GLOSSARIO

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GLOSSARIO
SPERIMENTAZIONE CLINICA
Prima di passare alla pratica clinica, ogni innovazione terapeutica deve superare una
serie di fasi sperimentali rigorosamente controllate. Dopo aver superato gli studi
preclinici, che vengono effettuati sia mediante studi in vitro che su animali di
laboratorio, si può procedere ai trials clinici veri e propri. I trials clinici hanno lo
scopo di determinare se il trattamento soddisfa i criteri di sicurezza per il suo uso
nell’uomo, se ha effetti collaterali, di stabilire le modalità e dosi di somministrazione
ed infine di valutare la sua efficacia.
Gli studi clinici si suddividono in tre fasi.
I trials clinici di fase I vengono condotti generalmente su un numero molto ristretto di
volontari sani. Il loro scopo è sostanzialmente quello di verificare la sicurezza di un
determinato trattamento, comprendere se è ben tollerato ed analizzarne le modalità di
azione nell’uomo. I trials di fase I sono sperimentazioni di tipo conoscitivo e non
terapeutico.
Se i risultati degli studi di fase I sono promettenti si può passare ai trials di fase II.
Questa fase viene condotta su un numero ridotto di pazienti selezionati, in genere
nell’ordine di 100-200, per valutare l’efficacia del trattamento terapeutico e i
protocolli di somministrazione più indicati.
Gli studi di fase III hanno come scopo quello di confermare su larga scala i dati di
efficacia emersi dai trials di fase II. In genere vengono coinvolti 1000-3000 pazienti ai
quali viene somministrato il trattamento o un medicamento inattivo (placebo) e/o il
trattamento terapeutico corrente per la patologia in esame.
INTERFERONI
Con questo nome generico si indica un gruppo di proteine che appartengono alla
famiglia delle citochine, particolari sostanze che permettono alle cellule del sistema
immunitario di comunicare tra loro. Sono stati individuati vari tipi di interferoni: gli
interferoni alfa (α) e beta (β) o di tipo I e l'interferone gamma (γ) o di tipo II. La
divisione è basata sul tipo di cellule che li producono e sulle diverse attività
biologiche esercitate da ciascun tipo di interferone. Gli interferoni di tipo I sono
prodotti da quasi tutte le cellule stimolate da un virus e hanno la funzione di indurre la
resistenza della cellula all'infezione. L’interferone di tipo II viene secreto dalle cellule
cosiddette “killer” e dai linfociti T e ha il compito di segnalare al sistema immunitario
di reagire ad agenti infettivi o alla crescita di un tumore.
IMMUNITA’ INNATA
L’immunità innata è comprende una serie di meccanismi di difesa non specifici,
presenti fin dalla nascita di un individuo e, dal punto di vista evolutivo, molto antichi.
Tali meccanismi sono presenti già prima dell’esposizione all’antigene e rappresentano
la prima vera barriera di difesa dell’organismo agli agenti patogeni. I componenti
principali dell’immunità innata sono :
1) le barriere fisico-chimiche quali la pelle, la mucosa vaginale (il cui pH impedisce la
crescita di batteri), la mucosa bronchiale (caratterizzata da muco e cellule ciliate), la
mucosa nasale, la saliva e le lacrime (contenenti lisozima);
2) alcune proteine ematiche, tra cui i componenti del sistema del complemento ed altri
mediatori dell’infiammazione;
3) le cellule fagocitiche (macrofagi) ed altri leucociti ad attività citotossica naturale
(natural killer);
4) fattori solubili, cioè sostanze che agiscono su altre cellule come ad esempio le
citochine prodotte dai macrofagi tra cui INF-α e INF-β.
L’immunità innata è immediata (0-96 ore), altamente efficiente e non conferisce
all’individuo memoria immunologica.
