file allegato

annuncio pubblicitario
LA FINE DELLA REPUBBLICA DI WEIMAR, L’AFFERMAZIONE DEL
NAZISMO E LA SHOAH
I fragili equilibri raggiunti con la nascita della Repubblica di Weimar e la stabilizzazione
economica, grazie al supporto dei piani finanziari Dawes e Young, furono sconvolti dai
contraccolpi della Grande Depressione economica mondiale del 1929, che produsse in Germania
quasi sei milioni di disoccupati e radicalizzò la vita politica e sociale del paese. Nel 1930
Hindenburg nominò cancelliere l'esponente cattolico moderato Heinrich Brüning, che avviò una
politica di drastici tagli alla spesa pubblica. La politica di Brüning, mentre consentì di porre fine
all'annosa questione delle riparazioni di guerra, inasprì la già grave crisi economica della
Germania, creando, dopo le dimissioni di Brüning, nel 1932, una situazione politica fortemente
instabile. Il principale beneficiario politico della crisi fu il Partito nazionalsocialista dei lavoratori
tedeschi, guidato da Adolf Hitler, le cui posizioni ultranazionaliste ed antisemite avevano raccolto
il voto di protesta tanto dei gruppi d'ordine conservatori quanto dei ceti popolari colpiti dalla crisi,
facendo dei nazisti sin dalle elezioni per il Reichstag del 1930 il secondo gruppo politico del
paese. Incapace di formare governi di maggioranza, Hindenburg indisse nuove elezioni nel 1932,
che decretarono la vittoria del Partito nazionalsocialista. Ciò aprì a Hitler la via al cancellierato,
carica cui il capo nazista fu chiamato dallo stesso Hindenburg il 30 gennaio del 1933. Una volta al
potere, Hitler abolì l'ufficio del presidente e si autoproclamò Führer del Terzo Reich, calava così
il sipario sulla Repubblica di Weimar.
Il partito nazista
I principi centrali della dottrina nazista, per alcuni aspetti affine al fascismo italiano, erano ispirati
alle teorie che sostenevano una presunta superiorità biologica e culturale della razza ariana
formulate da Houston Stewart Chamberlain e da Alfred Rosenberg; ma il successo della formula
politica in Germania fu dovuto anche alla sua relazione di continuità con la tradizione nazionalista,
militarista ed espansionista prussiana, nonché al suo radicamento nella cultura irrazionalista di
inizio secolo. L'ascesa del movimento nazionalsocialista trasse forte impulso dallo scontento diffuso
fra i tedeschi alla fine della prima guerra mondiale. Finanziata dagli ambienti militari, la formazione
politica guidata da Adolf Hitler nacque nel 1920 in un paese prostrato dalla guerra e attraversato da
violenti conflitti politici e sociali. Parte dei militanti furono organizzati in una specie di braccio
armato, le SA (Sturmabteilungen, "sezioni d'assalto"), organizzato da Ernst Röhm; le SA avevano il
compito di intimidire con la violenza gli avversari politici e i sindacalisti. Hitler formulò un
programma d'azione antidemocratico, imperniato sul nazionalismo e sull'antisemitismo, e nel 1923
dotò il partito di un efficace strumento di propaganda, il quotidiano " Völkischer Beobachter"
(L'osservatore nazionale), e di un simbolo ufficiale, una croce uncinata nera, inscritta in un cerchio
bianco su campo rosso: la svastica. Nello stesso anno intensificò la propaganda e le azioni
dimostrative contro il Partito comunista tedesco, tentando infine un colpo di stato (il putsch di
Monaco) per rovesciare il governo di Weimar. Il tentativo fallì e Hitler fu condannato a cinque anni
di carcere. Durante la detenzione, che in realtà durò meno di un anno, scrisse la prima parte di Mein
Kampf (La mia battaglia), l'opera in cui riassunse i capisaldi dell'ideologia nazista, tracciando il suo
progetto di conquista dell'Europa. Le fonti intellettuali di Hitler erano alquanto eterogenee ed il
nazionalsocialismo si presentava più come un conglomerato di idee dalle matrici più disparate che
