PROPOSTA di RIASSETTO

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PROPOSTA di RIASSETTO
del SERVIZIO SANITARIO REGIONALE CAMPANO
del MOVIMENTO SINISTRA DEMOCRATICA
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PREMESSA
La caratterizzazione principale del nostro sistema sanitario è sempre stata la
garanzia di un’assistenza omogenea ed equanime per tutte le persone con bisogno
reale e su tutto il territorio di competenza.
Porre al centro del sistema la persona non è mai stato un elemento formale, ma
ogni atto normativo ha tentato di indirizzare l’assetto organizzativo e funzionale
verso tale posizione, certamente ancora lontana dall’essere conseguita.
Tutti gli atti che si sono susseguiti dalla Legge 833 del 1978 al D. L.vo 229 del
1999 con i Piani Sanitari Nazionali varati fino ad oggi, tendono ad assicurare un
approccio unitario e complessivo al problema di salute individuale e collettivo. Gli
stessi Livelli di Assistenza, passati da 5 a 3, hanno rimarcato gli aspetti della
continuità delle cure e della presa in carico a partenza dai luogi e ambienti di vita. In
questa riduzione i L.E.A. hanno perso l’Uniformità che prima li caratterizzava, ma
rafforzavano l’Essenzialità come bene e diritto di tutti i bisognosi: ammalati,
diseredati, esclusi e abbandonati dalla società, con conseguente compromissione dello
Stato di Salute.
E’ proprio l’ultimo decreto citato, che ribadendo l’approccio unitario solidifica
l’assetto organizzativo e funzionale dei 3 L.E.A., la Prevenzione con il Dipartimento
di Prevenzione, l’Assistenza distrettuale con i Distretti Sanitari dotati di autonomia
contabile patrimoniale e quindi gestionale, l’Assistenza ospedaliera che si articola
negli ospedali del territorio e nelle aziende ospedaliere, per le quali la missione è
precisata quali centri di alta specialità ed eccellenza al fine di garantire l’autonomia
assistenziale ad ogni Regione. Infatti il compito affidato a queste ultime, di mirare a
ridurre ed eliminare le fughe extraregionali, è evidente sia nella richiesta formale di
effettuare ricoveri che per almeno il 20 % siano su assistiti di altra Regione, che nella
definizione stessa di alta specialità, non raffigurando questa la capacità di una singola
unità operativa – disciplina ma bensì l’insieme di servizi ad alta qualificazione
presenti in una MacroStruttura all’interno della quale la conclusione dei percorsi
personalizzati si ha in una Disciplina di alta intensità assistenziale.
L’organizzazione rappresentata è l’Azienda territoriale in grado di effettuare una
presa in carico complessiva e dopo valutazione, accompagnare nel percorso
individuale definito le persone con continuità assistenziale sia nell’integrazione
socio-sanitaria che nelle cure primarie o ospedaliere.
Mentre la presa in carico collettiva dovrebbe realizzarsi impegnando il
Dipartimenti di Prevenzione, al quale si affida sia la prevenzione primaria che quella
secondaria, cioè la diagnosi precoce, da sviluppare in stretta sinergia con il livello
distrettuale e con quello ospedaliero.
Il Distretto Sanitario raffigurato ha di fatto un assetto funzionale Dipartimentale,
per l’intersecarsi delle collaborazioni fra più servizi sia per le problematiche sociosanitarie che per le cure primarie, all’interno delle quali si inserisce la tutela della
Salute Mentale quale importante componente della Salute in generale.
Occorre distinguere per l’Assistenza ospedaliera la condizione che si è
determinata con una serie di ospedali la cui missione appare fortemente deficitaria
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rispetto al mandato che gli indirizzi generali assegnavano. Infatti se può apparire
verosimile che per talune delle Aziende ospedaliere si realizzi un rafforzamento per
l’aspetto territoriale e funzionale, le stesse non possono aggregare una condizione di
forte inappropriatezza clinica ed organizzativa che di certo le allontanerebbe dal
raggiungimento della loro Mission.
L’Assistenza ospedaliera erogata per esempio in presidi con presenza ed
appropriata operatività di discipline ad alta intensità assistenziale, forse anche talune
di media intensità assistenziale, potrebbe risultare utile alle Aziende ospedaliere per il
dovuto rilancio delle stesse, finalizzato esclusivamente al recupero delle fughe
extraregionali e alla riconquista della fiducia sanitaria dei cittadini campani. Mentre
le Specialità – discipline di base, in parte anche quelle di media intensità
assistenziale, potrebbero riqualificarsi garantendo percorsi condivisi con le cure
primarie del livello distrettuale, con facilità se si appartiene alla stessa
Organizzazione aziendale, praticamente impossibile di fronte alla separazione e
all’appartenenza a diversa azienda, iniziando quindi purtroppo a svilupparsi
meccanismi di contenzioso e concorrenziali.
La scelta strategica sul Modello Assistenziale a cui mirare va fatta in modo
chiaro e conseguente. Non è possibile a distanza di tanti anni ricadere nella
confusione per aprire la strada alla caduta del servizio sanitario pubblico, accorciando
la prospettiva del prevalere dei privati e delle assicurazioni anche qui da noi.
Dodici anni fa sembrava chiaro che di fronte alla prospettiva di aziendalizzare i
servizi sanitari vi erano due scelte, o il modello della completa separazione fra
cosiddetta committenza (che maschera la funzione di liquidazione e pagamento) e
produzione di prestazioni sempre più portate alla ripetitività commerciale e alla forte
inappropriatezza organizzativa, cioè prestazioni effettuabili in altro ambiente
vengono erogate negli ospedali e nelle case di cura separati dalla sanità territoriale,
Prevenzione e Assistenza distrettuale. Come fece la Lombardia liberista e
berlusconiana avviando l’ingresso delle assicurazioni e facendo salire il disavanzo
della sanità ai livelli di Lazio, Campania e Sicilia.
Ma poiché non era stata ancora approvata la completa deregulation in sanità, ma
anzi vi era stato il D. L.vo 229/99 che rafforzava la pubblicità e l’unitarietà del
servizio sanitario puntando sull’integrazione sia organizzativa e dei livelli essenziali
di assistenza che sulla progressiva e piena integrazione fra le strutture sanitarie e fra
queste e i servizi sociali, già prima della riforma degli stessi e dei Decreti che nel
2001 hanno regolamentato anche le prestazioni di integrazione sociosanitaria, la
Lombardia si vide costretta a risanare il bilancio, che è avvenuto senza troppi affanni
per una regione economicamente florida, tenendo a freno le assicurazioni e la caduta
del livello essenziale di assistenza da dover garantire a tutti. Anche se sono ben note
le condizioni di grande sofferenza per i lombardi che non necessitano strettamente di
assistenza ospedaliera per acuti: anziani soli, disabili fisici e psichici, emarginati
sociali e nuovi poveri.
La seconda scelta di fronte all’aziendalizzazione era rafforzare l’orientamento
pubblico attraverso la piena integrazione di funzioni, strutture e quindi dei Livelli
essenziali di assistenza, allora ancora unitari. Opporsi alla rincorsa per la maggiore
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produzioni di prestazioni, contrastare l’organizzazione di separati servizi tesi alla
concorrenza sfrenata fra loro (modello a canne d’organo), tentare di contrastare
l’incremento ingiustificato dell’OFFERTA di prestazioni , spesso non appropriate,
hanno tentato di farlo alcune regioni come la Campania con la Legge regionale di
fine 1994, altre regioni come Emilia Toscana Veneto Piemonte e Lazio da un iniziale
diversificazione del modello sono poi quasi tutte ricadute in una versione modificata
del modello Lombardo.
La crisi che sta vivendo il servizio sanitario regionale in Campania sembra
proporsi come l’accorciatoia per la privatizzazione, la richiesta di sempre nuovi fondi
a fronte di servizi sempre meno qualificati e con il perdurare degli indici di efficacia
ed efficienza più bassi d’Italia.
Per evitare che i responsabili di questa catastrofe in sanità, clientela – debiti –
collusioni – sprechi, riescano ad affossare il servizio pubblico in Campania attivando
capitali speculativi ed assicurazioni, va rilanciato con forza il Modello della piena
integrazione fra le funzioni sanitarie e fra i servizi sanitari e i servizi sociali, il
Modello orientato alla Valutazione del bisogno e alla definizione dei percorsi
personalizzati.
Le buone pratiche che gli operatori sanitari portano avanti sono tante e diffuse
nella regione, gli esempi che è possibile senza sprechi e con le risorse presenti
governare il sistema sanitario con maggiore accoglienza della persona che ha bisogno
di assistenza e riducendo l’abbandono dei pazienti ci sono.
Dovremo un po’ tutti rimboccarci le maniche perché non si può perdere questo
servizio che ci invidia tutto il mondo, lottare per assicurare la tutela della salute,
scegliere l’accorpamento delle amministrazioni centrali delle aziende per ottimizzare
alcuni costi di gestione, rilanciare gli ospedali per la cura degli episodi acuti non
assibili in altra sede a minore intensità e costi, sviluppare i distretti quali
macroarticolazioni territoriali di governo e verifica della corretta presa in carico
sociosanitaria in un percorso di continuità assistenziale territorio-ospedale.
UNA PROPOSTA PER LA SALUTE E PER L’INTEGRAZIONE SOCIO-SANITARIA
PREMESSA SULLO STATO DI SALUTE E PRINCIPI GENERALI
Prima di illustrare la nostra proposta si ritiene di dover partire da una constatazione
fondamentale e cioè che lo stato di salute della popolazione campana è tra i meno floridi
nella penisola, come si evince ormai da numerosi indicatori. La speranza di vita alla nascita
è la più bassa, rispetto al resto di Italia, sia per i maschi che per le femmine; sono più
elevate la mortalità generale, la mortalità per malattie del sistema cardio-circolatorio,
diabete, malattie respiratorie e anche per molti tumori (polmone, fegato e vescica negli
uomini; fegato, utero e leucemie nelle donne), la cui incidenza sta aumentando sempre di
più. Anche la sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi per tumore è la più bassa, segno che,
oltre a non fare diagnosi precoce, i servizi di cura sono poco efficienti.
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Non vi è una rete organizzata per la tutela materno-infantile. Le donne si ammalano di più
e non dispongono di buoni servizi (si pensi solo alla piaga dei tagli cesarei che
raggiungono punte del 70%, alla mancata pianificazione ed organizzazione di screening
per i tumori femminili), mentre per i bimbi vi è un eccesso di mortalità infantile e
neonatale e di malformazioni nel primo anno di vita. Tabelle decidere come e quali
E’ la regione dove gli incidenti sul lavoro e le malattie professionali, sono più frequenti se
rapportate ai posti di lavoro, e dove ( la mortalità sul lavoro è tra le più elevate. ?)
La Campania ha perso quel vantaggio di salute che le derivava da condizioni di salubrità
ambientale più favorevoli e da abitudini di vita più salutari, e ormai presenta accanto alle
patologie da sottosviluppo (mortalità infantile e m. infettive), un netto incremento delle
patologie proprie dei paesi più industrializzati (tumori e malattie croniche degenerative).
Certamente questo svantaggio di salute è in parte riconducibile alle cattive condizioni
socio-economiche di molti strati sociali, alla povertà e alle difficoltà di accesso ai servizi
sanitari da parte delle persone più svantaggiate. Ma ciò solo in parte è vero e non
giustifica la elevatissima spesa: piuttosto dobbiamo constatare che il servizio sanitario
campano presenta numerose inefficienze mentre i servizi sono poco accessibili ai cittadini.
E’ poco efficiente la rete per il Pronto Soccorso ed il trasporto in emergenza (118), mentre
manca una rete per il trasporto e l’ assistenza neonatale.
Non esiste una rete oncologica né tantomeno una rete regionale di terapia del dolore e
cure palliative mentre il principale e quasi unico istituto dei tumori del mezzogiorno,
l’Istituto Pascale, tra i primi a sorgere in Italia, ora è trascurato, sottofinanziato, dotato di
tecnologie vetuste ed obsolete: ammalarsi di tumore in Campania significa intraprendere
un lungo calvario, a meno che non ci si procuri una idonea raccomandazione e protezione.
L’ADI ,assistenza domiciliare integrata, ed i servizi di assistenza territoriale sono assenti o
scarsamente funzionanti per cui gli ospedali risultano intasati da pazienti che meglio
sarebbero assistiti presso il proprio domicilio o presso strutture territoriali a bassa intensità
assistenziale. Quasi completamente assente è la ospedalizzazione domiciliare e
l’integrazione, nell’ambito di una rete, delle varie tipologie assistenziali che pure la legge
identifica e prevede. Mancano vere politiche sanitarie per l’ assistenza agli anziani, per la
salute mentale e per l’assistenza alle grandi dipendenze. Tabelle del ministero
Esiste invece una moltitudine di piccole strutture di ricovero e diagnosi (sia pubbliche che
private) che non sempre garantiscono cure e diagnosi appropriate, ma che in compenso
generano spesa.
Mancano completamente strutture riabilitative di 3° livello, per cerebrolesi e neurolesi.
Rarissime sono le strutture dedicate alla cura del dolore e quelle pochissime esistenti sono
carenti di organici e mezzi strumentali: a tutt’oggi in Campania è stato attivato un solo
hospice sui nove previsti. Si può ben dire che il diritto alla non sofferenza è oggi nel Sud
un diritto assolutamente non rispettato.!
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Vi è uno stato di vero e proprio decadimento dei policlinici universitari, che sono ormai
solo centri di potere, dove vi è molto proliferare di primariati e dove il livello della offerta
formativa è piuttosto mediocre.
Le Aziende Ospedaliere, deputate a fornire prestazioni ad alta intensità di cura e alla
emergenza urgenza sono in seria difficoltà per le restrizioni finanziarie, la sotto dotazione
tecnologica, il blocco delle assunzioni, il precariato mentre bassissimo è lo stato di
attuazione degli interventi di edilizia ospedaliera, finanziati dallo stato: su 175 progetti
approvati solo 5 sono stati realizzati, pari al 3% del totale.
Come effetto e risultato di quanto sopra, sono aumentate le disuguaglianze nelle
possibilità di accesso alle cure, non si fa prevenzione e diagnosi precoce, i livelli di
assistenza si stanno abbassando, non esiste la continuità per l’assistenza territoriale e a
domicilio, la risposta terapeutica non funziona, la migrazione verso strutture del centronord continua ed anzi è ripresa, comunque per chi se lo può permettere, come sa bene la
classe dirigente i cui esponenti spesso si curano in altre regioni o all’estero.
Infine lo stato dell’ambiente , soprattutto in provincia di Napoli e Caserta, ma non solo, è
stato compromesso in modo forse irreversibile, grazie alla escavazione incontrollata e al
deposito di rifiuti speciali e tossici, avvenuto a partire dagli anni 70’ provenienti da ogni
parte d’Italia e anche d’Europa, e all’uso di pesticidi, il più alto in Italia. Ciò ha prodotto
l’inquinamento delle principali matrici ambientali (aria, acqua, suolo), con effetti sull’acqua,
sui prodotti agricoli e su tutta la catena alimentare, tanto che ormai non si può più negare
che vi sia correlazione tra aumentata incidenza di tumori e malformazioni ed inquinamento
ambientale.
E’ convinzione ormai diffusa che la tutela della salute della popolazione campana sia uno
dei principali problemi da affrontare per chi ha responsabilità di governo nella nostra
regione, e che non possano essere tollerate in una regione che da anni è governata dal
centro-sinistra, le profonde disuguaglianze nell’accesso ai servizi.
Ma è anche certo che il trend negativo potrà essere invertito solo attraverso un radicale
cambiamento di rotta non solo nella gestione della sanità, ma di tutto il sistema, dal
momento che i determinanti della salute sono fortemente connessi a fattori sociali,
produttivi ed ambientali.
Dovrà essere parte della inversione di rotta l'integrazione dei servizi sanitari con quelli
sociali, dal momento che molti problemi di salute e molte condizioni di disagio fisico,
psichico ed esistenziale, devono essere affrontate con interventi di carattere sociosanitario.
Poichè le politiche sanitarie non possano prescindere dalle politiche sociali dovrà essere
approntato quanto prima un Piano Sociale e Sanitario, attraverso il quale Regione ed Enti
Locali possano assicurare, in modo unitario ed integrato, il governo dell’intero sistema, che
attualmente fa capo a due distinti settori regionali.
A monte di qualsiasi intervento tuttavia, proponiamo e poniamo come irrinunciabili, le
seguenti condizioni:
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Gli obbiettivi di salute e la persona, devono essere al centro di qualsiasi proposta e
come tali non possono sottostare al complesso affaristico-clientelare che finora ha
determinato la sanità. (spesso i servizi sono più attenti alle esigenze dei
responsabili e degli operatori, …)
Deve essere fatto ogni sforzo per ridurre ed annullare le disuguaglianze nelle possibilità
di accesso alla diagnosi, alle cure, alla assistenza nelle fasi terminali della vita, al
sollievo della sofferenza: sapendo che una sanità realmente equa si costruisce sulle
necessità e sui bisogni delle categorie più disagiate e sul rispetto della persona che
soffre.
Deve essere realizzata la massima integrazione tra sistema sanitario e sociale, col
coinvolgimento pieno, nel governo del sistema, di Enti Sanitari ed Enti Locali.
Tra le strutture pubbliche e private, del Servizio Sanitario e Sociale, non dovrà esservi
competizione ma integrazione e collaborazione. E' ormai abbondantemente
dimostrato che la competizione non è utile al fine di migliorare l’accesso e la cura
dei cittadini ma introduce anzi gravi elementi di distorsione, tra cui l’aumento dei
costi.
Partendo da queste premesse si ritiene che i nodi principali da affrontare riguardino:
Integrazione tra sistema sociale e sanitario, Riassetto generale delle Aziende
Sanitarie, Ruolo ed organizzazione delle Aziende Territoriali, Ruolo ed
organizzazione delle Aziende Ospedaliere, Privato Convenzionato, Personale e
Formazione, Criteri di Finanziamento.
Nell’ambito di tale riassetto vanno strutturati e potenziati alcuni settori che, nonostante la
loro centralità per la salute di una popolazione, presentano un livello di articolazione e una
capacità di risposta ancora carenti rispetto agli standard stabiliti a livello nazionale e
raggiunti da altre regioni. Essi sono: prevenzione primaria e secondaria, sicurezza
sul lavoro, rete delle cure oncologiche, rete dell’emergenza, settore maternoinfantile, riabilitazione, rete della terapia del dolore e cure palliative, rete delle
cure domiciliari ….
La proposta che segue prevede che, in seguito ai processi di accorpamento proposti, si
determini un forte ridimensionamento dei livelli direzionali di ASL ((e Distretto)), con
conseguente diminuzione della spesa, ma anche delle possibilità di lottizzazione politica, e
un relativo aumento delle responsabilità di servizi tecnici, a seguito dei forti investimenti
che si propongono, soprattutto nelle ASL, con la previsione di Dipartimenti e Servizi che
attualmente mancano.
INTEGRAZIONE TRA SISTEMA SOCIALE E SANITARIO
L’Integrazione socio-sanitaria doveva costituire attraverso il D.Leg.229/99, la Legge
328/2000 ed i P.S.N. che si sono succeduti a partire da quello del 1998/2000, il tema
fondamentale su cui le Regioni avrebbero dovuto costruire l’integrazione tra politiche
sanitarie e sociali.
Nella nostra regione, ben poco si è fatto in questo senso, ed i due settori restano separati
a livello regionale e locale.
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Invece la necessità dell’integrazione tra interventi sanitari ed interventi sociali e la stretta
collaborazione tra gli enti e gli organismi competenti alla effettuazione e regolazione degli
interventi socio-sanitari è indispensabile per diversi ordini di motivi.
a. produce maggiore efficacia assistenziale in quanto consente di dare risposta a
bisogni multiformi e complessi attraverso processi assistenziali multiprofessionali
che si coadiuvano e facilitano tra di loro
b. favorisce un uso più efficiente delle risorse attraverso il superamento di modelli
settoriali cha causano ridondanza di offerta in alcuni servizi e carenza in altri, e
non poche volte generano conflitti tra gli operatori e con gli utilizzatori dei
servizi. Attraverso il confronto assiduo tra operatori diversi si determina inoltre
una maggiore appropriatezza delle prestazioni.
c. riduce il disagio dei cittadini, in quanto l’utente e la sua famiglia anziché avere
come interlocutori singole figure sanitarie e sociali, appartenenti a servizi ed
amministrazioni diverse, con cui interagiscono separatamente ed in tempi
differenziati, interagiscono con un “gruppo”di operatori, che operano secondo
una logica di erogazione unitaria e sono rappresentati da un’unica figura
responsabile.
Si ritiene quindi che la regione debba essere riorientata nelle procedure di
programmazione prevedendo la progressiva unificazione degli atti di programmazione del
settore sanitario e di quello sociale, e il coordinamento con gli indirizzi programmatici
regionali di altri settori (ad es:educazione, formazione, politiche abitative) che concorrono
alla determinazione degli obbiettivi di salute.
Per realizzarsi, l'integrazione deve essere costruita in due diversi ambiti: quello
istituzionale e delle comunità locali e quello gestionale-professionale.
In ambito istituzionale e di comunità, dove la Regione e gli Enti Locali hanno la
responsabilità primaria di assicurare, in modo unitario, integrato ed omogeneo su tutto il
territorio regionale, le funzioni di governo dell’intero sistema, si propone ai diversi livelli la
seguente articolazione:
A livello regionale, oltre a precisare i compiti dell’Assemblea legislativa e della Giunta
rispetto alle esigenze dell’integrazione, prevedere:
- Un Consiglio (o coordinamento) degli enti locali, quale organo di rappresentanza,
confronto, consultazione, coordinamento tra la Regione e gli Enti Locali
- Un unico Assessorato per le politiche sociali e sanitarie, con funzioni di programmazione
ed indirizzo, e come sede di concertazione con le Organizzazioni sindacali.
Alle competenze di indirizzo regionale spetta, l'identificazione dei servizi per i quali si
richiede l'integrazione, la definizione dei criteri e dei parametri per la ripartizione degli
oneri tra ASL e Comuni in relazione alla tipologia di servizi e alle modalità assistenziali, e
moda, l'individuazione delle procedure per la definizione delle intese tra ASL e Comuni, le
modalità per l'inserimento delle associazioni di volontariato.
Sempre alla regione, spetta la emanazione di indirizzi per la ridefinizione e la
riqualificazione delle strutture finalizzate all'erogazione di prestazioni inerenti l'area
dell'integrazione socio-sanitaria, in relazione all'intensità di intervento sanitario e sociale
necessario.
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A livello intermedio, prevedere, oltre alla Provincia, che si deve adoperare per
l’integrazione delle politiche sociali con le altre politiche di settore, la partecipazione del
terzo settore, la definizione ed attuazione dei Piani di Zona, la Conferenza territoriale
sociale e sanitaria (CTSS) per facilitare il coordinamento delle politiche sociali, sanitarie e
socio-sanitarie
A livello locale, legare formalmente ASL, Distretti e Comuni nella programmazione locale
delle politiche di integrazione socio-sanitaria (ciò che attualmente non avviene), e
promuovere la stretta combinazione fra politiche generali che incidono sulla qualità della
vita quotidiana e condizionano la effettiva fruibilità dei servizi sociali e sanitari.
E' a questo livello che ASL e Comuni concordano le reciproche modalità gestionali e le
rispettive risorse messe a disposizione.
Come fulcro dell'integrazione tra servizi sociali, comunali ed eventuali altri soggetti, e
come punto di riferimento unitario per i cittadini, si conferma la zona-distretto.
In ambito gestionale e professionale
La prestazioni sociosanitarie ad alta integrazione, come definiti con decreto del Presidente
del Consiglio dei Ministri del 14 febbraio 2001 riguardano il materno-infantile, i disabili, gli
anziani e le persone non autosufficienti con patologie cronico degenerative, i soggetti
affetti da AIDS, i pazienti terminali, la grandi dipendenze (droga, alcool e farmaci) e le
patologie psichiatriche. La riorganizzazione degli interventi in senso integrativo, dovrà
coinvolgere in una gestione unitaria le risorse e i sistemi organizzativi che fanno capo a
diversi servizi, onde permettere la presa in carico e la continuità terapeutica per ogni
singolo paziente, in base ai seguenti principi.
Identificazione dei contenuti assistenziali di tipo sociale e sanitario che qualificano la
gestione di ogni singolo servizio ed individuazione delle figure professionali, dei
beni e delle risorse necessarie
Predisposizione di protocolli per assicurare la gestione unitaria dei servizi ed il
coordinamento interdisciplinare delle diverse figure professionali sanitarie
Predisposizione, sempre su base distrettuale, di liste unitarie di accesso, ancorché la
richiesta del cittadino si riferisca a più servizi, per ricomporre la domande che
uno stesso cittadino porrebbe a strutture diverse, nel rispetto della priorità e
delle necessità più immediate ed urgenti.
Nel caso di bisogni sanitari e sociali le figure di riferimento che oltre a valutare la
domanda creano le condizioni per attivare i progetti personalizzati di assistenza
sono il medico di medicina generale e l'assistente sociale, nel caso di bisogni
socio- sanitari più complessi, che richiedono competenze professionali integrate
interven gono le unità di valutazione multidisciplinare.
Strutturazione di processi che garantiscano le modalità di passaggio tra i diversi
servizi e quindi la “continuità assistenziale”, per la quale si dovrà prevedere
anche il trasferimento della documentazione anamnestica e delle risultanze
valutative che descrivono il percorso assistenziale fini ad allora tracciato.
Predisposizione di un sistema informativo per la registrazione e raccolta dei dai di
attività, delle dinamiche di costo, delle variazioni nello “status” di bisogno, del
collegamento a distanza dei singoli operatori, e che consenta anche la
valutazione periodica e comparativa, dei livelli di efficacia espressi dai diversi
servizi.
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Predisposizione di moduli formativi unitari, cui dovranno partecipare tutti gli
operatori sanitari, sociali, degli enti locali, dei fornitori privati, della
cooperazione. Saranno opportune anche iniziative di formazione, nei confronti di
tutti i componenti del Governo locale -amministratori, direttori, dirigenti- sui
temi della programmazione, dell’integrazione socio-sanitaria e della gestione.
Individuazione di una struttura collocata in ambito distrettuale, unitariamente
individuata da comuni e ASL, cui affidare la responsabilità tecnica di gestione
delle reti di assistenza integrata, e che garantisca l’analisi, la valutazione e la
revisione dei principali processi di integrazione socio-sanitaria.
Ferma restando la titolarità pubblica della programmazione e gestione socio-sanitaria, va
riconosciuto il ruolo e la rilevanza sociale delle organizzazioni di volontariato, delle
cooperative sociali, e delle organizzazioni sindacali, le quali ultime dovrebbero avere un
ruolo fondamentale (di tipo complessivo e non corporativo, come spesso succede) nella
concertazione ai vari livelli istituzionali.
RIASSETTO GENERALE DELLE AZIENDE SANITARIE
L’attuale assetto delle aziende sanitarie campane, non risponde né alle esigenze
assistenziali, né alle esigenze di ottimizzazione della spesa. Un loro riassetto si rende
pertanto necessario , non solo perché bisogna recuperare l’enorme debito accumulato ma
anche per poter rispondere nel modo più efficace possibile ai sempre nuovi ed aumentati
bisogni di cura e di assistenza, come è naturale che avvenga in una società dove
aumenteranno sempre di più gli anziani e le categorie di persone bisognose di assistenza.
Dalla attuale situazione di crisi, pertanto, si può uscire non con ritocchi, e tanto meno con
un piano di rientro, come quello attualmente in atto, pressochè privo di azioni
programmatorie e fatto di tagli generalizzati, per cui le strutture vengono
progressivamente svuotate ed impoverite, come effetto della progressiva riduzione delle
risorse. Si impone invece una profonda riorganizzazione di tutto il sistema, per cui si
avanza la seguente ipotesi.
1. Ridurre il numero delle ASL e dei Distretti.
Si propone di accorpare le ASL per aree omogenee e per dimensioni comprese, di norma,
tra ((5)) 1.000.000 – 700.000 abitanti, mentre i Distretti, saranno riaggregati
((costituiti)) secondo dimensioni territoriali con bacino di riferimento non inferiore ai
100.000 abitanti.
Per effettuare gli accorpamenti, più che dei confini provinciali, si terrà conto di altri
elementi come: collocazione delle comunità rispetto alle strutture sanitarie, viabilità e
tipologia dei collegamenti, montuosità e densità abitativa, flussi tradizionali di gravitazione
della popolazione rispetto ai diversi centri.
I vantaggi derivanti da tale riassetto sarebbero di tipo economico (riduzione nel numero
dei direttori e degli apparati tecnico-amministrativi e di supporto) e gestionale perché la
programmazione per aree medio-grandi ridurrebbe la disomogeneità nell’applicazione delle
norme e nell’erogazione dei servizi.
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Il governo per grosse aree infine consente di migliorare la qualità dei servizi erogati
avendo la possibilità di investire molto e bene su alcuni centri, e di evitare gli sprechi,
inevitabili, allorché si deve investire per il mantenimento di una miriade di punti.
Il possibile svantaggio poi dovuto alla maggiore distanza di strutture erogatrici dalla
residenza dei cittadini, sarà annullato attraverso la costituzione ed il funzionamento dei
servizi di assistenza e cure domiciliari e la presa in carico per tutta la durata del
processo terapeutico ed assistenziale, attraverso la integrazione dei servizi a rete, come
descritto in seguito.
2. Riportare le ASL al loro mandato di responsabili dello stato di salute della popolazione di
riferimento.
Le ASL assicureranno lo svolgimento diretto delle attività di prevenzione e delle prestazioni
di base (cure primarie, assistenza al domicilio e presso le strutture residenziali e
semiresidenziali, continuità terapeutica, assistenza agli anziani, assistenza ai malati
terminali, controlli di qualità e per l’accreditamento) tramite proprie strutture e servizi, i
quali provvederanno ad inviare ad Aziende Ospedaliere, Universitarie e Strutture Private
accreditate i pazienti affetti da patologie acute ((e/o)) che richiedano prestazioni di
media-alta specialità. Da ciò derivano altri tre principi o condizioni:
1. Aziende Ospedaliere e Aziende sanitarie locali saranno legate da una
programmazione comune, ed in questa saranno necessariamente inserite anche le
strutture private che rispondano ai requisiti di accreditamento e della domanda di
fabbisogno.
2. La previsione di spesa effettiva sarà riportata su ciascuna ASL sulla base della
popolazione residente
3. Alla ASL sarà attribuito il compito di remunerare, col finanziamento assegnato, tutti
i servizi gestiti dalla stessa o da altri ( pubblici e privati, intraregionali ed
extraregionali) che forniscono prestazioni ai cittadini residenti nel territorio dell’ASL.
Ne deriverebbe una forte responsabilizzazione dei Direttori Generali che sarebbero
incentivati a realizzare e far funzionare i servizi in loco, a ridurre inefficienze e sprechi,
ovvero a rispondere per carenze che spingessero i propri cittadini altrove.
3. Investire fortemente nella ASL sui servizi di prevenzione e di base
Questi servizi sono complementari ed in molti casi sostitutivi del ricovero e della degenza
ospedaliera: proprio la forte carenza di questi servizi ed il ricovero inappropriato presso
strutture ospedaliere è causa oggi, assieme ad altere negatività, dell’esorbitante costo, del
sistema sanitario campano.
Centro di riferimento fondamentale per la realizzazione delle cure primarie e specialistiche
territoriali in forma domiciliare, ambulatoriale, residenziale, e per l’integrazione tra servizi
sociali e sanitari, sarà il Distretto.
In ogni Distretto sarà presente una articolazione dei Dipartimenti attraverso i quali si
programmano e si realizzano le diverse competenze ed attività dell’ASL. Essi sono:
Dipartimento di Prevenzione e Sanità Pubblica

