Corso di Laurea in Odontoiatria e Protesi Dentaria
PATOLOGIA GENERALE
___________________________________________________________________________________________________
Salvatore Meola, S.C. Anestesia e Rianimazione, Azienda Osped.-Univ. “OO.RR.” di Foggia
[email protected]
1
Infiammazione
…
INFIAMMAZIONE
2
Infiammazione
…
INFIAMMAZIONE
Processo morboso reattivo in continua
e progressiva evoluzione, caratterizzato
da una sequenza dinamica di fenomeni
morbosi, coordinati fra di loro, in
successione temporale ben definita,
spazialmente limitati e con sede nel
mesenchima
3
Infiammazione
…
INFIAMMAZIONE
DISTRUZIONE
PERMANENTE DI
TESSUTI e DANNO
PERMANENTE
DANNO SUBLETALE
RIPARAZIONE
COMPLETA
4
Infiammazione
…
Nonostante le cause possano essere numerose, l’andamento della flogosi ha
caratteristiche piuttosto stereotipate perché, oltre che dagli stimoli flogogeni,
dipende sempre dalla liberazione delle stesse sostanze endogene:
I MEDIATORI CHIMICI DELLA FLOGOSI
Successivamente il quadro clinico dell’infiammazione si modifica in rapporto alle
interazioni tra causa ed ospite.
I suoi caratteri le sue modalità di decorso dipenderanno, da una parte, da
• Natura e modalità d’azione (quantità e persistenza) dello stimolo
e, dall’altra, da
• Dalla capacità di difesa dell’ospite (reattività vascolare, fagocitosi, ecc.)
5
Infiammazione
…
L’intensità e la durata della reazione infiammatoria dipendono da:
1. Entità del danno
2. Capacità reattiva dell’ospite
e sono espressione di un equilibrio instabile tra l’agente lesivo e l’ospite.
L’infiammazione può restare localizzata nella sede iniziale senza accompagnarsi a
reazione sistemica (piccola ferita cutanea), oppure può accompagnarsi ad una
reazione sistemica di modesta entità caratterizzata da febbre, malessere,
modificazioni ematologiche e modificazioni funzionali in rapporto alla sede del
processo.
La reazione sistemica può essere molto intensa (es.: tonsilliti) con interessamento
generale (febbre, profonda astenia, anoressia), fenomeni dovuti alla liberazione dal
focolaio flogistico di vari fattori attivi (es.: pirogeni endogeni).
6
Infiammazione
…
CENNI STORICI
Fu il primo a descrivere il gonfiore, il rossore
ed il pus.
Ippocrate
Descrisse i quattro punti cardinali della flogosi
(rubor et tumor cum calore et dolore)
Celso
(30 a.C. – 38 d.C.)
7
Infiammazione
…
Aggiunse la “functio lesa”
Galeno
(130-200 d.C.)
Galileo, Malpighi e van Leuwenhock produssero i primi rigorosi studi al
microscopio ottico.
Diede inizio allo studio moderno dei fenomeni
e del significato biologico della flogosi
Hunter
(1728-1793)
8
Infiammazione
…
Nel 1843, con alcuni disegni, dimostrò le
alterazioni vascolari e l’accumulo di cellule
ematiche nei vasi del mesentere di rana
Addison
(1793-1860)
Nel 1882 dimostrò l’importanza dei vasi
descrivendo, nel mesentere della rana, i
fenomeni di vasodilatazione, la migrazione
cellulare e l’essudazione fluida.
Sentenziò che:
“la reazione vascolare è l’essenza della
infiammazione”
Cohnheim
(1839-84)
9
Infiammazione
…
Nel 1885 scoprì la fagocitosi, ne dimostrò
l’importanza ed iniziò lo studio della
chemiotassi.
Definì la infiammazione “un meccanismo di
difesa in cui la fagocitosi dell’agente lesivo
riveste un ruolo fondamentale”
Nel 1927 descrisse la triplice risposta cutanea
(triade di Lewis) e scoprì il ruolo patogenetico
dell’istamina come mediatore chimico.
Lewis
(1881-1945)
10
Infiammazione
…
Numerose altre tappe chiarirono, fino al 1962 circa, il significato dei quattro segni
della flogosi:
ROSSORE:
vasodilatazione
CALORE:
aumento della temperatura locale dovuto all’iperemia
TUMORE:
essudazione
DOLORE:
stimolazione delle terminazioni sensitive ad opera
dell’aumento della tensione locale e dell’abbassamento del pH.
Ad essi si aggiunge la FUNZIONE LESA, consistente nella limitazione delle
funzioni del distretto corporeo sede della infiammazione.
Da questo periodo ad oggi, lo sviluppo dello studio della dinamica della flogosi è
stato tale da consentire di poter dire che:
“le ricerche sono attive come il processo infiammatorio stesso”.
11
Infiammazione
…
CLASSIFICAZIONE DELLE INFIAMMAZIONI
CLASSIFICAZIONE IN BASE ALLA DURATA NEL TEMPO
EVOLUZIONE DELLA
FLOGOSI
ACUTA
SUBACUTA
INTERSTIZIALE
FORMA ACUTA:
FORMA CRONICA:
CRONICA
CIRCOSCRITTA
ha durata compresa fra poche ore ed alcuni giorni
ha durata variabile settimane-mesi-anni)
12
Infiammazione
…
INFIAMMAZIONE ACUTA
È la prima reazione al danno ed è detta anche INFIAMMAZIONE
ESSUDATIVA a causa delle sue principali caratteristiche:
1.
Fenomeni vascolari (vasodilatazione, modificazioni di flusso)
2.
Fenomeni essudativi (alterazione permeabilità ed essudazione fluida
ricca di proteine)
3.
Migrazione cellulare (prevalentemente neutrofili e macrofagi –
linfociti nelle forme a patogenesi immunologica)
L’esito può essere:
1.
2.
3.
Guarigione con restitutio ad integro
Guarigione con formazione di tessuto di organizzazione ed evoluzione
in sclerosi (cicatrice)
Passaggio graduale alla fase cronica.
13
Infiammazione
…
INFIAMMAZIONE CRONICA
È la conseguenza della ripetizione o della persistenza dello stimolo
patogeno.
In essa, i fenomeni vascolari ed essudativi della fase precedente non
regrediscono, comincia ad aumentare il numero di linfociti nell’essudato e
si entra gradualmente nella fase cronica.
Le sue caratteristiche fondamentali sono:
1.
2.
Prevalenza nell’essudato di cellule mononucleate (macrofagi,
linfociti, plasmacellule, fibroblasti ed angioblasti)
Prevalenza dei fenomeni proliferativi su quelli essudativi.
Le reazioni infiammatorie croniche sono spesso seguite da estesi
fenomeni di RETRAZIONE CICATRIZIALE con conseguenti deformità
ed alterazioni funzionali (es.: restringimento lume intestino, sinechie,
sostituzione fibrosa di distretti parenchimatosi, ecc.).
14
Infiammazione
…
La fase intermedia tra la fase acuta e quella cronica è detta
INFIAMMAZIONE SUBACUTA
CONCLUSIONI:
Dal punto di vista morfologico le flogosi possono essere distinte essenzialmente in base
al tipo cellulare prevalente:
INFIAMMAZIONE ACUTA = NEUTROFILI
INFIAMMAZIONE CRONICA = CELLULE MONONUCLEATE
Ma possono essere distinte anche in base alla prevalenza delle caratteristiche
dell’essudato ed in base alle principali caratteristiche patologiche del focolaio flogistico:
……..
15
Infiammazione
…
CLASSIFICAZIONE IN BASE ALLE CARATTERISTICHE
DELL’ESSUDATO
ESSUDATO
Sierosa
Sierosa
Mucosa
Catarrale
Fibrinosa
Fibrinosa
Emorrag.
