L’epoca protobizantina (dal V alla metà del VII sec. d.C.) Nella seconda metà del IV sec. d.C. Hierapolis fu colpita da un forte terremoto che provocò danni ingenti. Gli interventi di ristrutturazione e di ricostruzione che ne seguirono, nonché le nuove edificazioni che tra il V e il VI sec. d.C. cambiarono l’aspetto della città e caratterizzarono la Hierapolis cristiana, mantennero invariato lo schema generale dell’impianto urbano precedente; non mancarono però trasformazioni anche di rilievo. Innanzitutto, tra la fine del IV e gli inizi del V sec. fu costruita una cinta muraria che circondò gran parte della città di età imperiale romana, lasciando al di fuori del circuito parti significative dell’area urbana, la cui estensione si ridusse a 60 ettari; il circuito murario si attestò all’incirca su quei limiti naturali, più facilmente difendibili, che avevano caratterizzato la città di epoca ellenistica e primo-imperiale. Alcuni dei monumenti che furono esclusi dalla città protobizantina avevano subito ingenti danni a seguito del sisma e i loro materiali furono ampiamente reimpiegati nelle fortificazioni o cotti e trasformati in calce: è il caso del Teatro Nord, quasi completamente demolito, e della vicina Agorà, che subì un profondo cambiamento di destinazione, divenendo un quartiere artigianale extraurbano; sui resti delle stoai ovest e nord, infatti, nel V-VI sec. furono impiantate fornaci per la produzione di tegole, mattoni e ceramica, accanto alle quali erano le abitazioni degli artigiani, in genere ricavate nelle botteghe di età flavia poste sulla Via di Frontino. L’estremità meridionale della plateia, poi, fu quasi completamente demolita e numerosi blocchi in travertino con fregio dorico delle sue facciate vennero reimpiegati nel vicino tratto della cinta muraria; tra i materiali riutilizzati, vanno poi ricordati quelli provenienti dai monumenti funerari che circondavano la città e quelli di altri edifici dell’area urbana che subirono danni a seguito del sisma della seconda metà del IV sec. Nel complesso, le mura appaiono realizzate in fretta, con un tracciato che segue l’andamento del terreno e che sul lato settentrionale ingloba edifici più antichi: il muro di fondo del Ninfeo dei Tritoni, la cui facciata in marmo era crollata nella vasca della fontana monumentale a seguito del terremoto, e un edificio a blocchi squadrati di travertino posto all’estremità orientale della Stoà Sud dell’Agorà settentrionale, dove la cinta risulta impostata sullo stilobate del portico. La muratura delle fortificazioni presenta una larghezza variabile, generalmente compresa tra m 2,35 e 2,55, ed è costituita da un doppio paramento a grandi blocchi, messi in opera a secco o con l’uso di poca malta, con un nucleo interno in pietrame. Il circuito murario può essere ricostruito nella sua interezza sui lati nord, est e sud, per una lunghezza di quasi 2.100 m; fa eccezione solo il lato ovest, dove le formazioni calcaree hanno coperto i resti delle mura, che forse correvano sul ciglio del terrazzo di travertino su cui sorge la città. Lungo la cinta sono visibili una ventina di torri a pianta quadrangolare e un bastione trapezoidale all’angolo nord-est; vi si aprivano almeno 10 porte (oltre a una postierla sul lato nord-orientale), tutte realizzate in rapporto alla prosecuzione extraurbana di assi viari pertinenti alla maglia ortogonale preesistente, evidenziando una stretta relazione tra le fortificazioni e l’impianto urbano. I due principali ingressi in città da nord e da sud erano situati in corrispondenza della plateia, in posizione simmetrica; entrambi presentavano un solo fornice ed erano fiancheggiati da due torri. Sul lato settentrionale del circuito, altre due porte si trovavano all’estremità nord-ovest della cinta, in corrispondenza del tracciato di un ipotetico stenopos I, e poco a ovest dell’angolo nord-orientale, lungo la prosecucuzione dello stenopos D; sul lato nord-orientale, invece, dove le fortificazioni costeggiavano l’alveo del torrente stagionale che scorre alle pendici della collina occupata dalla Necropoli Nord-Est, si trovava la c.d. Porta di S. Filippo, situata lungo il tracciato, realizzato nel V sec. d.C., che dal centro della città si dirigeva al Martyrion del Santo. Hierapolis in epoca protobizantina. Il tratto orientale della cinta protobizantina è caratterizzato dalla presenza di tre porte aperte lungo i tracciati degli stenopoi 21, 25 e 28; in quest’area le mura correvano esattamente alla sommità del pendio su cui si adagia la parte orientale della città, prima che il terreno scenda nuovamente verso