Moto di una carica che entra obliquamente in un campo magnetico

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Moto di una carica che entra obliquamente in un campo magnetico non
uniforme
r
Si consideri una regione di spazio in cui sia presente un campo magnetico uniforme B orientato
r
lungo l’asse x. Se una particella carica viene immessa in tale regione con una velocità v non
perpendicolare al campo, la sua traiettoria non è più circolare ma elicoidale.
r
mv y
r
Il raggio dell’elica è: r=
, dove vy = v senα è la componente di v perpendicolare a B ,
qB
mentre il passo (distanza fra due posizioni successive dell’elica nella direzione del campo) è:
r
2πmv x
r
p=
, dove vx = v cosα è la componente di v parallela a B , essendo α l’angolo compreso
qB
tra la velocità della particella e il campo magnetico.
Se il campo magnetico non è uniforme, man mano che esso cresce in modulo (e le linee di campo
conseguentemente si avvicinano), il raggio della traiettoria diminuisce (poiché è al denominatore
nell’espressione del raggio). Analogamente il passo dell’elica diventa più corto e quindi si ha come
risultato che la spirale si infittisce (si abbassa sempre più e si stringe lo spazio tra un’elica e la
successiva).
Come conseguenza importante si ha che, se il campo magnetico non uniforme è sufficientemente
esteso, la componente v // della velocità della particella parallela alle linee di campo ( v // = v cos α )
non si mantiene costante, il passo della spirale diminuisce via via che la particella si sposta verso
zone in cui il campo è più intenso, fino a ridursi a zero e a invertirsi per effetto di una forza
magnetica resistente riconducibile al non parallelismo delle linee di campo. La particella, quindi può
venire “riflessa” dalle zone in cui il campo è più intenso e costretta poi a spiraleggiare attorno alle
linee di campo in verso opposto rispetto alla situazione di partenza.
Le fasce di Van Allen
La Terra è immersa in un campo magnetico proprio che con buona approssimazione è uguale a
quello di un dipolo magnetico orientato lungo l’asse di rotazione della Terra.
Il sole emette continuamente in ogni direzione delle particelle cariche (vento solare): in alcuni
periodi dell’anno quest’attività è più intensa che in altri periodi.
Quando queste particelle cariche arrivano in prossimità della Terra entrano nel campo magnetico
terrestre e può accadere che rimangano imprigionate al suo interno.
Si hanno diversi casi.
• Le particelle che arrivano all’equatore magnetico subiscono in media la maggiore
deflessione, perché entrano nel campo magnetico con velocità mediamente prossime alla
perpendicolare al campo. Dipendentemente dal modulo della velocità e dalla loro massa, le
particelle potranno seguire traiettorie di tipo parabolico (per velocità elevate) e venire espulse
dal campo o potranno venire catturate dalle linee di campo (per velocità più basse).
• Le particelle che entrano nel campo magnetico terrestre in prossimità dell’asse polare, dove
convergono le linee di forza del campo magnetico e l’intensità del campo magnetico è
maggiore, vengono invece in gran parte catturate. Il loro moto è del tipo descritto in
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precedenza cioè elicoidale a passo variabile, in cui ad un certo punto la particella inverte la
componente della velocità parallela al campo. La particella cioè avvicinandosi al polo
“rallenta” sempre più il suo moto nella direzione delle linee di campo, finché lo inverte e si
dirige verso l’altro polo, dove si ripete lo stesso fenomeno. La particella rimane così
imprigionata nel campo magnetico terrestre.
Intorno alla Terra, quindi, vi è un grande accumulo di cariche imprigionate nel campo magnetico, e
le zone in cui si ha questo accumulo di cariche sono dette Fasce di Van Allen. Le fasce di Van Allen
sono due: una si trova nella zona della Terra che dista da 800 Km a 4000 Km ed è costituita
principalmente da protoni ad alta energia, mentre l’altra si estende fino a circa 60000 Km dalla Terra
ed è formata da elettroni meno energetici. Entrambe le fasce sono a forma di ciambella.
Le particelle della fascia esterna arrivano direttamente dal sole, mentre quelle della fascia più interna
si generano in seguito al decadimento naturale dei neutroni, prodotti dalle interazioni tra i protoni
della radiazione solare e i nuclei di gas dell’atmosfera.
Furono scoperte nel 1958 da Van Allen e dal suo gruppo di ricerca dell’Università di Iowa. Essi
sistemarono un rilevatore di particelle sul primo satellite americano messo in orbita, l’Explorer I. Il
rilevatore funzionò regolarmente fino a 2000 Km dalla Terra, ma sopra tale quota non registrò più
nulla. In un primo tempo i ricercatori pensarono che si fosse rotto, poi, dopo alcuni studi, arrivarono
alla conclusione che lo strumento era stato bloccato da una radiazione molto intensa.
