rivista archi 4/2014

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RIVISTA SVIZZERA DI
ARCHITETTURA, INGEGNERIA
E URBANISTICA
SCHWEIZERISCHE ZEITSCHRIFT
FÜR ARCHITEKTUR, INGENIEURWESEN UND STADTPLANUNG
4 / 2 0 14
LA FINESTRA
DAS FENSTER
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Gabriele Neri | Bruno Reichlin | Andrea Roscetti
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Michele Arnaboldi architetti | Colombo+Casiraghi architetti | Gionata Epis |
Cristiana Guerra | Bruno Keller | Luigi Snozzi | Wespi de Meuron Romeo architetti
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4 / 2 0 1 4 AG O S TO
7 COMUNICATI AZIENDALI
Chiarezza fin dalla prima ora:
cucine e bagni Sanitas Troesch.
13 SIA COMUNICATI
a cura di Frank Peter Jäger
19 TI NOTIZIE
a cura di Stefano Milan
29 INTERNI E DESIGN
a cura di Gabriele Neri
32 TI DIARIO DELL’ARCHITETTO
a cura di Paolo Fumagalli
35 OTIA COMUNICATI
a cura di Daniele Graber
37 TI LIBRI
a cura di Enrico Sassi
L A FINESTRA
a cura di Gabriele Neri e Enrico Sassi
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Ci trovate per un appuntamento o una visita presso le nostre sedi di:
Corso Elvezia 37, 6904 Lugano, Tel. 091 912 28 50 • Via Cantonale 36, 6594 Contone, Tel. 091 851 97 60
EDITORIALE
41 La finestra sul Ticino
Alberto Caruso
43 L’intérieur tradizionale
insidiato dalla finestra a nastro
Bruno Reichlin
50 Dalla feritoia al curtain wall
Gabriele Neri
58 Tappare i buchi?
Andrea Roscetti
62 La finestra totale
Luigi Snozzi
68 Un monolite di beton lavato
Wespi de Meuron Romeo architetti
74 I rettangoli armonici di von Wersin
Colombo+Casiraghi architetti
80 La scatola di fiammiferi
Gionata Epis
86 Il volume scomposto
Bruno Keller
92 Fra strada e ferrovia
Cristiana Guerra
98 Case con vista
Michele Arnaboldi con Raffaele Cammarata
ERRATA CORRIGE
Folgende Korrekturangabe ist zu vermerken: Patrick Gmür ist Direktor
des Amts für Städtebau - Zürich (und nicht, wie im Editoriale des Archi
No. 3 angegeben, Direktor des Hochbaudepartements).
In copertina:
Cristiana Guerra, Casa d’appartamenti a Bellinzona
foto Marcelo Villada Or tiz
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PURO design
PURO design è sinonimo di arredamento cucina di alta qualità, di oggetti raffinati e di materiali pregiati.
La nostra regola è «ascoltare e consigliare per il meglio», sia nella scelta
dei mobili e sia degli elettrodomestici.
I nostri sistemi d’arredo cucina sono
stati studiati per fornire ampie possibilità di scelta e di progettazione e,
così, consentire di ottenere la miglior
soluzione di qualità, sempre proporzionata al budget disponibile, sia che
si tratti di ristrutturazioni o di nuovi
oggetti, siano case monofamiliari o
intere residenze. Il team di architetti
d’interni e montatori specializzati è
a vostra disposizione per progettare
con competenza e sicurezza e per
posare a regola d’arte e puntualità la
vostra nuova cucina. PURO design significa lunga esperienza nel settore,
forte legame col territorio, alto livello
di servizio e grande professionalità.
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Una rivoluzione nel linguaggio
formale della ceramica
Keramik Laufen ha sviluppato un
materiale ceramico rivoluzionario: la
SaphirKeramik , ideale quando il design
prevede forme dalle pareti sottili e
raggi ridotti, finora realizzate in colata
minerale, in vetro o acciaio smaltato. L’innovativa formula conferisce al
materiale possibilità e libertà finora
impensabili, consentendo di realizzare
spigoli con raggi di curvatura di 1-2 mm
contro i 7-8 mm delle ceramiche classiche più all’avanguardia.
Le nuove caratteristiche formali di
questo materiale consistono nella
sua straordinaria durezza e robustezza. Se si confrontano le proprietà
meccaniche di vetrochina, fine fire
clay e SaphirKeramik, i tre materiali
che utilizza Keramik Laufen in produzione, la SaphirKeramik consente di
ottenere risultati straordinari anche
a livello internazionale. In particolare,
per quanto riguarda la resistenza alla
flessione, nelle misurazioni effettuate
dall’Istituto federale per la ricerca e
i test sui materiali di Berlino (BAM)
la SaphirKeramik supera in media i
120 MPa, un valore paragonabile a
quello dell’acciaio normale e doppio
rispetto alla porcellana vetrificata.
La durezza di questo materiale ad
alte prestazioni è data dall’aggiunta
di corindone (AI2O3), un minerale che
nella sua forma pura è incolore e che
dà il nome alla ceramica.
Con la nuova ceramica che è molto
più dura e vanta una maggiore resistenza alla flessione, Keramik Laufen
può costruire corpi più sottili dalla
struttura semplificata, che perciò
hanno un peso inferiore rispetto
alla ceramica tradizionale. I vantaggi
sono molteplici: riduzione delle materie prime, diminuzione dei consumi
energetici per la produzione e abbassamento delle spese di trasporto. La
SaphirKeramik non sostituisce le
formule finora impiegate da Keramik
Laufen, bensì amplia il ventaglio di
possibilità espressive del materiale.
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2013 VOLA presenta il nuovo braccio
doccia con soffione tondo. Si tratta di
un nuovo elemento per la progettazione di bagni esclusivi, nei quali viene
assegnato particolare valore all’eleganza sobria e al lusso personalizzato.
L’elemento fondamentale di design
del nuovo braccio doccia con soffione
è l’anello sottile, che gli conferisce un
effetto molto filigranato. La sua efficienza si deve alla piastra del soffione
doccia. L’acqua viene condotta attraverso 18 serie di fori che si diramano
a ventaglio dal centro sulla piastra.
Questo assicura anche un’incomparabile esperienza doccia.
La sostenibilità è stata sempre importante per VOLA. Il principio basilare
è sempre stato quello di mettere a
disposizione la quantità d’acqua ideale,
necessaria, senza tuttavia rinunciare
a nessun comfort di azionamento.
Il braccio doccia con soffione tondo
viene perciò offerto con due diverse
portate di flusso: 24 L/min e 15 L/min.
Come è consueto per VOLA, sussiste una
vasta gamma di possibilità d’impiego
per il nuovo braccio doccia con soffione. Esso è disponibile come modello a
soffitto o a parete, cromato lucido, in
acciaio legato massiccio spazzolato e
in innumerevoli colori.
«La pietra rimane pietra in eterno e
non è affatto suscettibile di un tale
predicato [la bellezza]: ma l’anima dell’artista era bella quand’egli
concepì la sua opera e bella diverrà
l’anima di ogni osservatore intelligente che la concepisce dopo di lui»
(Johann Gottlieb Fichte)
Un concetto di assoluta contemporaneità, che trova ampio consenso e
coerenza nell’architettura moderna.
L’utilizzo della pietra naturale, sia in
ambiti strutturali che di rivestimento,
è una scelta che permette di connotare di straordinaria identità un edificio.
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2° rango 2° premio – «BARN»
Aires Mateus & associados Lda; Lisbona (P)
3° rango 3° premio – «BIANCANEVE»
Franco Moro; Locarno, Francesco e Michele
Bardelli; Locarno
4° rango 4° premio – «FRAM»
Jachen Könz; Lugano
5° rango 5° premio – «BUCANEVE»
Michele Arnaboldi architetti Sagl; Locarno
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FEBBRAIO 2014
1° rango 1° premio – «CIT TADELL A»
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Studio d’architettura Lopes Brenna; Como (I)
3° rango 3° premio – «BIM BUM BAM»
Studio d’architettura Fiorini SA ; Bellinzona
4° rango 4° premio – «Alice in wonderland»
Paolo Lavizzara; Giubiasco
Baserga Mozzet ti architet ti
Prix Evariste-Mertens 2014
Concours d’aménagement d’espaces publics
Place des Augustins à Genève
Ce concours est organisé par la Ville de Genève en collaboration avec la Fédération suisse des architectes-paysagistes (FSAP) pour l’attribution du prix
Evariste-Mertens 2014. Ce prix est attribué tous les deux ans dans le but de
promouvoir la profession, d’encourager le développement professionnel des
jeunes architectes-paysagistes tout en leur donnant la possibilité d’accéder
à la commande et à la réalisation.
Objet du concours
La place des Augustins se situe au cœur du quartier vivant et animé de Plainpalais à Genève. Cet espace public d’environ 2’000 m2 est très fréquenté.
Lieu de passage et de détente, son aménagement actuel ne répond plus aux
exigences d’un espace public contemporain et nécessite une réhabilitation
très attendue par la population.
Conditions de participation
Ce concours, anonyme et sur invitation, est destiné à tous les architectes-paysagistes de moins de 35 ans qui répondent aux conditions de participation selon le règlement du prix Evariste-Mertens de la Fédération suisse
des architectes-paysagistes.Les personnes intéressées à participer doivent
s’inscrire auprès de l’organisateur. Une fois leur inscription validée, les concurrents recevront le dossier complet leur permettant de concourir.
Le programme du concours est téléchargeable sur le site
http://www.ville-geneve.ch/concours-place-augustins
à partir du vendredi 06 juin 2014.
Délai d’inscription: vendredi 05 septembre 2014
Délai de rendu: lundi 10 novembre 2014
Le lauréat du concours sera mandaté par la Ville de Genève pour l’étude et la
réalisation de son projet. La langue du concours est le français.
10
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. . . . .del
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. . trasmissione
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. . energia
. . . . . . . . totale
. . . . . . del
. . . .29%
............
...........................................................................................
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
. . . . . . . . . . . e. .un
. . .valore
. . . . . . .di
. .isolamento
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. . . . . . . . di
. . .1.0
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. . . . .K
. . come
. . . . . .duplice
. . . . . . . .vetro
. . . . . isolante
...............
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .2. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
. . . . . . . . . . . oppure
. . . . . . . . . . . .a. 0.4
. . . . . . . . .K. .in
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...............................
. . . . . . . . . . . . . . . . . . .fino
. . . . . . . . .W/m
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. . . . . . . . . . . . . . . . .vetro
. . . . . . . . . . . . . . contraddistin.......................
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C OMUNIC ATI SI A
Thomas Müller*
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Comitato più forte, con
l’ingresso di due donne
In occasione dell’ultima Assemblea, i delegati designano nuovi membri del Comitato le due donne architetto Anna Suter e
Ariane Widmer Pham e conferiscono il titolo di membri d’onore a Pius Flury e Paul Lüchinger. Sono inoltre proposti i
nuovi regolamenti per le prestazioni e gli onorari, e avviata
la revisione del codice d’onore.
«Nessun’altra società, attiva nell’ambito della pianificazione e nel settore edilizio, fa ciò che fa la Società
svizzera degli ingegneri e degli architetti. Sono molti
i quesiti e le questioni fronte ai quali la Svizzera si rivolge alla sia, e ciò non soltanto in considerazione
delle dimensioni che la Società possiede e dell’influenza che essa esercita, bensì per le competenze
che incarna e per gli ideali che rappresenta». È con
queste parole che il presidente sia Stefan Cadosch ha
aperto l’Assemblea dei delegati, tenutasi il 23 maggio
nella suggestiva sala del Consiglio cantonale di Soletta. Ciò è possibile – ha continuato Cadosch – grazie a
tutti coloro che partecipano attivamente alle sezioni,
ai gruppi professionali, alle associazioni di specialisti
e alle commissioni. «Sono loro a organizzare attivamente la Società, con sempre più vivacità e dinamismo». Nella sua allocuzione, il presidente ha descritto
anche i contenuti su cui prossimamente intende focalizzare le attività societarie. Occorre indicare alla politica e alla società come ottimizzare la situazione
energetica del parco immobiliare svizzero e come
densificare lo spazio vitale del nostro Paese, mantenendo elevati i parametri di vivibilità. La sia è inoltre
chiamata a portare avanti con una coerenza ancora
maggiore l’impegno teso a garantire un sistema di
aggiudicazione equo e corretto, sollecitando con fermezza l’ancoraggio della cultura edilizia contemporanea nel Messaggio sulla cultura promosso dal Consiglio federale. Il presidente ha altresì puntualizzato
di preferire una sia capace di fare passi avanti, con
spirito innovativo e dando il buon esempio, piuttosto
che una sia che si limita a dibattere o ad avanzare delle pretese. Al riguardo Cadosch ha insistito sulla necessità di colmare la penuria di personale specializzato. Tra le sfide più urgenti, il presidente ha menzionato
l’esigenza di un approccio più integrativo con i professionisti che hanno superato i 50 anni, esortando
anche la necessità di migliorare la situazione delle
donne attive nel ramo della pianificazione.
Non solo parole, ma fatti
Dopo aver approvato il rapporto annuale 2013 e l’utile di 55 000 franchi attestato dal conto annuale, i delegati hanno messo subito in pratica l’appello del pre-
In occasione dell’ultima Assemblea dei delegati, elet ti i nuovi
membri del Comitato: Ariane Widmer Pham di Losanna
(a sinistra di Stefan Cadosch) e Anna Suter di Berna (a destra).
Foto Reto Schlat ter
sidente; innanzitutto nominando due donne quali
nuovi membri del Comitato, ovvero Anna Suter, arch.
eth e titolare dello studio Suter+Partner di Berna, e
Ariane Widmer Pham, urbanista di Losanna. «Accogliendo tra le sue fila le due neoelette, il Comitato si
completa in modo eccellente e si consolida ottimamente sia dal punto di vista professionale che regionale», commenta evidentemente soddisfatto Stefan
Cadosch. I delegati hanno sostenuto con vigore l’esigenza della parità di trattamento, dichiarandosi unanimemente a favore del completamento dello Statuto
SIA in materia di pari opportunità.
Omaggi a Pius Flur y e Paul Lüchinger
Anna Suter succede al membro uscente Pius Flury,
omaggiato con il titolo di membro d’onore per i meriti guadagnati al servizio del Comitato e in veste di
architetto. L’Assemblea ha reso onore anche all’ingegnere civile Paul Lüchinger. Anche Lüchinger è stato
omaggiato per il prezioso e incisivo contributo apportato alla cultura edilizia svizzera, nonché per aver collaborato, nell’arco di quasi 40 anni, nell’ambito di
«Swisscodes» come pure delle «Norme sul mantenimento delle strutture portanti».
