La bilancia a piatti come strumento di mediazione per lo studio di

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PROGETTO COLLABORATIVO DI RICERCA
SULLA DIDATTICA DELLA MATEMATICA
MPI-DIPARTIMENTO DI MATEMATICA PURA ED APPLICATA
DELL’UNIVERSITA’ DI MODENA E REGGIO EMILIA
LA BILANCIA A PIATTI COME METAFORA
DELL’EQUIVALENZA DEI DUE TERMINI
DI UN’EQUAZIONE
INS: INCERTI VANNA
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Relazione sul percorso:
“La bilancia a piatti come metafora
dell’equivalenza tra i due termini di un’equazione”
L’unità didattica sperimentata è finalizzata ad un approccio al pensiero algebrico attraverso
l’utilizzo, nella fase iniziale, di una bilancia a piatti. Essa può, infatti, costituire un modello concreto
per avviare gli alunni, fin dalla scuola elementare, alla risoluzione di semplici equazioni e ad
affrontare precocemente la risoluzione di problemi algebrici.
Ciò può contribuire a ridurre quelle discontinuità che si osservano, da un punto di vista
metodologico e didattico, tra la fine della scuola media e l’inizio delle scuole superiori.
La sperimentazione si è sviluppata da fine Novembre 2001 a Febbraio 2002.
I problemi sono stati proposti intervallati alle attività della programmazione curricolare.
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La classe
La classe quinta, a Tempo Pieno, è costituita da 21 alunni, 10 femmine e 11 maschi.
Sono presenti 2 bambini stranieri, uno proveniente dal Bangladesh, ben integrato, e l’altro dalla
Tunisia. Questo svolge una programmazione completamente individualizzata e pertanto non ha
partecipato all’esperienza.
Le dinamiche relazionali tra gli alunni sono, in genere, positive anche se, ultimamente, soprattutto
nel gioco libero, sono emerse situazioni conflittuali tra maschi e femmine che hanno avuto riflessi
durante una fase dell’attività rivolta alla discussione collettiva.
Nella classe sono naturalmente presenti allievi con livelli d’apprendimento diversi che possono
essere così sintetizzati: 12 bambini possiedono buone/ottime competenze, 4 sufficienti, 4 scarse.
C’è comunque in quasi tutti una buona motivazione all’apprendimento.
Sono la loro insegnante di matematica (ma anche di scienze, geografia, educazione al suono e alla
musica, educazione motoria) dalla classe prima.
Il rapporto insegnante-allievi si basa sul dialogo, la discussione, l’assunzione reciproca di
responsabilità e di regole condivise secondo un contratto didattico esplicitato per il quale l’errore
può essere non solo un’occasione di apprendimento, ma può presentarsi per l’aver accettato una
sfida d’apprendimento significativa.
Ho spiegato ai bambini che avremmo partecipato ad un’esperienza molto importante con
l’Università e che ciò avrebbe richiesto grande impegno.
Hanno aderito con entusiasmo e responsabilità.
Io, maestra
Soprattutto all’inizio dell’attività era presente in me una certa apprensione per il timore di
commettere errori. Ero consapevole dell’inadeguatezza della mia formazione matematica di base
provenendo da una cultura umanistico-pedagogica.
In particolare, le conoscenze algebriche risalivano agli anni in cui frequentavo la scuola e raramente
avevo avuto modo di utilizzarle nella prassi didattica quotidiana.
Fondamentali sono stati perciò gli incontri col gruppo di lavoro per la riflessione sui nodi
concettuali della disciplina, la progettazione e l’elaborazione del percorso didattico e la riflessione
sullo stesso.
Indispensabile, inoltre, la lettura di materiali e dispense per avere un quadro teorico di riferimento.
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Per quanto riguarda l’attività con i ragazzi ho cercato di controllare in modo assiduo le produzioni
individuali sui quaderni. Ciò mi ha dato modo di discutere i diversi modi di procedere, di avere
chiarimenti e una visione tempestiva delle difficoltà che emergevano.