Purulenta
Purulenta
16
Infiammazione
…
INFIAMMAZIONE ACUTA
CALOR
RUBOR
TUMOR
DOLOR FUNCTIO LESA
17
Infiammazione
…
FENOMENI PATOLOGICI ELEMENTARI
1.
MODIFICAZIONI VASCOLARI
a)- vasodilatazione
b)- eritema
2.
ALTERAZIONI DELLA PERMEABILITA’ VASCOLARE
a)- essudazione fluida
b)- essudazione sierosa
3.
MIGRAZIONE LEUCOCITARIA
ESSUDATO
18
Infiammazione
…
REAZIONE VASCOLARE
La reazione vascolare racchiude in sé i
primi segni evidenti dell’infiammazione.
Il primo segno della flogosi è la
IPEREMIA, che può essere considerato
specifico per la flogosi solo se associata a:
1. Modificazioni del flusso ematico (stasi,
trombosi ed emorragia)
2. Alterazioni della permeabilità
vascolare
3. Migrazione cellulare
19
Infiammazione
…
IPEREMIA
ISOLATA
(iperemia reattiva di
origine emotiva =
rossore)
Modificazioni flusso
ematico
Alterazione
permeabilità
vascolare e
migrazione cellulare
Segno non
indicativo di flogosi
Segno specifico per
flogosi
20
Infiammazione
…
La reazione vascolare ha sede a livello del
distretto della microcircolazione, laddove,
affinché la risposta infiammatoria acuta
possa svolgersi, è necessario che questo
sistema sia funzionalmente e
strutturalmente intatto.
Meta-arteriole
Sono tubicini costituiti da cellule endoteliali
ricoperte da un singolo strato discontinuo di
cellule muscolari che, in vicinanza dei
capillari, formano gli sfinteri precapillari.
La regolazione nervosa di questo distretto è
tanto minore quanto più piccolo è il calibro
del vaso; a livello delle arteriole terminali
dipende soprattutto dall’azione locale dei
metaboliti provenienti dal circolo e dai
tessuti.
21
Infiammazione
…
FASI DELLA REAZIONE VASCOLARE NELLA FLOGOSI
ACUTA
Reazione vascolare
FASE IMMEDIATA
•Vasodilatazione
FASE RITARDATA
•Alterazione permeabilità
•Migrazione cellulare
22
Infiammazione
…
FASE IMMEDIATA
La vasodilatazione può durare da 10-20 secondi ad alcuni minuti ed è dovuta alla
contrazione della muscolatura liscia dei vasi alla quale segue un rapido
rilasciamento delle fibre muscolari e, quindi, la VASODILATAZIONE.
La vasodilatazione manca nelle flogosi ad insorgenza lenta (forme da calore, da
radiazioni UV o da agenti chimici).
23
Infiammazione
…
FASE RITARDATA
Alla prima fase (immediata – durata 8’-10’), segue la fase ritardata che si sviluppa
dopo 15’-30’ e che si svolge nel corso di diverse ore.
Durante questa fase, si accentuano le alterazioni della permeabilità e diventano
preminenti i fenomeni di migrazione cellulare; inoltre, compaiono la stasi vascolare
e le emorragie.
Comunemente chiamata “capillare”, la dilatazione, al contrario, interessa soprattutto
le arteriole terminali, le arteriole precapillari e le venule effluenti.
24
Infiammazione
…
La vasodilatazione è provocata dalla azione diretta dell’istamina che agisce con un
doppio meccanismo:
1° meccanismo
Dilatazione attiva delle arteriole terminali per
effetto inibitore dell’istamina sulla muscolatura
liscia di tali vasi
2° meccanismo
Dilatazione passiva delle venule postcapillari
causata dall’aumento dalla velocità di flusso e
dall’aumento di pressione nelle venule più distali dal
letto capillare (venule postcapillari)
25
Infiammazione
…
Alla azione vasodilatatrice si associa un effetto PERMEABILIZZANTE, dovuto ad
azione diretta sulle cellule endoteliali.
Questa consiste in una risposta contrattile, con separazione delle cellule tra di loro e
formazione di “gaps” tra le cellule adiacenti.
Da questa contrazione, dovuta a strutture contrattili intracellulari, risulta una
esposizione della membrana basale sottostante che, essendo più permeabile delle
membrane delle cellule endoteliali, consente al plasma di filtrare e raggiungere gli
spazi sottoendoteliali.
In questa maniera, si ha un aumento del volume di liquido extravascolare (EDEMA)
ed una parallela riduzione del fluido intravascolare.
26
Infiammazione
…
AUMENTO DEL FLUSSO EMATICO
1° FASE: aumento della velocità del sangue
attraverso le vie dirette che portano dalle
arteriole alle venule, con apertura
massima degli sfinteri capillari
normalmente inattivi
Press. Idrost. Arteriole da 40 a 65 mmHg
Press. Idrost. Venule da 20 a 30 mmHg
Press. Idrost. Capillari da 30 a 60 mmHg
Poiché i valori della pressione idrostatica
diventano maggiori rispetto a quelli della
pressione colloido-osmotica del plasma
(20 mmHg) , si verifica un aumento
della filtrazione.
Inizia così la formazione di ESSUDATO.
27
Infiammazione
…
AUMENTO DEL FLUSSO EMATICO
2° FASE: il flusso ematico rallenta sempre più e la
permeabilità vascolare istamina dipendente
aumenta con interessamento dei capillari.
Iniziano i fenomeni di migrazione
cellulare e si ha la formazione conclamata
di essudato.
La perdita di fluidi plasmatici ricchi di
proteine determina emoconcentrazione
nella sede della lesione.
I globuli rossi si ammassano nel lume dei
piccoli vasi formando i Rouleax.
L’emoconcentrazione e gli ammassi
eritrocitari fanno aumentare la viscosità dl
sangue (sludging) e ciò può portare a
trombosi intravascolare e/o ostruzione dei
piccoli vasi.
28
Infiammazione
…
AUMENTO DEL FLUSSO EMATICO
Parallelamente, la marginazione di
leucociti e piastrine sulle pareti dei vasi
aumenta sempre più la viscosità del sangue
e, conseguentemente, la sua pressione
idrostatica.
Si stabilisce così un vero e proprio circolo
vizioso che causa un progressivo incremento
dell’essudato che, a sua volta, comprime abestrinseco le venule, incrementando la stasi
ematica.
29
Infiammazione
…
FENOMENI COLLEGATI AL RALLENTAMENTO DEL
FLUSSO EMATICO
1. MARGINAZIONE i globuli rossi si
raccolgono lungo l’asse centrale della corrente
ematica, mentre i leucociti si orientano
perifericamente verso le pareti dei vasi.
2. ADESIONE i leucociti aderiscono alle pareti
dei vasi.
3. MIGRAZIONE in seguito alla liberazione dei
fattori chemiotattici i leucociti raggiungono la
sede della flogosi.
30
Infiammazione
…
RUOLO DEI VASI LINFATICI
Il continuo movimento di fluidi tra gli spazi intra ed extra-vascolare porterebbe ad un
aumento progressivo della componente interstiziale se non intervenisse il sistema
linfatico.
L’intervento dei vasi linfatici è diverso nelle varie forme di flogosi:
Infiammazioni localizzate e ustioni lievi
Infiammazioni gravi (es.: streptoc. Beta-emolit.)
MINIMO
Diffusione
dell’infezione anche
attraverso le vie linfatiche
che diventano sede di flogosi
(linfangiti), sino ai
linfonodi regionali
(linfoadeniti).
31
Infiammazione
…
32
Infiammazione
…
ALTERAZIONI DELLA PERMEABILITA’
Inizialmente, il fluido che si accumula ha i
caratteri del trasudato, ma con la fuoriuscita
anche di leucociti (ed eritrociti) si trasforma
in essudato.