Dipartimento delle cure primarie
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
Dipartimento Socio-sanitario

Dipartimento di salute mentale e delle dipendenze patologiche
(((Le responsabilità di governo sono attribuite al direttore di Distretto, mentre le
responsabilità di gestione tecnico-funzionale sono attribuite ai Direttori di Dipartimento.
Trattandosi di Dipartimenti strutturali, possiedono autonomia finanziaria e gestionale, ma
con una stretta interdipendenza reciproca, attraverso l’integrazione dei servizi a rete, così
da garantire la continuità terapeutica e la presa in carico della persona o del paziente
senza interruzioni di percorso dovute al fatto che i trattamenti siano svolti da servizi
diversi.))) Credo sia necessario riflettere sull’organizzazione di fatto a canne
d’organo che qui potrebbe riemergere e pensare alle nuove dimensioni di
Aziende almeno provinciali e di Distretti con popolazione di almeno 100.000
abitanti, con un assetto funzionale di tipo dipartimentale, mentre i
coordinamenti aziendali almeno provinciali, più che imporre omogeneità che
non riescono a determinare dovrebbero dedicarsi a Linee Guida condivise e alla
verifica di coerenza fra bisogno valutato e finalità delle operatività attivate.
4. Realizzare le reti integrate dei servizi
In Regione Campania vi sono grandi differenze tra le diverse aree per quanto riguarda
accessibilità dei servizi, livello di utilizzazione, risultati e costi.
Le difficoltà nell’ accesso e nel proseguimento del percorso di cura sono notevoli e lo sono
soprattutto per le popolazioni e le categorie più disagiate con conseguenti grossi problemi
di equità.
Ciò spinge la popolazione dei diversi ambiti territoriali e le stesse istituzioni periferiche a
chiedere ospedali vicini ed attrezzati per tutte le prestazioni.
Ma questo non è realisticamente possibile, oltre che dannoso. La dotazione infatti, di
ciascun ambito territoriale dell’insieme di servizi sufficienti a soddisfare localmente tutte le
necessità assistenziali di una popolazione, porterebbe ad una generale duplicazione
dell’offerta, al decadimento della qualità dell’assistenza, (dal momento che in molti servizi i
volumi di attività sarebbero insufficienti a mantenere aggiornate le competenze e le
conoscenze degli operatori) e ad un netto aumento dei costi, senza peraltro migliorare la
qualità dei servizi.
Da qui la necessità di individuare un sistema di erogazione delle prestazioni attraverso il
quale conciliare diffusione ottimale dei servizi e delle competenze professionali, alti volumi
di attività e sostenibilità dei costi, con gli obbiettivi della continuità assistenziale, della
qualità e dell’equità. Tale sistema, che peraltro è già stato adottato in alcune regioni, si
ottiene con la messa in rete delle diverse attività, attraverso la realizzazione delle Reti
integrate dei servizi, in modo tale che crescenti livelli di competenza tecnica-professionale
e dotazione tecnologica siano resi accessibili, ancorché collocate in aree territoriali diverse,
a tutti i cittadini in qualsiasi sia il punto di accesso nel sistema.
In questo modo, le potenzialità della assistenza sanitaria si estendono oltre quelle
effettivamente presenti in ciascuna unità produttiva o in un ambito territoriale dato.
. . . il perché estendere il territorio di competenza per l’Amministrazione (ASL) e
per la gestione operativa (D.S.) . . .
La rete complessiva sarà organizzata secondo due livelli di complessità crescente:
12
Il primo livello, di norma su base provinciale, dovrà garantire l’autosufficienza di un
determinato territorio per tutte le funzioni di cura ed assistenza al netto delle
funzioni complesse e delle grandi specialità …? Elencarle . che saranno pianificate
a livello sovra-aziendale e regionale.
I criteri per definire le condizioni di autosufficienza si baseranno principalmente sulla
frequenza delle patologie di interesse ospedaliero nell’ambito territoriale
considerato, sulle modalità più appropriate di trattamento, sui livelli ottimali di
operatività delle risorse disponibili. Per quanto riguarda la dotazione dei posti letto
l’autosufficienza dovrà far riferimento ad una dotazione pari a (4) 3.5 posti letto per
acuti, di cui almeno il (1) 20% in regime diurno, ogni mille abitanti, e di 0,7 posti
letto per le funzioni della lungodegenza, assistenza residenziale e riabilitazione
estensiva.
 Il secondo livello delle rete garantirà tutte quelle funzioni complesse, altamente
specialistiche o rare, la cui pianificazione ed organizzazione, richiede un
investimento di risorse cospicuo, non sostenibile nell’ambito individuato per
l’autosufficienza territoriale. Rientrano in questa tipologia, e sono pertanto
programmate a livello regionale, o sovra-zonale di area vasta, i livelli superiori delle
attività svolte nel territorio ASL. (elencarle ! )