Elezioni sostitutive nella ZO e ZN
In seno alla Commissione centrale per i regolamenti
(zo), i delegati hanno eletto all’unanimità Markus
Friedli, architetto, impresario costruttore del Cantone di Turgovia e presidente della Conferenza kb’ch,
come pure Thomas Pareth, ingegnere civile e, dalla
metà del 2013, anche direttore crb. I delegati sono
stati concordi nel designare, quali nuovi membri del-
13
C OMUNIC ATI SI A
Markus Gehri*
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la Commissione centrale per le norme (zn), Fabrice
Favre, ingegnere civile di Berna e rappresentante della Conferenza di coordinamento degli organi della
costruzione e degli immobili dei committenti pubblici e Hans-Rudolf Ganz, ingegnere consulente di
Bösingen e nuovo presidente della Commissione sia
per le norme delle strutture portanti (ktn).
Anche l’idea di costituire una sezione estera ha riscontrato il favore dell’Assemblea. Si tratta di un passo importante, in ragione dell’assistenza offerta attivamente agli esperti sia all’estero dalla nuova unità di
servizio «sia-International».
Pubblicazione nuovo RP O e codice d’onore
revisionato
Nel 2011 il Consiglio d’onore sia ha chiesto la revisione e l’aggiornamento del Codice d’onore SIA 151, in vigore dal 2001, e nel dicembre del 2011 il Comitato ha
dato il via libera. Dopo due anni e mezzo di lavoro la
revisione è stata ultimata e la nuova versione è ora
disponibile. Il nuovo codice presenta una struttura
più chiara rispetto al precedente, inoltre si sono eliminati alcuni punti concettualmente poco chiari. È
stato anche possibile colmare singole lacune in ambito regolamentare, tenendo conto delle modificazioni
del Codice di diritto processuale civile svizzero (cpc).
I delegati hanno approvato unanimi il nuovo codice
d’onore sia 151 che sarà pubblicato ed entrerà in vigore da gennaio 2015. L’Assemblea ha inoltre votato a
grande maggioranza un’altra revisione significativa,
quella dei Regolamenti per le prestazioni e gli onorari degli
architetti (sia 102), degli ingegneri civili (sia 103), degli
architetti paesaggisti (sia 105), degli ingegneri impiantisti,
meccanici ed elettrotecnici (sia 108). Hanno ricevuto il
benestare dei delegati anche le norme esplicative sia
111 Modello di pianificazione e consulenza e sia 112 Modello di progettazione edile che accompagnano il pacchetto
e sono state anch’esse oggetto di revisione.
Negli ultimi quattro anni interessati dalla revisione, si
è proceduto a sviluppare ulteriormente gli ordinamenti, in particolare adattando le descrizioni delle
prestazioni all’attuale legislazione e armonizzandole
meglio tra loro.
* responsabile Comunicazione sia
Per il costruire
sostenibile
Cercasi nuovi membri per la Commissione
delle norme per la sostenibilità
e l’impatto ambientale
Il tema della sostenibilità e dell’ambiente torna alla
ribalta a livello internazionale e anche nell’ambito
della normalizzazione europea sono sempre più numerose le attività inerenti a tale soggetto. Le attenzioni sono puntate ora sul nuovo Regolamento europeo
sui Prodotti da costruzione, su cui verte la legislazione svizzera e in base al quale si esige il rispetto delle
prescrizioni in materia di ecologia. È in considerazione di tali sviluppi che la sia ha deciso di fondare una
nuova commissione delle norme, la Commissione
delle norme per la sostenibilità e l’impatto ambientale (knu). La knu funge da commissione direttiva e, in
ambito normativo, sovrintende al rispetto delle direttive sulla sostenibilità e l’impatto ambientale degli
edifici e dei prodotti da costruzione.
La commissione coordina e controlla le commissioni
delle norme e i gruppi di lavoro attribuitile. Inoltre è
direttamente subordinata alla Commissione centrale
per le norme (zn) e interviene sia in seno alla Società
(Comitato sia, zn) sia all’esterno (autorità, associazioni professionali), nel ruolo di interlocutore.
Il portafoglio della Commissione contempla tutte le
norme sia che vertono sulla sostenibilità e l’ambiente:
– costruire sostenibile nell’edilizia e nel genio civile
– pianificazione del territorio sostenibile
– dichiarazione delle caratteristiche ecologiche dei
prodotti da costruzione
– rifiuti edili/smaltimento acque di cantiere
– pericoli della natura
– commissione di accompagnamento cen/tc 350
Sostenibilità in edilizia
* responsabile sia Norme e regolamenti
Per la costituzione della KNU siamo alla ricerca di candidati
che soddisfino i seguenti requisiti:
– formazione in architettura, ingegneria o in materia
di protezione dell’ambiente, con esperienza professionale;
– esperienza nell’applicazione delle norme SIA;
– buone conoscenze di tedesco e francese;
– età compresa tra 25 e 55 anni.
La collaborazione in seno alle Commissioni SIA avviene a titolo
onorario; le spese sono indennizzate in base al regolamento SIA.
In caso di domande vogliate rivolgervi a Markus Gehri, responsabile Norme e regolamenti, Ufficio amministrativo SIA, tel. 044 283
15 55, [email protected] oppure a Silke Sedvallson, tel. 044
283 15 19, [email protected]
Gli interessati sono pregati di inviare un breve curriculum vitae,
accompagnato da una lettera di presentazione, a: Ufficio amministrativo SIA, Silke Sedvallson, Selnaustrasse 16, casella postale, 8027 Zurigo oppure per e-mail a: [email protected]
14
C OMUNIC ATI SI A
Myriam Barsuglia*
[email protected]
Forum della
cultura edilizia
Nella suggestiva cornice di Palazzo Trevisan degli Ulivi, a
Venezia, fino a novembre sarà possibile visitare il «Salon
Suisse», l’installazione complementare al Padiglione svizzero
della Biennale di Architettura, un palcoscenico per discutere
di cultura edilizia, in un’ottica nazionale e globale.
Il Salone, organizzato dalla fondazione Pro Helvetia
e battezzato «The next 100 years – Scenarios for an
Alpine City State», nasce dallo spirito creativo dei due
architetti di Zurigo, Hiromi Hosoya e Markus Schaefer, come piattaforma per discutere pubblicamente
di cultura edilizia svizzera. Come ci immaginiamo i
prossimi cento anni, come sarà vivere in un mondo
sempre più urbanizzato e in rapida trasformazione?
Come evolverà la Svizzera? Queste le domande cruciali dell’evento. Per questo discorso il timing è stato
calcolato alla perfezione. Infatti, proprio la settimana
prima, il Consiglio federale ha presentato la bozza
del messaggio sulla cultura 2016-2019, in cui per la
prima volta si dà alla cultura edilizia l’importanza
che merita.
Oltre 200 i presenti all’apertura, tra questi anche alcuni ospiti d’onore come il consigliere federale Alain
Berset e l’ambasciatore svizzero a Roma. Malgrado la
cornice ufficiale, a Palazzo si respira un’aria già quasi
familiare. Venezia diventa luogo di incontro e di ritrovo.
Comprensione dinamica della cultura edilizia
Anche la Società svizzera degli ingegneri e degli architetti sostiene l’evento a livello finanziario e contenutistico. Vi è infatti un obiettivo fondamentale che
accomuna la sia al Salon Suisse, ovvero promuovere
la consapevolezza per la cultura edilizia contemporanea, e ciò non soltanto tra gli specialisti del ramo, ma
anche, e in particolare, in seno alla società e a livello
politico. Nel suo discorso, il presidente sia Stefan Cadosch si è espresso chiaramente a favore di una comprensione globale e dinamica della cultura edilizia:
per soddisfare la crescente esigenza di città concepite
con intelligenza, all’insegna degli spazi verdi e di una
vita piacevole, città uniche, particolari e dotate di forte identità, è indispensabile un approccio olistico. In
considerazione dei compiti sempre più complessi e
del mutare delle condizioni quadro, accanto a ottime
competenze tecniche si richiedono altresì competenze interdisciplinari per le quali è necessaria una formazione mirata. Nel corso della «sessione inaugurale» i relatori, tra cui critici e pubblicisti, ricercatori e
architetti di spicco, hanno espresso il proprio punto
di vista sulla cultura edilizia svizzera. Anche gli inter-
Location «Salon Suisse 2014»: Palazzo Trevisan
degli Ulivi, Venezia. Foto Pro Helvetia
venti dei presenti sono stati molteplici e variegati:
dalle richieste di portare avanti una disposizione
più audace dei pieni e dei vuoti, insistendo su spazi
d’insediamento più strutturati, al preferire la funzionalità all’estravaganza, fino all’invito a focalizzarsi su
un rafforzamento dell’intesa tra città e campagna.
Anche se le singole asserzioni possono difficilmente
essere riassunte in un’unica formulazione, in tutte le
prese di posizione è riconoscibile il pensiero dominante della Biennale di quest’anno, vale a dire quello
di ritrovare i concetti fondamentali, i «fundamentals», di tornare insomma alle nostre radici e all’essenzialità.
I diversi interventi sono documentati dai curatori e
rielaborati in vista dei tre saloni successivi che verteranno, per esempio, sul paesaggio del Gottardo e le
conseguenze della costruzione della galleria (dal 7
settembre) o si terranno all’insegna del motto: «Build
– The Reality of Cities», tema attuale di politica urbana (9-11 ottobre). Per evitare un accavallamento con
la Summer Academy nel padiglione svizzero, i saloni
tematici avranno luogo tra settembre e inizio novembre. La Final Assembly si terrà nel fine settimana
conclusiva, dal 20 al 22 novembre. Non perdetevi
un viaggio a Venezia, ne vale la pena, fino ad autunno inoltrato.
* responsabile sia-International
15
C OMUNIC ATI SI A
Markus Gehri*
[email protected]
Ultime notizie dalla
Commissione per le norme
In via del tutto eccezionale, in occasione della sua ultima
seduta, la Commissione centrale per le norme (ZN) non ha
approvato la pubblicazione di alcuna norma. Per contro
essa ha avviato due progetti di revisione e cominciato la stesura di un nuovo quaderno tecnico. La ZN ha inoltre approvato due proposte di revisione.
In occasione della seduta tenutasi il 4 giugno 2014, la
Commissione centrale per le norme (zn) ha rifiutato
la norma sia 266 Costruzioni di muratura e sia 266/1
Costruzioni di muratura – Disposizioni complementari, e ha incaricato la Commissione settoriale per le
norme delle strutture portanti di chiarire le differenze rilevate in materia di verifica della sicurezza sismica, utilizzando la procedura di deformazione.
Indiscusse invece le revisioni della norma sia 195
Spingitubo e l’elaborazione e il contemporaneo adattamento del quaderno tecnico sia 2023 Ventilazione
negli edifici abitativi, con il successivo lancio di vari
progetti. È proseguito anche l’allestimento del nuovo
quaderno tecnico sia 2054 sulle polveri di quarzo nei
lavori in sotterraneo; il progetto infatti ha preso ufficialmente il via. Sono state accettate le proposte per
un nuovo quaderno tecnico sui muri a secco e sulla
revisione del quaderno tecnico sia 2044 Edifici climatizzati – procedura di calcolo. Andranno ora messi
a punto i relativi progetti. Le approvazioni sono giunte dopo un lungo periodo di attesa, durato più anni:
in futuro i progetti normativi dovranno essere valutati a grandi linee, tenendo conto della loro ripercussione sulla sostenibilità, da un lato al momento dell’approvazione del progetto e dall’altro al momento della
pubblicazione, vale a dire tenendo conto di tre criteri
legati agli aspetti ambientale, economico e sociale.
La norma sia 215 Leganti minerali, risalente al 1978,
è stata eliminata dal catalogo, dato che ora anche per
il gesso vige una corrispondente norma europea (sn
en 13279). Si è tolto dalla lista il progetto normativo
sulla raccolta del legno, dato che le associazioni interessate non sono riuscite a trovare un accordo sui
contenuti. In vista dell’organizzazione del processo di
normalizzazione si sono discusse le mansioni della futura Commissione delle norme per la sostenibilità e
l’impatto ambientale (knu), i cui membri saranno
designati in occasione della prossima seduta. Trovate
il relativo appello a pagina 14.
Durante la seduta comune con la Commissione centrale per i regolamenti (zo), prevista per inizio settembre,
andranno discussi nuovamente il concetto di «validità
temporale» delle norme e i temi «perfezionamento
professionale» e «requisiti di utilizzazione».
* responsabile sia Norme e regolamenti
Nuove norme in italiano
At tualmente si è intensificato il lavoro di traduzione delle norme SI A
in lingua italiana. Per quanto concerne l’ambito relativo all’involucro dell’edificio, le Commissioni responsabili hanno di recente sottoposto a revisione le due norme seguenti:
– Norma SI A 343:2014 Por te e por toni
– Norma SI A 180:2014 Isolamento termico, protezione contro
l’ umiditá e clima interno degli edifici.
En t r a mb e s o n o in v ig o r e d al 1° lu g l i o 2014 . P e r il m o m e n t o n o n è
prevista la traduzione in italiano della norma SI A 343:2014 (Por te e
p o r t o n i ), m e n t r e è i n v e c e i n c o r s o l a t r a d u z i o n e d e l l a n o r m a S I A
180:2014, intitolata Isolamento termico, protezione contro l’umidità
e clima interno degli edifici.
Anche altre traduzioni sono at tualmente in fase di elaborazione. Il
ser vizio è af fidato alla C TI - Commissione SI A per la traduzione in lingua italiana. In vir tù dell’incarico af fidatole dal Comitato centrale
SI A nel gennaio 2013, tra le mansioni della C TI vi sono: il coordinamento della traduzione, la selezione e la valutazione dei tradut tori,
la preparazione e il controllo della qualità dei testi tradot ti. La C TI è
presieduta da Milena Giannini Piccardo.
Rip or tiamo qui di seguito un elenc o di tut te le norme pubblic ate
quest’anno in italiano, con la data della 1a pubblicazione o revisione (sinistra) e della pubblicazione in lingua italiana (destra). FJ
SIA N.
