teano, gli ausones ei dibenedettini

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TEANO,
GLI
AUSONES
DIBENEDETTINI
E
I
Storicamente parlando gli Ausones, i popoli delle
fonti, furono una delle prime popolazioni indoeuropee della
penisola, con Enotri e Japigi. Presenti nel territorio fin
dal XVII sec a.C., come testimoniano alcuni ritrovamenti
dell’età del ferro. Già nell’VIII secolo a.C. raggiunsero
una discreta stabilità territoriale.
Nel Lazio meridionale convivevano con la consanguinea
stirpe degli Aurunci, nome derivato da un complesso fenomeno
fonetico: rotacismo. Fondarono un’ importante quanto non
ancora identificata città : Ausona, autorevole nella
federazione aurunca con Minturnae, Sinuessa, Suessa e
Vescia, costituita come consorteria a difesa del territorio
. La collocazione di questa città non può farsi coincidere
con l’attuale Ausonia, né probabilmente con l’esigua e
limitata cinta muraria in blocchi megalitici delle
Cortinelle e anche dell’Orto della Regina abbarbicata a
guardia di confine su un’erta cima del Gruppo Vulcanico di
Roccamonfina. In uno studio dell’archeologa Lidia Falcone,
veniamo a sapere di alcune importanti scoperte archeologiche
in diverse necropoli del circondario: oinochoe, alias
contenitore per vino, kotyle ovvero una coppa di profondità
variabile utilizzata per bere, per attingere e versare
liquidi, piatto e piattello su piede italo geometrici,
kotyle etrusco-protocorinzia, olla in bucchero rosso,
recipiente in terracotta che in effetti era utilizzata per
cuocere o conservare la pappatoria.
L’olla senza orlo e un’ansa fu scoperta a Settequerce
in territorio di Teano, si configura con l’olla a tre lobi
nella tipica produzione d’impasto a bucchero rosso tipica
della c.d. civiltà della Valle del Liri, identificazione più
qualificante della cultura ausone. Il centro urbano più
caratterizzante di questa gente italica fu l’antica Cales,
fucina infaticabile di una produzione ceramica di grande
prestigio e di capillare diffusione nel mondo antico.Gli
episodici e fortuiti ritrovamenti e l’infaticabile attività
di esperti scavatori clandestini hanno inibito una
conoscenza precisa di dinamiche insediative del territorio.
Ma fa osservare la meticolosa dott.ssa Falcone che le
numerose necropoli disseminate lungo il corso del Savone,
ormai ridotto a poco più che a un torrentello possono essere
messe in relazioni a villaggi assimilabili con una certa
tranquillità all’area insediativa d’influenza ausoneaurunca. I Sidicini che ci riguardano più da vicino si
irradiarono in un territorio fertile e adatto alla
coltivazione della terra. Territorio già frequentato in età
preistorica da cospicui nuclei di cacciatori-raccoglitori .
Da qui l’esigenza e la necessità di passare da una struttura
di villaggi a connotazione cantonale più o meno estesi alla
formazione di una città stato, faro dei vari nuclei tribali,
spesso in fiero antagonismo tra loro. La città centro
politico, religioso, artigianale, industriale doveva essere
necessariamente difesa strategicamente ed ecco il
costituirsi di una casta guerriera, di una consorteria
politica che ne costituisse la mente dirigente e il braccio
armato a difesa degli eventuali aggressori, attratti dalla
prosperità economica e dal fulgore dello sviluppo culturale
in senso ampio. E così per un processo aggregativo
articolato, chiamato sinecismo, nasce per Teano e altri
centri antichi l’impellenza del divenire città fortificata
da un ampio e poderoso circuito murario, efficiente
manufatto di architettura difensiva collettiva. Risulta
strano o perlomeno atipico che gli Ausones e gli Opici che
usavano due termini vetusti per indicare la parola casa,
kuna tirrenico, trebos osco, durante l’età preistorica e le
prime fasi dell’età del ferro mancavano del vocabolo che
determinasse il concetto di città o di polis. Questo
collante difensivo rinsaldò i vari villaggi col vincolo
religioso , di modo che ogni comunità sociale identificò le
divinità con i Padri fondatori, garanti di leggi
,consuetudini , costumi. Da qui i santuari assunsero il
carattere di centro ideale di aggregazione. Di conseguenza
questi centri poliadi avvertirono la necessità di costituire
leghe a valenza di consulta religiosa, politica, bellica nel
significato più ampio del termine. I maggiorenti dei pagi
già costituiti in vari centri poliadi si riunivano in un
posto fornito di un bosco consacrato a qualche nume comune.
In modo che le diverse comuni deliberazioni fossero
sacralizzate e ritualizzate da un sacrificio mutuo.