Il rivestimento endoteliale è formato da uno
strato continuo di cellule endoteliali,
connesse tra di loro mediante sistemi
giunzionali, delimitate verso gli spazi
sottoendoteliali da una membrana basale.
Attraverso le giunzioni, normalmente,
passano piccole molecole (max 40.000.m.).
Cell. endoteliali
Membr. basale
33
Infiammazione
…
Nella flogosi le giunzioni si staccano
e permettono il passaggio di
macromolecole plasmatiche e cellule.
Oltre a questo meccanismo di
trasporto passivo, il trasporto di
molecole plasmatiche può avvenire
anche con un meccanismo attivo di
endocitosi, cioè invaginazioni della
membrana plasmatica delle cellule
endoplasmatiche con formazione di
vescicole endoplasmatiche.
Leucociti
Cell. endoteliali
34
Infiammazione
…
MIGRAZIONE LEUCOCITARIA
Il fenomeno della migrazione leucocitaria consistente nell’accorrere dei leucociti nel sito
della lesione, rappresenta la prima modalità di difesa della risposta immunitaria.
La sequenza degli eventi che consente ai leucociti di raccogliersi nella sede della lesione
comprende i seguenti fenomeni:
1. Marginazione
2. Pavimentazione
3. Migrazione per diapedesi
4. Chemiotassi
5. Fagocitosi
35
Infiammazione
…
Marginazione e Pavimentazione
Dopo il rallentamento e il ristagno del flusso ematico, i leucociti si allontanano
dalla colonna centrale e si spostano verso la periferia (fenomeno della
marginazione), sino ad entrare in contatto con le cellule endoteliali (fenomeno
della pavimentazione).
Fenomeno della pavimentazione
Anche le piastrine pavimentano le pareti endoteliali di vasi lesionati.
36
Infiammazione
…
CAUSE DELL’AUMENTO DI ADESIVITA’
Maggiore adesività dei leucociti o delle
cellule endoteliali.
Presenza di una sostanza che forma un
legame tra i due tipi di cellule.
Il danno può neutralizzare le cariche di
superficie che separano i leucociti dalle
cellule endoteliali
Il calcio contribuisce a formare dei
ponti tra le cariche negative delle due
cellule.
Alcune frazioni del complemento
(forme su base immunitaria
37
Infiammazione
…
Migrazione
I leucociti aderenti alle cellule endoteliali emettono pseudopodi che si
inseriscono tra le giunzioni intercellulari.
Le giunzioni vengono distaccate e i leucociti migrano.
La migrazione leucocitaria dai vasi è dovuta agli stessi
fattori chemiotattici che controllano la migrazione
extravascolare.
38
Infiammazione
…
Chemiotassi
Superata la barriera
vascolare i leucociti
migrano verso il focolaio
infiammatorio.
Questa migrazione è
unidirezionale ed è
controllata dalla
chemiotassi.
39
Infiammazione
…
FASI DELLA MIGRAZIONE LEUCOCITARIA
FASE IMMEDIATA
in essa, in 30’-40’, si raggiungono livelli elevati di
migrazione cellulare a partire dalle venule.
Cellule interessate:
- prima i neutrofili (eosinofili)
- successivamente i monociti
FASE RITARDATA
si sviluppa qualche ora dopo e riguarda venule e capillari.
I monociti prevalgono sui neutrofili che, però, elaborano
un fattore stimolante la migrazione dei monociti.
(Es.: se neutropenia = inibizione della migrazione
monocitaria)
40
Infiammazione
…
Anche i linfociti migrano attraverso le giunzioni interendoteliali.
In caso di lesioni gravi, anche gli eritrociti possono attraversare le membrane
vascolari seguendo il cammino dei leucociti. Questa diapedesi eritrocitaria spiega
la formazione di essudati emorragici che caratterizzano le forme più gravi.
I neutrofili completano la risposta chemiotattica in circa 90 minuti; i monociti
completano la risposta migrazionale in circa 3-5 ore.
41
Infiammazione
…
CLASSIFICAZIONE DEI FATTORI CHEMIOTATTICI
ORIGINE:
a)- endogeni
b)- esogeni
TIPO DI CELLULA STIMOLATA:
a)- neutrofili
b)- monociti
Fattori chemiotattici
Citotassine
Precurs. Citotassine
=
Citotassinogeni
Azione diretta sulle cellule
Azione indiretta sulle cellule
Solo in presenza di liquidi
biologici
42
Infiammazione
…
Le Citotassine
Sono fattori chemiotattici che si legano su recettori specifici di cellule
mobili di cui stimolano la migrazione unidirezionale.
Sono idrosolubili e diffusibili e sono specifiche per i neutrofili.
Citotassine endogene:
- frazioni del complemento (C3a, C5a, C567)
- AMP ciclico
- prostaglandine
Citotassine esogene
- sono specifiche per alcuni tipi di batteri, ecc.
43
Infiammazione
…
I Citotassinogeni
Si trovano frequentemente in forma corpuscolata non idrosolubile,
derivano da materiale biologico e possono essere di natura proteica,
polisaccaridica e lipidica.
Sono in grado di stimolare un sito della cellula attivandone la chemiotassi
solo dopo essere stati convertiti in citotassine (composti
chemiotatticamente attivi).
Anche i linfociti rispondono a stimoli chemiotattici e la loro migrazione è
la conseguenza del riconoscimento di strutture superficiali di altre cellule.
44
Infiammazione
…
L’accumulo dei leucociti nel focolaio infiammatorio si svolge con una
sequenza temporale costante.
Nella maggior parte dei casi, la risposta iniziale è a carico dei neutrofili e
degli eosinofili; successivamente, nella fase cronica, prevalgono
macrofagi e linfociti.
I neutrofili sono più veloci dei macrofagi e sono più numerosi in circolo.
Vivono 3-4 giorni e, morendo, rilasciano enzimi lisosomiali che fungono
da fattori chemiotattici per i monociti.
I monociti sono più abbondanti dei neutrofili nelle fasi tardive anche
perché hanno un ciclo vitale più lungo.
45
Infiammazione
…
ESSUDAZIONE
L’essudato è il materiale fluido che si raccoglie nell’interstizio nella fase acuta
dell’infiammazione.
È costituito da una componente fluida (risultato principalmente per le alterazioni
della permeabilità vascolare) e da una componente cellulare (conseguenza della
chemiotassi dei leucociti, del passaggio passivo dei globuli rossi e per la
moltiplicazione di monociti e linfociti).
Le funzioni dell’essudato sono molteplici:
a)- agisce diluendo le eventuali sostanze tossiche
b)- mediante la trasformazione del fibrinogeno in fibrina, svolge azione protettrice
contro l’invasione batterica e facilita la fagocitosi di superficie
c)- le immunoglobuline intervengono direttamente nella difesa antibatterica
d)- l’abbassamento del pH e l’aumento della tensione nella zona lesa stimolano le
terminazioni sensitive causando la comparsa del dolore.
46
Infiammazione
…
Cellule dell’essudato
1.Neutrofili
2.Basofili
3.Eosinofili
4.Linfociti T
5.Monociti
47
Infiammazione
…
48
Infiammazione
…
I neutrofili
I neutrofili, altrimenti detti microfagi, fagocitano, liberano enzimi lisosomiali e
fattori chemiotattici per altri neutrofili e i monociti.
49
Infiammazione
…
I basofili
I basofili sono “vere e proprie ghiandole monocellulari secernenti” e rivestono un
ruolo di fondamentale importanza perché secernono istamina.
50
Infiammazione
…
Gli eosinofili
Gli eosinofili hanno un ruolo ancora non ben chiaro ma sembra accertato il loro
intervento in infezioni da parassiti (protozoi ed elminti) e nelle affezioni allergiche.
51
Infiammazione
…
I linfociti T
I linfociti secernono linfochine, mentre i linfociti B secernono anticorpi.
