ANMS - DOCUMENTI 3/2005

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3/2005
“Buon compleanno mr. Darwin !”
Sintesi del Primo Darwin Day
Milano, 11-12 febbraio 2004
MUSEO CIVICO DI STORIA NATURALE DI MILANO
ASSOCIAZIONE NAZIONALE MUSEI SCIENTIFICI
a cura di Carla Castellacci
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introduzione
Enrico BANFI
direttore del Museo Civico di Storia Naturale di Milano
I progressi della biologia, teorici e applicativi,
negli ultimi decenni hanno fatto grandi passi.
Grazie alla sperimentazione, all'aumentata
capacità di elaborare modelli interpretativi dei
fenomeni (predittività) e agli avanzamenti
della tecnologia, sono stati raggiunti numerosi
traguardi grandi e piccoli un po' ovunque. Se
vogliamo, nulla di eclatante, perché questo è
ormai il modo di progredire della scienza in
un'era in cui le grandi scoperte e le grandi
rivoluzioni di pensiero svolgono un ruolo assai
più limitato rispetto al passato.
Ma in questo tranquillo progredire si genera la
falsa sensazione dello "scontato" nella scienza e non ci si accorge che quanto sta avvenendo non è una semplice routine della ricerca, ma un insieme di passi ancora più eclatante della scoperta, contiene cioè le testimonianze di una riprova della realtà storica della
vita sul pianeta, basilare per il pensiero scientifico, per quello filosofico e - perché no ?- per
un miglior modo di percepire l'essenza dell'essere.
Infatti, dalla medicina alla criminologia, dall'agronomia e dall'industria alla tutela dell'ambiente, il DNA è andato incessantemente conquistando il ruolo di protagonista nella ricerca.
E non a caso o per moda, ma per essere di
fatto l'informazione stessa della vita.
Ciò che in questo processo ancora sfugge
alla percezione comune, anche per colpa di
un retaggio scientifico-culturale risalente al
secolo scorso, quando la teoria evoluzionistica sembrava appartenere a una sfera della
conoscenza del tutto indipendente da quella
della biologia molecolare e della genetica, è
che ogni operazione legata al DNA, dunque
genetica, testimonia, a una scala spaziotemporale di estremo dettaglio, l'appartenenza a
quei meccanismi che, alla scala delle grandi
trasformazioni, hanno determinato il succeANMS - DOCUMENTI 3
dersi e il sostituirsi delle specie biologiche nel
tempo.
Le così dette prove paleontologiche dell'evoluzione, da sole, non sarebbero mai bastate a
sfondare definitivamente il fronte dell'antievoluzionismo scientifico. Come pure le scarse
conoscenze sul DNA, vigenti fino a pochi
decenni or sono, non avrebbero mai potuto
servire alla causa di Charles Darwin; anzi,
come in effetti successe, fornirono ai detrattori del modello evoluzionistico una miriade di
argomentazioni pretestuose, basate per lo più
su vuoti della conoscenza.
Tutto ciò è oggi scientificamente e gnoseologicamente superato, poiché le prove del divenire biologico e delle forze in esso coinvolte,
tra cui la selezione naturale, sono tutti i giorni
sotto gli occhi di chi lavora con la Natura
vivente e vissuta, uomo incluso.
È proprio questo insieme di considerazioni ad
averci convinti, qui al Museo di Storia Naturale
di Milano, della necessità di dedicare due
giornate, 11 e 12 febbraio 2004, a un tema
della conoscenza troppo spesso lasciato in
sordina se non in silenzio, in parte perché
neutralmente accettato come implicito nella
figura professionale del biologo moderno, in
parte - purtroppo quella di gran lunga maggiore - per mancanza di una formazione culturale di base, quando non addirittura mistificato o
contropropagandato dalla esegesi pseudoscientifica e truffaldina delle sette creazioniste
nostrane e d'oltre oceano.
In collaborazione con l'Università Statale di
Milano, l'ANISN, Raffaello Cortina Editore
(Milano), Il Rasoio di Occam (Torino) e con la
compartecipazione dell'ANMS, abbiamo voluto coinvolgere scienziati e pensatori di mestiere, che fanno capo a importanti istituzioni sia
italiane sia estere, per riprendere in mano il
tema dell'evoluzione biologica e restituire
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ancora una volta a Charles Darwin i diritti di
uno fra i più grandi uomini di scienza di tutti i
tempi, al quale, come la relatività per Albert
Einstein, le quotidiane, inconfutabili testimonianze dell'evoluzione rendono costantemente giustizia.
Rimaniamo convinti che il messaggio scientifico di Darwin, che si traduce in messaggio
cosmico d'amore alla biodiversità, debba
essere indirizzato ai giovani e specialmente ai
più giovani, nella speranza di contribuire a
migliorare in futuro la predisposizione dell'uomo a comprendere sé stesso e l'universo di
cui fa parte.
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Enti organizzatori
MSNM, Museo Civico di Storia Naturale, Corso Venezia 55, 20121 Milano
ANMS, Associazione Nazionale Musei Scientifici, Via Calepina 14, 38100 Trento
In collaborazione con:
Università Statale di Milano
ANISN, Associazione Nazionale Insegnanti di Scienze Naturali
Raffaello Cortina Editore, Milano
Il Rasoio di Occam, Torino
con il patrocinio di:
Comune di Milano, Assessorato Cultura Musei e Mostre
Provincia di Milano
Regione Lombardia
Direzione Regionale Scolastica
UGIS, Unione Giornalisti Scientifici
SISN, Società Italiana di Scienze Naturali
Si ringrazia Telecom Italia
per aver permesso di seguire e di intervenire al convegno in diretta
collegandosi all'indirizzo internet www.anms.it
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Comunicato stampa
Tutti parliamo di evoluzione biologica. Ogni
nuovo virus ci obbliga a riflettere sulla probabilità delle mutazioni e sulle strategie di
sopravvivenza adottate dai nostri invisibili
nemici. La selezione di razze canine giudicate, a torto o a ragione, pericolose per l'uomo
ci ricorda che le caratteristiche degli organismi viventi non sono fissate una volta per
tutte e possono modificarsi. Possiamo non
rendercene conto, ma la nostra vita di tutti i
giorni ci riporta molto spesso ai problemi fondamentali che Charles Darwin aveva affrontato. E la prova più evidente della vitalità della
teoria dell'evoluzione sta nel fatto che "la teoria di Darwin" è ancor oggi l'unica soluzione
che funziona.
Già molto tempo prima di Charles Darwin la
Terra non era più al centro dell'universo, ma
orbitava attorno al Sole, come volevano la
teoria di Copernico e le leggi di Newton. Ma
l'Uomo conservava ancora il suo posto privilegiato in un ordine rimasto immutato dai
tempi della Creazione. Con la pubblicazione
de L'Origine delle specie, nel 1859, questa
visione del mondo è definitivamente crollata.
Tutte le forme viventi, compresa la nostra
specie, discendono da un progenitore comune vissuto in un passato remoto.
Nel quasi centocinquant'anni trascorsi dalla
pubblicazione de L'Origine delle Specie, le
scienze biologiche hanno compiuto progressi
enormi. La nostra visione della storia della
vita sulla Terra si è ampliata enormemente,
sappiamo (quasi) tutto dei dinosauri, molte
cose a proposito di specie vissute centinaia
di milioni di anni fa, e qualche cosa sui batteri primordiali di miliardi di anni or sono.
Abbiamo decifrato il "codice della vita" - il
DNA - e analizzato il genoma di svariate specie, tra cui la nostra. Le capacità di manipolazione degli organismi viventi offerte dalle
moderne tecnologie sono senza precedenti.
Non sono molte però le occasioni di dialogo
tra i "darwiniani di professione", tra cui la
maggior parte dei biologi e paleontologi, e il
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pubblico degli interessati. E così il messaggio
della teoria dell'evoluzione viene spesso travisato, applicato a sproposito, o dimenticato
proprio quando ce ne sarebbe bisogno.
Darwin introdusse la selezione naturale in
analogia con la selezione praticata dagli allevatori.
Ma l'idea forse "pericolosa" di Darwin è che
l'evoluzione degli organismi non ha bisogno
di intenzioni e di un'intelligenza organizzatrice. La varietà di strategie di sopravvivenza,
gli adattamenti a volte incredibili che osserviamo in natura, sono spiegabili con le mutazioni, la variabilità degli organismi viventi e
con l'azione selettiva dell'ambiente.
I biologi e i paleontologi, tra loro, hanno un
bel discutere. Non sull'evoluzione in quanto
cosa che c'è stata ma, come tutti gli scienziati, su ipotesi, smentite e conferme relative a
fatti particolari.
La teoria dell'evoluzione si presta a molte
metafore - la "roulette della vita", il "gene
egoista" - e attorno a queste metafore si sono
combattute e si combattono molte delle battaglie interne alla professione, nella consapevolezza che il loro ambito si estende oltre il
dominio della biologia.
Vogliamo offrire alcuni spunti di riflessione.
Proponiamo una due-giorni di incontri tra persone che, a vario titolo, possiamo chiamare
"addetti ai lavori" e diverse fasce di pubblico.
L'evento riveste importanza per la domanda
di scienza da parte del pubblico e per la presenza di scienziati e filosofi della scienza sia
italiani che stranieri.
Il convegno aperto a tutti, sarà articolato in tre
sezioni.
- Un incontro dedicato alle scuole - docenti e
discenti - per illustrare le idee alla base della
teoria dell'evoluzione, il loro interesse filosofico e la loro applicazione pratica, il concetto di
storia naturale che possiamo derivarne, lo
statuto particolare della teoria dell'evoluzione
nelle scienze naturali.
- Un incontro dedicato ai musei. I custodi
della documentazione fossile che testimonia
l'evoluzione come fatto si interrogheranno e
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si lasceranno interrogare sulla valenza della
teoria dell'evoluzione per la concezione e la
realizzazione delle esposizioni.
- Un incontro per tutti. Biologi e filosofi della
scienza, stimolati dalla presenza di un giornalista scientifico, avranno la possibilità di
dire la loro sulla teoria dell'evoluzione e il
metodo scientifico.