come un'ideologia organizzata e strutturata. In Mein Kampf le istanze nazionaliste ed il progetto di
una grande Germania che radunasse tutte le genti di lingua tedesca trovavano una teorizzazione che
1
ben si inseriva nel clima causato dalla disfatta della guerra: Hitler propose infatti un piano di
ampliamento del territorio nazionale, giustificandolo con la necessità di allargare il Lebensraum
("spazio vitale") per il popolo tedesco. Le altre nazioni dovevano sottomettersi alla razza ariana, in
virtù della sua conclamata superiorità, destinata a regnare sul mondo intero. Nemici degli ariani
erano in primo luogo gli ebrei, responsabili del disastro economico e della diffusione delle ideologie
marxiste e liberali. Una volta rilasciato, Hitler cercò di creare un accordo con l’esercito e la classe
dominante capitalistica, riorganizzò il partito, creò l'ufficio di propaganda, che fu affidato a Joseph
Goebbels e il corpo armato delle SS (Schutz-Staffeln, "squadre di difesa"), diretto da Heinrich
Himmler, che prese il posto delle SA. L'epurazione delle SA fu il risultato di una battaglia politica
tra i capi nazisti subordinati a Hitler: da una parte Joseph Goebbels, Hermann Göring, Heinrich
Himmler ed Reinhard Heydrich, e dall'altra Ernst Röhm, il capo delle SA. Il potere di Röhm e della
sua organizzazione violenta (le SA) spaventò Hitler ed i suoi sostenitori. Inoltre Röhm
rappresentava assieme l'ala anticapitalista del partito nazista. Ciò era in contrasto con gli interessi di
Hitler, che era stato generosamente finanziato sia dagli industriali tedeschi sia dalla grande finanza
internazionale verso i quali aveva debito di riconoscenza. Per mantenere il potere doveva quindi
venire a patti con essi, e non poteva permettersi l'esistenza di una mina vagante rappresentata da
Röhm. Solo dopo l'eliminazione di Röhm il nazismo può abbracciare totalmente il capitalismo e
prefigurarsi come un'ideologia prettamente di destra, abbandonando ogni ipotesi rivoluzionaria,
rimanendo "socialista" solo nel nome. Se il nazional-socialismo originò dal fascismo, da quel
momento il paragone tra fascismo e nazismo fu unicamente fittizio ed artificialmente mantenuto per
motivi propagandistici di immagine pubblica. A queste motivazioni va aggiunto che molti membri
del Partito nazista inoltre, vedevano Röhm e altri capi delle SA con disgusto perché
erano omosessuali, tendenza considerata lesiva della riproduzione e del conseguente ampliamento
della «razza padrona». Con tutti questi gruppi schierati contro Röhm, Hitler decise di agire. La
notte del 29 giugno 1934 (la cosiddetta Notte dei Lunghi coltelli) ordinò a tutti i capi delle SA di
partecipare a un incontro a cui Hitler arrivò con un nutrito gruppo di SS: Röhm venne arrestato
insieme ad altri capi delle SA e, successivamente giustiziato. L'episodio ha ispirato Luchino
Visconti per il suo film La caduta degli dei. Storicamente, da un punto di vista simbolico, la "Notte
dei lunghi coltelli" costituì per la minoranza omosessuale tedesca l'inizio della campagna repressiva.
Tuttavia, la vera motivazione politica della "Notte dei lunghi coltelli" non ebbe nulla a che vedere
con l'omosessualità. L'eliminazione di Röhm fu resa necessaria dal fatto che egli era un uomo
troppo potente, che aveva ai suoi comandi una temibile forza paramilitare, e che si attardava a
concepire il nazismo come un movimento rivoluzionario, e perfino nazional-socialista, in un
momento in cui esso era ormai nei fatti un regime ultraconservatore. L'omosessualità di Röhm, che
non aveva costituito un ostacolo alla sua carriera fino a quando egli era stato in sintonia con le
gerarchie naziste, divenne così all'improvviso un utile pretesto per giustificarne l'eliminazione fisica
e la necessità della "purga" del suo "corrotto" entourage.