Anno
Titolo
118/242
2012
Condizioni generali relative alle opere
da gessatore - Intonaci e costruzione
a secco - Disposizioni contrattuali
specifiche alla norma SIA 242
Edizione Italiana
26.05.2014
118/251
2008
Condizioni generali relative ai massetti
flottanti all’interno di edifici Disposizioni contrattuali
alla norma SIA 251:2008
13.02.2014
118/370
2007
Condizioni generali relative ad ascensori,
scale mobili e tappeti mobili
24.01.2014
143
2009
Regolamento dei mandati di studio
paralleli d’architettura e d’ingegneria
08.01.2014
144
2013
Regolamento dei concorsi per prestazioni
d’ingegneria e d’architettura
08.01.2014
242
2012
Opere da gessatore Intonaci e costruzione a secco
26.05.2014
251
2008
Massetti flottanti all’interno di edifici
13.02.2014
279
2011
Materiali da costruzione termicamente
isolanti - Requisiti generali e valori termici
caratteristici di materiali isolanti termici,
prodotti di muratura e altri materiali
termicamente rilevanti
13.02.2014
384/3
2013
Impianti di riscaldamento negli edifici Fabbisogno di energia
07.03.2014
491
2013
Prevenzione delle emissioni di luce
esterne inutili
06.01.2014
2025
2012
Terminologia per la fisica della
costruzione, l’energia e l’impiantistica
degli edifici
06.01.2014
2026
2006
Utilizzo efficiente dell’acqua
potabile negli edifici
06.01.2014
D 0236
2011
La via SIA verso l’efficienza energetica Complementi ed esempi al quaderno
tecnico SIA 2040
04.01.2014
16
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NOTIZIE TI
Judit Solt
Biennale di Architettura
2014: Fundamentals
Il 7 giugno 2014 ha aperto i battenti la quattordicesima Biennale di Architettura di Venezia. Rem Koolhaas ha curato l’esposizione principale dal titolo «Fundamentals» suggerendo
anche un soggetto comune ai diversi paesi partecipanti: Absorbing Modernity 1914-2014. Il risultato merita di essere visto.
Rem Koolhaas, archistar internazionale e vincitore,
nel 2000, del premio Pritzker, è uno dei più radicali
teorici dell’architettura contemporanea. Ha influenzato un’intera generazione di architetti oggi attivi in
tutto il mondo: tracce evidenti del suo pensiero si trovano, ad esempio, in big, mvrdv o Herzog & de
Meuron. Più ancora dei suoi edifici, sono i suoi libri e
le esposizioni da lui curate che da tre decenni influenzano il discorso architettonico sia dal punto di
vista dei contenuti che da quello stilistico.
Anche alla Biennale di Venezia è stato più volte presente con diverse esposizioni, e quattro anni fa ha ottenuto il Leone d’oro alla carriera. Non è stata dunque
una sorpresa la sua nomina a curatore dell’edizione
della Biennale di quest’anno. Ci si aspettava anche
che la mostra non avrebbe rispettato lo schema abituale – una carrellata tra le più diverse star dell’architettura, raggruppate per l’occasione sotto un unico
tema. In generale le aspettative erano molto alte e
Koolhaas le ha in gran parte soddisfatte, anche se la
rivoluzione, in cui qualcuno tacitamente sperava,
non c’è stata.
Arsenale: Italia a pezzi
L’esposizione «Monditalia» all’arsenale è organizzata
come un pellegrinaggio attraverso l’Italia. «L’edificio
è lungo e anche l’Italia è lunga», ha dichiarato seccamente Koolhaas all’inaugurazione. Inoltre la posizione dell’Italia risulta emblematica per la maggior parte degli altri paesi del nostro mondo: in bilico tra il
caos e la possibilità, fin qui disattesa, di sfruttare completamente il suo potenziale. La dichiarazione di Koolhaas non promette nulla di concreto, ma il confronto
tra l’architetto olandese e l’Italia è senz’altro un evento da vedere.
Si entra alla mostra, ovvero nello stivale, da sud e si
approda dapprima sull’isola di Lampedusa, insieme
agli innumerevoli profughi arrivati con le barche
dall’Africa e la cui miseria ci accoglie subito con impressionanti sequenze cinematografiche. È qui che
cominciano le due linee parallele della mostra che
sulla strada da sud verso nord continuamente s’intersecano sul piano tematico e spaziale: su un lato abbiamo i diversi capitoli della storia dell’architettura e
della cultura italiana, sull’altro spezzoni di film italiani girati nei luoghi suddetti. Così, ad esempio, al The
Architecture of Hedonism – Three Villas on the Island of Capri (a cura di Martino Stierli) corrispondono spezzoni
di film come Le mépris di Jean-Luc Godard che si svolge nella Villa Malaparte, opera di Adalberto Libera.
La scelta delle diverse stazioni di questo viaggio sembra a volte un po’ forzata, guidata com’è non solo
dall’urgenza dei temi ma anche dalla rete di relazioni
del curatore. Ma questo accade quasi sempre alla
Biennale perché le dimensioni dell’evento non sarebbero altrimenti controllabili da una sola persona. In
ogni caso, Koolhaas e i suoi ospiti sono riusciti a raccogliere un insieme densissimo di contributi interessanti che nonostante la molteplicità delle voci danno
comunque l’impressione di un tutto. Particolarmente
positivo risulta il fatto che i singoli capitoli mettano
continuamente l’architettura in relazione con gli
aspetti sociali, economici e politici, senza per questo
scivolare nel generico.
Inoltre le singole stazioni sono arricchite, sul piano
teorico, da una serie di componenti ulteriori: per la
prima volta anche gli altri settori della Biennale veneziana – danza, musica, teatro e cinema – sono coinvolti nella manifestazione. Si vedrà più avanti se questo
comporta un reale vantaggio di conoscenza o non
soltanto un eccesso di stimoli per lo spettatore.
Ex padiglione italiano: edifici a pezzi
Nel secondo grande frammento della Biennale, l’esposizione all’ex padiglione italiano dei Giardini, c’è
lo stesso rigore teso che troviamo alla mostra dell’Arsenale. «Elements of Architecture» è il risultato di
uno studio di due anni presso la Harvard Graduate
School of Architecture che coinvolge altri partner
nell’ambito della ricerca e dell’industria.
Come già in «Monditalia» anche qui tutto si svolge per
capitoli chiari e ben definiti che questa volta riguardano le diverse parti dell’edificio come il pavimento, le
pareti, il soffitto, le porte, le finestre, la facciata, il balcone, il corridoio, i camini, i bagni, le scale, le scale
mobili, gli ascensori, le rampe. Qui però mancano
in molti punti la profondità dei contenuti e lo sguardo
fantasioso che all’Arsenale sono quasi sempre presenti e che Koolhaas stesso ha dimostrato in modo fulminante di possedere fin dal suo libro Delirious New York
(1978).
Così ci sono in esposizione oggetti meravigliosi come
vecchie finestre russe in corteccia di betulla, oppure
un corridoio che con la sua luce tremula e la moquette pesante ha lo scopo di provocare un senso di claustrofobia. Qui però manca, nella maggior parte delle
tappe del percorso, la coerenza teorica così come
manca nella pur divertente ma generica scelta delle
scene di film che rispondono alle singole componenti
architettoniche.
19
NOTIZIE TI
Partecipazioni nazionali: il Moderno a pezzi
d’occhio e anche nel corso dell’esposizione non viene
sufficientemente chiarita.
E poi come a ogni edizione ci sono le sorprese. Una
volta di più tra queste c’è il padiglione giapponese
con una collezione di trouvailles che illustrano la modernizzazione del paese dopo la seconda guerra
mondiale. L’Inghlterra getta uno sguardo ironico
sulla sua eredità architettonica, ma al più tardi quando si arriva ai luoghi (reali) in cui è stato girato
«Clockwork Orange» la risata rimane sospesa in gola.
La Russia presenta un’amara parodia della fiera della
costruzione: accolto da hostess carine in uniforme
rosa, il visitatore può rifornirsi agli stand delle venti
idee più importanti del pensiero architettonico russo
negli ultimi 100 anni oppure giocarsi alla roulette
qualche milione di investimento. Una piccola distrazione per tutti coloro che devono un po’ riprendersi
dall’incredibile quantità di mostre illuminanti, interessanti e impressionanti che la Biennale offre ai suoi
visitatori…
Altre informazioni
La 14. Mostra Internazionale di Architet tura durerà fino
al 23 novembre 2014.Orari di aper tura: 10.00 - 18.00
Sede Arsenale
venerdì e sabato fino al 27 set tembre 10.00 – 20.00
Chiuso il lunedì
Pubblicazione
Il catalogo della Biennale di Venezia 14.
Mostra Internazionale di Architet tura
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Ulteriori informazioni sul programma
www.labiennale.org /it /architet tura /
Ulteriori informazioni sul Salon Suisse: www.biennials.ch
Approfondimenti
www.espazium.ch
RILOC, Tenero
Molti paesi hanno accolto con entusiasmo la proposta
di Koolhaas sul tema «Absorbing Modernity 1914-2014»
e hanno colto l’opportunità per gettare uno sguardo
retrospettivo sugli ultimi cent’anni di storia dell’architettura. Qualcuno ha vuotato gli archivi portando alla
luce ricchezze sconvolgenti sotto forma di splendidi
progetti architettonici: questo vale naturalmente per
l’Italia e per il Brasile ma anche per la repubblica Dominicana, per la Turchia, il Bahrain o l’Iran.
In alcuni padiglioni la mostra assume inconfutabilmente una coloritura politica, come ad esempio nel
padiglione serbo dove la scelta dei progetti testimonia un inquietante panslavismo; oppure anche nei
padiglioni della Cina, della Corea (Leone d’Oro 2014
per il miglior padiglione nazionale) e Hong Kong,
che cercano evidentemente di farsi concorrenza l’un
l’altro con una marea di progetti su grande scala. Appare piuttosto priva di fantasia invece l’esposizione
nel padiglione spagnolo, mentre l’Ungheria si concentra sugli edifici antecedenti al Moderno e l’Austria con la sua carrellata di edifici governativi risulta
quantomeno piuttosto disorientante.
Fanno da contrappunto a queste esposizioni che hanno una pretesa di completezza i contributi che si occupano in modo differenziato di singoli aspetti della
storia dell’architettura più recente. Per la qualità dei
contenuti e il carattere poetico dell’allestimento, va
segnalato ad esempio il padiglione scandinavo dove il
tema è la relazione tra il nord e i paesi dell’Africa occidentale come la Tanzania; oppure il padiglione israeliano in cui dei plotter disegnano sulla sabbia degli
insediamenti, per poi cancellarli subito dopo e ridisegnarli di nuovo; o il padiglione belga dove il superamento del Moderno tramite gli interventi successivi
viene mostrato in base a elementi dell’arredo interno.
Il padiglione canadese mostra lo sviluppo delle regioni Inuit nel nord del paese. Anche nel padiglione svizzero (a cura di Hans-Ulrich Obrist) al centro abbiamo la rif lessione sul Moderno rappresentato da
Lucius Burkhardt e Cedric Price; la relazione fra queste due figure, tuttavia, non è evidente al primo colpo
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con un totale di 1762 ante e 400 vetrate fisse, corrispondenti a una superficie
complessiva di 5385 m2 (misurata
dal telaio esterno) in una costruzione da
135 milioni: per il prestigioso edificio
realizzato nel cuore di Thun, il complesso
«rexmax», la scelta delle finestre è caduta
sul modello VEKA SOFTLINE 82 MD, le
cui caratteristiche soddisfano anche i
requisiti estremamente rigorosi in materia
di isolamento acustico.
La posizione esposta richiede un elevato isolamento acustico.
dall’architetto Barbara Holzer: «Quattro strutture
edili a gomito, simili a traverse, e un edificio verticale sono disposti sulla base di un seminterrato
e creano originali ambienti urbani. La molteplicità delle varianti d’uso ha fatto nascere un nuovo
angolo di città all’interno della città stessa.»
Una grande opera, grandi nomi e un progetto
ambizioso: ecco come si potrebbe descrivere il
complesso «rexmax», commissionato da Credit
Suisse Real Estate Assessment, progettato da
Holzer Kobler Architekturen, Zurigo Berlino, e realizzato da Losinger Marazzi AG, Köniz. L’ex-area
industriale e commerciale di 12 000 m2 della
Emmi, situata nelle immediate vicinanze del centro storico e del fiume Aare, viene descritta così
Dopo un accurato processo di audit da parte della direzione lavori, B+B Fensterbau AG di Steffisburg è stata incaricata della produzione, della
fornitura e del montaggio delle finestre. Per questa opera è stato utilizzato il sistema VEKA SOFTLINE 82 MD bianco, con triplo vetro isolante dal
valore U pari a 0,6 W/m2K. «Questo sistema è efficace, consente di realizzare finestre di grandi
dimensioni, contiene lo spessore degli elementi
dei vetri fonoisolanti e risponde ai requisiti in
materia di valore U.», dichiara Bruno Barthlomé,
titolare di B+B Fensterbau AG. E continua: «In
base alla finalità d’uso (uffici/abitazioni) o alla
posizione (strada, linea ferroviaria, piani alti)
sono stati richiesti valori differenziati. Ad esempio, le finestre con i valori di isolamento acustico
più elevati, pari a Rw 41 dB o 42 dB, sono state
montate lungo la strada e lungo la linea ferroviaria. Inoltre, per il settore bancario sono state
utilizzate finestre di classe di resistenza RC 2.»
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NOTIZIE TI
Giulio Barazzetta*
Motion, émotions
di Jacques Gubler
Il volume degli scritti di Jacques Gubler Motion, émotions, tradotti in italiano è comparso in libreria come
numero 7 della collana «Il pensiero dell’architettura»
delle edizioni Christian Marinotti. Come lettori e studiosi sanno, questa collana, curata da Simona Pierini,
si compone di alcuni testi importanti dello scenario
dell’architettura contemporanea. Non elencandoli
per brevità tutti qui, basta ricordare il penultimo
uscito nel 2012 per considerane lo standard: L’Altra
Modernità, considerazioni sul futuro del’architettura raccolta di recenti contributi e di un’intervista di Rafael
Moneo, inediti in italiano. Va anche osservato che,
sebbene questa collana si situi nel campo d’interesse
di Marinotti, focalizzato sulle arti visive, di questi
tempi è valoroso fiancheggiare collane ben più vaste
come «Carte d’artisti» di Abscondita editore, evidentemente facendo riferimento alla necessaria tenuta
della «piccola» editoria scomparsa come quella del
Pesce d’Oro di Scheiwiller, piuttosto che rimandando
alla editrice parigina «Les editions du Linteau» che
persegue la pubblicazione di testi di architetti e ingegneri francesi ed europei. Non è forse questa la via
per l’internazionalizzazione della cultura nella globalizzazione?