Non mancherà, infine, lo spazio per una rivisitazione delle controversie scientifiche che
hanno preparato e accompagnato il cammino
della teoria dell'evoluzione, con la presentazione di due libri (Raffaello Cortina Editore)
su James Hutton - il "padre" della geologia e sulla controversia tra Stephen Jay Gould e
Richard Dawkins.
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Comitato organizzativo
Responsabili di progetto:
Ilaria Guaraldi Vinassa de Regny
MSNM, Responsabile Relazioni Esterne /
ANMS, Direttivo
Coordinamento scientifico:
Carla Castellacci
Divulgatrice scientifica, freelance Roma
Segreteria:
Claudia Marcolin - ANMS
Programma Scientifico
Enrico Banfi - MSNM, Direttore
Carla Castellacci - Freelance Roma
Raffaello Cortina - Editore
Marco Ferraguti - Università Statale, Milano
Fabrizia Gianni - ANISN, Lombardia
Michele Lanzinger - ANMS, Presidente
Telmo Pievani - Università Bicocca, Milano
Giorgio Teruzzi - MSNM
Andrea Vico - UGIS
Vincenzo Vomero - ANMS, Direttivo
Pubblicazioni
Carla Castellacci - Freelance
Moderatori:
Armando Massarenti
giornalista Il Sole 24
Massimo Pigliucci
Università Tennessee/New York
Andrea Vico
UGIS
Oratori:
Guido Barbujani
genetista - Università Ferrara
Giovanni Boniolo
filosofo della scienza - Università Padova
Barbara Continenza
storica della scienza - Università Tor Vergata
Roma
Carla Castellacci
divulgatrice scientifica
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Vincenzo Vomero
direttore Musei Scientifici Roma
Luciano Cozzi
insegnante - ANISN Lombardia
Marco Ferraguti
biologo evoluzionista - Università Statale
Milano
Giulio Giorello
filosofo della scienza - Università Statale
Milano
Alessandro Minelli
biologo evoluzionista - Università Padova
Fabio Pagan
giornalista scientifico - UGIS / SISSA
Pascal Picq
paleoantropologo - Collège de France
Telmo Pievani
filosofo della scienza - Università Bicocca
Milano
Massimo Pigliucci
ecologo e biologo evoluzionista - Università
Tennessee/New York
Valerio Sbordoni
zoologo e biologo evoluzionista - Università
Tor Vergata Roma
Giorgio Teruzzi
paleontologo - Museo Storia Naturale Milano
Patrick Blandin
museologo - Muséum National d'Histoire
Naturelle, Parigi
"La crosta terrestre è un vasto museo; ma le
collezioni naturali sono state fatte solo a
intervalli di tempo immensamente remoti".
(Charles Darwin: L'Origine delle Specie)
"The crust of the earth is a vast museum; but
the natural collections have been made only
at intervals of time immensely remote".
(Charles Darwin: The origin of Species)
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Telmo Pievani
Ricercatore Professore di Filosofia della
Scienza, Università Bicocca, Milano
Programma
11 febbraio 2004
14.30 - Indirizzi di saluto
Michele Lanzinger
Presidente Associazione Nazionale Musei
Scientifici AMNS
Enrico Banfi
Direttore Museo di Storia Naturale di Milano
15.00 - Comunicazione: la teoria dell'evoluzione in alcuni musei fuori d'Italia
Carla Castellacci / Vincenzo Vomero
Divulgatrice scientifica / Direttore U.O. Musei
Scientifici Comune di Roma
15.30 - Darwin tra linguaggio scientifico e linguaggio comune
Barbara Continenza
Professore di Storia del Pensiero Scientifico,
Università Tor Vergata, Roma
16.00 - La Grande Galerie de l'Evolution del
Museo di Parigi presenta l'evoluzione?
Riflessioni su un'esperienza museologica
Patrick Blandin
Professore di Storia dei Musei di Storia
Naturale al Muséum National d'Histoire
Naturelle, Parigi
16.30 L'evoluzione nel museo, l'evoluzione
dal museo
Alessandro Minelli
Professore di Biologia Evoluzionistica,
Università di Padova
Coordina: Andrea Vico, giornalista scientifico
11 febbraio ore 21.00
Tavola rotonda su "Evoluzione: parliamone"
con la partecipazione di:
Giulio Giorello
Professore di Filosofia
Università Statale, Milano
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della
Scienza,
Pascal Picq
Professore di Paleoantropologia, Collège de
France, Parigi
Massimo Pigliucci
Professore di Ecologia e Biologia
Evoluzionistica, Università del Tennessee
USA:
Presentazione di due libri pubblicati da
Raffaello Cortina Editore:
L'uomo che scoprì il tempo. James Hutton e
l'età della terra di Jack Repcheck
La sopravvivenza del più adatto. Dawkins
contro Gould di Kim Sterelny.
Coordina: Armando Massarenti, giornalista
de Il Sole 24 Ore
12 febbraio 2004
9.00 - Indirizzi di saluto
Enrico Banfi
Direttore Museo di Storia Naturale Milano
9.30 - Niente evoluzione? La relazione tra
creazionismo, metodo scientifico e metodi
d'insegnamento
Massimo Pigliucci
Professore di Ecologia e Biologia
Evoluzionistica, Università del Tennessee,
USA
10.00 - Biodiversità ed evoluzione
Valerio Sbordoni
Professore di Zoologia e biologia evoluzionistica, Università Tor Vergata, Roma
10.30 - La specie che non c'era: il cespuglio
degli ominidi e altre storie
Telmo Pievani
Professore di Filosofia della Scienza,
Università Bicocca, Milano:
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11.00 - Coffee break
11.15 - Le nostre origini africane: Mr.Darwin
aveva ragione
Pascal Picq
Professore di Paleoantropologia, Collège de
France, Parigi
Giulio Giorello
Professore di Filosofia
Università Statale, Milano
della
Scienza
Coordina: Andrea Vico
13.00 - colazione
18.30- Proiezione film: "…e l'uomo creò
Satana" di Stanley Kramer
(titolo originale: "Inherit the Wind", Usa 1960,
b/n, 127')
Con Spencer Tracy, Fredric March, Gene
Kelly, Florence Eldridge, Dick York, Harry
Morgan, Noah Beery jr.
Il film si ispira a quello che è stato definito "il
processo delle scimmie", che nel Tennessee
nel 1925 vide impegnati oratori tra i più famosi dell'epoca. Sul banco degli imputati l'insegnamento nelle scuole della teoria dell'evoluzione…
14.30 - L'evoluzione dai Media
Fabio Pagan
Giornalista scientifico UGIS - SISSA
Per informazioni:
Museo Civico di Storia Naturale di Milano
Tel.: 02 88463337
15.00 - L'evoluzione a scuola
Luciano Cozzi
Associazione Nazionale Insegnati Scienze
Naturali - ANISN - Lombardia
ANMS (Ass. Naz. Musei Scientifici) - Trento
Tel.: 0461 270311
11.45 - L'antro dei bruti. Sistematica dell'antievoluzionismo
Marco Ferraguti
Professore di Biologia Evoluzionistica,
Università Statale, Milano
12.15 - discussione
Coordina: Massimo Pigliucci
15.30 - Cosa ci dicono i fossili
Giorgio Teruzzi
Paleontologo, Museo Storia Naturale, Milano
16.00 - Mai più senza Darwin: Il pensiero
evoluzionistico nella genetica moderna
Guido Barbujani
Professore di Genetica, Università di Ferrara:
16.30 - Alcune leggerezze filosofiche sulla
teoria dell'evoluzione
Giovanni Boniolo
Professore di Filosofia della Scienza,
Università di Padova
17.00 - discussione
18.00 - conclusioni
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12 febbraio, festa Razionale
Il Darwin Day 2004 si è tenuto presso il
Museo Civico di Storia Naturale di Milano il
12 e il 13 febbraio. C'è bisogno di spiegarne
le motivazioni? Il comune sentire di tutti,
organizzatori e partecipanti a questa duegiorni, può forse essere riassunto in due
affermazioni.
La prima, che la teoria dell'evoluzione biologica è una delle più importanti conquiste
intellettuali dell'umanità.
La seconda, che Charles Darwin non è stato
solo l'iniziatore e l'attore principale di questa
conquista, ma è uno scienziato capace ancor
oggi di farci riflettere. È un sentire che accomuna le iniziative del Darwin Day che ogni
anno si tengono nel mondo, in una lista che
comprende un numero sempre crescente di
Paesi e in cui l'Italia si faceva notare per la
sua assenza.
Anche chi non ama le celebrazioni, per i
rischi di pomposità che esse comportano,
riconoscerà che riproporre con enfasi il valore della teoria dell'evoluzione e dell'opera di
Darwin ha un'importanza che va oltre il dominio della biologia.
Per molti degli intervenuti celebrare questa
ricorrenza è un modo di difendere il razionalismo e l'impresa scientifica nel suo insieme,
una posizione che si apre a un vasto orizzonte di questioni, non ultime di natura etica.
Come minimo, è un modo di informare sugli
sviluppi di un programma di ricerca che
spesso riceve attenzione non per i suoi meriti e successi, ma a causa dei fraintendimenti di cui la teoria rimane vittima. Ma questo
Darwin Day è stato anche un evento festoso,
un'occasione di cedere al piacere della
discussione intelligente.
Le pagine che seguono contengono un sintetico resoconto dello svolgimento del
Darwin Day, con una sintesi degli interventi
in ordine cronologico.
A parte le brevi introduzioni alle tre parti in
cui è stata divisa la manifestazione, i testi
sono basati su una trascrizione fedele, di cui
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mantengono lo stile generalmente diretto e
spesso informale.
Inevitabilmente, i tagli apportati possono
aver allontanato il contenuto dalle priorità
assegnate dagli Autori (a proposito dei quali,
le notizie essenziali si trovano in fondo). Non
possiamo che scusarci per le molte cose che
questa sintesi ha dovuto tralasciare, assumendoci le dovute colpe per gli eventuali
errori fattuali.
