1976-1977 - Docenti.unina

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Anno accademico 1976-1977
1) Per quali valori del numero reale π‘Ž l’equazione
1 + sen2 (π‘Žπ‘₯) = cos π‘₯
ha una ed una sola soluzione?
È evidente che l’equazione assegnata ammette sempre la soluzione
π‘₯ =0,
∀π‘Ž ∈ 𝑅 .
Inoltre, dato che
1 + sen2 (π‘Žπ‘₯) ≥ 1 ,
−1 ≤ cos π‘₯ ≤ 1 ,
∀π‘₯ ,
si comprende che il primo membro può uguagliare il secondo solo nei punti in cui
il coseno vale uno, cioè nei punti in cui
cos π‘₯ = 1 → π‘₯π‘˜ = 2π‘˜πœ‹ π‘˜ ∈ 𝑍0 .
Affinché π‘₯ = 0 sia anche l’unica soluzione, eccezion fatta per il caso π‘˜ = 0, è
indispensabile fare in modo che
sen2 (2π‘˜πœ‹π‘Ž) ≠ 0 →
2π‘˜πœ‹π‘Ž ≠ π‘šπœ‹ →
π‘Ž≠
π‘š
2π‘˜
(π‘š ∈ 𝑍).
In conclusione si può dire che l’equazione data ammette la sola soluzione π‘₯ = 0
quando il parametro reale π‘Ž non è esprimibile come rapporto di interi, vale a dire
π‘Ž deve essere un numero irrazionale.
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Nella figura che segue, a mo’ di esempio, si è rappresentato il primo membro in
blu per il caso π‘Ž = 1/2 ed in rosso per il caso π‘Ž = 1/√2, in rosso il secondo
membro.
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2) Date le due progressioni aritmetiche
1, 4, 7, β‹― ,
7, 33, 59, β‹― ,
dimostrare che ogni progressione aritmetica che le contiene entrambe ha ragione
uno.
È in facoltà del candidato generalizzare questo risultato provando che, se due
progressioni aritmetiche hanno ragioni prime fra loro, ogni progressione
aritmetica che le contenga entrambe ha ragione uno.
Prima parte
La prima progressione aritmetica
π‘Ž1 = 1 , π‘Ž2 = 4 , π‘Ž3 = 7 , β‹―
ha una ragione pari a
π‘ž1 = π‘Ž2 − π‘Ž1 = π‘Ž3 − π‘Ž2 = 3 .
La seconda progressione aritmetica
𝑏1 = 7 , 𝑏2 = 33 , 𝑏3 = 59 , β‹―
ha al contrario una ragione pari a
π‘ž2 = 𝑏2 − 𝑏1 = 𝑏3 − 𝑏2 = 26 .
Le due ragioni non hanno divisori in comune e si nota che π‘Ž3 = 𝑏1 . L’uguaglianza
tra due elementi delle due progressioni non è detto che sussista: basta pensare
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alla progressione degli interi dispari e quella degli interi pari. La sola cosa vera è
che, affinché una progressione aritmetica contenga entrambe le progressioni
assegnate, essa deve contenere tutti i valori dell’una e tutti i valori dell’altra. Se,
tuttavia, la differenza fra un generico valore della prima progressione ed un certo
valore della seconda progressione, fosse uguale ad uno, allora si potrebbe
immediatamente concludere che la progressione aritmetica che le contiene
entrambe deve necessariamente avere ragione unitaria, al fine di includere, come
deve, questi due valori contemporaneamente.
Tornando al caso in esame, dato che
π‘Ž12 = π‘Ž1 + 3 βˆ™ (12 − 1) = 34 = 𝑏2 + 1 ,
si può affermare che il dodicesimo elemento della prima progressione aritmetica
è distante proprio un’unità dal secondo elemento della seconda progressione
𝑏2 = 33. Si conclude pertanto che l’ipotesi è verificata e, per unire entrambe le
progressioni, è necessario utilizzare una ragione unitaria.