Un tale riassetto avrà importanti implicazioni politiche e gestionali, e potrà costituire una
risposta vera alle obbiezioni, che spesso vengono, da parte di cittadini ed amministratori
che vorrebbero in loco tutti o quasi tutti i servizi, perchè:
a). Ciò che si cerca di perseguire è la garanzia della qualità e della equità di accesso per
tutti i cittadini, piuttosto che la equidotazione delle strutture nello stesso ambito
territoriale.
b). Viene superato il concetto di “localizzazione della struttura operativa”, proprietà e
patrimonio della comunità locale, perché l'assistenza viene assicurata dalle rete, mentre le
sedi fisiche si giustificano principalmente in funzione del ruolo svolto rispetto alle esigenze
della rete in cui sono comprese. (motivando quindi il potenziamento delle Cure
Domiciliari e le attività di Day Service)
c). L’attenzione è concentrata non tanto sulla efficienza organizzativa della singola unità
produttiva, ma sulla sua capacità di stare nella rete, di garantire la sua funzione
nell’ambito della rete e ivi compresa la rapidità di invio e ricezione.
d). Il concetto di rete è incompatibile con il concetto di competizione tra le singole unità
produttive, pubbliche o private accreditate, e richiede invece la loro cooperazione
all’interno della rete di cui fanno parte, secondo la tipologia ed i diversi livelli di
complessità dell’intervento loro attribuito. Di conseguenza cambia totalmente anche il
rapporto con il privato accreditato, il cui ruolo si esplicherà e varrà anch’esso nell’ambito
della rete.
5. Realizzare l’integrazione sovra-aziendale attraverso la costituzione delle Aree Vaste
L’Area Vasta costituisce l’integrazione funzionale tra più aziende sanitarie per esercitare
congiuntamente quelle funzioni sanitarie, amministrative e tecnico-professionali o di
supporto, le cui caratteristiche sono tali, da renderne ottimale la gestione allorché
effettuata per aree sovra-aziendali attraverso l’integrazione tra servizi appartenenti ad
aziende sanitarie diverse. Obbiettivi e finalità nella realizzazione delle aree vaste sono di
migliorare il rendimento delle risorse e la qualità dei servizi, non alterando, nel caso dei
servizi di carattere sanitario, l’equità dell’accesso.
13
Tali concentrazioni possono riguardare servizi sanitari, in cui la componente tecnicologistica è importante, (laboratori, centri trasfusionali, logistica farmaceutica), servizi
tecnici (aree tecniche ed uffici progettazione, servizi di ingegneria clinica e di fisica
sanitaria, servizi informatici), amministrativi (servizi approvvigionamento, logistica
economale, gestione stipendi, concorsi, formazione, copertura assicurativa), oltre che
funzioni direttamente legate alla assistenza sanitaria, tra cui le alte specialità.
6. Riqualificare la rete ospedaliera e rafforzare le Aziende Ospedaliere ed Universitarie
Nel 2005, i dati del Ministero della Salute, danno in Campania 5.986 posti letto (esclusi i
day hospital) situati negli ospedali a gestione diretta ASL, pari a circa il 50% di tutti i posti
letto pubblici che erano 12.450 (le strutture private accreditate ne offrivano invece 5.822).
Molti di questi presidi tuttavia sono sottodimensionati (il 33% con meno di 120 posti),
sono particolarmente costosi, ed offrono prestazioni di bassa complessità.
Se si considera che anche nel privato, molte strutture sono troppo piccole per essere
produttive, questi dati ci dicono che almeno il 50% degli ospedali regionali presenta
dimensioni e caratteristiche che non consentono loro di essere efficienti e produttivi. Gran
parte degli stessi va pertanto riconvertita su funzioni di tipo primario (ospedali di
distretto e/o di comunità, case della salute con Psaut e CA, strutture residenziali e
semiresidenziali per l’assistenza di base), a gestione ASL (o privata accreditata), mentre si
propone di accorpare (i rimanenti) quelli con un n° di pl superiori a 200/250 alle
Aziende Ospedaliere cui debbono funzionalmente e possono facilmente essere
collegati.
Le Aziende Ospedaliere (8), a cui sono da aggiungere due Aziende Universitarie e un
IRCS, presentano numerose problematiche che ne riducono l'efficienza quali: erogazione di
prestazioni e ricoveri a bassa complessità che dovrebbero essere soddisfatti dalle strutture
territoriali, inefficienze organizzative con inutili duplicazioni di Unità Operative,
distribuzione ed organizzazione delle specialità inidonee a rispondere ai bisogni della
popolazione, insufficiente dotazione tecnologica, scarso investimento sulla crescita e
formazione del personale.
Poiché le AO devono costituire il baluardo contro la mobilità extraregionale ed il livello più
elevato nella gestione dell’emergenza-urgenza, in esse dovranno essere garantite le
specialità, i centri trasfusionali di 1° livello o i servizi immunotrasfusionali?, l'oncologia
e le attività dell’emergenza urgenza (compresa la cardiologia interventistica).
Alcune di esse, oltre ad essere centri di riferimento ospedaliero per le ASL di riferimento
e/o per “ Area Vasta”, potranno essere individuate come centri di riferimento regionale per
l' alta specialità e per patologie rare come: trapianti, cardiochirurgia, neurochirurgia,
grandi ustionati, riabilitazione intensiva, trauma center, cure intensive perinatali, centro
antiveleni, procreazione medicalmente assistita, genetica medica, sistema trasfusionale di
2°livello, ematologia , Istituto dei Tumori. L'obbiettivo è di realizzare centri di riferimento
idonei ad “assicurare standard di assistenza, il più elevati possibile, cui possano accedere
tutti i cittadini, per contrastare la mobilità extra regionale. Questi centri rappresentano il
3°livello in un sistema organizzato a rete, e devono garantire le prestazioni che li
qualificano secondo una percentuale, che ne evidenzi la affettiva centralità rispetto alla
casistica registrata nel territorio di riferimento.
Delle Aziende Ospedaliere entrano a far parte i presidi ospedalieri con n° pl superiore a
200 e non riconvertiti delle aree territoriali di riferimento, che saranno di norma deputati
14
alla effettuazione di attività di media-alta intensità assistenziale. (tabella) ((non
intensive, per ricovero post-acuti, e per ricoveri prolungati.))
Complessivamente, ciò che si propone è il rafforzamento, la differenziazione specialistica
e nel contempo la semplificazione della rete ospedaliera.
Contestualmente al riassetto è necessario prevedere un forte programma di investimenti
per manutenzione ordinaria, straordinaria, adeguamenti strutturali e alle norme di
sicurezza, rafforzamento del parco tecnologico.
7. Riorganizzare gli approvvigionamenti attraverso i Consorzi d’acquisto
Attualmente le aziende sanitarie della Campania, si caratterizzano per la scarsa
dimensione operativa delle strutture acquisti, che peraltro non possiedono una
caratterizzazione specialistica nel campo, e quindi non sono in grado di far fronte alla
sempre maggiore capacità d’influenza di un mercato ormai sopranazionale e dominato
dalle ditte produttrici.
Da ciò anche alcuni effetti distorsivi a danno della trasparenza, dell’imparzialità ed
economicità delle procedure di acquisto pubbliche.
Al fine di superare questi aspetti che nel tempo hanno contribuito non poco alla crescita
del debito sanitario campano, le Regione si propone di concentrare gli acquisti presso la
SORESA. Tale centralizzazione tuttavia non appare percorribile, se si considerano le
dimensioni e la specializzazione di questo mercato, per affrontare il quale mancano allo
stato attuale le competenze necessarie.
Si propone pertanto, di seguire una strada intermedia con la costituzione di strutture
consortili interaziendali o per “area vasta”, cui delegare oltre che gli acquisti anche altre
funzioni tecnico-amministrative delle aziende non direttamente attinenti l’erogazione delle
prestazioni sanitarie.
Ciò, tra l’altro, contribuirebbe ad accentuare il carattere delle aziende sanitarie in quanto
fornitrici di servizi alla persona e alla collettività, riducendone i compiti di tipo gestionale e
di supporto.
Poiché questi consorzi, di norma dislocati per area vasta devono caratterizzarsi per
l’elevato grado della competenza in materia, si richiede al servizio sanitario uno sforzo per
la formazione del personale tecnico-amministrativo che sarà destinato a questi compiti.
Si ritiene che progressivamente possano essere sottoposte a scorporo e quindi a
consorziamento per area vasta le funzioni di approvvigionamento, le tecnologie
informatiche ed il parco tecnologico non sanitario, la gestione del patrimonio, la gestione
delle strutture e dei processi logistici, l'acquisto di farmaci e presidi medico-chirurgici.
Nelle fasi di costruzione di questi servizi le nuove ASL, estese sia per
popolazione e territorio che per servizi alla persona, già costituiscono
un’aggregazione su scala maggiore nell’Approvvigionamento, potendosi
disporre per loro l’obbligo ad acquistare secondo la gara/contratto più
favorevole presente in Regione.
((7)) 8. Riorganizzazione e riqualificazione del privato accreditato
Il privato accreditato attualmente assorbe oltre il 50% delle risorse finanziarie della sanità
campana e rappresenta una quota rilevante delle strutture del sistema di erogazione
sanitario come si può vedere dai seguenti dati:
15
25% circa, i pazienti acuti dimessi da strutture private accreditate
32,2% sono i PL(posti letto) per ricovero ordinario (RO)
16,6% sono i PL per DH (day hospital)
78% gli ambulatori e laboratori privati
41% le strutture residenziali e semiresidenziali private
Se poi si va a vedere l’incidenza della spesa pro capite (in euro) per l’assistenza
accreditata, la Campania è sempre ai primi posti, e precisamente:



Per l’assistenza ospedaliera: Lazio (336), Lombardia (207), Campania (167), contro
un dato nazionale di 148. Peraltro parte della spesa delle prime due regioni è dovuto
al saldo di mobilità positiva nelle stesse.
Per l’assistenza specialistica: Lazio (101), Campania (91), Italia (57).
Per l’assistenza riabilitativa: Abruzzo (106), Liguria (100), Molise (75), Campania
(64), Italia (38), con una domanda, comunque, non soddisfatta sia in quantità che
in qualità
Anche per il privato quindi si richiedono interventi di aggiustamento e correttivi profondi,
in base ai quali si dovrò prevedere: la piena integrazione nel sistema santario del privato
che risponda a criteri di efficienza e di efficacia, la sua esclusione qualora tali criteri non
siano raggiunti.
In ogni caso il privato accreditato in possesso dei requisiti dovrà inserirsi secondo la
programmazione dell’offerta ed i criteri di committenza stabiliti a livello regionale e locale
sulla base dell’analisi dei bisogni. In questo contesto potrà essere anche chiamato a
riadattare e riconvertire la propria produzione, sui reali bisogni e sulle reali esigenze di
salute da soddisfare.
((8)) 9. Servizi innovativi e di supporto
Si propone inoltre la costituzione, di alcuni servizi, che solo ((rarissime)) alcune realtà
fin’ora hanno realizzato, nonostante la loro accertata valenza nel processo di cura, nel
garantire condizioni di sicurezza, e anche nel far risparmiare: si tratta dei servizi di
nutrizione clinica, ingegneria clinica, dipartimenti (o servizi) per la qualità, servizi di
prevenzione e protezione.
Questi servizi richiedono competenze specialistiche e tecniche particolari, per cui si ritiene
che di norma debbano essere costituiti per area vasta dove opereranno a favore di tutte le
aziende, ospedaliera e territoriali, che fanno capo a quell’area.
Per quando poi riguarda la loro collocazione, si ritiene che i servizi di ((nutrizione clinica,))
ingegneria clinica ((ed i servizi di prevenzione e protezione)), stante l’elevato contenuto
specialistico sia tecnico che sanitario, e l’elevato impegno ad essi richiesto soprattutto in
campo ospedaliero, debbano essere situati presso l’Azienda Ospedaliera di riferimento.
Il Dipartimento di Qualità, sarà invece collocato nelle aziende ospedaliere e nelle Asl,
fermo restando che le ASL potranno decidere di realizzarlo a livello di area vasta.
In esso sono comprese le funzioni per l’accreditamento, il controllo di qualità, il governo
clinico e la formazione.
RUOLO ED ORGANIZZAZIONE DELLE ASL
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Attualmente, rispetto alla media italiana ed alle regioni del Centro-Nord, la Campania
svolge le attività legate alla prevenzione, alle cure primarie e all’assistenza sanitaria di
base, nonché ai controlli per l’accreditamento poco e male, come si evince dagli indicatori
riportati nelle tabelle citate in premessa e riportate in allegato.
Sulla base del riassetto proposto risulta rafforzato il ruolo dell’ASL come ente della
programmazione sanitaria locale, al quale primariamente competono l’onere e la
responsabilità di garantire sul proprio territorio l’attivazione, il funzionamento e la gestione
diretta dei servizi per la prevenzione, la tutela della salute sui luoghi di lavoro, le cure
primarie, l’assistenza socio-sanitaria in modo integrato con i comuni, la salute mentale, il
controllo dei requisiti di accreditamento e della qualità/appropriatezza delle prestazioni,
l’assistenza ospedaliera di norma relativa ad interventi di base e/o a mediobassa intensità assistenziale, l’emergenza sanitaria territoriale.
Esigenze assistenziali insopprimibili evidenziano la necessità di collegamento
diretto fra territorio e ospedale, il percorso di salute personalizzato richiede,
dopo la presa in carico assistenziale, l’accompagnamento del cittadino/utente o
del paziente/assistito nelle fasi di diagnostica e dell’eventuale terapia utile e
appropriata, le quali non possono essere separate fra loro nella gestione, pena
l’incremento e l’ingorgo degli aspetti burocratici a danno dell’efficacia
dell’assistenza diretta alla persona.
Ogni persona si è resa conto nelle sue proprie esperienze di quanto sia dannosa
la separatezza esistente fra i vari servizi sanitari.
L’organizzazione e la gestione dei servizi sanitari cosiddetta a canne d’organo
evidenzia questo modo di operare, richiamando il Modello orientato verso
l’offerta (e quindi la concorrenza) nel tentativo delle lobbies di far abortire il
Modello fondato sulla valutazione del bisogno, la prevenzione e i percorsi di
salute personalizzati.
Va superata la cultura degli orticelli specialistici autoreferenziali, così come
occorre superare la logica della concorrenza (sulla salute di chi?!?).
Anche per il Sistema integrato regionale dell’Emergenza Sanitaria
interroghiamoci se occorra privilegiare l’offerta, quindi ambulanze diffuse sul
territorio per trasportare gli assistiti soccorsi nell’ospedale più vicino, o invece orientarsi
alla verifica della domanda, quindi equipaggi professionalmente qualificati per
rispondere nel luogo della chiamata anche indirizzando all’assistenza primaria, oppure
accompagnare i pazienti nell’ospedale più adeguato alla cura necessaria.
All’ASL spetta inoltre il compito di adoperarsi con gli altri Enti e strutture competenti per
assicurare ai cittadini residenti sul suo territorio le attività di diagnosi e cura specialisticoospedaliere superiori, rientranti nella media e alta intensità assistenziale,
attraverso le Aziende Ospedaliere, Universitarie e strutture accreditate.
17
Per le attività a gestione diretta l’ASL si avvale dei DISTRETTI SANITARI … etc … …
((di Dipartimenti e loro servizi,)) che erogano le prestazioni a livello Domiciliare, nelle
Case della Salute, nelle Strutture Residenziali e Semiresidenziali, negli Ospedali di
Comunità e di base. ((, al Domicilio))
Tutti i servizi sono inseriti nella rete, nell’ottica della gestione integrata del paziente, in
particolare del paziente cronico e/o multiproblematico, cui, con la presa in carico, viene
garantita la continuità delle cure attraverso il superamento delle barriere organizzative,
professionali ed operative.
Per questo ((l’ASL, ed in particolare il Dipartimento)) il Distretto Socio-Sanitario e al
suo interno l’organizzazione delle Cure Primarie, hanno un ruolo centrale ed una
responsabilità preponderante nell’attivazione e nel completamento del processo di
continuità assistenziale.
In questo processo si devono immedesimare anche gli operatori delle Aziende Ospedaliere
non solo nel garantire una pronta risposta, allorché si richieda il livello ospedaliero e
specialistico, cercando tra l’altro di ottimizzare il numero di accessi necessari per il
completamento delle indagini specialistiche, ma anche collaborando con le strutture ASL
per la pronta presa in carico da parte delle stesse dei pazienti dimessi, soprattutto se con
problemi clinici complessi.
In ogni distretto dovranno essere attivati Punti di Accoglienza e lo Sportello Unico
delle attività distrettuali, a carattere polifunzionale con massima semplificazione dei
percorsi amministrativi, al fine di orientare ed accompagnare la persona, secondo percorsi
organizzativi tesi al superamento della frammentazione nella erogazione delle prestazioni e
alla trasparenza dei criteri e delle modalità di accesso nei confronti dei cittadini.
Per facilitare la prenotazione delle visite ambulatoriali e specialistiche da parte dei cittadini,
va finalmente realizzato in ciascuna ASL o Area Vasta un Centro Unico di prenotazione
(CUP), che dovrà operare in collegamento con i medici di medicina generale, con i
Pediatri di libera scelta e le altre strutture del territorio, e che farà capo alla rete CUP
regionale integrata.
Attenzione di nuovo a ipertrofizzare l’offerta, anziché analizzare la domanda
per attivare l’accompagnamento nei servizi utili, il CUP come punto di
Accoglienza di Indirizzo e perché no di presa in carico assistenziale post
primaria [il Medico di A.P. e il Pediatra di L.S.]
Di seguito si riportano tipo ed articolazione dei dipartimenti.
1. DIPARTIMENTO DI PREVENZIONE E SANITA’ PUBBLICA
Il Dipartimento di prevenzione e sanità pubblica deve fornire tutti i servizi necessari alla
promozione della salute, alla prevenzione delle malattie e alla sicurezza nell’ambiente di
vita e di lavoro, ma deve anche avere una funzione di stimolo e coordinamento rispetto ad
azioni ed interventi che hanno un forte impatto sulla salute ma non dipendono
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direttamente dai soggetti deputati al governo della sanità, ma da altri settori del governo
regionale, anche al di là dell’ambito dei servizi sanitari in senso stretto.
Pertanto, oltre ad aumentare la competenza delle persone a salvaguardare la propria vita
e salute, deve promuovere interventi di prevenzione concertati a livello regionale e locale
fra i diversi soggetti responsabili della gestione e del governo del territorio, della tutela
sociale, della tutela dell’ambiente, delle politiche del lavoro, dello sviluppo agricolo,
zootecnico e della filiera alimentare.
Questo dipartimento deve essere costituito per legge da almeno i seguenti servizi
principali: ((Igiene pubblica)) Epidemiologia, Sicurezza alimentare ed Igiene degli
alimenti, sanità pubblica veterinaria, Tutela della salute sui luoghi di lavoro, Igiene e
Sanità pubblica.
Stante la necessità di assiduo coordinamento con le altre rappresentanze istituzionali del
territorio di competenza è preferibile che questi servizi, abbiano un forte conduzione
centralizzata, anche se le attività singole saranno svolte nel distretto col collegamento
((organizzativo del Direttore di)) funzionale alla direzione del Distretto.
Presso la sede centrale del Dipartimento((, si propone inoltre di collocare)) il Servizio di
Epidemiologia, ((che,)) congiuntamente all’Osservatorio Regionale, ha il compito di
raccogliere, analizzare e valutare tutti i dati demografici, epidemiologici, gli indicatori di
salute ed ambientali utili per il monitoraggio dello stato di salute della popolazione e per la
conseguente programmazione dei servizi .
Poiché la Regione Campania, storicamente non ha molto investito sulle politiche di
prevenzione e di tutela dell’ambiente, con conseguenze molto negative sulla salute dei
suoi abitanti, si propone l’istituzione a livello regionale di un Servizio per la Prevenzione e
la Sanità Pubblica, col compito di orientare, indirizzare e coordinare i Dipartimenti di
ciascuna ASL, all’interno del quale collocare l’Osservatorio Epidemiologico regionale, che
già esiste, ed il registro Tumori per tutta la Campania.
Si propone che punti prioritari da sviluppare e perseguire in tutti i dipartimento siano:
Il coordinamento con le politiche per la tutela dell’ambiente e del territorio.
La sicurezza alimentare
La sicurezza sull’ambiente di lavoro
Gli screening dei tumori femminili e del colon-retto
Il controllo delle malattie infettive
La promozione degli stili di vita
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1. Il coordinamento con le politiche per la tutela dell’ambiente e del territorio
In Campania, ma un po’ dappertutto, le attività a tutela dell’ambiente, sono quasi
completamente uscite dalle competenze della sanità pubblica, a seguito del trasferimento
delle stesse all’ARPA e alle agenzie regionali.
Col tempo ci si è resi conto, che tale esautoramento della sanità ha avuto conseguenze
negative in quanto ha abbassato la soglia di attenzione sullo stato delle principali matrici
ambientali, come acqua, aria e suolo la cui qualità ha un forte impatto sia diretto che
indiretto, attraverso la catena alimentare, sulla salute delle persone e degli animali.
Ora tutti sono concordi, a parole, che un ambiente con bassi livelli di inquinamento
permette di ridurre il rischio di alcune malattie cronico-degenerative, in particolare i
tumori, e migliora la qualità della vita.
La Campania, proprio in quella sua parte che veniva chiamata “Campania felix” ha subito
un enorme deterioramento, che ha portato l’inquinamento a livelli non ancora
completamente noti, comunque gravissimi e tali da aver prodotto un aumento di tumori e
malformazioni oltre ad aver compromesso, forse irr i midiabilmente il suo potenziale agroalimentare e la vita animale.
Si propone pertanto che si istituisca un coordinamento operativo tra le diverse competenze
coinvolte nella tutela dell’ambiente favorendo l’integrazione tra strutture ed operatori della
sanità e dell’ambente, e perseguendo la collaborazione tra i dipartimenti regionali
competenti, l’Agenzia per la Protezione ambientale (l’ARPAC), l’Agenzia Regionale Sanitaria
(ARSAN), l’Istituto dei Tumori, l’Istituto zooprofilattico, i Dipartimenti di Prevenzione delle
ASL, gli Enti locali.
Obbiettivi del coordinamento:

Migliorare la qualità dell’acqua intensificando la sorveglianza sugli inquinanti chimici,
oltre che biologici, ricostituendo e migliorando la rete idrica, valutando l’impatto
sulla salute degli impianti di potabilizzazione, proteggendo le sorgenti, le fonti e le
loro fasce di rispetto. Incentivarne inoltre l’uso Inoltre, poiché l’acqua naturale è
migliore di quella minerale, bisogna disincentivare il consumo di quest’ultima, anche
perché la falsa alternativa dell’acqua minerale, a lungo andare, farà si che si tuteli
sempre meno l’acqua di falda e di sorgente.

Migliorare la qualità dell’aria incoraggiando l’uso di fonti alternative giuste,
migliorando l’uso del trasporto pubblico, e ricorrendo a tutte quelle misura
amministrative che portano ad un più sobrio utilizzo di impianti energetici pubblici e
privati.

Migliorare lo stato del suolo e sottosuolo, attraverso bonifiche vere ed efficaci dei sit
inquinati, potenziando la vigilanza ed il controllo sul territorio e sulle imprese che
producono reflui e rifiuti, sull’apertura di nuove cave, infine adottando un Piano di
smaltimento dei rifiuti che punti su raccolta ((in))differenziata, riciclaggio con
impianti finali rispettosi dell’ambiente e delle popolazioni.

Riduzione delle emissioni rumorose
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
Riduzione della esposizione a rischi elettromagnetici individuando le popolazioni
esposte e promuovendo le azioni per annullare o limitare il rischioStrumento
principali per l’attuazione.