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L’evoluzione nei Musei
Sintesi degli interventi
Stephen Jay Gould ricordava spesso l'impressione avuta, giovanissimo, dal suo primo
incontro con i dinosauri dell'American
Museum of Natural History, e dell'importanza
di quell'esperienza nel decidere la sua carriera futura. Massimo Pigliucci, che incontreremo più tardi, ci ha raccontato un'episodio
simile della sua biografia. Questo "effetto
meraviglia", da cui può nascere l'amore per
la conoscenza e una solida carriera, è ben
noto a chi lavora in un museo.
Il legame tra evoluzione e musei di storia
naturale è per molti versi ovvio. Non solo
perché la biodiversità che i musei si sforzano di far conoscere è il risultato dei percorsi dell'evoluzione, ma anche perché il reperto paleontologico, già come semplice
oggetto, contribuisce in modo essenziale a
dare alle collezioni il loro carattere unico,
irripetibile.
La teoria e la pratica museali si trovano a
dover fare i conti con la tensione tra il
"museo di oggetti" e il "museo di concetti".
Concretamente, questo significa dover scegliere tra il dare preminenza alle collezioni, al
patrimonio di cui il museo è il custode, o alla
costruzione di una narrativa imperniata attorno ai punti salienti di una teoria. A questa
tensione si accompagna la diversa enfasi tra
il ruolo del museo "dove si fa ricerca", dove
si privilegia l'attività di studio che avviene
solitamente dietro le quinte, e il museo dove
si fa divulgazione, che investe in nuovi mezzi
e strategie di comunicazione.
Le giornate del Darwin Day si sono aperte
con un incontro dedicato ai musei, in cui le
esperienze degli addetti ai lavori si sono
intersecate con le riflessioni di esperti provenienti da altri campi della scienza e della
comunicazione scientifica.
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La sessione è stata aperta dai saluti degli
organizzatori. Michele Lanzinger, presidente dell'Associazione Nazionale Musei
Scientifici (ANMS), ha sottolineato come l'importanza dell'evoluzione travalichi i confini
della scienza, dello studio dei processi, e
interagisca con sfere più ampie che riguardano il nostro modo di intendere la nostra
posizione nel mondo dei viventi. Al di là dell'idea un po' stereotipata che se ne ha, della
fissità che in qualche modo promana dalla
staticità degli oggetti, delle sue collezioni, il
museo naturalistico ha dimostrato di saper
comprendere i processi e di saperli declinare in concetti.
Enrico Banfi, direttore del Museo Civico di
Storia Naturale di Milano, ha ricordato che
esisteva un precedente, il convegno organizzato dal Museo verso la metà degli anni
1980 quando il museo era sotto la direzione
di Giovanni Pinna. Una piccola sorpresa
della giornata è stata la nascita, in contemporanea con l'evento, del TG dei musei su
Internet (http://www.tgdeimusei.it).
Carla Castellacci e Vincenzo Vomero
hanno affrontato il tema della comunicazione
della teoria dell'evoluzione nei musei naturalistici. Non è affatto scontato che un museo
debba occuparsi di teoria, anzi non è certo
questa la più importante tra le missioni del
museo, non è mai stato così. D'altra parte,
pur accettando la tradizionale distinzione tra
"il fatto" dell'evoluzione e "la teoria" dell'evoluzione, e la accettiamo soprattutto perché
questa distinzione è utile nel nostro lavoro,
l'enorme varietà di forme viventi ci offre una
molteplicità disordinata che richiede una teoria per fornire principi unificanti, che ci rendano più comprensibili le regolarità della natura.
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La questione non è limitata alla teoria dell'evoluzione: anche le esposizioni strutturate
nel modo più tradizionale, secondo la sistematica linneana, sono fortemente cariche di
teoria. Il problema diventa una questione di
misura. Per fare un esempio di esposizione
veramente "carica di teoria", quella sull'evoluzione dei vertebrati dell'American Museum
of Natural History di New York riproduceva,
nella successione delle sale, le ramificazioni
principali di un cladogramma. La mostra
suscitò non poche perplessità, anche per il
carattere poco intuitivo di un percorso che
terminava con l'elefante. Ma il problema è
che l'evoluzione non si può ridurre all'albero
filogenetico, richiede la dimensione del
"tempo profondo".
Un confronto tra le diverse strategie espositive adottate dal Natural History Museum di
Londra e della Grande Galerie di Parigi può
essere istruttivo.
A Londra, la sala sull'Origine delle specie
riesce a descrivere gli aspetti principali della
teoria e presenta una certa varietà di strumenti per comunicare i messaggi concettualmente più difficili. Però, anche volendo tra-
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scurare l'evidente obsolescenza degli apparati, il contenuto della sala ha scarsa attinenza con le ricche collezioni del Museo. Più
moderna è l'esposizione sulla storia della
Terra, un argomento che ovviamente interseca l'evoluzione biologica. Ma anche in questo caso gli esemplari naturali spiccano per
la loro assenza.
Per contro, nella Grande Galerie la presenza
degli oggetti naturali, degli animali conservati, è preponderante. La diversità del vivente è
presentata in relazione alla diversità degli
ambienti, il visitatore vi è letteralmente
immerso attraverso giochi di luce e di suoni,
e gli apparati ausiliari "per saperne di più"
sono prevalentemente concentrati al secondo piano, in un contesto molto diverso.
Al giorno d'oggi la televisione ci rende familiari le forme e i comportamenti degli animali
più diversi. Ma il confronto diretto, faccia a
faccia con un animale in carne e ossa è qualcosa di più. Scott Atran sostiene che tra le
molte capacità innate di cui è dotata la nostra
specie ci sia una capacità "tassonomica" di
senso comune, la capacità di classificare le
forme viventi secondo categorie che corri-
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spondono grosso modo al livello delle famiglie della sistematica scientifica. Il messaggio che possiamo trarre da queste ricerche è
che la nostra propria natura animale ci ha
dotato di capacità cognitive che potrebbero
essere attivate attraverso l'esposizione a
oggetti naturali.
I rapporti tra linguaggio comune e linguaggio
scientifico sono stati al centro della relazione
di Barbara Continenza, che ha osservato
come lo studio della storia della scienza
nell'Università italiana sia ancora prevalentemente limitato alle facoltà umanistiche. La
ricostruzione in chiave storica di due dei termini basilari della teoria darwiniana, "evoluzione" e "selezione", consente di osservare
gli spostamenti di significato che un termine
subisce quando passa dal linguaggio comune a quello scientifico, e poi ritorna al linguaggio comune ma modificato dal suo transito nella teoria.
Darwin, con la consueta cautela, non adotta
immediatamente questi termini in quanto
intuisce che potrebbero dar luogo a degli
equivoci.
Il sostantivo "evoluzione", già entrato a far
parte del vocabolario della biologia nell'accezione di "sviluppo", non compare nell'Origine
delle specie: Darwin parla di "discendenza
con modificazione". Il termine "selezione",
che Darwin deriva probabilmente dalla sua
frequentazione con gli allevatori, occupa
oggi coi suoi vari lemmi più di cento pagine
del Dizionario del darwinismo e dell'evoluzione di Patrick Tort. Era un termine che presentava dei rischi e che renderà necessarie
numerose chiarificazioni, nelle revisioni
dell'Origine delle specie.
Dell'effetto di queste contaminazioni tra linguaggio comune e linguaggio scientifico ci si
rende conto quando si fa comunicazione
della scienza. Dal punto di vista epistemologico lo studio dei legami fra linguaggio comune e linguaggio tecnico-scientifico rompe
con certi schemi di scientificità oggi un po'
logori.
ANMS - DOCUMENTI 3
Patrick Blandin ha fornito una ricostruzione
delle scelte alle origini della Grande Galerie
de l'Evolution. Il Museo Nazionale di Storia
Naturale di Parigi disponeva, dalla fine del
diciannovesimo secolo, di una galleria dedicata alla Paleontologia, concepita per illustrare le grandi tappe dell'evoluzione animale. Nel frattempo, dagli anni Cinquanta, alcuni dirigenti sognavano una galleria consacrata all'evoluzione in un'ottica globale. Il rinnovamento della vecchia galleria di Zoologia,
progettato dopo la sua chiusura avvenuta a
metà gli anni Sessanta, fornì l'occasione per
concretizzare questo sogno: dopo lunghe
riflessioni e dibattiti, venne deciso nel 1986
che l'evoluzione sarebbe stata il tema portante del progetto di rinnovamento.
Aperta al pubblico nel 1994, la "Grande
Galleria dell'Evoluzione" ha conosciuto un
successo considerevole: nel corso di dieci
anni, la sua esposizione permanente avrà
accolto all'incirca cinque milioni di visitatori.
Ma bisogna domandarsi se a costoro il fenomeno evolutivo è stato mostrato in maniera
soddisfacente. Considerare in modo critico
la realizzazione della Grande Galleria
dell'Evoluzione permette di porre il problema
della presentazione dell'evoluzione attraverso un'"esposizione mediatica", interrogandosi sulla possibilità di rendere a livello museografico i concetti principali, senza i quali l'evoluzione non può essere compresa.
L'intervento ha analizzato le difficoltà incontrate dall'esposizione della Grande Galerie
nel trasmettere i suoi messaggi principali.
Questi problemi sono intrinsecamente legati
alle conoscenze che si vogliono presentare,
e riconducono alla questione fondamentale:
"che cos'è l'evoluzione, in quanto fenomeno,
e come cercare di spiegarla oggi?"
La relazione di Alessandro Minelli ha posto
l'accento sui fatti dell'evoluzione, e su come
questi fatti possano essere rappresentati utilizzando le risorse di un museo. Il fenomeno
evolutivo può essere visto sotto diversi punti
di vista, per esempio come origine della
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diversità biologica o come adattamento
all'ambiente. Ma quello che Darwin ci racconta è soprattutto l'origine delle novità: la
prima ala di uccello, o il primo fiore, sono
novità clamorose comunque si voglia raccontare la storia dei viventi. Questa dimensione della storia evolutiva non si esaurisce
nel racconto della speciazione, in una storia
microevolutiva di adattamento. Richiede
attenzione non solo al cambiamento, ma
anche ai meccanismi che realizzano queste
novità nella vita di un animale o di una pianta, all'innesto dello sviluppo individuale sull'evoluzione della specie.
