unità 3 – composizione e trasformazioni della litosfera

annuncio pubblicitario
UNITÀ 3 – COMPOSIZIONE E TRASFORMAZIONI
DELLA LITOSFERA
Lezione 2 – I minerali
Approfondimento – Silicati: i minerali più diffusi nella crosta terrestre
I minerali conosciuti fino ad oggi sono circa 4000, con
diverse forme e svariati colori.
La classe mineralogica più importante, perché più varia e
numerosa, è senza dubbio quella dei silicati. Essa comprende
circa 900 esemplari [figg. 1-2], tutti caratterizzati dalla
presenza dell’atomo di silicio, uno degli elementi chimici
più diffusi nella crosta terrestre. Generalmente l’atomo di
silicio è circondato da quattro atomi di ossigeno, disposti in
maniera particolare: si tratta di una struttura simile a una
piramide dove l’atomo di silicio si trova al centro, mentre
gli atomi di ossigeno sono situati ai vertici.
Questo tipo di configurazione è detta tetraedro [fig. 3] e
possiede nel complesso quattro cariche negative (SiO4)4che possono essere bilanciate da ioni con carica positiva.
Fig. 1. Amazonite.
Fig. 3. Configurazione a “tetraedro”
caratteristica dei silicati.
Fig. 2. Tormalina.
1
UNITÀ 3 – COMPOSIZIONE E TRASFORMAZIONI
DELLA LITOSFERA
Lezione 2 – Le rocce
Approfondimento - Dal sedimento alla roccia sedimentaria
La formazione di una roccia sedimentaria inizia con l’alterazione delle rocce preesistenti sulla
superficie terrestre a seguito della quale si generano detriti solidi e sostanze in soluzione.
Il più delle volte il materiale roccioso degradato ed eroso e quello in soluzione vengono trasportati
sempre più verso valle fino a raggiungere il mare, principale luogo di sedimentazione. Vari
possono essere gli agenti che effettuano tale trasporto: l’acqua, il ghiaccio, il vento, la forza di
gravità, gli animali o perfino l’uomo. Quando l’energia per il trasporto risulta insufficiente, inizia la
fase di deposito: i sedimenti si accumulano e precipitano i sali in soluzione. L’ultima fase del
processo è detta diagenesi; si tratta di un processo chimico-fisico che trasforma i sedimenti
incoerenti in roccia.
Prima si ha una compattazione dovuta al peso di nuovi sedimenti che si sono depositati sopra: ciò
porta a una diminuzione del volume del sedimento e all’espulsione da esso di una buona parte
dell’acqua. Successivamente si verifica la cementazione dei clasti, per precipitazione dei sali
minerali dell’acqua circolante tra i sedimenti o per reazione chimica tra i sedimenti stessi e l’acqua
circolante. La diagenesi si completa generalmente in tempi molto lunghi: si parla di decine e decine
di milioni di anni. Nelle zone aride come i deserti prevalgono i processi meccanici di disgregazione,
in quelle umide sono particolarmente presenti le azioni di alterazione chimica.
2
UNITÀ 3 – COMPOSIZIONE E TRASFORMAZIONI
DELLA LITOSFERA
Lezione 3 – La dinamicità della litosfera
Approfondimento - Il futuro della deriva dei continenti. I punti caldi (hot spots)
In seguito alla deriva dei continenti, nei prossimi 50 milioni di
anni, si verificheranno mutamenti grandiosi:
♦ Italia e Dalmazia arriveranno a unirsi;
♦ sorgerà un’imponente catena montuosa nel Mediterraneo
orientale;
♦ la penisola araba andrà a formare un corpo unico con l’Iran,
determinando la sparizione del golfo Persico;
♦ si formerà un nuovo mare all’interno dell’Africa in
corrispondenza dei grandi laghi Vittoria, Kivu, Tanganica
ecc. e la Somalia diventerà un’isola [fig.1];
♦ l’Australia verrà a trovarsi molto vicina alle Filippine, al
Vietnam e alla Cina per arrivare poi alla collisione;
♦ l’oceano Pacifico si ridurrà a vantaggio dell’oceano
Atlantico e dell’oceano Indiano, mentre la California si
presenterà divisa in due dalla faglia di San Andreas.
Fig. 1 La rift valley africana è
destinata ad allargarsi e
diventerà un oceano.
I punti caldi (hot spots)
I punti caldi (hot spots) sono zone vulcaniche situate in mezzo a una placca di litosfera rigida,
lontano da centri di attività sismica, tipici dei margini delle placche.
Essi appaiono come centri vulcanici isolati in un paesaggio uniforme e interessano zone di vasto
sollevamento della crosta. Le loro lave sono basaltiche.
Non si sa molto sulla loro origine; tuttavia si ritiene che essi si formino nel mantello e si
manifestino esternamente con plume o pennacchi, cioè con manifestazioni dovute a correnti
ascensionali di materiale incandescente. Nel mondo, negli ultimi dieci anni, si sono manifestati
attivi almeno 122 punti caldi. Fra questi ricordiamo i più importanti: l’Islanda, le Azzorre e
l’arcipelago Tristan da Cunha. In particolare il punto caldo più vistoso e facilmente interpretabile è
quello che ha originato le isole Hawaii [fig. 2].
