XI – Accelerazione

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XI – Accelerazione
Un corpo che non si trova nè in stato di quiete, nè in stato di moto rettilineo uniforme,
deve trovarsi soggetto a qualche perturbamento che causa il mutare nel tempo del
vettore velocità (ripetiamo ancora che lo stato di quiete e di moto rettilineo uniforme
sono caratterizzati da V(t) costante). Individuiamo una grandezza che misura la
variazione del vettore velocità:
Definizione. Sia dato un moto P(t). La variazione istantanea del vettore velocità si
chiama accelerazione ed è, per definizione, il vettore
dV
A(t) =
(t)
dt
Osservazione. Se
x = x(t)

y = y(t)
sono le equazioni parametriche del moto, allora
d2 x
A(t) =
dt2
d2 y
dt2
Sarà intuitivamente utile completare l’esposizione con qualche considerazione fisica,
perciò conviene dare la seguente:
Definizione. Si osserva sperimentalmente che medesime cause producono su corpi di
massa diversa effetti diversi. Precisamente l’accelerazione impressa ad un corpo è, a
parità di causa, inversamente proporzionale alla sua massa m. Matematicamente a
queste cause dell’accelerazione si dà il nome di forza. La relazione che lega la forza
alla massa è
F = mA
Si noti che poiché l’accelerazione è un vettore e la massa uno scalare, anche la forza F
è un vettore.
Cerchiamo di capire, dapprima con qualche esempio semplice, le proprietà
geometriche del vettore accelerazione in relazione alle proprietà del moto.
Moto rettilineo non uniforme
Il primo caso che viene alla mente è quello in cui il vettore velocità è costante in
direzione e varia solo la sua lunghezza |V(t)|, cioè la velocità scalare v(t). In questo
caso il moto è rettilineo, perché la tangente alla traiettoria, cioè la direzione di V(t), è
sempre la stessa, ma non uniforme, perché la velocità scalare v(t) è variabile.
fig. 1* - Aperta la figura si vede un filmato del moto. Come si può apprezzare ad occhio la velocità
scalare è variabile e la lunghezza del vettore V(t) varia di conseguenza.
Esempio. Se un grave, cioè un corpo dotato di peso, è lasciato libero nel vuoto è
soggetto alla sola forza di gravità. Il corpo si muove verticalmente verso il basso e la
sua velocità scalare v(t) aumenta di una quantità costante nel tempo, precisamente di
9,8 m/sec ogni secondo. Nella fig. 2 le diverse strisce sono di larghezza proporzionale
ai tratti percorsi in un secondo; con lo scorrere del tempo la velocità aumente e quindi
aumenta la lunghezza del tratto percorso in un secondo.
fig. 2* - Aprire per vedere il moto del grave.
Questo è in un certo senso il caso più semplice di moto rettilineo non uniforme perché
la variazione della velocità scalare è costante nel tempo.
Moto circolare uniforme
Il secondo caso in ordine di complicazione è quello in cui il vettore velocità muta
direzione ma la velocità scalare resta costante.
Esempio. Consideriamo un punto P(t) che percorre una circonferenza di raggio R a
velocità scalare v costante. Invece di applicare il vettore V(t) nel punto P(t), ottenendo
così un vettore tangente alla circonferenza in P(t), lo applichiamo nell’origine O .
Poiché |V(t)| è costante, il punto V(t), cioè l’estremità con freccia, descriverà una
circonferenza di centro O e raggio v. Il vettore accelerazione A(t) non è altro che la
velocità del punto V(t), quindi sarà tangente a questa seconda circonferenza e perciò
ortogonale a V(t).
fig. 3*
In altri termini, applicata in P(t) il vettore accelerazione è perpendicolare a V(t) e
quindi è diretto verso il centro della circonferenza (vedi fig. 4).