All’inizio ho lasciato liberi gli allievi di esprimersi come volevano perché ritenevo importante
osservare il loro modo di procedere nella conquista del balbettio algebrico. Soltanto in un secondo
momento intervenivo con richieste di maggior precisione nell’esplicitazione dei processi.
La discussione collettiva ha avuto un ruolo fondamentale nella fase iniziale, per la conquista dei
principi della bilancia; inoltre, nell’esplicitare un “codice per tutti”, cioè di un sistema di
rappresentazioni condiviso, e nel confronto delle strategie. In quest’ultimo caso, talvolta, è stata
carente: occorreva far osservare più spesso i vantaggi della rappresentazione algebrica rispetto a
quella aritmetica.
Il lavoro mi ha dato modo di comprendere che, certi modelli aritmetici, utilizzati nelle operazioni
fin dai primi anni della scuola elementare, possono essere ostacoli concettuali per il futuro
apprendimento algebrico.
I materiali
La predisposizione del materiale per l’esperienza è stata oggetto di attenta riflessione perché
avrebbe influenzato gli sviluppi del lavoro.
Ho chiesto ai bambini se c’erano genitori che potevano costruire una bilancia. Un padre ha dato la
sua disponibilità e ci siamo accordati sulla modalità della sua realizzazione; in particolare doveva
soddisfare la richiesta che potesse essere bloccata l’oscillazione.
Come pesi ho pensato di utilizzare tessere di un domino con varie etichette che avrebbero potuto
facilitare il passaggio all’astrazione.
Ho costruito sacchetti di carta opaca con scritto la lettera iniziale del loro contenuto: S (sale), F
(farina)…. Per deformazione professionale per cui, nella scuola elementare, per la formazione e la
strutturazione dei concetti fondamentali, le esperienze devono essere concrete, non ho resistito alla
tentazione di mettere, in alcuni sacchetti, quantità minime di sostanze reali, pur invisibili.
Ho provveduto poi a reperire un registratore con relative cassette dal materiale della scuola.
Anteprima dell’esperienza
In classe, negli anni precedenti, sono state fatte numerose attività relative al misurare e pesare, con
vari tipi di bilance.
Sono state sperimentate situazioni di equilibrio e introdotte le misure di massa. Con la visita al
“Museo della Bilancia” di Campogalliano i bambini hanno potuto ripercorrere la storia di questo
strumento che segna il punto di passaggio ad una cultura più evoluta in senso sociale, politico ed
economico.
Con tali attività però, essendo state molto forti e pregnanti, si sono create, in alcuni casi,
interferenze tre esperienza scientifica e matematica: emergono , nelle conversazioni, riferimenti alla
tara, peso netto …
Durante i momenti di formazione si rifletteva sull’importanza di anticipare alla scuola elementare
l’approccio ai problemi algebrici cominciando dall’individuazione delle concezioni didattiche più
produttive per favorire il passaggio dal pensiero aritmetico a quello algebrico.
L’attività promossa in classe, prima dell’unità “bilancia” è stata quella di rappresentare un numero
in modi diversi. Es: 18= 9 x 2 = 15 + 3 = 36 x ½ = 3 x 4 + 6.
Ognuna delle sue possibili connotazioni aggiunge informazioni utili per un approfondimento della
sua conoscenza ed è un passaggio importante verso la soluzione di certe famiglie di problemi e la
comprensione di scritture come “a + b”. ( da “Questioni teoriche motivanti un precoce avvio al
pensiero algebrico e ricaduta sulla pratica: progetto ArAl”)
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L’attività che si stava svolgendo, in quel periodo di inizio d’anno, sulle proprietà delle operazioni è
stata l’occasione per introdurre le lettere, su proposta di un bambino, per generalizzare: “scriviamo
le proprietà come se valessero per qualsiasi tipo di numero”
Un’importante riflessione ha riguardato il fatto che lettere diverse possono rappresentare numeri
uguali.
L’unità didattica
Le fasi dell’U.D. previste per la classe V^ elementare sono quattro. Nella 4^ sono inseriti due
problemi (varianti di uno precedente) adatti alla scuola media. Uno di questi (La piazza e il parco
con un chiosco ottagonale) è stato risolto a gruppi.
