TERMODINAMICA DEL CALORE SISTEMI CHIUSI

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CAPITOLO QUARTO
TERMODINAMICA DEL CALORE
SISTEMI CHIUSI
Sistemi termodinamici e convenzioni di segno
Si rammenta che il vocabolo sistema termodinamico sta ad indicare uno
spazio delimitato da una superficie chiamata superficie di controllo; il sistema
può essere: adiabatico se non scambia calore con l’esterno, chiuso se scambia
solo calore e lavoro, aperto se scambia, oltre al calore e lavoro, anche massa.
Per convenzione (derivata dall’avere grandezze positive per il tipo di
macchina che uno studioso o un progettista esaminano di frequente) nei sistemi
diretti vengono considerate positive le grandezze che presentano il verso
indicato nella figura 4.1-a; in quelli inversi il verso è quello di figura 4.1-b. Noi,
salvo indicazioni particolari adotteremo quella dei sistemi diretti che considera
positivi:
Q 1 CALORE ENTRANTE (prelevato ad alta temperatura);
L
LAVORO USCENTE (ottenuto dall’impianto);
Q 2 CALORE USCENTE (scaricato a bassa temperatura).
Il ciclo di Carnot presenta notevoli difficoltà nella costruzione di una
macchina che lo realizzi; tuttavia conviene cominciare con il riferimento a tale
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ciclo essendo quello che, permettendo il massimo di conversione energetica,
costituisce il modello ideale verso cui orientarci.
Possiamo qui esaminare gli impianti, o sistemi chiusi, che scambiano con
l’esterno solo calore o lavoro; essi possono essere immaginati come una scatola,
nella quale avvengono operazioni che non ci interessa conoscere nel dettaglio,
che scambiano calore e lavoro con la sola condizione che non ci sia accumulo
di tali grandezze. Essi possono essere così classificati:
1) impianti per la produzione di sola energia meccanica derivata dal
calore;
2) impianti per la produzione combinata di energia meccanica e di calore a
temperatura di poco superiore a quella dell’ambiente (impianti di cogenerazione);
B1
Q1
B1
SISTEMA
TERMODINAMICO
B2
L
Q1
Q2
a)
SISTEMA
TERMODINAMICO
B2
L
Q2
b)
Figura 4.1 – Convenzione sui segni delle grandezze termodinamiche: a)
sistemi diretti ; b) sistemi inversi.
3) impianti per la produzione di freddo (asportazione di calore) con spesa
di energia meccanica (impianti di refrigerazione);
4) impianti per la produzione di calore a bassa temperatura (di poco
superiore a quella dell’ambiente) con spesa di energia meccanica (impianti a
pompa di calore);
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5) trasformatori di calore (macchine ad assorbimento) che permettono di
trasformare una quantità di calore ad una certa temperatura, rispetto
all’ambiente, in un’altra quantità con un diversa temperatura.
Sistemi termodinamici ideali (sfruttanti il ciclo di
Carnot)
L’ipotesi per poter immaginare l’uso del ciclo di Carnot è di disporre di due
“pozzi” o capacità termiche dai quali si possa trarre o fornire calore senza che
questi cambino di temperatura.
Essi avranno le temperature rispettivamente
T 2 , quella inferiore.
T1
, quella superiore, e
Fissandoci su un sistema chiuso diretto, esso può essere rappresentato come
in figura 4.2; nel caso semplice in esso sarà introdotta una quantità di calore
T
Q 1 avente exergia Q 1 1− a  , verrà prodotto del lavoro L e scaricato
T1
T
Q 2 avente energia utilizzabile Q 2 1− a  .
T2
B1=Q1(1-Ta/T1)
SISTEMA
TERMODINAMICO
L
B2=Q2(1-Ta/T2)
Figura 4.2 – Schema di un sistema chiuso ideale.
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Il bilancio delle energie utilizzabili (exergie) porta alla seguente relazione:
Q 1 1−
Ta
T
= LQ 2 1− a  .
T1
T2
Essendo la conversione effettuata dal citato sistema indipendente dal valore
della temperatura ambiente (questa influenza esclusivamente la convertibilità
del calore), la precedente relazione deve valere per qualsiasi valore di T a
costante e diverso da zero. Ciò implica che separatamente valgano:
- equazione di bilancio delle quantità di calore e dei lavori (questi ultimi
immaginati convertiti in calore attraverso una trasformazione irreversibile
come quella dell'sperienza di Joule del cap. 1):
Q 1=LQ 2 ;
- equazione di bilancio delle entropie:
Q1 Q 2
=
T1 T2
.
