Un tipo di uomo

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Elementi di sociologia – Temi e idee per il XXI secolo
Carlo Mongardini
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Un tipo di uomo
Erich Fromm (1900-1980) è uno degli autori più noti e interessanti della scuola di Francoforte. Le
sue analisi sull’evoluzione della società contemporanea, che mettono insieme prospettiva marxista e
freudiana, sono oggi di grande rilevanza. Negli anni ’70 ebbe un periodo di notorietà soprattutto
presso i giovani per il suo libro “Avere o essere?”. Ecco come descrive in un suo scritto il tipo di
uomo che si è affermato in questi ultimi decenni:
“Quale tipo di uomo chiede dunque la nostra società affinché tutto funzioni senza intoppi? Essa
vuole individui che sappiano lavorare assieme in grandi gruppi, che non si sazino di consumare,
individui dai gusti standardizzati e facilmente influenzabili e prevedibili. Vuole individui che si
sentano liberi e indipendenti, non soggetti ad alcuna autorità o principio, e tuttavia disposti ad
essere comandati, a fare quel che si aspetta da loro, a inserirsi senza frizioni nella macchina sociale;
individui che possono essere governati senza essere forzati, guidati senza leader, istradati senza un
obiettivo che non sia quello di muoversi, di funzionare, di andare avanti”.
Questo tipo di uomo è il prodotto dell’economicismo, della tecnologia, del moderno industrialismo,
“è l’automa, l’uomo alienato. Alienato perché le sue azioni e le sue proprie energie gli sono
diventate estranee: sono al di sopra e contro di lui, e lo guidano invece di essere guidate da lui. Le
sue energie vitali sono state trasformate in cose e istituzioni; e queste cose e istituzioni sono
diventate idoli. Sono vissute non come il risultato degli sforzi dell’uomo ma come alcunché
distaccato da lui, un qualcosa che egli adora e a cui si sottomette. L’uomo alienato si prostra dinanzi
all’opera delle sue mani. Gli idoli sono l’immagine alienata delle sue forze vitali. L’uomo vive se
stesso non come il generatore attivo delle sue energie e ricchezze ma come una “cosa” impoverita
dipendente da cose esterne a lui, cose sulle quali ha proiettato la sua sostanza vivente”.
(E. Fromm, Io difendo l’uomo, Milano, Bompiani; 2004, pp. 33-34)
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