L’Aurora Boreale
Se le particelle che arrivano dal sole hanno elevata energia, la componente della forza di Lorentz che
si oppone al moto traslatorio non riesce ad invertire il moto, pertanto la particella arriva fino
nell’atmosfera terrestre dove interagisce con le molecole di aria. Questo fenomeno è molto evidente e
spettacolare nelle aurore boreali che si verificano in coincidenza con i massimi dell’attività solare,
quando un gran numero di particelle molto energetiche arriva ad interagire con l’atmosfera.
Il ciclotrone
Il ciclotrone è un apparecchio progettato per accelerare particelle cariche, cioè per fornire proiettili
capaci di penetrare nel campo delle forze nucleari per disintegrare il nucleo.
Fu realizzato per la prima volta nel 1931 dai fisici Ernest Orlando Lawrence (1901 – 1958) e
Milton Stanley Livingston (nato nel 1905) dell’Università della California di Berkley.
Il principio di funzionamento è semplice, nonostante la complessità della struttura dello strumento.
È formato essenzialmente da due contenitori metallici aventi la forma delle due metà di una scatola
cilindrica, tagliata lungo un diametro. I due contenitori, detti D (dees) per la loro forma sono uno di
fronte all’altro, ma separati da un sottile interspazio e sono collegati ad un circuito che trasmette loro
una d.d.p. variabile sinusoidalmente con frequenza voluta. Per questo motivo nell’interspazio fra i D
esiste un campo elettrico variabile sinusoidalmente con frequenza nota e regolabile.
All’interno dei D, invece, il campo elettrico è nullo. I D sono racchiusi dentro ad una camera
metallica, da cui sono elettricamente isolati e nella quale è fatto il vuoto.
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Tutto questo apparato è, infine, immerso tra le espansioni polari di un potente magnete, che crea un
campo magnetico perpendicolare alle basi dei D.
Una sorgente S di ioni, spesso consistenti in nuclei di idrogeno pesante (deutoni), è montata
nell’interspazio, in posizione lievemente spostata rispetto al centro.
Se uno ione positivo viene emesso da S mentre D1 è positivo, verrà accelerato dal campo elettrico
nell’interspazio ed entrerà in D2 con una velocità v. In D2 il campo elettrico è nullo, mentre è
presente (come nel resto dell’interspazio) un campo magnetico ortogonale a v.
Pertanto entro la camera D2 lo ione si muove di moto circolare uniforme su una traiettoria di raggio:
mv
r=
qB
Se, durante il viaggio della particella in D2, il campo elettrico nell’interspazio si inverte, quando essa
emerge dalla camera subisce un’ulteriore accelerazione che porta la sua velocità al valore v’(>v)
quando entra in D1.
In D1 lo ione percorrerà una semicirconferenza di raggio r’(>r), in quanto la sua velocità è maggiore.
Il periodo di rivoluzione della particella è sempre:
2πm
T=
qB
Esso è indipendente dalla velocità della particella e dal raggio della traiettoria, pertanto qualunque
orbita stia percorrendo lo ione entro il ciclotrone, il tempo tra entrare e uscire dall’interspazio è
sempre lo stesso.
Se, allora, il campo elettrico applicato varia sinusoidalmente nel tempo con un periodo uguale a
quello di rotazione dello ione, quest’ultimo, ogni volta che passa attraverso l’interspazio, trova una
campo acceleratore.
La traiettoria complessiva dello ione entro il ciclotrone è una spirale piana composta da semicerchi di
raggio crescente; in realtà i semicerchi non sono perfetti perché nell’interspazio le traiettorie non
sono archi di cerchio.
Il ciclotrone si utilizza per accelerare protoni e deutoni, ma fallisce con gli elettroni.
Ciò è dovuto al fatto che, per l’accelerazione dentro il ciclotrone è essenziale che il moto di
rivoluzione della particella sia in fase con il campo elettrico nell’interspazio e cioè che la particella
ad ogni passaggio, trovi un campo acceleratore e non deceleratore. Pertanto il periodo di rivoluzione
dello ione è fondamentale che sia costante, perché lo ione non si trovi nel campo elettrico troppo
presto o troppo tardi. Deve essere pertanto m/qB costante.
B e q si possono mantenere costanti, mentre la m per velocità prossime a quelle della luce aumenta
rapidamente con la velocità, in modo più accentuato per le particelle leggere come gli elettroni.
Quindi, per concludere, per gli elettroni il periodo T decresce rapidamente, pertanto gli elettroni
arrivano nell’interspazio fuori fase rispetto al campo acceleratore.
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