IMMUNITA’ ACQUISITA
L’immunità acquisita agisce in senso specifico, ossia per ogni tipo di stimolo viene
innescata una risposta che vale per quello stimolo e non per altri. Questa specificità
assicura un alto grado di efficienza, in quanto evita le risposte non necessarie. I tempi
di risposta sono relativamente lunghi (da 96 ore in poi), ma una volta che l’organismo
è istruito sul tipo di antigene, acquisisce una memoria immunologica che può
permanere per tutta la vita. I componenti dell’immunità acquisita sono i linfociti ed i
loro prodotti, gli anticorpi. L’immunità acquisita può essere di due tipi:
1) umorale, mediata da anticorpi. Le cellule che producono gli anticorpi sono i
linfociti B . Tale immunità può essere trasferita in soggetti non immunizzati (vergini)
mediante plasma o siero;
2) cellulare, mediata da cellule. Le cellule responsabili dell’immunità cellulare sono i
linfociti T. Tale immunità può essere trasferita in individui vergini mediante infusione
di linfociti T prelevati da un individuo immunizzato.
Entrambe le componenti dell’immunità acquisita sono indispensabili per un corretto
funzionamento del sistema immunitario. L’immunità umorale, cioè gli anticorpi,
costituisce un meccanismo di difesa nei confronti di microbi extracellulari e delle loro
tossine, dal momento che gli anticorpi possono neutralizzare ed eliminare tali agenti.
L’immunità cellulare è invece indispensabile per la difesa contro microrganismi
intracellulari , come virus e batteri che, proliferando all’interno delle cellule
dell’ospite sono inaccessibili agli anticorpi, come pure contro le cellule tumorali. Sia
le cellule infette che quelle tumorali vengono riconosciute dal sistema immunitario
come cellule “malate” e vengono attaccate dai linfociti T specifici che ne provocano
la morte.
CITOCHINE
Le citochine sono una classe eterogenea di proteine secretorie prodotte da diversi tipi
di cellule, e hanno funzione di condizionare il comportamento di altre cellule
trasmettendo segnali da cellula a cellula. Sotto il nome di citochine sono raggruppate
molecole prodotte da linfociti (Linfochine) o da monociti (Monochine), in grado di
esercitare sulle cellule una varietà di effetti biologici, effetti che possono essere
diversi a seconda della presenza o meno di altre citochine. Le citochine vengono
solitamente prodotte in un breve periodo di tempo a seguito dell’attivazione cellulare,
nell’ambito di una reazione immunitaria, un processo infiammatorio o patologico ed
hanno un corto raggio d’azione agendo per lo più sulle cellule circostanti. Sono
molecole molto potenti che possono causare cambiamenti nella proliferazione,
differenziazione e migrazione cellulare.
Il loro ruolo è fondamentale per lo sviluppo del sistema immunitario e per il suo
corretto funzionamento. In particolare, svolgono un ruolo cruciale nella regolazione di
tutte le fasi del processo che conduce all’innesco della risposta immune. L’azione
delle citochine comincia con il loro legame al recettore specifico sulla superficie della
cellula bersaglio. Tale legame si traduce in un segnale che istruisce la cellula sulla
strada da intraprendere: proliferare, differenziare, migrare, produrre altre citochine o
sostanze. E’ chiaro dunque che dall’interazione di una citochina con la cellula
bersaglio deriva una reazione a cascata che avrà un dato effetto finale.
CELLULE DENDRITICHE
Le cellule dendritiche (DC) sono cellule derivate dal midollo osseo, dotate di elevata
capacità di catturare organismi patogeni o materiale derivato da cellule morte
(antigeni), di processare gli antigeni e presentarli alle cellule del sistema immunitario
(linfociti) per l’attivazione di una risposta immune specifica contro gli antigeni stessi.
