Comune di Transacqua

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di Cristo e di santi; infine, il banco nobile risalente al
Cinquecento, nella zona destra del presbiterio, al cui
lato vi è un altro affresco: organizzata su tre registri,
quest’opera mostra in alto una Resurrezione, nella
fascia mediana alcune insegne araldiche e in basso i
ritratti della famiglia (compresi i figli defunti) di Gian
Giacomo Römer, prefetto a Primiero verso la metà del
Cinquecento.
35 - La Pieve, Chiesa di Santa Maria Assunta
17 - Capitello via Verde
La chiesa presenta molte e ricche decorazioni pittoriche,
le più pregevoli delle quali sono databili tra la fine
del Quattrocento e la prima metà del Cinquecento
e riconducibili quasi tutte all’ambito di produzione
norimberghese. Sulla lunetta del portale laterale la
rappresentazione della Madre di Dio con il Bambino
(1491) accoglie il fedele, circondata da una raggiera
luminosa e sorretta da una falce di luna rovesciata,
alludente al mistero dell’Immacolata Concezione. Dei
variegati arredi e decorazioni dell’interno, si segnalano
in particolare: il disegno preparatorio di un affresco
rappresentante la Madonna della Misericordia (I quarto
del XVI sec.), con il tipico mantello aperto che accoglie
i fedeli in preghiera, presente all’inizio della navata
sinistra, accanto all’altare dedicato a s. Agostino e alla
madre Monica; la vicina colonna affrescata con s. Anna,
Maria e Gesù Bambino (1501); il maestoso e raffinato
dipinto parietale, scoperto dopo un recente restauro,
che raffigura una complessa scena simbolica, ovvero
la Caccia all’unicorno, la quale allude misticamente al
mistero della nascita virginale di Cristo; il s. Martino
(1495) affrescato sulla parete della navata opposta;
i dipinti murali (1491) che, a partire dal rosone sopra
l’organo, decorano la volta con immagini della Vergine,
È questo uno dei capitelli più antichi di Primiero: un
restauro recente, che ha fatto emerge l’iscrizione con
la data originaria, ha permesso di ascrivere l’opera ai
primissimi anni del XVII sec. Rimane poco della figura
della Madonna che doveva occupare il centro della
nicchia, mentre sono ben visibili l’Eterno benedicente
della volta e i due santi ai lati di Maria; Rocco, con
bastone e abito da pellegrino, e Leonardo di Limoges, un
santo che visse nella I metà del VI sec., qui rappresentato
con il tipico attributo della catena, che ricorda l’opera di
carità per la quale in passato Leonardo fu molto venerato:
aveva infatti ottenuto dal re franco Clodoveo di poter
chiedere la liberazione di un gran numero di prigionieri.
La presenza di questo santo si spiega per due motivi:
era il patrono della famiglia Welsperg, che governava
il Primiero al tempo, il cui stemma troviamo dipinto su
una delle spallette del capitello; era inoltre il patrono
dei fabbri e, in alcune zone del Nord Europa, anche
dei minatori. Il capitello, che sorge sopra i cunicoli
dell’antica miniera di Monte Vecchio, avrebbe pertanto
una decorazione adatta alla devozione di artigiani dei
metalli e minatori.
43 - Chiesetta di Colaor
PROVINCIA DI TRENTO
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fax 0439.64789
Il Comune è costituito da Transacqua e dalla frazione di Pieve
[540 ab.]. Storicamente esistono alcune divisioni territoriali
Con il patrocinio
dellaNavoi, Ormanico, Pieve,
denominate
Forno,
Fol, Isolabella,
Presidenza del Consiglio regionale
Sangrillà, e Toè.
m.s.m. 746 – Compresorio C2 Primiero – CAP 38054
Superficie: 35,60 kmq - 101 km da Trento
Il Comune conta una popolazione di oltre 2000 abitanti.
Con il patrocinio della
Presidenza del Consiglio regionale
Questo piccolo edificio, poco più
grande di un capitello, è una cappella
privata dedicata alla Madonna
dell’Aiuto, di cui conservava anche
la statua lignea seicentesca, un
tempo collocata nell’omonima
chiesa di Fiera. La statua, dopo
essere stata sottoposta a un restauro
verso la fine degli anni Novanta, è
oggi custodita nella sagrestia della
chiesa di S. Maria Assunta. Il titolo
mariano di Auxilium Christianorum
(aiuto dei cristiani), ufficializzato
nella II metà del XVI sec., si riferiva
in particolare alla protezione celeste
di Maria contro i nemici, e per
questo fu molto utilizzato e amato
a Venezia e nelle zone limitrofe a
seguito della vittoria di Lepanto sui
Turchi (1571).
Il dipinto della nicchia centrale è del
1945 e, secondo la testimonianza
di Narciso Zanolin, l’artista che lo
ha firmato, ricopre, riprendendone
l’iconografia, un’opera più antica, a
suo tempo già molto degradata. Si
tratta di Dio Padre che, raffigurato
a mezzo busto e con le braccia
spalancate,
invia
lo
Spirito,
rappresentato secondo la consueta
simbologia della colomba. Due
teste d’angelo incorniciano la scena,
che si staglia su un fondo azzurro
punteggiato di stelle bianche. Da
notare è anche l’abbassamento che
prosegue la decorazione delle vele
dipinte, intenzionato a creare un
finto effetto marmoreo.
