Untitled - Garfagnana Identità e Memoria

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E F
G H
dizionario garfagnino
ECCA’ ~ Interiezione. Eh, sì, proprio così,
certamente, ma ti pare! (L. Rossi op. cit.,14
riporta questo dialogo tra due persone che
si incontrano per la via, una delle quali invita l’altra a vejo: “…vinite a vejo stasera?”.
“Eccà, se podrò!”).
ECCE HOMO ~ locuz. lat. Con questa
espressione, secondo il Vangelo di Giovanni, Ponzio Pilato presenta alla folla il
Cristo, flagellato e coronato di spine. Esse
cume l’ecce homo è una locuzione idiomatica garfagnina (e comune anche in molte
altre zone d’talia), usata per indicare una
persona magra, malandata di salute od anche un individuo vestito male e sporco.
ÈCCHIME! ~ avv. esclamat. Anche nelle
forme ècchite!, ècchilo!, ècchila!, ècchici!, ècchivi!, ècchili!, ècchile!. Eccomi!, èccoti! ecc.
Indica l’apparizione improvvisa di una
persona o di una cosa, attesa o cercata.
Evidente è la sua composizione data
dall’avverbio ‘ecco’ (dal lat. eccum, ecce
‘ecco’ con cambio della o in i, forse per ragioni eufoniche) con le particelle pronominali mi(me) ti (te) ecc.
EICCHIA’ ~ intrans. Esserci. Voce singo-
larissima e probabilmente esclusiva, o quasi, della Garfagnana e delle zone limitrofe:
già si è notato (ved. supra bevicchia’) come
spesso il dialetto aggiunga il suffisso icchi
ai verbi per indicare un’azione ripetuta,
in alcuni casi in misura limitata, in altri in
eccesso (ved. infra icchi). L’aggiunta di tale
suffisso alla terza persona singolare ( e plurale) del presente indicativo (ed anche dell’imperfetto) del verbo èsse serve ad indicare
una modesta presenza di qualcosa, nel senso
di ‘essercene in misura sufficiente, bastevole’
(‘cume va l’uva quest’anno?’ ‘ce n’eicchia!’).
EL ~ art. determ. masch. Il. Viene premesso ai vocaboli inizianti per conso-
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nante che non sia s impura, gn, ps, pn (da
notare che la lingua italiana non vuole
l’articolo ‘il’ neppure davanti a z, regola
non valida invece per il linguaggio dialettale garfagnino). Bonini lo usa costantemente (El piovàn, El cuntadìn del curato);
Santini adopera indifferentemente il o
el (Il bimbo malato, El semaforo) mentre
Pennacchi impiega il. Forse quest’ultimo, più giovane, si esprimeva già in un
garfagnino che risentiva maggiormente
degli influssi esterni e, in particolare, di
quello della radio e della televisione, ma
trattasi di semplice congettura, così come
il far discendere la variante vocalica da
differenti zone geografiche. Di fatto oggi
el è quasi del tutto scomparso, lasciando
il posto a il. Da notare che nella forma
scritta ricorre con frequenza ’l.
ÈLLORA (ÈLLERA) ~ s.f. Edera, arbusto rampicante assai diffuso.
Battaglia, V, 106 riporta èllera, dichiarandola forma secondaria di edera dal lat.
hedera, senza che ne risulti chiara l’evoluzione fonetica, certo seguita anche da èllora. La forma èllera è registrata pure da
“La Garfagnana” nella rubrica ‘Parole del
dialetto nostro’.
ELLÒRATO ~ agg. e s.m. Albero o casa
ricoperta di edera. È usato anche come sostantivo per indicare un luogo ove si trovino molti di questi arbusti.
ÈLTO ~ agg. Alto, che si eleva alquanto
dal suolo, di statura elevata (è più èlto della
su’ età). Si usa pure nel senso di profondo
(’un andà in quel bozzo; c’è l’acqua èlta) e
in senso figurato (tene’ èlto il morale); torna tuttavia ‘alto’ se usato come sostantivo
(Dio ci guarda dall’alto).