Il libro ha un titolo intraducibile, poiché la coppia
problematica dei due termini è formata dalla semplice anteposizione e posposizione di una lettera alla
stessa sequenza alfabetica del primo termine nel secondo, mettendo in connessione il movimento con le
sensazioni. Il testo, presentato da Mario Botta e posfatto dal traduttore/curatore Carlo Gandolfi, è composto da sette saggi e da un abbecedario. Di questi
solo quello su Le Corbusier dedicato al Partenone,
non appariva nell’edizione originale in francese Infolio, Gollion, 2003. La selezione di Gubler e Gandolfi é così orientata definitivamente verso la percezione
dell’architettura come lettura preferenziale ed elemento sostanziale del suo giudizio.
La visione e i movimenti del corpo, che Gandolfi relaziona nella postfazione alla necessità della coordinata
del tempo applicata alle tre dimensioni dello spazio
della vita quotidiana, hanno isolato dal testo precedente i saggi sulla camminata e l’architettura del
suolo, la letteratura di stazione e la ferrovia, la scoperta architettonica del paesaggio aereo passando dalla
vista obliqua in movimento a quella a volo d’uccello, e
alla riflessione sulla percezione sensoriale. Da questa
messa a fuoco non sono esclusi lo scritto su Le
Corbusier citato e quello su Appia: «piedi nudi che
salgono una scala». Altri due sono dedicati a peculiari case di architetti: «la Vedette» di Viollet le Duc a
Losanna, abbattuta, e quella di Livio Vacchini a Costa in Canton Ticino. Direi che i testi scelti di Motion,
émotions, con l’aggiunta del Partenone di LC, si collegano qui in forma di chiosa del libro medesimo, oppure in forma di conclusione retorica alla illustrazione dei suoi argomenti, piuttosto che di aggiunta o
precisazione dei termini.
Così come le case, la casa di Livio Vacchini in particolare, costituiscono la dialettica e l’aporia dello stare
con il muoversi. Per concludere il se promener dans le
plan dei maestri francesi praticato in questo modo significa più chiaramente esplorare con l’andare del
corpo la quota zero, compresa teoricamente fra -1,50
o +1,50 dal suolo. Attribuire alla sensazione dei piedi
che avanzano tastando il terreno, il potere di trasporto sicuro dell’occhio nello spazio da attraversare, nella naturale posizione del suo asse orientato in avanti
inclinato verso il basso. In questo modo si situano
punti di stazione a terra nel sito, si fissano prospettive
animate dallo spostamento fisico in sequenze di quadri, lo staccarsi da terra delle vedute in movimento
trasformate nel vol-d’oiseau.
A dimostrazione del metodo e delle scoperte possibili, alle sorprese riservatici dall’impulso incontenibile
al muoversi degli esploratori dell’ordinario, riporto la
pagina di Gubler dedicata a una immagine e al testo
che la commenta. Si tratta di uno dei «tombini» in
ghisa incontrati nella sua visita a Chandigarh, la capitale del Punjab pianificata dal governo indiano nel
1950 e disegnata da Le Corbusier ma costruita nel
seguente decennio con l’atttenta cura di suo cugino
Pierre Jeannert con E.M. Fry e J. Drew con P.L. Varma. I tombini, bouche d’egout in francese per intenderci, riportano la pianta della città inscritta nella forma
circolare tipica della chiusura/apparizione in superficie delle fognature. Ora ciò che appare impresso nella ghisa di fusione è la maglia a scacchiera del Piano orientata verticalmente che, come possiamo
indovinare segna non solo il bordo degli isolati e il
reticolo delle strade, ma la traccia delle reti impiantistiche nel sottosuolo. La scacchiera, interrotta dalla
irregolarità in basso a sinistra del suo centro dell’orifizio per la chiave di sollevamento, è orlata nella parte
alta dai segni delle curve di livello o dei fiumi che
circondano la piana a destra e a sinistra. Fra questi in
carattere bastone minuscolo in lettere isolate la parola «chandi» a sinistra e separata a destra la parola
«garh». Sarebbe a dire la città «garh» della dea «chandi» a cui è dedicato il luogo. L’ambiguita propria di
quest’immagine e della sua configurazione a questo
punto lascia trasparire nel circolo un volto circondato dai capelli ondulati, con il tratto del viso al centro
dell’astratta scacchiera. Il simbolo delle città compare
nell’immagine e con il potere della parola s’identifica il volto della dea rappresentato nei tratti della mappa. Considero per finire il rilevante spessore della
leggerezza di Jacques Gubler, di cui abbiamo usufrui-
22
NOTIZIE TI
conoscitivo a Henry D. Thoureau. È questa una
ennesima provocatoria contaminazione trans-atlantica di cui ringrazio l’autore.
* architetto, ricercatore al Dipartimento di Architettura,
Ingegneria delle Costruzioni e Ambiente Costruito
del polimi
Jacques Gubler
Motion, émotions. Architettura,
movimento e percezione
a cura di Carlo Gandolfi
traduzione Carlo Gandolfi,
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Milano 2014
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to tutti dal potere evocativo degli accostamenti di testo/immagine delle sue «cartoline alla signora Tosoni» di Casabella alle passeggiate fatte insieme agli
studenti. Quanto di questo suo straordinario atteggiamento critico, riflesso nell’atteggiamento di ascolto di cui è portatore nella sua flanerie costante, è incline alla contaminazione e alla invenzione a portata di
mano che lo connota, quanto ci fa scoprire continuamente, nell’esperienza di ciò che ci circonda, la fantasmagoria dello straordinario. Quanto questo vagare
nei luoghi frugandone sensi e rimandi, osservando
collocazioni e raccogliendo sensazioni, sia certo un
atteggiamento volontario del progetto, ma porti a riconsidarare la libertà di associazioni e memorie involontarie rivelate dal corpo nel suo essere nel mondo.
Il Rousseau delle passeggiate, filologicamente rivendicato da Gubler, e il flaneur di Benjamin, giustamente evocato da Gandolfi nella postfazione, stanno in
questo paesaggio mi pare assieme ai cari Proust
e Ruskin, memori involontari delle sensazioni delle proprie autobiografie evocate dai resti che incontrano. In conclusione forse più precisamente mi azzardo a rinviare il lettore per Jacques Gubler a Marcel
Duchamp e a Dada, in cui motto di spirito e objet
trouvé funzionano l’uno addosso all’altro inseparabili, ma anche per il suo libero e ostinato camminare
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NOTIZIE TI
Giuliano Anastasi
Niente legge per
ingegneri e architetti
Riceviamo e volentieri pubblichiamo il testo di Giuliano Anastasi, membro del Consiglio editoriale di Archi, ex presidente
di SIA Ticino e attualmente presidente del REG.
Lo scorso 20 novembre il Comitato sia emanava un
comunicato, probabilmente passato inosservato ai
più, in cui si annunciava senza mezzi termini e senza
consultare la base, la decisione di voler rinunciare a
qualsiasi ordinamento nazionale nell’esercizio delle
professioni di ingegnere e di architetto. Una decisione deleteria da parte dell’organo centrale di un’associazione che ostenta leadership nella branca della costruzione in Svizzera. Le sue ragioni, riassunte in coda
al comunicato, sono sconcertanti laddove si proclama
che «secondo la sia, affrontare questi problemi con
una legge sugli architetti non è una soluzione adeguata: […] Soprattutto, però, la qualità delle prestazioni
erogate deve rimanere nell’ambito di responsabilità
dei professionisti e della sia, l’associazione professionale di riferimento per gli ingegneri e gli architetti
svizzeri, senza che tale incombenza sia delegata a una
legge». Si tratta di ingenuità o dell’intenzione di fagocitare tutte le associazioni professionali del settore per
poi imporre la «propria» legge? Propendo per la prima ipotesi. Il tema a ogni modo è di quelli che dovrebbero scottare, soprattutto in Ticino, dove l’esercizio della professione di ingegnere e di architetto è
regolamentato da una legge, la legge otia (lepia),
praticamente dichiarata un inutile fardello dalla decisione del Comitato sia. Silenzio assoluto, invece. L’assenza di dibattito tra i professionisti sia, coinvolti loro
malgrado in questa decisione, appare ancor più paradossale se si pensa che a livello nazionale una regolamentazione è difficile da ottenere perché il Consiglio
federale si ostina a negare un interesse pubblico alle
professioni di ingegnere e di architetto. La sia con
questa decisione sembra dunque voler avvallare l’iniqua tesi del Consiglio federale e c’è da chiedersi se i
suoi membri se ne siano resi conto.
In qualità di presidente della Fondazione dei Registri
Svizzeri dei professionisti nei rami dell’ingegneria,
dell’architettura e dell’ambiente (reg), non posso restare indifferente di fronte a questa decisione, a maggior ragione considerando che sono uno dei rappresentanti della sia in seno al Consiglio di Fondazione
del reg. Ma qual è l’origine di questa situazione a dir
poco schizofrenica? Direi che alla base stanno, da un
lato, la mancanza cronica di solidarietà e di spirito di
corpo tra noi professionisti, e dall’altra il processo di deregolamentazione dell’ultimo decennio, strenuamente
sostenuto dall’allora consigliere federale Joseph Deiss.
Il danno arrecato dal suo operato a noi professionisti
è enorme in termini di dignità professionale. Quelle
che una volta erano ritenute professioni liberali, per
compiacere l’economia, sono state ridotte dalle politiche promosse dal dipartimento di Deiss al rango di
semplice manovalanza o, come ha azzardato qualcuno tempo fa, «proletarizzate». Deiss ha attuato una
revisione della Legge sul mercato interno (lmi) che
nel segno della libertà di commercio permette praticamente a chiunque di offrire servizi nel ramo architettonico e ingegneristico in tutta la Svizzera, in
barba alle qualifiche professionali e al federalismo,
visto che alcuni Cantoni impongono un minimo di
regolamentazione e fra questi il Ticino – unico in Svizzera – che dispone di una vera e propria legge. Il modello al quale si era allora ispirato Deiss era quello della direttiva europea denominata Bolkenstein, che
perorava il cosiddetto «principio del paese d’origine»
per la libera circolazione delle persone. Tale principio permetteva addirittura a chi era privo di qualifiche professionali di offrire servizi in un altro paese,
indipendentemente dalla regolamentazione di quel
paese, purché nel paese d’origine la professione non
fosse regolamentata. Deiss si illudeva che così facendo la Svizzera avrebbe potuto esportare servizi professionali in Europa senza dover legiferare in materia.
Dopo aspri dibattiti in Europa la direttiva Bolkenstein
è stata sonoramente bocciata sul principio del paese
d’origine ed è stato invece adottato quello più sensato
secondo cui, chi vuole prestare servizi in un altro
paese deve rispettare le regole di quel paese. Ciò è
avvenuto nel 2006, ma Deiss, che ben prima certamente sapeva cosa bolliva in Europa al riguardo, è
rimasto con le mani in mano fino alla fine della
sua presenza in Consiglio Federale, forse ormai più
preoccupato di ambire allo scranno presidenziale
presso l’assemblea generale onu. Ma quel che è peggio è che una pletora di politici e con loro l’amministrazione federale sembrano ancora credere che
il principio del paese d’origine sia tuttora valido in
Europa e non vuole sentir parlare di regolamentazione delle nostre professioni in Svizzera, convinta
che basti un qualsiasi diploma svizzero per proporsi
sul mercato internazionale. Beata ingenuità! Niente di più errato, e chi opera all’estero sa quanto la
regolamentazione della professione sia importante
per l’accesso al mercato internazionale. I professionisti svizzeri, non avendo un ordinamento ufficialmente riconosciuto, sono ampiamente discriminati
all’estero e questo lo sanno tutti, tranne la politica,
che non ha mosso un dito per evitare la grama situazione odierna. Che la sia rinunci a perorare la
causa di una regolamentazione legislativa delle nostre professioni appare quindi del tutto inspiegabile. Il reg sta invece lavorando in questa direzione,
ma le resistenze non sono poche, con una buona
27
NOTIZIE TI
parte degli oppositori che accampano la facile scusa del corporativismo. E pensare che l’Europa è
uscita dal Medio Evo proprio grazie alle corporazioni…
Mi spingo oltre: la mancanza di un ordinamento nelle nostre professioni le ha rese poco attrattive, soprattutto quella di ingegnere, che è spesso legata a grandi
responsabilità, ormai non più compensata dal suo
prestigio o da condizioni favorevoli al suo esercizio.
Questo spiega in buona parte perché vi è penuria di
ingegneri sul mercato svizzero e perché questo ammanco viene coperto dall’immigrazione. Per non
parlare poi dei titoli di studio e degli istituti che li
conferiscono, come i Politecnici e le scuole universitarie professionali: mi si dica che valore possono ancora
avere questi titoli, se essi sono soggetti alla concorrenza non solo dei professionisti esteri, ma anche da praticoni e impostori che possono operare indisturbati
sul nostro mercato, appunto perché manca qualsiasi
regolamentazione. Provocatoriamente si potrebbe
chiedere ai politici perché non abolire certe facoltà ai
Politecnici e lasciare che la formazione in queste branche e a questo livello venga fatta esclusivamente all’estero: con la libera circolazione, che molti di questi
politici sostengono a spada tratta, si potrà sempre co-
prire le esigenze del nostro mercato e in fin dei conti
che importa loro la qualità? Fortunatamente questa è
sempre ancora sostenuta da una tradizione, tipicamente svizzera, che fa capo al grande senso di responsabilità dei veri professionisti verso l’ambiente costruito. Ma quanto durerà ancora questa tradizione,
soprattutto fra gli architetti, visto che sul mercato
deregolamentato delle nostre professioni in Svizzera
può operare appunto chicchessia?
Una regolamentazione delle professioni in Svizzera
non sarà certo tutto, ma un minimo di rigore, di rispetto delle regole e soprattutto dell’etica professionale non può che fare del bene alla società, ridare
trasparenza a un mercato inselvatichito, restituire
dignità alle professioni e incrementare l’interesse per
le stesse da parte delle giovani leve, nonché porre
quelle premesse per una libera circolazione delle persone gestita dalla Svizzera ad armi pari nei confronti
dei paesi esteri. Il reg si impegna in tutto questo, perché la sia non fa altrettanto? Il dibattito è aperto.
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Quattro secoli di finestre
alla Biennale di Venezia 2014
Una delle attrazioni principali della Biennale di Architettura di Venezia 2014, in scena fino al 23 novembre, è la mostra Elements of Architecture allestita nel padiglione centrale ai Giardini, a cura di Rem Koolhaas
(direttore dell’intera manifestazione).