Fig. 2. Punti caldi attivi
negli ultimi 10 anni. Essi
sono frequenti in
particolare lungo le
dorsali medio-oceaniche.
3
UNITÀ 3 – COMPOSIZIONE E TRASFORMAZIONI
DELLA LITOSFERA
Lezione 3 – La dinamicità della litosfera
Approfondimento - Pieghe e faglie
Nei movimenti orogenetici le masse che costituiscono la crosta terrestre rispondono alle forze
impresse, che su essa agiscono, con deformazioni rigide o plastiche a seconda della loro natura.
Sono deformazioni rigide le fratture della crosta terrestre denominate diaclasi e le faglie.
Le diaclasi sono fratture ove non si determina movimento reciproco delle masse a contatto.
Nelle faglie, invece, le due parti si muovono l’una rispetto all’altra e, a seconda del tipo di
spostamento, si individuano:
♦ faglie trascorrenti, con piano di frattura verticale e movimento in senso orizzontale opposto
delle masse a contatto. La più famosa è la faglia di San Andreas in California;
♦ faglie dirette e inverse, quando il piano di frattura verticale, o più spesso inclinato, consente
lo scivolamento in senso verticale delle due masse in modo che una risulti abbassata
(diretta) o rialzata (inversa)
rispetto all’altra [fig. 1].
Le forme corrispondenti alle deformazioni
plastiche sono invece dette pieghe. La
massa rocciosa risponde alle forze
impresse di compressione in modo elastico
deformandosi con ripiegamenti.
Si distinguono pieghe anticlinali con la
convessità rivolta verso l’alto e pieghe
sinclinali con la convessità rivolta verso il
basso.
La dimensione può variare da pochi
decimetri a centinaia, migliaia di metri e lo
stesso raggio di curvatura può essere
diverso, originando così pieghe fortemente
“strizzate” o pieghe blande.
Se sulla massa che va ripiegandosi
agiscono sui due lati forze di ugual misura,
la piega risulterà armonica, mentre sarà
ripiegata o addirittura coricata se le forze
applicate sono di diversa intensità.
Talvolta una piega coricata subisce spinte
tali da rompersi e farsi che la parte
superiore scorra su quella inferiore. Si
originano così i sovrascorrimenti.
Fig. 1. Tre modelli di faglie (diretta, inversa e
trascorrente) ove è possibile osservare le diverse
modalità di scorrimento delle masse rocciose a contatto.
4
UNITÀ 3 – COMPOSIZIONE E TRASFORMAZIONI
DELLA LITOSFERA
Lezione 4 – I vulcani e i terremoti
Approfondimento - Fenomeni legati al vulcanismo
La vita dei vulcani è in genere molto lunga, può arrivare fino a centinaia di migliaia di anni.
Fortunatamente la loro attività non è continua: si alternano periodi di intensa attività a periodi di
quiescenza che possono durare anche secoli e talvolta ingannano l’uomo.
Durante le ultime fasi dell’attività di un vulcano o durante i periodi di quiescenza o ancora nelle
zone circostanti una zona vulcanica si possono verificare diversi altri fenomeni detti fenomeni
pseudovulcanici o fenomeni vulcanici secondari. Essi consistono in eruzioni di gas e vapori che
l’uomo ha anche sfruttato a proprio vantaggio.
Le più note manifestazioni di vulcanismo secondario sono le fumarole, emissioni di gas e vapore
acqueo, le solfatare, emissioni di diossido di carbonio e idrogeno solforato di cui una parte si
decompone depositando dei bei cristalli di zolfo (famosa è la solfatara di Pozzuoli), le mofete,
emissioni di biossido di carbonio, e le putizze, con diossido di carbonio e acido solforico, dal
caratteristico odore di uova marce.
Può accadere che le acque del sottosuolo scendano in profondità, riscaldandosi e dando origine a
fenomeni diversi.
I geyser (leggi gaiser) sono spruzzi intermittenti di acqua e vapori; i più famosi sono quelli
dell’Islanda e del Parco di Yellowstone negli Stati Uniti.
Un esempio piuttosto frequente in Italia è quello delle acque termali, alcune delle quali collegate al
vulcanismo. Tali acque godono spesso di caratteristiche medicamentose in quanto, avendo
attraversato nel loro percorso di risalita gli strati della litosfera, si sono arricchite di particolari sali e
altri minerali.
Altro fenomeno di una certa importanza ai fini dello sfruttamento industriale è rappresentato dai
soffioni boraciferi, getti di vapore d’acqua che sgorgano dal suolo a temperatura dai 120 ai 180 °C,
ricchi di acido borico, idrogeno solforato e diossido di carbonio.
A Larderello, in Toscana, sfruttando l’energia ricavata dai soffioni boraciferi, sono state costruite
centrali per la produzione di elettricità che alimenta le industrie chimiche locali; ciò costituisce
un’utilizzazione dell’energia geotermica.
5
Scarica