Dal lat. altus part. pass. di alere ‘nutrire’,
ovvero da alescere, incoativo di alere ‘crescere, rinforzarsi’.
dizionario garfagnino
ELZA’ ~ trans. Coniugato come ama’. Alzare, sollevare, levare in alto; aumentare
(ad es. con riferimento al tono di voce);
sopraelevare (di costruzioni). Anche se
la si sente adoperare, non è frequente la
forma riflessiva elzàssi, nel senso di ‘alzarsi, levarsi, mettersi in piedi’, per la quale
ipotesi si preferisce levassi (stamani mi son
lèvo – non mi son èlzo – alle séi).
Ved. infra leva’.
ELZA’ DA CAPE – locuz. idiom. garf.
L’espressione, al negativo (’un elza’ da
cape), allude ad una cosa insignificante,
anonima, che non modifica la situazione
o i termini della vicenda (questa ministrina ’un t’èlza gnanco da cape, per significare che non è per nulla nutriente).
Questo singolare modo di dire – sempre
più raro da ascoltarsi nella parlata della
gente – è menzionato dal maestro Poli
nella sua raccolta di vocaboli del dialetto
locale.
EMPI’ ~ trans. Pres. indic. io émpio, noi
empiàn, voi empìte, essi émpiono (émpino);
imperf. io empìvo (empìo) ecc.; pass. rem.
io empiétti (empìi),... egli empìtte (empì),
noi empìmmo (empiémmo, empìttimo)...
essi empìrono (empìttero empìttino); part.
pass. empìto. Riempire, mettere in un recipiente tanta materia quanta ve ne può stare. Imbottire, rimpinzare. Frequentissima
la forma con la i iniziale al posto della e
(ved. anche infra limpi’).
Dal lat. implère ‘riempire’.
ÉMPIO ~ agg. Pieno, gonfio, sia di cibo
che di liquidi, meno usato per altri solidi.
Dunque si sentirà: ‘basta mangia’, son émpio, il fiasco è émpio di vin’, ma si preferirà
‘il paniere è pién di regali’.
Battaglia, V, 138 richiama il part. pass.
di ‘empire’, da ‘riempire’, con caduta (o con
mancanza) della particella iterat. ‘ri’.
EMPITÈLLA ~ s.f. Nepitella. Pianta erba-
cea aromatica, chiamata anche ‘mentuccia’
o ‘menta selvatica’, che trova frequente applicazione in cucina (ved. infra nepitella).
Dal lat. nepeta con metatesi di ne in en
(poi em per assimilazione dovuta alla presenza successiva della labiale p) ed aggiunta del suff. dimin. ella (Battaglia, XI, 361).
ÉNDICIO ~ s.m. Éndice, sasso od altro
oggetto fatto a somiglianza di un uovo
posto nel nido delle galline per invitarle
ad ivi deporre le uova. In senso traslato
indica poi l’ultima cosa rimasta di una
precedente maggior quantità che si aveva
a disposizione.
Dal lat. ìndicem, acc. di index ‘rivelatore, indice, indizio’ (Castiglioni-Mariotti,
713), di cui il vocabolo garfagnino costituisce un’evidente alterazione.
èNDICO ~ s.m. Saporaccio di cosa stantia. Il vocabolo si trova nella raccolta di vocaboli locali compilata dal maestro Poli.
ÉNFIO ~ agg. Gonfio, gonfiato. In senso
figurato ‘tronfio, pieno di sé’.
Dal lat. inflare ‘soffiar dentro’ (Passerini
Tosi, 325).
ENFIÓRE ~ s.m. Enfiagione, gonfiore.
Assai comune anche il sinonimo enfiagión.
ENTRANTE ~ agg. e s.m. Sfacciato, in-
vadente.