Ci sono allora fatti che richiedono interpretazione, novità che lungi dall'essere ovvie ci
rivelano l'esistenza di vincoli, impossibilità,
passaggi che l'evoluzione non ha potuto
seguire. Il collo della giraffa, icona spesso
abusata dell'evoluzione con le sue caricature
lamarckiana e darwiniana, può servire come
esempio di questi vincoli perché è formato
da sette vertebre, come nell'uomo o nell'ippopotamo. Ma questo non è vero per tutti i
mammiferi, e un museo potrebbe sfruttare le
sue collezioni per dare al visitatore l'opportu-
ANMS - DOCUMENTI 3
nità di un confronto. La diversità si presta a
essere raccontata attraverso le chiavi di lettura dell'anatomia comparata, che all'occhio
moderno apre lo spunto per interpretazioni di
tipo evoluzionistico.
Ma le novità evolutive non si possono raccontare solo attraverso le sequenze stratigrafiche, l'origine del volo non si racconta
attraverso fossili di Archeopteryx disposti in
sequenza. Le novità evolutive riguardano
anche la biologia dello sviluppo e quella
disciplina che oggi va sotto il nome di "evodevo", evolutionary and developmental biology, biologia evolutiva e dello sviluppo.
Queste sono cose che si possono raccontare anche con i materiali del museo, perché il
programma di ricerca del genetista dello sviluppo inizia studiando l'espressione di certi
geni, per esempio nella drosofila. Il museo
deve rimanere legato ai materiali, a quelli
che possiede o che può acquistare, e quando ne ha la possibilità non dovrebbe precludersi l'impiego di animali vivi.
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Tavola rotonda
Sintesi degli interventi
La sera del 12 febbraio si è svolto il principale evento pubblico del Darwin Day 2004, con
un'incontro molto partecipato in cui sono stati
presentati due libri pubblicati da Raffaello
Cortina:
L'uomo che scoprì il tempo. James Hutton e
l'età della terra di Jack Repcheck
La sopravvivenza del più adatto. Dawkins
contro Gould di Kim Sterelny.
Massimo Pigliucci ha offerto una panoramica del creazionismo dal punto di osservazione privilegiato di un docente universitario del
Tennessee, con un'esperienza diretta di confronto con alcuni tra i principali esponenti del
creazionismo. Ci sono quelli della Terra piatta, quelli della Terra giovane (che sostengono
che il nostro pianeta è stato creato 6.000 anni
fa e che l'universo è stato creato in sei giorni), ma soprattutto l'Intelligent Design.
Il fenomeno dell'Intelligent Design, il disegno
intelligente, è relativamente recente ed è
dominato principalmente da tre figure: Philip
Johnson, avvocato, Michael Behe, biochimico, e Bill Dembsky, matematico. Hanno
cominciato praticamente da zero verso gli
inizi degli anni 1990, proponendo tre idee
fondamentali che secondo loro rappresentano non solo la distruzione della biologia evoluzionistica, ma della scienza come viene
fatta oggi.
Secondo Johnson la scienza si basa su
assunti filosofici non dimostrabili, e se questo
è vero allora non è nient'altro che una forma
di religione. Michael Behe sostiene che alcune strutture biologiche sono caratterizzate da
quelle che lui chiama complessità irriducibili,
che vuol dire che non è possibile trovare una
spiegazione naturale per certe strutture biologiche. Infine Bill Dembsky sostiene che la
complessità biologica richiede un disegno
ANMS - DOCUMENTI 3
intelligente.
L'assunto fondamentale con cui Johnson ha
dei problemi è il cosiddetto naturalismo, che
vuol dire che uno scienziato parte dall'assunto che si possa trovare una spiegazione naturale per qualunque fenomeno. Non è che si
esclude una spiegazione supernaturale perché è falsa, o perché si sa a priori che è falsa,
ma per il semplice motivo che una volta
accettata non si saprebbe cosa farne.
Johnson ignora, convenientemente, che ci
sono due tipi di naturalismo. Il naturalismo
filosofico dice che non ci sono spiegazioni
supernaturali perché il supernaturale non c'è.
Ma gli scienziati non sono tenuti ad essere
naturalisti filosofici, se lo sono è una loro opinione personale e ci sono scienziati che credono in una o in un'altra religione. Tutti gli
scienziati però debbono essere naturalisti
metodologici, che vuol dire che se c'è un problema si deve cercare di affrontarlo prima di
tutto dal punto di vista di una spiegazione
naturalistica. Non sono solo gli scienziati a
partire da un assunto di questo genere, se
una mattina non vi parte la macchina probabilmente non vi mettete a pregare ma la portate dal meccanico.
Michael Behe considera le strutture biologiche come se fossero costruite artificialmente.
Uno dei suoi esempi preferiti è il flagello batterico, che ama raffigurare come un motore.
Behe sostiene che queste strutture biologiche non possono essere spiegate dalla selezione naturale, sono state disegnate e
impiantate da qualcuno. La logica dell'argomento è identica a quella già usata da Paley
prima di Darwin, e a cui Darwin dedicò un
intero capitolo dell'Origine delle specie - l'argomento in quel caso era l'origine dell'occhio.
E la biologia evoluzionistica negli ultimi trent'anni ha portato molto avanti il discorso di
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Darwin spiegando molto bene come si è evoluto l'occhio, ci sono state diverse evoluzioni
indipendenti e abbiamo esempi di transizioni
intermedie. Quello di Behe è dunque un argomento per ignoranza: siccome non abbiamo
una spiegazione naturale, c'è solo la spiegazione supernaturale. Con la stessa logica, se
Behe fosse vissuto nel 300 avanti Cristo in
Grecia avrebbe detto che siccome non abbiamo una spiegazione naturale per i fulmini l'unica spiegazione è che Zeus si è arrabbiato.
Infine Dembsky propone un "filtro" in base
alla probabilità che un fenomeno si verifichi.
Non è chiaro come calcoli questo tipo di probabilità, ma il fatto che la Terra giri intorno al
sole rientra tra i fenomeni molto probabili e ha
quindi una spiegazione naturalistica. Altri
fenomeni hanno una probabilità intermedia e
sono casuali. Ma ci sono anche fenomeni per
cui è estremamente improbabile che si verifichino naturalmente, pensiamo alle automobili, e Dembsky vuole naturalmente far cadere
le strutture biologiche complesse nella stessa
categoria delle automobili.
Questa cosiddetta "inferenza del disegno" ha
diversi problemi. Intanto la scienza non pro-
ANMS - DOCUMENTI 3
cede attraverso un "filtro" lineare, per eliminazione successiva. Quasi sempre, come già
aveva visto il reverendo Thomas Bayes,
abbiamo una competizione tra più ipotesi
complesse, e ogni esperimento importante
può cambiare il nostro grado di fiducia verso
l'una o l'altra ipotesi. Alcune verranno effettivamente eliminate, ma allo stesso tempo
altre entreranno nella competizione. La
seconda obiezione è che Dembsky si dimentica un'intera classe di fenomeni, penso a
quelli studiati dalla teoria del caos, che
mostrano che è possibile ottenere strutture
ordinate a partire da regole molto semplici.
La terza è che la selezione naturale non è
quel processo casuale su cui insistono i creazionisti. È la combinazione di un processo
casuale, la mutazione, con la selezione naturale, che non è un processo casuale.
Telmo Pievani, nel presentare il libro di Kim
Sterelny, ha illustrato i termini della controversia tra Stephen Jay Gould e Richard
Dawkins. Si è trattato di "un duello all'ombra
di Darwin" che riguardava un un programma
di ricerca, la sintesi moderna, con un nucleo
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filosofico molto forte. Litigavano su due interpretazioni diverse di questa sintesi moderna,
che è in pratica la teoria dell'evoluzione con
le scoperte della biologia molecolare, della
genetica dei primi 30-40 anni del 1900.
Dawkins e Gould erano entrambi figli della
sintesi moderna, solo venivano da due fronti
disciplinari diversi: Dawkins è figlio della
grande tradizione dei genetisti, Gould (e
assieme a lui Niles Eldredge), è figlio della
tradizione più naturalistica, dei paleontologi.
Si vede insomma come un programma di
ricerca, quando è fecondo, è capace di produrre dibattiti interessanti e anche radicali.
La cosa interessante è che si può essere darwiniani in modi diversi, mentre non ci sono
due modi diversi di essere creazionisti.
Possiamo dare un grande peso all'aspetto
microevolutivo, quindi alla logica della selezione applicata a livello genetico, e da questo
estrapolare tutte le caratteristiche dei livelli
superiori - questo è l'approccio di Dawkins.
Oppure possiamo immaginare che l'evoluzione sia fatta dal gioco molto più complesso tra
una molteplicità di livelli che interagiscono e
che sono autonomi ed interdipendenti l'uno
rispetto all'altro. Questo mette in luce che la
teoria darwiniana è una teoria che riesce a
tenere insieme aspetti apparentemente contraddittori. È una teoria che ha un nucleo logico molto forte e coerente, con un valore predittivo fortissimo, che è la logica della selezione naturale, la continuità generazionale, la
concezione variazionale dell'evoluzione . Poi
esiste una cornice, una sfumatura di idee, la
gradualità dell'evoluzione, l'adattamento, la
perfezione organica a cui Darwin dedica un
intero capitolo che si intitola proprio "come
nascono gli organi di estrema perfezione e
complessità".
Su questa cornice si può litigare anche in
modo feroce, come fanno infatti Gould e
Dawkins, però il cuore predittivo della teoria
darwiniana è ancora oggi potente e fortissimo. Sterenly propone alla fine una complementarità fra i due scienziati, e questo è
ANMS - DOCUMENTI 3
importante perché riguarda l'agenda della
teoria dell'evoluzione futura. Il modo migliore
per discutere il creazionismo è non discuterne e non sopravvalutare troppo questo aspetto, soprattutto in Italia, e invece vedere il
carattere avvincente della teoria dell'evoluzione. Sterenly dice che Gould ed Dawkins
hanno messo in agenda i problemi della teoria dell'evoluzione futura, è difficile da credere perché su alcuni aspetti sono veramente
agli antipodi, ma vedere insieme Dawkins e
Gould vuol dire vedere insieme uno scienziato che ha capito la logica pervasiva della
selezione naturale applicata a livello genetico
e uno scienziato che ha visto dall'altro punto
di vista gli aspetti importanti della macroevoluzione, gli equilibri punteggiati, le estinzioni
di massa.