Prima fase dell’esperienza
In questa fase si fanno esperienze con la bilancia a due piatti. Si scrivono sul quaderno
esclusivamente le conclusioni a cui si perviene: i principi.
Ho spiegato ai ragazzi che avremmo registrato la conversazione (discussione di apertura) per cui
sarebbe stato necessario molto ordine negli interventi in modo che non si sovrapponessero e fossero
comprensibili
La proposta, che sembrava inizialmente accettata, di realizzare l’equilibrio bloccando l’oscillazione
dei piatti è stata contestata da parte di alcuni ragazzi. Occorreva fare una discussione più
approfondita.
Superato questo momento sono state poi lineari le conquiste relative al principio fondamentale della
bilancia e al 1° principio. Più difficoltà ha rappresentato la situazione per la conquista del 2°
principio.
Nel togliere pesi uguali dai piatti della bilancia in equilibrio o nel dividere per uno stesso numero i
contenuti dei piatti, i ragazzi hanno riconosciuta applicata la proprietà invariantiva delle operazioni.
La prima fase ha avuto una durata di circa 2 ore.
(Allegato N° 1)
Seconda fase
Dopo essere pervenuti, a seguito di una discussione , a uno schema di bilancia condiviso, si è
passati alla rappresentazione delle esperienze precedenti sul quaderno.
All’inizio c’è stata una carenza di un momento collettivo in cui evidenziare le modalità di
rappresentazione delle varie fasi del processo. I ragazzi, più attenti al prodotto che al processo,
giungevano immediatamente alla soluzione attraverso un’operazione.
Ho ritenuto opportuno procedere ad interviste individuali attraverso le quali ogni bambino
registrava le varie fasi dell’esperienza.
L’analisi dei protocolli metteva in evidenza che erano stati molto vari i simboli iconici usati per
rappresentare i pesi; la rappresentazione della bilancia e le marche erano più o meno presenti.
(Allegato N° 2: un esempio di registrazione della seconda esperienza)
Ho aperto una discussione per arrivare ad una condivisione sociale delle rappresentazioni da usare.
Ad un “codice per tutti”, come ha proposto di chiamarlo una bambina.
(Allegato N° 3: il codice e la rappresentazione della terza esperienza)
Durante il dibattito, grande importanza hanno avuto fattori affettivi-motivazionali influenzati dalle
dinamiche relazionali tra i ragazzi, soprattutto tra il gruppo delle femmine e quello dei maschi. Le
proposte dei leader hanno pesato sulle opzioni di compagni.
La lettera scelta per rappresentare il peso degli oggetti, la U, non aveva attinenza con i problemi
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per cui si evitava il fenomeno della persistenza semantica.
Il passaggio dalla rappresentazione additiva a quella moltiplicativa, sollecitata dall’insegnante, ha
comportato difficoltà concettuali, anche se alcuni ragazzi utilizzavano quest’ultima con apparente
facilità.
C’è stata una riflessione, a questo proposito all’interno del gruppo di ricerca; ci si è proposti di
verificare il significato della scrittura utilizzata, nella mia classe: 5 U. Molti bambini pensavano che
le lettere stessero al posto degli oggetti piuttosto che di un numero, del peso degli oggetti. Ciò
poteva essere influenzato dalla sintassi del linguaggio soggiacente per cui 5 U indicava 5 sacchetti
di riso…Questo portava ad un errore dovuto al fatto di seguire l’ordine delle parole.
Emergeva il contrasto tra traduzione sintattica e interpretazione semantica.
Le esperienze fatte dai ricercatori dimostrano inoltre che, nel passaggio aritmetica-algebra la
struttura additiva dei naturali e conseguentemente la relativa notazione additiva costituiscono un
modello mentale primitivo molto forte per l’allievo, soprattutto negli anni della scuola di base: il
modello moltiplicativo, che si inserisce subito dopo, è meno forte e non sempre si sovrappone a
quello additivo in maniera corretta; soprattutto è meno spontaneo, anche perché appreso
successivamente. ( da”Approccio all’algebra” di Bazzini e Iaderosa)
La seconda fase ha avuto una durata di 6:40 ore
Terza fase
Si propongono problemi verbali che descrivono situazioni che hanno per oggetto la bilancia
I testi vengono scritti alla lavagna e ricopiati sui quaderni.