fig. 4*
Concludiamo che ci deve essere una forza F = mA diretta verso il centro della
circonferenza cioè una forza centripeta. Cercheremo poi di stabilire l’intensità di
questa accelerazione, per il momento accontentiamoci di osservare che se ruotiamo su
noi stessi con un braccio steso e un sasso in mano, dobbiamo fare uno sforzo per
trattenerlo, cioè esercitare sul sasso una forza centripeta. (Si noti che se in auto
giriamo verso destra ci sentiamo spinti verso sinistra il che potrebbe erroneamente far
pensare siamo soggetti ad una forza centrifuga e non centripeta. Non è il caso di
trattare questo aspetto della questione, che coinvolge i sistemi di riferimento in cui
vengono osservate le forze, tuttavia per dare una vaga idea del problema consideriamo
il caso, sempre in auto, di una forte frenata: i freni diminuiscono bruscamente la
velocità, quindi il verso di accelerazione e forza è opposto al moto eppure veniamo
spinti in avanti. Il fatto è che noi e un qualunque oggetto vagamente libero nell’auto,
come una bottiglia appoggiata sul sedile, eravamo dotati di una certa velocità V rivolta
in avanti; questa velocità tendiamo a mantenerla, mentre l’auto decelera, noi e la
bottiglia continuiamo a procedere alla stessa velocità e quindi sorpassiamo l’auto
andando a sbattere contro il parabrezza!
Cosa molto importante, nell’argomento ora esposto, per concludere che V(t) e A(t)
sono ortogonali si è usato solo il fatto che la velocità scalare è costante, quindi vale il
Teorema. Se la velocità scalare è costante, l’accelerazione A(t) è ortogonale alla
velocità V(t).
Vediamo subito un esempio in cui ciò avviene ma la traiettoria non è una
circonferenza:
Esempio. Si consideri il filmato di cui qui ci sono due immagini successive:
fig. 5* - Apri il filmato
Si vede che la lunghezza del vettore velocità resta costante e che il vettore
accelerazione è sempre perpendicolare alla velocità.
Angolo tra velocità e accelerazione
Approfondiamo la questione dell’angolo tra vettore velocità e vettore accelerazione.
Prodotto scalare di due vettori. Ricordo che cos'è il prodotto scalare di due vettori:
a
x
⋅
b
a
= ax + by
y
x
b ⋅ y = ax + by + cz
c
z
a seconda che abbiano due o tre componenti. Risulta che il prodotto scalare di due
vettori (del piano o dello spazio) è dato da:
V ⋅ W = V W cos θ
dove θ è l'angolo compreso tra i due vettori. Quindi tenuto conto del segno di cosθ:
V ⋅ W > 0 se0 ≤ θ <
π
2
V ⋅ W = 0 seθ =
π
2
π
V ⋅ W < 0 se < θ ≤ π
2
Il prodotto scalare si comporta, rispetto alla derivata, come il prodotto di funzioni,
cioè se V(t) e W(t) sono vettori che dipendono da un parametro, allora
d ( V(t) ⋅ W(t) ) = ( d V(t) ) ⋅ W(t) + V(t) ⋅ d W(t)
dt
dt
dt
Possiamo così capire qualcosa di più riguardo all’accelerazione infatti;
Proposizione.
- Se la velocità scalare |V(t)| sta aumentando l'angolo tra accelerazione e velocità è
acuto,
- se la velocità scalare è costante allora l'accelerazione è ortogonale alla velocità,
- se la velocità scalare sta diminuendo l'angolo è ottuso.
Dimostrazione. C’è una formula molto utile:
d V(t) 2 = d ( V(t) ⋅ V(t)) = 2 d V(t) ⋅ V(t) = 2A(t) ⋅ V(t)
dt
dt
dt
dove il . indica il prodotto scalare tra vettori. Da questa formula risulta che:
se la velocità scalare |V(t)| sta aumentando, allora la derivata è positiva, cioè
il prodotto scalare è positivo, quindi l’angolo θ tra i vettori V(t) e A(t) è acuto
- se la velocità scalare è costante, allora la derivata è nulla, cioè il prodotto
scalare è nullo e l’angolo θ è retto
- se la velocità scalare sta diminuendo, allora la derivata è negativa, cioè
l'angolo il prodotto scalare è negativo e l’angolo θ è ottuso.