Il nazismo al potere
Nel 1929, l'anno della grande crisi seguita al crollo di Wall Street, buona parte dei grandi
imprenditori tedeschi cominciarono a guardare con favore a Hitler ed al suo programma ed ingenti
somme di denaro presero ad affluire nelle casse del partito nazista. Appoggiato anche dalle classi
medie, dai piccoli proprietari e dai disoccupati colpiti dalla grande depressione economica, il partito
nazista conquistò la maggioranza relativa nelle elezioni del 1932. Nello stesso anno scadeva il
2
mandato del presidente della repubblica Hindelburg, che ripropose la sua candidatura ed Hitler
presentò la propria: il confronto fu vinto da Hindelburg. Il cancelliere von Papen sciolse il
Reichstag ed indisse nuove elezioni. Hitler ottenne uno straordinario successo ed il nazismo divenne
il primo partito della Germania ed Hitler chiese per sé il cancellierato, von Papen si rifiutò alla
richiesta di Hitler, passando all’opposizione ed unendo i suoi voti con quelli dei comunisti,
determinando nuove elezioni: le quinte nel giro di otto mesi. Gli agrari e i ricchi borghesi tornarono
però a dare il loro appoggiò ad Hitler l’unico capace di fronteggiare ogni avanzamento comunista e
quindi le prospettive rivoluzionarie e bolsceviche. A vincere le elezioni non bastava avere a
disposizione un imponente apparato di propaganda, ma occorreva provocare nelle classi medio-alte
la sensazione di un colpo di stato bolscevico. Il 27 febbraio 1933, a ameno di una settimana dal
giorno fissato per la consulta elettorale un incendio distrusse il palazzo del Reichstag, la colpa fu
fatta ricadere sui comunisti, in realtà ad appiccare il fuoco erano stati gli uomini di Goering e di
Goebbels. Hitler fece in modo che il presidente della Repubblica decretasse lo stato di emergenza,
affidandogli poteri straordinari. Alle elezioni politiche il Partito nazionalsocialista ottenne una
schiacciante vittoria; a Hitler furono quindi assicurati i pieni poteri, che egli usò per assorbire le
competenze del Parlamento ed eliminare con la violenza l'opposizione. Il Partito nazionalsocialista
divenne l'unica organizzazione politica legale, il potere fu centralizzato, furono sciolte le
organizzazioni sindacali, aboliti i contratti collettivi di lavoro, furono sciolti tutti i partiti. I nazisti
erano così arrivati al potere grazie al largo consenso antibolscevico e con l’appoggio dei
conservatori e dei militari. Nel 1933, allo scopo di eliminare i dissidenti, venne istituita la Gestapo
(organo di polizia segreta), svincolata da ogni controllo legale e soggetta solo a Himmler. Soppressi
gli avversari politici ed i diritti costituzionali e civili, il regime affrontò la crisi occupazionale,
pianificando una ristrutturazione industriale ed agricola dell'intero paese. Grazie al "nuovo ordine"
la Germania hitleriana uscì dalla crisi; ma questo fu dovuto anche al lavoro creato per la
preparazione di una possente macchina da guerra, mentre veniva inaugurata una politica estera
estremamente aggressiva e brutale. Quando nell’agosto del ’33 Hindenburg morì, Hitler assunse
anche le funzioni di presidente egli così divenne Fuhrer e cancelliere del Reich, i soldati giurarono
fedeltà alla sua persona e non più allo Stato. Nasceva il Terzo Reich, una prosecuzione del Sacro
Romano Impero e del Reich fondato da Bismarck. La vita culturale della Germania venne
sottoposta al controllo dello Stato e del partito. Non soltanto la radio e la stampa perdettero la loro
autonomia, ma anche le università vennero private di qualsiasi autonomia ma fu instaurata una
nuova pedagogia per creare una gioventù destinata a far “spaventare il mondo”. Dalla Germania vi
fu un esodo di intellettuali ed artisti di primo piano: Thomas Mann, Albert Einstein ecc.. Non
mancarono le leggi sulla cittadinanza del Reich, che riconobbero come cittadino soltanto
l’appartenete allo stato di sangue tedesco. Furono proibiti i matrimoni tra ebrei e tedeschi