4 - Casa Milano
percorso
area verde
area archeologica
TRANSACQUA
sito artistico
sito archeologico
“Comune fiorito”
Si tratta di un edificio su più piani, di recente
ristrutturazione, datato con sicurezza al 1831 grazie
all’affresco della Crocefissione presente sulla facciata
principale, ma molto probabilmente di fondazione
anteriore, poiché la struttura che compare nel catasto
asburgico del 1859 risulta già ampiamente rimaneggiata.
Dal punto di vista architettonico sono interessanti al
piano terra le superfici delle pareti con sassi faccia a vista
e la presenza delle pietre angolari ben visibili sul lato
sud-est. Proprio su queste pietre si intravede una risega
di costruzione che avvalerebbe l’ipotesi della presenza
di un altro volume collocato in quest’angolo; rilevato
anche dal catasto asburgico, testimonierebbe l’esistenza
di più fasi antiche di edificazione. Permangono inoltre
dell’edificio originario le vecchie aperture con luci
molto limitate su entrambi i piani. Le volte delle porte
sono anch’esse in pietra a vista: si tratta di archi ogivali
ribassati, probabilmente originali (non l’apertura più
ogivale del sottoscala). Particolare inoltre è la presenza
del camino a sbalzo supportato da una struttura lignea e
il graticcio di tamponamento del timpano caratteristico
di molti edifici antichi.
spazi verdi
edifici pubblici
edifici storici
Primiero - Dolomiti
www.cartograph.net di Roberto Pradel
ECCELLENZE
1 - Municipio
23 - Ferrarezza
2 - Madonna della Scala
24 - Magazzino della Ferrarezza
3 - Crocifissione
25 - Centro Formazione Professionale
4 - Casa Milano
26 - Capitello S.Antonio
5 - Assunta
27 - Piazza San Marco
6 - San Tommaso
28 - Orto in condotta
7 - Casa Tolmeri
29 - Palazzo Someda
8 - Addolorata
30 - Giardino delle Rose in Clarofonte
9 - Parco San Marco
31 - Acsm spa
10 - Chiesa San Marco
32 - Palazzo delle Miniere e del Dazio
11 - Chiesa San Marco
33 - Palazzo delle Miniere e del Dazio
12 - Cimitero Chiesa San Marco
34 - Casa Negrelli
13 - Lisiera
35 - Chiesa Santa Maria Assunta
14 - Madonna del Carmine
36 - Chiesa Santa Maria Assunta
15 - Capitello della Madonna
37 - Chiesa Santa Maria Assunta
16 - Via Verda
38 - Chiesa San Martino
17 - Capitello Via Verde
39 - Chiesa San Martino
18 - Madonna del Rosario
40 - Vecchia Canonica
19 - Casa Brocchi
41 - Vecchia Canonica
20 - Fontana
42 - Parco giochi Mélas
21 - Madonna Nera
43 - Chiesa Colaor
22 - Sacra Conversazione
44 - Barchessa
45 - Canonica Nuova
46 - Madonna dei sette dolori
47 - Casa Patria
48 - Casa Piazza
49 - Capitello della peste
50 - Maso Negrelli
51 - Parco giochi
52 - Cimitero Monumentale
53 - San Giuseppe
54 - San Giuseppe
55 - San Giuseppe
56 - Caseificio
57 - Vigili del fuoco
58 - Prato fiorito
59 - Ecotermica Primiero spa
60 - Giardini Enrica
61 - Mulino
62 - Parco giochi Molinet
63 - Passeggiata Via Miniere
64 - Miniere
65 - Villa Caneva
66 - Casa Lenzi
67 - Lisiera di Pieve
SPAZI VERDI
9 - Parco San Marco
Dalla piazza antistante la chiesa di San Marco Evangelista
si ha accesso a questo parco, oggetto di una recente
riqualificazione (1997). Una fontana permette di sostare
per un piacevole momento di ristoro ed è occasione per
godere di uno dei più bei panorami sull’incantevole Val
Canali e sulle Pale di San Martino, il più esteso gruppo
delle Dolomiti. Lungo il vialetto è possibile ammirare
alcuni esemplari di Acer pseudoplatanus L., tipologia
diffusa in Italia soprattutto sulle Alpi e sugli Appennini,
così denominata per via della somiglianza delle sue
foglie a quelle del platano. Questa pianta, conosciuta
anche come “acero di monte”, può raggiungere altezze
considerevoli, anche fino ai 35 metri. Il tronco è rivestito
da una corteccia di color grigio-brunastro, le foglie
sono caduche a lamina palmato-lobata con margine
seghettato, mentre i fiori, che fanno la loro comparsa da
aprile a giugno, sono riuniti in infiorescenze a grappolo
pendulo. L’acero di monte, oltre ad essere il più longevo
fra gli aceri, è molto apprezzato per la fabbricazione
di mobili e rivestimenti di pregio grazie al suo legno
compatto e omogeneo.
16 - Via Vérda
La cosiddetta “Via Vérda” è una piacevolissima
passeggiata che si snoda fra i prati della campagna e
che parte dai margini dell’abitato di Ormanico, frazione
del comune di Transacqua. Lungo il percorso si può
apprezzare la caratteristica pavimentazione in salesà,
realizzata impiegando grandi ciottoli, secondo una
tecnica un tempo molto diffusa. L’area verde antistante
l’antico capitello è tappa ideale per un rigenerante
momento di sosta e offre un ottimo belvedere sul
Monte Pavione, la più importante cima delle Vette
Feltrine contraddistinta dalla sua forma piramidale. La
miscela di fioritura Fiesta conferisce al luogo un aspetto
particolarmente armonioso: è proprio all’interno di
questa grandissima varietà floreale che è possibile
ammirare la Layia platyglossa. Si tratta di una pianta
erbacea della famiglia delle Asteraceae che fiorisce
da maggio a settembre e che raggiunge un’altezza di
circa 40 cm. Ama i luoghi soleggiati ed è facilmente
riconoscibile grazie alla particolarità dei suoi fiori, in cui
il giallo intenso della parte centrale della corolla lascia
spazio, ai bordi, al colore bianco.