Giulio Giorello, presentando il libro di
Repcheck, ha ricordato come quella di
James Hutton sia stata una rivoluzione scientifica forse non meno importante di quella di
Copernico, di quella di Galileo, e naturalmente della rivoluzione delle scienze del vivente
operata da Charles Darwin, e come però
questa rivoluzione sia molto meno nota.
Repcheck ricostruisce il contesto culturale e
storico in cui si mosse Hutton, quello di una
magnifica città che è Edimburgo e di una
delle più interessanti esperienze storiche
della modernità, quella della Scozia dopo la
crisi conclusasi con la sconfitta con l'insurrezione giacobita del 1745. Da questo disastro
politico ed economico non solo Edimburgo,
ma il ceto intellettuale scozzese ha inventato
quello che noi chiamiamo l'illuminismo, l'età
dei lumi. L'hanno inventato loro prima dei
continentali, l'hanno inventato personaggi
come Adam Smith, o David Hume di cui forse
la grande fama all'epoca era quella di un reinventore della storia mentre oggi noi lo conosciamo per altri aspetti, e poi il grandissimo
naturalista Joseph Black. Basterebbero questi tre nomi per dare l'idea di un grande movimento di pensiero che doveva influenzare
profondamente anche paesi vicini, spostarsi
17
ad ovest verso Belfast oppure scendere
verso Londra e poi diventare un punto di riferimento di grandissima importanza per alcuni
signori che si chiamano Voltaire, Diderot o
anche Emmanuel Kant
Questa è la grande tradizione illuministica
che ogni tanto si sente disprezzare con grande sussiego da certi filosofi e letterati, che
sputano sull'illuminismo non sapendo che l'illuminismo non è la critica esaltazione della
ragione ma è l'indagine della ragione sui propri limiti, e che proprio da questa apparente
debolezza la ragione tira fuori quella forza
che poi permette di andare avanti. Questa
capacità di lavorare pazientemente dell'illuminismo è forse semplificata nella figura di
Hutton, un tranquillo signore di campagna
che divide il suo tempo tra la medicina e la
nascente chimica, gira un po' il mondo e poi
si comincia a domandare perchè il suolo nella
sua grande tenuta si corrode, e comincia ad
elaborare una teoria sulle formazioni geologiche che richiede tempi molto molto lunghi, e
entra in rotta di collisione con quelle teorie
che all'epoca, basandosi su un'interpretazione più o meno letterale della Bibbia, attribuivano al nostro globo un'età tra i 6000 e i 7000
anni.
La sua ricerca andava contro i limiti posti da
quelli che sono gli antenati dei fondamentalisti di oggi. Hutton aveva a che fare soprattutto con i presbiteriani scozzesi, e toccava una
cosa apparentemente marginale: "cosa
importa se la terra ha 6000 o 8000 anni, avremo forse lievemente sbagliato i calcoli". Ma
Hutton diceva qualcosa di ben diverso.
Nell'economia del mondo, diceva quel geologo scozzese, non abbiamo né vestigia di un
principio né indizi di una fine. La dichiarazione suonava ancor più stravagante se associata a quella dottrina, che tutti i mutamenti
del nostro passato sono stati determinati
dalla lenta azione di cause tuttora esistenti.
Hutton ha creato le basi di quell' uniformismo
che poi doveva trovare il suo dispiegamento
nel poderoso trattato di "The prince of geology", di Charles Lyell, altro grande scozzese
ANMS - DOCUMENTI 3
non a caso.
Quindi è una potente rivendicazione quella di
Hutton, di Lyell e naturalmente di chi si portava in tasca i lavori di Hutton e di Lyell, e cioè
Charles Robert Darwin, una potente rivendicazione della libertà scientifica. Quindi la
vicenda di Hutton è una vicenda esemplare
anche da un punto di vista civile e si capisce
perché proprio uomini come Lyell e come
Darwin avessero ben presente l'opera di questo tranquillo gentiluomo scozzese.
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L’evoluzione nelle Scuole
Sintesi degli interventi
Nei giorni del Darwin Day pochi immaginavano che l'insegnamento dell'evoluzione nelle
scuole sarebbe presto diventato un tema
"caldo". È noto come l'evoluzione non sia
avversata dalla Chiesa cattolica, e le forze
già marginali degli anti-evoluzionisti italiani
non possono contare su argomenti di religione particolarmente forti.
Questa percezione è rapidamente cambiata
quando la teoria dell'evoluzione è stata eliminata dai programmi di studio delle scuole
medie, nell'ambito della controversa riforma
della scuola della ministra Moratti. Per un
momento, la comunità di persone che in Italia
si occupa di fare, divulgare, o insegnare
scienza si è trovata unita nel richiedere che
l'insegnamento dell'evoluzione non fosse
cancellato dalla scuola dell'obbligo. Il Museo
civico di Storia naturale ha promosso una
petizione tra scienziati e docenti, e il quotidiano La Repubblica ha avviato una raccolta di
firme on-line.
A chiudere questo "momento" di consapevolezza sui temi dell'istruzione scientifica di
base è venuta la nomina da parte della
Ministra di una commissione di alto profilo,
tanto di premi Nobel, con l'incarico di redigere i nuovi programmi. A circa un anno dalla
sua nomina, non si hanno notizie dell'operato
della commissione.
Massimo Pigliucci ci ha raccontato che il network televisivo ABC, uno dei principali negli
Stati Uniti, annovera la celebre serie di cartoni animati, Gli Antenati, tra i suoi programmi
di divulgazione scientifica. Nel primo anno in
cui in Italia è divenuto possibile "insegnare"
l'evoluzione attraverso miti, leggende e racconti delle origini vale la pena di prestare
attenzione alle riflessioni su metodi, preconcetti, e passi falsi che scienziati e divulgatori
hanno tratto dalla loro esperienza.
ANMS - DOCUMENTI 3
La giornata è stata aperta da Massimo
Pigliucci, che ha ricordato che è facile deridere i creazionisti quando dicono certe cose,
ma è importante capire i loro errori da un
punto di vista logico. D'altra parte anche gli
scienziati, i divulgatori scientifici e qualche
volta gli insegnanti fanno degli errori nel
modo in cui presentano la scienza, e Pigliucci
ha dedicato gran parte della sua relazione a
"castigare noi stessi".
Tra gli errori logici dei creazionisti, uno è che
se non ci piacciono le conseguenze di certe
ricerche scientifiche, la teoria scientifica che
ha prodotto quei risultati è sbagliata. È come
dire "sono contro l'uso della bomba atomica,
per cui la teoria atomica è sbagliata", un
ragionamento alla rovescia. Un altro errore è
dire che se gli scienziati non sono d'accordo
la scienza è in crisi. Questo mostra che il
creazionista non capisce una cosa fondamentale della scienza, che la scienza va
avanti appunto per discussioni e disaccordi
tra scienziati. Si potrebbe anche obiettare
che è vero che, per esempio, i biologi discutono dell'importanza di certi meccanismi nell'evoluzione, ma le divergenze che li dividono
non sono tanto grandi come quelle, nel
campo creazionista, tra chi crede che la Terra
è vecchia di seimila anni e chi invece accetta
che ne ha quattro miliardi. Un altro punto
forte dei creazionisti è l'idea che visto che la
gente finanzia le scuole pubbliche quelli che
pagano le tasse decidono cosa si deve insegnare. Il che in termini generali è anche giusto, se uno compera una macchina vuole una
macchina che funzioni, ma non è che per
questo può andare a dire all'ingegnere come
progettare la macchina.
Dall'altra parte però, la maggior parte degli
scienziati negli Stati Uniti non si degna neanche di rispondere alle accuse creazioniste, e
19
questo è un errore. Molto spesso poi la risposta è superficiale. Per esempio quando un
creazionista domanda "tu che cosa sai dell'evoluzione delle balene?" la risposta tipica è
"ecco qui un albero filogenetico con gli antenati delle balene, il problema è risolto". Ma
quello che abbiamo è una ricostruzione, nessuno ha mai visto animali del genere. E' un
errore dire "abbiamo risolto il problema, guarda qui, c'è il disegnino".
Un altro esempio è che i creazionisti obiettano spesso che "la teoria dell'evoluzione non
può spiegare l'origine della vita". Tra l'altro
hanno ragione, perché la teoria dell'evoluzione di Darwin parte dall'origine della vita in poi,
l'origine della vita è una questione che devono risolvere biofisici e biochimici. Comunque
la tipica risposta è che c'era la zuppa primordiale, questi composti chimici che si sono
mescolati, sono arrivati i fulmini dall'alto ed è
uscito fuori il DNA. Questo tipo di conclusione è basato sugli esperimenti di Stanley
Miller del 1953, che storicamente sono stati
importantissimi perchè sono stati il primo
esempio nella storia della scienza in cui la
domanda dell'origine della vita veniva affrontata in laboratorio. Purtroppo però Miller ha
usato per i suoi esperimenti le condizioni che
all'epoca i geochimici e i geofisici dicevano
che erano probabilmente prevalenti nella
Terra primitiva. I geochimici e i geofisici nel
frattempo hanno cambiato idea. Quindi non si
può rispondere semplicemente "c'era la
zuppa primordiale", sono state proposte
diverse teorie alternative.
La scienza è un processo di scoperta e quindi va insegnato come tale. Non è soltanto una
collezione di fatti. Abbiamo l'ossessione dei
fatti, e siccome la scienza produce dei fatti
molto interessanti, e ne continua a produrre
in continuazione, abbiamo questa tendenza a
concentrarci sui fatti e non sul processo della
scienza.