Come suggerisce il titolo l’idea è quella di riportare
l’attenzione su alcuni degli elementi costruttivi primari attorno ai quali si è sviluppata e continua a svilupparsi l’architettura, partendo così da una visione
ravvicinata, di dettaglio, per riflettere sullo statuto
concettuale e sulla prassi operativa della disciplina al
giorno d’oggi e rispetto al futuro. La maggior parte di
questi elementi sono praticamente imperituri e senza
tempo (pavimento, tetto, corridoio, facciata, soffitto,
porta, scala, balcone, muro, gabinetto, finestra); altri
hanno una storia molto più breve ma sono ormai divenuti fondamentali quanto gli altri: parliamo dell’ascensore, della rampa e della scala mobile. Un elemento come il camino invece, dopo aver costituito per
secoli (o millenni) uno dei luoghi simbolici e funzionali più importanti della casa, ha ormai perso tale
centralità, rischiando addirittura l’estinzione. Si legge
nel catalogo della mostra: «Alcuni elementi non sono
quasi cambiati negli ultimi 3-5000 anni, altri sono stati (re)inventati la settimana scorsa (ma in architettura
la comparsa di un nuovo elemento è rara: quasi tutte
le invenzioni sono reinvenzioni…). Il fatto che gli elementi mutino in maniera indipendente, secondo i diversi cicli e le diverse economie e per motivi disparati,
trasforma ogni progetto architettonico in un complesso collage di arcaico e attuale, di ordinario e singola-
re, di uniformità meccanica e bricolage: una complessità che si manifesta in tutta la sua portata solo
osservando le sue parti costituenti al microscopio».
Delle 15 sale tematiche una delle più interessanti è
quella dedicata alle finestre. In particolare, a catturare l’attenzione è la lunga parete costellata da circa 70
serramenti interi o sezionati, che ripercorrono gli ultimi quattro secoli della storia dell’architettura inglese.
Ci sono finestre che appartenevano a palazzi reali
e altre costruite per edifici popolari; raffinati telai in
legno curvato e sottili serramenti di metallo forgiati a
mano; archi a ogiva rievocanti la memoria del gotico
inglese e profili squadrati di carattere funzionale; maniglie di ogni genere e tipo, lastre di vetro colorate e
trasparenti; finestre vittoriane e novecentesche. Ogni
pezzo è numerato e datato, cosicché l’intera parete assume l’aspetto di una di quelle tavole illustrate dell’Ottocento in cui sono classificati uno di fianco all’altro,
con grande pazienza e rigore enciclopedico, incredibili esemplari di animali, piante o insetti provenienti
dalle remote regioni dell’impero britannico. In questo caso i pezzi provengono tutti dalla Brooking National Collection, singolare museo e centro studi con sede
a Cranleigh (nel Surrey, una cinquantina di chilometri a sud ovest di Londra) che prende il nome dal suo
fondatore Charles Brooking, il quale dagli anni Sessanta raccoglie con ossesione quasi maniacale pezzi di
edifici destinati all’oblio o alla distruzione. La collezione ospita di tutto – dalle modanature in gesso ai
ferri battuti, dai cornicioni in pietra a pezzi di scale
come corrimani e gradini, dai camini in ghisa ai doccioni e ai pluviali e molto altro ancora, per un totale di
circa 500 mila pezzi – ma le finestre hanno un posto
di rilievo: si contano infatti 5 mila esemplari completi
e 10 mila sezionati, con sezioni curiose e interessanti, come quella dedicata ai meccanismi di controbilanciamento del peso nelle finestre a ghigliottina,
1.
29
INTERNI E DESIGN
2.
1. La parete delle finestre provenienti
dalla Brooking National Collection
alla Biennale di Venezia.
Foto Francesco Galli (Cour tesy la
Biennale di Venezia)
Titolo
Sottotitolo
Sottotitolo seconda riga
2., 3. Det taglio della Brooking National
Collection a Cranleigh, UK.
Foto Raymond Smith (Cour tesy
The Brooking National Collection)
Testo
diversi a seconda delle esigenze e del gusto. Per avere
un’idea più precisa della ricchezza della Brooking
Collection e delle attività che essa svolge (in particolare quelle legate alla didattica e alla conservazione del
patrimonio architettonico britannico) consigliamo
di visitare il sito internet www.thebrookingcollection.org, dove sono disponibili diversi video.
A Venezia accanto alla collezione inglese sono esposte
anche delle particolarissime finestre dei primi anni
del Novecento originarie della Jacuzia, ai margini
orientali della Russia: piccole aperture (circa 30 centimetri quadrati ognuna) composte da corteccia di betulla che veniva fatta ammorbidire in latte di mucca e
successivamente intagliata e cucita con tendini di animale, in modo da ottenere un telaio con fori dalla forma irregolare. Questi fori potevano essere riempiti
con piccole lastre di vetro (ma pochi se lo potevano
permettere) oppure con carta oleata, membrana di
pesce o mica. Durante la stagione invernale questi
«serramenti» venivano rimossi e sostituiti con uno
strato di ghiaccio, per isolare maggiormente gli ambienti interni della casa.
In contrasto con il carattere artigianale delle finestre
sopra descritte, nella stessa sala sono messi in scena
anche casi studio più recenti, che testimoniano le conseguenze dell’avvento della meccanizzazione nell’edilizia così come il cambiamento del concetto stesso di
finestra avvenuto nell’ultimo secolo. Su una delle pareti campeggia infatti una gigantografia del curtain
wall del Seagram Building di Mies van der Rohe, preso a simbolo della progressiva sparizione della finestra
intesa in senso tradizionale: non più «apertura» ma
velo trasparente, diversamente sagomato, che avvolge
l’edificio. Per far vedere dal vivo alcune delle fasi meccanizzate dell’odierna produzione dei serramenti, in
mezzo alla sala sono poi state installate due macchine
provenienti dalla fabbrica belga di finestre Sobinco
(«l’unica fabbrica in Europa in grado di produrre
ogni singola parte mobile di una finestra in una sola
fabbrica», si legge nel catalogo): una struttura di collaudo e una macina meccanica per produrre impugnature, guarnizioni e maniglie.
Per questa sezione della mostra, così come per tutte le
altre, quanto si vede esposto è in realtà la sintesi limitata di una ricerca durata due anni condotta dalla Graduate School of Design della Harvard University, i cui
frutti sono stati fatti confluire in una serie di 15 piccole monografie pubblicate dall’editore Marsilio, che
permettono al visitatore di soffermarsi con maggiore
calma sulle innumerevoli tappe di questa «storia degli
elementi». Tra tutte, la più curiosa e divertente è senza dubbio quella sul tema Toilet: un excursus storico
sull’ergonomia e sul design di pissoirs, water closets e affini dall’antichità ai nostri giorni.
3.
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Sara SA
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D I A R I O D E L L’ A R C H I T E T T O T I
Paolo Fumagalli
Condannati ad essere
moderni
Diario dell’architetto
dalla Biennale di Venezia
Rem Koolhaas
Da molti anni frequento la Biennale di architettura, e raramente è stata così coerente come quella di
quest’anno, malgrado la sua vastità e l’eterogeneità
dei partecipanti. Merito dell’olandese Rem Koolhaas,
che non ha scelto né un tema vago nel quale ci si può
mettere tutto – con la conseguenza che ognuno propone quello che vuole – né un tema caro alle iperboli
architettoniche – con la conseguenza che ognuno
mostra le invenzioni formali dei propri grattacieli e la
Biennale si trasforma in una fiera delle vanità. Koolhaas invece ha fissato un tema stretto e preciso –
Fundamentals – e definito tre sezioni: Absorbing Modernity 1914-2014 per tutti i padiglioni nazionali, Elements
of architecture per il padiglione centrale ai Giardini e
Monditalia per il vasto spazio dell’Arsenale. Il suo obiettivo è proporre un bilancio «... una verifica dell’architettura, ponendo i seguenti interrogativi: che cosa abbiamo?, come siamo giunti a questo punto?, ora cosa
possiamo fare e da qui dove andiamo?»
Absorbing modernity 1914-2014
È seguendo questo tema che i 66 padiglioni nazionali
costituiscono la parte migliore di questa Biennale:
tutti a raccontare la storia del proprio moderno attraverso i cento anni del secolo scorso, il secolo difficile,
quello delle utopie, delle avanguardie, delle invenzioni e delle nuove tecnologie; ma anche quello delle rivoluzioni e delle rivolte (storiche e artistiche), del
dramma delle due guerre mondiali e le loro devastazioni, del risorgere pure dalle macerie, del ricostruire
e – da ultimo – della globalizzazione. Ed è proprio la
modernity che si infila dentro le pieghe – straordinarie, contraddittorie, drammatiche – di questi cento
anni di storia. Una modernità che ha dato molto ma
che ha anche tolto, ha sradicato e annullato identità,
ha sconvolto modi di vivere e di relazionarsi nel sociale, ha travolto l’idea stessa di città. Come tutto questo
è accaduto e cosa ha prodotto lo racconta ogni Nazione – ovviamente a modo suo.
Sono anche dei racconti molto diversi: vi sono nazioni
che su questa modernità hanno costruito la propria
identità, fondata su nuove architetture e città intere,
talvolta integrando anche i valori del passato. Altre nazioni invece l’identità l’hanno smarrita, dove opere e realizzazioni di valore si sono sovrapposte o
hanno distrutto testimonianze e equilibri storici, generato disfunzioni di carattere sociale e urbano. Le
prime di queste nazioni cavalcano ancora oggi questa
modernity e vedono il futuro in senso positivo, le seconde invece vivono prevalentemente nella nostalgia del
passato.
Mi limito a qualche esempio. Con Modernidade como
tradicão il Brasile mostra con fierezza non solo la
quantità e la qualità delle architetture realizzate, ma
in parallelo anche la costruzione – nel vero senso della parola – di una nuova nazione, che dai 20 milioni
di abitanti del 1914 è passata agli attuali 200 milioni.
Certo, nasconde i molti problemi e contraddizioni
che l’affliggono, come quando definisce «architettura vernacolare» le favelas che circondano le città. Vuole insomma mostrare il meglio di sé e con orgoglio
elenca le opere di architetti come Lucio Costa, Vilanova Artigas, Alfonso Eduardo Reidy, Oswaldo Bratke, Lina Bo Bardi, Paulo Mendes da Rocha, Angelo
Bucci. E Oscar Niemeyer, ovviamente.
Con Condenados a ser Modernos il Messico cita lo scrittore Octavio Paz: «... modernity, for the last one hundred years has been our style. It is the universal style.
Wanting to be modern seems like madness, we are
condemned to be modern...». E sempre poggiandosi
sui suoi testi, il padiglione messicano cerca di dimostrare quanto sia necessaria la storia e indispensabile
un ponte tra tradizione e modernità: altrimenti rimangono reciprocamente isolati, la tradizione ristagna e la modernità evapora. Emerge allora il nitore
delle opere di Félix Candela, l’integrazione delle sculture e dei mosaici di Diego Rivera, fino alla verticalità
delle torri di Luis Barragan.
Con La modernité: promesse ou menace? la Francia – con la
guida dello storico Jean-Louis Cohen – sviluppa un discorso ben più problematico, mostrando le due facce
opposte della modernità: all’immaginazione costruttiva di Jean Prouvé, che disegna e realizza con la leggerezza del metallo architetture prefabbricate – in coerenza del resto con le parallele ricerche automobilistiche
sfociate nella Citroën 2CV – è contrapposto il film Mon
Oncle di Jacques Tati, dove il sogno della modernità
funzionale e architettonica della Villa Arpel si traduce
in una farsa autodistruttiva. E il tema della modernità
da farsa si trasforma in dramma nel «racconto» della
storia della Cité de la Muette, realizzata a Drancy nel
1934, un bel progetto di Beaudouin e Lods: a causa
della sua remota ubicazione, dopo pochi anni fu dapprima trasformata in una caserma per le forze di polizia, per poi diventare nel 1940 un campo di concentramento, tragico luogo di passaggio verso Auschwitz.
Così, di padiglione in padiglione si attraversano le utopie, le teorie, le realizzazioni, i fallimenti, i recuperi o
i successi della modernity. Il (difficile) padiglione svizzero valuta, indaga e dibatte due personalità come Cedric Price e Lucius Burkhardt, a sapere se le due anime della teoria (Price) e della sociologia (Burkhardt)
hanno trovato una sintesi nell’architettura. Del passaggio tra teoria e realtà urbane si occupa la Gran Bre-
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D I A R I O D E L L’ A R C H I T E T T O T I
Testo
Il padiglione kuwaitiano. Foto Paolo Fumagalli
tagna, dagli scritti e disegni delle visioni urbane di
Ruskin alle Garden City e alle New Town degli anni
’60, dall’architettura brutalista del Dopoguerra a ciò
che è diventata oggi la New Town di Cumbernauld,
fino alle rovine della Bank of England.
Un cenno particolare va fatto al Padiglione dell’Italia
Innesti/grafting, specie per l’interessante sezione curata da Cino Zucchi: la città di Milano è scelta per illustrare l’originalità di una cultura progettuale caratterizzata da «... una modernità anomala – come scrive
Zucchi – marcata dalla capacità di innovare e al contempo di interpretare gli stati precedenti. Non adattamenti formali a posteriori del nuovo rispetto all’esistente, ma piuttosto innesti capaci di agire con efficacia
e sensibilità in contesti urbani stratificati». Ne segue
una scelta precisa di documenti, che oltre ai progetti
per la facciata del Duomo e per l’ex Ospedale Maggiore, concentra l’attenzione sugli architetti del Dopoguerra, e il loro dialogo – anche critico – con il
passato, opere di Asnago e Vender, Gardella,
Caccia Dominioni, bbpr, e così via.
Elements of architecture
Per chi ricorda le Biennali passate, proiettate verso le
visioni progettuali degli (abili) Maestri contemporanei, gli Elements of architecture avrebbero dovuto prefigurare gli strumenti del design della loro architettura: invece, in questo padiglione centrale ai Giardini,
Koolhaas mette assieme altri elements, quelli banali di
cui sono composti gli edifici: le finestre, i corridoi, i
pavimenti, i balconi, le pareti, le scale, e così via, fino
ai gabinetti. Per mostrare quanto l’evoluzione della
tecnica abbia influito sulla loro composizione costruttiva, sulla loro sostanza, sul loro aspetto. E sottintendere quanto il loro mutare nel tempo abbia comportato – inevitabilmente – il mutare dell’architettura
stessa: e per questo ne costituiscono gli elements. Un
tema interessante, ma riuscito a metà. Certo, la collezione di finestre antiche è interessante, così come il
ruolo del balcone non solo nella composizione architettonica delle facciate, ma anche nella storia, luogo
per mostrarsi in pubblico, per arringare le folle, fino
a deputarlo come amplificatore per dichiarare guerra. Ma non tutte le sale hanno lo stesso valore, e talvolta sono ridotte a una banale esposizione di materiali, quasi fosse una Mustermesse.