Seconda parte
Si vuole dimostrare che, date due progressioni aritmetiche
π‘Žπ‘› = π‘Ž1 + (𝑛 − 1)π‘ž1 e π‘π‘š = 𝑏1 + (π‘š − 1)π‘ž2 , con 𝑀𝐢𝐷(π‘ž1 , π‘ž2 ) = 1 ,
la progressione aritmetica che le contiene entrambe ha sempre ragione pari ad
uno. Si cominci a considerare l’uguaglianza
π‘Žπ‘› = π‘π‘š → π‘Ž1 + (𝑛 − 1)π‘ž1 = 𝑏1 + (π‘š − 1)π‘ž2 .
Essa si trasforma immediatamente nell’equazione diofantea
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π‘›π‘ž1 − π‘šπ‘ž2 = 𝑏1 − π‘Ž1 + π‘ž1 − π‘ž2 ,
che, qualunque sia il valore del secondo membro, ammette sempre soluzione,
essendo le due ragioni coprime. Ciò vuol dire che esistono infinite coppie che nelle
due successioni si corrispondono. Nel caso trattato nella prima parte, si può
scrivere l’equazione
3𝑛 − 26π‘š = −17 ,
che ammette le infinite soluzioni
𝑛 = 3 + 26π‘˜ , π‘š = 1 + 3π‘˜ , con π‘˜ ≥ 0 .
Ciò vuol dire che le due progressioni hanno infiniti elementi in comune.
Continuando su questa linea, si può anche dire che esistono infiniti punti in cui le
progressioni distano di una unità, obbedendo alla diofantea
π‘Žπ‘› = π‘π‘š + 1 → π‘›π‘ž1 − π‘šπ‘ž2 = 𝑏1 − π‘Ž1 + π‘ž1 − π‘ž2 + 1 ,
che pure ammetterà infinite soluzioni. Ma allora la progressione complessiva non
che avere ragione unitaria.
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3) Sia 𝑛 un intero maggiore di 2, e sia βˆ† un triangolo rettangolo. Dimostrare che
l’𝑛-esima potenza della lunghezza dell’ipotenusa di βˆ† è maggiore della somma
delle 𝑛-esime potenze dei cateti.
Detti π‘Ž, 𝑏 i due cateti del triangolo rettangolo 𝑐 l’ipotenusa, in modo che
𝑐 2 = π‘Ž2 + 𝑏 2 ,
si vuole dimostrare che valgono le disuguaglianza
𝑐 𝑛 > π‘Žπ‘› + 𝑏 𝑛 , con 𝑛 > 2 .
Procedendo per induzione, si può dire che la proposizione è vera per 𝑛 = 3, dal
momento che
𝑐 3 = 𝑐𝑐 2 = 𝑐(π‘Ž2 + 𝑏 2 ) = π‘π‘Ž2 + 𝑐𝑏 2 > π‘Ž3 + 𝑏 3 .
Inoltre, supponendola vera per un generico valore di 𝑛, allora sarà vera anche per
𝑛 + 1, essendo
𝑐 𝑛+1 = 𝑐𝑐 𝑛 > 𝑐(π‘Žπ‘› + 𝑏 𝑛 ) = π‘π‘Žπ‘› + 𝑐𝑏 𝑛 > π‘Žπ‘›+1 + 𝑏 𝑛+1 .
Un’altra maniera di verificare l’asserto proposto può essere la seguente: dato che
π‘Ž
𝑏
<1,
<1,
𝑐
𝑐
si può anche dire che
7
π‘Ž 𝑛
π‘Ž 2
𝑏 𝑛
𝑏 2
( ) <( ) , ( ) <( ) ,
𝑐
𝑐
𝑐
𝑐
vale a dire, sommando membro a membro,
π‘Ž 𝑛
𝑏 𝑛
π‘Ž 2
𝑏 2 π‘Ž2 + 𝑏 2
= 1 → π‘Žπ‘› + 𝑏 𝑛 < 𝑐 𝑛 , per 𝑛 > 2 .