Valerio Sbordoni ha parlato di biodiversità
ed evoluzione. Spesso l'evoluzione viene
vista sotto il profilo dell'adattamento, e uno
ANMS - DOCUMENTI 3
dei problemi quando si cerca di comunicare o
di spiegare l'evoluzione è quello di legare la
microevoluzione, che studia l'evoluzione a
livello delle popolazioni e delle specie, con la
macroevoluzione che è quella che studiano
soprattutto i paleontologi, l'evoluzione su
grande scala. La diversità biologica, la biodiversità, è la diversità degli esseri viventi a
tutte le scale a cui noi la possiamo osservare. Un aspetto importante è la diversità a
livello delle specie, ma altrettanto importanti
sono la diversità che esiste all'interno di una
specie e la diversità tra gli ecosistemi.
Possiamo leggere la diversità biologica come
il prodotto dell'evoluzione a tutte queste
scale.
La scala tradizionale alla quale la biologia
evoluzionistica ha posto particolare attenzione è quella della variazione all'interno di una
specie, di una popolazione. Questo ha creato una scienza che è la genetica delle popolazioni, che ha il grosso privilegio di avere un
modello e di confrontare il processo naturale
con un'immagine di equilibrio che è la popolazione teorica, la popolazione all'equilibrio di
Hardy-Weinberg. Lo scarto da questa condizione di equilibrio ci dà in qualche modo la
misura del cambiamento evolutivo, rispetto al
quale noi possiamo inferire i diversi fattori
che hanno prodotto questo cambiamento.
Ma la variabilità è anche all'interno delle
popolazioni, all'interno delle specie. Se non ci
fosse stata una diversità manifesta probabilmente la genetica ecologica, cioè la genetica
delle popolazioni studiata in natura, sotto l'azione della selezione naturale, non sarebbe
mai partita, e la genetica ecologica è uno dei
momenti più entusiasmanti della dimostrazione della teoria darwiniana dell'evoluzione.
C'è il caso famosissimo della Biston betularia, il melanismo industriale, e moltissimi altri
meno conosciuti. Alla base di queste differenze morfologiche ci sono sempre, ovviamente,
differenze genetiche che noi possiamo studiare direttamente.
Infine la biodiversità si occupa degli ecosistemi, delle diversità che ci sono tra gli ecosiste20
mi. È difficile capire come dalle differenze
all'interno di una popolazione si possa arrivare alle differenze tra gli ecosistemi, ma è
attraverso la co-evoluzione che noi possiamo
capire molte cose. Ci sono dei meccanismi
che sono relativamente ben conosciuti, dimostrati sperimentalmente e che ci permettono
di capire come le comunità biotiche possono
essere così diverse tra di loro, come possano
evolvere in maniera così diversa tra di loro.
Una delle accuse che viene fatta alla teoria
darwiniana dell'evoluzione, la teoria sintetica,
è quella della ripetibilità degli esperimenti. Ma
in natura a cercare bene ne abbiamo moltissimi di questi esperimenti, abbiamo tante storie che si ripetono in modo parallelo e questo
è abbastanza convincente. Ci sono molti
esempi di quelli che chiamiamo "fossili viventi", dove noi vediamo che c'è una grande
divergenza a livello molecolare, ma una fortissima conservazione per quanto riguarda la
forma. Ci sono anche, dal lato opposto, fenomeni di forte differenziazione per quanto
riguarda la forma a fronte di una ridotta diversità genetica. Questo fa capire come i confronti nell'evoluzione siano spesso sorprendenti. Non c'è una regola dell'evoluzione, c'è
una grande diversità che riguarda non solo i
prodotti ma anche la velocità dell'evoluzione.
In una breve comunicazione, Paolo Coccia
ha illustrato il percorso che lo ha portato a
ideare e condurre il Web log "Darwin Italia"
(http://darwininitalia.blogspot.com), una fonte
sempre aggiornata di notizie su ciò che
avviene nel panorama evoluzionistico, non
solo italiano.
"Taking Darwin seriously" è il titolo di un libro di
Michael Ruse, filosofo della biologia più volte
citato in questi giorni. Telmo Pievani ha sostenuto che questo "prendere Darwin sul serio"
sintetizza bene il percorso seguito dalla
paleoantropologia negli ultimi anni. Molte delle
difficoltà che ancora si incontrano nel considerare serenamente i temi dell'evoluzione derivano dal fatto che quando si parla di evoluzioANMS - DOCUMENTI 3
ne abbiamo anche a che fare con quello che
Thomas Henry Huxley, seguace di Darwin,
chiamava il posto dell'uomo nella natura. Con
la pubblicazione nel 1871 delle Origini dell'uomo Darwin sa bene che la sua conclusione,
che l'uomo è anch'esso il prodotto dell'evoluzione da una qualche forma animale a più
bassa organizzazione, "riuscirà sgradevole a
molte persone". Oggi ci troviamo ancora a far
fronte al disagio di questa idea.
Molti evoluzionisti, tra cui Alfred Russel
Wallace che contemporaneamente a Darwin
formulò la teoria della selezione naturale,
hanno cercato di trovare un'eccezione per l'evoluzione umana. Wallace riteneva necessaria una forma di selezione speciale, sottratta
all'ordine meccanico della selezione naturale.
A rendere più difficile la nostra comprensione
c'è il fatto che mentre in altre famiglie del
regno animale l'evoluzione ha avuto spesso
come risultato più di una specie, e a volte
molte più di una, nel caso di Homo sapiens
non è rimasta che una, che guarda caso
siamo noi. Da qui l'iconografia di cui la progressione di Schwalbe è l'esempio più noto,
con un'unica specie che viene sostituita da
una nuova specie "superiore", ma sempre e
solo una alla volta. È un'iconografia in netto
contrasto con la tradizionale raffigurazione
dell'evoluzione come un albero frondoso, che
simboleggia una crescente diversità.
Prendere Darwin sul serio significa accorgersi che questa eccezione non si regge più in
piedi, e che anche l'evoluzione umana probabilmente ha seguito gli stessi pattern, le stesse leggi, gli stessi tipi di processo che hanno
caratterizzato l'evoluzione di tutte le altre
specie. Siamo così arrivati all'immagine, suggerita in particolare da Ian Tattersall, di un
"cespuglio degli ominidi" di cui si conoscono
oggi una ventina di specie o varietà. I
paleoantropologi hanno imparato a raccontare non solo la storia dell'evoluzione umana, la
storia degli ominidi, ma anche la loro geografia, il che accomuna ancora una volta la
nostra evoluzione a quella di tutte le altre
forme viventi.
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La paleoantropologia è una scienza piena di
sorprese perché è una scena indiziaria, si
basa su pochi indizi e deve sulla base di questi ricostruire delle storie plausibili. Rimane
poi da capire che cosa è successo quando
una specie, Homo sapiens, ha cominciato a
dipingere caverne, ad abbellirsi, a costruire
calendari lunari e strumenti musicali, insomma a produrre comportamenti chiaro segno di
una intelligenza simbolica. E' la famosa rivoluzione paleolitica che probabilmente ha dato
origine non alla nostra anatomia, che già
c'era, ma al nostro modo di pensare, alla
nostra intelligenza autocosciente. Stiamo cercando, anche se ancora non ci si riesce, di
capire come è avvenuta in modo naturale
questa emergenza della mente moderna, a
un certo punto della nostra storia.
Secondo Marco Ferraguti la letteratura creazionista può essere interessante, se la si
legge nello spirito con cui Tom McIver introduce la sua corposa antologia: "sebbene io
sia in disaccordo con gli argomenti e le conclusioni degli antievoluzionisti concordo con
le loro inquietudini che noi possiamo sì ignorare ma a nostro danno, dobbiamo essere
attenti a quel che dicono sia per rispondere
efficacemente ai loro argomenti scientifici che
per comprendere le loro motivazioni reali,
religiose, morali, politiche o dovute all'educazione". Bisogna essere selettivi, perché tra i
testi antievoluzionisti ce ne sono alcuni decisamente brutti, libri da sconsigliare a chiunque come L'errore di Darwin di HansJoachim Zillmer che per negare l'età della
Terra ci fa ripiombare indietro di duecento
anni, ai dibattiti tra catastrofisti e attualisti.
Molti antievoluzionisti fanno una grande confusione ideologica tra evoluzione, evoluzionismo e darwinismo. Quasi sempre non se la
prendono con l'evoluzione come viene fuori
dalla lettura dell'Origine delle specie, ma con
un certo darwinismo che ci è stato trasmesso
dalla sintesi moderna, che in qualche modo è
una limitazione del pensiero di Darwin che
era molto più aperto e pluralista di quanto
ANMS - DOCUMENTI 3
vogliano farci credere. Oggi con l'Intelligent
Design abbiamo una riproposizione di alcuni
temi della teologia naturale, ma gli evoluzionisti non sono poi così interessati alla perfezione degli adattamenti. Sono piuttosto gli
adattamenti imperfetti a catturare la nostra
attenzione.
Pensiamo a cosa fa Darwin. Dopo la pubblicazione dell'Origine delle specie Darwin si
mette a scrivere un libro sui meccanismi di
fecondazione delle orchidee, dove troviamo
casi spettacolari, tipicamente darwiniani, di
adattamento della forma della farfalla alla
particolare orchidea da impollinare. Ma a
guardar bene nella letteratura si scopre che
alcuni impollinatori sono così poco specifici
che addirittura vanno a incrociare generi
diversi, non specie diverse. Questa attenzione di Darwin agli adattamenti imperfetti ci dà
delle idee che potremmo sfruttare anche
nelle nostre presentazioni, nell'ambito dell'insegnamento.
Quello di cui abbiamo più bisogno, come già
aveva osservato Ernst Mayr, è di una filosofia
della biologia autonoma. Una certa filosofia
della scienza basata sulla logica, sulla matematica, sulla fisica, la filosofia della scienza
della scuola di Vienna, è solo in parte applicabile alla biologia, che è una scienza obiettiva quanto la fisica ma ha un modello di spiegazione che richiede che si tenga conto della
storia. Se un matematico dice di non poter
creare un modello come quello proposto
dagli evoluzionisti, perché questa cosa deve
essere vista come un problema per la biologia evoluzionistica? Sarebbe più corretto
osservare, come dice Michael Ghiselin, che il
nostro universo non è popolato da modelli
matematici, e se gli organismi contraddicono
le teorie non sono gli organismi che devono
essere corretti.