27- Piazza San Marco
La piazza San Marco, recentemente dedicata agli
emigranti, è stata oggetto di riqualificazione nel biennio
2009/2010. I vari elementi che la compongono si
prestano ad una lettura di tipo simbolico. Sullo sfondo,
un gruppo scultoreo realizzato dall’artista Simone Turra
rappresenta una famiglia inserita nella comunità: si tratta
di una donna e di un uomo il cui viso, che presenta
evidenti richiami all’aspetto di un leone, è chiara
allusione a s. Marco, patrono del paese. Anche il gioco
di cerchi concentrici della pavimentazione fa riferimento
al paese di Transacqua. L’ambiente montano è evocato
da un tronco d’albero stilizzato dal quale sgorga l’acqua,
fonte di vita e richiamo all’etimologia del comune. È
presente anche un capitello in muratura affrescato da
Max Gaudenzi (2009).
28 - Orto in condotta
L’Orto in condotta è l’orto scolastico realizzato e curato
da alcune classi della scuola primaria di Intercomunale
di Primiero, in collaborazione con insegnanti, nonni
e genitori. Un’esperienza finalizzata alla corretta
educazione alimentare delle giovani generazioni,
promossa dalla condotta locale Feltrino-Primiero di
Slow Food all’interno di un’ampia area verde messa a
disposizione dai frati cappuccini. Nei periodi scolastici
(maggio-giugno e settembre-ottobre) i prodotti coltivati
vengono donati alla mensa e qui cucinati per i bambini,
mentre nel periodo estivo, ogni lunedì mattina, alunni,
genitori ed insegnanti realizzano a turno un mercatino,
rendendo possibili delle visite all’orto. Fra i numerosi
ortaggi è stato coltivato il cavolo cappuccio, che si
differenzia dal cavolo verza per le foglie lisce e mai
bollose e per la parte edule più compatta, detta palla o
cappuccio, che si consuma cruda o cotta, ma che può
anche essere utilizzata per la preparazione del “cavolo
acido” (crauti), un piatto molto diffuso in Trentino e nel
centro-nord Europa. L’ortaggio presenta un basso valore
energetico, un equilibrato contenuto vitaminico, nonché
un discreto contenuto di calcio, fosforo e potassio.
EDIFICI STORICI
42 - Parco giochi Mélas
Il parco giochi in località Mélas si raggiunge imboccando
la salita accanto all’antica chiesetta di San Martino e
alla vecchia canonica affrescata. Qui si può percepire
il rumorìo dell’ormai interrato Rio Guastàia; una volta
giunti al bivio, invece di proseguire verso la cappella
del Colaór, si percorre il vialetto sulla destra costeggiato
da una lunga fascia di prato delimitata da slanciati
frassini. Si tratta del Fraxinus excelsior L., meglio
conosciuto come frassino maggiore, diffuso in Italia
nella parte centro-settentrionale e sostituito al sud dal
Frassino meridionale. Può raggiungere anche i 40 metri
di altezza e presenta un tronco diritto e slanciato, dalla
corteccia grigiastra, inizialmente liscia e poi fittamente
solcata. Le foglie sono decidue, le gemme invernali
di colore nero e i fiori, piccoli e verdastri, sbocciano
a marzo-aprile, prima delle foglie. Il legno è duro,
compatto, elastico, difficilmente deformabile e di facile
lavorazione. In futuro è prevista la realizzazione di un
percorso naturalistico che colleghi il parco Casa Mélas
con il sottostante Parco Vallombrosa.
L’ARTE
2 - Madonna della scala
L’affresco, pur se attraversato da una scala di legno e
ricoperto di calce, è ancora parzialmente leggibile.
Maria con il Bambino, collocata al centro della scena
sotto un baldacchino colorato, è circondata da due
santi: uno è stato correttamente identificato con Carlo
Borromeo, il santo arcivescovo milanese molto venerato
per il suo impegno a favore dei malati durante la terribile
pestilenza del 1576. L’altra figura, visibile poco sopra
i gradini della scala, rappresenta molto probabilmente
Apollonia, santa egiziana dei primi secoli cristiani, il cui
attributo di riconoscimento sono le tenaglie. Partendo
dal racconto del suo martirio, infatti, che ricordava
come le percosse ricevute le avessero fatto cadere tutti
i denti, la tradizione popolare volle che questa tortura
fosse stata inflitta ad Apollonia usando delle tenaglie. La
santa era per questo molto venerata, come protettrice di
chi soffriva il mal di denti, uno dei dolori più diffusi tra
la popolazione e un tempo difficilmente curabili.