Assicurare la protezione da radiazioni ionizzanti sul luoghi di vita e di lavoro, ed
individuando siti in cui possono essere stati smaltiti rifiuti tossici di questo tipo.!?!
Strumenti per raggungere gli obbiettivi
“I piani integrati di salute”, elaborati col concorso di tutte le competenze tecniche ed
istituzionali coinvolte
Il rafforzamento dei dipartimenti di prevenzione, ma anche l’ARPAC, mediante
l’attribuzione e qualificazione delle risorse
La dotazione di “idonei” laboratori di sanità pubblica e analisi chimica ambientale
2. La sicurezza alimentare
La sicurezza alimentare deve basarsi su un “approccio completo ed integrato” che deve
valutare tutta la filiera dalla produzione primaria e dei mangimi, alla lavorazione,
all’immagazzinamento, al trasporto, alla distribuzione, alla vendita al dettaglio.
Purtroppo in Campania, ma non solo, si attua qualche controllo igienico-sanitario,
prevalentemente sulle fasi finali, mentre la produzione ortofrutticola e zootecnica, che
pure dovrebbe riguardare una parte rilevante dell’economia, con qualche eccezione per la
produzione artigianale, è a rischio sicurezza per le gravi condizioni di inquinamento
ambientale, perpetrato negli anni, per l’abuso di pesticidi e anche per il forte controllo che
su gran parte delle fasi esercita la criminalità organizzata.
Peraltro vi è pure una persistente difficoltà ad esercitare controlli di laboratorio tempestivi
ed efficaci, non solo per le scarse risorse e la scarsa efficienza dei laboratori, ma anche
per i condizionamenti che impediscono una azione trasparente della pubblica
amministrazione.
Il problema è dunque largamente da ricondurre al problema dello sviluppo complessivo in
Campania e della sofferenza che la attraversa per i motivi sopra visti., ma anche
l’approccio dei Dipartimenti di Prevenzione, attraverso i Servizi di Igiene degli alimenti
(SIAN) ed i Servizi veterinari, deve cambiare di molto.
Questo significa che, affinché i Servizi di Prevenzione ( Servizi di igiene degli alimenti,
Servizi Veterinari, laboratori di sanità pubblica, Istituto zooprofilattico del mezzogiorno))
possano operare con una qualche efficacia, è necessario che, accanto alla loro azione, si
sviluppi una efficace intervento della regione, per la bonifica dei suoli, di sostegno alle
aziende agro-alimentari e alle loro associazioni anche nel contrasto alla criminalità, di
21
rafforzamento dei Servizi di Prevenzione e dei laboratori che vanno dotati di risorse umane
e tecniche altamente qualificate.
Per quanto riguarda gli aspetti più sanitari, si richiede almeno:
Una azione di indirizzo e razionalizzazione delle attività da parte dei servizi regionali,
fornendo agli organismi operativi anche linee guida per la valutazione del rischio,
protocolli di intervento, programmi e modalità di esecuzione degli audit sugli
operatori del settore alimentare e sulla organizzazione dei controlli, cercando, per
quanto consentito, di abrogare pratiche inutili, e di sviluppare invece procedure
operative sviluppate sulla evidenza scientifica.
Promuovere, in collaborazione coi produttori, lo sviluppo di sistemi di sorveglianza
finalizzati al corretto impiego delle pratiche agronomiche, al controllo delle malattie
infettive e delle zoonosi; nel contempo sostenere percorsi, che attraverso la
conoscenza approfondita della azienda consentano di arrivare a conoscere lo stato
sanitario della stessa anche per saper proporre i correttivi idonei.
Potenziare la rete della sorveglianza epidemiologica veterinaria
Effettuare una puntuale raccolta dei dati riguardanti ispezioni effettuate, infrazioni
riscontrate, contaminazioni, ricoveri per malattie ricollegabili ad alimenti, anche al
fine di orientare le attività di controllo ( ciò che ora avviene poco e male)
Rendere omogenea ed efficiente la rete dei laboratori provinciali ed istituire laboratori
ad alta specializzazione al fine di poter ricercare, le numerose sostanze tossiche
presenti nel suolo, sottosuolo ed acqua, dopo anni di sversamento incontrollato;
ridurre i tempi di attesa necessari per poter disporre dei risultati delle analisi;
promuovere la rintracciabilità dei prodotti all’interno della filiera
Predisposizione di un piano di controllo per tutta la filiera dei prodotti ittici
Predisporre un grosso piano per la riqualificazione degli operatori, tenendo presente
che il personale adibito al controllo della produzione primaria, spesso si trova ad un
livello diverso rispetto a chi da tempo lavora nel settore della trasformazione e
somministrazione.
La sicurezza sull’ambiente di lavoro
La Campania presenta un assetto produttivo e del lavoro, caratterizzato in molti casi da
arretratezza, debolezza, instabilità e forte presenza di elementi di illegalità quando non di
criminalità.
Altri elementi che indeboliscono il sistema e con esso le condizioni di lavoro e di sicurezza
dei lavoratori sono: la forte presenza di lavoro irregolare e precario, le nuove tipologie di
contratto, la presenza numerosa di lavoratori stranieri, che sono forse la parte più debole,
la irregolarità degli appalti, il lavoro sommerso, una organizzazione del lavoro legata
esclusivamente a recuperare produttività.
Da qui l’aumento degli infortuni, anche mortali, e delle malattie professionali (ove peraltro
i dati, non sempre sono attendibili).
Per molti di questi aspetti i controlli e soprattutto la promozione di politiche che,
perlomeno riducano il lavoro precario, irregolare e sommerso, lo sfruttamento di giovani
ed immigrati, gli appalti irregolari e al massimo ribasso d’asta a costo della sicurezza e
22
della qualità, non sono di competenza sanitaria, ma sono il presupposto indispensabile per
l’igiene e la sicurezza del lavoro.
Quindi, si chiede che la Regione Campania, oltre a rendere più efficiente il Comitato di
Coordinamento interistituzionale previsto dall’art. 27 del D.lgs.626/94, di cui fanno parte
tutti gli enti ed organismi della pubblica amministrazione che operano nel settore della
prevenzione e sicurezza del lavoro, ne preveda l’articolazione anche a livello provinciale,
affidandone il coordinamento alle ASL ed impegnandovi direttamente i Direttori Generali.
Inoltre, è necessario che le ASL, i Dipartimenti di Prevenzione, i Servizi per la Tutela sui
luoghi di lavoro, cui la legge attribuisce in primo luogo il compito di vigilare per difendere
e promuovere la salute dei lavoratori, adottino un approccio sistemico per stimolare gli
organi competenti e le parti sociali ad assumere tutte quelle misure che si tradurranno
anche in aumento della sicurezza e qualità del lavoro.
Pertanto oltre alle attività definite per legge, che dovrebbero però essere condotte in
modo più veloce e meno burocratico e formale, i Servizi per la tutela della salute dei
lavoratori devono collaborare, in ciascuna ASL, con gli organi preposti :
Alla formazione ed informazione dei giovani e dei lavoratori stranieri in materia di
sicurezza
Al monitoraggio delle condizioni di lavoro che si accompagnano alla flessibilità dei
contratti atipici per evidenziarne e contrastarne i rischi per la salute
Alla vigilanza e denuncia sistematica di tutte le situazioni che mettono a rischio la
salute e la sicurezza del lavoratore come nell’edilizia, nei cantieri, nel lavoro
sommerso
All’adozione di procedure coordinate e condivise nei contratti di appalto e subappalto
volte all’introduzione di tutele per i lavoratori.
Alla formazione ed informazione efficace, continua, insistente e puntuale sui temi della
salute e dei rischi lavorativi per incidere sui comportamenti individuali e collettivi:
nonostante infatti siano passati tredici anni dalla emanazione del D.Lgs. 626/94,
questi aspetti restano momenti assai critici nella realizzazione del sistema di
prevenzione aziendale.
Alla formazione dei Rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza sostenendone anche
l’agibilità e l’accesso nelle aziende.
Nell’ambito delle attività di orientamento ed indirizzo, proprie del Servizio per la
Prevenzione di cui si è proposta la costituzione a livello regionale, si propone inoltre di:
Predisporre “Piani mirati”per la effettuazione di azioni organiche e sistematiche in
specifici settori produttivi, finalizzati sia all’analisi che alla applicazione di misure
sistematiche di risanamento, su cui indirizzare risorse professionali interdisciplinari.
Si propongono come prioritari i seguenti settori lavorativi: edilizia, grandi opere
infrastrutturali, settore estrattivo, settore conciario, agricoltura, navi e porti,
strutture sanitarie. Nell’ambito di questi piani si sottolinea di porre l’attenzione sui
problemi di sicurezza di macchine ed impianti, rischio cancero0geno, salute delle
donne lavoratrici, aspetti connessi con l’organizzazione del lavoro, adozione dei DPI
(dispositivi di protezione individuale), più idonei per le diverse categorie di
lavoratori
23

Costruire un sistema informativo, per la creazione di una anagrafe aggiornata di
tutta l’infortunistica.
Gli screening dei tumori della sfera genitale femminile e del colon-retto
Gli screening rappresentano uno degli interventi strategici per la prevenzione di questo
tipo di tumori, ed incidono direttamente sulla mortalità in quanto consentono il riscontro
del tumore prima della sua manifestazione clinica.
Ciononostante, in Campania, nonostante le ingenti quantità di denaro erogate ad ASL ed
Università, sono stati scarsi e pressoché nulli, fatta salva qualche eccezione, gli interventi
di promozione attiva e di organizzazione degli screening sulla popolazione.
Ciò che stupisce è la passività e la inconsapevolezza che, su questo importante tema di
sanità pubblica manifestano vertici regionali, di AS, responsabili nel campo dell’oncologia.
Si propone pertanto quanto segue:
A. Il Dipartimento di Prevenzione si occupa della promozione ed organizzazione degli
screening per i tumori della sfera genitale femminile, in collaborazione con le altre
strutture dell’ASL interessate, in particolare ((il Dipartimento)) i livelli delle Cure primarie
e ((con il livello)) Ospedaliero.
In particolare avrà cura di attrezzare le proprie strutture per:

costruire l’anagrafe per fasce di età della popolazione da sottoporre a screening

provvedere alla chiamata attiva e periodica di ogni donna

organizzare campagne di informazione, capillari, continue e ripetute

garantire alla donna che sia risultata positiva la presa in carico tempestiva e
completa programmandole tutto il percorso terapeutico successivo

conservare il registro informatizzato degli esiti e dei dati epidemiologici
B. L’esame ed i controlli successivi verranno effettuati presso una struttura specialistica del
territorio specificamente accreditata allo svolgimento degli stessi.
Il percorso successivo, in caso di positività, e fatta salva la volontà della donna di poter
scegliere la struttura per gli interventi diagnostico-terapeutici successivi, verrà organizzato,
come già detto, dalla struttura responsabile degli screening con la struttura ospedaliera di
riferimento nell’ambito della rete oncologica.
Igiene Pubblica ed controllo delle malattie infettive
I servizi di igiene sono ancora frenati da compiti burocratici imposti da leggi ormai
obsolete con scarse ricadute in termini di salute, su cui si innestano sempre più spesso
interventi di sanità pubblica in “emergenza”, rispetto ad eventi il cui rischio reale è assai
24
modesto, ma che ciononostante finiscono per impegnare i servizi distogliendoli da attività
di prevenzione meno pubblicizzate, ma più produttive in termini di salute.
Il controllo delle malattie infettive in Campania comunque ha tutt’altro che esaurito la sua
funzione stante la presenza endemica di determinate affezioni che si sviluppano in
situazioni di degrado e di forte emarginazione sociale (Epatite, tossinfezioni alimentari,
AIDS, tubercolosi, zoonosi), anche perché la copertura vaccinale non è ancora ottimale
(vedi epidemia di morbillo) territorializzare ...
Nel contempo la questione SARS, pur non colpendo direttamente l’Italia, ha messo in
evidenza la debolezza nella capacità di coordinamento dei diversi livelli sanitari delle
istituzioni per arrestarne la eventuale diffusione.
Numerose inoltre, e costose per il Servizio Sanitario, sono le infezioni che si sviluppano in
corso di assistenza, soprattutto all’interno delle strutture ospedaliere, e per le quali si
registra in Campania, un notevole ritardo, oltre che assenza di monitoraggio reale.
Un delegato del Servizio di Epidemiologia è componente di diritto del Comitato
per le Infezioni Ospedaliere.
Il controllo delle malattie infettive richiede dunque:
Lo sviluppo di sistemi di sorveglianza più sensibili e tempestivi, integrati con i sistemi di
sorveglianza delle zoonosi
Il miglioramento dei piani di intervento per alcune rilevanti malattie infettive, tutt’ora
non debellate all’interno delle collettività (tubercolosi, epatite, brucellosi,
legionellosi, meningiti, morbillo, infezioni HIV, tossinfezioni alimentari), per le
malattie dei viaggiatori e dei migranti, per eventuali pandemie influenzali.
L’attuazione di interventi e programmi per la sorveglianza e la riduzione delle infezioni
ospedaliere e delle infezioni antibioticoresistenti.
Aumentare i livelli di copertura per le vaccinazioni, che non sono ancora consolidate,
soprattutto nei confronti di persone ed aree a rischio.
3.La promozione degli stili di vita
La difficoltà nell’affrontare la malattia cronica ha messo al centro degli interventi di
prevenzione, la promozione di comportamenti sani, per quanto riguarda le abitudini
alimentari, la necessità di fare molta attività fisica, la lotta all’abitudine al fumo e all’alcool.
Questi fattori hanno una grossa influenza nello sviluppo di malattie cronico-degerative
come il diabete, malattie cardiovascolari, ipertensione, degenerazioni osteo-articolari, e
condizioni prepatologiche come l’obesità.
Quindi i servizi di prevenzione devono promuovere attivamente interventi perché diventi
patrimonio di ogni cittadino la conoscenza di comportamenti alimentari e stili di vita che
vanno ad incidere negativamente sulla sua salute, e che sono largamente indotti, peraltro,
dall’ambiente sociale in cui si vive e dai modelli che la società stessa propone.
Tuttavia, questo tipo di promozione non può oscurare, come invece spesso accade,
l’importanza dei fattori di inquinamento ambientale sul sorgere della malattia ed in
particolare dei tumori. Quindi i servizi di igiene e prevenzione hanno il compito di
25
informare compiutamente e sensibilizzare i cittadini sia sui fattori di inquinamento
ambientale che stanno a monte di alcune gravi malattie, sia sugli interventi più corretti che
che dovrebbero essere adottati per la loro eliminazione.
2. ((DIPARTIMENTO)) LA DIPARTIMENTALIZZAZIONE DELLE CURE PRIMARIE
Le cure primarie rappresentano il sistema di cure erogate vicino ai luoghi di vita delle
persone, secondo il modello delle reti integrate dei servizi sanitari e sociali e delle reti
cliniche. E’ soprattutto nell’ambito di questo dipartimento che deve essere costruita tutta
l’attività sanitaria territoriale affinché ad ogni singolo cittadino, soprattutto se debole
bisognoso, venga data la tranquillità e la sicurezza della presa in carico dall’inizio del
percorso diagnostico-terapeutico fino alla conclusione dello stesso. Ed è attraverso le
strutture ed i servizi dell’ASL che si deve rispondere alla gran parte dei bisogni di salute,
dotando il territorio delle strutture e dei servizi idonei a governare e soddisfare la
domanda, prescrivendo il ricorso alla ospedalizzazione solo nei casi in cui il ricovero è
indicato come necessario perché unica risposta appropriata.
Per soddisfare queste esigenze si propone l’ articolazione del dipartimento in servizi, che
coprano le diversi funzioni assistenziali relative ad assistenza medica di base e assistenza
specialistica, assistenza domiciliare, assistenza farmaceutica.
Le attività di ciascun servizio si svolgono in gran parte nelle sedi e strutture distrettuali
presso gli ambulatorii dei singoli medici, presso le case della salute, al domicilio singolo o
collettivo nelle strutture residenziali e semiresidenziali, negli Ospedali di Comunità.
Nel distretto, tutti i punti di erogazione delle prestazioni di base sono tra loro collegati
attraverso la rete integrata dei servizi, e con i punti di maggior specializzazione cui fa
riferimento l’ASL, principalmente nell’ambito dell’area vasta, al fine di garantire equità
distributiva nell’accesso ai servizi ed efficienza del sistema.
Il nucleo fondante delle cure primarie è costituito dal Nucleo Di Cure Primarie (NCP), che
rende possibile, attraverso l’azione congiunta di medici di medicina generale, pediatri di
libera scelta, infermieri, specialisti territoriali, ostetriche ed operatori socio-assistenziali il
modello delle reti integrate.
Centrale è l’attività di formazione continua e specialistica per medici ed operatori, e la
promozione della salute
I NCP, che inizialmente opereranno secondo una aggregazione organizzativa di tipo
funzionale, dovranno progressivamente costituirsi in aggregazione strutturale, per ciascun
ambito territoriale, presso una sede in cui possano trovare collocazione, con ampia fascia
di apertura, poliambulatori e consultori, oltre al nucleo infermieristico e agli ambienti di
supporto: tale aggregazione potrebbe realizzarsi presso le Case della salute, recentemente
previste dalla normativa regionale, ed in fase di sperimentazione.
26
Pur operando in forma integrata, medici di medicina generale, pediatri di libera scelta,
specialisti ed operatori sociali e dell’assistenza, dipendono ((funzionalmente))
strutturalmente dai rispettivi servizi.
Servizio assistenza medica di base e specialistica
In questo servizio dovrebbero essere ricompresi ed organizzati, in forma singola o
associata, oltre ai medici di base e pediatri di libera scelta, anche i medici specialisti.
Spesso i medici generalisti e pediatri, che sono centrali nell’ambito delle cure primarie e
dell’assistenza territoriale, sono oggetto di dura critica, quando non di indagini, per
comportamenti scorretti ed opportunistici.
Per quanto poi riguarda i medici specialisti che operano in convenzione presso di distretti,
o nel privato, presso strutture ambulatoriali e di diagnostica strumentale e di laboratorio,
essi sono accusati di poca trasparenza nello svolgimento delle attività e di scarsa
appropriatezza, tanto che i cittadini finiscono per rivolgersi alle strutture ospedaliere, che
sarebbero invece deputate al livello specialistico superiore, e che comunque non riescono
a soddisfare tutta la domanda con conseguente allungamento delle liste di attesa.
In molti casi la critica è giustificata, tuttavia si ritiene che tutti questi professionisti non
siano valorizzati rispetto all’importanza che, invece, il loro ruolo meriterebbe.
Si ritiene pertanto che tutti questi medici debbano essere riportati al centro del sistema
sanitario e che debba essere riqualificato il livello specialistico territoriale all’interno della
rete integrata dei servizi e favorendo l’interscambio e la mobilità formativa tra specialisti
delle AO e dell’ASL.
Dell’organizzazione e dell’andamento del servizio, è responsabile un Direttore, che si
avvale di una propria struttura organizzativa e che, oltre ai compiti di coordinamento e
controllo dei medici di medicina generale, pediatri e specialisti, si incarica della
programmazione e svolgimento delle seguenti attività:

Promozione e controllo delle attività di continuità assistenziale

valutazione ed autorizzazione di programmi assistenziali a pazienti non ambulabili o
in ADI e di prestazioni di particolare impegno professionale

controllo spesa farmaceutica in collaborazione col Servizio di Ass. Farmaceutica
gestione rapporti con strutture specialistiche e di ricovero pubbliche e private
accreditate e con i servizio di assistenza domiciliare
monitoraggio e gestione delle liste di attesa

erogazione/riciclo protesi, presidi, ausili ed ossigeno terapia domiciliare

organizzazione e gestione del CUP unico centralizzato, preferibilmente per area
vasta, che dovrà occuparsi delle prenotazioni sia nelle strutture ASL che AO

monitoraggio delle attività e della congruità di domanda e offerta
27
Servizio di Assistenza Domiciliare Integrata
L’ Assistenza Domiciliare Integrata consiste nella erogazione coordinata e continuativa di
prestazioni sanitarie e socio-assistenziali in favore di assistiti non ambulabili o non
autosufficienti, al loro domicilio privato o nelle residenze sanitarie o nelle collettività, in
collegamento con i servizi specialistici o sociali.
Nonostante siano in continuo aumento le situazioni ed i pazienti che necessitano di questo
tipo di assistenza (malati terminali che sono prevalentemente non tumorali -come SLA,
cardiopatie dilatative in fase terminale, BPCO in fase terminale, cirrosi epatiche
scompensate, e altre ancora- incidenti vascolari acuti, gravi fratture in anziani, forme
psicotiche acute gravi, riabilitazione di vasculopatici, malattie acute temporaneamente
invalidanti nell’anziano, dimissioni protette da strutture ospedaliere), soprattutto se
disagiati, questo servizio nella nostra regione è ancora carente, poiché, nonostante siano
state emanate linee guida regionali, finanziate coi fondi CIPE 2, le ASL non si sono attivate
per istituire ed organizzare servizi ed equipes stabili, tanto che in Campania la percentuale
di pazienti seguiti con questo tipo di assistenza resta tra le più basse in Italia.
Eppure l’istituzione e l’attivazione reale di questi servizi non è più prorogabile, non solo per
ragioni di equità ed umanità, ma anche perché, come più volte detto, i costi legati alla
ospedalizzazione di pazienti che potrebbero essere seguiti altrimenti, non sono più
sostenibili.
Le funzioni ed i compiti principali del servizio sono:
l’organizzazione dell’assistenza domiciliare programmata da parte del medico di
medicina generale, del pediatra di libera scelta, dello specialista
assistenza domiciliare infermieristica e riabilitativa
cure palliative e terapia del dolore in collaborazione col servizio di competenza
assistenza strumentale( protesica, ventiloterapia, nutrizione parenterale, dialisi....)
formazione ed addestramento di tutti gli operatori allo svolgimento delle pratiche,
anche manuali, necessarie per questo tipo di assistenza
Servizio di assistenza farmaceutica
Il Servizio Farmaceutico ha un ruolo fondamentale sotto il profilo del contenimento dei
costi, del funzionamento dei servizi e della formazione. Tra i suoi compiti si sottolineano:

fornitura diretta di prodotti dietetici, farmaci particolari, presidi ed ausili

approvvigionamento e fornitura di farmaci, ausili e altri prodotti sanitari per
l’impiego, in fase di dimissione dai presidi sanitari, in ambito domiciliare o
residenziale sostitutivo del domicilio

supporto nei programmi di cure palliative, nutrizione domiciliare, ossigenoterapia e
tutte le altre forme di assistenza domiciliare
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
vigilanza e controllo sulle attività farmaceutiche e, in collaborazione col Servizio di
Assistenza Medica di Base e Specialistica, controllo sulla spesa farmaceutica

collaborazione nei programmi di informazione, formazione ed aggiornamento dei
medici di medicina generale, pediatri di libera scelta, medici specialisti, medici
ospedalieri, società scientifiche, al fine di realizzare percorsi terapeutici appropriati e
condivisi, qualificare le prescrizioni, ottimizzare l’uso delle risorse
3. DIPARTIMENTO PER L’ASSISTENZA SOCIO-SANITARIA
L’evolversi della società, la maggiore intensità dei bisogni, e, nella nostra regione, la
povertà ed il disagio di molte famiglie, rendono sempre più problematica l’attività di cura
nella sfera familiare di tutte quelle persone che sono incapaci o in difficoltà nel provvedere
a se stesse (bambini, anziani non autosufficienti, adulti disabili, persone con sofferenza
mentale o con patologie da dipendenza).
Le stesse e sempre più urgenti azioni di rimodulazione dei servizi sanitari verso la
deospedalizzazione e la deistituzionalizzazione, tese a riportare nell’alveo delle cure
primarie o specialistiche molte funzioni tradizionalmente svolte in regime di ricovero, sono
destinate a comportare un aumentato carico di lavoro per le famiglie, soprattutto per le
donne, ed un loro maggiore coinvolgimento nel percorso di cura.
La nostra regione segna un forte ritardo sulle politiche di integrazione sociale e sanitaria,
per questo si ritiene di dover proporre un dipartimento in cui investire fortemente sulle
politiche socio-sanitarie, con funzione di sostegno alle famiglie, e di coinvolgimento attivo
delle stesse nella comunità, anche favorendo opportunità di sviluppo occupazionale. Tali
politiche dovranno fortemente promuovere l’accesso di coloro che vivono in situazioni di
forte degrado sociale, e/o che hanno difficoltà ad integrarsi, come immigrati e nomadi.
In questo Dipartimento dovranno trovare collocazione quei servizi e quelle attività in cui la
componente di aiuto sociale e di integrazione con altre componenti della società è molto
forte ma anche quei settori per i quali è necessario evitare un eccesso di medicalizzazione,
e cioè: Servizio materno-infantile, Servizio Disabili ed Anziani, Unità per le cure palliative.
Questi servizi opereranno in modo integrato con i servizi sociali comunali, con i servizi del
dipartimento delle cure primarie, con l’assistenza ospedaliera (secondo protocolli e
regolamentazioni concordate tra le rispettive direzioni), e con le associazioni di
volontariato.
Servizio materno-infantile
Esso opera attraverso i consultori familiari, le unità per l’età evolutiva e la neuropsichiatria
Infantile. Nella nostra regione oltre alle attività previste per l’assistenza alle donne e ai
minori, potrebbe-dovrebbe avere un ruolo molto importante, in collaborazione col
Dipartimento della salute mentale e delle dipendenze nella prevenzione e nella assistenza
della devianza nei giovani.
29
Consultorio familiare.
Le attività di questo servizio sono ampiamente definite da numerose leggi nazionali e
regionali. Ciononostante i consultori in RC, sono poco diffusi (ce ne vorrebbe uno ogni
20.000 abitanti) e poco incisivi, soprattutto perché non si rivolgono in modo attivo alla
popolazione ed in particolare alle famiglie e alle donne più disagiate e che vivono in aree
degradate. Per questo vanno rafforzati con personale attivo e formato, come ginecologi,
ostetriche, psicologi, assistenti sociali, che ci sono ma che spesso sono impropriamente
utilizzati e non preparati ai nuovi compiti, e vanno riorientati nella loro funzione che non
deve essere di attesa ma di promozione attiva.
E' attraverso il consultorio principalmente che devono essere promosse le azioni per
promuovere il parto naturale e per favorire una nuova consapevolezza da parte della
donna sui propri diritti e sui migliori percorsi perchè sia garantita la “buona” nascita.
Unità per l’età evolutiva e la neuropsichiatria infantile.
Attraverso questa unità vanno incrementate innanzitutto quelle attività di carattere sociale
e comunitario utili allo sviluppo e alla crescita del bambino, cercando di superare
precocemente le disuguaglianze e di contrastare quelle condizioni e quelle problematiche
che sono all'origine di successivi disturbi e delle devianze che si svilupperanno
nell'adolescenza.
Pertanto oltre allo svolgimento delle attività più tradizionali (come: collaborazione con
Comuni e Tribunale dei minori a favore dei minori soggetti a provvedimenti della autorità
giudiziaria, e per le problematiche inerenti l’adozione e l’inserimento in Comunità), gli
operatori dovranno svolgere ed intraprendere iniziative per l’integrazione scolastica di
bambini e giovani disabili, svantaggiati, con difficoltà di apprendimento e a rischio di
emarginazione o devianza.
A tale scopo andranno attivate o rafforzate forme di dialogo ed interazione con la scuola,
le famiglie, i servizi educativi e ricreativi, i servizi sociali.
Nell'ambito dell'unità, in collegamento con l'unità pediatrica appartenente al dipartimento
delle Cure primarie, potrebbe essere effettuata l'offerta attiva delle vaccinazioni
obbligatorie e facoltative.
Le prestazioni di competenza della Neuropsichiatria Infantile, vengono attuate di norma a
livello sovrazonale di Area Vasta.
Servizio Disabili ed Anziani
Attività e strutture di questo servizio sono attualmente gestite quasi in esclusiva dal
privato accreditato, mentre governo e controllo da parte del pubblico sono assai carenti e
talvolta omissivi, nonostante che i comportamenti opportunistici, in questo settore, siano
frequenti. La prima azione dovrà consistere pertanto nel riordino del sistema.
30
A tale scopo non solo si dovrà procedere all'accreditamento secondo criteri obbiettivi e
trasparenti delle strutture esistenti, ma si dovrà riorganizzare tutto il sistema sulla base di
bisogni quantificati, prevedendo diverse tipologie di strutture per poter rispondere a
bisogni con diversa intensità di cura, e per poter dare risposte articolate e flessibili sia per
la temporaneità sia per la permanenza prolungata.
In quest'ambito si situerà anche la riconversione di molti dei presidi ospedalieri non più
necessari, che potranno essere riconvertiti in strutture residenziali, semiresidenziali,
comunità alloggio.
Si dovranno inoltre prevedere forme di contributo, tipo assegno di cura e di sostegno, per
poter consentire la permanenza nel proprio ambiente domestico e familiare.
L’assistenza riabilitativa sanitaria e socio-sanitaria consisterà nella erogazione, in forma
coordinata ed integrata, di prestazioni di assistenza diretta alla persona adulta, di
assistenza psicologica, infermieristica, riabilitazione funzionale, di consulenze geriatriche e
specialistiche, in ambito domiciliare, ambulatoriale, residenziale e semiresidenziale ed in
altri spazi di vita, secondo progetti riabilitativi e terapeutici individuali. La valutazione delle
condizioni di non autosufficienza e la predisposizione dei piani terapeutico-assistenziali,
avverrà attraverso le Unità di Valutazione Riabilitativa.
Principale obbiettivo sarà di sostenere l'autonomia e la vita indipendente delle persone con
disabilità, cercando di favorire il più possibile la permanenza al proprio domicilio e la
deistituzionalizzazione. Quindi in ogni distretto dovranno essere sviluppati:
segretariato sociale e servizi di informazione e consulenza
servizi educativi e per l'integrazione scolastica e lavorativa
interventi per favorire l'inclusione sociale, la mobilità pubblica e l'adattamento
dell'ambiente domestico
sostegno attivo alle famiglie, di cui andrà valorizzato il ruolo assistenziale, prevedendo
nel contempo servizi diurni e residenziali per interventi di sollievo ed emergenza nei
casi in cui si verifichino necessità familiari temporanee ed imprevedibili
alloggi e/o gruppi di appartamenti per persone rimaste prive del sostegno familiare e
con disabilità lievi
comunità alloggio con finalità assistenziali, educative e di socializzazione per persone
con disabilità medio-gravi e senza supporto familiare che necessitano di una presa
in carico sulle 24 ore
centri socio-riabilitativi residenziali ed assistenziali con funzioni, oltre che socioassistenziali, di cura e riabilitazione per le disabilità maggiori, e ove manchi il
necessario supporto familiare
Per la valutazione delle diverse situazioni dovranno essere predisposti oltre alle UVR,
strumenti di valutazione multidimensionale.
Per i minori con disabilità gli interventi saranno programmati e svolti in stretto contatto
con il servizio per l'età evolutiva.
31
Per quanto riguarda gli anziani e l'invecchiamento della popolazione, questo problema,
seppure con tempi posticipati, ma comunque in ritardo rispetto alle regioni del centronord, si sta ponendo anche per la Campania, i cui servizi sono totalmente inadeguati ad
affrontare le problematiche della vecchiaia.
E' quindi necessario che nell'ambito del piano di riordino, oltre che di rientro, o del nuovo
piano socio-sanitario regionale vengano tracciate specifiche linee di indirizzo per orientare
la programmazione dei servizi e degli interventi sul territorio.
Contemporaneamente va promossa una cultura diffusa che valorizzi il ruolo delle persone
anziane, rafforzi le opportunità di relazione ed aggregazione, prevenga le condizioni di non
autosufficienza e di disabilità nell'anziano.
Le direttrici principali dovranno essere:

realizzare i servizi di assistenza domiciliare anche attraverso la integrazione sociosanitaria

realizzare forme di residenzialità protetta (es:alloggi con servizi), per ampliare la
possibilità di mantenimento a domicilio anche di coloro che necessitano di cure

sviluppare il ruolo di “sostegno” delle strutture residenziali a favore delle famiglie
che assistono gli anziani a domicilio, prevedendo nell'ambito della dotazione
complessiva dei posti nelle strutture residenziali, alcuni posti destinati a ricoveri
temporanei e di sollievo

qualificare il lavoro di cura delle assistenti familiari (impropriamente chiamate
badanti), attraverso attività di aggiornamento e sostegno pubblico

sviluppare interventi e servizi a bassa intensità di cura, ma ad alta capacità di
contatto, facendo perno sulle risorse dell'anziano prima che il bisogno diventi
elevato, per il mantenimento della autonomia il più elevato possibile

realizzare servizi di telesoccorso e di teleassistenza con ausilio di telefonia sociale
attiva
Dal punto di vista gestionale, sarànno compito del servizio:
la direzione, gestione e il coordinamento delle strutture residenziali, semiresidenziali,
domiciliari, socio-assistenziali direttamente gestite dalle ASL
la gestione dei rapporti e dell’accreditamento relativo a strutture per disabili ed anziani
del privato accreditato, nonché la vigilanza sul mantenimento dei requisiti e sulla
appropriatezza delle prestazioni.
La gestione dei rapporti e la collaborazione con le aziende ospedaliere e con il
dipartimento delle cure primarie per garantire la continuità assistenziale ai pazienti
dimessi e che richiedono una assistenza riabilitativa.
Unità per le cure palliative e la cura del dolore
Enzo montrone
32
5. DIPARTIMENTO DI SALUTE MENTALE E DELLE DIPENDENZE (DSMD)
I problemi di salute mentale e le dipendenze patologiche costituiscono oggi un carico
rilevante di sofferenza e disabilità nella popolazione in tutte le fasce di età.
Poiché spesso cause e le modalità di intervento si presentano sovrapposte si ritiene che
servizi di salute mentale per adulti, di neuropsichiatria infantile e per le dipendenze
patologiche debbano integrarsi in un unico dipartimento, i cui compiti pertanto si
allargheranno a tutte le aree che contribuiscono alla salute mentale delle persone, per gli
aspetti fisici, psicologici e relazionali, in tutte le età della vita.
Il DSM per rispondere a questa nuova ed allargata missione, dovrà articolarsi nei seguenti
servizi: Servizi di salute mentale per la tutela degli adulti e per la promozione e tutela della
salute mentale nell’infanzia ed adolescenza, Servizi per le dipendenze patologiche.
Anche in Campania, forse più che altrove, i servizi per la salute mentale segnano un
arretramento rispetto ai processi di inclusione e di recupero avviati negli anni ‘70, con la
ripresa della istituzionalizzazione ed emarginazione delle persone, mentre si registra una
scarsissima collaborazione con i servizi sanitari.
Ancor più che per gli adulti, si hanno carenze e ritardi allorché problemi di salute mentale
e di disabilità psico-motoria riguardano bambini e adolescenti, che spesso vengono inviati
in altre regioni del centro-nord, anche perché le professionalità in campo sono esigue.
Si ribadiscono pertanto, di seguito, le linee di intervento che il Dipartimento e i suoi servizi
dovranno perseguire, sottolineando che ogni parola ed ogni termine usato hanno un
significato ed un risvolto precisi e reali:
favorire, facilitare e quindi garantire l’accesso ai servizi ad ogni cittadino prevenendo e
superando qualsiasi discriminazione
garantire la presa in carico effettiva provvedendo alla erogazione delle prestazioni
proprie del dipartimento ed organizzando, se necessario, anche col coordinamento
del Distretto, l’integrazione con le prestazioni sociali e sanitarie rese da altri Servizi
o Enti
produrre prestazioni e servizi appropriati, qualificati e centrati sulla persona che dovrà
essere resa partecipe del proprio piano di trattamento
assistere la popolazione degli istituti penitenziari, presenti sul territorio, per garantire la
tutela della salute mentale, la cura dei disturbi mentali e delle dipendenze
patologiche
concorre a promuovere la salute mentale come aspetto della salute generale, in
collaborazione oltre che con la scuola con le altre agenzie sanitarie e sociali presenti
sul territorio
valorizzare come risorsa ed orientare la partecipazione delle Associazioni degli utenti,
dei loro familiari, del volontariato, del privato sociale etc.
33
favorire l’avviamento al lavoro attraverso il sostegno effettivo, diretto, attivo e non
subito nel mondo del lavoro
In particolare vanno date risposte operative sui punti ancora problematici all’interno dei
singoli servizi, come di seguito indicato.
1. Per la salute mentale negli adulti

vanno potenziati i centri di salute mentale, CSM, che dovrebbero funzionare ed
essere aperti 24h, e vanno rivisti-umanizzati i servizi per l’emergenza-urgenza,
attualmente collocati negli SPDC (servizi psichiatrici di diagnosi e cura). In entrambi
i casi va valutato l’eventuale supporto tramite forme di sussidiarietà da parte delle
diverse associazioni che collaborano nel campo

va riprogrammato il reale fabbisogno ospedaliero e residenziale, tenuto conto anche
della nuova missione allargata e vanno definiti i criteri di accreditamento

va rimodulata l’articolazione delle strutture della ospedalità privata a favore della
progressiva integrazione tra strutture private e pubbliche nei percorsi assistenziali
territoriali

va affrontata la questione psichiatrica negli istituti penitenziari ed in particolare
negli OPG

vanno assistite e sostenute le famiglie
2. Per la promozione e tutela della salute mentale nell’infanzia e adolescenza, i
problemi maggiori si hanno per quanto riguarda:
la prevenzione, diagnosi e cura delle affezioni neurologiche dell’infanzia, in particolare
con la costruzione di appropriati percorsi sanitari integrati per la assistenza alle
disabilità neuromotorie e per la gestione integrata con altri settori istituzionali
l’integrazione con i pediatri di libera scelta e di comunità, nelle scuole e nelle collettività
infantili su disturbi neuropsicologici dell’apprendimento e della condotta (ritardo
mentale minore, disturbi selettivi dell’apprendimento, disturbi emotivi minori,
disadattamenti transitori)
la diagnosi ed il trattamento dei disturbi insorti nella prima e seconda adolescenza,
dove si deve ricercare l’integrazione professionale e la condivisione clinica ed
organizzativa tra Psichiatria Adulti e NPIA (neuropsichiatria per l’infanzia e
l’adolescenza)
34
diagnosi e trattamento dei disturbi pervasivi dello sviluppo per cui devonoessere
sviluppate le competenze neuro-psicologiche, psico-educative, e cognitivocomportamentali, attualmente assai carenti
diagnosi e trattamento dei disturbi del comportamento alimentare nella prima e
seconda adolescenza, per i quali gli interventi a scola e altrove non sempre sono
etici ed appropriati
3. Per lo sviluppo dei servizi per le dipendenze patologiche (SerT)
L’Unione Europea ritiene che una efficace politica sulle droghe debba poggiare su “quattro
pilastri”: lotta al narcotraffico, prevenzione, cura e riabilitazione,riduzione del danno.
Di questi, gli ultimi tre, rientrano nelle competenze del Servizio Sanitario, anche se, la
prevenzione, prima e oltre gli interventi preventivi sanitari, richiederebbe scelte politiche,
economiche e sociali.
Nella riorganizzazione di questi servizi bisogna tener conto del fatto che il consumatore
oggi è cambiato, e che accanto al “tossico”emarginato, sempre più si va diffondendo la
figura del policonsumatore, che utilizza più sostanze (l’uso dell’eroina comunque non è in
calo), per finalità ricreazionali e prestazionali, e con scarsa percezione del rischio. In
questa nuova situazione, il consumo si collega non solo alla dipendenza, ma anche a
comportamenti di singoli o di gruppi.
Pertanto vanno ripensate anche le tradizionali strategie di prevenzione e cura.