Nel caso più generale che i pozzi di calore a temperatura costante siano
sostituiti da sorgenti e ricevitori a temperatura variabile, l’ultima relazione
assume la forma:
S 1=S 2 ,
con S 1 ed S 2 entropie entrante ed uscente dal sistema.
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L’efficienza, per la definizione fornita al capitolo terzo e per le relazioni
scritte sopra, si esprime:
=
Q
T
L
=1− 2 =1− 2 =C ;
Q1
Q1
T1
come risulta evidente dal fatto che il sistema è ideale e realizza un ciclo di
Carnot.
Il rendimento (exergetico) risulta:
=
con
L
=
LC
L
T
T
Q 1 1− a −Q 2 1− a 
T1
T2
=1
.
LC lavoro compiuto dalla macchina diretta di Carnot.
Qualora ci si riferisse ad una macchina inversa di Carnot la relazione sopra
scritta sarebbe identica, in quanto tutti gli addendi si troverebbero con il segno
cambiato.
Esaminiamo con maggiore dettaglio i tipi di impianto citati.
1) Impianti per la produzione di energia meccanica
Essi realizzano un ciclo diretto di Carnot fra una temperatura
ed una T 2 coincidente con quella ambiente T a .
Il lavoro ottenuto risulta:
L= LC =Q 1⋅1−
Cap. 4
Ta
=Q 1⋅C ,
T1
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T 1 elevata
essendo Q 1 la quantità di calore prelevata dalla capacità calda e che
corrisponde al calore speso; si ottiene anche:
=C =1−
Ta

T1
ed
=1 .
Ad esempio se la temperatura della sorgente calda fosse di 1073 K (800° ) e
l’ambiente a T 2=303 K (20 °C) per ogni Jt di calore speso si otterrebbe un
lavoro di L = 0,72 J ed una quantità di calore Q 2 = 0,28 Jt.
2) Impianti di cogenerazione
Essi realizzano un ciclo diretto di Carnot fra una temperatura T 1 elevata
ed una T 2 superiore a quella ambiente e comunque tale da permettere che il
calore Q 2 scaricato, possa essere utilizzato a scopi di riscaldamento
ambientale o industriale.
In questo caso il lavoro prodotto risulta:
L= LC =Q 1⋅1−
T2
 ,
T1
dove T 2 , essendo superiore a T a , fa si che il lavoro prodotto sia inferiore
a quello dell’impianto per la sola produzione di energia meccanica.
In compenso questo impianto produce la quantità di calore Q 2 alla
temperatura T 2 utilizzata per il riscaldamento dove non sono necessarie
temperature elevate. Questo calore Q 2 ha una exergia pari a:
B 2=Q 2⋅1−
Cap. 4
Ta
 .
T2
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Le efficienze ed i rendimenti risultano:
=C =1−
T2

T1
ed
=1 .
Si fa notare che, pur essendo l'efficienza sopra indicata e relativa alla sola
produzione di lavoro minore di quella dell'impianto esaminato al punto 1, la
maggiore efficienza complessiva di questi impianti, rispetto a quelli per la
produzione separata di energia meccanica e calore per riscaldamento, deriva dal
fatto che nella produzione diretta del calore per riscaldamento si ha una grossa
perdita exergetica che qui non avviene (vedere più oltre).
Ad esempio se la sorgente a temperatura superiore presenta T 1 =1073 K
(800 °C) e ci interessa per scopi di riscaldamento del calore alla temperatura
T 2 = 373 K (100 °C), essendo T a = 273,15 K (0 °C) per ogni J t di calore
Q1 speso, si otterrebbe un lavoro meccanico L = 0,65 J ed una quantità di
calore di Q2 = 0,35 Jt. Proporzionalmente ad ogni Jt di calore Q2 si
produrrebbe 0,65/0,35 = 1,86 J di lavoro meccanico spendendo 1/0,35 = 2,86 J t
di calore ad alta temperatura.
3) Impianti di refrigerazione
Essi realizzano un ciclo inverso di Carnot, cioè un ciclo nel quale le
grandezze termiche e meccaniche cambiano di verso: il lavoro viene speso
invece che prodotto, la quantità di calore Q1 viene fornita dall’impianto
invece che presa, mentre Q2 viene presa invece che ceduta.