dichiarando nulli quelli contratti, venne vietata l’assunzione di personale femminile tedesco da parte
di ebrei e furono addirittura interdetti i rapporti extraconiugali con ebrei. Il culmine della violenza
antisemitica fu raggiunto quando Goebbels organizzò la cosiddetta notte dei lunghi cristalli (9-10
novembre 1938) in cui sinagoghe, abitazioni, negozi di ebrei furono dati alle fiamme e parecchi
furono barbaramente trucidati. Due giorni dopo vennero emanati decreti che imponevano a tutti gli
ebrei il pagamento di un tributo di un miliardo di marchi a favore dello stato, li escludevano da
qualsiasi attività commerciale e produttiva, ne vietavano perfino l’ingresso al cinema, al teatro o
alle mostre. Fu rimilitarizzata la Renania, si formò l'Asse Roma-Berlino (1936) e l'Austria venne
annessa con uno spregiudicato colpo di mano (1938). Infine, l'invasione della Polonia (1° settembre
3
1939) fu la scintilla che fece scoppiare la seconda guerra mondiale. Nella prima fase del conflitto la
Germania sembrò avere la meglio; Hitler ed i suoi uomini diedero allora il via alla cosiddetta
"soluzione finale", organizzando la deportazione e l'eliminazione di milioni di ebrei, zingari,
testimoni di Geova, omosessuali, malati mentali, oppositori politici ecc. (Shoah).
Antisemitismo
L'ideologia antisemita si basa su una teoria razzista, inizialmente formulata in Francia ed in
Germania alla metà del XIX secolo, secondo la quale le persone della cosiddetta "razza ariana"
sarebbero per fisico e temperamento superiori agli ebrei. Questa teoria, sebbene duramente
criticata per la sua inconsistenza scientifica, si diffuse ugualmente in particolare attraverso le
opere del diplomatico francese Joseph Arthur de Gobineau e quelle del filosofo tedesco Karl
Dühring e fu utilizzata per giustificare la persecuzione civile e religiosa che gli ebrei avevano
subito attraverso i secoli. Pur essendo attestato già nel mondo greco e romano, l'antisemitismo si
diffuse con il cristianesimo e fino alla rivoluzione industriale fu un fenomeno essenzialmente di
natura religiosa. Il trionfo del cristianesimo nel IV secolo segnò l'inizio di una lunga persecuzione
nei confronti degli ebrei, che vennero segregati in ghetti, obbligati a portare segni di
riconoscimento, ostacolati nelle loro attività. Vennero inoltre scacciati da molti paesi:
dall'Inghilterra nel 1290, dalla Francia nel 1394, dalla Spagna nel 1492. Dai cristiani gli ebrei
vennero incolpati della morte di Cristo e, ricorrentemente nell'Europa medievale, di assassinio
rituale di bambini, di profanazione di ostie sacre, di diffusione della peste, di avvelenare le
sorgenti d'acqua ecc. Nel XVII e XVIII secolo, in seguito alla diffusione dell'Illuminismo e della
Rivoluzione francese, la persecuzione religiosa diminuì sensibilmente. Verso la fine del XIX
secolo in Europa si verificò un ritorno del pregiudizio antisemita, ma stavolta su fondamenti
diversi; ai motivi religiosi si sostituirono quelli politici ed economici. Questo cambiamento era in
qualche misura legato alla diffusione del nazionalismo e alla rivoluzione industriale; infatti, sia
per la loro particolarità linguistica e religiosa, sia per la supposta preferenza per il liberismo
economico, gli ebrei furono accusati di indebolire l'unità nazionale. Anche lo sviluppo del
capitalismo, in cui gli ebrei ebbero un importante ruolo finanziario, contribuì alla diffusione di
stereotipi che alimentarono il pregiudizio antisemita. In Francia, Germania e Russia,
contemporaneamente alla diffusione di ideologie nazionalistiche ed anticapitalistiche, si diffuse,
in misura molto maggiore che negli altri stati europei, un forte risentimento nei confronti degli
ebrei. Fu soprattutto in Germania ed in Austria che si sviluppò l'antisemitismo moderno. Gli
argomenti utilizzati dall'antisemitismo tedesco erano fondamentalmente due: il primo, che
riprendeva le tesi sviluppate in Francia da Gobineau, affermava la superiorità della "razza ariana"