-
In fig. 6 vediamo a sinistra il moto di un punto che percorre una circonferenza a
velocità veriabile, i vettori V(t) e A(t) applicati nel punto P(t). A destra vediamo gli
stessi vettori, applicati nell’origine. E’ facile constatare, guardando la fig. di destra,
che quando il vettore V(t) si accorcia, cioè la curva di destra si avvicina all’origine,
l’angolo è ottuso e viceversa, quando si allontana dall’origine l’angolo è acuto.
fig. 6*
Esempio. Consideriamo il punto mobile
Q(t) =
t
cosh t
e il punto
P(s) = Q( asinh s)
che percorre la stessa traiettoria (infatti P(s) è della forma Q(t(s))) per una certa
funzione t(s)= asinh(s) ). In figura vediamo rappresentati a sinistra i due moti (in
celeste quello di Q(t)) con i rispettivi vettori velocità e accelerazione. Come si vede la
velocità di P(s) è costante. A destra si vede con evidenza che i vettori velocità e
accelerazione di P(s) restano ortogonali. L’accelerazione di P(s) è sempre
perpendicolare alla tangente, quindi è in un certo senso più correlata alla curva di
quanto non lo sia quella di Q(t). Pertanto al fine di studiare la forma di una curva
conviene considerare moti che avvengono a velocità costante.
fig. 7*
Versori tangente e normale
Data una curva C vogliamo individuare, in ciascun punto P della curva C, una coppia
di versori, cioè vettori di lunghezza 1, che indicheremo con T ed N, ortogonali tra
loro. Il versore T si chiama versore tangente e ha la direzione della tangente nel
punto P . Il versore N si chiama versore normale. Restano così 4 possibili combinazioni - illustrate in figura - per la scelta dei versi dei due versori.
E' chiaro che addottare una o l'altra scelta è puramente convenzionale e dipende dallo
scopo che ci si propone e dal problema che si sta studiando.
Notazioni. Supponiamo che la curva C sia percorsa da un punto mobile P(t);
conveniamo di scegliere il verso di T(t), versore tangente in P(t), concorde con il
moto, cioè concorde con il verso del vettore velocità V(t); perciò
T=
V
V
Conveniamo inoltre che il versore normale N(t), in P(t), si ottenga ruotando il versore
tangente T(t) in senso antiorario (cioè verso sinistra per chi guarda nella direzione del
moto) di un angolo retto.
In pratica se T(t) = (a, b), basta prendere N(t) = (-b, a). Verifichiamo quest’ultima
regoletta algebrica con un controllo sperimentale: poiché T(t) è un versore, esso sarà
della forma
T(t) = (cos 2πs, sin 2πs) con 0 ≤ s ≤ 1;
quindi il vettore
N(s) = (-sin 2πs, cos 2πs)
(se la regoletta è giusta) dovrebbe essere ruotato verso sinistra di un angolo retto. Se
diamo queste istruzioni al computer e disegniamo T in rosso e N in blu otteniamo
.
fig. 8*
Esempio. Sia
t
P(t) =
sin t
Calcoliamo i versori tangente e normale. Risulta:
V=
dP
dt
1 , V =
cos t
=
V
V
1 + cos2 t, T =
cioè
2
T(t) =
( 1 + cos t )
−1
2
2
, N(t) =
− ( 1 + cos t)
−1
2
−1
( 1 + cos2 t )
2
cos t
−1
cos t
( 1 + cos2 t)
2
che possiamo poi rappresentare nella filmato:
fig. 9*
Osservazione. Dalla figura si nota che il versore N non cambia secondo la concavità
della curva, questo significa che la convenzione che abbiamo scelto per determinarne
il verso ha poco a che fare con la forma della curva; ma ha, come vedremo, altri
vantaggi.
Formule per T ed N (solo per sapere che esistono) Vediamo delle formule generali che
consentono di scrivere i versori tangente e normale per qualunque curva. Sia P(t) un
punto mobile dato da
P(t) = x(t)
y(t)
dove x(t) e y(t) sono funzioni assegnate.
