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MARTEDÌ, 08 APRILE 2008
Pagina 41 - Cultura
Ingegno e alienazione
I primi eventi internazionali hanno ispirato riflessioni originali, sono state una fonte per artisti, letterati e
registi, e sono entrate a far parte della storia culturale di quegli anni
Perché gli Expo hanno suscitato riflessioni originali in artisti e scrittori
L´ETÀ DELLO SPETTACOLO E IL TRIONFO DELLE
MERCI
MARIO PERNIOLA
Man mano che l´intera società, nel corso degli ultimi decenni, è diventata un´immensa accumulazione di
spettacoli e un´offerta sterminata d´ogni genere di merci, le esposizioni internazionali hanno perduto l´impatto
immaginativo e il significato educativo che avevano avuto all´inizio della loro storia e che erano riuscite a
conservare per più di un secolo: nonostante l´aumento del numero di espositori e di visitatori e l´estensione
all´intero pianeta della loro risonanza mediatica, si è venuta via via dissolvendo la capacità di suscitare
emozioni e considerazioni originali. Com´è noto, la storia delle Esposizioni internazionali si articola in tre
periodi: gli esordi, dalla Great Exhibition di Londra nel 1851 all´Exposition des Arts et Techniques dans la Vie
Moderne di Parigi nel 1937, focalizzati sull´espansione del commercio e dell´industria, nonché sulla
presentazione al pubblico di invenzioni tecniche; l´età di mezzo, dalla New York World´s Fair del 1939 alle
numerose esposizioni specializzate degli anni Ottanta e dei primi anni Novanta, caratterizzate da un´impronta
futuristica e utopistica; la fase attuale, inaugurata dall´Exposición Universal de Sevilla del 1992, che si
propone come un grande evento d´impatto globale in funzione tuttavia della promozione economica di una
singola nazione e città.
Lo scrittore tedesco Walter Benjamin ha colto l´ambiguità implicita fin dall´inizio in questo genere di eventi.
Essi sono stati un´invenzione dei seguaci del socialismo utopistico di Saint-Simon, ma nello stesso tempo
hanno costituito luoghi di pellegrinaggio e di venerazione del feticismo economico. Da un lato celebrano
l´ingegno e la creatività del genere umano, dall´altro rafforzano e consolidano i processi di alienazione e di
reificazione.
Le prime due fasi hanno ispirato riflessioni originali, hanno rappresentato una fonte d´ispirazione per artisti,
letterati e registi e sono entrate a far parte della storia culturale dell´età in cui si sono svolte. Le Expo che
appartengono a questi periodi presentano affinità con l´idea dell´opera d´arte totale, intesa come sintesi di
tutte le arti e i saperi in un unico grande evento capace di continuare a interessare le generazioni future. Del
Crystal Palace della prima esposizione londinese si sono occupati non solo illustri autori dell´epoca, ma
perfino scrittori contemporanei, come il romanziere Alessandro Baricco e il filosofo Peter Sloterdijk. Le
esposizioni parigine sono diventate leggendarie non solo per la costruzione della Tour Eiffel (1889), per il
Cinéorama (1900), ma anche per un rapporto indiretto con le delegazioni operaie e perfino col marxismo. La
Panama-Pacific International Exposition (1915) di San Francisco, organizzata per testimoniare la rinascita
della città dopo il terremoto del 1906, presentò la curiosa caratteristica di essere articolata in una parte
ufficiale e un´altra alternativa, The Joy Zone; e inoltre costituì il punto di riferimento dell´opera dell´artista
outsider Achilles G. Rizzoli. L´impatto immaginativo e futuristico della World´s Fair di New York del 1939 e
della International and Universal Exposition di Montrèal (1967) resta vivo fino a oggi nella cultura popolare dei
fumetti e nel cosiddetto "retrofuturismo".
Sembra più difficile attribuire alle Expo più recenti lo stesso rilievo: esse sono minate da una contraddizione
tra i temi d´importanza mondiale che pretendono di affrontare e l´enfasi neonazionalistica e concorrenziale
rispetto ad altre nazioni, che offusca e intorbida le idealità da cui la stessa idea di esposizione universale è
nata.
L´ambiguità rilevata da Benjamin risulta anche nel tema dell´Expo 2015 di Milano, Nutrire il Pianeta. Energia
per la vita. Questo assunto è molto interessante, perché, liberato dal suo involucro retorico, edificante e
caritatevole, tocca il punto nevralgico dell´esperienza attuale: l´incontro tra l´organico e l´inorganico, tra
l´antropologico e il tecnologico, tra la pulsione di vita e l´astrazione della merce, tra la corporeità umana e il
modo di essere delle cose. Con le parole di Benjamin, si potrebbe dire che più che mai l´Expo 2015 si
presenta come il "sex appeal dell´inorganico". Deve quindi affrontare una sfida assai più ardua di quella che ha
vinto con l´assegnazione. Si tratta di mostrare che è possibile trovare un luogo d´incontro tra il miglioramento
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della condizione umana e la logica del capitalismo, tra la qualità della vita e il profitto economico, tra il
riconoscimento delle eccellenze e il mondo della comunicazione.
L´ipermoralisno, che si rifiuta di considerare come cose dotate di un valore di scambio i prodotti e le attività
della cultura disinteressata, produce effetti altrettanto oscurantisti, quanto il cinismo che attribuisce un prezzo
solo a ciò che risulta immediatamente funzionale rispetto alla speculazione economica e allo sfruttamento. Il
valore simbolico non è necessariamente in opposizione al valore economico. Lo storico delle istituzioni
indo-europee Emile Benveniste ha mostrato che alle origini della civiltà greca il sorgere dell´economia
monetaria consente di sottrarre l´essere umano alla pura violenza e al cieco dominio. Perciò se da un lato non
bisogna mistificare l´Expo presentandola come un´operazione umanitaria, dall´altro non si deve nemmeno
demonizzarla come grande Satana capitalistico. Il gioco è appena cominciato: occorre rendersi conto che oggi
ci si muove in un contesto estremamente più complesso delle Expo dei primi 130 anni: molte forze finanziarie,
politiche e tecnologiche cooperano verso una destabilizzazione completa di ciò che finora è stato inteso come
educazione, cultura e civiltà. L´ipocrisia e il cinismo sono due modi opposti, ma coincidenti per stare dalla
parte della barbarie.
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