e metteva in guardia dal pericolo di una sua corruzione rappresentato dai matrimoni con individui
di razza ebraica; il secondo sosteneva la pericolosità del liberismo, considerato da una parte
dell'élite tedesca come una dottrina squisitamente ebraica. La diffusione dei sentimenti
antisemitici fu utilizzata spregiudicatamente da Bismarck contro le opposizioni democratiche e
marxiste: indicando gli ebrei come i fomentatori delle lotte sociali, egli pensava di contrastare
l'affermazione del movimento socialista. Da allora sulla scena politica tedesca vi fu sempre
almeno un partito apertamente antisemita fino al 1933, anno in cui l'antisemitismo divenne
addirittura politica ufficiale del governo nazionalsocialista. In Francia l'antisemitismo ebbe uno
sviluppo analogo: scoppiato in seguito al fallimento di una banca (attribuito al complotto di una
supposta "banca ebraica"), si alimentò di sentimenti nazionalisti, anticapitalisti e teorie pseudo4
scientifiche sulla razza e culminò nel 1894 nell'affare Dreyfus, l'ufficiale ebreo dell'esercito
francese imprigionato con l'accusa di tradimento. Tuttavia in Francia, la forte mobilitazione in
difesa di Dreyfuss (nel 1898 Emile Zola pubblicò il famoso J'accuse) e la successiva liberazione,
segnarono, dopo anni di drammatica tensione fra i democratici e la destra nazionalista, la fine
dell'antisemitismo come argomento di propaganda politica. A differenza di quanto avvenne
nell'Europa occidentale, in quella orientale il processo di emancipazione degli ebrei non ebbe mai
luogo. In Russia, ad esempio, ancora nel XIX secolo venivano adottate misure restrittive volte ad
impedire agli ebrei l'acquisizione di proprietà terriere ed a limitare il loro accesso all'istruzione
superiore. La persecuzione culminò in una serie di massacri collettivi, noti come pogrom, che
iniziarono nel 1881 dopo l'attentato che costò la vita allo zar Alessandro II e coinvolsero centinaia
di villaggi e città. Uno dei massacri più feroci si verificò nel 1906, all'indomani del fallimento
della prima Rivoluzione russa. Gli storici convengono sul fatto che i pogrom furono il risultato di
una deliberata politica del governo, che preferì volgere al fanatismo religioso il malcontento delle
masse russe. A tal fine si ricorse persino ad un nuovo tipo di propaganda, che consisteva nella
fabbricazione e nella pubblicazione di documenti falsi: i Protocolli dei savi di Sion, ad esempio,
avevano la pretesa di rivelare i particolari di una presunta cospirazione internazionale degli ebrei
per dominare il mondo. Queste pubblicazioni, che risalgono al 1905 e che contenevano
informazioni del tutto false e fantasiose, furono usate anche durante i pogrom successivi alla
Rivoluzione del 1917, in cui vi furono centinaia di migliaia di vittime. L'antisemitismo, che nel
periodo fra la prima e la seconda guerra mondiale aveva continuato ad essere in Europa un
sentimento diffuso, ancorché non organizzato, esplose nella Germania degli anni Trenta sotto il
regime nazista guidato da Adolf Hitler. Con il nazismo la discriminazione e la persecuzione degli
ebrei divennero un vero e proprio obiettivo politico, scientificamente perseguito. Iniziata già nel
1933 con il boicottaggio dei negozi, la persecuzione contro gli ebrei continuò prima con la
promulgazione delle leggi di Norimberga1 del 1935 e con la drammatica notte dei cristalli del
19382, per culminare poi nella "soluzione finale", lo sterminio scientifico di tutti gli ebrei dei
territori occupati dai tedeschi tra il 1939 ed il 1945 . Nel 1938 anche il re d'Italia Vittorio
Emanuele III ratificò leggi razziali antiebraiche, volute, sul modello di quelle tedesche, dal regime
fascista di Mussolini. Ne conseguì un esodo, quantitativamente assai più modesto, di cittadini
italiani di origine ebraica e di quanti, come il fisico Enrico Fermi, avevano un coniuge ebreo. Allo