Monditalia
Qui la Biennale di Koolhaas si unisce alle altre Biennali di Venezia – di Arte, di Cinema, di Danza – per
rappresentare l’Italia, proposta quale paradigma del
contemporaneo, dove problemi, invenzioni, assenze,
realizzazioni, sconfitte, progetti, contraddizioni, sciagure e bellezze si incrociano in un inestricabile nodo
impossibile da sciogliere. Dal sud di Lampedusa con
le migrazioni dall’Africa nel raccontare il dramma di
un Mediterraneo sconfitto, al nord delle Alpi con i
confini tra le nazioni che si «spostano» nel raccontare i
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D I A R I O D E L L’ A R C H I T E T T O T I
mutamenti climatici e lo sciogliersi dei ghiacciai. Tra
questo sud e questo nord si svolgono altri trentanove
racconti: come Pompei, luogo senz’altro di assenze e di
incuria, ma anche straordinario laboratorio di scavi, di
recuperi, di restauri; come l’edonismo – storico – di Capri, dalla villa di Tiberio a quella di Malaparte, con Brigitte Bardot e Jack Palance a rincorrersi sul tetto più
famoso del mondo; come la Biblioteca Laurenziana,
dove per Koolhaas «... ogni cosa, ogni parte, ogni dettaglio non ha senso, ma il tutto funziona. Lo spazio interno con le sue quattro pareti sono quattro facciate,
dove ognuna è l’accesso a un mondo diverso. E la (famosa) scala di Michelangelo non è una scala, ma una
scultura». Come le opere assurdamente dimenticate
del Moderno, oramai abbandonate, tra cui – per citare
un solo esempio – la Cartiera Burgo a Mantova di Pier
Luigi Nervi, capolavoro architettonico, costruttivo,
strutturale, funzionale: oramai morto con la fine della
sua funzione, quella di fabbricare, appunto, carta.
Ma questo Monditalia non funziona: i temi sono solo
quelli che interessano o ama Koolhaas, ma troppi sono
quelli trascurati. E nel lungo spazio delle Corderie
manca una continuità logica, un filo conduttore. Non
solo, ma le altre arti che si volevano integrare sono ridotte a semplici intermezzi, a dei momenti di pausa per
gli stanchi visitatori.
A mo’ di conclusione
È una Biennale criticata da molti. Perché anomala rispetto alla tradizione, che la vuole vetrina del contemporaneo e prospettiva del futuro. Assenti sono i protagonisti, le grandi «firme» che da sempre hanno
occupato i padiglioni nazionali e il lungo spazio
dell’Arsenale con i disegni e fotografie e modelli
delle loro invenzioni architettoniche. Per sapere dove
stiamo andando, Koolhaas invece propone – per certi
versi con gli stessi obiettivi di quella, oramai storica, della «Strada novissima» di Aldo Rossi e Paolo Portoghesi
– una riflessione sull’architettura, un ritorno al passato
degli ultimi 100 anni per fare un bilancio, una rilettura. Per una «storicizzazione» di quel secolo lungo che è
stato il Ventesimo. Gli inevitabili passi falsi – in una manifestazione di così grandi proporzioni – sono coperti
e annullati dalla risposta straordinariamente coerente
da parte di tutti i partecipanti nazionali. In questo senso è esemplare l’enorme biblioteca circolare che occupa l’intero spazio del Bahrein: la necessità di fermarsi
un momento per leggere quello che è stato fatto, per
verificare se restano dei valori, delle continuità culturali, se è possibile un ponte tra il passato e il presente. Del
futuro questa Biennale non dà risposte. Né vuole darle.
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C OMUNIC ATI OTIA
Alessandro Furio*
[email protected]
L’antincendio in Ticino
La problematica degli incendi in Ticino è già documentata a partire dal lontano Medioevo, quando era
diffusa la pratica di appiccare il fuoco nei terreni cespugliosi e boschivi al fine di aumentare le aree dedicate alle attività di pascolo. Per proibire l’accensione
di fuochi all’aperto e nelle immediate vicinanze di
zone abitate furono adottate specifiche norme. Inoltre, a causa dei devastanti incendi domestici, lo Stato
istituì un servizio pubblico – già allora denominato
Polizia del fuoco – per controllare come venivano depositate le ceneri dei focolari all’interno delle abitazioni. A partire da questi semplici compiti di controllo e dai primi regolamenti forestali – il primo risale al
1857 – si è progredito verso disposizioni legali sulla
prevenzione degli incendi.
Nel 1974 entrarono in vigore la Legge Edilizia Cantonale (le) e il relativo Regolamento di applicazione
(rle). L’articolo 23a rle, relativo alla prevenzione e
alla sicurezza contro gli incendi, rese applicabili le
norme tecniche emanate dall’Associazione degli Istituti Cantonali di Assicurazione Antincendio (aicaa)
e quelle emanate da altre associazioni di categoria.
Nel 1976 il Canton Ticino emanò la Legge sulla Polizia del fuoco, la quale imponeva ai Municipi la vigilanza delle norme di Polizia del fuoco. Tale legge ribadiva che «le norme tecniche da osservare per la
prevenzione e la sicurezza contro gli incendi nelle
costruzioni sono fissate dal regolamento di applicazione della legge edilizia» del 1974. L’articolo 23a rle
fu modificato nel 1988, in particolare fu introdotto il
riferimento al Servizio prevenzione incendi per l’industria e l’artigianato (spi) e furono rese sussidiariamente applicabili le norme tecniche sulla prevenzione e la sicurezza contro gli incendi nelle costruzioni.
Nel Canton Ticino, a differenza di tutti gli altri cantoni della Svizzera, non esisteva e non esiste tuttora
un’unità amministrativa che si occupi esclusivamente
di Polizia del fuoco. L’ambito preventivo, infatti, era
curato dall’ufficio che gestiva il rilascio delle licenze
edilizie, mentre la lotta agli incendi propriamente detta era appannaggio dei corpi pompieri che non avevano particolari competenze al momento dell’approvazione dei piani di costruzione nel vigente sistema
cantonale.
Il nostro cantone, parimenti ad alcuni altri, non si avvale di un sistema di assicurazione monopolistica statale, bensì di un sistema assicurativo privato. Visti i limiti presentati da tale struttura, negli anni 1993 e
1994 il Governo cantonale decise di iniziare una
riforma legislativa che portò all’approvazione da
parte del Parlamento di importanti modifiche alla
Legge edilizia, entrate in vigore il 1° gennaio 1997,
che sostituirono la legge sulla Polizia del fuoco. Con
la nuova le e il relativo rle, il Canton Ticino, agendo individualmente, ha reso vincolanti sul proprio
territorio specifiche norme e direttive antincendio.
Punto nodale della riforma fu la conferma della centralità del Comune nel rilascio del permesso di costruzione e di agibilità a fine lavori. Quindi, l’introduzione dell’Attestato di Conformità Antincendio
(art. 44d rle), del Certificato di Collaudo Antincendio (art. 44e rle) e della perizia rischio residuo per
gli edifici realizzati prima del 1997 (art. 44g rle). Fu
inoltre istituita una nuova figura professionale, quella del Tecnico Riconosciuto della Polizia del fuoco
che, attraverso una rigorosa formazione, è abilitato a
elaborare tali documenti.
Nel settembre 2002 entra in vigore una nuova modifica al rle che prevede la nomina da parte del Consiglio di Stato della Commissione consultiva in materia
di Polizia del fuoco (Ccpolf). Essa ha il compito di
coadiuvare l’autorità cantonale nell’emanazione, aggiornamento e interpretazione delle direttive tecniche, nella vigilanza e nella ricerca di soluzioni
a problemi particolari nel campo della prevenzione antincendio.
Ma è con il 2005 che si ha una vera svolta nell’ambito
legale. Il 1° gennaio 2005 entrano in vigore in tutti i
cantoni svizzeri le Nuove Prescrizioni di Protezione
Antincendio dell’aicaa. Nel Canton Ticino le Norme
e le Direttive Antincendio sono rese vincolanti con la
modifica del 9 marzo 2005 dell’art. 44c cpv. 1 rle,
conformemente alle prescrizioni del Concordato intercantonale concernente l’eliminazione degli ostacoli tecnici al commercio (ciotc), adottato nell’ambito
del nuovo Diritto Svizzero sui prodotti da costruzione.
Ogni 10 anni è previsto un aggiornamento. Nel 2015
entreranno in vigore le nuove Prescrizioni Antincendio aicaa. La revisione di tali Norme e Direttive vede
sostanzialmente un aggiornamento allo stato della
tecnica delle attuali disposizioni e l’adattamento rispetto alle norme europee, in particolare per l’utilizzo di materiali ed elementi della costruzione, tema
che toccherà in particolar modo i progettisti. I principali cambiamenti verranno approfonditi nei prossimi
mesi tramite dei corsi di informazione e presentati
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al alcune opere di Le Corbusier
a cura di Annalisa Viati Navone,
Mendrisio Academy Press / SilvanaEditoriale, Mendrisio 2013 (ISBN 97888-366-2675-5, 19.5 x 25 cm, testo e ill.
foto e dis. b/n e col., pp. 430, italiano).
Il libro è una raccolta di intensi articoli
su Le Corbusier scritti da Reichlin nel
corso della sua lunga riflessione sull’opera di Corbu. L’indice si compone di uno
scritto introduttivo della curatrice (Per
«congetture e confutazioni» modi di una
critica demisitificante) che inquadra i 13
articoli firmati da Reichlin. 1.Introduzione – Cominciare dal centro, dal punto
cioè in cui siamo colti dal fatto dell’arte;
2. Le Corbusier vs De Stijl: verso la scomposizione in piani della compagine parietale. La Villa La Roche a Auteuil, 1923-25;
3. L’«intérieur» tradizionale insidiato
dalla finestra a nastro, la Petite Maison a
Corseaux, 1923-24; 4. Figure reticenti:
«finestre d’angolo» e «organi della casa»
la Villa Stein de Monzie a Garches, 192628; 5. Figure per un’architettura d’esposizione. La casa unifamiliare alla Weissenhof di Stoccarda, 1926-27; 6. Dom-ino
e Citrohan: la sintesi oppure il paradigma
del Dom-ino realizzato. Il primo e il secondo progetto per Baizeau, 1928 e
1928-30; 7. Una sfida al sistema architettonico della tradizione. Il padiglione
Church a Ville d’Avray, 1927-28; 8. Risalire alla genesi per ritrovare l’opera. La
Villa Savoye a Poissy, 1928-31; 9. «Le
dehors est toujours un dedans». La Villa
de Mandrot a Le Pradet, 1929-32; 10. La
«Parigi analoga» di le Corbusier. L’Attico
per Charles de Beistegui, 1929-32; 11.
L’intertestualità dell’opera di Le Corbusier.
Jeannaret-Le Corbusier, pittore-architetto; 12. «L’oeuvre n’est plus (pas?) faite
seulement d’elle même». Tanti intertesti
da Savina al Carpenter Center; 13. «L’atelier era un vaso di Pandora». Cinquant’anni di progetti rivisitati da Le Corbusier &
Co. L’ospedale di Venezia , 1960-65.
Jons Massedat (a cura di)
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Daab, Köln London New York 2007 (ISBN
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Il volume presenta una vasta selezione col., pp. 102, italiano).
di immagini fotografiche di finestre di
architetture contemporanee selezio- Il volume è la traduzione italiana dell’enate dal panorama internazionale. dizione tedesca Tageslicht Kunstlicht
Sono pubblicati lavori firmati da 55 – Grundlagen Ausführung Beispiele
studi di architettura per un totale di 66 dell’Institut für Internationale Archiopere realizzate, tutte relativamente tektur-Dokumentation, KG, Monaco.
recenti (le più datate sono state realiz- La curatrice firma anche i capitoliI 3, 4,
zane nel 2000). L’indice è strutturato 5, 7, 8. L’indice si compone di 10 capitoper ordine alfabetico di autore. I pro- li scritti anche da altri autori: 1. Luce
getti sono selezionati da tutto il mondo naturale e benessere (A. Friederici
con una presenza importante di esem- Burkhard); 2. La luce naturale. Propriepi dalla Germania. Gli studi svizzeri tà e regole elementari di progettazione
presenti nel volume sono 6, i progetti (U. Dietrich); 3. Direzionamento della
pubblicati 9, uno in Ticino: Bearth + luce naturale; 4. Progettazione illumiDeplazes (House Meuli, Fläsch), Aldo notecnica; 5. Illuminazione dell’azienda
Celoria (Casa Travella, Castel San Pie- dei servizi municipali di Schönebeck;
tro), Degelo Architekten (St.-Alban-Ring, 6. Luce e ombra. Progetto di una chiesa
Basel), Andreas Fuhrimann, Gabrielle (C. Augustsen); 7. Illuminazione del
Hächler (Architect’s and artist’s house, nuovo Mercedes-Benz Museum di
Zürich; Pavillion at Riesbach harbour, Stoccarda; 8. Il controllo dell’illuminaZürich), Gloggener Prevosti architektur zione come parte della gestione dell’e(Double one-family house Almigried, dificio; 9. Le procedure di progettazioWalchwil; One-family house in the ne dell’illuminazione artificiale negli
field, Baar; One-family house Munk, edifici (C. Geissmar-Brandi); 10. La luce
Huenberg), Valerio Olgiati (Yellow Hou- naturale come materiale da costruziose Museum, Flims). Da segnalare anche ne (M. Madsen, P. Thule Kristensen). La
la presenza di tre edifici degli architet- serie dei contributi affronta il tema
ti svedesi Tham & Videgård Hansson della luce da diverse prospettive inte(Two family house Kanoten, House K, grando la questione del controllo della
House Karlsson), due dei quali sono luce naturale che penetra nell’edificio
stati pubblicati anche dalla rivista Archi con gli aspetti più specifici della pron. 2.2006 dedicato a Stoccolma. Ven- gettazione dell’illuminazione artificiagono di regola pubblicate 6 pagine per le. Nel capitolo dedicato alla luce naogni progetto, il volume predilige l’ap- turale e alle sue regole di progettazione
proccio fotografico, sono infatti com- vengono indagati i rapporti tra le diverpletamente assenti indicazioni di ca- se tipologie di aperture nell’involucro e
rattere grafico (piani o dettagli la qualità/quantità della luce che peesecutivi). La qualità delle architettu- netra all’interno di un determinato
re selezionate è mediamente buona e spazio. In conclusione un breve ma
nel complesso il volume si rivela utile e interessante saggio dedicato alla luce
naturale come materiale da costruziointeressante.
ne, testo che analizza l’uso della luce
e della trasparenza in alcune opere
significative del XIX e XX secolo.
