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Diari di Viaggio di Sandro Baldoni
Viaggio a Vienna
Quando glielo proposi Iffet accettò con entusiasmo l’invito per un viaggio a
Vienna. Mezzo di trasporto deciso di comune accordo: la ferrovia. Incontro
quindi a Piacenza e poi via su insieme attraverso il Brennero verso la capitale
del Danubio blu. Il treno ci sbarco nella Hauthof e il nostro primo pensiero fu
quello di cercare un tetto da mettere in testa. Anche io con gli anni avevo finito
per condividere lo spirito di avventura che marcava notevolmente il carattere
di mia moglie. Sbarcati per tanto a Vienna senza prenotazione ci mettemmo in
cerca di un qualunque buono hotel della città. Presto però ci dovemmo rendere
conto che se Vienna non erano riusciti un tempo a conquistarla gli arabi, i
turisti arrivati prima di noi ne avevano preso invece pieno possesso. Neanche
una stanza d’albergo era disponibile in città. Ci venne incontro l’affabile
concierge di un hotel a tre stelle che ci indicò allungando la mano verso il
Danau canal, un canale che staccandosi dal Danubio attraversava il centro di
Vienna per ricollegarsi al corso principale del fiume. E la nel canale era
all’ancora un grosso battello con tanto di passerella che invitava all’imbarco.
Sarebbe stato per qualche giorno la
nostra dimora in città. Sistemati i
bagagli fummo subito attratti dalla
vicina cattedrale di Santo Stefano.
Un severo maestoso complesso di
torri gotiche che con grande slancio
puntavano al celo. Sfogliando la
guida
apprendemmo
come
nell’edificio si sposassero storia
tradizione e legenda. A cominciare
dal monumentale accesso battezzato “portale del gigante” perche vi fu
ritrovato nel quindicesimo secolo un osso di mammut. L’edificio era stato
infatti eretto su un antico tempio pagano e per tanto vari reperti erano stati
rinvenuti nella zona. Poco prima di entrare nella chiesa la nostra attenzione fu
attratta da tutto un complesso di torri. Quella a nord ospitava visibilmente una
gigantesca campana fusa con cento
palle di cannone sparate dai turchi
durante l’assedio contro le mura della
città. Bombardata nel 1945 dagli
americani la torre non era stata
completamente
restaurata.
Obbligatoria la visita alla navata
centrale dominata da un fastoso
pulpito risalente al cinquecento.
Diari di Viaggio di Sandro Baldoni
L’indomani mi fu chiara la ragione per cui Iffet aveva accolto così
favorevolmente l’idea di una visita a Vienna. Esiste infatti nell’ambiente
barocco di Hofburg un grande maneggio coperto dove a sede la scuola
spagnola dei cavalli Lipizzani e mia moglie che per anni si era dedicata
all’equitazione non poteva
che essere lieta di assistere
ad una esibizione dei
purosangue
tedeschi
allevati a Lipica, tutti
caratterizzati
da
un
mantello
rigorosamente
bianco così assistemmo per un intera mattinata alle esibizioni di questi
splendidi di questi splenditi destrieri che si muovevano a tempo di musica.
Divertente il gioco delle zampe di decine di cavalli
che “ballavano” perfettamente al ritmo di danza.
Dal maneggio una capatina al teatro dell’opera
altro ambiente di particolare attrazione per Iffet
che era stata per anni a Parigi assistente di un
impresario teatrale. Al ristorante dell’opera
consumammo un ottimo pasto. Non riuscii a
gustarlo come meritava perche preoccupato di
quello che ci sarebbe venuto a costare. Ma la
scure al momento del pagamento non si abbatté sul mio portafoglio. Tutt’altro.
La cosi detta “dolorosa” fu molto leggera.
Non perdemmo tempo. Già nel pomeriggio eravamo in visita al castello di
Schonbrunn una tipica costruzione che i grandi reami d’Europa hanno creato
negli anni su disegni di concezione
consimile – a Vienna, a Versailles e
appunto a Schonbrunn – per farne
una dimora estiva di caccia che in
tutti i casi risultò più fastosa di una
reggia(o divenne tale). La solita guida
ci istruì ben bene su Schonbrunn
informandoci cioè che la realizzazione del castello era stata commissionata alla
fine del seicento dall’Imperatore Leopoldo I all’architetto barocco Berhard
Fisher. Quello che noi visitammo era divenuto da allora uno sfarzoso
palcoscenico della corte dove aveva lasciato storiche tracce il passaggio di
grandi statisti europei. Ci attendeva ancora arroccato su uno sperone di roccia
il castello Neuschwanstein.
Diari di Viaggio di Sandro Baldoni
Lo raggiungemmo in una località detta
“del cigno”(swangen) che aveva dato il
nome al fantasioso maniero. La nostra
guida cartacea ci orientò molto bene
sulle origini del castello. L’aveva
costruito Re Ludovico di Baviera, l’aveva
pagato di tasca sua e ne aveva fatto una
sorta di rifugio personale. Vi si
tratteneva allungo ascoltando musica di
Wagner, compositore da lui molto amato. Potemmo muoverci liberamente
all’interno del complesso edificio di
duecento stanze in quanto era stato
aperto al pubblico alla morte di Re
Ludovico. Gli ambienti, a partire dalla
“sala dei cantori” a quella del trono e
alla camera da letto del Re, ci si
presentarono ricche di elaborate
strutture assolutamente fiabesche. Per
lo stile, la ricchezza dei particolari, la
pregevole lavorazione dei soffitti, dei
mobili , delle plurilobate finestre. Basti dire, per rafforzare l’idea di tanta
misteriosa ispirazione accentuata all’esterno da torri gotiche, cuspidi e
campanili, che il castello venne preso a modello da Walt Disney per ben tre
film: “Bianca neve e i sette nani”, “Cenerentola” e “La Bella addormentata nel
bosco”. Nei giardini un ultimo tocco gentile ce lo dette una scena di un bimbo
che tentava di fare amicizia con
una serie di splendidi pavoni.
Rientrando a Vienna trovammo
alla fine un albergo disposto ad
accoglierci. Si, ma in due camere
separate.
Ricordo
che
svegliandomi in piena notte, non
conoscendo ancora bene il valore
che Iffet dava al riposo notturno la
chiamai
svegliandola
per
sussurrarle qualche parola dolce.
La sua risposta amorosa fu molto esplicativa “stupid”.
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