Entrambe queste azioni servono a neutralizzare e/o distruggere lo stimolo flogogeno
52
Infiammazione
…
I Monociti
I monociti (altrimenti detti macrofagi) sono cellule che condividono origini, funzioni
e morfologia, costituendo il Mononuclear Phagocyte System (MPS).
53
Infiammazione
…
PROPRIETA’ ESSENZIALI DELLE CELLULE DELL’MPS
1.Cellule germinative del midollo osseo, cellule staminali e promonociti
2.Monociti midollari ed ematici in transito verso i tessuti periferici (macrofagi mobili)
3.Monociti-macrofagi dei tessuti (istiociti, macrofagi fissi).
TIPI DI CELLULE DELL’MPS
• Istiociti dei connettivi
• Cellule di Kupfer del fegato
• Macrofagi di alveoli, milza linfonodi e midollo osseo
Tutte cellule mononucleate altamente
fagocitarie.
• …
54
Infiammazione
…
SISTEMA DEI FAGOCITI MONNUCLEATI
(MPS)
Il MPS contiene solo cellule mononucleate altamente fagocitarie; pertanto non
contengono fibroblasti e cellule endoteliali che hanno scarsa capacità fagocitaria.
I monociti si trasformano in cellule macrofagiche attive 20-60 ore dopo essere giunte
nel tessuto infiammato.
Secernono numerose sostanze che sono liberate anche in seguito a morte cellulare
(interferon, pirogeni endogeni, lisozima, ecc.).
Si accumulano attorno alle sostanze da eliminare al fine di distruggerle sia attraverso
la fagocitosi, sia attraverso la liberazione in situ di fattori litici.
La motilità cellulare è legata alla presenza di microfilamenti e microtubuli; infatti, il
trattamento con sostanze che disaggregano i microfilamenti (citocalasine) riduce la
motilità delle cellule macrofagiche.
55
Infiammazione
…
La tubulina citoscheletrica di alcune
cellule endoteliali marcata in verde, l'actina in
rosso, osservata in microscopia confocale
56
Infiammazione
…
57
Infiammazione
…
58
Infiammazione
…
LA FAGOCITOSI
Potere fagocitario
Monociti
Neutrofili
Batteri
Materiale
inerte
Protozoi
Globuli
rossi
Detriti
cellulari
Cellule
morte
Miceti
La fagocitosi è favorita dalle opsonine (IgG, IgM, fattori del complemento, peptidi
ecc.) che hanno il ruolo di rendere tale materiale più suscettibile alla fagocitosi stessa.
59
Infiammazione
…
TIPI DI FAGOCITOSI
FAGOCITOSI
Immune
Di Superficie
Fagocita +
corpuscoli +
opsonine
Fagocita +
corpuscoli
La fagocitosi è un processo energia dipendente che richiede condizioni ottimali di pH e
che aumenta a temperatura elevata.
60
Infiammazione
…
SEDE E TIPOLOGIA DELL’ESSUDATO
Tessuti, connettivi o parenchimi
1. Infiltrazione diffusa
2. Raccolte localizzate (infezione
purulenta, pus, ascesso)
3. Raccolte diffuse (flemmone
Cavità naturali (alveoli polmonari,
cavità pleurica, pericardica,
articolare, peritoneale)
1. Essudato sieroso
2. Essudato siero-fibrinoso
Mucose
1. Infezione catarrale (riniti)
2. Infezione parenchimale (inf.
Gonococciche)
61
Infiammazione
…
EVOLUZIONE DELL’ESSUDATO
Essudato lieve ed assenza di
necrosi
Restitutio ad integrum
(es.: riniti, faringiti, sinovite, pleuriti
sierose)
Essudato abbondante + necrosi +
stimolazione fibroblasti +
stimolazione angioblasti +
stimolazione macrofagi
1. Formazione di tessuto di
organizzazione
2. Sclerosi (formazione di cicatrice)
62
Infiammazione
…
Evoluzione Infiammazione da Stafilococco
I fenomeni proliferativi sono preminenti quando si hanno estesi fenomeni necrotici con
distruzione dei tessuti nella sede di formazione di un essudato purulento, come nella
cosiddetta suppurazione.
Stafilococco aureo
63
Infiammazione
Contagio – infezione – necrosi
circoscritta tessuti lesi
Invasione dai
Polimorfonucleati
Degenerazione e necrosi
Polimorfonucleati
Fluidificazione materiale
necrotico (di origine tessutale
e leucocitario) ad opera di
enzimi proteolitici
…
Formazione di una capsula
Fenomeni vascolari e
proliferativi ai margini della
cavità
Formazione di estesa cavità
contenente materiale
necrotico (ASCESSO) ed
essudato infiammatorio (PUS)
Rammollimento
64
Infiammazione
…
FENOMENI PROLIFERATIVI
Se non si verifica la risoluzione del processo o l’evoluzione verso una forma cronica,
l’ultima fase della flogosi consiste nell’intervento dei fenomeni proliferativi e nella
conseguente riparazione del danno tessutale attraverso la formazione di tessuto di
organizzazione.
Cellule interessate nel processo di
proliferazione
Fibroblasti
Sintesi collagene
Macrofagi
Distruzione materiale
corpuscolato
Angioblasti
Neoformaz. vasi
sanguigni/linfatici
Formazione tessuto organizzazione o riparazione
65
Infiammazione
…
FENOMENI PROLIFERATIVI
La formazione di tessuto di organizzazione ha luogo nei seguenti casi:
1. Presenza di abbondante materiale essudativo che non può essere rimosso per
fluidificazione
2. Estesa necrosi di tessuti non riparabili con rigenerazione (es.: ischemia)
3. Formazione di trombi e coaguli (ematomi subdurali)
4. Perdita di sostanza.
Il tessuto di organizzazione si sviluppa gradualmente a partire dai bordi della
lesione. Mentre da una parte il materiale corpuscolato viene riassorbito
mediante la fagocitosi, dall’altra parte lo sostituisce riparando così il danno.
66
Infiammazione
…
EVOLUZIONE TEMPORALE DEL TESSUTO DI
ORGANIZZAZIONE
1° fase: vascolarizzazione
Ricchezza di vasi neoformati ed
abbondanza di tessuto connettivo
neoformato
2° fase: devascolarizzazione
Progressiva riduzione nr fibroblasti ed
altre cellule; scomparsa di capillari
neoformati; diminuzione contenuto
liquido.
Ciò produce tessuto sclerotico, denso,
privo di cellule e vasi e ricco di
collagene.
Esito in sclerosi
(formazione di cicatrice)
Eccessiva produzione t. sclerotico
(formazione di cheloide)
67
Infiammazione
…
PRINCIPALI FORME INFIAMMATORIE
INFIAMMAZIONE SIEROSA:
È caratterizzato dalla formazione di un abbondante essudato fluido che deriva dal plasma
sanguigno o dalle cellule, acquoso, relativamente povero di cellule, di fibrinogeno ed altre
proteine.
L’essudato sieroso è caratteristico delle lesioni infiammatorie di lieve entità; un esempio
tipico è la vescicola che si verifica nel danno lieve da ustione, ma anche l’accumulo di
liquido caratteristico della pleurite umida di origine tubercolare.
68
Infiammazione
…
Evoluzione infezioni sierose
Infiammazione sierosa
Inf. Siero-fibrinosa
Interessamento di
superfici opposte delle
sierose
Sinechie
(aderenze)
Interessamento di una
piccola arte di superfici
sierose opposte
Briglie
aderenziali
Inf. Fibrinosa
69
Infiammazione
…
INFIAMMAZIONE FIBRINOSA:
È caratterizzata dalla fuoriuscita di grandi quantità di proteine plasmatiche e, in
particolare, di fibrinogeno con conseguente formazione di ammassi di fibrina.
