Inversione della curva: spauracchio?

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BSI-A-LET- IT-03.06
3-03-2006
9:48
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Lettera finanziaria
Financial Services
03/2006
Inversione della curva: spauracchio?
La primavera del 2004 segnò l’inizio della campagna restrittiva da parte della Federal Reserve. Da allora, con ben 14
aumenti consecutivi del tasso guida (Funds rate), la banca centrale americana lo ha elevato dall’1% all’attuale 4.5%.
Previsioni di mercato indicano che la storia non è finita, quindi che il tasso in oggetto raggiungerà almeno il 5%, per l’inizio dell’estate. Se restrizioni dei cordoni monetari così intense non sono una novità (ricordiamo analoghe esperienze nel 1994 e 1987-88), novità è stato sicuramente il mancato responso dei tassi di interesse a lunga. …Il famoso
conundrum di Alan Greenspan sta nel notare questa mancata reazione. Normalmente, infatti, notevoli aumenti dei tassi
a breve causano (meno notevoli) aumenti in quelli a lunga. Questa volta ciò non è successo e, come conseguenza, la
curva dei rendimenti (tasso a lunga meno tasso a breve) si è appiattita molto rapidamente, al punto tale che potrebbe invertirsi significativamente nelle prossime settimane.
Ciò ha sorpreso molti operatori di mercato ed economisti, ed ha anche creato problemi di politica monetaria. Un
aspetto di questa sorpresa sta nel chiedersi se, come accaduto in passato, la tendenziale inversione della curva vada
letta come segno premonitore di recessione. Ricorsi storici ed alcune considerazioni teoriche indicherebbero di sì, ma
ci pare plausibile che il caso attuale sia diverso da episodi del passato. Se è vero che la probabilità di recessione non
scende mentre la curva si inverte, pensiamo che l’episodio 2005-06 verrà ricordato come caso particolare - ammesso che detto episodio passi effettivamente agli annali come uno di inversione (significativa) della curva.
La Teoria…
Le ragioni teoriche per associare inversioni della curva a successive recessioni hanno a che fare con motivi afferenti
le aspettative, che spesso influenzano gli outcomes, come pure con fattori direttamente causali. Il fattore-aspettative si
basa sulla scomposizione del tasso di interesse a lunga come funzione dei tassi a breve attesi nel futuro, più un fattore di premio al rischio. Normalmente, si dice, il premio al rischio (sui bond a lungo termine) è moderato e stabile.
Quindi, un’inversione della curva significherebbe che gli operatori di mercato si attendono tassi di politica monetaria
più bassi in futuro, il che implicherebbe a sua volta un notevole abbassamento della crescita nominale del PIL – un
forte rischio di recessione se l’inflazione rimane positiva. Alternativamente, il tasso d’interesse a lunga si può scomporre in quello reale di equilibrio, l’inflazione attesa e il premio al rischio. Un’ inversione della curva sarebbe consistente con un calo dell’interesse reale (minore redditività dell’investimento fisso) e/o un calo dell’inflazione. Entrambi
i caratteri sarebbero, di nuovo, associabili al rischio recessivo.
Spieghiamo, all’interno di questo schema interpretativo, perché pensiamo che la forma della curva non rifletta attese
di recessione. Da un lato, notiamo l’ovvietà che, al momento, la curva non è significativamente invertita e quindi non
siamo ancora chiaramente in territorio a rischio. Dall’altro, crediamo che l’appiattimento della curva abbia a che fare
con fattori che hanno ridotto il premio al rischio e il tasso reale richiesto sui bond.
