La “Vita di Edoardo secondo d`Inghilterra” per Le vie del Festival

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La “Vita di Edoardo secondo d’Inghilterra” per Le vie del Festival
di Giusi Potenza.
Giunto alla sua XXII edizione, anche quest’anno “Le vie del Festival” si presenta come una
kermesse teatrale di grande spessore culturale per portare all’attenzione del pubblico i migliori
spettacoli nazionali ed internazionali visti nei festival estivi, ma si fa anche promotore questa
volta di nuovi progetti continuando a seguirli nella loro vita successiva al festival stesso. In
pieno svolgimento, Le vie del festival, crea un circuito culturale tra più teatri e spazi scenici
nella capitale. Al teatro Vascello, in una sala gremita, è stato presentato l’allestimento del
talentuoso regista Andrea Baracco “Vita di Edoardo secondo d’Inghilterra” che rilegge un testo,
non tra i più famosi, di Bertolt Brecht, scritto nel 1923 ed ispirato a sua volta dal romanzo di
Christopher Marlowe del 1952.
La peculiarità e l’interesse di questo testo sono dovuti all’esigenza degli autori, di Brecht in
particolare, di confrontarsi e allo stesso tempo superare, un classico elisabettiano. In un
profondo desiderio di indagare il contemporaneo attraverso i classici che rispecchia
coerentemente le intenzioni politiche, filosofiche e artistiche del grande drammaturgo tedesco,
fino a giungere alle successive teorie sul “teatro epico”, formulate da lì a breve. Il testo di
Marlowe rappresentava per lui un’indagine, quasi antropologica, sul contesto umano, politico e
sociale in cui avrebbe espresso le proprie idee. La sua scrittura, più asciutta e teatrale,
riportava il testo alla contemporaneità dell’epoca descrivendo il caos morale dei suoi tempi,
quel travagliato primo dopoguerra che avrebbe poi generato, in Europa, inimmaginabili mostri.
Edoardo II come figura storica viene spesso raccontato come un re maldestro, inetto, debole e
sicuramente Marlow, poi Brecht attraverso di lui, ne fanno una descrizione estremamente
complessa che non è solo la rappresentazione di una debolezza o dell’ “inaccettabile”
omosessualità che quindi porta a vendere una nazione o a farla implodere per mero desiderio
fisico ma, in realtà racconta una traversata dell’orrore di questo personaggio che sceglie di
andare fino in fondo al marcio che c’è in Inghilterra sia rispetto agli altri personaggi, che alla
situazione sociale, politica, religiosa e militare, in cui vive e regna. Si ricorderà un Edoardo II
nel celebre Braveheart di Mel Gibson, dove viene descritto come un principe incapace ed
effeminato che trascura la bella Isabella per intrattenersi in balli e gare di tiro con l'arco con
scudieri e paggetti. Simile è la sua figura nella miniserie televisiva La maledizione dei Templari.
Più positivo il ritratto di Derek Jarman in Edoardo II, liberamente tratto dalla tragedia di
Marlowe, nel quale il re è presentato come vittima dell'ostilità, fra quanti lo circondano, verso il
suo amore per Gaveston. Baracco ci fa conoscere un Edoardo II passionale e appassionato, che
non vuole rinunciare a essere sé stesso e alla fine, nonostante la perdita dell’amico/amante,
non accetterà di abdicare scegliendo la prigionia. Una feroce analisi sugli intrighi e sulla
dissolutezza della politica e del potere, ma anche dell’attento occhio (se non spesso bocca e
braccio) della Chiesa: sarà odiato, vilipeso, torturato, soprattutto per aver osato elevare un
uomo qualunque al di sopra dei Pari d’Inghilterra, infischiandosene delle convenzioni, andrà
contro tutto e tutti per difendere il proprio modo d’essere. Altamente simbolica la scena iniziale
ad apertura del sipario, un quadro costruito ad arte, dal grande effetto emotivo, su tutto la
ricostruzione in miniatura di una bara di terra, metafora di morte o rinascita (è da lì che il
giovane Edoardo tira fuori la corona), così come di sotterfugio, cose nascoste che vengono
fuori. Elemento che verrà ripreso più volte ed in particolare nel finale, a significare una morte
culturale, quando verranno seppelliti i libri, una morte fisica, con la terra lanciata addosso a
tutti i protagonisti ormai morti.
Laddove Brecht prevede l’introduzione e la spiegazione della storia, attraverso l’ausilio di
cartelli, Baracco introduce un narratore che muove le fila, un po’ di qua, un po’ di là, difende o
condanna, racconta o giudica, per mutare vesti infine, divenendo l’erede Edoardo III che si
macchierà di sangue per eliminare gli assassini di suo padre. Scelta indovinata anche per la
bravura dell’interprete, energico, convincente e versatile. Poetica e visionaria la scelta degli
oggetti di scena, il grande orologio, i teli di cellophane, le corde, la valigia trascinata
dall’infelice regina, anima errante che si muove reclusa e scacciata, fino a giungere tra le
braccia del più macchinoso dei personaggi. Bravi e concentrati gli attori, portano a termine uno
spettacolo non facile, ricco di movimenti di scena precisi e mirati, non sbagliano i tempi e
mantengono un ritmo serrato costruito da battute, sguardi, gesti, senza sbavature. Unico neo
a mio parere, alcune esagerazioni di troppo nella seconda parte, per il personaggio di Edoardo,
eccessi che lo ridicolizzano gratuitamente proprio nel momento in cui più prepotentemente
viene fuori la personalità decisa e consapevole del regnante e dell’uomo.
26 / 09 / 2015
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