sepolto ed è risuscitato il terzo giorno secondo le Scritture, 5e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici. 6In
seguito apparve a più di cinquecento fratelli in una sola volta: la maggior parte di essi vive ancora, mentre alcuni sono
morti. 7Inoltre apparve a Giacomo, e quindi a tutti gli apostoli. 8Ultimo fra tutti apparve anche a me come a un aborto.
9
Io infatti sono l'infimo degli apostoli, e non sono degno neppure di essere chiamato apostolo, perché ho perseguitato la
Chiesa di Dio. 10Per grazia di Dio però sono quello che sono, e la sua grazia in me non è stata vana; anzi ho faticato più
di tutti loro, non io però, ma la grazia di Dio che è con me. 11Pertanto, sia io che loro, così predichiamo e così avete
creduto.
12
Ora, se si predica che Cristo è risuscitato dai morti, come possono dire alcuni tra voi che non esiste risurrezione dei
morti? 13Se non esiste risurrezione dai morti, neanche Cristo è risuscitato! 14Ma se Cristo non è risuscitato, allora è vana
la nostra predicazione ed è vana anche la vostra fede. 15Noi, poi, risultiamo falsi testimoni di Dio, perché contro Dio
abbiamo testimoniato che egli ha risuscitato Cristo, mentre non lo ha risuscitato, se è vero che i morti non risorgono.
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IL CIELO, LA TERRA
16
Se infatti i morti non risorgono, neanche Cristo è risorto; 17ma se Cristo non è risorto, è vana la vostra fede e voi siete
ancora nei vostri peccati. 18E anche quelli che sono morti in Cristo sono perduti. 19Se poi noi abbiamo avuto speranza in
Cristo soltanto in questa vita, siamo da compiangere più di tutti gli uomini.
20
Ora, invece, Cristo è risuscitato dai morti, primizia di coloro che sono morti. 21Poiché se a causa di un uomo venne la
morte, a causa di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti; 22e come tutti muoiono in Adamo, così tutti
riceveranno la vita in Cristo. 23Ciascuno però nel suo ordine: prima Cristo, che è la primizia; poi, alla sua venuta, quelli
che sono di Cristo; 24poi sarà la fine, quando egli consegnerà il regno a Dio Padre, dopo aver ridotto al nulla ogni
principato e ogni potestà e potenza. 25Bisogna infatti che egli regni finché non abbia posto tutti i nemici sotto i suoi
piedi. 26L'ultimo nemico ad essere annientato sarà la morte, 27perché ogni cosa ha posto sotto i suoi piedi. Però quando
dice che ogni cosa è stata sottoposta, è chiaro che si deve eccettuare Colui che gli ha sottomesso ogni cosa. 28E quando
tutto gli sarà stato sottomesso, anche lui, il Figlio, sarà sottomesso a Colui che gli ha sottomesso ogni cosa, perché Dio
sia tutto in tutti.
29
Altrimenti, che cosa farebbero quelli che vengono battezzati per i morti? Se davvero i morti non risorgono, perché si
fanno battezzare per loro? 30E perché noi ci esponiamo al pericolo continuamente? 31Ogni giorno io affronto la morte,
come è vero che voi siete il mio vanto, fratelli, in Cristo Gesù nostro Signore! 32Se soltanto per ragioni umane io avessi
combattuto a Efeso contro le belve, a che mi gioverebbe? Se i morti non risorgono, mangiamo e beviamo, perché
domani moriremo. 33Non lasciatevi ingannare: "Le cattive compagnie corrompono i buoni costumi". 34Ritornate in voi,
come conviene, e non peccate! Alcuni infatti dimostrano di non conoscere Dio; ve lo dico a vostra vergogna.