8 - Addolorata
Il dipinto, sito sulla facciata di un’abitazione privata
che da su una stretta canisèla, è datato 1673 grazie a
un’iscrizione. Racchiusa in una mandorla di luce, la
Madonna occupa il centro della composizione: essa
è rappresentata secondo una variante della tipica
iconografia, molto diffusa a partire dal tardo Medioevo,
della Mater Dolorosa, o Madonna dei Sette Dolori: la
vediamo reggere sul grembo il figlio appena deposto
dalla croce, con il cuore trafitto da sette spade e le mani
giunte in preghiera. Il culto alla Mater Dolorosa, legato
alle celebrazioni della Settimana Santa, nasce nell’XI
secolo, per poi diffondersi in tutta Europa grazie alla
devozione francescana e servita.
A sinistra, recuperati grazie a un restauro, leggiamo i resti
di una delle rappresentazioni più diffuse della Trinità: il
Padre regge la croce del Figlio, mentre la colomba dello
Spirito è collocata in asse tra i due. Non è raro trovare la
Mater Dolorosa associata alla Trinità: molta letteratura
devozionale infatti raccontava come Maria, di fronte al
misero aspetto del corpo morto del figlio, ricordasse con
struggimento quanto fosse stato bello da vivo, e fosse
stato per lei “figlio, padre e marito”, esprimendo in
questo modo il mistero della SS. Trinità.
A destra, è rappresentato un angelo che tiene per mano
un bambino: sono con tutta probabilità Tobiolo e
l’Arcangelo Gabriele che, secondo il racconto biblico,
protesse il giovane durante un lungo viaggio, salvandogli
la vita più di una volta. Il dipinto ha perciò carattere
di ex voto: molto probabilmente il committente (che
l’iscrizione ci dice essere Domenico [Domenego] Simon)
lo fa dipingere per riconoscenza di una grazia ricevuta,
come la guarigione di un figlio ancora bambino.
L’analisi stilistica permette di attribuire il dipinto al già
citato Giovan Battista Costoia.
22 - Sacra Conversazione
L’affresco (1642) presenta al centro la Madonna
incoronata in trono con il Bambino, iscritti entro un ovale
luminoso; ai lati sono dipinti due santi, riconoscibili per
le iscrizioni sottostanti e per gli attributi: Giuseppe, con
il bastone del viandante e gli attrezzi da falegname ai
suoi piedi, che alludono al suo lavoro; Domenico di
Guzman, santo fondatore dei Frati Predicatori, vestito
con la tonaca bianca dell’ordine e con il giglio, alludente
alla verginità. L’affresco è stato attribuito all’artista
agordino Giovanni Forcellini (Zuane Forcelini), pittore
che ha lasciato numerose testimonianze nell’agordino,
suo luogo di provenienza, e in val di Fassa, soprattutto
a Campitello, Moena e Soraga, ma anche a Primiero (un
altro esempio si trova a Mezzano). È stato giustamente
ipotizzato che la scelta dei due santi sia dipesa dal nome
(Domenico) e dal lavoro (falegname) del committente.
11 - Chiesa di S. Marco
L’interno della chiesa parrocchiale di S. Marco conserva
alcune opere che vanno segnalate: prima fra tutte,
collocata sulla destra, in fondo all’abside, la bella pala
tizianesca dedicata al santo titolare, che Ugo Oietti,
Sovrintendente alle Belle Arti durante la Prima Guerra
Mondiale, affermò essere stata iniziata da Tiziano
Vecellio (a cui attribuisce le mani e la testa) e completata
dalla sua bottega; inoltre, il dipinto con lo Sposalizio
della Vergine (1615), al lato dell’altare maggiore;
le tavole seicentesche della Via Crucis, collocate in
controfacciata; infine, l’altare ligneo dedicato al copatrono di Transacqua, s. Antonio abate, collocato in
fondo alla navata sinistra.
Interessanti risultano poi alcuni lacerti di affresco,
posizionali sulla parete destra dell’arco santo, dove si
trovano ancora le tracce di una antica Crocifissione.
In uno dei frammenti si vede s. Nicola di Bari, vestito
con abiti vescovili e mitra, con al seguito tre angeli;
nell’altro, un santo (probabilmente l’Evangelista Luca,
per quanto è possibile evincere da un’iscrizione molto
corrotta) intento a scrivere su una pergamena.
26 - Capitello Sant’Antonio
Questo capitello, eretto nel 2009, è un’edicola in
muratura a pianta quadrata, con tetto ricoperto di
scàndole di legno; la base presenta una copertura in
sassi, che incornicia alcune zone di intonaco affrescato.
Sul fronte, una nicchia con volta a botte a cassettoni
accoglie la statua lignea del co-patrono di Transacqua,
s. Antonio abate: si tratta della copia fedele di una
scultura seicentesca del santo, presente nella chiesa
parrocchiale di S. Marco. S. Antonio è presente anche
negli affreschi che decorano esternamente il capitello,
opera dell’artista primierotto Max Gaudenzi: troviamo
infatti una rappresentazione del santo, accompagnata
dagli attributi tipici del porcellino e dei demoni che
lo tentano nel deserto, sulla faccia del capitello che dà
sulla piazza. Sulle restanti facce campeggiano s. Marco,
altro patrono del paese, con il leone ai suoi piedi e il
Vangelo tra le mani, e alcune figure di santi orientali
sotto arcatelle dipinte.