( ) +( ) <( ) +( ) =
𝑐
𝑐
𝑐
𝑐
𝑐2
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4) Siano π‘₯, 𝑦, 𝑧, e 𝛼, 𝛽, 𝛾, numeri reali tali che
𝛼𝑧 − 2𝛽𝑦 + 𝛾π‘₯ = 0 ; 𝛼𝛾 − 𝛽 2 > 0 .
Dimostrare che
π‘₯𝑧 − 𝑦 2 ≤ 0 .
Dato che, posto 𝛽 ≠ 0, si può scrivere
𝛼𝑧 − 2𝛽𝑦 + 𝛾π‘₯ = 0 → 𝑦 =
𝛼
𝛾
π‘₯+
,
2𝛽
2𝛽
si ottiene rapidamente
𝛼 2 π‘₯ 2 + 𝛾 2 𝑦 2 + 2𝛼𝛾π‘₯𝑧
𝛼 2 π‘₯ 2 + 𝛾 2 𝑦 2 + π‘₯𝑧(2𝛼𝛾 − 4𝛽 2 )
π‘₯𝑧 − 𝑦 = π‘₯𝑧 −
=−
4𝛽 2
4𝛽 2
2
Ponendo in evidenza la quantità 𝛼 2 π‘₯ 2 , si ricava anche
𝛼2π‘₯ 2
𝛾 2 𝑦 2 2𝛼𝛾 − 4𝛽2 𝑦
π‘₯𝑧 − 𝑦 = −
[1 + 2 ( ) +
].
4𝛽 2
𝛼 π‘₯
𝛼2
𝑧
2
Ora, affinché il trinomio in parentesi quadra si sempre non negativo, occorre che
il suo discriminante sia negativo, cioè la tesi
𝛼 2 𝛾 2 + 4𝛽4 − 4𝛼𝛾𝛽 2 𝛾 2
− 2 < 0 → 𝛼𝛾 − 𝛽 2 > 0 .
𝛼4
𝛼
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Nel caso 𝛽 = 0 e negli altri casi analoghi per gli altri parametri, con
argomentazioni analoghe si giunge alla tesi.
René François Ghislain Magritte, La trahison des images, olio su tela del 1953.
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5) Mostrare che, per ogni intero positivo 𝑛, il numero
5𝑛 + 2 βˆ™ 3𝑛−1 + 1
è divisibile per 8.
La successione di numeri interi
𝐴𝑛 = 5𝑛 + 2 βˆ™ 3𝑛−1 + 1 ,
𝑛 = 1, 2, 3, β‹― ,
inizia con i termini
𝐴1 = 5 + 2 + 1 = 8 , 𝐴2 = 26 + 6 + 1 = 32 , 𝐴3 = 125 + 18 + 1 = 144 ,
e sembra essere veramente costituita da numeri divisibili per 8. Per dimostrarlo
in generale, si farà riferimento al principio di induzione, una tecnica che si basa su
questa semplice considerazione: dovendo dimostrare che una certa proprietà vale
per tutti i numeri naturali, o comunque per tutta una classe di enti matematici che
possono essere ‘contati’, cioè messi in corrispondenza biunivoca con l’insieme dei
numeri naturali, bisogna innanzitutto verificare che la proprietà vale per il primo
elemento dell’insieme; successivamente bisogna mostrare che, se vale per un
certo elemento, essa vale anche per il successivo. Se, ad esempio, si vuole
dimostrare che tutti i poligoni godono di una certa proprietà, si deve dapprima
verificare che il triangolo gode di quella proprietà e poi che, se la verifica il
poligono di 𝑛 lati, essa è valida anche il poligono di 𝑛 + 1 lati.
Nel caso in esame, posto 𝑛 = 1, si verifica immediatamente che
𝐴1 = 8
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è divisibile per 8. Inoltre, si supponga che il generico elemento 𝐴𝑛 sia multiplo di
8, che simbolicamente si può scrivere nella forma
𝐴𝑛 = 5𝑛 + 2 βˆ™ 3𝑛−1 + 1 = 8 βˆ™ 𝐾 , 𝐾 intero positivo .