35
Ma qualcuno dirà: "Come risuscitano i morti? Con quale corpo verranno?". 36Stolto! Ciò che tu semini non prende
vita, se prima non muore; 37e quello che semini non è il corpo che nascerà, ma un semplice chicco, di grano per esempio
o di altro genere. 38E Dio gli dà un corpo come ha stabilito, e a ciascun seme il proprio corpo. 39Non ogni carne è la
medesima carne; altra è la carne di uomini e altra quella di animali; altra quella di uccelli e altra quella di pesci. 40Vi
sono corpi celesti e corpi terrestri, ma altro è lo splendore dei corpi celesti, e altro quello dei corpi terrestri. 41Altro è lo
splendore del sole, altro lo splendore della luna e altro lo splendore delle stelle: ogni stella infatti differisce da un'altra
nello splendore. 42Così anche la risurrezione dei morti: si semina corruttibile e risorge incorruttibile; 43si semina
ignobile e risorge glorioso, si semina debole e risorge pieno di forza; 44si semina un corpo animale, risorge un corpo
spirituale.
Se c'è un corpo animale, vi è anche un corpo spirituale, poiché sta scritto che 45il primo uomo, Adamo, divenne un
essere vivente, ma l'ultimo Adamo divenne spirito datore di vita. 46Non vi fu prima il corpo spirituale, ma quello
animale, e poi lo spirituale. 47Il primo uomo tratto dalla terra è di terra, il secondo uomo viene dal cielo. 48Quale è
l'uomo fatto di terra, così sono quelli di terra; ma quale il celeste, così anche i celesti. 49E come abbiamo portato
l'immagine dell'uomo di terra, così porteremo l'immagine dell'uomo celeste. 50Questo vi dico, o fratelli: la carne e il
sangue non possono ereditare il regno di Dio, né ciò che è corruttibile può ereditare l'incorruttibilità.
51
Ecco io vi annunzio un mistero: non tutti, certo, moriremo, ma tutti saremo trasformati, 52in un istante, in un batter
d'occhio, al suono dell'ultima tromba; suonerà infatti la tromba e i morti risorgeranno incorrotti e noi saremo
trasformati. 53E' necessario infatti che questo corpo corruttibile si vesta di incorruttibilità e questo corpo mortale si vesta
di immortalità.
54
Quando poi questo corpo corruttibile si sarà vestito d'incorruttibilità e questo corpo mortale d'immortalità, si compirà
la parola della Scrittura:
La morte è stata ingoiata per la vittoria.
55
Dov'è, o morte, la tua vittoria?
Dov'è, o morte, il tuo pungiglione? 56Il pungiglione della morte è il peccato e la forza del peccato è la legge. 57Siano
rese grazie a Dio che ci dà la vittoria per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo! 58Perciò, fratelli miei carissimi,
rimanete saldi e irremovibili, prodigandovi sempre nell'opera del Signore, sapendo che la vostra fatica non è vana nel
Signore.
Il brano riportato dalla lettera di S. Paolo ai Corinzi è stato tratto dal sito:
http://www.santegidio.org/it/bibbia/1co_015.htm
1.3.4
GOETHE – LA METAMORFOSI DELLE PIANTE
Per una sommaria biografia di Goethe si veda, ad esempio, il sito:
http://it.wikipedia.org/wiki/Johann_Wolfgang_von_Goethe
Goethe ha scritto, tra l’altro, il libro “La metamorfosi delle piante e altri scritti sulla scienza della natura”.
http://www.ibs.it/code/9788877461872/goethe-j--wolfgang/metamorfosi-delle-piante.html
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Dal sito:
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IL CIELO, LA TERRA
sono tratte le note seguenti:
Goethe diceva che gli studi di scienze naturali gli erano serviti per comprendere la propria interiorità attraverso l'analisi
delle parti fondamentali dell'essere della natura. I testi contenuti in questo libro mostrano le relazioni strutturali esistenti
tra il mondo dell'arte e della scienza in connessione alla dimensione esistenziale, autobiografica dello stesso Goethe.
"La metamorfosi delle piante" esamina il problema generale del divenire della forma, mettendo in luce le condizioni in
cui i fenomeni si manifestano nel gioco infinito della creatività della natura, che pur rinnovandosi conserva la sua unità.