Vanno effettuate campagne di comunicazione ed informazione capillari, ripetute e
mirate a seconda dei luoghi e delle persone cui sono dirette.

vanno adottate funzioni di prossimità, cioè essere nei luoghi e lavorare attraverso lo
sviluppo della relazione

i servizi devono sviluppare la rete tra di loro e con tutte le competenze, sanitarie e
sociali che devono essere coinvolte; devono organizzarsi in modo più flessibile,
comunicante con l’altro e tra di loro, devono essere resi più accessibili, offrire una
gamma di trattamenti più differenziati per tutte le tipologie di consumo, eliminare
atteggiamenti giudicanti o l’effetto “stigma” (cioè far sentire la persona segnata),
che ad un certo punto si crea all’interno del circuito assistenziale.

il sistema della cura deve avere un atteggiamento attivo, non di attesa, volto alla
ricerca dell’utente e all’intervento sulla rete sociale in cui è inserito. Deve essere
sviluppata al massimo l’integrazione con tutti i soggetti pertinenti, pubblici e privati,
sanitari e sociali, che insistono su un determinato territorio.
In questo settore, più che altrove, ma vale anche per altri, l’atteggiamento deve
essere di partecipazione e non delega, fare sempre ciò che si sa e si è in grado di
fare, privilegiando la competenza sulla appartenenza (a questo o a quel servizio,
pubblico o privato ecc.).
35
Ruolo del privato accreditato
L'inquadramento degli ospedali privati con attività di carattere psichiatrico,
neuropsichiatrico ed assistenza alle dipendenze e quindi dei posti letto psichiatrici, deve
essere considerato parte integrante della rete di degenza del Dipartimento di Salute
Mentale a completamento della tipologia dell'offerta di ricovero.
Le tipologie di ricovero ammesse per queste strutture di degenza sono così classificabili in
brevi-degenza, media-degenza programmata, emergemza-urgenza, lungodegenza.
brevi-degenza: deve intendersi tale il ricovero finalizzato alla valutazione diagnostica e
all'inquadramento e aggiustamento terapeutico del caso. Esso ha i connotati della
volontarietà. La degenza massima non può superare i 30 giorni, salvo proroga da definire,
caso per caso, d'intesa con il DSM di riferimento.
media-degenza: è da intendersi come tale il ricovero programmato per persone con
quesito diagnostico ed impostazione del trattamento particolarmente complessi,
determinati dalla molteplicità dei livelli diagnostici e dagli aspetti psico-sociali del soggetto.
Esso ha i connotati della volontarietà e disponibilità all'attesa.
La durata dei ricoveri della media-degenza non può superare i 60 giorni, salvo proroga da
concordare con il DSM di riferimento. Comunque il ricovero prorogato, anche nei casi
eccezionali, non può superare complessivamente i 120 giorni. Oltre tale termine il paziente
dovrà accedere a programmi di ricovero residenziale a lunga durata o in via transitoria alla
lungo-degenza, d'intesa con i DSM.
emergenza - urgenza: L'emergenza è assicurata solo dai servizi psichiatrici di diagnosi e
cura (SPDC).
degenza prolungata: si riferisce a quelle persone che necessitano di un trattamento
terapeutico di lungo periodo,superiore ai 60 giorni. Le strutture chele ospitano devono
rispondere alla caratteristiche definite dal piano per la salute mentale. I programmi di
lungodegenza vanno previsti su un massimo di 180 giornate. Oltre tale limite andrà
riprogrammata l'attività, da parte dei DSM.
Per quato riguarda le funzioni di assistenza alle dipendenze (alcool, droga), disturbi del
comportamento alimentare, assistenza psicologica agli anziani, interventi diagnostici e
terapeutici per adolescenti, psicologia clinica, alcuni reparti potranno essere riconvertiti a
talune delle citate attività, sulla base del fabbisogno progrmmato. In un'ottica di continuità
di presa in carico e terapeutica, i servizi possono effettuaree, ove previsto, prestazioni,
ambulatoriali o a domicilio.
36
Le Aziende Ospedaliere, come già anticipato, dovranno essere riqualificate per poter
erogare prestazioni specialistiche che, per la bassa frequenza o la complessità
dell'assistenza, richiedono professionalità e tecnologie adeguate ad assicurare qualità
dell'assistenza e contenimento dei costi. Pertanto dovranno essere trasferite ai servizi
territoriali tutte quelle attività che non richiedono intensità delle cure e attività
diagnostiche fortemente specialistiche.
Il riassetto generale delle AS prevede anche che gli attuali presidi ospedalieri a gestione
diretta delle ASL, che tra l’altro sono responsabili del 50% della spesa di tutto il servizio
sanitario regionale, vengano in parte riconvertiti in strutture residenziali, semiresidenziali,
ospedali di comunità, case della salute per l’erogazione delle prestazioni di base, in parte
continuino ad assolvere le funzioni ospedaliere in regime di ricovero ordinario, di day
hospital e day service nell’ambito delle Aziende Ospedaliere di riferimento, alle quali,
verranno aggregate.
Questi presidi, potranno essere utilizzati, in tutto o in parte, per i pazienti nel periodo di
postacuzie o di degenza prolungata che richiedono un elevato nursing: in questo modo la
lungodegenza, anziché essere quasi luogo di dismissione per pazienti allettati e cronici,
sarà l'anello di congiunzione che potrà garantire al cittadino la continuità assistenziale nel
percorso di cura dopo le dimissioni dalle unità operative per acuti. Viceversa, i pazienti che
necessitano di cure ad elevata intensità potranno essere trasferiti senza soluzione di
continuità nei reparti specialistici ed intensivi della stessa Azienda Ospedaliera.
Day service, osservazione breve intensiva.
1. Servizio di Dietetica e nutrizione clinica.
Svolge attività dirette e di consulenza sia per l’Azienda Ospedaliera in cui è inserito sia per il ter
seguenti:
Consulenza nutrizionale per i pazienti ricoverati la cui patologia richiede una particolare
modificazione della dieta o la attuazione di una nutrizione artificiale per via enterale
o parenterale.
Preparazione giornaliera, in collaborazione con la farmacia, delle sacche di Nutrizione
Parenterale ed Entrale per i ricoverati sottoposti a alimentazione per via
endovenosa ed enterale.
Monitoraggio, del livello di malnutrizione ospedaliera, fornendo consulenza di nutrizione
clinica alle diverse Unità Operative.
Valutazione della idoneità all'avvio alla nutrizione artificiale domiciliare dei pazienti
dimessi che richiedono un intervento nutrizionale artificiale a lungo termine.
Organizzazione della presa in carico da parte dei servizi territoriali di appartenenza, dei
pazienti avviati a un programma di nutrizione artificiale domiciliare e controllo
seguendone percorso e risultato
37
Collaborazione con il Servizio di Ristorazione Aziendale nella preparazione dei menù,
supervisione degli standard nutrizionali e verifica/segnalazione degli eventuali
problemi con i pazienti
Day-hospital per malnutrizione calorico-proteica, anoressia,
comportamento alimentare, obesità di grado elevato.
altri
disturbi
del
Effettuazione di programmi di aggiornamento continuo per il personale del servizio
stesso che di altri servizi sia ospedalieri che territoriali.
Stesura di linee guida e protocolli di gestione per la nutrizione artificiale.
Addestramento dei familiari dei pazienti in nutrizione artificiale domiciliare alla gestione
del catetere centrale, pompe e altre vie di infusione
2. Servizio di Ingegneria clinica
Questo servizio ha il compito di organizzare i processi relativi alla gestione delle tecnologie
biomediche, che, tutt’ora, nella grana parte delle aziende sono frammentati in più unità
operative, con manutenzione affidata a ditte esterne, la cui trasparenza e correttezza non
di raro è perlomeno incerta.
Collabora col Servizio di Prevenzione aziendale per quanto di competenza.
Data la sua importanza e rilevanza per le implicazioni gestionali ed economiche è in staff
alla Direzione Generale.
I suoi principali compiti sono:

Supporto alla programmazione e pianificazione degli acquisti e delle metodologie
tecnologiche

Valutazione tecnica ed economica degli acquisti di tecnologie e strumentazione

Realizzazione dell’ inventario di tutte le strumentazioni e relativa informatizzazione,
e quindi anche gestione delle informazioni provenienti dai sistemi tecnologici

Collaudi di accettazione

Gestione della manutenzione

Controlli periodici circa la sicurezza, funzionalità e qualità delle attrezzature con
valutazione del rischio relativo

Gestione delle dismissioni delle attrezzature (messa fuori uso)

Formazione del personale sanitario
38
Data la specificità e l’elevatissimo livello delle competenze, si ritiene che questo Servizio
sia collocato di norma all’interno di una Azienda Ospedaliera, con funzioni operative anche
sulla ASL o Area Vasta di riferimento.
Le Aziende Ospedaliere di norma, saranno costituite su base provinciale. Alcune AO
saranno individuate come centri di riferimento di area vasta per l’ alta specialità.
Le caratteristiche del modello organizzativo proposto saranno:
forte specializzazione
massima efficienza tecnica
concentrazione della casistica
tempestività di invio delle persone ammalate, direttamente dal territorio o per il tramite
dei presidi periferici nelle Unità per acuti
continuità terapeutica ed assistenziale
Queste caratteristiche potranno essere realizzate solo se si farà un grosso sforzo di
razionalizzazione dell’esistente, anche se ciò dovrà portare alla eliminazione di unità
sovraridondanti o poco efficienti.
Le discipline per l'alta specialità, che saranno situate nelle AO individuate come centri
di riferimento regionale per area vasta, si propone che siano:

cardiochirurgia e cardiologia

chirurgia vascolare

neuroscienze

riabilitazione intensiva per cerebrolesi e neurolesi

sistema dell'emergenza urgenza

centro antiveleni

terapie intensive neonatali e pediatriche

oncologia

terapia del dolore cronico e cure palliative
39

trapianti

grandi ustioni

sistema trasfusionale

genetica e malattie rare

fecondazione medicalmente assistita

diagnostica di laboratorio ad elevata complessità
CARDIOCHIRURGIA E CARDIOLOGIA
La rete cardiologica e cardiochirurgica in Campania, prevista dal piano ospedaliero, è
ancora da realizzare compiutamente, e presenta accanto a punti di eccellenza, punti di
evidente debolezza, soprattutto per quanto riguarda la cardiologia interventistica e la
cardiochirurgia (mortalità………..), ed una distribuzione territoriale non adeguata, tanto che
sono ancora molti i cittadini campani costretti a trasferirsi nelle regioni del nord.
Anche in questo caso si propone il modello, risultato molto efficiente in altre regioni, che
prevede pochi centri, ma altamente efficienti per la cardiochirurgia, collegati con la rete
del secondo livello cardiologico, costituito dalle Unità di cardiologia interventistica
(emodinamica ed elettrofisiologia) a loro volta strettamente connesse le Unità di terapia
intensiva cardiologica (Unità coronariche): naturalmente la dove è previsto il livello
superiore coesistono i due livelli sottostanti.
Fulcro dell’azione regionale, sarà la realizzazione di percorsi appropriati e ben definiti, che
garantisca l’uso razionale delle diverse strutture della rete ed il tempestivo invio del
paziente nel luogo di cura più idoneo.
Al fine di garantire efficienza e sicurezza degli interventi si propone che le Unità ci
cardiochirurgia, attualmente 11, siano ridotte di numero ma rese più efficienti, con una
resa maggiore nel numero e nella qualità degli interventi, dotando ogni centro di terapia
intensiva postchirurgica.
Le unità di cardiologia interventistica e le terapie intensive cardiologiche sono attualmente
ben distribuite ma ne va aumentata l’efficienza tecnica ed organizzativa, affinché tutte
siano in grado di funzionare h 24.
Nell’ambito di un sistema così costituito, non avranno ragione di esistere unità di
cardiologia semplice, ma le attività cardiologiche di base potranno essere inserite nelle
unità di medicina, che dovranno essere connesse in modo rapido e sicuro con i centri
intermedi e superiori.
Chirurgia vascolare
40
NEUROSCIENZE
Nell’ambito della rete delle neuroscienze si identificano le specialità di Neurochirurgia,
Terapia intensiva neurochirurgica, Neurologia, Neuroradiologia.
NEUROCHIRURGIA
Le unità operative di neurochirurgia sono strutture assistenziali finalizzate al trattamento
delle patologie chirurgiche del Sistema Nervoso Centrale e Periferico, caratterizzate da
bassa incidenza, elevata complessità e necessità di supporti ad alto contenuto tecnologico
e di costo elevato.
Pertanto la concentrazione di tecnologie ed esperienze umane è lo strumento essenziale in
campo neurochirurgico per garantire il migliore uso delle risorse, il mantenimento delle
necessarie competenze e quindi le migliori prestazioni assistenziali.
Sulla base dei dati a disposizione e dell’esperienza si ritiene che il rapporto ottimale fra
Centri Neurochirurgici e bacino di popolazione di riferimento sia di 1 Centro ogni
800.000/1.000.000 di abitanti: pertanto, le 7 Neurochirurgia esistenti in campania sono
sufficienti, ma, per garantire una risposta assistenziale equa ed adeguata alle prestazioni
d’urgenza dovranno essere distribuiti in maniera strategica sul territorio regionale, essere
collocati all’interno di strutture ospedaliere con elevato numero di servizi e specialità,
essere dotati di tutti i requisiti per l’accreditamento (ancora dadefinire), tra i quali
necessariamente la stretta contiguità con una Neurorianimazione e con la Neuroradiologia.
I Centri Neurochirurgici devono essere per natura strutture ad elevato standard e leader
nel loro campo (hub). Pertanto, non sono preventivabili strutture neurochirurgiche di
livello "inferiore" (spoke), anche se per particolari esigenze territoriali può essere accettata
l’ipotesi che il team neurochirurgico si muova dal Centro leader ad operare in altri centri di
riferimento per l’emergenza traumatica, purché siano opportunamente attrezzati allo
scopo.
Il rapporto fra Centro NCH e Centro di riferimento per l’emergenza può essere concepito
sia come trasferimento del team chirurgico all’occasione, sia come permanenza nel Centro
di riferimento del team neurochirurgico (con rotazione dei Sanitari che ne fanno parte
secondo una programmazione definita nel Centro leader), in caso di incidenza
particolarmente elevata di eventi di emergenza.
Il centro L’Unità Operativa di Neurochirurgia (hub) avrà come centri di riferimento
nell’area da essa servita, i Reparti di Neurologia, dove essi esistono o i Reparti di Medicina
con consulenza neurologica, là dove non esistono degenze neurologiche. Rispetto a questi
Centri di riferimento è necessario prevedere rapporti di consulenza continuativi, protocolli
che definiscano in maniera precisa i criteri di invio e rinvio dei pazienti tra Centro e reparti,
incontri periodici per la formazione.
41
Per quanto riguarda le sovraspecialità neurochirurgiche di:
Neurochirurgia pediatrica
Neurochirurgia funzionale e stereotassica
Chirurgia dell’epilessia
Neurochirurgia del sistema nervoso periferico
Neuroendoscopia
Radiochirurgia delle patologie del S.N.C.
esse saranno ripartite tra i vari Centri a seconda delle competenze e dei mezzi a
disposizione, sulla base di una pianificazione regionale che eviti ridondanze e garantisca
una distribuzione delle sovraspecialità confacente alle reali esigenze del territorio
Tra i Centri neurochirurgici dovrà esserci una sorta di consultazione periodica e di
informazione reciproca sulle attività e sui progetti in essere per rendere più efficiente il
sistema e non disperdere competenze e risorse: il mantenimento di stretti rapporti sarà
utile anche per garantire un supporto reciproco in caso di inagibilità transitoria delle
strutture dei Centri stessi.
NEURORADIOLOGIA
Le Unità Operative di Neuroradiologia sono finalizzate allo studio ed al trattamento con
terapia endovascolare delle patologie del Sistema Nervoso Centrale e Periferico. Poiché
anch’esse trattano patologie rare ad alta complessità e caratterizzate da sofisticazione e
costo del sistema tecnico elevati, funzioneranno come centri hub e corrisponderanno come
numero e collocazione ai Centri Neurochirurgici con cui si integrano funzionalmente.
Poiché alcune strutture tecnologiche dedicate anche alla patologia del sistema nervoso,
come ad esempio TC e RM, di fatto sono collocate anche in Ospedali che non contengono
al loro interno un Servizio di Neuroradiologia, dovrà essere costruito oltre ad un sistema di
teleconsultazione un sistema di informazione e consultazione periodica, anche allo scopo
di favorire un adeguato trasferimento di competenze dal Centro leader al Centro periferico
di riferimento.
Per quanto concerne invece gli accertamenti Angiografici (angiografie cerebrali e
midollari), i trattamenti endovascolari e le procedure neuroradiologiche invasive verranno
effettuati esclusivamente nei Centro di neuroradiologia poiché prevedono tecniche
sofisticate, con particolare esperienza e necessità di avere a fianco Reparti di
Neurochirurgia e di Neurorianimazione.
NEUROLOGIA
Tra gli obiettivi primari degli ultimi PSN vi sono le malattie del sistema nervoso centrale,
sia acute che cronico-degenerative, per le quali si sollecitano interventi sia preventivi e
riabilitativi che di integrazione socio-sanitaria, e le malattie cardio- e cerebrovascolari per
le quali si auspica una riduzione della mortalità ed un miglioramento della qualità della vita
del paziente.
42
In particolare si insiste sulla necessità di garantire l’integrazione in un adeguato percorso
di prevenzione-cura-riabilitazione, e di perseguire l’innovazione tecnologica e la
sorveglianza delle patologie rare, alcune delle quali peraltro come - demenza, sclerosi
multipla e sclerosi laterale amiotrofica -, sono piuttosto diffuse.
Attualmente in Campania esistono ……….con un livello generale non molto elevato, per cui
necessita una analisi critica ed una revisione delle stesse cui far seguire un forte
investimento nel settore perseguendo nel contempo la massima razionalizzazione delle
risorse disponibili. Poiché in questo campo quello che non si fa supera di gran lunga quello
che si fa l’analisi, dovrà cogliere le necessità assistenziali-organizzative non soddisfatte.
I centri di riferimento (Hub), di norma saranno localizzati presso i Dipartimenti di Scienze
Neurologiche, in cui siano presenti competenze specifiche in settori quali, la
neuropatologia, la neurogenetica, la neurofarmacologia, la neuroimmunologia, la
neurooncologia, la chirurgia delle epilessie, la chirurgia delle malattie extrapiramidali, e
saranno collegati in rete con gli altri presidi neurologici.
Per il complesso delle attività di neuroscienze (neurochirurgia, neurorianimazione,
neuroradiologia e neurologia), è indispensabile prevedere la realizzazione di un organismo
integrato di livello regionale comprendente i rispettivi esperti ed un rappresentante
dell’Assessorato, dedicato al commissioning del complesso delle attività.
Infine è opportuno prevedere un gruppo di orientamento a livello regionale per definire gli
indirizzi generali, standard terapeutici, fornire supporto di consulenza su problematiche
riguardanti i singoli Centri regionali, ripartire le risorse, verificare le attività attraverso
indicatori e parametri preventivamente concordati, avviare attività di ricerca e sviluppo e
per razionalizzare il sistema evitando la creazione di strutture o sovraspecialità ridondanti.
SISTEMA DELL’EMERGENZA URGENZA
Si stima che su tutto il territorio della Regione Campania ogni anno si verifichino 20002500 traumi gravi, pari al 50 % irca della totalità dei traumatismi che determinano un
ricovero ospedaliero.
Fra i vari organi coinvolti, il traumatismo cranico presenta l’incidenza più elevata
(interessando più del 50 % dei traumi gravi), seguito dalle lesioni addominali maggiori, dal
trauma toracico e dalle lesioni mieliche del rachide.
Nella riorganizzazione del sistema è utile tenere conto: (a) dei tipi di trauma che hanno
determinato il ricovero (anno 1997 ) presso le strutture pubbliche e private della Regione
e (b) del numero di deceduti per trauma tra i pazienti ricoverati in tali strutture.
43
Criteri organizzativi
In base alla frequenza degli eventi ed alle caratteristiche orografiche e demografiche,
anche stagionali, oltre che dei requisiti di qualità (efficacia ed efficienza) che devono
essere posseduti dai servizi per fornire risposte assistenziali adeguate, si ritiene utile
prefigurare l’organizzazione di 5 Sistemi Integrati di Assistenza ai pazienti
Traumatizzati (SIAT) su base provinciale.
Il sistema dovrà assicurare interventi tempestivi, continui e appropriati in tutte le diverse
fasi assistenziali (emergenza-urgenza, acuzie, post-acuzie, riabilitazione intensiva ed,
eventualmente, estensiva), attraverso la partecipazione di tutte le strutture che già
operano su un determinato territorio e sono in possesso dei requisiti. Per ciascun SIAT si
prevede un centro-guida per traumi (HUB) in rete con altri presidi ospedalieri collegati
funzionalmente e integrati nel Sistema stesso (SPOKE).
I centri di riferimento (Hub) idonei ed accreditati per erogare un’assistenza al trauma
grave che in gran parte afferirà agli stessi, dovranno trattare un volume di casi adeguato,
indicativamente non inferiore ai 400-500 casi/anno. I presidi collegati oltre a rispondere
per traumi minori, potranno accogliere i pazienti stabilizzati e fuori pericolo o nella fase di
post-acuzie, provenienti dai centri-trauma maggiori.Rientreranno nel sistema tutti quei
presidi, non convertiti in strutture assistenziali territoriali, in possesso dei requisiti per
essere integrati nel sistema ospedaliero per acuti.
Requisiti strutturali ed operativi
I pazienti ricoverati in ospedale a causa di trauma hanno come prima causa di morte il
dissanguamento per emorragia interna od esterna a cui non si riesce a mettere rimedio, o
per la gravità delle lesioni o per l’incapacità del sistema a rimediarvi; la seconda causa di
morte è la lesione cerebrale ovvero conseguente direttamente al traumatismo primario od
iniziale e/o alle lesioni secondarie a questi, per cause inevitabili ovvero perché non stata
effettuata una terapia adeguatamente aggressiva.
Pertanto i centri individuati come guida (hub), devono poter fornire, per ottenere risultati
adeguati:

una squadra di operatori sanitari, governati da un "leader" adeguatamente
addestrato ed organizzato, che provvedano ad un trattamento rianimativo ed ad un
inquadramento diagnostico aggressivo, rapido, organizzato, con sequenze
prestabilite e livelli di priorità, che miri all’accertamento e stabilizzazione definitiva di
tutte le lesioni ad alta mortalità e morbilità. Gli interventi degli specialisti, delle varie
lesioni da trattare, devono essere sequenziali secondo rigide priorità.

La presenza degli specialisti h24 in ospedale o comunque disponibili entro un’ora,
per il trattamento delle lesioni che non permettano un’attesa superiore ad un’ora
dall’arrivo del trauma

Una logistica, dove avviene la gestione del paziente, il più possibile imperniata sul
paziente stesso, limitando al massimo quindi gli spostamenti per diagnostiche e
44
chirurgia e comunque fornendo anche in itinere lo stesso e continuo livello di
trattamento e monitoraggio delle funzioni vitali.