15 - Capitello della Madonna
Il capitello ha una decorazione piuttosto convenzionale
e difficilmente databile. Sul lato sinistro, un Crocifisso
affrescato è guardato dai due più illustri santi protettori
contro i contagi: s. Rocco di Montpellier e s. Sebastiano,
entrambi veneratissimi in Europa, invocati contro le
epidemie. A destra, alcuni santi sono posti su due registri:
in alto, Marco con il Vangelo; Giuseppe con il giglio;
Lucia con gli occhi nel piattino, attributo che richiama
il suo martirio. Nel registro sottostante, altri santi, alcuni
dei quali privi di attributi specifici, sono stati identificati
in Gottardo, monaco e vescovo medievale, Giovanni
Evangelista e Antonio da Padova. Un fondo di luce
accoglie i santi del registro superiore, dipinti a mezzo
busto, mentre su un bel fondale blu di stagliano quelli a
figura intera del registro inferiore.
21 - Madonna nera
Gli agenti atmosferici col tempo avevano molto rovinato
questo affresco settecentesco, che però è stato recuperato
grazie a un recente restauro. Troviamo qui rappresentata
la Madonna di Loreto, detta anche Vergine Lauretana:
è la statua che si venera nel santuario che accoglie la
S. Casa di Nazareth la quale, secondo la tradizione, fu
miracolosamente trasportata dagli angeli a Loreto, nelle
Marche. Come l’originale, anche l’affresco presenta una
Madonna vestita con il caratteristico manto ingioiellato
detto dalmatica e con il volto scuro, simile a quello delle
antiche icone mariane. La Madonna incoronata regge
sulla sinistra il Gesù Bambino, di cui spuntano solo il
capo e gli avambracci, mentre il resto del corpo è come
inglobato nella pesante veste di forma conica della
Madre. Il Bambino tiene nella mano sinistra il globo
crucigero, simbolo del suo potere sul mondo.
Ai lati della Madonna troviamo infine due angeli in
adorazione che reggono una candela.
6 - S. Tommaso (Il libro e la lancia)
L’affresco, di pregevole qualità, è un piccolo lacerto
dell’originale serie di dipinti che decorava molto
probabilmente l’arco santo della chiesa parrocchiale
di Transacqua. Distrutti nel 1863 a seguito dei lavori
di ampliamento del coro della chiesa, gli affreschi,
con tutta probabilità quattrocenteschi, andarono
irrimediabilmente perduti, se non per questa testa di
santo, messa in salvo da un contadino del paese, da
lui incastonata sul muro del suo fienile e in seguito
incorniciata con dell’intonaco bianco.
L’opera rappresenta quasi sicuramente s. Tommaso,
riconoscibile per gli attributi tipici: la lancia, che ricorda
il suo martirio, e il Vangelo, che l’apostolo missionario
predicò in India. La morbidezza dei capelli e l’incarnato,
reso con maestria, danno la cifra dell’abilità artistica del
frescante.
36 - La Pieve, Chiesa di S. Maria Assunta
L’impianto gotico della chiesa attuale si deve a una serie
di lavori che la interessarono nel corso del XV sec.,
periodo in cui fu costruito un nuovo coro poligonale
molto ampio e la chiesa acquistò l’attuale aula tripartita.
Del periodo precedente fu mantenuto il campanile
romanico a pianta quadrata caratterizzato dalle superstiti
bifore. La vecchia copertura a cassettoni venne sostituita
nel 1493 dall’attuale copertura a volte. L’odierna chiesa
fu consacrata nel 1495 dal vescovo di Feltre Andrea
Trevisano.
L’imponente facciata è addolcita dalla tripartizione
con cordonate in pietra, riproposte anche sul prospetto
orientale, e dalla presenza di un bel rosone circolare
e della slanciata porta a sesto acuto. Splendidamente
gotico è anche l’impianto della zona absidale con le
esili ed eleganti finestre ogivali. Impressionanti inoltre
sono le dimensioni dell’affresco che doveva coprire
quasi interamente la parete meridionale della chiesa e
di cui rimangono soltanto alcune giornate esecutive.
Molto probabilmente doveva raffigurare un enorme s.
Cristoforo, protettore dei viandanti, caratteristico soggetto
medievale che compare su molti prospetti visibili dalle
antiche strade di percorrenza delle valli alpine.
38 - Chiesa di S. Martino
Esternamente l’edificio presenta alcune pitture di
diversi stili e datazione. Campeggia sulla zona sinistra
della parete che dà sulla chiesa di S. Maria Assunta,
un maestoso Crocifisso ligneo; poco dopo la metà del
XVI sec. al frescante Marco da Mel fu commissionata
le decorazione dello sfondo parietale, su cui dipinse
la Madonna e s. Giovanni svettanti su un bel fondale
naturale. Al medesimo artista va ricondotto anche
l’imponente s. Cristoforo, questa volta datato (1559);
a seguito dell’apertura delle finestre a tutto sesto,
l’affresco venne tuttavia gravemente decurtato, tanto
29 - Palazzo Someda
Edificio nobiliare della famiglia Someda. Si tratta di
una struttura a più piani con marcapiani e decorazioni
di particolare pregio, come le architetture dipinte
con grandi specchiature a rilievo sopra le finestre e
gli angolari a finto bugnato presenti sulla porzione di
edificio originario. Significativi sono inoltre tutti gli
stipiti in pietra delle aperture, tra cui il portale e le due
aperture a bifora sul lato sud e un’apertura a trifora sul
lato nord, interamente in pietra. Il registro, abbondante
di aperture, si conclude nel sottotetto con una teoria
di elementi circolari sormontati da una fila di elementi
semicircolari. Il tetto è a padiglione e i poggioli in ferro
battuto.