Questo saggio sulla metodologia della ricerca scientifica, sull'origine delle piante e di altri fenomeni biologici, sulla
filosofia contemporanea, costituisce un esempio significativo della critica goethiana all'idea di scienza formulata da
Newton ed esprimono sinteticamente la visione filosofica di Goethe nella sua complessa formazione di derivazione
mistica e alchemica, che si serve del pensiero di Spinoza, di Leibniz e di Kant. Il modello di scrittura proprio di questa
saggistica scientifica, molto meno conosciuta della pagina poetica, evidenzia le analogie formali con l'insieme dell'opera
letteraria, sottolineando come l'indagine del divenire delle forme nel mondo naturale, ben lungi dall'essere un vuoto
esercizio di erudizione, consente anche di penetrare nelle grandi del mondo poetico di Goethe.
1.3.5
SHELLING
Si veda, ad esempio, il sito:
http://www.filosofico.net/schelling105.htm
da cui sono tratte le seguenti note, redatte a cura di Diego Fusaro:
Schelling è un pensatore molto precoce, che raggiunge il massimo successo a soli 25 anni: nel 1800 circa, ad appena 32
anni, comincia già ad essere eclissato dall'astro nascente di Hegel, che peraltro era più anziano di lui. Pur essendo più
giovane di Hegel, Schelling ne fu per qualche anno il maestro e, anche quando Hegel morirà, Schelling gli sopravviverà
per circa 20 anni, dando vita ad una filosofia successiva ad Hegel ed in polemica con lui. Il pensiero di Schelling
presenta, come già quello di Fichte, diverse fasi e, grosso modo, se ne possono individuare 5:
Periodo fichteano , ovvero momentanea adesione alle tesi di Fichte
Periodo della Filosofia dello Spirito e della Filosofia della Natura , ovvero elaborazione di un proprio pensiero
autonomo
Periodo della Filosofia dell'Identità , ovvero identificazione tra Natura e Spirito
Periodo della Filosofia della Libertà , in contemporanea all'incipiente successo di Hegel
Periodo della Filosofia Positiva , successiva alla morte di Hegel
Schelling parte dalla filosofia di Fichte e, anche quando se ne discosterà, manterrà pur sempre qualche legame con essa.
Tuttavia, dopo un primo periodo di adesione netta alla filosofia fichteana, Schelling passa alla sua prima fase autonoma
(Filosofia dello Spirito e Filosofia della Natura) effettuando un ragionamento di questo genere: secondo Fichte, l'Io
pone il non-Io, ovvero il soggetto (lo spirito) pone l'oggetto (la natura), attraverso un processo, di remota ascendenza
neoplatonica, tutto interno all'Io, dal momento che fuori di esso non vi è ancora nulla. Tuttavia, nota Schelling, se la
natura è stata tirata fuori dallo spirito, allora vorrà dire che la natura, in fin dei conti, ha la stessa essenza dello spirito, o,
in altri termini, è lo spirito stesso che si manifesta in modo diverso. Da qui deriva quello che Schelling, portando fino in
fondo concezioni presenti embrionalmente in Fichte, definisce carattere spirituale della natura , a sottolineare che la
natura è un prodotto dell'Io (la cui prerogativa è la spiritualità). La natura si riveste così delle caratteristiche tipiche
dello spirito e ne consegue che la concezione schellinghiana della natura sarà di stampo vitalistico e organicistico. Non
a caso Schelling fu senz'ombra di dubbio il filosofo che più di tutti espresse la concezione romantica della natura
vivente, che lui definisce anche spirito pietrificato : la natura, infatti, altro non è che lo spirito che si manifesta in forme
che, propriamente, non sono le sue. La filosofia di Fichte era rappresentabile tramite una semiretta, poichè vi era un
punto di partenza (l'Io che poneva il non-Io) e uno slancio infinito: egli insisteva molto sul fatto che la natura fosse nonIo, poichè sentiva l'esigenza di porre un ostacolo, un qualcosa di diverso all'Io. Schelling invece forza in un'altra
direzione, tendendo a sottolineare che Io (spirito) e non-Io (natura) siano la stessa cosa, poichè l'uno è il derivato
dell'altro. Ecco dunque che la filosofia di Schelling si può configurare come Filosofia dello Spirito e della Natura: come
in Fichte, vi è l'Io (spirito) che pone il non-Io (natura), ma (e qui sta la differenza rispetto a Fichte) siccome la natura è