est, nell’area dove si estende la Necropoli Est. Anche nel lato sudorientale le fortificazioni furono costruite sulla linea di crinale alla sommità del pendio occupato dalla parte orientale della città; lungo il tratto meridionale del circuito le fortificazioni correvano invece alla sommità del pendio che scende ripidamente verso la profonda depressione in cui scorre l’Aci Dere. Oltre alla c.d. Porta Bizantina Sud, costruita sulla plateia, altre due aperture si trovavano presso gli angoli sud-est e sud-ovest: dalla prima usciva di città lo stenopos E, mentre dall’altra un ipotetico stenopos J, che scendeva nella valle del Lykos curvando progressivamente verso ovest. Dopo quest’ultima porta, le mura dovevano proseguire in direzione nord-ovest, ma oggi sono conservate solo per alcune decine di metri; più oltre e in tutto il lato occidentale, infatti, l’area è completamente coperta dalle formazioni calcaree. È possibile che le fortificazioni continuassero in direzione dell’angolo sud-ovest delle Terme Grandi, lungo il ciglio del pendio, come suggeriscono i tratti, oggi non più visibili, riportati nelle planimetrie ottocentesche di Ch. Trémaux e C. Humann. Le trasformazioni che interessarono l’area urbana dopo il terremoto della seconda metà del IV sec. furono strettamente legate al nuovo ruolo assunto da Hierapolis, che tra il V e il VI sec. divenne un centro importante della Cristianità, anche per il prestigio dovuto alla presenza della tomba dell’apostolo Filippo, su cui fu costruito il Martyrion, il nuovo simbolo monumentale della città (v. infra). Il Santuario di Apollo venne invece smantellato e suoi materiali furono reimpiegati nelle nuove costruzioni o cotti per ottenere calce; nella parte settentrionale dell’area, in gran parte colmata con gettate di rifiuti e attraversata da tubature idriche in terracotta forse dirette al vicino Ninfeo, sono state individuate anche alcune strutture di età protobizantina. Il Ninfeo stesso, forse proprio in questo periodo fu oggetto di restauri nella parte alta, dove sono messi in opera materiali di riutilizzo. Degli altri monumenti di età romana, il Teatro al centro della città, fra il V e il VI sec. venne trasformato, perdendo la funzione originaria; nella parte posteriore dell’edificio scenico, negli angoli nord e sud, furono addossate due grandi strutture di incerta destinazione, forse pubblica, ancora non esplorate. Il Grande Edificio ebbe una nuova destinazione d’uso forse a scopo abitativo, mentre le Terme Grandi continuarono a essere utilizzate come edificio termale fino al VI sec.; furono restaurati i danni prodotti dal sisma della seconda metà del IV sec. e l’ambiente H fu decorato con una fila di colonne in marmo provenienti dal Tempio di Apollo, collocate lungo le due pareti maggiori. Nel cuore della città, non sappiamo quale fosse la situazione dell’Agorà, che costituiva ora l’unica grande piazza della città; sul suo lato settentrionale, fu forse demolito in questo periodo l’edificio a cui si accedeva mediante la c.d. Porta Bella, che venne inglobata in strutture abitative protobizantine. È possibile che a seguito del terremoto sia crollata la vicina Stoà di marmo lungo la plateia, i cui resti sono stati rinvenuti coperti da scarichi di epoca bizantina. Nella parte meridionale della città, i resti del portico meridionale del Ginnasio sembrano crollati a seguito del terremoto della metà del VII sec. (v. infra), ma la presenza di materiali di questo edificio riutilizzati nelle vicine mura protobizantine suggerisce che almeno parte dell’edificio sia stata danneggiata precedentemente. All’estremità settentrionale della città, invece, le Terme settentrionali, ormai in un’area extraurbana, furono trasformate, forse nella prima metà del VI sec., in un edificio religioso; all’interno del calidarium fu infatti ricavata una chiesa monoaulata con abside rivolta a sud. Nel VI o agli inizi del VII sec. venne invece realizzata una piccola chiesa sempre monoaulata e absidata, in corrispondenza del fornice orientale della Porta di Frontino, subito a sud di essa. I nuovi edifici che furono costruiti in questo periodo continuarono a inserirsi nella maglia ortogonale, rispettando l’impianto urbano preesistente anche negli orientamenti e apportando solo limitate modifiche. Nel V-VI sec. sopra i crolli e i resti della Stoà Sud dell’Agorà settentrionale fu costruito un complesso termale, separato dalle mura da una stretta strada interna all’area urbana; l’edificio veniva così a supplire alla mancanza di impianti di questo tipo nella parte settentrionale della città, avendo avuto una diversa