I primi tre problemi verbali della terza fase vengono rappresentati senza particolari difficoltà
dalla maggior parte della classe.
Ogni bambino ha scelto, per rappresentare i pesi non noti, le lettere da usare, che sono risultate
molto varie.
Soltanto alcune hanno una persistenza semantica con gli oggetti, si riferiscono cioè a quella iniziale.
Le lettere assumono un significato numerico , il valore dei pesi, che si sostituisce agli oggetti con
cui si operava con la bilancia.
C’è stata la richiesta naturalmente di spiegare il significato loro attribuito e ciò è stato fatto
attraverso una legenda.
Da parte di alcuni, non sempre c’è stata precisione nel linguaggio utilizzato. Es: T= tonno, piuttosto
che peso della scatola di tonno. La risposta era comunque formulata in modo corretto: il peso di una
scatola di tonno é…
Per quanto riguarda i problemi a soluzione indeterminata, pur avendola individuata, soltanto pochi
allievi hanno motivato la loro risposta. Occorreva insistere di più.
(Allegato N°4: un problema a soluzione indeterminata)
La durata della terza fase è stata di 2:30 ore.
Quarta fase
Vengono proposti problemi verbali che si differenziano dai precedenti perché non compaiono più,
nei testi, né piatti né pesi, però si “nasconde una bilancia” possono essere cioè risolti con
un’equazione.
I testi, con le relative rappresentazioni iconiche, vengono forniti in fotocopie ai ragazzi e incollati
sul quaderno senza dare spiegazioni.
Nei problemi di questa fase i ragazzi hanno adottato strategie diverse: la maggior parte
rappresentazioni algebriche, alcuni aritmetiche.
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(Allegati N° 5, 6, 7: i primi due esempi di rappresentazioni algebriche, il terzo aritmetiche)
Le rappresentazioni aritmetiche, da parte di alunni con buone competenze , sono state preferite
perché più “rassicuranti” in quanto più consuete.
Infatti alla richiesta di procedere ad una seconda rappresentazione dello stesso problema, questa
volta in modo algebrico, si dimostrava che l’allievo dominava perfettamente la situazione.
Inoltre alla domanda, formulata da alcune bambine, se potevano rappresentare le situazioni come
volevano, “senza la bilancia”, ho sempre risposto in maniera affermativa.
Non sempre c’è stata un’adeguata riflessione collettiva sull’analisi delle procedure: sarebbe infatti
stato opportuno osservare in modo sistematico come la rappresentazione con un’equazione fosse
molto più efficace e potente di quella aritmetica.
In una protocollo ricompare il disegno della bilancia come “supporto” iconico a un’equazione.
Nonostante si sia usata la bilancia reale soltanto all’inizio della prima fase, è rimasta un’esperienza
pregnante per un’allieva alla ricerca di punti di riferimento stabili.
La durata di questa fase è stata di 3:30 ore.
Allegato N° 1
Stralci di discussione
Ins: su un piattino metto due sacchetti di sale uguali e sull’altro 200g. Quanto pesa un sacchetto di
sale?
Giacomo: 100g. 100 + 100 = 200 che è uguale all’altro peso, alla tesserina.
Andrea: poiché hai detto che hanno lo stesso peso, si doveva dividere per due.
Ins: però, anche in questo caso, se dividiamo per due il peso che c’è in questo piattino, non
possiamo lasciare il peso dell’altro.
Andrea: mettiamo al posto del 200 un 100
Ins: un cento?
Giacomo: hai detto che dobbiamo dividere a metà.