Questa forma di infiammazione si ha nelle forme acute più gravi nelle quali si verifica
uno spiccato aumento della permeabilità vascolare tale da consentire la fuoriuscita dai vasi
di grosse molecole di fibrinogeno.
Pericardite reumatica
P: pericardio
F:rivestimento di fibrina
70
Infiammazione
…
Il quadro iniziale della polmonite fibrinosa è la epatizzazione rossa così definita per la
consistenza ed il colorito del polmone simile a quello del fegato.
Il quadro successivo è quello della epatizzazione grigia dovuta alla compressione esercitata
dalla fibrina intraalveolare sui vasi dei setti interalveolari
Freccia: setto interalveolare – fi: fibrina – Gr: granulociti polimoronucleati
71
Infiammazione
…
INFIAMMAZIONE EMORRAGICA:
È una infiammazione fibrinosa o purulenta caratterizzata da un grande numero di globuli
rossi.
È la conseguenza di fattori eziologici così violenti da causare la rottura di vasi o una
alterazione della permeabilità di grado tale da consentire la diapedesi dei globuli rossi
all’esterno dei vasi.
Infezioni emorragiche cutanee
Carbonchio, vaiolo, tifo esantematico
Petecchie (emorragie cutanee puntiformi)
Tifo esantematico
72
Infiammazione
…
Glomerulonefrite acuta: ematuria
73
Infiammazione
…
Infiammazione necrotico-emorragica:
necrosi pareti vascolari
74
Infiammazione
…
INFIAMMAZIONE PURULENTA:
È una infiammazione caratterizzata dalla formazione di un essudato in cui prevale la
componente cellulare, rappresentata principalmente dai neutrofili.
Materiale purulento o pus
• Materiale bianco-giallastro semifluido formato da:
- essudato di derivazione ematica
- prodotti della fluidificazione e/o distruzione dei tessuti
• È considerato sterile (ma spesso contiene germi anaerobi)
• Ha una densità elevata
• Il colorito giallastro è dovuto alla degenerazione grassa dei neutrofili
• Può essere mascherato dal sangue
75
Infiammazione
…
Ascesso batterico sottocutaneo
76
Infiammazione
…
Essudato batterico in meningite batterica
77
Infiammazione
…
ASCESSO
È una raccolta circoscritta purulenta-suppurativa che ha sede in un distretto limitato e che
è causata dall’azione patogena dei piogeni.
Evoluzione dell’ascesso
1. Accumulo localizzato di neutrofili
2. Necrosi colliquativa dei tessuti nella sede della lesione
3. Espansione del focolaio ascessuale direttamente proporzionale alla necrosi dei tessuti
zona centrale con materiale amorfo e semifluido costituito
da detriti cellulari e neutrofili disfatti
4. Comparsa dell’ascesso
orlo periferico costituito da neutrofili ben conservati,
frammisti a fibrina (membrana piogena)
ulteriore zona periferica con vasodilatazione e proliferazione
fibro-angioblastica (inizio fenomeno di riparazione)
riparazione definitiva del danno
4. Formaz. della parete
(capsula)
barriera limitante l’ulteriore diffusione del processo
78
Infiammazione
…
La guarigione di un ascesso può verificarsi solo quando tutti i detriti necrotici
sono stati eliminati.
Rimozione materiale necrotico
Rottura spontanea parete
ascessuale
Incisione chirurgica parete
ascessuale
Se lo svuotamento non è completo, la guarigione può ancora avvenire per
digestione proteolitica del materiale residuo ed assorbimento per via linfatica.
Qualora dovesse residuare materiale fluido, la formazione ascessuale si trasforma
in una cisti (cavità a contenuto liquido delimitata perifericamente da una capsula di
tessuto fibroso.
79
Infiammazione
…
INFIAMMAZIONE CATARRALE:
È caratterizzata da una abnorme produzione di muco che si riscontra nelle
infiammazioni dei tessuti mucosi secernenti muco.
Il quadro patologico-clinico è quello del raffreddore (rinite), tenendo conto del fatto che,
quando il muco è molto ricco di granulociti, il muco acquista un aspetto simile al pus,
prendendo il nome di essudato muco-purulento.
80
Infiammazione
…
ULCERA:
È una perdita di sostanza locale a carico di tessuti superficiali, a forma di escavazione, in
corrispondenza di una superficie dell’organismo, secondaria a perdita di materiale
necrotico da parte di un focolaio infiammatorio.
Esempi frequenti sono le ulcere a carico della mucosa della bocca e quelle a carico della
mucosa di stomaco ed intestino.
Ulcera pre-pilorica
81
Infiammazione
…
Caratteristiche dell’ulcera
1. Aspetto a cratere circondato da margini leggermente rilevati per l’edema
infiammatorio.
2. Base del cratere liscio o rivestito da tessuto necrotico.
3. Inizialmente: essudazione siero-fibrinosa che può
associarsi ad una infiltrazione neutrofila e a
vasodilatazione ai margini della lesione.
4. Successivamente: si margini della lesione si sviluppa
spiccata proliferazione fibroblastica con accumulo di linfociti, macrofagi e
plasmacellule.
5. La fibrosi evolve verso la guarigione.
82
Infiammazione
…
FERITA:
È la manifestazione clinica di una interruzione traumatica della continuità delle superfici
cutanee o mucose.
Il primo evento è l’emorragia a cui segue la formazione del coagulo. Parallelamente ha
inizio un processo infiammatorio che viene progressivamente colmata con tessuto di
granulazione che sostituisce gradualmente il coagulo ed evolve in seguito in tessuto
cicatriziale. Il processo si completa con la rigenerazione dei tessuti epiteliali distrutti.
83
Infiammazione
…
La guarigione può avvenire per prima intenzione o per seconda intenzione.
Nella chiusura per prima intenzione (mediante punti chirurgici) la perdita di sostanza è
minima perché i lembi della ferita sono ravvicinati.
Nella guarigione per seconda intenzione la perdita di sostanza è considerevole e i bordi
della lesione sono molto distanti fra di loro.
Distinguiamo, infine, ferite asettiche (ferite chirurgiche) da ferite settiche quali sono
abitualmente quelle accidentali.
84
Infiammazione
…
FERITA: interruzione traumatica della continuità delle superfici cutanee o mucose
1° evento:
2° evento:
emorragia e formazione di coagulo
parallelo inizio del processo infiammatorio
riempimento graduale della perdita di sostanza con tessuto di
granulazione
evoluzione del t. di granulazione in tessuto cicatriziale
rigenerazione dei tessuti epiteliali distrutti
GUARIGIONE
Per prima intenzione
Per seconda intenzione
85
Infiammazione
…
INFIAMMAZIONE CRONICA
86
Infiammazione
…
La infiammazione cronica è una infezione di lunga durata (settimane/mesi) in cui
procedono contemporaneamente:
1. Una infiammazione attiva
2. La distruzione tessutale
3. I tentativi di riparazione.
Essa fa sempre seguito alla fase acuta quando il processo non si risolve e,
clinicamente, può avere inizio subdolo o può manifestarsi come un naturale
proseguimento della infiammazione acuta.
La transizione dalla fase acuta a quella cronica consiste generalmente nella
attenuazione progressiva dei fenomeni vascolari e nel parallelo aumento di quelli
proliferativi.
Quindi, l’infiammazione non è mai cronica sin dall’inizio ma diviene cronica
quando i meccanismi reattivi dell’ospite non sono in grado di neutralizzare lo
stimolo flogogeno la cui azione persiste.
87
Infiammazione
…
Principali cause di infiammazione cronica:
1. Infezioni persistenti
2. Prolungata esposizione ad agenti potenzialmente tossici, esogeni o endogeni
3. Autoimmunità
La componente cellulare predominante è costituita da monociti e linfociti che
popolano l’essudato che si raccoglie nel connettivo extravascolare.