anch'essa spirito, seppur spirito pietrificato (spirito che si estende nello spazio), allora essa presenta al suo interno una
tensione che mira a tirar fuori dall'interno una sua dimensione spirituale. Sicchè nella natura troviamo livelli della realtà
in cui la spiritualità si manifesta in modi diversi. Avremo una natura spirituale, in cui però lo spirito è pietrificato, cioè
sta nascosto, e solo in certi livelli della natura esso tende a manifestarsi di più: nei livelli della meccanica, ad esempio,
la natura non si manifesta come spirito e la spiritualità resta nascosta, quasi incoglibile. Ma più si va verso una
maggiore complessità della natura e più la sua spiritualità tende ad affiorare: già nella chimica si intravede qualche
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Appunti dalle conferenze
a cura di Danilo Cambiaghi
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INCONTRI DI FILOSOFIA
Florinda CAMBRIA
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elemento spirituale, nel magnetismo si fa un ulteriore passo avanti, ed è nel livello biologico, in cui emerge la
dimensione organicista, che si vede benissimo la spiritualità. Anche nella luce, fa notare Schelling, si può scorgere un
tentativo della spiritualità della natura di emergere. Va notato che il punto di partenza dello spirito è il punto di arrivo
della natura : con la posizione del non-io da parte dell'Io si procede dallo spirito alla natura, ma poi la natura va dai
livelli meno vivi (la meccanica) verso una sempre maggiore spiritualità (la biologia). Se per Fichte si partiva dall'Io e si
andava avanti all'infinito, con Schelling, una volta posto il non-Io, da quello si deve ritornare all'Io. Vi è infatti una sorta
di circolarità tra natura e spirito poichè lo spirito pone la natura e la natura fa emergere lo spirito. E' dunque naturale che
in questo panorama Schelling recuperi concetti platonici e bruniani quali quello dell'anima del mondo, a sottolineare
che la natura, in quanto prodotto dello spirito, è un essere vivente a pieno titolo. Si considerano spesso le posizioni di
Schelling, accanto a quelle di Goethe secondo cui l'intero regno vegetale deriverebbe da un'unica pianta, come tappa
verso l'elaborazione delle teorie evoluzionistiche. Certo, Schelling non ha di per sè una concezione evoluzionistica
poichè la gerarchia della natura a cui egli allude non è temporale ma puramente logica: in altri termini, Schelling vuol
solo dire che vi è una scala della natura che va dagli esseri meno complessi a quelli più complessi, dalla meccanica
all'uomo. Eppure Schelling, sostenendo che tutte le cose sono manifestazioni di un'unica realtà (la spiritualità), propone
una sorta di evoluzionismo atemporale , una specie di gerarchia logica dall'essere più semplice al più complesso,
entrambi manifestazioni della realtà spirituale. I diversi livelli della realtà Schelling li chiama potenze e sottolinea come,
ad ogni potenza, tendano a manifestarsi polarità e ciascuno dei termini di tale polarità sia il rappresentante , a tale
livello, della polarità spirito-natura: non c'è dunque da stupirsi se in entrambi questi poli che caratterizzano ciascuna
potenza si manifestano ulteriori polarità, dal momento che la polarità natura-spirito tende essa stessa a dividersi in altri
gradi. All'interno degli stessi princìpi spirituali ci sarà, cioè, polarità. E' poi evidente che, in quest'ottica, Schelling abbia
una concezione finalistica della natura , con una trasformazione delle tiepide aperture kantiane in questo senso ( Critica
del Giudizio ) in una vera e propria filosofia della natura in chiave teleologica. Schelling designa anche la propria
filosofia dello spirito col nome di idealismo trascendentale e distingue, sulle orme di Fichte, tra un'attività pratica con
cui lo spirito produce la natura e un'attività conoscitiva con cui la natura opera sullo spirito. Immediatamente successiva
alla filosofia dello spirito e della natura è la fase della Filosofia dell'identità . Il passaggio argomentativo che permette a
Schelling di passare da una fase all'altra è il seguente: se la natura è spirito, allora anche dalla natura emerge lo spirito,
aveva detto nel periodo della filosofia dello spirito e della natura. Ora, però, Schelling attribuisce pari dignità allo spirito
