Umanesimo e Rinascimento

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CAPITOLO 13
I caratteri generali della filosofia umanistica e rinascimentale
Il passaggio dall’età medievale a quella moderna è segnato dalla formazione degli Stati sul piano politico e
nell’ascesa della borghesia sul piano socio-economico. In Europa ci sono gli stati nazionali che dopo la
guerra dei trenta anni firmano la pace di Cateau-Cambresis. In Italia gli Stati regionali conoscono un periodo di
pace solo con Lorenzo il Magnifico che fa firmare a tutti la pace di Lodi; dopo la morte di Lorenzo l’Italia
sempre logorata da lotte interne diventa anche preda delle mire espansionistiche degli stati europei. Sul piano
sociale si afferma la civiltà urbana e un economia di tipo “aperto”. La nuova aristocrazia cittadina diventa la
classe sociale più ricca e potente soprattutto in Italia. Inoltre vi è lo spostamento dei traffici commerciali dal
Mediterraneo all’Atlantico.
La nuova cultura nasce nell’ambito della nuova civiltà urbano borghese; anche se gia nei comuni si erano
formate nuove “mentalità”, che però rimasero subordinate alla mentalità religioso-feudale del periodo e non
diventarono una vera a propria scuola ufficiale. La nuova visione umanistica-rinascimentale riflette
coerentemente il mutato atteggiamento dell’uomo di fronte alla vita e al mondo. Gli umanisti vedono nei
classici nuovi modella da cui trarre i valori della loro cultura.
Per lungo tempo i termini Umanesimo e Rinascimento sono stati usati come sinonimi: Burckhardt nel 1800 li
distinse nettamente vedendo nell’umanesimo un momento essenzialmente filologico-letterario incentrato
sugli studi umanistici e dei classici, e nel Rinascimento un movimento filosofico-scientifico basato su una
matura consapevolezza intellettuale. Un secolo dopo Burdach riavvicinò i termini considerando l’Umanesimo
come prima parte del periodo innovatore detto Rinascimento. Comunque il termine Rinascimento può essere
estesso e può identificare la civiltà del 1400 e del 1500.
Nei rapporti tra medioevo e Rinascimento Burckhardt vide una profonda frattura, identificando l’eta di
mezzo una visione trascendentista, geocentrica e universalista, opposta a quella Rinascimentale che era
immanentista, antropocentrica e individualista. Burdach invece propose la teoria della continuità che
riconosce che la “rinascita” inizi nell’età dei Comuni, con l’atre gotica e con le università e la cultura del
Duecento.
Il nucleo dell'antropologia rinascimentale risiede nella frase “l'uomo è artefice della propria fortuna”, che
significa che l’uomo deve forgiare se stesso e il proprio futuro. Pico della Mirandola nella sua opera “Sulla
dignità dell’uomo” presenta l’uomo come libero e sovrano artefice di se stesso. Il rinascimento ritiene che
l’uomo debba costruire e conquistare a se stesso il proprio posto nell’essere. Questo riconoscimento giunge
con ritardo, poiché già l’uomo si era attribuito da secoli questi poteri; ma nell’umanesimo questa autonomia
viene riconosciuta e “ufficializzata”.
I rinascimentali non si pongono l’alternativa tra l’uomo e Dio, poiché essi pensano all’interno di una struttura
concettuale che riconosce l’uomo e Dio. Questa concezione si differenzia da quella del futuro umanesimo ateo
e dalle estreme religiosità medievali. Questa è una visione di tipo antropocentrico, in cui l’uomo tende ad
apparire al centro e Dio alla periferia.
Nonostante l’uomo sia forgiatore del suo futuro la sua libertà ha limiti; gli individui sono condizionati da una
serie di forze reali casuali e soprannaturali che circoscrivono la libertà: infatti abbiamo le dispute sui rapporti
dell’uomo con la Fortuna, il Caso e la Provvidenza ecc.
L’uomo è la sintesi vivente del tutto e il centro del mondo, cioè la creatura in cui si concentrano le varie
caratteristiche degli enti del mondo. Questo è il rifiuto dell'ascetismo medievale e della concezione della vita
come impegno concreto e non come fuga. L'uomo non è un ospite di passaggio, ma è destinato a giocarsi la
propria sorte nel mondo, senza rinnegare l'idea cristiana dell'aldilà. Da ciò la rinnovata idea della
eudaiomonia, cioè della felicità come realizzazione armonica e completa delle possibilità umane.
L’umanesimo in Europa nasce con ritardo rispetto a quell'italiano ma ha una maggiore persistenza che dura
fino alla grande cultura scientifica del 1600 e al movimento illuministico del 1700. In Italia il rinascimento ci
appare una splendida fioritura senza sbocchi, a cui succede un periodo di involuzione, causa della crisi politica
del 1500. Negli altri paesi europei questo brusco arresto non avviene; l'umanesimo Europeo presenta un
carattere più metodico e più costruttivo dell'umanesimo italiano.
Montaigne con i suoi “Saggi” vuole raggiungere attraverso le proprie esperienze e il confronto con quelle degli
altri la conoscenza della natura umana: e gli ha una prudente valutazione delle capacità umane; conosce
l'incertezza e l’instabilità dell'esistenza umana. La vita umana è un esperimento continuo che non si conclude
© Federico Ferranti S.T.A.
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mai definitivamente. Bisogna che l'uomo accetti la sua condizione la sua sorte e giunga ad essere in chiaro di
luna e dell'altra.
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