Nel’interstizio questi leucociti possono permanere come tali per periodi di tempo
lunghi, oppure possono trasformarsi in macrofagi attivi, cellule epitelioidi e cellule
giganti.
Monociti e linfociti si rinnovano continuamente sia per nuovo apporto di cellule dal
sangue, sia per moltiplicazione in situ.
88
Infiammazione
…
Caratteri distintivi della infiammazione cronica:
1. Fenomeni degenerativi che vanno sino alla necrosi;
2. Fenomeni proliferativi con aumento del numero di fibroblasti e della sintesi di
collagene, nonché della formazione di nuovi vasi
3. Rigenerazione delle cellule parenchimali.
Necrosi e fibrosi sono i principali responsabili dei difetti funzionali che si
manifestano a carico degli organi (cavi o parenchimatosi) colpiti.
Es.: Stenosi di un organo cavo (segmento intestinale, bronco, dotto ghiandolare,
ecc.); fibrosi permanente di un organo parenchimatoso (fegato, reni, ecc.).
La sostituzione di parenchimi, il restringimento di organi cavi e l’adesione tra
superfici sierose, sono deformità conseguenti ad estesi processi di cicatrizzazione,
esiti dell’infiammazione cronica.
89
Infiammazione
…
90
Infiammazione
…
91
Infiammazione
…
Classificazione delle infiammazioni croniche:
Infiammazione cr. interstiziale
Presenza di infiltrati parvicellulari, associata
ad estesi processi proliferativi che causano la
sclerosi dell’organo e la conseguente atrofia
del parenchima.
Infiammazione granulomatosa
oltre alla presenza di fenomeni proliferativi e
di fenomeni vascolari essudativi, vi sono
modificazioni morfologiche delle cellule
macrofagiche con formazione di cellule
epitelioidi e giganti.
92
Infiammazione
…
93
Infiammazione
…
94
Infiammazione
…
GRANULOMI
Sono processi infiammatori cronici circoscritti, in cui predominano i fenomeni
proliferativi.
Sono caratterizzati dall’accumulo e dalla moltiplicazione di macrofagi attivi che,
spesso, assumono un aspetto simile a quello delle cellule epiteliali (cellule
epitelioidi)
95
Infiammazione
…
Classificazione dei granulomi
In base al corpo estraneo
talco, ecc.
G. tubercolare (Cellule del Langhans)
In base all’agente infettivo
G. Sifilideo (Gomme)
G. della febbre reumatica (Corpi di Aschoff)
In base al tipo cellulare predominante cellule macrofagiche
cellule giganti
cellule epitelioidi
granuloma eosinifilo
…
96
Infiammazione
…
Quando si sviluppa?
Si sviluppa quando si ha, nei tessuti, accumulo di materiale estraneo non digeribile in
seguito ad i9nfezioni da agenti biologici che non sono stati distrutti durante le
reazioni di ipersensibilità.
Quanto dura?
Alcuni granulomi persistono per lungo tempo e ciò sembra sia dovuto alla longevità
delle cellule che lo compongono o al continuo rinnovamento della popolazione
cellulare per immigrazione di cellule nuove o per moltiplicazione.
In base al grado di rinnovamento delle cellule nel granuloma, questi possono essere
distinti in:
1. Granulomi a rinnovamento rapido
2. Granulomi a rinnovamento lento
97
Infiammazione
…
Le cellule che compongono un granuloma sono le seguenti:
• Cellule epitelioidi
cellule specializzate caratteristiche del
granuloma
• Cellule giganti plurinucleate
• Monociti
• Macrofagi attivi
• Linfociti
cellule tipiche della infiammazione cronica
• Plasmacellule
• Fibroblasti
98
Infiammazione
…
Cellula epitelioide
Ha questo nome perché ha un aspetto molto simile a quello delle cellule epiteliali.
Sono cellule poliedriche con nucleo centrale ed abbondante citoplasma acidofilo.
Hanno scarsa capacità fagocitaria ma sono in grado di esercitare pinocitosi nei confronti
di piccole molecole.
La membrana plasmatica appare ben sviluppata e
presenta numerosi pseudopodi che possono intrecciarsi
con quelli delle cellule vicine; le zone di contatto fra
cellule e le giunzioni sono variamente importanti, fino
a verificarsi fenomeni di fusione con le cellule limitrofe.
Poiché nel loro interno mancano fagolisosomi, l’aspetto
Ultrastrutturale della cellula è quello di una CELLULA PREVALENTEMENTE
SECERNENTE.
99
Infiammazione
…
Le cellule epitelioidi derivano dalla trasformazione di monociti stimolati. I fattori di
trasformazione sono numerosi e comprendono alcune linfochine (MIF e MAF) prodotte
dai linfociti T.
Anche alcune cere (cera D) presenti nella membrana del bacillo tubercolare sono in
grado di promuovere la trasformazione dei macrofagi attivi in cellule epitelioidi.
100
Infiammazione
…
Cellule giganti
Sono di grandezza variabile (da 40 ad 80μ) e si possono distinguere in due grosse
categorie:
1. Cellule di tipo Müller (1) con nuclei che formano ammassi sparsi irregolarmente
nel centro della cellula (granulomi da corpo estraneo)
2. Cellule tipo Langhans (2)con nuclei disposti alla periferia della cellula a forma di
corona o di ferro di cavallo.
1
1
2
2
101
Infiammazione
…
Le cellule giganti derivano dalla fusione di macrofagi giovani mediante la produzione di
porti intercellulari con tratti di fusione citoplasmatica.
La fusione è la conseguenza di un processo di riconoscimento cellulare durante il quale
il macrofago giovane riconosce il macrofago anziano come abnorme e lo ingloba in se
stesso.
102
Infiammazione
…
Cellule varie
Linfociti
si distinguono linfociti T e B. I linfociti T, ricevuta l’informazione
da un macrofago che ha fagocitato l’antigene, si trasforma in una
grande cellula, si moltiplica e produce linfochine ed interferon.
Miofibroblasti
sono fibroblasti modificati dotati di caratteristiche proprie dei
fibroblasti e delle cellule muscolari lisce.
Infatti, è in grado di secernere mucopolisaccaridi, glicoproteine di
struttura, procollagene e preelastina, ma presenta anche la
proprietà della contrattilità fondamentale nella patogenesi del
fenomeno della retrazione cicatriziale.
Fibroblasti
Angioblasti
Linfociti, plasmacellule, eosinofili.
103
Infiammazione
…
104
Infiammazione
…
Modificazioni sistemiche nell’infiammazione
Febbre
è dovuta ai pirogeni endogeni che sono contenuti abbondantemente nei
neutrofili.
Leucocitosi
insieme alla febbre è il seno più frequente. Da 40.000/mm3 può
raggiungere valori di 100.000/mm3. Talvolta si possono verificare
reazioni leucemoidi così definite perché simulano le variazioni
ematiche delle leucemie.
Neutrofilia
presente nella maggior parte delle infezioni batteriche
Eosinofilia
presente in infezioni parassitaria e nelle manifestazioni allergiche.
105
Infiammazione
…
I MEDIATORI CHIMICI DELLA FLOGOSI
Lo studio sui mediatori della flogosi ebbe inizio con Lewis che dimostrò l’importanza
dell’istamina come mediatore vasoattivo.
Affinché una sostanza possa essere considerata “mediatore” nella infiammazione è
necessario che abbia i seguenti requisiti:
1. È presente durante l’infiammazione e scompare quando questa cessa
2. La sua inibizione a mezzo di antagonisti specifici attenua il quadro
del’infiammazione
3. La sua deplezione dai tessuti, effettuata prima che agisca lo stimolo lesivo, sopprime
quella parte della reazione infiammatoria la cui patogenesi è attribuita al mediatore
in causa
4. È capace di riprodurre sperimentalmente i fenomeni elementari dell’infiammazione.