Assieme ad Albert Einstein Charles Darwin è
la più importante icona scientifica del nostro
tempo, ha osservato Fabio Pagan. Solo che
mentre per Einstein si dice normalmente che
aveva ragione ogni volta che un esperimento
22
conferma in un modo o nell'altro la teoria
della relatività (e ciò non toglie che qualche
volta Einstein abbia anche sbagliato), per
Darwin si usano più frequentemente titoli
come "Darwin sbagliava", qualche volta col
punto di domanda qualche volta senza,
"Darwin si estingue", "Darwin addio" e cose di
questo genere.
Attraverso una carrellata di immagini che ha
spaziato dal cinema alla letteratura, dalla
televisione ai quotidiani, Pagan ha illustrato
la pervasività del discorso evoluzionistico
nella cultura e nei media, non solo di oggi.
Senza risparmiare tirate d'orecchie, in particolare, ai colleghi giornalisti laddove la correttezza dell'informazione viene sacrificata a
vantaggio del titolo a effetto.
Luciano Cozzi ha ricordato che troppo spesso si accetta l'idea che l'evoluzione non può
essere osservata, mentre invece l'evoluzione
in vitro dei microorganismi, e anche fenomeni di cambiamento a livello di popolazione,
sono osservabili in modo del tutto soddisfacente. Spesso viene anche citato il Secondo
principio della termodinamica per dimostrare
presunto un conflitto tra l'evoluzione e la fisica. Ma il Secondo principio si applica a sistemi isolati, che non scambiano energia con
l'ambiente circostante, e gli organismi viventi
non appartengono a questa categoria. Se il
Sole si spegnesse la vita sulla Terra comincerebbe a risentirne otto minuti dopo, all'incirca.
Uno dei più grossi problemi che abbiamo
avuto nel 1900 è stato quello che i teorici
della scienza avevano raramente una formazione biologica, ma piuttosto una formazione
in campo fisico, matematico e nella migliore
delle ipotesi chimico. La biologia è una scienza che solo per le sue parti più di laboratorio
può essere avvicinata a quella che noi chiamiamo le scienze dure, la fisica e la chimica.
Dimostrazioni, se vogliamo usare questo termine in maniera rigorosa, non sono possibili
in biologia. Non abbiamo la capacità di formulare delle previsioni. Siamo però in grado,
e questo è già qualcosa, di formulare delle
ANMS - DOCUMENTI 3
previsioni a posteriori, cioè quelle che si chiamano delle retrovisioni, con un termine un po'
orrendo ma che rende, credo, l'idea.
Uno dei concetti fondamentali più difficili da
passare agli studenti è quello di popolazione.
Sono le popolazioni, non i singoli che evolvono. Siccome poi noi insegnanti di scienze
siamo un po' Arlecchino servitore di due
padroni, quando insegniamo chimica raccontiamo che la fluttuazione casuale va elaborata ed eliminata con la teoria dell'errore, ma
fare questo in biologia significherebbe buttare via il bambino con l'acqua sporca. Se
intendiamo la variazione come un disturbo da
filtrare, finiamo inevitabilmente per intendere
le specie come delle categorie immutabili e la
variazione solo come un fastidio.
Il caso conta perché le mutazioni genetiche
sono casuali, perché in una buona misura
sono casuali gli assortimenti collegati alle
modalità riproduttive sessuali. Ma a fianco
del caso abbiamo anche la necessità rappresentata dalla selezione naturale. Un'altra
cosa difficile da far capire è che la selezione
naturale non serve solo a eliminare, questo è
uno dei fraintendimenti più grossi in cui gli
studenti incorrono, a eliminare quelli "venuti
male". Questa funzione della natura era ben
nota prima di Darwin, la trovate in Buffon, la
trovate anche in Paley che è un teologo della
natura. La differenza nella visione di Darwin è
invece che la selezione naturale è un fattore
creativo.
Giorgio Teruzzi ha invitato a prendere parte
agli incontri organizzati dal Museo per discutere il rinnovamento delle esposizioni di cui si
sta tornando a parlare. Ancora nella nostra
cultura l'idea che il mondo naturale sia in continuo divenire non è un fatto acquisito come il
fatto che la Terra gira attorno al Sole.
Nel progettare un'esposizione bisogna porsi
degli obiettivi, e non importante che un visitatore esca sapendo che Astacus fluviatilis si
chiama anche Potamobius fluviatilis.
L'esposizione ha successo se uno che entra
senza particolari opinioni in questo posto ne
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esce avendo compreso che il mondo vivente
è estremamente diversificato, che piante e
animali sono adattati ai vari ambienti fisici,
che la biodiversità attuale ha una lunga storia
che si trova nei fossili.
A questo processo di brainstorming hanno
dato un involontario contributo anche i creazionisti, che l'hanno scorso hanno organizzato un'assemblea in cui non c'erano solo i
soliti personaggi tristi o a caccia di voti ma
anche persone con una preparazione, un
dottorando in stratigrafia del Pleistocene
che fa un lavoro di ricerca e allo stesso
tempo fa propaganda per negare la validità
della stratigrafia, dell'oggetto stesso della
sua ricerca. Il punto non è la malafede, è
che queste persone non si possono liquidare semplicemente con l'ilarità. Qualche
tempo fa una televisione nazionale ha mandato in onda un documentario dove un sedicente paleontologo con in mano un fossile
diceva di avere in mano la prova del diluvio
universale. Il fossile era riconoscibilissimo,
anche un collezionista l'avrebbe riconosciuto, un trilobite dell'Ordoviciano. Il fatto che la
televisione ci sia cascata e abbia mandato
in onda quel documentario ci dice che ciascuno è libero di farsi del male come crede,
ma quel sedicente paleontologo non aveva
argomenti che dessero motivo di preoccupazione.
La preoccupazione viene dal fatto che oggi è il frutto di una piccola ricerca tra giovani
ricercatori, anche specialisti di fama internazionale - oggi non si leggono più i testi fondamentali sull'evoluzione, i testi che affrontano
l'evoluzione dal punto di vista dei processi
fondamentali, per esempio i libri di Mayr. Così
uno può avere un'infarinatura ricevuta al liceo
o da qualche lezione universitaria, ma se si
trova di fronte uno specialista del calibro dei
genetisti o dei geologi o dei matematici creazionisti di cui parlava Pigliucci rischia di trovarsi senza argomenti. E se si fa l'esperienza
di andare a parlare in giro per le scuole, ci si
accorge che quando si dibatte con i creazionisti di fronte a dei giovani delle scuole supeANMS - DOCUMENTI 3
riori, che si trovano nella fase più importante
della loro formazione, questi giovani sono
selettivi, critici, non accettano che gli si dica
"io sono lo scienziato", non accettano che si
tratti male l'avversario, vogliono che l'autorità
uno se la guadagni sul campo. Tutto questo
ha importanza anche per le nostre esposizioni, perché a volte per voler dire tutto si finisce
per offuscare il messaggio fondamentale, si
scende troppo nei dettagli, ci si lascia prendere dalla passione per l'argomento e si
dimentica che la stragrande maggioranza del
pubblico ha una preparazione generica e non
è particolarmente interessata a sapere se la
teoria degli equilibri punteggiati è valida e in
che misura lo sia.
Guido Barbujani ha diviso il suo intervento
in una parte dedicata ai recenti studi comparativi sul DNA antico, che lo hanno visto
impegnato in prima persona, e in una parte
dedicata agli sviluppi delle tecniche di analisi
del genoma umano.
Una delle due principali teorie sull'origine dell'uomo si chiama teoria multiregionale, il principale difensore è Milford Wolpoff
dell'Università del Michigan. L'idea è che
circa un milione e mezzo di anni fa i principali gruppi umani si sono separati e hanno colonizzato l'Africa, l'Europa, l'Asia, l'Australia - le
Americhe sono venute dopo. Questi gruppi si
sono evoluti in sostanziale indipendenza ma
con degli scambi, delle migrazioni. Secondo
questa teoria, in sostanza, gli Europei di
adesso sono i discendenti dei Neandertaliani
e di tantissima altra gente che è vissuta in
Europa a partire da 700, 800 mila anni fa. La
visione alternativa, quella dell'origine africana
recente, non nega che un milione e mezzo di
anni fa vari nostri parenti abbiano colonizzato
l'Europa, l'Asia e il sud-est Asia, ma ritiene
che questi siano stati rimpiazzati a partire da
un centinaio di migliaia di anni fa da qualcuno che usciva dall'Africa e che si è sostituito
a loro, coesistendo per un breve periodo ma
senza mescolarsi. In questa ipotesi i
Neandertaliani sono gente che è vissuta dove
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siamo noi adesso ma non sono nostri antenati.
La genetica è riuscita a fare qualcosa in questo campo quando si sono messe a punto
delle tecniche per estrarre il DNA da reperti
antichi. È un lavoro tecnicamente complicatissimo, ma a partire dal 1997 si è riusciti ad
estrarre il DNA da tre campioni di Neandertal.
In base alle caratteristiche del DNA i tre campioni di Neandertal stanno in un gruppo, tutti
gli umani moderni in un altro. Un'altra cosa
interessante è che mentre nella teoria multiregionale i Neandertaliani sono gli antenati
degli Europei, e solo degli Europei, risulta
che i Neandertaliani siano imparentati grosso
modo in egual misura con tutti i membri contemporanei della nostra specie.
In base a questi risultati i Neandertaliani non
potevano essere considerati antenati diretti
ed esclusivi degli Europei, ma per escludere
una qualche continuità bisognava andare a
vedere qualcuno con caratteristiche anatomiche simili alle nostre, un Homo sapiens
sapiens vissuto contemporaneamente ai
Neandertaliani. Questo è stato fatto l'anno
scorso con dei campioni di nostri antenati,
detti anche Cro-Magnon, datati 23.000 anni
fa. I campioni Neandertaliani più giovani
hanno 29.000 anni per cui la distanza temporale non è troppo grande. Bene, se confrontiamo degli europei contemporanei tra di loro
troviamo in media 4 differenze in un certo
tratto di DNA. Se andiamo indietro nel tempo,
all'uomo di Similaun, le differenze rimangono
più o meno le stesse, e lo stesso per i CroMagnon di 23.000 anni fa. Se si passa ai
Neandertaliani invece ci sono differenze
molto marcate. Questo risultato è un'evidenza abbastanza forte che i Neandertaliani
vivevano qua, ma non sono nostri antenati.