La relazione che lega le grandezze indicate è sempre la stessa, in quanto tutte
cambiano di verso. Però l’ambiente si trova alla temperatura T 1 e quindi
T 2 sarà ad una temperatura inferiore a T 1 (temperatura della cella da
refrigerare):
L=Q1⋅1−
T2
T
= LQ 2⋅1− 2 
T1
T1
da cui
L=Q 2⋅
Ta
−1 .
T2
Efficienza (effetto frigorifero specifico o C.O.P.) e rendimento risultano:
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=cf =
Ta
−1
T2
ed
=1 .
Ad esempio per togliere da una cella alla temperatura di T 2 = 253 K (- 20
°C) la quantità di calore Q2 =100 kJt essendo l’ambiente a 303 K (+ 30 °C)
si dovrebbe spendere un lavoro L=19,1 kJ, con un effetto frigorifero di 6,1.
Il rendimento risulta =B 2 /L=Q 2⋅T a /T 2−1/[Q2⋅T a /T 2−1]=1
4) Impianti a pompa di calore
Anch’essi utilizzano un ciclo inverso di Carnot, solo che l’ambiente si trova
alla temperatura T 2 ; il calore Q1 viene quindi fornito dall’impianto ad
una temperatura T 1 maggiore di quella dell’ambiente e quindi può essere
utilizzato per scopi di riscaldamento. Si ha quindi:
L=Q1⋅1−
Ta
=B1 .
T1
Efficienza (coefficiente di moltiplicazione termica) e rendimento risultano:
= pc =
1
Ta
1− 
T1
=
ed
B1
=1 .
L
Ad esempio per la produzione di 1MJt alla temperatura di 343 K (70 °C)
essendo T a = 273 K (0 °C), si dovrebbe spendere un lavoro meccanico pari a:
L = 0,2 MJ, con un fattore di moltiplicazione termica di 5.
Il rendimento è sempre =1
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5) Trasformatori di calore (macchine ad assorbimento)
Esistono delle particolari macchine, chiamate macchine ad assorbimento,
che, idealizzate senza perdite di calore e con scambi interni di calore con
differenze infinitesime di temperatura, si comportano come trasformatori di
calore, cioè apparecchi nei quali, senza perdite di energia utilizzabile, si
produce una quantità di calore Q 1 con una temperatura T 1 , con la spesa
di una Q 2 alla temperatura T 2 , essendo T a la temperatura ambiente.
Per tali apparecchi:
B 1=B 2 .
Questo apparecchio può servire sia come convertitore (o pompa) di calore
che come macchina frigorifera a seconda dei valori delle temperature T 1 e
T 2 in relazione a quella dell’ambiente T a .
- Convertitore (o pompa) di calore ad assorbimento
Esso permette di avere una quantità di calore Q 2 ad un definito valore di
temperatura T 2 a spese di una quantità Q 1 alla temperatura T 1 .
Le temperature T 1 e T 2 sono superiori a T a ma non esiste alcuna
limitazione sulla relazione fra di esse. Così ad esempio T 2 può essere
moderata (ad es. per uso riscaldamento) mentre T 1 elevata (ad es. come
prodotto di combustione); ma può anche avvenire la situazione inversa che vede
la produzione di calore Q 2 ad una temperatura T 2 maggiore di quella
T 1 alla quale si trova il calore Q 1 speso.
La relazione
Q 1⋅1−
B1=B 2 diventa:
Ta
T
=Q 2⋅1− a 
T1
T2
con efficienza e rendimento dati da:
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 pc =
Q2
T
T
=1− a  / 1− a 
Q1
T1
T2
ed
=1 .
Ad esempio, usando la precedente relazione, si trova che per ottenere 100 kJt
alla temperatura di 373 K (100 °C) disponendo di calore alla temperatura di 473
K (200 °C), essendo l’ambiente a 273 K (0 °C), la quantità di calore spesa
diventa 63,4 kJt con una efficienza di 1,58.
- Impianto frigorifero ad assorbimento
La quantità di calore Q 2 a bassa temperatura T 2 < T a si ottiene a
spese di una quantità Q 1 che degrada da una temperatura T 1T a a T a
Con trasformazioni a temperatura costante (vedi anche il precedente par.
sugli impianti di refrigerazione), la B 1=B 2 diventa:
Q 1⋅1−
Ta
T
=Q 2⋅1− 2 
T1
Ta
da cui:
cf =
Q2
Ta
T2
=1−  / 1−  .