106
Infiammazione
…
Detti anche vasoattivi per le loro azioni a carico dei vasi, sono sostanze:
• di derivazione plasmatica o cellulare
• che esistono anche nei tessuti sani come precursori inattivi (callicreina) o sequestrati
in sedi dove sono inattivi.
Le cellule che contengono i mediatori chimici si dividono in tre gruppi:
1. Basofili e piastrine
sono granuli citoplasmatici densi, contenenti potenti
amine vasoattive (in particolare l’istamina)
2. Neutrofili e monociti
sono granuli neutrofili ed azzurofili che contengono
numerosi enzimi proteolitici
3. Linfociti
formano un gruppo di mediatori chiamato linfochine.
107
Infiammazione
…
La liberazione dei mediatori può avvenire con un processo di secrezione (release non
citotissico) o in seguito alla lisi della cellula che contiene i mediatori (release
citotossico).
Release non citotossico
implica il movimento dei granuli verso l’esterno della
cellula e ciò è particolarmente evidente nei neutrofili.
Il meccanismo è innescato dalla attivazione di un
precursore della serina esterasi di membrana; segue una
sequenza ordinata di eventi:
- inibizione dell’adenil-ciclasi e conseguente riduzione di
quantità del cAMP (*)
- rimozione del controllo inibitorio esercitato sulle reazioni
di release e sul metabolismo dei mediatori
Il rilascio dei mediatori dalla cellula avviene mediante il
sistema contrattile dei microtubuli e dei microfilamenti
che, oltre a favorire il movimento delle cellule, favorisce la
fuoriuscita dei granuli da esse.
(*) il cAMP inibisce la liberazione dei mediatori
108
Infiammazione
Release citotossico
…
avviene in seguito alla rottura della membrana plasmatica.
Lo stimolo che lo attiva è diverso per i vari tipi di cellule
contenenti i mediatori.
Tutti, indistintamente, agiscono sulle membrane in
corrispondenza di recettori specifici per i singoli stimoli.
Anche in questo caso la concentrazione di cAMP deve ridursi
affinché il release possa verificarsi.
Il fenomeno è energia dipendente e richiede la presenza di calcio.
I mediatori della flogosi sono:
1.
2.
3.
4.
5.
Istamina
Chinine e proteine (callicreina, fattore di Hageman)
Complemento
Prostaglandine
Fattori vari
109
Infiammazione
Release citotossico
…
avviene in seguito alla rottura della membrana plasmatica.
Lo stimolo che lo attiva è diverso per i vari tipi di cellule
contenenti i mediatori.
Tutti, indistintamente, agiscono sulle membrane in
corrispondenza di recettori specifici per i singoli stimoli.
Anche in questo caso la concentrazione di cAMP deve ridursi
affinché il release possa verificarsi.
Il fenomeno è energia dipendente e richiede la presenza di calcio.
I mediatori della flogosi sono:
1.
2.
3.
4.
5.
Istamina
Chinine
Complemento
Prostaglandine
Fattori vari
110
Infiammazione
…
ISTAMINA
Nel 1927 Lewis descrisse la risposta tripla poi chiamata ”triade di Lewis”, conseguente
alla stimolazione traumatica lineare della cute con un oggetto a punta smussa, la cui
patogenesi fu attribuita alla istamina.
Triade di Lewis
La somministrazione di 10γ di istamina in sede intradermica o sottocutanea, per
interessamento dei piccoli vasi della microcircolazione cutanea, provoca i seguenti
eventi:
1. Comparsa iniziale nei primi 3-18’’: dilatazione dei capillari entrati in contatto con
la istamina (rossore locale = red line)
2. Comparsa successiva in 30-60’’:
alone di rossore periferico per vasodilatazione
diffusa della zona circostante la sede
dell’iniezione, dovuto a riflesso assonico
attivato dalla istamina
3. Comparsa in 1-3’
edema pallido locale coincidente con la
iniziale zona di vasodilatazione, dovuto
all’aumento della permeabilità vascolare
causata dall’istamina.
111
Infiammazione
…
Dimostrazione della validità della triade di Lewis
1. La resezione delle terminazioni nervose sensitive (o il pretrattamento con anestetici
locali) impedisce la comparsa della II fase che, pertanto, è sicuramente attribuibile
al riflesso assonico e dipende dalla integrità nervosa locale
2. La legatura del braccio causa una persistenza della risposta per oltre 10’ ed il
ripristino del flusso circolatorio consente la scomparsa della risposta in 10’’.
3. La somministrazione di anti-istaminici inibisce la triplice risposta di Lewis.
112
Infiammazione
…
Caratteristiche dell’istamina
L’istamina è una beta-imidazol-decarbossilasi sintetizzata a partire dalla istidina.
Ha sede soprattutto nei basofili ma si riscontra anche nelle cellule della mucosa gastrica,
nelle fibre nervose, nella cute e nei polmoni.
La preminente localizzazione dell’istamina nei basofili, sempre in intimo contatto con
tessuti ed organi esposti a stimoli ambientali patogeni, rende possibile un’immediata
reazione vascolare a seguito di infezioni o di traumi.
I suoi principali effetti biologici sono i seguenti:
1. Vasodilatazione capillare
2. Aumento della permeabilità capillare
3. Contrazione della muscolatura liscia (utero, bronchi,
intestino, grossi vasi)
4. Stimolazione della secrezione gastrica
113
Infiammazione
…
Liberazione di istamina
Stimolo
infiammatorio
Calcio
ATP
Degranulazione per
exocitosi
Liberazione di
istamina
Se lo stimolo è lieve, la liberazione di istamina
resta l’unica risposta. Ne deriverà una lesione
infiammatoria di lieve entità.
Se lo stimolo è intenso, alla liberazione di
istamina farà seguito quella delle chinine, delle
prostaglandine, ecc..
114
Infiammazione
…
Recettori per l’istamina
Il meccanismo d’azione del’istamina poggia sul suo legame con recettori specifici
presenti sulle membrane delle cellule bersaglio.
Sono stati individuati due recettori:
Recettori H1
responsabili della contrazione della muscolatura liscia
Recettori H2
responsabili della stimolazione della secrezione gastrica (sensibili
agli antistaminici).
115
Infiammazione
…
Effetti dell’istamina
1. Vasocostrizione delle grandi arterie, per azione sulla muscolatura liscia
(ipertensione).
2. Vasodilatazione delle arteriole, per apertura degli sfinteri precapillari, effetto che
normalmente risulta circoscritto localmente. Se la vasodilatazione si manifesta a
livello sistemico si è in presenza di ipotensione.
3. Aumento della permeabilità dei capillari e delle piccole vene capillari, attraverso
diverse modificazioni delle cellule endoteliali. Così facendo consente un maggiore
afflusso di leucociti nella zona traumatizzata e probabilmente infetta.
4. Broncocostrizione dovuta alla contrazione delle cellule muscolari bronchiali.
116
Infiammazione
…
Meccanismo d’azione dell’istamina
Il meccanismo d’azione dell’istamina è riconducibile a modificazioni delle funzioni
delle membrane:
“l’inibizione della penetrazione del calcio attraverso le membrane o il sequestro
del catione causano il rilasciamento della muscolatura. Questi effetti sono mediati
in parte dal cAMP la cui concentrazione è incrementata dalla istamina”
Se la liberazione dell’istamina è lenta e localizzata, compaiono i segni infiammatori
locali in corrispondenza della sede d’azione dello stimolo flogogeno.
Se la liberazione di istamina è brusca e generalizzata, si può avere il quadro dello
shock anafilattico:
1. Imponente e diffusa reazione capillare ed arteriolare, associata ad aumento della
permeabilità (edema acuto).