che scorgiamo ormai soltanto il Bambino che doveva
stare sulle spalle del santo. A destra, spicca un affresco
di Leonardo Campochiesa, artista proveniente da
Primiero e attivo nella II metà dell’Ottocento, che
firma una particolareggiata rappresentazione del
Battesimo di Cristo, a testimonianza del cambiamento
di destinazione liturgica dell’edificio: se un tempo infatti
la chiesa era probabilmente una cappella funeraria,
alla fine del Settecento diventa battistero. La primitiva
La costruzione dell’attuale edificio si deve alla famiglia
Someda di Chiaromonte, nobili originari della Val di
Fassa instauratisi in Primiero all’inizio del Cinquecento
per commerciare in legname. Nel Seicento la proprietà
veniva descritta così: «casa con stue, cosina, diverse
camere, sala, cortivo, caneve et studio con forno, stalle
et tabiadi con horti et chiesure piantade de arbori
frutifferi, posti in locho detto “Chiaromonte”, altre volte
“alli Novalli”».
destinazione funeraria della chiesa è testimoniata, anche
in questo caso, dalla scelta delle particolari tematiche
che la decorano internamente: il Giudizio universale,
che troviamo rappresentato sulla parete di sinistra, era
infatti un soggetto molto confacente, come testimoniano
modelli ben più illustri (si pensi alla controfacciata
della cappella funeraria degli Scrovegni di Padova).
Concludono la decorazione pittorica delle pareti
laterali un s. Martino, gravemente lacunoso e forse
quattrocentesco e, sulla parete opposta, un Michele
arcangelo intento a schiacciare Satana. Particolarmente
interessante è la decorazione dell’abside, che presenta
almeno un paio di strati: sotto il Cristo Salvatore
cinquecentesco circondato dai quattro simboli degli
Evangelisti, si scorgono alcune figure di santi apostoli
in teoria: lo stile rimanda a un’epoca anteriore, forse già
tardo-romanica (XIII sec.).
L’edificio negli anni ospitò molte delle persone più
illustri e ricche della valle, spesso collegate alle attività
che si svolgevano alla Ferrarezza, oltre il torrente.
L’edificio, chiamato anche Palazzo Boccelle, nel tempo
ha subito parziali modifiche: al nucleo originario sono
infatti stati aggiunti due volumi sul lato nord, mentre
un grande edificio a est della villa di solo un paio di
piani, finestrato e con tetto a padiglione, probabilmente
destinato a stalla, venne demolito poco dopo la Prima
Guerra Mondiale.
46 - La Madonna dei sette dolori
Come già nell’affresco dell’Addolorata, anche su questo
dipinto parietale torna l’iconografia della Madonna dei
sette dolori, con il cuore trafitto da sette spade. L’affresco
è stato ascritto, sulla base di considerazioni stilistiche,
alla II metà del XVII sec. Si comprende facilmente
quanto la Mater Dolorosa sia, un tempo come oggi,
particolarmente venerata da chi si trovi in difficoltà: le
pene della Madonna, così esplicitamente rappresentate,
la rendono particolarmente vicina a chi, oppresso e
sofferente, le si rivolge per l’intercessione. I dolori della
Madonna rappresentati dalle spade sono: la profezia
del vecchio Simeone, che predice a Maria l’arrivo di
una sofferenza futura; proprio da queste parole prende
spunto l’iconografia, perché Simeone parla di una spada
che le trafiggerà il cuore (v. Lc 2,35); la fuga in Egitto; la
perdita di Gesù Bambino nel tempio; l’incontro di Maria
e il Figlio durante la Via Crucis; la veglia ai piedi della
croce; l’abbraccio al cadavere e la sepoltura di Cristo. Ad
affiancare Maria in questo affresco troviamo s. Giovanni
Battista e s. Antonio da Padova.
49 - Capitello della peste
Questo non è l’unico capitello di Pieve che si connota
come ex voto per lo scampato contagio della peste
del 1630: tanta doveva essere infatti la riconoscenza
dei paesani alla Madonna e ai santi per averli protetti
contro la terribile epidemia, che falcidiò gran parte della
popolazione del Nord Italia, ma che a Pieve, come si
narra, si fermò miracolosamente al termine di piazzetta
Val d’Aosta. Qui troviamo infatti, collocata sul muro
di una casa, un’edicola votiva in onore alla Vergine e
ai santi Rocco, Antonio da Padova e Carlo Borromeo.
L’edicola è stata completamene rifatta negli anni
Cinquanta del XX sec., ma fu eretta poco dopo la metà
del Seicento, ovvero qualche decennio dopo il capitello
qui preso in esame, datato 1632. Questo capitello,
molto semplice nelle forme e nella decorazione,
presenta ancora le tracce degli antichi dipinti murali:
scorgiamo infatti i volti della Madonna e del Bambino,
che molto probabilmente teneva tra le mani i cordoni
degli scapolari. Si tratterebbe pertanto dell’ennesima
Madonna del Carmelo, iconografia molto presente su
tutto il territorio primierotto.
33 - Palazzo delle Miniere e del Dazio
È questo uno degli edifici storici più importanti e più
belli dell’intera vallata. In stile tardo gotico, il palazzo
conserva ancora molte delle caratteristiche del suo
tempo. Notevoli innanzitutto i due erker affrescati agli
angoli della facciata principale del palazzo, detti anche
bay window (finestra a golfo), strutture architettoniche
nate con lo scopo di proiettare all’esterno di un
edificio alcune finestre, elementi tipici delle case dei
territori di lingua tedesca. Altro particolare che rivela la
monumentalità dell’edificio è la tipica scala nobile a due
rampe contrapposte. Oltre agli innumerevoli affreschi
e decorazioni che ne movimentano la facciata, sono
singolari le aperture a feritoia del sottotetto.