Allora:
dx
dP
dt
=
, V =
dt
dy
dt
V=
2
2
 dx +  dy
 
 
dt
dt
e
dx
V
T=
=
V
1
dt , N =
2
2
 dx +  dy  dy
 
  dt
dt
−
1
2
2
 dx +  dy
 
 
dt
dt
dt
dy
dt
dx
dt
Esempio. Consideriamo la curva ad 8 che già conosciamo: le equazioni parametriche
sono
x(t) = cos t, y(t) = sin 2t
e
dx
dy
= − sin t,
= 2 cos 2t
dt
dt
quindi
dx
V=
dt
− sin t
=
dy
dt
2 cos 2t
e
V =
sin2 t + 4 cos2 2t
perciò
T=
V
V
1
=
− sin t
sin2 t + 4 cos2 2t 2 cos 2t
e
1
N =
2
− 2 cos 2t
2
sin t + 4 cos 2t
− sin t
Con queste informazioni possiamo realizzare la seguente figura:
fig. 10* - Un altro esempio in cui disegniamo versore tangente e normale.
Esempio. Considerimao la curva che ha equazioni parametriche
x(t) = t cos t, y(t) = t sin t
quindi
dx
dy
= − t sin t + cos t,
= t cos t + sin t
dt
dt
dx
dt
= − t sin t + cos t
dy
t cos t + sin t
dt
V=
V =
T=
V
=
V
N =
1 + t2
1
− t sin t + cos t
1 + t2
1
1 + t2
t cos t + sin t
− ( t cos t + sin t)
− t sin t + cos t
con questi dati possiamo disegnare la seguente figura:
fig. 11*
Decomposizione dell’accelerazione
I versori T ed N sono molto utili perché con essi possiamo esprimere l’accelerazione
in modo significativo.
Teorema. Vale la seguente formula di decomposizione:
A =
dv
T + kv2 N
dt
dove v = |V| è la velocità scalare e k un’opportuna funzione, che chiameremo
curvatura con segno definita dalla relazione
dT
(s) = k(s)N(s)
ds
Dimostrazione (un pò difficile). Sia dato un punto mobile Q(t), proviamo che
l’accelerazione di Q soddisfa la formula.
Sia P(s) un punto mobile che percorre la stessa traiettoria con velocità scalare 1 e
nello stesso verso di Q, Allora esiste un cambiamento di parametro s(t) tale che
Q(t) = P(s(t))
Abbiamo già visto (cfr. Cap. X, §6) che la pendenza del grafico di s(t), cioè la
derivata ds/dt, dipende dal rapporto tra la velocità di Q e quella di P. Precisamente
dal teorema sulla derivata della funzione composta ricaviamo:
dQ dP ds
=
⋅
dt
ds dt
cioé
V = T⋅
ds
dt
Più precisamente (e non è una pignoleria perché ora ci servirà)
V(t) = T(s(t)) ⋅
ds
(t)
dt
Facciamo un’altra derivata:
d2 s
dV
ds
d
A(t) =
(t) =
( T(s(t))) ⋅ (t) + T(s(t)) ⋅
(t)
2
dt
dt
dt
dt
cioé
dT
A(t) =
⋅
ds
2
2
 ds + d s ⋅ T
 
dt
dt2
Possiamo anche supporre che i due punti P e Q percorrano la curva nello stesso verso
e quindi, come già abbiamo visto (cfr. Cap. X §7 Teorma 25)
v =
ds
dt
Quindi
A(t) =
dT 2 dv
⋅v +
⋅T
ds
dt
Come sappiamo, poiché la velocità scalare del punto P è 1, la sua accelerazione dT/ds
è ortogonale a T, quindi dT/ds = kN per una opportuna funzione k (che dipende dal
punto); dunque
dv
2
A =
dt
T + kv N
come si voleva.
Osservazioni sulla formula.
a) Se la velocità è costante, allora dv/dt = 0, quindi
2
A = kv N
ha la direzione del versore normale. Ritroviamo così dalla formula che a velocità
costante l’accelerazione è perpendicolare alla traiettoria.
b) Risulta
dv
dv 2
dv
2
A⋅T =
dt
T ⋅ T + kv N ⋅ T =
dt
T
=
dt
quindi ritroviamo che l’angolo tra accelerazione e tangente è acuto o ottuso a seconda
che la velocità stia aumentando o diminuendo.