Ins: no, io non l’ho detto. E’ stato Andrea. Se dividiamo il peso dei sacchetti, dobbiamo anche
dividere…
Veronica: il peso del peso (della tesserina)
Ins: anche qua si può arrivare ad una conclusione. Quand’è che la bilancia resta in equilibrio?
Veronica. Quando i sacchetti, pesando lo stesso peso, in tutto pesano lo stesso peso del peso.
Ins: ma perché la bilancia resti in equilibrio, cosa devo fare con i due pesi?
………….
Matteo : dividere
Ins: dividere che cosa?
Matteo: la tesserina da 200 in due e il peso dei sacchetti…
Michele: per due anche quelli.
Ins: quindi…
Michele: devo dividere tutti e due i piattini, i pesi dei piattini per due
Ins: cioè….
Andrea: devo fare un’altra volta la proprietà invariantiva
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Allegato N°2
piatto di sinistra
farina; 50g
Problema
piatto di destra
120g
Il bambino rappresenta
la quantità sconosciuta
con un triangolo. Ci sono
due mani: una cambia il
peso da 120g in due pesi
da 70g e 50 g, l’altra
toglie da entrambi i piatti
i pesi da 50g.
Il bambino rappresenta la
quantità sconosciuta con
un cerchio al cui interno
c’è la lettera F, iniziale del
contenuto.
A destra sottrae il peso da
50g, ed indica con una
freccia ciò che deve essere
tolto da entrambi i piatti
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Allegato N°3
Le conclusioni della
discussione collettiva
vengono scritte sul
quaderno con il nome
di: “codice per tutti”
Si riporta una
rappresentazione della
terza esperienza.
Per le quantità
sconosciute viene
utilizzata la “U”. Non
compaiono più né la
bilancia né le marche.
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Allegato N° 4
Problema
Su un piatto ci sono una bottiglia di latte, un pacchetto
di burro e due pesi, uno di 30 e uno di 40 grammi.
Sull’altro ci sono un pacchetto di burro e un peso di 220
grammi.
a) Trova il peso della bottiglia di latte
b) Puoi trovare il peso del burro?
La bambina utilizza
lettere che hanno una
persistenza semantica: L
per latte, B per burro.
Imposta l’equazione in
modo corretto.
Esplicita la cancellazione
con una sbarra.
Applica il 1° principio
della bilancia togliendogli
stessi pesi da entrambi i
piatti.
Dà una motivazione del
perché non si possa
trovare il peso del burro.
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Allegati N° 5, 6,7
Problema
L’altezza di Alvise
Alvise appoggia sul tavolo, alto 70 centimetri, uno
sgabello alto 30 centimetri e ci sale sopra. In questo modo
è alto come suo padre che ha una statura di 1,80m.
Rappresenta la situazione in modo da trovare l’altezza di Alvise.
In questi protocolli i
bambini adottano una
soluzione algebrica, come
ha fatto la maggior parte
della classe.
Nel primo l’allievo
utilizza una lettera per
esprimere l’incognita e
ricompaiono le marche;
applica la proprietà
associativa e il primo
principio: toglie con una
sbarra da una parte e con
la sottrazione dall’altra.
Nel secondo protocollo la
quantità sconosciuta
viene rappresentata con
un simbolo iconico.
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Il bambino adotta una
soluzione aritmetica
resa possibile dai dati
numerici molto
semplici.
E’ ugualmente
corretta, anche se
meno efficace della
precedente.
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BIBLIOGRAFIA
1) Bazzini, Iaderosa Approccio all’algebra
2) Bussi, Boni, Ferri Interazione sociale e conoscenza a scuola: la discussione matematica
3) Hatch Making
Algebra meaningful to Pupils
(tradotto da un collega)
4) Hercscovics, Linchevski A cognitive gap between Arithmetic and algebra (tradotto da un
collega)
5) Malara
Aspetti relazionali dell’aritmetica e avvio al pensiero algebrico
6) Malara, Navarra Questioni teoriche motivanti un precoce avvio al pensiero algebrico e ricaduta
sulla pratica: il progetto ArAl
7)Malara Gherpelli Argomentazione e dimostrazione in aritmetica nel triennio di scuola media
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