Interazionismo simbilico

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Sociologia dei Processi Socializzativi ed Educativi
La visione interazionista dell’educazione.
Teorie e ricerche
Alessia Pozzi
Chicago primi decenni del ‘900
Università di Chicago, Dipartimenti di Sociologia,
Filosofia e Psicologia
Scuola di Chicago e Interazionismo Simbolico
J. Dewey (1859-1952)
Pragmatismo
C.H. Cooley
(1864-1929)
Psicologia
sociale
H.S. Becker (1928 - )
Sociologia della
devianza
H. Blumer (1900-1987)
conia l’espressione
Interazionismo
simbolico (1937)
G.H. Mead
(1863-1931)
Psicologia
sociale,
Pragmatismo
J.B. Watson (1878-1958)
Behaviorismo sociale
W.I. Thomas
(1863-1947)
Ecologia urbana
(lavora con
Znaniecki)
R.B. Park
(1864-1944)
Ecologia urbana
(fu allievo di
Simmel)
E. Goffman (19221982) Drammaturgia
Prima fase
Seconda fase
Primi decenni ‘900
Seconda metà del ‘900
G. Simmel (Berlino, 1858 - Strasburgo, 1918)
• Filosofo, considerato uno dei ‘classici’ della
sociologia;
• L’industrializzazione e l’urbanizzazione sono al
centro dei suoi interessi di ricerca;
• Oggetto della sociologia devono essere le
interazioni tra individui (non può esistere un
organismo vivente completamente isolato dagli
altri);
• La società è composta da elementi eterogenei,
autonomia del soggetto, frammentazione della
società differenziata;
• Il rapporti tra gli uomini sono mediati dal
denaro (Filosofia del denaro, 1900);
• L’educazione ha il compito di promuovere ‘la
piena umanità’ dell’individuo.
Berger (Vienna 1929 - ) e Luckmann (Jesenica 1927 - 2016)
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Nel 1966 pubblicano «La realtà come costruzione
sociale»;
Luckmann è stato allievo di Schutz (fenomenologia:
mondi della vita quotidiana);
«L’universo simbolico lega gli uomini ai loro predecessori
ed ai loro successori, in una totalità significativa (…) Tutti i
membri di una società possono considerarsi appartenenti
ad un universo di valori, che esisteva prima che essi
nascessero e continuerà ad esistere dopo la loro morte»
(Berger e Luckmann, 1969);
Distinguono tra socializzazione primaria (dove si
interiorizzano le norme, i valori ecc. all’interno della
famiglia) e secondaria (dove si interiorizzano le norme, i
valori ecc. all’interno della società);
Ogni società attraverso l’interazione costruisce la realtà
della vita quotidiana;
Attraverso l’interazione gli individui prendono coscienza
della realtà (pluralità dei mondi ‘moderni’ della vita per
l’individuo).
G.H. Mead (South Hadley, 1863 – Chicago, 1931)
• Nel 1934 è pubblicata dai suoi studenti Mente, sé e società;
• Vuole spiegare il comportamento umano sulla base del sorgere dei
significati attraverso lo scambio dei gesti (influenza del
pragmatismo);
• I gesti possono essere non simbolici (es: riflessi automatici) e
simbolici;
• La società è un insieme di significati condivisi;
• Il sé è una combinazione formata dall’Io (la reazione del soggetto in
risposta all’interazione con l’ambiente) e da un Me (l’insieme
organizzato degli atteggiamenti degli altri che un individuo assume);
• L’azione individuale e collettiva è costruita e formata
nell’osservazione e interpretazione delle situazioni in cui
l’individuo/i si trovano (importanza dell’altro generalizzato e del
linguaggio).
H. Blumer (St. Louis, 1905 – Danville, 1987) e
l’Interazionismo simbolico
«L’interazionismo simbolico poggia su tre semplici premesse. La
prima è che gli individui agiscono verso le cose in base al
significato che esse hanno per loro»: I significati guidano
l’azione; per cose si intendono: oggetti, esseri umani, istituzioni
ecc;
«La seconda è che il loro significato è derivato da, o sorge,
dall’interazione sociale di ciascuno con i suoi simili»: I significati
nascono dall’interazione;
«La terza è che questi significati sono trattati e modificati lungo
un processo interpretativo usato dalla persona nel rapporto con
le cose che incontra» (Blumer, 1969): I significati sono elaborati e
trasformati dal soggetto attraverso un processo interpretativo;
La proposta metodologica dell’Interazionismo
simbolico
Studi di caso, osservazione partecipante,
raccolte di storie di vita.
Secondo Blumer (1969) «le inchieste
condotte attraverso i questionari e le
elaborazioni statistiche allontanano in
realtà il ricercatore dal mondo sociale
che egli intende studiare. Invece, con
l’osservazione in situ, è possibile cogliere
efficacemente l’esperienza immediata e
il punto di vista degli attori che
attraverso l’interazione danno un senso
agli oggetti».