37
Salone «CostruzioneLegno
Energia 2014»: obiettivo puntato
sull’efficienza energetica
La prossima edizione della fiera svizzera «CostruzioneLegnoEnergia», che si terrà a Berna
dal 13 al 16 novembre 2014, è come sempre un appuntamento da non perdere per tutti coloro
che si occupano di costruzioni e ristrutturazioni. «Mettiamo l’accento sull’efficienza energetica
e le energie rinnovabili per le nuove costruzioni e le ristrutturazioni», afferma il direttore del
Salone Ruedi Meier, «anche il costruire sostenibile e la costruzione in legno sono temi cruciali».
Alla fiera saranno presenti circa 400 espositori. Quest’anno verranno presentate anche
soluzioni innovative per la cucina, il bagno e l’arredamento interno.
Sono attesi circa 20’000 visitatori di cui, per buona metà, esperti attivi in svariati settori e autorità. Tutti coloro che si recano
al polo fieristico potranno partecipare anche alla quarantina
di manifestazioni specialistiche ed eventi organizzati nei giorni del Salone. «Abbiamo invitato relatori illustri e di grande
esperienza, provenienti sia dalla Svizzera sia dall’estero», spiega
Ruedi Meier, e aggiunge: «nei padiglioni fieristici, e durante gli
eventi congressuali, i piatti forti saranno indubbiamente tanti!».
Inaugurazione del Salone con la consigliera federale
Doris Leuthard
Diverse manifestazioni e anche molti espositori approfondiranno il tema dell’efficienza energetica. Sarà posto l’accento anche
sulle energie rinnovabili, in particolare su alcuni settori specifici
come le termopompe, l’energia solare, la biomassa e il legno. «Al
Salone riuniamo l’efficienza energetica e le energie rinnovabili,
colleghiamo il servizio di consulenza alle manifestazioni congressuali, con la presentazione dei prodotti da parte degli espositori», spiega Ruedi Meier. Inoltre, dato che l’efficienza energetica gioca un ruolo fondamentale anche nell’ambito dei trasporti,
un’esposizione speciale sarà dedicata all’e-mobility, che potrà
essere messa in pratica con un giro a bordo di un’e-bike o di un
e-scooter. Quest’anno si terranno per la prima volta anche manifestazioni dal titolo «Come risanare la propria cucina?», «Costruire e abitare all’insegna della salute» e «Vivere con il legno
e con stile». Il Congresso Energia Plus offrirà ancora una volta
l’occasione di approfondire le ultime esperienze raccolte sugli
edifici in grado di produrre più energia di quanta ne consumano. Da non perdere l’inaugurazione del Salone, il 13 novembre,
in compagnia della consigliera federale Doris Leuthard.
Lungo il percorso di consulenza dei Cantoni (la cosiddetta
Beraterstrasse der Kantone) le organizzazioni e le associazioni forniscono informazioni su incentivi cantonali e nazionali,
Minergie, energia solare, energia del legno, geotermia, isolamento termico, impiantistica, apparecchi efficienti e certificato
energetico cantonale degli edifici. Al tema Minergie si dedica
in particolare l’omonimo centro di competenza che offre una
panoramica solida e fondata sui prodotti e sui sistemi attuali
inerenti questo standard per gli edifici. Per saperne di più sui
corsi di formazione e specializzazione basterà percorrere la Via
delle informazioni Costruzione/Legno (Informationsstrasse
Bau/Holz). «La particolarità del nostro Salone è il fatto di poter
attingere a una consulenza fondata e di alto livello».
Salone a pieni voti
L’obiettivo prefisso dalla direzione fieristica è quello di fare in
modo che il Salone «CostruzioneLegnoEnergia» continui a essere una fiera congressuale all’avanguardia a livello nazionale volta
a promuovere costruzioni e risanamenti efficienti sotto il profilo
Informazioni sul Salone Svizzero «CostruzioneLegnoEnergia 2014»
Data
da giovedì 13 a domenica 16 novembre 2014
dalle 10.00 alle 18.00, domenica fino alle 17.00
Luogo
BERNEXPO, Berna, Svizzera
Padiglioni 3.0, 3.1, 3.2, 2.0, polo fieristico, centro congressi
Temi
Costruzione, costruzione in legno: involucro edilizio, facciate, isolamento termico, finestre. Efficienza energetica: Minergie, MinergieP, -A; casa passiva, edifici Energia Plus. Energie rinnovabili: energia
solare, energia del legno, termopompe. Impiantistica: acqua potabile, sanitari. Finiture interne: bagni, cucine, architettura d’interni.
Consulenza oggettiva: Percorso di consulenza/Energia, Via delle
informazioni Costruzione/Legno, Centro di competenza Minergie
Espositori 450 espositori, tra cui aziende, istituzioni, scuole,
associazioni ed enti pubblici
Visitatori
20’000 persone, tra cui esperti, specialisti, privati e committenti
Congresso programma con circa 50 eventi e 200 relazioni
per esperti del settore edilizio e committenti privati
Info
BauHolzEnergie AG, Monbijoustrasse 35,
CH-3011 Berna, Svizzera, www.bauholzenergie.ch
Maria Bittel:
+41 31 381 67 41, [email protected]
Thomas Tellenbach:
+41 31 318 61 10, [email protected]
Juerg Kaerle:
+41 31 318 61 12, [email protected]
energetico, moderne costruzioni in legno ed energie rinnovabili. Dal sondaggio condotto tra i visitatori nel novembre 2013
il Salone si aggiudica valutazioni da buone a ottime. Metà degli
intervistati erano professionisti del ramo, l’altra metà privati interessati al tema o persone desiderose di costruire casa. Circa un
terzo dei sondati ha detto di essere titolare di un diploma SUP o
di un titolo di studio universitario e la maggior parte ha dichiarato di essere in grado di decidere o contribuire alle decisioni in
materia edilizia.
Dai risultati del sondaggio è emerso che circa la metà dei visitatori si recava per la prima volta al Salone. La maggior parte era
stata invogliata a partecipare dopo la lettura della rivista fieristica distribuita a priori. Tra i sondati la struttura d’età risulta per
lo più equilibrata, ciò significa che il Salone interessa tanto le
giovani generazioni, quanto le persone in formazione e i giovani professionisti. La fiera «CostruzioneLegnoEnergia» investe
anche nel futuro delle rispettive categorie professionali del settore dell’edilizia, della costruzione in legno e dell’impiantistica.
4 / 2 0 1 4 AG O S TO
archi RIVISTA SVIZZERA DI ARCHITETTURA, INGEGNERIA E URBANISTICA
fondata nel 1998, esce sei volte all’anno. ISSN 1422-5417
tiratura REMP dif fusa: 2715 copie, di cui 2680 vendute;
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REDAZIONE COMUNICATI SIA
Frank Jäger, frank.jä[email protected]
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Andrea Bassi, Ginevra; Francesco Collotti, Milano
Jacques Gubler, Basilea; Ruggero Tropeano, Zurigo
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flessibile ha più valore dello spazio stesso – I sistemi
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EDITORIALE LA FINESTRA
Alberto Caruso
La finestra sul Ticino
L’unica definizione di architettura che possiamo ragionevolmente ripetere è che l’architettura sono le
architetture: tutte, quelle ideate e quelle realizzate, e poi i principi, le teorie; tutto questo è l’architettura.
Giorgio Grassi, 1974
Da strumento per introdurre la luce naturale all’interno dell’involucro e ordinare gli spazi per l’abitazione,
a elemento espressivo per eccellenza dello stesso involucro, attraverso il quale l’architettura stabilisce relazioni con il contesto, la finestra è una componente
decisiva della composizione del fronte, è la soglia sulla
quale si concentrano le tensioni interne ed esterne
dell’edificio.
In questo numero di Archi la finestra è l’occasione per
illustrare progetti ticinesi recenti, è il criterio secondo
il quale li abbiamo selezionati, scegliendo tra quelli i
cui autori considerano la ricerca come un impegno
costante del mestiere. Tra i progetti pubblicati, vogliamo in particolare intrattenere i lettori sulla casa unifamiliare di mattoni di Casiraghi+Colombo e sulla casa
d’appartamenti a Bellinzona di Cristiana Guerra, due
progetti che ci consentono di riprendere le riflessioni
iniziate nel n. 6/2013 a proposito della casa Pico di
Angelo Bucci e a proposito del realismo del suo autore
nel considerare le condizioni date come un materiale
del progetto, determinante la sua qualità.
Le forme tessenowiane della piccola casa di Casiraghi+Colombo richiamano le Osservazioni elementari sul
costruire dell’architetto tedesco, nella capacità di controllare gli spazi e la forma dell’edificio, le sue proporzioni, offrendo nel contempo le risposte più
soddisfacenti al programma così come dettato dal
committente. Soddisfazione del programma non vuol
dire traduzione spaziale immediata delle richieste
del committente, ma la loro soluzione attraverso una
mediazione impegnativa, che mette completamente in gioco la propria cultura progettuale, un procedimento il cui esito (in fin dei conti) rivela lo spessore vero di quella cultura progettuale. Il risultato è
un’opera dalla complessità linguistica rara in Ticino,
composta da elementi altrettanto rari nella «produzione colta», come la pianta liberata dal rettangolo, il tetto a falde, il rivestimento in mattoni di cotto, gli importanti manufatti delle finestre. Il valore di
un’opera è nella sua costruzione, in ciò che rimane
nel paesaggio costruito, a prescindere dalle vicende
progettuali che l’hanno prodotta, ma tuttavia è necessario – per chi ricerca e riflette sulle ragioni del
progetto – conoscere queste vicende, per capire le
condizioni entro le quali gli autori hanno lavorato. La
relazione che accompagna questo progetto, al proposito, è dotata di un valore didattico esemplare nella
illustrazione dei rapporti con il committente.
La piccola casa di Casiraghi+Colombo è un’opera che
si sottrae alla sua completa descrivibilità, la sua complessità va oltre la razionalità del compito. È stata pro-
gettata a partire dai suoi elementi costitutivi elementari – il portico, la finestra, il tetto, il rivestimento – senza
utilizzare le associazioni precostituite e offerte dalle
tradizioni costruttive, o rivisitandole radicalmente.
Sono i Fundamentals della Biennale di Rem Koolhaas,
dai quali l’architetto olandese sostiene che sia necessario ripartire per ripensare la modernità. Questo
modo di lavorare – e la qualità del suo esito – contribuiscono a chiudere una fase dell’architettura ticinese che ancora riproduce linguaggi ereditati dall’avanguardia del periodo «eroico», per aprire alla ricerca a
tutto campo. Lo stesso progetto di una casa a Montecarasso del maestro Luigi Snozzi, con una finestra
totale che invade di luce l’abitazione completamente
addossata ai frontespizi ciechi dei vicini, rivela una libertà di ricerca consapevole dei tempi nuovi.
La casa d’appartamenti di Cristiana Guerra a Bellinzona
indica anch’essa direzioni di ricerca differenti da
quelle che nel moderno ticinese si sono costituite in
tradizione. L’involucro reagisce al confine trapezoidale del limitato sedime situato in una condizione
ambientale problematica – sul bordo della ex strada
cantonale e in prossimità della ferrovia – adattando
la sua geometria a quella del terreno, anziché imponendovi una geometria astratta. La colta soluzione
degli angoli determina un volume complesso, che
mostra viste differenti da ogni direzione. Il problema
dell’isolamento fonico rispetto alle emissioni di strada e ferrovia è risolto con finestre dotate di artifici
ricercati – in particolare la lanterna vetrata che protegge i serramenti delle camere – che conferiscono al
volume un carattere degno di un contesto più denso
di quello periurbano. È una vera «architettura d’angolo», la cui autrice meriterebbe di essere messa alla
prova in un progetto urbano, in una situazione di incrocio tra strade di un sito cittadino dall’edilizia storicamente consolidata.
È necessaria la cultura progettuale fin qui descritta
per realizzare un programma di ristrutturazione urbanistica della grande periferia diffusa. Bisogna studiare e capire le ragioni che hanno storicamente determinato questa realtà abitativa e progettare a partire
dalle domande più condivise e dalle questioni più
elementari.
41
EDITORIALE LA FINESTRA
Alberto Caruso
Das Fenster zum Tessin
Die einzige Definition von Architektur, die wir berechtigterweise wiederholen können ist die,
dass Architektur aus Architekturen besteht: aus allen, den geplanten und den verwirklichten,
und darüber hinaus aus den Prinzipien, den Theorien; all dies ist Architektur.
Giorgio Grassi, 1974
Es ist ein Instrument, um natürliches Licht ins Innere einer
Gebäudehülle zu leiten und die Räume für die Wohnung anzuordnen, und es ist das Ausdrucksmittel par excellence ebendieser Hülle, über das die Architektur Beziehungen mit dem
Ambiente herstellt – das Fenster ist eine entscheidende Komponente der Fassadenkomposition, es ist die Schwelle, auf der
die inneren und äusseren Spannungen zusammenlaufen.
In dieser Ausgabe von Archi ist das Fenster der Anlass, einige aktuelle Projekte im Tessin zu illustrieren, und es ist das
Kriterium, nach dem wir Projekte ausgewählt haben, deren
Schöpfer die Suche und Forschung als eine konstante Verpflichtung ihrer Profession betrachten. Unter den veröffentlichten Projekten möchten wir die Aufmerksamkeit unserer
Leser insbesondere auf das Einfamilienhaus aus Backstein
von Casiraghi + Colombo und das Apartmenthaus in Bellinzona von Cristiana Guerra richten. Diese zwei Projekte greifen die Betrachtungen wieder auf, die wir bereits in der Ausgabe 6/2013 angestellt hatten. Sie betreffen die Villa Pico von
Angelo Bucci und seinen Pragmatismus, die vorgefundenen Bedingungen als ein Material des Projekts zu behandeln, was massgeblich ist für dessen Qualität.