e alla natura, poichè si richiamano a vicenda, con la conseguenza che nè l'uno nè l'altro può essere l'Assoluto. Per Fichte
l'Assoluto poteva tranquillamente essere lo spirito (l'Io) poichè era su un gradino superiore rispetto alla natura (non a
caso quello di Fichte era un idealismo soggettivo); con Schelling, invece, natura e spirito assurgono a pari dignità e ne
consegue che l'Assoluto dovrà essere qualcosa che non è nè lo spirito nè la natura, ma che si colloca al di là di essi. Sarà
Assoluto, diche Schelling, l' Identità assoluta di soggetto e oggetto , da lui chiamata anche assoluto o Identità. Si tratterà
di un livello che si colloca al di là della distinzione soggetto/oggetto: la matrice neoplatonica risulta evidente. Spesso
questa fase del pensiero di Schelling, che è la più originale, viene rappresentata come un centro (l'Assoluto, identità
assoluta di tutto) da cui nasce un'esplosione di differenziazioni: da questa fase muoverà Hegel, aderendovi e poi
distaccandosene criticandola aspramente. Tipicamente romantica, oltre alla concezione spiritualizzata della natura, è la
posizione privilegiata che Schelling riserva all' arte come strumento conoscitivo. Infatti, se la realtà è identità assoluta di
natura e spirito, allora la modalità di conoscenza non potrà essere di tipo mediato, un ragionamento discorsivo alla
Platone. Viceversa, come la realtà è assoluta, anche il modo di conoscerla dovrà essere immediato, coglibile con
un'intuizione che scavalchi tutte le differenziazioni e colga subito l'identità. Ecco perchè l'arte è lo strumento
gnoseologico più adatto secondo Schelling, proprio perchè essa è quell'espressione dell'uomo in cui soggetto (spirito) e
oggetto (natura) sono fusi: nella creazione dell'opera d'arte, infatti, cooperano una dimensione di naturalità (l'ispirazione
artistica) e una dimensione cosciente, l'istinto animale è fuso con la dimensione cosciente e razionale. L'arte risulta
essere lo strumento più adeguato per cogliere l'Assoluto perchè presenta un'evidente affinità con esso: si colloca ancor
prima della distinzione tra spirito e natura, proprio come l'Assoluto. Sia l'arte sia l'assoluto sono a monte della
distinzione tra soggetto e oggetto. E così Schelling, riconoscendo il primato dell'arte, è costretto dal suo stesso pensiero
ad esulare dalla filosofia e a naufragare verso l'arte, come Fichte verso la religione. La filosofia dell'Identità si trasforma
poi, secondo una logica ben definita, in filosofia della Libertà e, in un secondo momento, in filosofia Positiva. Per
staccarsi dalla filosofia dell'Identità e passare alle due successive, Schelling parte dalla constatazione che se il principio
assoluto è l'identità assolutamente indifferenziata, dove non è possibile cogliere distinzione alcuna tra soggetto e
oggetto, allora come si spiega la frantumazione della realtà? Che cosa può aver dato origine alla molteplicità delle cose
che ci circondano? Schelling si trova cioè di fronte all'annoso problema in cui si sono imbattuti tutti i pensatori che
hanno ipotizzato la derivazione dell'intera realtà da un unico principio: come e perchè dall'unità assoluta del principio si
passa alla frantumazione totale della realtà? La filosofia di Schelling, da questo momento in poi, è interamente orientata
a rispondere a questa domanda: nei primi anni dell'Ottocento, Schelling ritiene di poter fornire una risposta riprendendo
la filosofia panteista di Giordano Bruno, la quale aveva insistito in modo particolare su come l'uno si potesse articolare
nella molteplicità. Ed è in Bruno che Schelling trova una prima soluzione al problema: si tratta della soluzione della
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caduta . Il passaggio dall'uno alla molteplicità viene cioè spiegato come una sorta di decadenza (caduta) dai livelli più
alti della realtà ai più bassi. In chiave religiosa, Schelling intende la caduta come una specie di peccato originale che ha
portato l'uno a spaccarsi in una miriade di frantumi; oltre alla tradizione religiosa, riprende anche elementi di remota
ascendenza anassimandrea, insistendo sul fatto che vi sia stata una disarticolazione causata dall'aver commesso colpe.