ENTRATURA ~ s.f. Entrata. Tuttavia il
vocabolo è maggiormente usato, unito per
lo più al verbo ave’, in senso figurato, con
il significato di ‘esser in familiarità, aver
dimestichezza con qualcuno o qualcosa’.
ENTUSIASMATO ~ agg. Curioso, ansioso di conoscere, di sapere. Il vocabolo
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ha dunque, in garfagnino, un significato
un po’ meno nobile ed elevato rispetto a
quello della lingua italiana che gli attribuisce il senso di ‘individuo preso da viva
commozione, pieno di gioia, ammirazione’. Cfr. la novella Il pioppo – riportata da
Venturelli, 172 – dove si racconta di tre
fratelli che, dopo aver seppellito una cassa misteriosa, sono presi dal desiderio di
vederne il contenuto e decidono di dissotterrarla, domandandosi in continuazione,
durante le relative operazioni, cosa mai ci
potrà esser dentro; “insomma”, conclude il
narratore, “(èrino) entusiasmati tutti”.
EÓ ~ locuz. idiom. garf. Bella espressione, molto frequente nel linguaggio parlato
e nei discorsi della gente. Appare tuttavia
difficilmente traducibile. Nello Guido
Paoli – che la include nella sua raccolta
di termini locali – la rende con Che gli fa?
Non conta nulla! Va così!. Viene però utilizzata anche come risposta generica ad una
domanda, nel senso, ad esempio, di ‘Che
vuoi che ti dica?’, ‘Non si può fare diversamente!’ (‘Ti sei deciso a mettiti a dieta,
finalmente?’ ‘Eó’).
EPPO’ ~ avv. Poi, dopo, appresso, sia in
ordine di tempo che di luogo. L’espressione
ha tuttavia un senso rafforzativo rispetto al
semplice poi. Il giornale “La Garfagnana”
pubblicò una poesia intitolata La rivoluzione, a firma Reber ove si legge: “Autunno, inverno, primavera, ’state eppò da capo”(cfr.
Bonini, I becuri, 26: “Eppò nel tempo che se
li covava / era S. Marco…”
Dall’unione dei due termini latini et e
post ‘dopo’.
ÈRBA ~ s.f. Piantina bassa, il cui fusto
rimane verde, senza diventar legnoso. È
termine generico per indicare ogni tipo di
pianta verde e bassa che ricopre il terreno,
ma nel dialetto della gente della Garfa-
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gnana acquista un significato particolare
quando sia usato in modo assoluto: anda’
a fa’ l’erba è infatti espressione che viene
usata specificatamente in cunicoltura, nel
senso di ‘raccogliere il foraggio necessario
per i conigli’, ancorchè la si impieghi in via
più generale per alludere alla generica attività di raccolta dell’alimentazione vegetale
necessaria agli animali della stalla.
Dal lat. herba, a sua volta derivante,
forse, dal gr. pherba o da phorbè ‘pascolo’
(Mestica, 539).
ERBAIO ~ s.m. Luogo pieno di erbe di
ogni specie. Usato anche nel senso di ‘luogo trascurato, non tenuto pulito’ (Baldisseri, op. cit., 122).
ÈRBA LIMÓNA ~ s.f. Il vocabolo si
trova nella tesi di Piergiorgio Lenzi come
melissa officinalis, pianticella le cui foglie
profumano di menta e di limone e vengono usate come aromi nella preparazione di
alcune ricette gastronomiche.
ERBA LUPINA ~ s.f. Erba spontanea
con una piccola rappa simile al fieno. Ha
foglie che ricordano quelle del trifoglio.
ERBA VETRIÒLA ~ s.f. Gamborosso
(ved. infra), erba spontanea che cresce sui
muri delle vecchie case, ritenuta lenitiva
contro le irritazioni derivanti dal contatto
con l’ortica ed efficace anche per attenuare
il prurito prodotto dalle punture di piccoli
insetti. Fra’ Benedetto Matthieu riferisce
che va identificata con la parietaria officinalis, i cui getti e le foglie fresche si cuociono come gli spinaci.