scoppio della seconda guerra mondiale l'esercito tedesco occupò la Polonia occidentale, che
contava tra gli abitanti due milioni di ebrei, i quali vennero sottoposti a restrizioni ancor più
severe di quelle vigenti in Germania. Furono infatti costretti a trasferirsi in ghetti circondati da
mura e filo spinato; ogni ghetto aveva il proprio consiglio ebraico cui era demandata la
responsabilità degli alloggi (sovraffollati, con sei-sette persone per stanza), della sanità e della
produzione. Quanto era prodotto al loro interno veniva scambiato con generi di prima necessità,
1
Leggi razziali emanate per ordine di Adolf Hitler ed approvate all'unanimità dal Reichstag nel settembre del 1935. Costituì allora il
culmine della discriminazione, praticata già dall'ascesa al potere di Hitler nel 1933, contro gli ebrei, che sarebbero così stati "esclusi
dalla partecipazione alla vita politica del popolo tedesco". Una prima legge, quella sui "cittadini del Reich", privava gli ebrei della
cittadinanza e quindi dei diritti politici (diritto al voto, partecipazione alla vita politica), garantiti solo ai "cittadini del Reich"; una
seconda legge, intesa a "tutelare il sangue e l'onore tedesco" vietava matrimoni e rapporti sessuali tra ebrei e tedeschi.
2 Episodio che prende il nome dalle vetrate infrante dai nazisti nei quartieri ebraici di diverse località della Germania nella notte tra il
9 e il 10 novembre del 1938 e che inaugurò la fase più violenta delle persecuzioni antisemite del regime instaurato da Hitler. Tre
giorni più tardi ai bambini ebrei fu formalmente proibito di frequentare le scuole tedesche. La notte dei cristalli segnò così il
momento di passaggio dalla politica di discriminazione contro gli ebrei, avviata dal regime nazista con le leggi di Norimberga del
1935, a quella dello sterminio di massa, la cosiddetta "soluzione finale" del problema ebraico portata a compimento con la Shoah.
5
come carbone e cibo in misura rigidamente razionata. Nel giugno del 1941, l'Ufficio centrale di
sicurezza del Reich inviò, al seguito delle armate tedesche impegnate nell’invasione dell’Unione
Sovietica, 3000 uomini organizzati in corpi speciali con il compito di individuare ed eliminare sul
posto la popolazione ebraica dei territori occupati. La notizia dei massacri compiuti si diffuse
immediatamente nel mondo, ma fu rapidamente rimossa e non provocò alcuna iniziativa da parte
dei governi democratici impegnati nel conflitto con la Germania. Ad un mese dall'inizio delle
operazioni in Unione Sovietica, il numero due del Reich, Hermann Göring, inviò una direttiva al
capo dei servizi di sicurezza, Reinhard Heydrich, incaricandolo di organizzare una "soluzione
finale" della questione ebraica in tutta l'Europa occupata o controllata dalla Germania. A partire
dal settembre 1941 gli ebrei tedeschi furono costretti a portare ben visibile, cucita sugli indumenti
o su una fascia da tenere al braccio, una stella gialla; nei mesi seguenti decine di migliaia di ebrei
furono deportate nei ghetti in Polonia e nelle città sovietiche occupate. Fu poi la volta delle
deportazioni nei campi di concentramento (Lager)3, alcuni già esistenti prima della guerra, altri
appositamente costruiti a partire dal 1941, soprattutto in Polonia, ed adibiti alla funzione di campi
di sterminio. Vi confluirono gli ebrei provenienti non solo dai ghetti vicini (300.000 dal solo
ghetto di Varsavia), ma anche da tutti i paesi europei occupati dai nazisti. Bambini, vecchi e tutti
gli inabili al lavoro venivano condotti direttamente nelle camere a gas; gli altri invece erano
costretti a lavorare in officine private o interne ai campi e, una volta divenuti inadatti alla
produzione per le terribili fatiche e privazioni subite, venivano eliminati. La maggior parte delle
deportazioni ebbe luogo tra l’estate e l’autunno del 1942, dopo che nel gennaio dello stesso anno
erano stati precisati (nella conferenza di Wannsee, presso Berlino) i termini della soluzione finale.