Da questo momento, il pensiero schellinghiano si avvita su speculazioni sempre più complesse di ordine misticoreligioso, con il recupero delle riflessioni di Böhme (pensatore seicentesco che mescolava alchimia e filosofia nel
tentativo di giustificare il passaggio dall'uno al molteplice). Ed è con queste riflessioni che si entra nella fase della
Filosofia della libertà , caratterizzata dalla rinuncia al panteismo e dalla netta accettazione del teismo: alla natura divina
si sostituisce cioè il Dio-persona. Resta però il problema della caduta, strettamente connesso a quello del male. E' un
problema a prima vista insormontabile, poichè, se vi è un unico principio da cui tutto deriva, allora il male deve per
forza derivare da esso. La soluzione adottata in questo periodo da Schelling, sulle orme di Böhme e dello stesso Platone,
consiste nell'ammettere un dualismo nel principio (Dio) . Il male che pullula nel mondo, deve per forza derivare, come
ogni altra cosa, dal decadimento del principio e di conseguenza Schelling riconosce due aspetti distinti in Dio:
fondamento ed esistenza. Sullo sfondo di queste riflessioni vi è la convinzione, tipicamente romantica, che il principio
supremo sia dinamico, un qualcosa in fieri , la cui natura stessa è il divenire, poichè esso è vitale. L'esistenza di Dio,
spiega Schelling, è essa stessa una sorta di prodotto, in quanto Dio esiste venendo fuori da un fondo oscuro
(fondamento), una sorta di origine presente in Dio ma da cui Dio stesso viene fuori. In questo senso Dio è un' esistenza
(dal latino exsisto , 'vengo fuori'), ovvero un venir fuori dal suo stesso fondamento oscuro: la luce emerge dalle tenebre
, dice metaforicamente Schelling, che in questo modo trova in Dio stesso (nel suo fondo oscuro) il fondamento del
male. Molte volte Schelling parla del fondamento di Dio come egoismo di Dio , alludendo al rimanere dentro di sè di
Dio in modo egoistico, senza venir fuori (ovvero senza esistenza). A livello di Dio, però, la distinzione tra fondamento
(tenebre) ed esistenza (luce) non si connota ancora esplicitamente come distinzione tra bene e male, poichè sarebbe
ridicolo ammettere la presenza del male in Dio. Dunque Schelling, ammettendo il dualismo in Dio e distinguendo tra
esistenza e fondamento, non dice che in Dio c'è il male, bensì che in Dio c'è il principio del male, del decadere, del
frantumarsi della realtà e, in ultima istanza, della possibilità di scelta tra bene e male: e proprio per questo la filosofia di
questo periodo è designata col nome di Filosofia della Libertà. Di sfuggita, si può notare che nella storia secondo
Schelling (e anche secondo Hegel) si manifesta Dio stesso. Con la Filosofia Positiva si resta su un terreno ancora più
religioso: Schelling ripensa alla filosofia dell'ormai defunto Hegel e alle altre fiorite in quegli anni e le definisce
filosofie negative , contrapponendo ad esse la nuova filosofia da lui stesso elaborata in quegli anni: la Filosofia Positiva.
Si tratta di filosofie negative nel senso che sono limitate dall'aver chiarito l'essenza ma non l'esistenza: hanno cioè
spiegato il quid est (che cosa è) ma non il quod est (il fatto che una cosa esista), per dirla con un'espressione scolastica.