Immagine tratta dal film ‘Kitchen stories’ (2003)
H. S. Becker (Chicago, 1928 - ) e gli studi sulla devianza
• Durante la Seconda Guerra mondiale è stato un musicista
semi-professionista, questo gli ha permesso di venire a
contatto con i mondi che poi avrebbe studiato (consumatori
di marijuana, musicisti);
• La città di Chicago come laboratorio;
• In Outsiders (1963) definisce così la devianza: «non è una
qualità dell’atto commessa da una persona, piuttosto una
conseguenza dell’applicazione da parte degli altri di norme e
di sanzioni nei confronti di un ‘trasgressore’. Il deviante è
colui al quale questa etichetta viene applicata con successo,
e il comportamento deviante è quello a cui la collettività
mette questa etichetta». La devianza come costruzione
sociale;
Devianza
1 - L’individuo si comporta in un certo modo
2 - Norma rispetto al quale giudicare se un comportamento è deviante
3 - Persona/gruppo/organizzazione che reagisce al comportamento
La teoria dell’etichettamento e lo stigma
• Il soggetto deviante non è un individuo intrinsecamente deviante, si
diventa tali a causa del processo di etichettamento a cui il soggetto
è sottoposto con successo;
• Non studia le cause della devianza ma il processo di etichettamento
(le circostanze in cui il soggetto viene a trovarsi);
• In educazione questo si traduce nella profezia che si autoadempie
(effetto Pigmalione) (Rosenthal e Jacobson, 1968): specifici
comportamenti e attese elevate da parte dei docenti portano a
risultati elevati, aspettative scarse o basse nei confronti degli
studenti portano a una diminuzione del loro rendimento.
• L’insuccesso scolastico deriva da un processo di stigmatizzazione
(attenzione agli stili di insegnamento, ai modelli di valutazione, al
clima in classe).
E. Goffman (Manville, 1922 - Philadelphia, 1982), la
drammaturgia e lo stigma
• Gioco dei ruoli e metafora del teatro: gli individui
sono impegnati come attori professionisti
nell’interpretazione di ruoli nelle loro interazioni
quotidiane ;
• Differenza tra luoghi di ribalta (luoghi formali di
presentazione del sé) e di retroscena (dove si
svolgono le attività parallele a quella ufficiale):
entrambi esistono anche in classe;
• Quattro fasi per l’attribuzione dello stigma: 1)
scelta delle differenze (biologiche, psicologiche,
sociali o di altro tipo) che possono essere utilizzate
per discriminare gli individui; 2) attribuzione
degli stereotipi negativi a queste
categorie artificiali (per esempio il colore della
pelle); 3) operare una distinzione
tra stigmatizzati e non-stigmatizzati; 4) effettiva
perdita di status per l'individuo stigmatizzato;
Anno pubblicazione
1959
Anno pubblicazione
1963
La classe come campo di ricerca
• La classe è un ‘contesto’ educativo (aspetti sia architettonici
sia legati all’interazione);
• La classe è un sistema sociale autonomo con regole proprie;
• La classe fa parte del sistema sociale ed educativo della
scuola;
• In classe ci sono specifiche modalità di interazione e
comunicazione tra insegnante e studenti;
• Gli studenti formano un ‘collettivo’ per la presenza della
cultura studentesca (Becker, 1961);
• La classe è un luogo di negoziazione del potere (strategie di
adattamento e di sopravvivenza);
• La classe è il luogo dove si costruisce la conoscenza.
La struttura dell’interazione in classe (Fele e Paoletti,
2003)
1) L’insegnante fa una
domanda a uno studente;
2) Lo studente risponde;
3) L’insegnante fa una
valutazione di quanto
detto dallo studente.
M. Sclavi e lo shadowing
• Nel 1987 pubblica A una spanna da terra;
• Per due settimane ha seguito come un’ombra
(shadowing) due studentesse di 17 anni,
• Ha intervistato i loro professori, gli amici e ha
assistito alle riunioni scolastiche;
• Ha proceduto per ‘emergenze’ e imprevisti;
• Emergono aspetti della vita scolastica, gli stili, le
abitudini, le pratiche educative e di
socializzazione;
• Emergono le differenze tra i sistemi scolastici.
Riferimenti bibliografici
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Becker, H. S. (1997), Outsiders: saggi di sociologia della devianza, a cura di Mauro Croce, Torino,
Edizioni Gruppo Abele. Ed. originale 1963.
Becker, H. S. et al. (1961), Boys in White: Student Culture in Medical School, Chicago, University
of Chicago Press.
Berger, P.T. e Luckmann, T. (1997), La realtà come costruzione sociale, Bologna, Il Mulino. Ed.
originale 1966.
Blumer, H. (2008), Interazionismo simbolico: prospettiva e metodo, Bologna, Il Mulino. Ed.
originale 1969.
Fele, G. e Paoletti, I. (2003), L’interazione in classe, Bologna, Il Mulino.
Goffman, E. (1969), La vita quotidiana come rappresentazione, Bologna, Il Mulino. Ed. originale
1959.
Goffman, E. (2003), Stigma: l’identità negata, Verona, Ombre corte. Ed. originale 1963.
Mead, G. (1966), Mente, sé e società, Firenze, Universitaria Barbera. Ed. originale 1934.
Rosenthal, R. e Jacobson, L. (1972), Pigmalione in classe, Milano, Franco Angeli. Ed. originale
1968.
Sclavi, M. (2005), A una spanna da terra: una giornata di scuola negli Stati Uniti e in Italia e i
fondamenti di una metodologia umoristica, Milano, Mondadori. Ed. originale 1987.
Simmel, G. (1984), Filosofia del denaro, a cura di A. Cavalli e L. Perucchi, Torino, Unione
Tipografico-editrice torinese. Ed. originale 1900.
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