Gli Ausones usavano per esprimere il sacrificio la
parola ligure-tirrenica esunu (vedi le Tabula Iguvine)
connessa alla radice ves, alias fuoco sacro punto focale dei
riti indirizzati alla dea Ausone Vesuna, in seguito la
romana Vesta, tutelare del sacro fuoco.Riferimenti ad
ancestrali culti quando i Tirreni e gli arii affidavano alla
protezione e alla tutela di Dei arcaici dei prodotti
agricoli, nati dalla madre Terra. L’animale totemico
prepoliade degli Ausones fu il bue, trasposizione simbolica
del sole. Guardiano, come lo furono gli Italici Ausones e
Sidicini, delle Porte del sole, della pianura fertile e
rigogliosa, dalla terra ricca disegnata da fiumi e torrenti
dall’acqua pura e cristallina. Il culto del Sole era vitale
per gli Ausones, popoli dell’Aurora e del Sole . Alcuni
hanno creduto di scorgervi comunanza con le terre centrosudamericane che hanno mostrato nei loro lineamenti etnici
concordanze con i residui orientali della mitica Atlantide.
Fantasie, ubbie, sogni? Chi può dirlo con balda sicumera.
Nella terra degli Ausones una tradizione atavica, condivisa
e rilanciata da Omero individua la luminosa dimora di Circe,
immaginata e filtrata da ricordi perduti nella notte dei
tempi come l’avvenente figlia del Sole che abita la
fortunata Isola di Eea [A(u)aia] in cui riposano le danze
dell’Aurora. Circe l’incantatrice , la maga, la magnetica
seduttrice, dal nome di derivazione semitico-pelasgica KirKir. La venerazione per il Sole, la Luna, l’Aurora e la
Terra, la grande madre, Ma-Tar, e relativi fenomeni si
estese fino ai Romani stessi. Nelle civiltà solari posto di
assoluto rilievo occupano le Dee-Madri, dispensatrici di
vita e fertilità. La dea-madre dei Russi settentrionali è
Mat- Syra-Zmlya, nell’Egeo, nella Creta preistorica e in
Mesopotamia Ma o Mata equivale a " Donna di ogni forma di
vita e di fertilità". In Egitto Marca o Marica significa
vergine-madre e si potrebbe continuare ancora, ma si
uscirebbe fuori dall’argomento del capitolo. In effetti
l’uomo continua a rimpiangere una mitica età dell’oro.
Noi custodiamo a conti fatti nella memoria i momenti
nostalgici della gioventù, allo stesso modo ogni generazione
ha impressa la visione del paradiso perduto. I nomi di
Formiae, Pirae, Marica, Clanis, Ausona – Aurunca, Falernus
ager, Volturnum, Teanum, Cales riflettono nei loro stessi
nascosti significati di non semplice decifrazione
etimologica una storia mitica di fatti rilevanti che la
stessa storiografia greco-romana cristallizzò, non senza
solennità, negli scritti dei suoi storiografi e annalisti ,
ora a giusta ragione criticamente valutati e ridimensionati.
Durante la guerra latina (340-338 a.C.), Volsci, Sidicini e
Aurunci, con Latini e Campani si rivoltarono fieramente a
Roma. Gli Italici infelicemente ci rimisero le penne . Nei
Fasti Trionfali si rammenta il trionfo dei consoli Manlio
Torquato e Decio Mure per il 340 a.C., anno in cui il
territorio a nord del Volturno si configurò in Ager
Falernus. Malgrado la raggiunta alleanza con i Romani, nel
337 a.C i Sidicini si scatenarono contro gli Aurunci
costringendoli a fuggire da un loro oppidum. Aurunca ,la
capitale, fu incendiata e rasa al suolo. I superstiti si
rifugiarono nel centro fortificato di Suessa, loro
confederata . E così si chiamò Suessa Aurunca per
differenziarla da Suessa Pometia, volsca. A tal proposito
vale la pena aprire una divertente parentesi, tra tanto
guazzabuglio, rammentando che nella sala consiliare di Teano
campeggia altero un bel dipinto del Maestro Rino Feroce,
che, incentivato dal vispo Guido e da chi scrive,
rappresentò con incomparabile realismo la caduta di AusonaAurunca. Raffigurò con enfatico compiacimento l’allora
direttore del gruppo archeologico aurunco Prof. Villucci a
capo chino, mogio mogio in veste di esule che si allontana
avvilito con altri sventurati dalla città in fiamme, mentre
a terra giace tutt’ossa , con una scure da taglialegna,
Paride Squillace con tanto di baffi (poi soppressi per
esigenze iconografiche) e in seminudità eroica. I Sidicini
poi si insediarono nelle contrade dell’alta Campania, dove
in seguito edificheranno Teanum , loro centro di riferimento
politico ,militare, religioso, commerciale. Sempre
conservando il peculiare carattere distintivo di un popolo
forte, agricolo e guerriero. Si sovrapposero quindi agli
Ausones in un processo di fusione interattivo.Esplorazioni
svoltesi intorno al 1980 a Torricelle hanno permesso infatti
denotare in quest’area, VIII – VII secolo a.C. elementi
dell’interessante civiltà ausonica,dalla purtroppo infelice
frammentarietà conoscitiva .La disposizione dei due depositi
, scoperti con indagini scavatorie e la loro prossimità a
impetuosi torrenti , hanno fatto giungere alla conclusione
dell’esistenza di un santuario rurale , consacrato a una
divinità femminile , connessa agli Ausones , il mitico
popolo delle fonti. Durante il secolo seguente il territorio
assiste al progressivo e graduale insediamento sidicino.