L’attuale assetto delle edificio è della II metà del XV
sec.; edificato per volontà dell’Arciduca Sigismondo
d’Austria, il palazzo compare molte volte nei documenti
degli archivi locali. Una sua descrizione lo fotografa
nei primi anni del Seicento con questi termini: «casa
granda solerada con caneve, stue, camere, cosine,
chiesura, horto, stalla, cortivo con più arbori frutifferi»,
significativamente poco dissimile allo stato attuale.
A quei tempi proprietà del Principe Massimiliano
Arciduca d’Austria, il palazzo era sede del Bergrichter,
il giudice minerario austriaco, e in seguito di molte altre
autorità amministrative austriache e tirolesi. Rinnovato
una prima volta nel 1558, nel tempo l’edificio ha subito
scarse modifiche.
41 - Vecchia Canonica
Edificio molto bello, di cui un recente e ben eseguito
restauro è riuscito a conservare sia gli intonaci originali
che molti degli elementi decorativi antichi. Caratteristica
è la ripartizione verticale del prospetto principale: due
piani in muratura e timpano tamponato con un graticcio
di legno. Lo schema decorativo è molto semplice ma
efficace. Oltre agli affreschi, sono presenti angolari
decorati (bassorilievi incisi e graffiati grigi) e riquadrature
delle finestre con motivi geometrici sia incisi che a
bassorilievo. Singolare inoltre è la strombatura della
finestra al piano terra (dove è disegnata una miniatura
della chiesa di S. Maria Assunta), e la presenza di
elementi lapidei nei piedritti della porta d’ingresso
principale. Curiosi i designi a sanguigna e carbone del
piano terra, dove vengono raffigurati un edificio con il
pennacchio di fumo e un capitello a croce (forse l’antico
capitello posto all’ingresso occidentale di Pieve).
Probabilmente la casa smette di essere canonica nel
corso del XVIII sec. L’edificio viene forse ricordato
nei documenti seicenteschi come sede della scuola o
confraternita di S. Maria.
Il prospetto principale rimane sicuramente immutato dal
1794, come anche le aperture attuali e forse i serramenti,
con le caratteristiche lavorazioni in ferro battuto, e il
piccolo orto che sopravvive in questa sede da più di due
secoli.
ARCHEOLOGIA
48 - Casa Piazza
È una delle poche case abitate del centro storico di Pieve
sostanzialmente immutata rispetto al secolo passato.
Sono presenti diversi elementi architettonici di pregio:
i finti angolari a cuspide, il marcapiano sommitale, gli
elementi architettonici delle finestre e degli ingressi, in
pietra locale come la scalinata di accesso e il bellissimo
poggiolo decorato con motivo floreale e ringhiera in
23 - La Ferrarezza
Antico nucleo produttivo strettamente collegato al ciclo
delle miniere per la produzione di ferro (da cui il nome
Ferrarezza e località Forno) e forse in periodi più antichi
all’estrazione dell’argento, due importanti attività che
hanno caratterizzato la vita economica dell’intera
valle di Primiero. Il complesso era molto esteso ed è
stato continuativamente utilizzato dal Cinquecento
alla I metà del Novecento, subendo costanti modifiche
e rimaneggiamenti. Comprendeva numerosi canali
per il trasporto dell’acqua, numerosi forni, depositi e
abitazioni con stalle e orti. Degli ultimi edifici produttivi
rimane in piedi nella sua forma originaria solamente
l’edificio posto nella zona più settentrionale, mentre gli
altri edifici dell’antico nucleo produttivo sono stati tutti
ristrutturati o demoliti per costruire nuove abitazioni e
ora sono difficilmente distinguibili. Mancano infatti la
grande ciminiera e i carbonili (depositi di carbone) che
hanno caratterizzato questa zona del paese fino alla
prima metà del Novecento.
ferro battuto.
Particolare è la copertura dell’edificio, a capanna e con
timpano aperto nel lato esposto a sud, a padiglione a
nord, evidenza architettonica dell’utilizzo in passato dei
sottotetti come essiccatoi per i prodotti agricoli.
La casa della famiglia Piazza in passato si affacciava
sull’unico piazzale di Pieve. Della vecchia piazza sono
stati eliminati solo una piccola fontana, prospiciente
alla casa e, durante il Novecento, il muro di cinta che
delimitava la proprietà della casa lungo il lato orientale.
50 - Maso Negrelli
Maso di recente ristrutturazione, anticamente proprietà
della famiglia Negrelli. Sono particolari sia la struttura
lignea del timpano (che in questo caso è a vista,
probabile conseguenza di successivi tamponamenti
eseguiti sul tetto, mantenuto precedentemente aperto
per favorire l’essiccazione dei prodotti), sia alcuni
elementi decorativi come gli angolari dipinti, anche
se pesantemente restaurati, e il piccolo affresco sul
prospetto meridionale.
Il maso probabilmente fu acquistato da Nicolò Negrelli
(nonno dell’ingegnere Luigi) poco dopo il suo arrivo
in Primiero (1761): a quei tempi forse la struttura era
bruciata e solo in seguito il Negrelli la ricostruì. Il primo
edificio di cui si hanno testimonianze certe è quello
del 1794, molto simile all’attuale: pianta rettangolare,
timpano a sud, due piani con tre finestre al secondo e
porta d’ingresso centrale al piano terra, mentre erano
assenti tutti gli ampliamenti sui lati ovest e nord.