Almeno le seguenti professionalità cliniche presenti H24:
Medicina di urgenza e P.S.
Anestesia e Rianimazione
Chirurgia Generale
Neurochirurgia
Ortopedia traumatologica
Radiologia
Tali professionalità dovranno essere supportate dalla presenza h24 di un laboratorio
per gli esami ematochimici di urgenza e dalla presenza di un servizio di
immunoematologia che possa garantire la disponibilità di sangue in emergenza ed
in quantità necessaria al supporto dei gravi emorragici.

Le seguenti altre professionalità reperibili come servizio di Pronta disponibilità,
comunque entro un’ora dall’arrivo del trauma:
o
seconde squadre di Anestesia e Rianimazione, Chirurgia generale,
Neurochirurgia ed ortopedia (per interventi chirurgici contemporanei su più
pazienti).
o
Radiologia interventistica, che ha una funzione salvavita per quei pazienti
(quali, ad ex., i traumi pelvici complessi) che, se non trattati, muoiono
dissanguati in 24-48 ore. Poiché la popolazione di questi pazienti è limitata;
ci si può avvalere anche di consorzi di professionisti tra vari ospedali.
o
Chirurgia toracica e chirurgia vascolare.
o
Chirurgia maxillo-facciale, che svolge un ruolo fondamentale nei traumatismi
complessi cranio-facciali e negli Hub deve connotarsi sempre più come una
chirurgia da eseguirsi precocemente.
o
Chirurgia ORL ed Oculistica
o
Chirurgia Urologica per il trattamento chirurgico e conservativo dei traumi
renali ed urogenitali in genere.
Vi sono poi chirurgie e competenze specialistiche riferite a casistiche traumatiche limitate
che possono trovare una soluzione su base regionale, in uno o due Hub.
Tali competenze sono:
Chirurgia pediatrica
Terapia intensiva pediatrica
Chirurgia dei reimpianti di arto e/o parti di arto
Centro Grandi Ustionati
Cardiochirurgia
45
Sulla base dell’attività di ricognizione delle strutture esistenti, e per aree geografiche
particolarmente popolate ed esposte all’accadimento di traumi, qualora i presidi ospedalieri
già esistenti siano già dotati di risorse specialistiche specifiche ed idonee, con consolidata
attività su alcune tipologie di traumi maggiori, essi, oltre ad essere utilizzati per i traumi
minori, saranno inseriti nel sistema in collegamento e facendo capo all’Ospedale-guida
(Hub) del SIAT.
Perché il sistema delineato possa funzionare pienamente ed in modo appropriato è
indispensabile che ogni paziente venga indirizzato in base alla gravità ed alla tipologia del
trauma non presso l’ospedale più vicino ma presso l’Ospedale più indicato a trattarlo. E’
inoltre necessario che esso si integri e sia sostenuto da un sistema del trasporto in
emergenza, il 118, composto da personale preparato ed esperto, che sia in grado di
intervenire immediatamente per il mantenimento delle funzioni vitali e che sappia dove
trasportare nel più breve tempo possibile il paziente in base alla gravità e alla tipologia del
trauma nel centro più idoneo.
Inoltre, affinché le risorse di terapia intensiva del Centro Traumi (Hub) siano
continuamente disponibili all’accettazione dei pazienti gravi, bisogna prevedere anche,
sulla base di protocolli ben definiti, che i pazienti stabilizzati possano rientrare o essere
trasferiti nei centri di prima afferenza (Spoke).
Altra è "conditio sine qua non" per il funzionamento del sistema, è l’invio delle immagini
(almeno TAC) dallo Spoke verso l’Hub .
Fasi di attuazione del sistema
Si propone che in Campania, i “Centri di Riferimento sovrazonali” (?) siano individuati nelle
attuali Aziende Ospedaliere, sede di DEA di II° livello, e cioè: Cardarelli, Ruggi d’Aragona
per Salerno, Moscati per Avellino, Rummo per Benevento, …….. per Caserta, e ancora per
Napoli l’attuale Centro Traumatologico i Centri Hub.
Contestualmente vanno identificati i centri di riferimento periferici. Successivamente
all’identificazione dei centri di riferimento maggiore, gli stessi vanno adeguati per risorse,
capacità ed assetto organizzativo alle richieste del sistema.
Si ritiene anche che tale identificazione influenzi decisamente la vocazione dei servizi
specialistici di queste strutture., in particolare delle chirurgie che dovranno adeguare
risorse e capacità alle richieste del Sistema
Per il funzionamento del sistema sono fondamentali i collegamenti informatici tra i vari
centri, con possibilità di invio e ricezione di immagini (specialmente radiologiche), oltre che
di raccolta dati su tutti i pazienti traumatici trattati. L’invio di immagini (almeno TAC) dai
centri periferici è "conditio sine qua non".
È obbligatorio, inoltre, istituire un Registro Traumi su base regionale entro l’anno 2002.
Per quanto concerne le professionalità cliniche che devono essere presenti nei Centri
maggiori, la presenza degli stessi, nel caso delle specialità meno frequenti sopra indicate
non corrisponde automaticamente all’esistenza di una Unità Operativa, bensì si riferisce
alla presenza di sanitari esperti e capaci (con expertise adeguato) di svolgere una
46
funzione, anche spostandosi da altre aziende, in caso di bisogno e nello spirito della
condivisione e dello spostamento delle risorse nella rete, qualora si renda necessario per il
trattamento immediato del paziente.
Rientreranno nell’organizzazione del sistema:

Spostamento dei professionisti, all’interno del sistema, e non del paziente con
trauma grave

Gestione e controllo sistematico dell’attività e del funzionamento del sistema:

Costituzione di un organismo tecnico regionale permanente che comprenda diverse
figure professionali, di particolare competenza nel settore, coinvolte
nell’organizzazione e controllo del sistema.

Creazione di accordi interaziendali che costituiscono la base della rete di area

Costituzione di Commissioni interaziendali (con capacità operative) tra le Aziende
Sanitarie della rete, per la gestione ed il controllo dell’operatività (protocolli, ecc.),
dei rapporti tra i diversi centri della rete, anche interprovinciale e dei risultati.

Costituzione nei centri maggiori di un "Trauma Service intraospedaliero" con
funzioni di organizzazione, gestione, controllo del sistema traumi all’interno della
struttura ospedaliera e con responsabilità diretta sull’operatività del sistema stesso.

Costituzione di un iter di formazione ed aggiornamento, a valenza regionale e
locale, per gli operatori del sistema traumi.

Accreditamento periodico dei professionisti coinvolti nel funzionamento della rete

Istituzione di un sistema di revisione obbligatoria della qualità dell’assistenza fornito
dai centri primari e secondari che compongono il sistema.
Criteri per i trasferimenti in uscita dalle Terapie Intensive degli "HUB"
L'efficienza di un "centro traumi" non può prescindere dalla possibilità di accettare sempre
i pazienti traumatizzati maggiori del proprio bacino di utenza, al fine di giungere
rapidamente alla stabilizzazione definitiva delle lesioni a rischio di vita e/o potenzialmente
invalidanti.
Perché questo avvenga, pertanto, è necessario superare, due potenziali "colli di bottiglia":
la possibilità di dover fare diagnosi e terapia immediata per più pazienti
contemporaneamente in termini di risorse umane, strumentali e strutturali (sale
operatorie, sale diagnostiche, ecc.);
la necessità di poter ricoverare in reparti di Terapia Intensiva od in reparti specialistici
del "Centro Traumi" dei pazienti, per un periodo sufficiente a trattare le lesioni
conseguenti al danno primario e/o secondario a questi, sino al conseguimento di un
livello di stabilità adeguato al trasferimento in un'altra Terapia Intensiva, in reparti
Subintensivi a valenza più o meno riabilitativa, oppure in reparti di degenza normale
dello stesso Presidio Ospedaliero o di altri Presidi della rete.
47
Il primo punto risulta conseguibile, adeguando le strutture ai requisiti indicati in questo
documento.
Il secondo punto, presenta invece difficoltà maggiori, perché spesso le Terapie Intensive
sono intasate con ricoveri poco appropriati; allo stesso tempo non è ragionevole né
sottrarre il paziente alla diretta osservazione dell'equipe chirurgica che l’ha trattato sino a
quando non vi sia una discreta sicurezza di essere al riparo da insorgenza di possibili
complicanze trattabili solo presso il Centro Traumi, né sottrarlo precocemente alle cure
intensive quando vi siano esigenze di trattamenti e monitoraggi avanzati (tipo
monitoraggio PIC).
Si possono, allora, adottare diversi provvedimenti:
1. Riservare le Terapie Intensive solo per quei pazienti, per i quali il ricovero in T.I. sia
richiesto dalla necessità di mantenimento e controllo delle funzioni vitali,
sottraendole al ricovero sistematico anche di pazienti con altre patologie croniche o
terminali, che invece dovrebbero essere accolti e assistiti con ben maggiore
umanità, al proprio domicilio o vicino in residenze collettive del territorio.
2. Trasferire i pazienti stabilizzati o che non richiedano Terapia Intensiva specialistica,
in altro reparto dello stesso centro o nell'ospedale di provenienza.
3. In caso di emergenza, trasferimento repentino in altro centro di riferimento
regionale.
4. Creare posti letto dedicati di terapia subintensiva ad alta valenza riabilitativa come
tappa intermedia necessaria per poter dimettere anticipatamente i pazienti dalla
terapia intensiva quando si verifichino le condizioni di: cessata ventilazione
artificiale, stabilità emodinamica, assenza di febbre con compromissione
emodinamica, assenza di necessità di monitoraggio PIC
5. Infine, negli ospedali maggiori, che sono anche centro di cardiochirurgia e
neurochirurgia, realizzare Terapie Intensive specialistiche, come Cardiorianimazione
e Neurorianimazione.
RIABILITATIVA INTENSIVA PER GRAVI CEREBROLESI E MEDULLOLESI
Dati epidemiologici
I dati epidemiologici relativi alla prevalenza della disabilità in tutti i paesi industrializzati
riportano in modo omogeneo che una quota variabile dal 12% al 14% dei cittadini non
istituzionalizzati presenta una limitazione nelle attività funzionali.
In Campania il bisogno più urgente, di maggior rilievo qualitativo e meno soddisfatto
nell’ambito della Riabilitazione è rappresentato dalle menomazioni e disabilità derivanti
dalla patologia acuta, per le quali non esiste a tutt’ora alcuna struttura di trattamento
idonea.
In particolare per le lesioni midollari è ritenuta attendibile una previsione di oltre 100 nuovi
casi/anno (pari a 20 - 25 per milione di abitanti/anno), mentre relativamente alle gravi
cerebrolesioni acquisite, riferite ai gravi traumatismi cranio-encefalici, agli esiti di comi
post-anossici e ad altre gravi cerebrolesioni non traumatiche caratterizzate da periodi di
48
coma di regola superiori alle 6-8 ore, la stima dei nuovi casi attesi in regione è situata
anch’essa oltre i 100 pazienti/anno.
Per quanto riguarda l’Unità per le Gravi Disabilità in Età Evolutiva (UDGE), vi è un
fabbisogno di posti letto richiesti dalla necessità di Chirurgia funzionale per correzione
delle deformità disabilitanti dell’apparato locomotore come la paralisi cerebrale infantile
(incidenza pari a 0,5 per mille nati vivi), la spina bifida (incidenza pari a 0,4 per mille nati
vivi), le malattie neuromuscolari (incidenza pari a 0,3 per mille nati vivi), è di ….posti letto
.chiedi roberta
Ma anche la correzione ed il supporto alle altre disabilità, è quali-quantitativamente
inadeguato, tanto da potersi affermare che il problema della riabilitazione rappresenta un
grave problema di sanità pubblica ed un problema sociale per l'impatto sulla famiglia
colpita, per le difficoltà di reinserimento scolastico e lavorativo e dper l'elevato impiego
delle risorse richieste, che dovrebbero essere correttamente destinate.
Livelli di attività e di erogazione, tipologie e posti letto.
Gli interventi sanitari di riabilitazione vanno distinti in tre diversi livelli in relazione alla
complessità ed intensità rochieste:
I° livello: attività di riabilitazione estensiva (codice 60)
E’ caratterizzata da interventi di moderato ma protratto impegno terapeutico a
fronte di un maggiore intervento assistenziale, quali quelle dirette alla prevenzione
di aggravamenti possibili in disabili stabilizzati, quelle dirette a soggetti con
disabilità a lento recupero e/o che non possono utilmente giovarsi o sopportare un
trattamento intensivo o affetti da disabilità croniche evolutive. Gli interventi di
riabilitazione estensiva sono rivolti anche al trattamento di disabilità motorie
transitorie e/o minimali che richiedono un semplice e breve programma terapeuticoriabilitativo attuabile attraverso le prestazioni previste dal DM 22/7/96 "prestazioni
di assistenza specialistica ambulatoriale erogabili nell’ambito del Servizio Sanitario
Nazionale e relative tariffe" e successive modificazioni ed integrazioni.
Questo livello di assistenza rientra nelle attività sanitarie erogate a livello
distrettuale; l’assistenza viene erogata secondo linee guida definite a livello
regionale; possono anche avvalersi di professionalità attive ai livelli superiori.
I Posti letto sono indicativamente 0,13 p.l. per mille abitanti, da ricomprendere nello
0,7-1 p.l. per mille abitanti destinato alla lungodegenza post-acuzie e riabilitazione
estensiva.