Allo sviluppo della civiltà di questi nostri antenati
contribuirono elementi e cause di diversa origine che si
concretizzarono poi in monumenti, edifici pubblici e
privati, sterminate necropoli e manufatti di meravigliosa
lavorazione. Si organizzò Teano in forma autonoma,
amministrata da propri magistrati, ottenendo un ammirevole
progresso, coniando propria moneta. Autori classici:
Polibio, Cicerone, Tito Livio, Strabone, Virgilio, Stazio,
Plinio e altri ancora ne parlarono nei loro scritti in
termini esaltanti. L’antico popolo dei Sidicini visse in
pace nel suo vasto e ameno territorio, esplicandosi
nell’agricoltura, nell’artigianato, nel commercio fino a
quando dagli alti monti si rovesciò rovinosamente sulla
Campania l’aspro esercito sannita dal quale Teano e i
Sidicini furono aspramente impegnati e duramente provati. I
Romani, poi, fecero il resto, sottomettendola e
romanizzandola. La romanizzazione determinò una smisurata
espansione della città, la sostituzione progressiva e quasi
indolore della lingua nazionale con il latino che
coesistettero per un certo periodo e l’assimilazione di
abitudini e costumi propri dei Romani. L’antica, gloriosa
città stato del popolo italico diventò così una proiezione
in scala ridotta della Metropoli con tutti gli agi e i lussi
che la caratterizzavano, anche in età tardo romana. Conservò
dignitosamente lo splendore di un tempo fino alla
ricontrazione difensiva sul colle, imperversando le
invasioni di popoli forti desiderosi di terre generose e
lussureggianti.
Purtroppo i DiBenedettini, onesti, volenterosi, ma
ancora agli esordi, con trasparente abilità artistica hanno
configurato e confermato, temporaneamente spero, Teano
all’antico ruolo di poco più di una masseria. Con un
magistrale e preciso tocco l’Avvocato Scoglio delinea questa
trasparente, incresciosa situazione, visibile e palpabile .
Lo fa con vigore e con diretta conoscenza dei fatti:
"Teano,per quanto sia assurdo e incredibile, è messa peggio
di come l’avevano trovata…Sotto tutti i punti di vista…Al
momento,non vi è alcuna forma di programmazione,ne di idea
per il futuro…Anche l’ufficio postale ha iniziato a spiccare
il volo verso altri lidi,senza che l’Amministrazione abbia
mosso un dito salvarlo…Così come nulla si è fatto dinanzi
alle sempre più incessanti azioni e rivendicazioni di
Vairano in merito allo Storico Incontro…Una situazione
semplicemente
sconfortante…L’assenteismo
del
Sindaco,soprattutto in questo momento storico, è il male
peggiore per la nostra comunità." Ci si mettono anche gli
spazi
verdi
trascurati,
i
TAPPI
stradali
che
vertiginosamente si "stappano", la meravigliosa vasca di
S.Maria la Nova, orfana dell’acqua e di torme di ragazzini
che ne facevano occasione di gioco, l’arredo urbano
(panchine ecc) in lacrime eccetera. A tutta questa
"divertente" sarabanda precampionati del mondo si aggiunge
una congrega amministrativa, come dire, ingenua o svagata,
almeno in parte. E per completare il quadro ci si mette
anche l’inappuntabile Cangiani con una fulminante chiosa:"…
la nuova Amministrazione, nonostante le assicurazioni
fornite prima, durante e dopo la campagna elettorale sulla
necessità di garantire trasparenza e rispetto per le istanze
dei cittadini, non riesce ad avviare un indispensabile
processo di responsabilizzazione dell’operato della
struttura della quale….(?) "
Due suggerimenti lapidari, due perle, anche se non
richieste: a) Ripescare in tempi brevi il dinamico e
concreto Dottor Simone (Padre cofondatore e ispiratore di
incisive confraternite confluite poi nel calderone
DiBenedettino) come assessore esterno, almeno. Dare maggiori
possibilità di volare a elementi autorevoli e di prestigioso
profilo: l’avvocaro Barra , il cardiologo Bellucci, il
maresciallo Tranquillo, la dottoressa Passeretti, il
brigadiere Laurenza e qualche altra\o che mo’ mi scappa. Non
tartassare troppo i dipendenti, si ottiene "l’effetto
ritorno". L’inimitabile Direttore Magliome fa testo per le
brillanti realizzazioni, veloci e lucidamente propositive.
Senza farsi prendere da scoramenti. Forza &Coraggio dunque,
tutto è ancora possibile con passione, coerenza, lucidità,
apertura e un grano di dinamismo pratico per riportare Teano
dei Sidicini a condizioni lusinghiere.
Spes ultima dea. Buona domenica
Giulio De Monaco
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