c) Se guardiamo alla forza agente sul corpo otteniamo:
F = mA = m
dv
T + mkv2N
dt
quindi la forza centripeta è
mkv2 N
proporzionale al quadrato della velocità e alla curvatura. Questo significa che se ruoto
un sasso attaccato ad una fune sopra la mia testa, la forza che il filo deve esercitare sul
sasso (con conseguenti possibilità di rottura) cresce rapidamente al crescere della
velocità. Allo stesso modo se andiamo in auto la spinta laterale che riceviamo in
conseguenza di una curva è proporzionale al quadrato della velocità. Se oltre a fare la
curva acceleriamo, riceviamo anche una spinta all’indietro proporzionale alla
variazione di velocità scalare, perché la componente tangenziale è
m
dv
T
dt
Moto di un proiettile
Spariamo con un cannone un proiettile. Il proiettile P uscirà dalla bocca del cannone
con una certa velocità V(0), la cui direzione dipende dall’inclinazione del cannone e la
cui lunghezza dipende da fattori tecnici (tipo di cannone ecc.) che non ci interessano.
Se non intervenissere l’attrito dell’aria, l’attrazione di gravità e infine il terreno il
proiettile si muoverebbe di moto rettilineo uniforme con velocità V(0).
Consideriamo la sola attrazione di gravità che determina un’accelerazione costante
A=
0
− 9,8
Per determinare il moto del proiettile è sufficiente ricordare
dV
= A
dt
e
dP
= V
dt
Si ricava allora che la traiettoria è una parabola. In fig. 5 è rappresentato il moto di un
proiettile, come si può vedere dal filmato in cui sono rappresentati i vettori velocità e
accelerazione, quest’ultimo è costante e non è ortogonale alla velocità. In effetti in
questo caso la velocità scalare (cioè la lunghezza del vettore velocità non è costante).
Si può anche osservare che l’angolo tra V(t) e A(t) è acuto quando la velocità scalare
sta aumentando (cioè V(t) si allunga) è ottuso quando sta diminuendo (cioè V(t) si
accorcia).
fig. 12* - Aperta la figura sarà possibile mutare l’alzo e la velocità iniziale.
Esempio. Vediamo come sia possibile calcolare effettivamente le quantità coinvolte a
partire dalle equazioni del moto. Consideriamo la spirale di equazione
x(t) = t cos t, y(t) = t sin t
In figura è rappresentato in blu il vettore V(t), mentre in rosso compare il vettore
accelerazione A(t) e le sue componenti tangenziale e normale.
fig. 13*
Vediamo come abbiamo fatto a procurarci i dati necessari. Per disegnare il vettore blu,
basta conoscere V(t) che si ricava subito derivando le equazioni del moto:
V = (dx/dt, dy/dt)
Per disegnare il vettore rosso basta conoscere l’accelerazione A(t), che si ricava subito
derivando il vettore V(t), infatti A = dV/dt. Poi sappiamo che
A =
dv
T + kv2 N
dt
quindi la componente tangenziale è
dv
T
dt
Per calcolarla ci procuriamo v(t) = |V(t)|, poi derivando troviamo dv/dt. Inoltre
T=
V
V
quindi il conto è subito fatto. La componente normale è
2
kv N
Procurarsi N a partire da T è facile, basta invertire opportunamente le coordinate; resta
da calcolare k. Ma
2
A ⋅ N = kv
quindi abbiamo tutti gli ingredienti.
(Qui riporto i calcoli, passo per passo:
V(t) = d t cos t =
d t t sin t
− t sin t + cos t
t cos t + sin t
A(t) = d V(t) = d − t sin t + cos t = − t cos t − 2 sin t
dt
d t t cos t + sin t
− t sin t + 2 cos t
− t sin t + cos t
v(t) = V(t) =
=
1 + t2
t cos t + sin t
dv
− 1 /2
= d 1 + t2 = t ( t2 + 1)
dt
dt
V(t)
=
v(t)
T=
N =
1
1 + t2
1
1 + t2
2
kv = A ⋅ N =
− t sin t + cos t
− t cos t − 2 sin t ⋅
− t sin t + 2 cos t
t cos t + sin t
− ( t cos t + sin t)
− t sin t + cos t
1
1 + t2
− ( t cos t + sin t )
− t sin t + cos t
e quindi la componente tangenziale è
− 1 − t sin t + cos t
dv
T = t ( t2 + 1)
dt
t cos t + sin t
e quella normale è
t2 + 2 − ( t cos t + sin t)
kv N =
t2 + 1 − t sin t + cos t
2
=
t2 + 2
t2 + 1
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