Le DC formano una complessa famiglia di cellule con caratteristiche e funzioni
diverse, e sono disseminate in tutti i distretti dell’organismo, ma con particolare
concentrazione nei siti di potenziale ingresso dei patogeni, quali le mucose e gli
epiteli. In queste sedi le DC fungono da “sentinelle”, sorvegliando l’ambiente per
verificare la presenza di potenziali antigeni. In seguito al riconoscimento e cattura
dell’antigene le DC si differenziano in cellule dotate di nuove attività. A questo stadio
le DC mostrano spiccate capacità di presentare l’antigene ai linfociti e di migrare
verso i tessuti linfoidi secondari (principalmente i linfonodi) dove innescano la
risposta immune, attivando i linfociti specifici per l’antigene.
ADIUVANTI
Un vaccino è generalmente costituito dall’antigene (componente dell’agente
patogeno) e dall’adiuvante (dal latino adjuvare=aiutare), sostanza che conferisce
all’antigene una maggiore capacità di stimolare nell'ospite risposte immuni di tipo
protettivo. L'identificazione di nuovi adiuvanti, dotati di maggiore efficacia e
sicurezza, rappresenta attualmente una sfida importante per la ricerca orientata allo
sviluppo dei vaccini. Infatti, sebbene i progressi scientifici e tecnologici abbiano
consentito lo sviluppo di vaccini progressivamente più sicuri, i vaccini di nuova
generazione sono spesso caratterizzati da una minore capacità di indurre risposte
immuni protettive e quindi richiedono l'utilizzo di potenti adiuvanti.
Studi recenti hanno mostrato che alcuni adiuvanti classici agiscono mediante
l'induzione di determinate citochine, che sono responsabili dell'induzione delle
risposte protettive. La Figura 1 mostra uno schema degli eventi attraverso i quali un
adiuvante può generare una risposta immune efficace verso un determinato antigene.
(allegare figura notiziario vol. 15 N. 12, 2002 ?)
VACCINI ANTITUMORALI
L'obiettivo della vaccinazione antitumorale è quello di provocare l'eliminazione del
tumore da parte dei sistemi di difesa dell'organismo. A differenza delle maggior parte
dei vaccini contro le malattie infettive, la vaccinazione contro il cancro è
generalmente terapeutica, cioè diretta ad attivare risposte difensive in un organismo
già portatore di tumore.
I vaccini antitumorali non sono da considerarsi come "proiettili magici" contro il
cancro, e il loro impiego clinico è da prevedersi in associazione con trattamenti più
convenzionali (chemioterapia, radioterapia).
Vaccini costituiti da cellule tumorali modificate attraverso le tecniche di ingegneria
genetica, affinché producano sostanze in grado di modulare la risposta immunitaria
(citochine), sono già stati utilizzati in sperimentazioni cliniche. Altri tipi di vaccini
tumorali sviluppati recentemente si basano sull'utilizzo degli antigeni tumorali o
tumore-associati, proteine presenti nelle cellule tumorali che rappresentano dei
potenziali bersagli per il riconoscimento e quindi l’eliminazione delle cellule tumorali
da parte del sistema immunitario.
Lo sviluppo di vaccini antitumorali profilattici, cioè in grado di prevenire l'insorgenza
di tumori associati ad infezioni con patogeni, è un traguardo alquanto realistico. Da
una stima dell’Organizzazione Mondiale della Sanità risulta, infatti, che circa il 18%
dei tumori è causato da agenti infettivi noti. Per questi tipi di tumori la vaccinazione
contro l’agente infettivo rappresenta una forma di prevenzione contro il tumore stesso.
Un esempio è rappresentato dal carcinoma epatico (HCC) che può essere prevenuto
dalla vaccinazione contro il virus dell’epatite B (HBV). Si prevede che nel futuro
forme di cancro quali il carcinoma della cervice, associato all’infezione con il virus
del papilloma umano (HPV), o il linfoma a cellule B, associato all’infezione con il
virus di Epstein-Barr (EBV), possano essere prevenuti mediante la vaccinazione
contro i rispettivi agenti infettivi.
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