Il secondo argomento è una tecnica recente
e ricca di possibilità che prende il nome di
broad genome scans, studi a largo spettro
del genoma, per la individuazione di geni che
determinano malattie complesse. Le malattie
semplici sono abbastanza ben comprese,
dipendono da uno o da due geni più, ovviaANMS - DOCUMENTI 3
mente, un fattore ambientale. Ma ci sono
tante altre malattie, dal diabete all'Alzheimer,
al Parkinson a varie forme di cancro, che
hanno una componente genetica, e sarebbe
interessante scoprire quali siano i geni che
determinano queste malattie. L'idea è di
prendere un gruppo di persone che hanno
una certa malattia, prendere un certo numero
di soggetti di controllo, e poi studiare centinaia o migliaia di regioni del DNA, di cui spesso si ignora la funzione, fino a trovare qualche regione nella quale una certa caratteristica è la stessa all'interno di ciascun gruppo,
ma diversa tra i due gruppi.
Se guardiamo i risultati c'è un po' da mettersi
le mani nei capelli. Per il diabete di tipo 2,
quello che non dipende dall'insulina, sono
state trovate delle associazioni su quasi tutti i
cromosomi. Lo stesso per l'Alzheimer, lo
stesso per il cancro alla prostata. Ora, dire
che noi sappiamo che ci sono geni per il diabete di tipo 2 su 18 cromosomi oppure dire
che non sappiamo niente è quasi la stessa
cosa, perché non c'è alcuna possibilità concreta di utilizzare queste informazioni. È un
problema che leggendo attentamente gli evoluzionisti, ragionando in termini di popolazioni, si sarebbe potuto prevenire. Deriva dal
fatto che spesso quella che noi chiamiamo
una popolazione, un gruppo di persone che
stanno nello stesso posto, in realtà non è una
popolazione, ma comprende tanti gruppi di
origini diverse. Insomma sono stati fatti degli
errori e adesso si sta cercando di correggerli, ed è per questo che c'è tanto interesse
negli ultimi tempi per le popolazioni isolate,
perché almeno in una popolazione isolata
possiamo pensare di avere un gruppo di individui che hanno avuto una storia evolutiva in
comune.
Giovanni Boniolo ha concluso la giornata
con una discussione delle critiche mosse alla
teoria dell'evoluzione sul piano filosofico. La
sequenza tipica di domande e risposte: "Chi
è che sopravvive? sopravvive il più adatto.
Chi è il più adatto? Colui che sopravvive"
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porta alcuni critici a ritenere che la teoria dell'evoluzione sia piena di tautologie. Ma è proprio una tautologia? Forse è un ragionamento, o una definizione. E se anche fosse una
tautologia, sarebbe una vuota tautologia? Gli
enunciati della matematica sono del tutto
tautologici, eppure con la matematica abbiamo costruito le case, le barche, e anche i
modelli matematici che si usano in biologia.
E poi basta prendere un manuale di biologia
evoluzionistica per capire che adattamento
non vuol dire solo sopravvivenza del più
adatto. Michael Ruse dice che "non serve a
niente essere superman se poi la kryptonite
ti ammazza gli spermatozoi". Vuol dire che
un aspetto importante dell'adattamento è
avere figli che si portino dietro una serie di
caratteri.
C'è poi l'idea che la biologia evoluzonistica
non è in grado di fare previsioni. Sotto sotto,
l'idea è che soltanto la scienza faccia previsioni. Ma in fisica, in meccanica quantistica,
io non riesco a prevedere quando un elettrone eccitato ricada nel suo orbitale. Ci sono
eventi di cui non sappiamo se siano ontologicamente casuali o se siano invece casuali
perché non ne sappiamo abbastanza.
Pensiamo ai fenomeni che hanno a che fare
con mutazioni genetiche dovute a decadimenti radioattivi. Quando ci prendiamo una
radiazione e abbiamo una qualche mutazione
che ci può portare anche ad esiti nefasti,
quella radiazione rispetto a noi che ce la
prendiamo è un evento causale, ma il fatto
che ce la prendiamo è casuale.
Poi c'è l'idea che la teoria dell'evoluzione non
sia scienza, ma sia un programma di ricerca
scientifico. Chi sostiene questa tesi porta in
campo Karl Popper, con la sua idea che una
teoria per essere scientifica deve essere falsificabile. Questa è una sorta di aberrazione
filosofica che in Italia ha un impatto culturale
devastante, perché anche coloro che non
pensavamo essere addetti alla filosofia della
scienza, grazie a Popper lo diventano. Ma qui
ci sono dei problemi. Il problema principale è
che Karl Popper non ha compreso che cosa
ANMS - DOCUMENTI 3
sia la biologia. Poi che la sua idea di evoluzione si inquadrava in una epistemologia
evoluzionista, un processo che conduce a
qualcosa di sempre più perfetto, teorie sempre più vere - un'idea che nessun biologo
evoluzionista di stampo darwiniano accetterebbe.
Il principale sintomo della "Popperite acuta" è
l'idea che la scienza debba andare avanti per
congetture e confutazioni. La cosa paradossale è che in Italia siamo gli unici a discutere
ancora di queste cose, è almeno dagli anni
1970 che è stato dimostrato che Popper ha
sbagliato nell'interpretazione della teoria fisica, della teoria biologia, e anche nell'uso
della logica. E noi stiamo qui ad angustiarci
per sapere se qualche cosa deve essere falsificabile per essere scientifica quando nel
resto del mondo questa discussione non si fa
più.
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Arrivederci
Arriva la torta, grande con la sua prima candelina. E' il 12 febbraio 2004 e al Museo
Civico di Storia Naturale di Milano si festeggia, nel giorno del compleanno di Darwin, il
primo DarwinDay italiano.
Una due giorni, dedicata a diversi aspetti
della comunicazione di una delle più importanti scoperte scientifiche: la teoria dell'evoluzione.
L'associazione Nazionale Musei Scientifici
e il Museo di Storia Naturale di Milano
hanno dato vita a questo evento affiancando le tante iniziative internazionali che da
anni richiamano, proprio nel giorno del
compleanno di Darwin, all'importanza di
questa scoperta scientifica. Scoperta che
dopo centoquarantacinque anni gode di
ottima salute e continua a essere corroborata dai dati ottenuti da diverse branche
della scienza: dalle ricerche della genetica,
dai dati della paleontologia, dalla botanica,
dalle nuove ricerche che si basano sulla
comparazione dei genomi di differenti specie, la genomica comparata appunto. Il
dibattito vivace e attuale che coinvolge
scienziati e filosofi non è sul cuore, sui fondamenti di questa teoria, ma sui meccanismi che hanno portato, a partire da un
"antenato comune", alla biodiversità che ha
popolato la terra fino ad oggi.
La partecipazione di oratori internazionali, di
diverse discipline ha offerto un dibattito di
ampio respiro su la passione di comunicare
e di conoscere, e sulle fallacie che spesso
sono veicolate dai media e che, cosa di non
poco conto, sopravvivono nei "circoli colti".
La teoria dell'evoluzione come ogni teoria
scientifica, si è trovata al centro di proficui e
accessi dibattiti tra gli scienziati per "mettere a punto" quelli che sono i meccanismi più
fini. Ma in un'epoca di rapide scoperte scientifiche e di elevata tecnologia, troppo spesso, dimentichi delle conoscienze acquisite,
in diversi ambienti, è stata applicata con
"leggerezza".
ANMS - DOCUMENTI 3
In questo primo Darwin Day italiano si è parlato di evoluzione umana e dell'"importanza
del pensiero evoluzionistico nella genetica
moderna", e di quel "tempo profondo" che
scandisce la paleontologia, così difficile da
afferrare dai brevi tempi della vita umana.
Si è parlato dei fatti dell'evoluzione, della
biodiversità e di come le sale dei nostri
musei di storia naturale siano il teatro ideale a tutt'oggi per presentare senza remore e
in modo ricco questi "fatti".
Patrick Blandin, già direttore del La Grande
Galerie dell'Evolution di Parigi, e diversi oratori italiani - storici, museologi, biologi hanno aperto la prima giornata dedicata al
mondo dei musei. I contributi di differenti
discipline hanno offerto una visione multidisciplinare della comunicazione museologica. Anche il grande pubblico ha risposto a
questo appuntamento specialistico, dedicato in particolare a coloro che si occupano di
divulgazione nei Musei di Storia Naturale.
La serata di questa due giorni, ha ospitato
un pubblico molto attento e numeroso. La
presentazione del perché fasce, anche
colte, della società possano attaccare la teoria dell'evoluzione con argomentazioni che
poco hanno a che fare con la scienza, ha
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sollevato diverse domande. Il tema è stato
brillantemente presentato dal Professore
Massimo Pigliucci docente di biologia evoluzionistica in America, paese dove questo
dibattito è molto acceso e le tesi creazioniste cercano di minare l'insegnamento delle
scienze, peraltro senza risultati. La serata è
stata inoltre dedicata alla presentazione di
due libri - Raffaello Cortina Editore - inerenti la storia della terra e il dibattito, spesso
duro, intercorso tra Stephen J. Gould e
Richard Dawkins.
La seconda giornata dedicata al modo della
scuola è stata vissuta con partecipazione sia
dagli studenti che dal grande pubblico. La
messa in rete in diretta dell'evento ha permesso ai singoli cittadini e alle scuole di
essere partecipi un pò da tutta Italia con
domande che hanno arricchito l'evento. Da
sottolineare l'atmosfera di interesse e di partecipazione che si è creata tra il pubblico e
gli invitati.
L'evento, insieme ad altri che si sono svolti
in questo periodo in Italia, ci ricordano che
dipende solo da noi, scienziati e comunicatori, accogliere la sfida di una seria e ben
argomentata comunicazione scientifica.
ANMS - DOCUMENTI 3
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Associazione Nazionale Musei Scientifici
febbraio 2005
ANMS - DOCUMENTI 3
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