Il nome potrebbe derivare dal fatto che
veniva usata anche per pulire recipienti di
vetro (Lenzi).
ÈRBO ~ s.m. Qualunque tipo di erba usata in cucina. Mentre il femminile ‘erba’ può
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esser utilizzato anche nel senso di ‘foraggio,
alimento per animali’ (ved. supra), èrbo
riguarda solo le erbe utilizzate come cibo
per gli uomini, che spesso vengono genericamente indicate con l’espressione plurale
erbi. Lo stesso significato può assumere il
vocabolo erbuccio (vedi infra) che tuttavia
allude, in particolare, al prezzemolo. Simpatica l’ espressione erbo magico, usata dai
cuochi quando non vogliono rivelare un
particolare ingrediente, capace di dare un
gusto speciale ad una data ricetta (eppo’ ci
vòle l’erbo magico). Erbo identifica anche le
piante usate nella medicina popolare.
un bicchierotto intero / d’ojo bón e ci triti
una cipolla / un sedanìn, du’ erbucci…”).
ÈRPICO ~ s.m. Erpice, strumento agri-
colo per nettare il terreno da pietre ed erbacce.
Dal lat. irpex (Passerini Tosi, 534).
ESIBIZIÓN ~ s.f. Esibizione, offerta,
sfoggio. Il profferirsi altrui (Mestica, 548).
Dal lat. exibitio ‘produzione, presentazione’, con la radice di exhibère ‘metter
fuori’.
ESPUSIZIÓN ~ s.f. Mostra, esposizione.
ÈRBO MÒRO ~ s.m. Pianta simile al-
l’ortica, ma con le foglie più scure e non
urticanti, che veniva posta sui foruncoli
per facilitare la fuoriuscita del pus. Anche riguardo a questa pianta fra’ Benedetto Mathieu fornisce accurate notizie,
chiarendo che il linguaggio popolare non
è sempre preciso: se l’erbo moro è simile
all’ortica...non urticante si tratta del lamium album, detto pure ‘ortica bianca o
falsa ortica’, ma con ogni probabilità il vocabolo fa riferimento al solanum nigrum
che ha poco a che vedere con l’ortica (ove
si escluda la sua natura infestante), impiegato in cataplasmi per la cura di bruciori
e foruncoli. Siccome è molto velenosa, è
pianta da bandire dall’uso familiare, che
va limitato a cataplasmi revulsivi.
ERBUCCIO ~ s.m. Un po’ tutte le erbe
aromatiche da cucina, in particolare, però,
il prezzemolo. Il vocabolo è usato quasi
esclusivamente al plurale. Nieri, 72 ne dà
questa definizione: “il pratisemino ossia il
prezzemolo, per antonomasia” (Pennacchi,
Mangiari di casa noscia, 29: “intanto versa
Sovente la parola viene usata unita al verbo esse da con significato negativo, quasi
di dileggio. Gian Mirola, op. cit., 25 riporta
questi versi pubblicati su “Il Messaggero di
Lucca”, anno XXI, 233 relativi ad un dialogo tra moglie e marito: “...sei propio un bel
marito, va! da espusizión”.
ESSE ~ intrans. aus. Essere. La coniugazione di questo verbo è già stata data nelle
note di grammatica alle quali si rimanda.
Forma la base di numerose locuzioni idiomatiche di cui si farà parola allorchè si incontrerà il vocabolo relativo.
ÈSSO ~ avv. Adesso, ora. La parola è con-
tenuta nella lista di vocaboli del dialetto
locale compilata da Nello Guido Poli.
EZÈMA ~ s.m. Eczema, affezione cutanea, caratterizzata per lo più da eruzioni
sierose. Consueto, per il dialetto, semplificare due consonanti, difficilmente pronunciabili unite, in una sola foneticamente più semplice.
Dal gr. ekzema ‘ribollimento’.
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