Si deve verificare che, in questa ipotesi, anche l’elemento successivo è multiplo di
8. Si osserva, allora, che
(5𝑛 + 2 βˆ™ 3𝑛−1 ) = 8 βˆ™ 𝐻 ,
𝐴𝑛+1 − 𝐴𝑛 = 5𝑛 βˆ™ (5 − 1) + 2 βˆ™ 3𝑛−1 βˆ™ (3 − 1) = 4 βˆ™ ⏟
intero positivo pari
che era proprio quanto si doveva dimostrare.
In definitiva, in forza del principio di induzione, tutti gli elementi della
successione assegnata 𝐴𝑛 , di cui la tabella che segue presenta i primi cinque, sono
divisibili per 8.
Un’altra possibile via per risolvere il problema, di cui si dà soltanto un cenno, è la
seguente: si applica la formula del binomio di Newton, per dimostrare che il
generico elemento della successione è costituito da tutti multipli di otto
5𝑛 + 2 βˆ™ 3𝑛−1 + 1 = (4 + 1)𝑛 + 2 βˆ™ (4 − 1)𝑛−1 + 1 , per 𝑛 ≥ 1 .
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6) Dati nel piano un segmento 𝐴𝐡 ed una retta π‘Ÿ, che non intersechi 𝐴𝐡,
determinare il punto (o i punti) di π‘Ÿ, dai quali 𝐴𝐡 è visto secondo un angolo
massimo.
I punti che risolvono il problema sono i punti di tangenza tra una generica
circonferenza passante per i punti 𝐴, 𝐡 e la retta π‘Ÿ.
𝐡
𝐢
𝐴
π‘Ÿ
𝑃
𝑄
Facendo riferimento alla figura riportata, siano 𝑃 il punto di tangenza tra la
circonferenza per 𝐴, 𝐡 e la retta π‘Ÿ, 𝑄 un punto di π‘Ÿ distinto da 𝑃 e 𝐢 l’intersezione
tra la retta 𝐡𝑄 e la circonferenza. Osservando che, per ragioni evidenti, risulta
𝐴𝐢̂ 𝐡 = 𝐴𝑃̂ 𝐡 ,
in quanto angoli che insistono sullo stesso arco, e
𝐴𝑄̂ 𝐢 < 𝐴𝐢̂ 𝐡 ,
in forza del teorema dell’angolo esterno ad un triangolo, segue la tesi, cioè
𝐴𝑃̂𝐢 ≤ 𝐴𝐢̂ 𝐡 , ∀𝑄 ∈ π‘Ÿ .
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Di circonferenze passanti per 𝐴, 𝐡 e tangenti a π‘Ÿ ve ne sono due, a condizione che
la retta 𝐴𝐡 non sia parallela a π‘Ÿ: precisamente, come mostra la figura che segue,
hanno i centri in semipiani opposti rispetto alla retta 𝐴𝐡.
𝐴
𝐡
π‘Ÿ
𝑃2
𝑃1
Quindi il problema consiste ora nel determinare i due punti di tangenza e, per
farlo, non è necessario costruire le due circonferenze. Si prolunghi la retta 𝐴𝐡 fino
ad intersecare la retta r nel punto 𝑂; per il teorema della secante e della tangente
si può scrivere
𝑂𝑃 2 = 𝑂𝐴 βˆ™ 𝑂𝐡 → 𝑂𝑃 = ±√𝑂𝐴 βˆ™ 𝑂𝐡
laddove i segni + e − si possono interpretare come il trovarsi a destra e a sinistra
del punto 𝑂, vale a dire che i due punti 𝑃1 e 𝑃2 sono simmetrici rispetto ad 𝑂.
Precisamente, dei due punti, quello che si trova nel semipiano cui appartiene
l’angolo convesso 𝐡𝑂̂𝑃 è il maggiore, cioè è un punto di massimo locale, l’altro è
un punto di massimo globale.
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𝐡
𝐴
π‘Ÿ
𝑂
𝑃
Se la retta 𝐴𝐡 è parallela a π‘Ÿ, esiste un solo punto che risolve il problema, cioè la
proiezione del punto medio del segmento 𝐴𝐡.
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