destinazione d’uso sia il Grande Edificio sia le Terme-Chiesa. Continuarono a essere occupate le insulae abitative più antiche, come la 104, dove le ricche dimore private della Casa dei capitelli ionici, della Casa del cortile dorico e della Casa dell’iscrizione dipinta, frutto di grandi ristrutturazioni di contesti abitativi tardoromani, effettuate dopo il terremoto della fine del IV, si inseriscono perfettamente nel tessuto urbano. Altre abitazioni, come la c.d. Casa Fiorentini, sembrano continuare a vivere, seppur con ristrutturazioni, anche in età protobizantina. Lungo l’asse viario principale si allineano i due più importanti edifici religiosi urbani di Hierapolis: la Cattedrale con il Battistero e la c.d. Chiesa a pilastri. La prima chiesa, realizzata nella seconda metà del V sec. o nella prima metà del VI, si inserisce perfettamente nello spazio di due insulae contigue, tra gli stenopoi 5, 7 e F, subito a est della plateia, a cui era collegata da un atrio e da un vestibolo; la Chiesa a pilastri fu invece costruita, probabilmente nella prima metà del VI sec., al centro della città lungo il lato occidentale della plateia, che occupò parzialmente. In altre zone furono costruite alcune chiese minori, tutte perfettamente inserite all’interno del tessuto urbano e orientate secondo la rete viaria ortogonale: subito a est del Teatro, tra la seconda metà del V e il VI sec. fu edificata una basilica a tre navate, di cui quella centrale absidata; un’altra chiesa con le stesse caratteristiche è stata individuata ma non scavata nell’isolato compreso tra gli stenopoi 24, 25, F ed E; un’ulteriore chiesa fu realizzata nel corso del VI sec. all’interno della sala centrale delle Terme Grandi e probabilmente rimase in uso fino all’età mediobizantina; forse un edificio religioso protobizantino è anche quello, ancora non indagato, i cui resti si trovano a nord del Teatro, nell’insula delimitata dagli stenopoi 16, 17, B e C. Incerta è poi la funzione di una piccola struttura monoaulata e absidata, protobizantina o anche successiva, di cui manca qualsiasi dato di scavo, visibile lungo il margine settentrionale dello stenopos 6, a ovest della Cattedrale. L’edificio più importante della città protobizantina era sicuramente il Martyrion di S. Filippo, che divenne una delle principali mete di pellegrinaggio dell’Asia Minore. Fu costruito alla fine del IV o gli inizi del V sec. su una collina che domina da nord-est l’area urbana, in precedenza occupata dall’estremità sud-orientale della Necropoli Nord-Est; dopo circa un secolo venne distrutto da un incendio. Una delle poche varianti che in questo periodo fu apportata alla regolare maglia viaria preesistente riguarda proprio la strada processionale che dal centro della città permetteva di raggiungere il Martyrion e il complesso di edifici (di cui affiorano i ruderi) che occupava il pendio terrazzato a sud-est del Santuario e quello a sud-ovest, una sorta di “quartiere cristiano” extraurbano. Dalla plateia i pellegrini che giungevano in città salivano verso la periferia nord-orientale dell’area urbana utilizzando lo stenopos 13, rimasto praticamente invariato rispetto all’epoca romana; poco oltre l’incrocio con lo stenopos B, venne realizzato un nuovo asse viario lastricato, che presentava un orientamento nord-sud completamente diverso da quello dell’impianto urbano. Questa strada attraversava la cinta muraria grazie alla c.d. Porta di S. Filippo e subito all’esterno di essa, mediante un grande ponte, oltrepassava l’alveo del torrente stagionale che scorreva alle pendici della collina del Martyrion; presso la spalla settentrionale del ponte fu realizzato un edificio a pianta ottagonale, ancora in corso di scavo, dall’articolazione interna molto complessa e in cui sono stati identificati alcuni ambienti termali. Da questo punto era possibile salire al soprastante Santuario di S. Filippo mediante una lunga gradinata, collegata alla spalla del ponte, che raggiungeva una terrazza dove si trovava l’aghiasma, la fontana sacra per le abluzioni; da qui una larga scalinata permetteva di completare l’ascesa al Martyrion. Sempre in area extraurbana, infine, non si conosce se il Castellum aquae sia rimasto in funzione anche in epoca protobizantina; gli acquedotti e il sistema di adduzione delle acque potabili in città continuarono sicuramente a essere utilizzati anche nel V-VI sec. ed è possibile che a questo periodo vadano riferite le tubazioni in terracotta che, provenendo da est, scendevano verso l’area urbana passando subito a sud del Castellum, senza alcun collegamento con esso. Giuseppe Scardozzi