Nell'aprile del 1943 gli ultimi 65.000 ebrei di Varsavia tentarono di opporsi alla polizia entrata nel
ghetto per la retata finale, ma vennero massacrati nel corso degli scontri, che si protrassero per tre
settimane. Benché le deportazioni creassero problemi di ordine politico, amministrativo e
logistico in tutta l’Europa, anche nei paesi governati da regimi collaborazionisti, come la
Slovacchia e la Croazia, si procedette al rastrellamento degli ebrei da deportare nei campi di
sterminio. Il governo collaborazionista francese di Vichy emanò direttive antisemite ancor prima
che vi fosse una richiesta tedesca in tal senso. Una certa riluttanza a collaborare con i nazisti nella
soluzione finale fu dimostrata dal governo ungherese e da quello rumeno, sino a quando godettero
di un margine di autonomia (1944). La Bulgaria si rifiutò di consegnare i propri cittadini ebrei ai
tedeschi. Nella Danimarca occupata, la popolazione si impegnò per mettere in salvo i compatrioti
ebrei, imbarcandoli verso la neutrale Svezia e sottraendoli così alla morte. In Italia il governo
fascista, che pure aveva spontaneamente introdotto leggi "a difesa della razza", rifiutò di
collaborare con l'alleato nazista fino al 1943, quando, dopo l’armistizio dell’8 settembre nell’Italia
centrale e settentrionale occupata dai tedeschi, si instaurò il governo della Repubblica sociale
italiana. Molti ebrei italiani furono internati in centri di raccolta, come quello di Fòssoli, vicino a
Carpi, e poi avviati ai campi di sterminio: frequenti ma isolati furono gli episodi di resistenza
civile o militare che ostacolarono l’attuazione delle direttive governative. I beni dei deportati
(conti bancari, proprietà immobiliari, mobili, oggetti personali) vennero sistematicamente
confiscati dal governo tedesco. Il trasferimento nei campi di sterminio avveniva generalmente in
3
Luogo di prigionia creato per deportare civili e militari, generalmente per motivi bellici o politici. Si differenzia dal carcere per tre
ragioni: 1) uomini, donne e bambini sono imprigionati senza un regolare processo; 2) il periodo di confinamento è indeterminato; 3)
le autorità che gestiscono il campo di concentramento esercitano un potere arbitrario e illimitato. Sebbene ne esistano svariate
tipologie, di solito si tratta di agglomerati di baracche o di capannoni, circondati da torrette e delimitati da reti di filo spinato. I campi
di concentramento vengono chiamati anche campi di lavoro o centri di rieducazione.
6
treno. I treni, composti da vagoni merci sprovvisti di tutto, persino di buglioli e prese d'aria,
viaggiavano lentamente verso la destinazione e molti deportati morivano lungo il tragitto. Le
destinazioni più tristemente famose, fra le tante, furono Buchenwald, Dachau, Bergen-Belsen,
Flossenbürg (in Germania), Mauthausen (in Austria), Treblinka, Auschwitz-Birkenau (in
Polonia). Quest'ultimo era il più grande tra i campi di sterminio; vi trovarono la morte oltre un
milione di ebrei, molti dei quali furono prima usati come cavie umane in esperimenti di ogni tipo.
