Primi vagiti già in inglese

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che rappresenta il frutto di 600
anni di tradizi
tradizione. La
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Investire nella Qualità della vita
n n Famiglia I programmi di scuole e centri culturali per imparare la lingua straniera da tre mesi
Primi vagiti già in inglese
Corsi interattivi e lezioni di teatro, laboratori espressivi ed esami certificati
di Serena Mola
G
iocando s’impara è il motto che fanno proprio le scuole
di lingua e le associazioni culturali che mettono a punto
sempre più spesso corsi e iniziative inedite e originali
per avvicinare i bambini alle lingue straniere, in particolare all’inglese. Come hanno dimostrato studi pedagogici di spicco,
l’apprendimento è molto più rapido se sollecitato in giovane età.
Risponde perfettamente a questa logica Baby’s Best Start, il corso
basato sul metodo Helen Doron a che si rivolge a neo-mamme con
neonati, a partire dai 3 mesi: il corso è volto a cercare una complicità
linguistica, in inglese, tra mamma e bambino grazie alla recita di
filastrocche, all’esplorazione dell’ambiente
circostante e alla stimolazione sensoriale.
A partire dai 3 anni poi, le proposte sono
molto diversificate: si spazia dalle lezioni di danza in inglese, ai laboratori di
teatro, e quelli di musical. A questo si
affiancano i corsi più tradizionali, e i siti
internet che uniscono all’apprendimento
linguistico anche lo sviluppo delle abilità
informatiche e interattive. Sing a song
e Tell a tale sono due portali destinati a
piccoli navigatori smaniosi di apprendere
p
la lingua di Shakespeare: presentano infatti filastrocche e canzoni in formato karaoke e fiabe con sottotitoli da ascoltare e
guardare.
guarda Taymai.com è invece il sito ideale per chi, oltre
alla lingua
inglese, ama i fumetti: abbonandosi alla newsletter
lin
è possibile
possib selezionare le vignette preferite e riceverle mensilmente nella propria casella mail.
L’apprendimento
della lingua, tuttavia, è sollecitato mediante la
L’apprendi
stimolazione
stimolazion creativa e il coinvolgimento ludico anche se si sceglie
un corso vero
ve e proprio: le lezioni più tradizionali, infatti, si arricchiscono di giochi interattivi, attività manuali e laboratori musicali.
Tenute da insegnanti madrelingua a piccoli gruppi di allievi, che
raramente superano la decina, puntano in particolar modo sulla
conversazione e sull’arricchimento del lessico. Se per i più piccoli,
a partire dai 3 anni, si tratta di lezioni-gioco, col crescere dell’età i
contenuti e gli insegnamenti si fanno più metodici. Presso la Abbey
School di Torino, per esempio, gli studenti dispongono, a partire dai 6
anni, di materiale didattico, piccoli compiti da svolgere a casa e sono
preparati a sostenere gli esami riconosciuti a livello internazionale
e certificati dalla Cambridge University. Questo avviene anche nel
caso di Shenker, le cui lezioni rispettano anche i programmi ministeriali; la scuola poi propone, nelle sedi di Roma, Torino e Bologna,
Musical Theatre Company: il corso si rivolge ad allievi dai 4 ai
17 anni che vogliano abbinare estro artistico e
conoscenza della lingua. Un’équipe di insegnanti
madrelingua con formazione artistico-teatrale
cura l’allestimento di celebri show di Broadway:
lo scorso anno un gruppo di bambini di 5 anni ha
presentato al teatro Euripide di Roma Chicago
in versione integrale, mentre lo spettacolo in cui i
ragazzi si stanno cimentando quest’anno è High
School Musical. Il programma prevede una
formazione teatrale completa, rigorosamente in
lingua: dalle tecniche di respirazione alla dizione
corretta e alla memorizzazione dello script, dal
canto alla presenza scenica, dalla scenografia alla danza. A un’idea
analoga si ispira Baobab, l’associazione culturale fondata quattro
anni fa a Firenze da Miranda Flynn Legge, che propone corsi dove
l’espressione teatrale e quella linguistica concorrono a creare uno
strumento di comunicazione e di crescita tra i bambini e non solo:
sono infatti previsti cicli di incontri, il sabato mattina, in cui mamme
e papà vengono coinvolti in improvvisazioni, scene buffe e esercitazioni. A Milano, invece, l’inglese si impara in punta di piedi: presso
la scuola di danza Il mosaico si svolge un corso di gioco-danza per
bambini dai 3 ai 6 anni. (riproduzione riservata)
n n Teatri Il Regio mette in scena l’opera verdiana per la regia di Puggelli. Ottimi il coro e i due tenori
Lombardi, ritorno al Medioevo
con scena fissa e giochi di luce
di Giuseppe Pennisi
I
l Teatro Regio di Parma ha
inaugurato la stagione invernale 2009 con I Lombardi di
Giuseppe Verdi, opera che rientra
in un progetto che intende rappresentare tutte le opere del compositore entro il 2013. Verdi mise in
musica questo dramma intriso di
guerre, sante e non, perché il suo
impresario pensava di ripetere
l’inaspettato ed enorme, successo de Il Nabucco. Ebbe ragione,
dalla prima alla Scala nel 1843 al
1870 l’opera è stata uno dei lavoro
verdiani più rappresentati. Quello di Parma, in scena fino al 25
gennaio, è un allestimento molto
differente da quello visto circa 4
anni fa a Firenze dove Paul Curan
trasferiva l’azione nell’attualità:
la piazza di Sant’Ambrogio era
Ground Zero, i crociati vestivano
tute mimetiche, il Sultano di Antiochia era truccato da Saddam
Hussein. La produzione di Lamberto Pugelli (regia), Paolo Bregni
(scene), Santuzza Calì (costumi)
è incentrata su una scena fissa
e l’ambientazione è riportata al
1100. Giochi di luce e proiezioni
evocano le nebbie padane, il muro
del pianto e il deserto. Sotto il
profilo musicale, gli elogi vanno
principalmente al coro guidato da
Martino Faggiani e a Francesco
Meli, che, lanciato giovanissimo
a Pesaro, è diventato uno dei rari
tenori verdiani in circolazione.
Di rilievo anche l’altro tenore,
Roberto De Biaso. L’applaudita
Dmitra Theodossiou ha un ruolo
terrificante: la voce le si è ispessita rispetto a quando interpretò
l’opera a Cremona e a Firenze e, di
conseguenza, eccede negli acuti e
dà meno rilievo del dovuto agli ab-
bandoni lirici. Michele Pertusi è di
grande presenza scenica e vocale,
ma ha perso l’agilità di un tempo.
Corretta, ma non travolgente,
la direzione di Daniele Callegari. (riproduzione riservata)
Lampi
nel buio
La lingua
che si parla peggio
è quella in cui
meno si può mentire
Friedrich Hebbel
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