Q1
T1
Ta
Così ad esempio per asportare 100 kJt alla temperatura di 253 K (-20 °C)
disponendo di calore alla temperatura di 473 K (200 °C), essendo l’ambiente a
273 K (0 °C), la quantità di calore spesa diventa 17,3 kJt e l’effetto frigorifero
specifico 5,78.
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In tutti gli esempi precedenti una maggiore generalità, nel caso in cui le
quantità di calore fossero disponibili o fornite a temperatura variabile, si ottiene
sostituendo:
Q 1⋅1−
Ta

T1
con:
Q 1−T a⋅S 1 ,
ovvero con:
S
Q 1 1−T a⋅ 1 =Q 1⋅N C =Q 1⋅C .
Q1
Purtroppo i fluidi intermediari che si conoscono, permettono questa
operazione solo nel campo delle temperature moderate (fino a poche decine di
gradi Celsius sopra i 100°C): per temperature più elevate questa trasformazione
di calore può avvenire passando attraverso l’energia meccanica.
Inoltre le perdite di exergia dovute a scambi di calore con elevati salti termici
entro l’apparecchio, anche a seguito di un dimensionamento non molto corretto
dei componenti, fanno scadere molto le prestazioni di queste macchine ad
assorbimento rispetto alla situazione ideale.
Sistemi termodinamici reali
Nella realtà non esistono apparecchi ideali e così anche gli impianti che
realizzano cicli ideali di Carnot non esistono; tuttavia questi impianti ideali ci
permettono di figurarci la meta da raggiungere identificando la strada verso un
Cap. 4
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miglioramento delle prestazioni degli impianti reali.
Nelle macchine che utilizzano il calore le perdite vanno valutate sulla base
dell’energia utilizzabile (exergia), essendo questa la grandezza che rappresenta
l’energia biunivocamente convertibile.
Nel capitolo precedente si può verificare che per ogni impianto che realizza
un ciclo di Carnot, l’energia (energia meccanica + exergia del calore) spesa
equivale a quella ottenuta.
Negli impianti reali questo non avviene e pertanto si riscontrerà una perdita
di tale grandezza; si nota che tale perdita si configura o come perdita di lavoro
meccanico (lavoro degli attriti trasformato in calore a bassa temperatura, poco
superiore a quella ambiente) o come degrado del calore da una temperatura
ad una inferiore.
Per meglio caratterizzare tali perdite immaginiamo di identificare il nostro
impianto o un suo componente, come un involucro permeato (in ingresso ed in
uscita) da un flusso di energia (meccanica + exergia, quest’ultima associata ad
un corrispondente flusso di calore).
Questo componente, supposto reale e quindi con perdite, possiamo
immaginarlo costituito al proprio interno da un sistema ideale e da una zona
intermedia.
1) Nel caso degli attriti, l’energia delle perdite, esce dal sistema ideale,
rimanendo nella zona intermedia, si trasforma in calore e rientra nuovamente
nel sistema ideale, portandosi il corrispondente contenuto di exergia (vedi
figura 4.3).
Pertanto, se con L at si indica il lavoro compiuto dalle forze d’attrito,
esso va detratto dal lavoro ideale compiuto mentre rientra una quantità di calore
ad esso uguale:
Q at =Lat .
Ma questa quantità di calore possiede l’exergia :
Q at 1−
Cap. 4
Ta
 .
T at
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Figura 4.3 – Sistema reale con attriti.
La differenza fra lavoro uscente ed exergia rientrante rappresenta quindi la
perdita di lavoro utilizzabile da detrarre dall’exergia entrante nel sistema:
 B at =L at −Q at⋅1−
Ta
T
= Lat⋅ a
T at
T at
,
ovvero usando le entropie nel caso T at non fosse costante:
 B at =T a⋅ S at .
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2) L’altra forma di perdita entro il sistema è data dallo scambio termico fra
una parte più calda ed una più fredda con una differenza di temperatura
finita (non infinitesima).
Anche in questo caso è possibile continuare a mantenere un sistema ideale
entro quello reale (vedi figura 4.4) spostando la perdita fra i due sistemi: Q s
esce dal sistema ideale portandosi l’exergia corrispondente ed una identica
quantità di calore viene fatta rientrare nello stesso con l’exergia ridotta per il
fatto che è diminuita la corrispondente temperatura. Si ottiene quindi:
 B s =Q s⋅1−
Ta
T
1
1
−Q s⋅1− a =Q s⋅T a⋅
−

T s1
T s2
T s2 T s1
essendo T s1 e T s2 le temperature alle quali
ceduto all’esterno e ripreso.