II° livello: attività di riabilitazione intensiva (codice 56).
E’ diretta al recupero di disabilità importanti e modificabili, che richiedono un
elevato impegno terapeutico distribuito nell’arco dell’intera giornata e riferibile ad
49
almeno tre ore giornaliere di terapia specifica da parte di personale tecnico sanitario
della riabilitazione per almeno cinque giorni alla settimana con un trattamento
individuale di almeno due ore giornaliere adeguatamente distribuite nell’arco della
giornata.
I Posti letto sono pari indicativamente 0,10 p.l. per mille abitanti, da ricomprendere
nel numero dei 4 p.l. per mille abitanti per acuti.
Esse sono collocate in centri specialistici di recupero funzionale, attrezzati per
l’assistenza di maggiore complessità nel caso di menomazioni e disabilità
recuperabili di natura e gravità tali da richiedere programmi di riabilitazione
intensiva, possibilità di interazione con altre discipline specialistiche, interventi di
nursing ad elevata specificità. A questi centri si ricorrerà comunque quando la
disabilità sia tale da non poter essere trattata con modalità alternative al ricovero.
E’ molto importante evitare il rischio che si sviluppino menomazioni e disabilità
secondarie, nonché riduzione o perdita del potenziale di recupero. A tale scopo
queste unità devono essere strettamente raccordate, sulla base di appositi
protocolli, con le Unità Operative per acuti, al fine di garantire l’intervento delle
competenze riabilitative fin dalle prime ore dall’insorgenza dell’evento patologico
all’origine della disabilità, oltre che una tempestiva presa in carico del paziente non
appena dimissibile dall’area funzionale della degenza presso l’Unità operativa per
acuti.
Devono inoltre essere raccordate da un lato con i Presidi di Alta Specialità
Riabilitativa e dall’altro con i servizi e le attività di primo livello distrettuali (rispetto
ai quali sono gerarchicamente superiori) affinché siano garantite la continuità e
l’omogeneità dei programmi fino al termine del percorso riabilitativo.
Il successo del trattamento dipende, come più volte, dalla disponibilità immediata e
dalla idoneità delle risorse umane e strumentali: in base a questo principio pertanto
tutto il sistema riabilitativo campano di II° livello va rivisto ed il fabbisogno di Unità
di Riabilitazione Intensiva di II° livello va definito sulla base delle caratteristiche
demografiche del territorio, evitando di realizzare una rete di "microunità" operative
dotate di pochi posti letto e in grado di accogliere un limitato numero di pazienti.
III° livello: attività di riabilitazione intensiva o di Alta Specialità.
Per questo livello si richiedono, oltre all’impegno terapeutico proprio del II livello,
particolare impegno di qualificazione, mezzi, attrezzature e personale
adeguatamente e/o specificatamente formato nonchè quelle connesse con forme di
patologia rara per il cui trattamento si richiede l'acquisizione di una adeguata
esperienza, l'utilizzo di attrezzature particolarmente complesse o di avanzata
tecnologia e l'integrazione con altre branche altamente specialistiche.
Si considerano tre tipologie:
50
1. Unità Spinale Unipolare (codice 28), per pazienti medullolesi. Considerando non
meno di 100 nuovi casi/anno di lesioni midollari, con una durata media del ricovero
pari a 90-120 giorni, vi è un fabbisogno di almeno 20 p.l. in Unità Spinale, per
garantire l’immediata presa in carico dei pazienti.
2. Unità Gravi Cerebrolesioni (codice 75), per la riabilitazione delle Gravi Cerebrolesioni
(UGC) è deputata alla presa in carico dei pazienti affetti da gravi traumatismi
cranioencefalici ed altre gravi cerebrolesioni acquisite come i comi post-anossici,
gravi emorragie secondarie a malformazioni vascolari, caratterizzati nella loro
evoluzione clinica da un periodo di coma più o meno protratto e dal coesistere di
gravi menomazioni fisiche, cognitive e comportamentali, che determinano disabilità
multiple e complesse. Sono esclusi gli esiti di stroke ischemici e di cerebropatie
degenerative. Considerando una durata media di ricovero riabilitativo pari a 90-100
giorni, per le cerebrolesioni gravi il bisogno si attesta su 30 p.l., a cui va aggiunto
un fabbisogno di 10 p.l. per la prosecuzione di interventi riabilitativi in pazienti con
disabilità persistenti gravi e complesse che presentano indicazione a trattamento
riabilitativo intensivo in presidi di Alta Specialità, quindi complessivamente 40 p.l.
Componente essenziale dell’UGC è l’area subintensiva ad alta valenza riabilitativa in
grado di garantire, accanto ad un'assistenza internistica intensiva, un più strutturato
ed assiduo trattamento riabilitativo, nonchè un contatto quotidiano del paziente con
i suoi familiari. L’UGC rappresenta una struttura unipolare e garantisce l’unitarietà di
intervento rispetto a tutte le esigenze del paziente nella sua globalità fisica, psichica
e sociale. L'UGC è strettamente raccordata con i centri di traumatologia al fine di
fornire le proprie competenze immediatamente dopo il trauma e durante le prime
fasi di ricovero, collabora all'educazione e formazione del relativo personale,
concorre alla stesura di protocolli terapeutici condivisi e garantisce un tempestivo
accoglimento del soggetto cerebroleso.
3. Unità per le Gravi Disabilità in Età Evolutiva (UDGE): L’Unità per la riabilitazione
delle gravi disabilità in età evolutiva (UDGE) è espressamente destinata ad
affrontare i complessi e gravi problemi diagnostici, valutativi e rieducativi degli esiti
di patologie motorie e cognitive congenite, connatali od acquisite dell’età evolutiva.
Il fabbisogno di posti letto, che deriva dalla necessità di trattare e correggere
chirurgicamente le deformità disabilitanti dell’apparato locomotore per paralisi
cerebrale infantile, spina bifida e malattie neuromuscolari, è valutabile in almeno 10
posti letto in camere singole, attrezzate per accogliere anche uno dei genitori.
L’ UDGE inoltre, deve garantire adeguata informazione ed addestramento per i
familiari e per il personale che effettuerà l’assistenza domiciliare relativamente alle
seguenti problematiche: gestione dell’abilità motoria, assistenza respiratoria,
problematiche cognitive, turbe del comportamento, disturbi psicologici, assistenza
ortesica e superamento di barriere architettoniche.
Queste Specialità costituiscono centri a valenza sovraziendale e regionale e sono
strettamente integrati funzionalmente con la rete complessiva dei servizi sanitari di
riabilitazione di II e I livello con i quali dovranno raccordarsi per seguire il disabile
nel proprio territorio di vita garantendo il completamento del percorso riabilitativo
secondo programmi ben definiti e vincolanti.
Ogni singola struttura di alta specialità riabilitativa, è dotata di autonomia spaziale,
operativa, organizzativa e gestionale, ma data la complessità dei casi che richiedono
51
interventi specialistici diversi, deve necessariamente utilizzare anche le altre risorse
professionali, strumentali ed edilizie presenti nella struttura nella quale è inserita
attraverso un’organizzazione interdisciplinare che soddisfi le differenti necessità
cliniche, terapeutico riabilitative e psicologico-sociali espresse dalle persone disabili.
Esse devono essere necessariamente collocate all’interno del sistema integrato per
l’assistenza ai pazienti traumatizzati presso una azienda di Trauma Center e DEA di
II° livello, al fine di garantire a questi pazienti una assistenza completa sia dal
punto di vista intensivo che specialistico.
Nello specifico, L’Unità Spinale Unipolare deve avvalersi oltre che delle competenze
presenti nei dipartimenti di emergenza urgenza di II° livello, delle specialità di
urologia e urodinamica, chirurgia plastica, psicologia clinica, ginecologia, andrologia,
nutrizione clinica, neurofisiopatologia, pneumologia e chirurgia plastica, e sarà
realizzata in un unico centro, che si ritienesi poter indicare nel CTO.
L’unità gravi cerebrolesioni, collocata in Aziende Ospedaliere, DEA di II° livello, deve
poter usufruire oltre alle competenze proprie di queste, tra cui sicuramente anche la
neurochirurgia e la medicina riabilitativa, delle specialità di endocrinologia, chirurgia
maxillofacciale e psicologia clinica. Queste specialità al momento sono tutte
presenti, fatta eccezione per la psicologia clinica, nel Cardarelli e nel Rummo di
Benevento.
L’ Unità per le gravi disabilità dell’età evolutiva deve essere attivata all’interno di
una Azienda Ospedaliera di tipo pediatrico, dove siano garantite oltre alla chirurgia
e medicina generale, le competenze specialistiche di rianimazione e terapia
intensiva, patologia neonatale, ortopedia con modulo specificamente orientato agli
interventi correttivi nelle disabilità infantili, neurochirurgia, chirurgia plastica,
neurologia, otorinolaringoiatria, oculistica, medicina fisica e riabilitativa, chirurgia
infantile con funzione di urologia pediatrica, neuropsichiatria infantile. Per la
ricchezza delle specialità presenti sembra indicato il Santobono Pausillipon, che però
va ristrutturato o, meglio ancora, ricollocato.
La riorganizzazione del privato accreditato, come anticipato, va inserita nel più generale
piano di riorganizzazione della Sanità Pubblica Regionale che prevede la separazione tra
attività di cura, riservata alle aziende ospedaliere, e attività assistenziale riservata alle ASL
e loro strutture, nel contesto però di un sistema integrato dei servizi a rete, sia a livello
locale che di area vasta.
Ne sistema risulta inserito il privato accreditato, secondo una modalità di rapporto tra
soggetti pubblici e soggetti privati, che vede i primi titolari della funzione di
programmazione e di committenza, i secondi chiamati a rispondere alla esigenza dei
soggetti pubblici di poter disporre di erogatori di servizi dotati di specifica competenza
tecnico-professionale, organizzativa ed imprenditoriale qualificata sulla base di requisiti che
52
vengono certificati attraverso l’accreditamento, cui devono sottostare tutti i soggetti sia
pubblici che privati.
In questo modo il privato accreditato rientra a pieno titolo nelle dinamiche di costruzione
del sistema ed è abilitato ad erogare attività (sociali o sanitarie), in nome e per conto del
titolare del servizio pubblico.
Il sistema di accreditamento avviene secondo procedure imparziali, secondo criteri
organizzativi e requisiti di qualità unici e comuni col pubblico, ed in coerenza con la
programmazione regionale e zonale, che, sulla base del rapporto tra domanda ed offerta,
garantisce il fabbisogno di servizi, prestazioni e dotazioni ritenute necessarie.
Esiste quindi una stretta correlazione tra la programmazione del fabbisogno sociale e
sanitario ed il rilascio dell’accreditamento, che dovrà tener conto dei servizi pubblici già
presenti, cui, fatta salva la qualità, andrà riconosciuto prioritariamente il ruolo esercitato.
Si propone di procedere secondo le seguenti linee di indirizzo.
Identificare le strutture di ricovero private convenzionate qualitativamente più credibili
e procedere alla “riqualificazione” delle stesse secondo i requisiti reali ed
oggettivabili previsti dall’accreditamento istituzionale, favorendo la fuoriuscita del
privato che non dia garanzia di qualità e serietà e contrattando, in sede di
programmazione locale e regionale, volumi e tipologia delle prestazioni.
Razionalizzare attraverso l’accreditamento le strutture private che erogano attività
specialistiche (cliniche, di laboratorio e di diagnostica strumentale), che in
Campania sono una moltitudine, 1186 pari a 20,5 per 1000 abitanti, favorendo la
dismissione di tutte quelle strutture medio-piccole che, oltre ad costose per il
Servizio Sanitario, non sono produttive e non garantiscono la qualità delle
prestazioni.
Una distribuzione ritenuta ottimale, in base al umero di abitanti, e a prescindere
dalla caratterizzazione pubblico o privato, prevede:
o
o
o
o
1
1
1
1
laboratorio per analisi chimico-cliniche 150.000 ab.
Anatomia, istologia patologica e citodiagnostica 150.000 ab.
Biochimica clinica, endocrinologica e tossicologica 200.000 ab.
Diagnostica per immagini 30.000 ab
Stabilire che le strutture private accreditate nel momento in cui accettano di essere
inserite nella programmazione sanitaria regionale, si impegnano a rispettare il
volume massimo di prestazioni definito in sede contrattuale distinto per tipologia e
per modalità di assistenza, sulla base degli obbiettivi di salute e dei programmi di
integrazione dei servizi. In forza di intese su base regionale e locale, le strutture
private di non alta specialità con produzione di prestazioni eccedenti quelle stabilite
per il fabbisogno, procederanno alla riconversione dei reparti relativi, per attività
necessarie quali: lungodegenza, DH, day surgery, complessi poliambulatoriali, altre
funzioni carenti in ambito locale.
Stabilire che i requisiti delle strutture e dei servizi in termini di accessibilità,
appropriatezza clinica ed organizzativa, tempi di attesa e continuità assistenziale,
dovranno essere analoghi a quanto previsto nel pubblico. Stabilire inoltre che la
53
remunerazione deve avvenire a consuntivo, sulla base dei risultati raggiunti in
termini di efficienza, efficacia, appropriatezza delle attività effettivamente rese ed in
aderenza alla casistica concordata.
Realizzare un efficace sistema di controlli, per prevenire eventuali comportamenti
opportunistici. I controlli saranno effettuati dalla ASL, per le attività non
specialistiche e dalla regione per le attività ad elevata specialità .
Qualora si superi il volume di prestazioni pattuite scatteranno le penalità che
cresceranno in modo proporzionale all’ eccesso prodotto , mediante riduzione a
scalare delle tariffe fino al rientro, con effetto retroattivo a tutta l’annualità
interessata.
Sono ivece obbiettivi di merito il raggiungere una appropriatezza nella casistica
trattata che non sia inferiore al 90 %, e, per gli ospedali di carattere riabilitativo, il
progressivo abbassamento della percentuale di pazienti ricoverati più di 2 volte.
In base alla programmazione locale gli ospedali privati concorrono nel fornire risposta
alla eventuale prresenza di liste di attesa in determinati settori ospedalieri,
attraverso la messa in rete dei propri posti letto, nell’ambito della ASL di riferimento
e nell’ambito di percorsi assistenziali esplicitamente concordati.
In base alle caratteristiche specialistiche possedute, tra cui quelle di carattere
riabilitativo, le strutture di ricovero concorrono nell’ambito della rete ad accogliere
pazienti dimessi dai reparti per acuti, entro un periodo che, di norma e fatte salve
esigenze assistenziali di maggiore complessità, non deve superare i 30 giorni.
Sono inoltre inseriti nella rete delle strutture per assitenza residenziale e
semiresidenziale, qualora ne possiedona i requisiti o a seguto di processi di
riconversione.
Ribadire la incompatibilità assoluta del personale dipendente dal Servizio Sanitario
Nazionale, nonché del restante personale, compreso quello universitario integrato,
che comunque intrattiene rapporti con il Servizio Sanitario Nazionale, a prestare la
propria attività nei confronti delle strutture accreditate, cui pertanto è vietato avere
nel proprio organico, o in qualità di consulente, personale medico e non in posizione
di incompatibilità.
Il principio dell'incompatibilità deve intendersi riferito all'attività professionale
sanitaria a qualsiasi titolo espletata dal personale medesimo presso la struttura
accreditata, ivi compresa l'attività libero-professionale nei confronti di pazienti
paganti in proprio.
Sono fatti salvi eventuali specifici accordi intervenuti in merito tra gli enti pubblici
preposti all'erogazione di prestazioni sanitarie e le strutture private accreditate
interessate, per attività svolte nell'ambito di programmi aziendali, con particolare
riferimento agli aspetti di continuità assistenziale, e comunque nel rispetto della
normativa vigente.
Qualora si verifichino violazioni in materia di incompatibilità per il personale medico,
la struttura privata dovrà corrispondere alla Regione una somma pari, ad es. a 10
volte il valore tariffario delle singole prestazioni effettuate per ciascuna violazione
accertata, ferma restando la facoltà della Regione di esigere l'eventuale maggior
danno, ai sensi dell'art. 1382 c.c. ovvero di assumere ogni altra iniziativa o
provvedimento conforme alla legge.
POLITICHE DEL PERSONALE E FORMAZIONE
54
Come noto, il personale del servizio sanitario campano, benché abbia un costo tra i più alti
rispetto alla media italiana, è inferiore rispetto alle necessità e ai bisogni, e soprattutto, ha
una distribuzione disomogenea sul territorio che privilegia alcune ASL, di Napoli e Caserta,
ed alcune aziende ospedaliere. Questo perché l’ assunzione
delle diverse figure
professionali non è stato guidata da esigenze di programmazione e funzionamento di
determinati settori, quanto piuttosto da pratiche non aziendalistiche e spesso clientelari.
Il problema quindi, non è una questione di esubero, ma di distribuzione dello stesso nelle
aree e nei settori che ne sono carenti, di eliminazione di sacche di inefficienza e privilegio,
di formazione e di qualificazione su competenze oggi poco esercitate, di selezione secondo
logiche non clientelari.
Riteniamo pertanto profondamente illogico e controproducente ricorrere solo a
provvedimenti di razionamento degli organici, come si sta facendo, dopo essersi magari
assicurati l’appoggio delle categorie, e non assumere provvedimenti mirati rispetto alle
attività che si devono implementare o viceversa ridurre e/o riconvertire.
A questo bisogna poi aggiungere la piaga del precariato che vede numerosi operatori e
dirigenti sanitari della sanità con contratti a tempo determinato, instabili, quindi senza
garanzie per il futuro, con nessuna possibilità che si investa sulla loro formazione, e per
giunta senza che ciò porti a risparmi reali.
Presso il Consiglio Regionale giace da tempo una proposta di stabilizzazione, che stenta
però ad essere approvata.
Infine anche la formazione è episodica, frammentata e non mirata, mentre sulle
professioni tecnico-infermieristiche non si è investito ed anche la normativa che ne
valorizza autonomia e capacità è stata applicata poco e male, anzi usata e
strumentalizzata per gestioni clientelari .
Il risultato è che tra il personale, di qualsiasi genere, vi è uno scontento generale, mentre
si assiste ad una disaffezione sempre più marcata, che talvolta sbocca anche in
comportamenti illeciti.
Il personale è la risorsa più preziosa e come tale va coltivata, non rabbonita e tenuta a
bada, con soluzioni corporative.
Tra i diversi provvedimenti, si ritiene sia particolarmente urgente:
Stabilizzare il personale precario, approvando il provvedimenti relativo in conformità a
quanto contenuto nella direttiva del Governo n°7 del 30/4/2007 applicativa alla
finanziaria dello scorso anno senza tuttavia che ciò significhi bloccare per anni le
possibilità di assunzione per operatori senza impiego con conseguente ulteriore
produzione di precariato
Realizzare programmi di formazione mirati e sul campo per la riqualificazione ed il
reimpiego del personale proveniente sia dalla sanità privata che da quella pubblica
(come conseguenza dei processi di accreditamento, riconversione, accorpamento),
privilegiando le azioni formative legate alla riconversione per attività territoriali e
alla formazione del personale per l'emergenza.
Coinvolgere l’Università nella formazione di operatori per le specialità che ne sono
carenti e per l’emergenza-urgenza( ad es.farmacisti, radiologi, anestesisti, medici
dell’urgenza, neurologi, tecnici, )
Assumere e formare operatori per la prevenzione, per la tutele della salute sui loghi di
lavoro, per la sanità animale pubblica.
Completare l’istituzione e l’attivazione dei Servizi delle Professioni Sanitarie, cosi come
previsto dalla Legge N°251 del 2000 e dalla Legge regionale N°4 del 2001,
55
riconoscendone l’autonomia e la specificità professionale, sottraendoli
condizionamento dei partiti e spesso anche dei sindacati di categoria.
al
La realizzazione di qualsiasi Piano Sanitario e Sociale, non può prescindere dalla
partecipazione delle aziende e degli operatori, che, per la loro esperienza e competenza
sul campo sono in grado di conferire apporti reali in termini di indirizzo, realizzazione e
risultati.
A tale scopo si propone che, nell’arco del triennio di applicazione del Piano, la regione si
avvalga di operatori delle aziende sanitarie che, per durata e finalità predefinite,
eserciteranno la propria attività in distacco regionale, con oneri a carico del fondo sanitario
regionale.
CRITERI DI FINANZIAMENTO
Si propone che il Fondo regionale Sanitario e Sociale, nel presupposto che la
integrazione socio-sanitaria venga definita anche a livello istituzionale, sia suddiviso
annualmente in quattro parti:
1.
2.
3.
4.
Fondo ordinario di gestione del ASL
Fondo per la non autosufficienza
Fondi finalizzati alla organizzazione del sistema e allo sviluppo dei servizi
Fondo investimenti
1. Fondo ordinario di gestione del ASL
Come già anticipato, nella presente proposta si prevede che le ASL, nella loro veste di
Entri responsabili dello stato di salute della popolazione provvedano a finanziare sia le
attività sulle quali hanno una competenza diretta (prevenzione e assistenza territoriale),
sia le Aziende Ospedaliere che gli Istituti di cura del privato convenzionato, intra ed extra
regionali che erogano prestazioni, in regime di ricovero e non, ai propri cittadini residenti,
nonché, in quanto aventi diritto alla assistenza, ai cittadini stranieri, con o senza regolare
permesso di soggiorno e alle popolazioni zingare.
a) Il 90% del fondo sarà distribuito nel modo seguente:
Livelli e sottolivelli
Composizione %
Prevenzione*
7,00
Assistenza territoriale, di cui
50,00
Assistenza medica di base
5,50
Assistenza farmaceutica
13,00
Assistenza specialistica ambulatoriale
14,00
Assistenza distrettuale
7,50
56
Riabilitazione
2,50
Assistenza agli anziani
3,50
Salute mentale
4,50
Dipendenze
1,50
Assistenza ospedaliera
43
*La quota fondo per la prevenzione sarà attribuita prioritariamente alla prevenzione sui
luoghi di lavoro, alla costituzione dell’anagrafe per gli screening tumorali e alla
organizzazione degli stessi, al coordinamento con le funzioni di tutela dell’ambiente, alla
promozione della salute nelle comunità residenziali.
b) Il rimanente 10% sarà attribuito sulla base delle condizioni socio-ambientali
(morfologia, densità, grado di povertà)
c) Si propone inoltre la revisione del tariffario, per il finanziamento delle
aziende ospedaliere e territoriali, secondo i criteri seguenti:
Remunerazione sulla base delle prestazioni erogate
Remunerazione per funzioni integrate e non per singola prestazione e per volumi di
prestazioni predeterminate.
Remunerazione che valorizzi determinati percorsi (es:parto naturale) e penalizzi
comportamenti non appropriati (es: taglio cesareo, tonsillectomie... )
Determinazione di tariffe di riferimento standard riferite al percorso ottimale di
erogazione (ricovero ordinario, ricovero diurno, ambulatoriale sono a diverso
assorbimento di risorse), al fine di disincentivare eventuali comportamenti
opportunistici o diseconomici.
Determinazione di specifici finanziamenti per i poli di riferimento per le alte specialità e
per le funzioni di emergenza, (che attualmente non sono adeguatamente
remunerate dal sistema tariffario) ed in relazione alla complessità organizzativa.
2. Fondo per la non autosufficienza
Questo fondo rappresenta una assoluta necessità perché, ancorché la popolazione
anziana, in Campania, non sia numerosa come in altre regioni, ma lo diverrà,
l’autosufficienza trascende i confini dell’età anziana per ricomprendere tutte quelle
disabilità croniche e di degenerative che richiedono trattamenti di lungo periodo,
particolarmente complessi, necessariamente integrati e assai onerosi.
E’ quindi necessario prevedere un fondo regionale dedicato, che sia sottratto, almeno in
parte, sia alle sottostime del Fondo Sanitario Nazionale, sia alle endemiche difficoltà di
finanziamento degli Enti Locali, e che spinga ai processi di integrazione socio-sanitaria.
Questo fondo sarà prioritariamente orientato allo sviluppo delle cure domiciliari, della rete
dei servizi residenziali e semiresidenziali e delle comunità alloggio, pressoché assenti nella
nostra Regione, a tutti quegli interventi che possono ridurre il disagio delle persone non
autosufficienti e delle loro famiglie, ai processi di integrazione, e sarà gestito dal Direttore
di Distretto, di concerto coni Comuni della zona.
57
Nella gestione del fondo si dovrà prevedere inoltre:
a). Il consolidamento delle zone previste dalla normativa sul sociale, che di norma saranno
coincidenti coi nuovi Distretti, per l’esercizio associato, da parte dei comuni, dei servizi
sociali e socio-sanitari.
b). Il riequilibrio del territorio, prevedendo meccanismi di compensazioni, per quelle aree
che per motivi socio-economici, si trovino in condizioni di particolare fragilità e difficoltà.
c). Il co-finanziamento da parte dei soggetti destinatari
d). L’adozione da parte della regione di strumenti di verifica e controllo, delle risorse, dei
programmi e dei risultati, sia per valutare l’efficacia degli interventi programmati ed
attuati, sia per prevenire comportamenti opportunistici.
Si propone infine di utilizzare per queste finalità anche parte dei finanziamenti previsti dal
fondo sociale europeo 2007-2013.
Dal momento che esistono pochi dati storici, risulta difficile quantificare il fabbisogno di
tale fondo.
3. Fondi finalizzati alla organizzazione del sistema e allo sviluppo dei servizi
Annualmente, all’atto della determinazione del fondo, dovrà essere accantonata una quota
di finanziamenti necessari per il funzionamento delle funzioni svolte direttamente dalla
Regione a supporto del sistema e per specifici programmi e servizi, da quantificare
annualmente. In questo fondo andrà ricompresa anche una quota per collaborazioni con
l’ARPAC, vista l’importanza per la salute della tutela e vigilanza sulle matrici ambientali.
Si propongono i seguenti capitoli.
 Sviluppo della ricerca e dell’innovazione
Centri di riferimento regionali e attività non sufficientemente remunerate delle aziende
(DRG di alta specialità)
Innovazione e Tecnologie Ospedaliere
Didattica e Ricerca nelle Aziende Ospedaliere Universitarie
Finanziamento ARSAN
Servizi territoriali
Sperimentazione case della salute
Integrazione Medicine non convenzioali
Trapianti e Prelievi organi e tessuti
Servizi di Prevenzione
Progetti speciali di interesse regionale
Collaborazioni ARPAC
4. Programma di investimenti e ricostituzione Fondo ex.art.20 legge 67/8.
In quest’ambito dovrà inoltre essere ristabilito un Programma di investimenti e
ricostituito il Fondo, per l ristrutturazione-riqualificazione della rete ospedaliera e
territoriale.
Attualmente non è dato sapere con certezza a quanto ammontino i fondi ex.art.20 legge
67/88 destinati dallo Stato e quanti ne debbano essere ancora richiesti. Si ritiene quindi
che sia urgente conoscere l’ammontare esatto dei finanziamenti destinati alla Campania al
fine di potervi accedere nei modi e secondo i tempi più rapidi possibile, che tuttavia non
possono prescindere da una programmazione del nuovo conseguente alla rimodulazione
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della rete ospedaliere e alla ristrutturazione delle strutture territoriali per le nuove funzioni.
Tale programma dovrà tendere:
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Alla semplificazione e riconversione della rete dei presidi ospedalieri secondo le
nuove destinazioni territoriali previste
Alla qualificazione delle aziende ospedaliere con accorpamento alle stesse dei
presidi ospedalieri ASL non riconvertiti
Alla integrazione e rinnovo del parco tecnologico
Alla manutenzione e mantenimento delle strutture in esercizio secondo i criteri
dell’accreditamento
Al miglioramento delle condizioni di accoglienza
Per reperire ulteriori fondi, oltre a quelli già previsti dall’ Art.20, si propone l’attuazione di
un protocollo di intesa per la destinazione e l’utilizzo dei fondi l’INAIL, analogamente a
quanto fatto da altre regioni, oltre al cofinanziamento da parte di soggetti privati.
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