Anticamente la proprietà della famiglia Negrelli
comprendeva tutto il prato antistante la casa, dove
fortunosamente è rimasto il lungo e pregevole muro a
secco.
Singolare è un racconto che Angelo Michele Negrelli
lascia all’interno delle sue Memorie: sul finire del
Settecento Angelo Michele pianta dei gelsi nei pressi di
questo maso, che tuttavia avranno vita breve; verranno
infatti tagliati nel 1797 per evitare che sia l’armata
francese ad abbatterli al suo arrivo in Primiero. Angelo
Michele ne salva solo due, che ha piantato il giorno del
suo matrimonio, il 19 aprile 1787.
37 - Chiesa di S. Maria Assunta
Gli scavi archeologici dell’interno della chiesa di S.
Maria Assunta sono stati condotti dalla Soprintendenza
di Padova tra il 1995 e il 1996. L’analisi storica dei
documenti attesta la presenza di una chiesa pievana
in Primiero fin dal 1206, con una discreta incidenza di
fonti del XIII sec. Lo scavo archeologico ha messo in
luce, oltre alle due fasi di costruzione e vita della chiesa
gotica, il perimetro murario di un edificio di culto, più
volte rimaneggiato nel corso del tempo a causa della
distruzione della copertura lignea del tetto, testimoniata
da livelli compatti di incendio, e seriabile in cronologia
relativa (grazie alla presenza di diversi livelli pavimentali)
in almeno cinque fasi distinte. La fase più tarda è
riferibile all’epoca “romanica”, databile tra il XII e il XIV
sec., quando sulle strutture murarie della costruzione
originaria venne creata una nuova abside presbiteriale,
mentre si fece ex novo la torre campanaria. L’edificio
più antico presenta caratteristiche paleocristiane e lo si è
voluto far risalire a una tipologia databile al V sec.
Durante le indagini sono state rinvenute circa 700
monete, collocabili tra il XII e il XX sec.; molto attestati
sono i denari della zecca di Venezia. Da segnalare inoltre
il rinvenimento di una moneta di bronzo del imperatore
Costanzo (317-361). Tra i materiali più antichi vanno
infine segnalati i frammenti di una lucerna a sospensione
in vetro databile tra il V e il VI sec.
Le notizie che qui si riportano sono desunte da un
articolo pubblicato dagli autori dello scavo; purtroppo
i dati ufficiali dell’indagine non sono ancora stati resi
disponibili. Va ricordato che le conclusioni a cui sono
giunti gli autori sono state in parte criticate sia da storici
che da archeologi, soprattutto per le fasi più antiche.
64 - Miniere
L’attività mineraria caratterizzò il Primiero dalla metà
del XV sec. fino a tutta l’età moderna. Le miniere
interessavano tutte e tre le valli del Primiero: la valle
61 - Mulino
Storicamente i mulini erano parte integrante della vita
economica di tutto il Primiero. La presenza di mulini
è più volte ricordata anche all’interno dei documenti
d’archivio di Transacqua. La sola frazione di Ormanico
sul finire del Settecento ne possiede ben due. Un secolo
dopo, nel 1880, i mulini presenti a Transacqua sono
sei, tra questi probabilmente anche il Molinét (mulino
piccolo), edificio gestito durante il Novecento dalla
famiglia Scalet, di modeste dimensioni rispetto ai due
grandi mulini presenti in località Fol. Il Molinét veniva
utilizzato a livello familiare per la macina del granoturco
e la decorticatura dell’orzo. L’attività di molitura venne
interrotta nel secondo dopoguerra, periodo in cui tutti i
mulini di Transacqua scompaiono. L’acqua che scorreva
a lato del Molinét tornò comunque utile, infatti fino agli
anni Sessanta del secolo scorso il Molinét fu sede di una
piccola falegnameria “idraulica”.
principale del torrente Cismon, la val Canali e anche
il Vanoi. Dalle montagne circostanti si estraevano
rame, piombo, argento e siderite.
Il principale
centro di produzione e trasformazione della siderite
fu Transacqua, grazie alla presenza dei grandi forni
fusori della Ferrarezza in località Forno. Il territorio
di Transacqua era inoltre interessato dalla presenza di
una delle più importanti miniere di siderite. La miniera
si sviluppava sotto il monte Padella (anche monte
Giasinozza o Plasenegg) e interessava anche il versante
sinistro del rivo Valuneda, seguendo la linea di faglia tra
la Valsugana e Agordo.
Nell’Ottocento erano ancora aperte diverse gallerie,
di cui la Friole di Sotto, la Ponte, la Valuneda e
probabilmente il più imponente “stol dei Fossi” (galleria
dei Fossi), lungo 750 m., che sbucava nei pressi del
torrente Cismon. Il giacimento, costituito per la maggior
parte da siderite con tracce di galena argentifera e
piombo, venne sfruttato dalla II metà del XV sec. fino al
1870 circa, seguendo alterne fortune e diverse proprietà.
Gli ultimi lavori che vi si svolsero furono ad opera della
Società Italiana Ernesto Breda, la quale nel corso del
Novecento esplorò le miniere e si interessò a una loro
eventuale riapertura, che tuttavia non avvenne.
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