Qs
,
è rispettivamente
Siccome T s1 è maggiore di T s2 la perdita di exergia è positiva
corrispondente ad un equivalente incremento entropico.
Nel caso queste temperature non siano costanti intervengono le entropie:
 B s =T a⋅S s2 −S s1 =T a⋅ S s , con  S s positivo.
Da ultimo, se dal sistema uscisse del calore, per perdite dovute alle
dispersioni termiche, dovrebbe essere detratto dal bilancio la corrispondente
exergia:
B pe =Q pe −T a⋅S pe .
Il bilancio delle energie utilizzabili (exergetico) porta alla relazione:
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B 1− B at − B s =LB pe B 2 ,
B1
essendo
uscente.
e
B2
rispettivamente le exergie del calore entrante ed
B1=Q1(1-Ta/T1)
SISTEMA INTERMEDIO
Lid
SISTEMA
IDEALE
Q1
Qs
L
Qs
Q2
B2=Q2(1-Ta/T2)
Figura 4.4 – Sistema reale con scambio di calore interno.
La precedente relazione può anche essere vista facendo il bilancio exergetico
del sistema ideale interno a quello reale (vedi figura 4.5):
Q 1⋅1−
=
Ta
T
T
Q at⋅1− a Q s⋅1− a  =
T1
T at
T s2
Lid Q s⋅1−
Ta
T
T
Q pe⋅1− a Q 2⋅1− a  .
T s1
T pe
T2
Con le semplificazioni ed introducendo le entropie:
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Q 1−T a⋅S 1−T a⋅ S at −T a⋅ S s = Lid −L at Q pe −T a⋅S pe Q 2−T a⋅S 2 ,
equivalente alla precedente equazione di bilancio.
Figura 4.5 – Sistema reale con indicazione del sistema ideale interno ai fini
della valutazione del bilancio delle energie utilizzabili (exergetico).
Il lavoro L rappresenta il lavoro effettivamente prodotto e pari alla differenza
fra il lavoro ideale Lid e quello degli attriti L at ; dalla relazione
precedente deriva essere:
L=Q 1−T a⋅S 1−T a⋅ S at −T a⋅ S s −Q pe T a⋅S pe −Q 2T a⋅S 2 =
=
Cap. 4
B 1−T a  S at −T a  S s −B pe −B 2 .
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Da essa appare che il lavoro ottenuto da un impianto reale corrisponde alla
differenza fra le exergie entrante ed uscente detratta la perdita exergetica dovuta
agli attriti ed agli scambi di calore interni e verso l'esterno del sistema; tale
perdita è anche indicata come T a⋅ S irr .
Nell’equazione precedente, la temperatura T a interferisce con il valore
energetico (exergia) di ciascuna delle quantità di calore in gioco, ma il bilancio
si realizza qualunque sia il valore di tale grandezza; pertanto la stessa relazione,
dovendo essere verificata per qualsiasi valore di T a , purché costante
durante tutta l'analisi del sistema, può essere suddivisa in due eguaglianze
indipendenti (se sono entrambe valide è valida anche l’uguaglianza ottenuta
sommando queste due membro a membro):
1) equazione di bilancio delle quantità di calore e dei lavori degradati a
calore (chiamata da molti bilancio di 1° principio o impropriamente bilancio
delle energie):
Q 1= LQ pe Q 2 ;
2) equazione di bilancio delle entropie (chiamata anche equazione di
bilancio di 2° principio):
S 1 S at  S s =S pe S 2 .
La prima equazione effettua il bilancio delle quantità di calore e dei lavori
immaginati convertiti in calore tramite un processo simile a quello operato
nell’esperienza di Joule. La seconda relazione indica che l’entropia scaricata
dall’impianto reale è superiore a quella ricevuta, essendo tale incremento
dovuto alle irreversibilità; si ha pertanto una produzione continua ed
inarrestabile di entropia che fornisce una direzione univoca ai processi
temporali (il tempo cresce solo nel verso delle entropie crescenti o del sistema
o dell'ambiente ad esso collegato).
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Nel caso di T a variabile (si pensi ai processi associati ad accumuli
stagionali di calore), l'equazione di bilancio delle energie utilizzabili (exergie)
risulta più adatto ad affrontare correttamente le situazioni più disparate.
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