Per una rapida eliminazione dei cadaveri, nel campo vennero costruiti grandi forni crematori. Nel
1944 il campo fu fotografato da aerei da ricognizione alleati a caccia di obiettivi industriali; i
successivi bombardamenti eliminarono le officine, ma non le camere a gas. Al termine della
guerra, si poté calcolare che nei campi di sterminio avevano trovato la morte più di sei milioni di
ebrei, oltre a slavi, zingari, omosessuali, testimoni di Geova e comunisti. Nel dopoguerra il
ricordo della Shoah ebbe un peso essenziale nella formazione di un ampio consenso, attorno al
progetto di costituire in Palestina uno stato ebraico che potesse accogliere i sopravvissuti alla
tragedia: il futuro stato di Israele. Alla fine della guerra circa sei milioni di ebrei (due terzi
dell'intera popolazione ebraica residente in Europa) erano stati uccisi nei campi di sterminio.
Anche in Italia, nel 1938, vennero promulgate delle leggi razziali, sul modello di quelle tedesche,
che privarono i 40.000 ebrei italiani dei diritti civili e politici e ne condannarono molti alla
deportazione nei campi di concentramento tedeschi, di cui scrisse una drammatica testimonianza
Primo Levi nell'opera Se questo è un uomo. L'orrore della comunità internazionale contro i
crimini nazisti fu unanime: i campi della morte furono infatti menzionati nella Dichiarazione
universale dei diritti umani, adottata nel 1948 dall'Assemblea generale dell'Organizzazione delle
Nazioni Unite. Nel 1945 al primo processo internazionale per i crimini di guerra che si tenne a
Norimberga contro alti dirigenti del regime nazista, le persecuzioni compiute contro gli ebrei
vennero giudicate come crimini contro l'umanità. I beni e le proprietà sottratti agli ebrei dai nazisti
furono tuttavia restituiti soltanto in parte ed ancora oggi emergono nuovi elementi sulla
responsabilità di nazioni, anche neutrali nella seconda guerra mondiale (come la Svizzera), sulla
spoliazione del popolo ebreo. La Chiesa cattolica ha condannato l'antisemitismo e ha cercato di
rimuoverne le basi religiose: nel Concilio Vaticano II (1962-1965) infatti fu ufficialmente negata
la responsabilità degli ebrei nella morte di Cristo e fu duramente condannato il regime nazista.
Recentemente la Chiesa cattolica ha compiuto anche altri passi nel riconoscimento delle proprie
responsabilità nella diffusione del pregiudizio antisemita. Nonostante l'universale sdegno suscitato
nell'opinione pubblica dai crimini nazisti, dal dopoguerra ad oggi si sono verificati ancora in
diversi paesi europei atti di violenza e di ostilità nei confronti degli ebrei, fra cui tristemente
comune è la profanazione dei cimiteri ebraici. Dalla fine degli anni Sessanta in poi, gruppi
neonazisti hanno continuato a fare propaganda antisemita in Europa e negli Stati Uniti d'America.
Anche in America latina, rifugio di molti nazisti fuggiti alla fine della guerra, si sono verificati
episodi antisemiti, ad esempio dopo la cattura del criminale nazista Adolf Eichmann, avvenuta in
Argentina nel 1960 da parte dei servizi segreti israeliani. A dispetto dell'enorme patrimonio
storiografico, letterario e di testimonianze sul dramma provocato dall'antisemitismo, questo è
ancora lontano dall'essere debellato. Nell'Europa occidentale, in quella orientale seguita alla
dissoluzione del sistema comunista, negli Stati Uniti, durante gli anni Novanta c'è stato un forte
ritorno del pregiudizio antisemita, testimoniato dalla rinascita e dal successo elettorale di partiti
dichiaratamente o velatamente neonazisti e razzisti e dalla diffusione e, sfortunatamente, dal
successo, di opere di revisionismo storiografico tendenti a negare la realtà stessa della Shoah.
7
Scarica