Sì, perchè una cosa è dire che cosa è il libro, un'altra cosa è dire che il libro esiste: le filosofie di quegli anni, nella
prospettiva schellinghiana, si son limitate a spiegare che cosa fosse il libro, dando per scontato che esistesse. E' come se
tali filosofie avessero chiarito che cosa sono le cose con l'uso della ragione, dando per scontato che esse esistessero. Pur
potendo chiarire l'essenza delle cose, nota Schelling, la ragione non potrà mai motivarne l'esistenza, poichè essa dipende
da un atto di volontà creatore da parte di Dio: le cose esistono poichè Dio ha deciso che esistessero, in base ad un atto
libero, il quale (proprio perchè libero) sfugge ai dettami della ragione. Con la pretesa di spiegare ogni cosa con la sola
ragione, le filosofie negative han potuto render conto esclusivamente delle essenze, ossia di ciò che è necessariamente.
Ma se l'essenza dell'uomo consiste necessariamente nell'avere due gambe, due occhi e una testa e può essere colta dalla
ragione, la sua esistenza , viceversa, dipende da un atto assolutamente libero da parte di Dio. Un atto libero non sarà mai
razionalmente spiegabile, sicchè l'esistenza delle cose non la si è mai spiegata tramite la ragione: e Schelling scocca i
suoi dardi velenosi soprattutto contro Hegel, il cui errore più grande consiste non nell'aver spiegato razionalmente
l'essenza della realtà, ma nell'aver preteso di dedurre l'esistenza delle cose dalla loro essenza. Hegel era cioè convinto
che, partendo dall'essenza delle cose, da essa potesse derivare l'esistenza del mondo. Ma Schelling critica aspramente
questa posizione, contrapponendo ad essa quella secondo cui dall'essenza dell'uomo non non deriva mai l'esistenza, la
quale, al contrario, nasce da un atto libero di creazione da parte di Dio, atto che, proprio in quanto libero, sfugge alla
ragione . Ecco dunque che Schelling si propone di integrare le filosofie negative con l'elaborazione di una filosofia
positiva che non si limiti ad indagare sulle condizioni negative della realtà (l'essenza), ma anche su quelle positive (dal
latino positum , 'posto' dall'atto libero di Dio), ovvero sull'esistenza. La soluzione che dà Schelling è che la filosofia
positiva parta non dall'impiego della ragione, ma dall'accettazione del dato di rivelazione: se una persona è libera, del
resto, la ragione non può dirmi nulla su ciò che egli farà o non farà, con la conseguenza che l'unica maniera per
conoscere ciò che farà o non farà è che ce lo dica lui (rivelazione). Questa è la filosofia positiva di Schelling, divisa in
Filosofia della mitologia e Filosofia della rivelazione . Pur essendo profondamente cristiano, Schelling non ritiene che
il cristianesimo sia la sola religione 'vera' rivelata da Dio, bensì sostiene che pure le altre sono state rivelazioni divine,
seppur indirette, quasi come se Dio fosse stato colto con la capacità metapoietica, come cioè se si fosse rivelato
all'uomo con la mitologia pagana (Filosofia della mitologia). Ed è però ai Cristiani che si è rivelato direttamente
(Filosofia della rivelazione). Sull'onda di queste speculazioni, Schelling elabora una filosofia della storia triadica, di
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impostazione religiosa. Come Fichte, anche Schelling ha un esito extra-filosofico: egli esce piuttosto in fretta dal
tracciato filosofico per rifugiarsi prima nell'arte e poi nella religione. Di sfuggita, si può notare come Schelling, pur non
essendo un esistenzialista, abbia aperto spiragli in quella direzione : non a caso Kierkegaard, precursore
dell'esistenzialismo, resterà colpito dai suoi insegnamenti, anche se riterrà Schelling troppo oscuro e nebuloso. In effetti,
comincia ad affacciarsi timidamente sulla scena filosofica l'idea (che sarà tipica dell'esistenzialismo) dell'irriducibilità
dell'esistenza all'essenza, nella convinzione che esista una dimensione della realtà non riconducibile all'essenza e alla
ragione. Si tratta di una potente reazione al pensiero hegeliano, al suo panlogismo , una contestazione all'idea che tutto
sia riportabile alla ragione: Marx e Nietzsche imboccheranno entrambe questa strada, anche se con esiti molto diversi.
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