2. Squilibrio tra la riduzione del volume del sangue per l’edema acuto e l’aumento
notevole e repentino della capacità del letto circolatorio
3. Spiccata caduta della pressione arteriosa e comparsa di uno shock ipovolemico.
117
Infiammazione
…
CHININE
Le chinine sono polipeptidi naturali che, al apri della istamina, agiscono sulla
muscolatura liscia ed hanno proprietà vasoattive.
Sono liberate da precursori plasmatici inattivi dei quali se ne conoscono almeno due
tipi: la callidina-9 e la callidina-10.
Dalla callidina-10 che contiene lisina, per allontanamento della lisina, ad opera di una
aminopeptidasi plasmaticasi, si forma la callidina-9 o bradichinina, così chiamata
perché determina una lenta contrazione della muscolatura liscia, oltre a ipotensione ed
aumento della permeabilità vascolare.
La bradichinina può essere liberata da proteine plasmatiche ad opera della callicreina
plasmatica, enzima presente in forma inattiva nel plasma e nei leucociti.
Le callicreine, a loro volta, rientrano nel gruppo generale delle chininogenasi, enzimi
capaci di attaccare il chininogeno plasmatico, substrato dal quale liberano direttamente
peptidi denominati CHININE, vasodilatatori con proprietà farmacologiche simili alla
bradichinina.
118
Infiammazione
…
Nel corso degli anni, gli studi hanno dimostrato l’importanza delle chinine nella
patogenesi della flogosi:
1. La concentrazione delle chinine nel focolaio flogistico aumenta rispetto a quella dei
tessuti normali
2. Chinine isolate somministrate ad animali da esperimento riproducono il quadro della
risposta infiammatoria
3. Pochi microgrammi/ml di chinine producono effetti farmacologici identici ai
fenomeni elementari della flogosi
4. Gli ormoni glicocorticoidi che normalmente bloccano la reazione infiammatoria
inibiscono la formazione delle chinine.
119
Infiammazione
…
COMPLEMENTO
È un complesso sistema biologico costituito da precursori di enzimi contenuti nel
plasma che possono essere attivati a vari livelli dando origine a reazioni sequenziali a
cascata.
Il sistema del complemento (C) è costituito da 11 proteine, ciascuna delle quali è
contrassegnata dalla lettera C, seguita da un numero arabo da 1 a 9.
Il C1 è un complesso di tre proteine (C1q, C1r e C1s).
I componenti attivati vengono indicati con un trattino sul numero; quelli inibiti con la
lettera i dopo il numero arabo.
Quando un componente del complesso è scisso in due parti, l’origine di un frammento è
indicata con l’aggiunta di una lettera minuscola (es.: frammenti di C = C3a, C3b).
Il sito recettore è indicato dalla lettera s.
L’azione nei confronti dell’organismo può essere:
• Benefica se si traduce nella neutralizzazione e/o distruzione dei microrganismi
patogeni
• Lesiva se si manifesta con l’infiammazione e/o con la distruzione cellulare.
120
Infiammazione
…
L’attivazione del sistema del complemento avviene attraverso reazioni sequenziali
specifiche che catalizzano la formazione di complessi macromolecolari ciascuno dei
quali svolge un’azione separata.
Il modello più utilizzato per lo studio dell’attivazione del complemento è quello che
poggia sull’interazione di anticorpi con antigeni di superficie dei globuli rossi e nella
conseguente lisi.
L’antigene è una porzione della membrana eritrocitaria; l’anticorpo è contenuto nel
siero di coniglio immunizzato contro globuli rossi di pecora; il complemento è
rappresentato da siero fresco di cavia o umano.
Si distinguono due vie di attivazione:
1. La via classica alla quale partecipano tutti i fattori del complemento
2. La via alternativa nella quale si ha un’attivazione parziale della sequenza, a partire
dal C3 che viene avviata dal sistema della properdina.
121
Infiammazione
…
122
Infiammazione
…
123
Infiammazione
…
Via classica: formazione della C3 convertasi
124
Infiammazione
…
125
Infiammazione
…
Via classica: formazione della C5 convertasi
126
Infiammazione
…
Via classica: scissione di C5
127
Infiammazione
…
Via classica: attacco alla membrana
128
Infiammazione
…
Via alternativa
129
Infiammazione
…
VIA DIRETTA DEL COMPLEMENTO
PRIMA FASE
C1 è costituito da tre frazioni: C1q, C1r e C1s.
C1q si lega alla porzione FC di una molecola IgM o di due IgG ed attiva C1r (una
proteasi) che, a sua volta, attiva il C1s ad esterasi attiva C1.
EAb + (C1) = EAbC1 (esterasi attiva)
SECONDA FASE
Il complesso EAbC1 si lega a C4 da cui C1s stacca il frammento C4b che, in parte si lega
ad un recettore della superficie eritrocitaria.
Successivamente, al C4 si lega il C2 che viene scisso da C1s in due frammenti, uno dei
quali (C2a) si lega a C4b formando il complesso C4b2a.
Questo enzima, chiamato C3 convertasi, agisce su C3, chiamato frammento anafilotossina,
che causa liberazione di istamina dai basofili e, quindi, la risposta infiammatoria.
Dalla scissione di C3 hanno origine C3a e C3b. Il C3b in parte si lega al complesso, in
parte resta libero e viene inattivato, in parte si lega ad un recettore della membrana
eritrocitaria.
130
Infiammazione
…
Ha così origine il complesso EAbC14b2a3b (altrimenti detto enzima C5 convertasi),
TERZA FASE
Porta alla formazione del complesso ternario EAbC5b,6,7.
C4b2a3b reagisce sequenzialmente con C5, C6 e C7.
Prima viene scisso il C5 in C5a (con proprietà chemiotattiche) e C5b che si lega
reversibilmente con C6
EAbC4b2a3b + C5bC6 =EAbC4b2a3b5b6
Il C5b6 si stacca da EAbC4b2a3b5b6 e si lega a C7, formando il complesso C5b67 (che
può legarsi direttamente agli eritrociti in assenza di anticorpi).
In complesso C5b67 si inserisce direttamente nel doppio strato lipidico della membrana
eritrocitaria, preparando la cellula per l’emolisiLa lisi avviene per aggiunta di C8 e C9 ad eritrociti già legati a C5b67.
Il legame fra C8 e C5b causa una lisi molto lenta.
Il legame fra C9 e C5b causa una lisi molto rapida.
131
Infiammazione
…
VIA INDIRETTA DEL COMPLEMENTO
Parte da C3 che viene attivato dalla PROPERDINA, liberando i mediatori C3a, C3b, C5b
e C567.
132
Infiammazione
…
PROSTAGLANDINE
Nel 1934 von Euler osservò che il liquido seminale umano e gli estratti di prostata,
inoculati per via endovenosa, abbassavano la pressione arteriosa e stimolavano la
contrazione di preparazioni isolate di muscolatura liscia intestinale ed uterina.
Il principio attivo fu chiamato prostaglandina (PG).
Si distinguono diverse classi di prostaglandine (E, F, A, B, C,
D), a seconda della costituzione dell’anello ciclopentano, e
numerose sottovarietà (PGA1, PGA2, PGE1, PGE2,
PGF1α, PGF2α) numerate a seconda del numero di doppi
legami nelle catene libere.
Ulf von Euler
(1905-1983)
133
Infiammazione
…
Oggi si parla di sistema prostaglandinico la cui attivazione è causata da stimoli
abnormi che labilizzano le membrane lisosomiali, determinando liberazione di
fosfolipasi ed acido arachidonico.
La somministrazione sperimentale di PG causa la comparsa di fenomeni elementari
della flogosi e di febbre.
La PGE1 è uno dei pirogeni endogeni più noti e potenti, capace anche di generare dolore
dovuto all’azione sensibilizzante delle fibre sensitive.
134
Infiammazione
…
FATTORI VARI
Lecitinasi
Ialuronidasi
Polisaccaridi batterici
Abbassamento del pH.
135