Grafico 1
4%
USA: curva dei rendimenti*
* Rendimento obbligazionario decennale meno tasso a breve (sui Fed Funds)
3%
2%
1%
0%
-1%
7.2007
1.2007
7.2006
1.2006
7.2005
1.2005
7.2004
1.2004
7.2003
1.2003
7.2002
1.2002
7.2001
1.2001
7.2000
1.2000
7.1999
-2%
1.1999
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03/2006
Il primo elemento è sostenuto da evidenza che il trend dell’inflazione è notevolmente calato, come pure la volatilità dell’inflazione stessa. Inoltre, le banche centrali sono diventate più trasparenti nei modi in cui controllano l’inflazione. Quindi i rischi dovuti all’inflazione, nel prestare a lungo termine, sono notevolmente calati – ergo la probabile diminuzione del premio al rischio sulle obbligazioni. Detto premio, inoltre, è probabilmente calato anche grazie alla
migliorata posizione debitoria dei governi nel G7 come pure delle aziende. Il secondo elemento, calo del tasso d’interesse reale, potrebbe essere spiegato con l’aumento dell’offerta di risparmio causata dall’emergere di nuove economie a forte crescita ma bassa propensione al consumo. Tale eccesso di risparmio (globale) ridurrebbe i ritorni
attesi sull’investimento - ergo il calo nel tasso reale. Quindi abbiamo due elementi esogeni che spiegherebbero l’
“inversione” della curva senza doversi appellare ad aspettative di recessione. Un terzo elemento potrebbe contenere il tasso reale se, grazie alla recente esplosione di produttività, fosse alimentata la crescita potenziale del PIL
(USA), comprimendo quindi il tasso neutrale di politica monetaria. Quindi, per quanto riguarda il fattore-aspettative,
sembra plausibile che quanto accaduto ai bond e alla loro curva non rifletta necessariamente attese di recessione.
Guardiamo ora al fattore causale. Questo discende dalla teoria dei loanable funds che, appellandosi alla attività di
maturity transformation delle banche dice che, più basso il tasso a lunga (relativamente al breve, a cui le banche si
finanziano) più limitata la capacità/incentivo delle stesse di offrire credito. Anche in questo caso, crediamo, il mondo
è cambiato… A differenza di 20-30 anni fa, oggi abbiamo un mercato del capitale globale efficiente e diversificato
(per strumenti, offerenti). Quindi, l’impedimento all’offerta di credito (in un particolare Paese) da una curva invertita è certamente molto più basso che in passato. Infatti, le difficoltà incontrate da una banca nazionale potrebbero
ridursi se la stessa considera finanziamenti all’estero. Inoltre, il capitale di borsa è molto più accessibile e quindi sostituibile con quello bancario. Infine le aziende stesse possono tranquillamente by-passare le banche, come fonte diretta di capitale finanziario, usando invece brokers per piazzare sul mercato titoli (quasi) obbligazionari per procacciarsi il capitale finanziario desiderato.
... E la Pratica (attuale)…
Riassumendo, vi sono motivi per pensare che l’attuale (quasi) invertita curva dei rendimenti (USA) abbia poco a che
fare con genuine attese di recessione. Questa ipotesi è supportata sia da fattispecie che attualmente cambiano il
portato del canale-attese, sia da altri fattori che rendono meno limitante il vincolo bancario alla capacità delle aziende, e dei consumatori, di ottenere i fondi necessari alle loro decisioni di spesa. Ciò detto, manteniamo una certa
cautela, e ammettiamo che la variazione significativa della curva aumenta, al margine, la probabilità di recessione
(USA) entro, stando a regolarità passate, 4-5 trimestri. Interessante al riguardo è la recente stima della Banca
Centrale Europea, che pone al 25% la probabilità di recessione, tramite un modello che lega la stessa a correlazioni storiche tra curva dei rendimenti e ciclo economico.
Giorgio Radaelli
Analisi e Strategie
Grafico 2 USA:
tasso di interesse a lunga e PIL nominale (a/a)
16
10
14
8
PIL (destra)
12
6
10
4
8
2
6
0
4
-2
Tasso
2
IV 2005
IV 2003
IV 2001
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IV 1985
IV 1983
IV 1981
IV 1979
IV 1977
IV 1975
IV 1973
-4
IV 1971
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