Die tessenowischen Formen des kleinen Hauses von Casiraghi + Colombo erinnern an den Hausbau und dergleichen des deutschen Architekten: in ihrer Fähigkeit, die Räume, die Gestaltung des Gebäudes und seine Proportionen zu
steuern, während gleichzeitig die befriedigendsten Antworten
auf die Anforderungen des Vorhabens nach den Vorgaben
des Auftraggebers angeboten werden. Befriedigung, also der
Erfolg des Vorhabens bedeutet nicht die unmittelbare räumliche Überführung der Anforderungen des Auftraggebers,
sondern ihre Lösung durch eine anspruchsvolle Vermittlung, die ihre eigene Gestaltungskultur in vollem Umfang
einbringt, für einen Prozess, dessen Ergebnis (letztendlich)
die wahre Substanz dieser Gestaltungskultur zeigt. Das Resultat ist ein Werk von einer im Tessin sprachlich seltenen
Komplexität. Es vereint in sich Elemente, die im «gehobenen
Schaffen» nicht weniger selten sind wie die aus dem Rechteck
befreite Pflanze, das Satteldach, die Ziegelverkleidung und
die bedeutenden Manufakturen der Fenster. Der Wert eines
Werks liegt in seinem Aufbau, in dem, was in der gebauten
Landschaft bleibt, unabhängig von den gestalterischen Begebenheiten, die es hervorgebracht haben. Und dennoch müssen
diejenigen, die die Erfordernisse des Projekts ergründen und
nachvollziehen wollen, diese Begebenheiten kennen, um die
Bedingungen zu verstehen, unter denen die Schöpfer des
Werks gearbeitet haben. Der Bericht, der dieses Projekt begleitet, hat in dieser Hinsicht einen didaktischen Wert, der beispielhaft ist in der Darstellung der Zusammenhänge mit
dem Auftraggeber.
Das kleine Haus von Casiraghi + Colombo ist ein Werk, das
sich einer vollständigen Beschreibbarkeit entzieht. Seine
Komplexität geht über die Rationalität der Aufgabe hinaus.
Der Entwurf beginnt bei den elementaren Bestandteilen –
Vorhalle, Fenster, Dach, Verkleidung –, ohne die vorgefassten Assoziationen und Angebote der baulichen Traditionen
aufzugreifen; vielmehr werden sie radikal neu interpretiert.
Es sind die Fundamentals der Biennale von Rem Koolhaas, von denen, wie der niederländische Architekt behauptet, abermals auszugehen notwendig ist, um die Moderne zu überdenken. Diese Art zu arbeiten – und die Qualität
der Ergebnisse – tragen dazu bei, eine Phase der Tessiner
Architektur zu beschliessen, die noch immer eine von der
Avantgarde der «heroischen Periode» ererbte Formensprache
reproduziert, um sie nunmehr in allen Bereichen für die Suche zu öffnen. Auch das Projekt eines Hauses des renommierten Architekten Luigi Snozzi in Montecarasso, mit einem
Fenster, das die vollständig an die blinden Giebel der Nachbarn angelehnte Wohnung mit Licht überflutet, offenbart
eine Freiheit der Forschung und Suche, die sich der neuen
Zeiten bewusst ist.
Das Apartmenthaus von Cristiana Guerra in Bellinzona
zeigt ebenfalls Suchrichtungen, die sich von denen unterscheiden, die sich im modernen Tessin in der Tradition herausgebildet haben. Die Gebäudehülle reagiert auf die trapezförmige Grenze des limitierten Geländes, dessen Umgebung
– am Rande der ehemaligen Kantonsstrasse und in unmittelbarer Nähe zur Bahnstrecke – problematische Bedingungen vorgibt, und passt ihre Geometrie dem Grundstück an,
anstatt allem eine abstrakte Geometrie aufzuzwingen. Die
anspruchsvolle Lösung der Winkel bedingt ein komplexes
Volumen, das aus jeder Richtung verschiedene Ansichten gewährt. Das Problem der Schalldämmung hinsichtlich der
Emissionen von Strasse und Bahn wird durch Fenster gelöst,
die mit ausgefallenen Kunstgriffen aufwarten – insbesondere mit einem gläsernen Vorbau, der die Zimmerfenster vor
Lärm schützt. Dadurch erhält das Gebäude einen Charakter, der eigentlich eher in einen dichteren Kontext als an den
Stadtrand passen würde. Es ist eine regelrechte «Architektur
des Winkels», deren Schöpferin es verdient hätte, sich in einem städtischen Projekt zu beweisen, etwa an einer Strassenkreuzung eines Stadtgebiets mit historisch gewachsener Bebauung.
Die bisher beschriebene Planungskultur ist notwendig für die
Realisierung eines städtebaulichen Umstrukturierungsprogramms des äusseren Stadtrands. Es gilt, die Gründe, die
diese Wohnrealität historisch bedingt haben, zu untersuchen
und zu verstehen und die Planung ausgehend von den häufigsten Fragestellungen und den elementarsten Problemen in
Angriff zu nehmen.
42
LA FINESTRA
Bruno Reichlin
L’intérieur tradizionale
insidiato dalla finestra a nastro
La Petite Maison a Corseaux, 1923-1924
Il testo è un estratto di uno dei saggi contenuti in Dalla
«soluzione elegante» all’«edificio aperto». Scritti intorno ad alcune opere di Le Corbusier, volume edito da
Mendrisio Academy Press e Silvana Editoriale nel 2013 che
raccoglie una selezione di scritti dedicati da Bruno Reichlin
a Le Corbusier dagli anni Sessanta in avanti. In particolare, questo saggio è focalizzato sulle ragioni e sull’impatto della finestra a nastro negli anni Venti del secolo scorso, tema
che tocca questioni di carattere figurativo, psicologico, tecnico-costruttivo, storico, sociale. Invitiamo a proseguire la lettura sul volume vero e proprio.
«Mio padre ha vissuto un anno in questa casa.
Questo paesaggio lo rendeva felice»1
Una finestra a nastro lunga undici metri o quasi spalanca la Petite Maison sul paesaggio del Lemano. Le
Corbusier suggerirà che l’aveva concepita con un particolare riguardo nei confronti delle disposizioni d’animo di suo padre. Fra le altre testimonianze (come
la dedica del libriccino Une petite maison, prevista nelle
bozze e poi dimenticata o lasciata cadere nella versione definitiva), 2 particolarmente informativa è l’affettuosa lettera che Le Corbusier invia al genitore in occasione del primo genetliaco festeggiato nella nuova
dimora: «Eccoti per fortuna nella tua casetta di fronte al paesaggio che ami. Se fuori fa molto freddo, spe-
ro che la vostra caldaia faccia il suo dovere. Questo
luogo d’inverno è estremamente dignitoso, vasto, più
vasto che d’estate e di un nitore polare impressionante. Non si vedono più le montagne dello sfondo, e il
lago sembra mare».3 Tenendo in uggia le mondanità,
schivo e apprensivo, il genitore aveva un tempo privilegiato le lunghe passeggiate in montagna e aveva
trasmesso ai figli la passione per «la VERA NATURA»:4 avanzando negli anni, l’umore e gli stati d’animo del padre si rispecchieranno nelle frequenti annotazioni sui rigori o la mitezza del clima e delle stagioni,
riportate diligentemente nel proprio diario.5
Di seguito, si tratterà di mostrare, e dimostrare, quali
dispositivi architettonici Le Corbusier mette in opera
a Corseaux per appropriarsi di un sito che considerava una vera e propria «sala da spettacolo»;6 vale a dire:
per come inserisce la Petite Maison nel sito e per
come apre la piccola abitazione sull’intorno paesaggistico, perché questi, ma non solo questi, sono i temi
dichiarati del progetto.
Partiti Charles-Edouard e Albert per Parigi, il padre
ormai ritirato dalla vita attiva, la Maison Blanche
(1912), che aveva assorbito i risparmi della famiglia, è
ormai troppo grande per la sola coppia dei genitori e,
soprattutto, troppo onerosa nella manutenzione.7
Questi decidono pertanto di vendere la casa e affittare un piccolo chalet8 di loro convenienza in località
1. Le Corbusier, appunti
per una conferenza sulla
Petite Maison:
Schizzi della pianta,
del prospet to verso il
lago, della volumetria
e del paesaggio di fronte;
schizzi prospet tici
dell’interno della casa
(Fondation Le Corbusier
C3 (6) 190).
1.
43
LA FINESTRA
Les Châbles, a Blonay sopra Vevey, dove traslocano
nell’ottobre del 1919.9
Non senza qualche rimpianto per la bella villa che
aveva visto riunita l’intera famiglia sotto lo stesso tetto e per il giardino tenuto con cura, il genitore è tuttavia contento di lasciare l’ambiente sociale di La
Chaux-de-Fonds e di stabilirsi poco lontano da dove
il fratello Henri possiede una casa. Lo chalet è di fatto
una residenza per soggiorni estivi e vi si vive un po’
«allo stretto», ma apre su di un paesaggio che incanta
il padre. Rimessosi dalle fatiche del trasloco, ne dà
notizia ai figli: «Adesso, la finestra ci attirerà e favorirà il superbo panorama che sarà il rimedio, perché
questo panorama è meraviglioso, unico indescrivibile… I primi piani verde-rossi dei prati cosparsi di boschi d’alberi che dall’oro dei castagni e dei noci
ascendono al color cuoio, bronzo e ferro dei meli
e dei peri; più lontano la distesa uniforme e grigia del
lago che un solco di luce fa luccicare, in fondo, la parete immensa delle montagne della Savoia che le brinate hanno spolverato e dove le nuvole livide o orlate
di luce vanno, secondo i capricci del vento eccetera».
Nella stessa lettera il padre già si ripromette di visitare
la regione, «le belle strade, i sentieri gentili – più tardi
i monti».10 Nonostante i lavori intrapresi e sollecitati
per migliorare il confort dello chalet, come l’installazione delle doppie finestre fra le altre migliorie, la
permanenza a Les Châbles si annuncia di breve durata: dalla corrispondenza familiare si evince infatti che
sin dalla primavera del 1923 il genitore e Le Corbusier
sono alla ricerca di un terreno per costruire una casa
minima.11 La ragione di questa «nuova impresa»,
come la designerà il padre nel suo diario,12 è probabilmente anche d’ordine economico, tant’è che in seguito alla crisi che si abbatte sull’Europa nell’immediato
dopoguerra, i genitori si definiranno come «nouveaux pauvres» nella corrispondenza di famiglia.
Il dado è tratto nel settembre del 1923: «Oggi riparte
il nostro caro Édouard con cui abbiamo trascorso tre
settimane delle più intime e consolanti. Ci siamo occupati, e lui particolarmente, di delineare una soluzione per un nostro alloggio futuro; non abbiamo
trovato nessuna strada veramente praticabile; tutto
troppo caro, o in luoghi impossibili. Ed [sta sovente
per il figlio Edouard nel diario del padre] ci propone
la costruzione di una casa molto piccola, «purista» secondo l’intendimento che comincia a profilarsi nelle
sue realizzazioni a Parigi; abbiamo visitato due terreni prossimi al lago, che potrebbero essere presi in
considerazione. La soluzione per il momento è sospesa fino a quando Ed non avrà elaborato i piani e interpellato un imprenditore. La nostra disponibilità
economica è attualmente molto bassa circa 3600
franchi di reddito in totale. È molto poco».13
La caccia al terreno «giusto» si rivelerà estenuante: proprietari poco inclini a vendere, diffidenti,
esosi – stando a Le Corbusier, impetuoso e impaziente di concludere. Ma le difficoltà maggiori vengono dalle esigenze che Le Corbusier stesso si impone e, via via, precisa.
— Una prima, fondamentale esigenza consiste nel reperimento di un terreno che offra la vista dello stesso
paesaggio che aveva incantato e decantato il padre a
Les Châbles. Questa ricerca è attestata, fra l’altro, da
un Cahier de dessins ricco di schizzi e disegni nei quali
Le Corbusier ha ritratto luoghi, e rispettivi paesaggi,
investigati in collina o al lago, talvolta punteggiando
nella veduta il perimetro dell’ipotetico progetto, talaltra abbozzandolo in pianta, alzato e vedute prospettiche.14 Lo chalet di Les Châbles servirà da parago2. L e C orbusier, Pe tite
Maison, 1923-1924,
veduta d’epoca dal
lago della casa appena
realizzata, con il
prospet to intonacato
di bianco e il muro
che delimita il giardino
verso la riva in muratura a vista trat tata con
uno strato bianco di
pit tura (Fondation Le
Corbusier L3 (17) 32).
2.
44
LA FINESTRA
ne anche per l’arredamento: nel foglio FLC 5055
dello stesso Cahier n. 9, riempito di schizzi planimetrici, in alto sono inventariati, con le loro misure, tutti i
pezzi d’arredo (un canapè, un armadio a due ante, il
pianoforte a coda Ibach, un sécrétaire, il letto doppio
dei genitori, il sécrétaire disegnato da Le Corbusier per
la madre attorno al 1915, il tavolo della sala da pranzo) e sono indicate le misure del salon, cioè 4,80 x
4,50 m con la nota «très grand», l’altezza in luce di
2,70 m e le misure della cucina: 2,50 x 3,00 m. Quasi
che Le Corbusier si fosse dato come obiettivo di far
meglio per risarcire i genitori di una precarietà che
gli è in parte imputabile. Corollario di questa esigenza è la localizzazione geografica relativamente limitata dei terreni prospettati, che va dalla magnifica
«côte de Lavaux», a Rivaz, Corseaux, Vevey, alla Tour
de Peilz, alle alture di Clarens (in un disegno figura il
castello «du Châtelard»).
— La seconda esigenza s’innesta sull’istanza paesaggistica, che è contingente, e consiste nell’ambizione di Le Corbusier di voler conferire uno statuto teorico e/o metodologico alle innovazioni
diverse che la sua attività progettuale via via produce, come l’introduzione di una «nuova parola» architettonica nella fattispecie della «finestra a nastro»;15 l’esplorazione del potenziale spaziale e
percettivo di questa nuova parola derivata, nella
doxa lecorbusiana, dalle nuove tecniche costruttive; infine, il collaudo di nuove figure architettoniche che hanno la funzione di attirare l’attenzione
del fruitore giustamente sulle prestazioni e relazioni specifiche: strutturali, spaziali, percettive e simboliche, dei vari dispositivi architettonici messi in
atto. Si vedrà infatti che la Petite Maison, nata per
soddisfare nell’urgenza la richiesta di un’abitazio-
ne minimale per i genitori, assume via via i tratti di
un «manifesto architettonico» – il primo di una
lunga serie? – che illustra con la consequenzialità
di un teorema i portati della paziente ricerca lecorbusiana.
Vediamo come. Le esigenze minime di una coppia
anziana, la necessità di ridurre ogni spreco di superficie limitando al minimo la distribuzione a vantaggio
del salon, l’importanza assegnata alla vista sul paesaggio, coniugate al fatto che i diversi terreni, tanto al
lago che sulle alture, suggerivano un impianto planimetrico lungo e stretto parallelo alla riva o alle curve
di livello, incitano Le Corbusier verso una «casa purista a forma di vagone», come annota il padre nel suo
diario.16
La storia dell’architettura
come storia di finestre
Corrisponde pertanto al vero l’affermazione di Le
Corbusier: «Progetto in tasca, sono andato a cercare
un terreno» e la spiegazione che «i nuovi materiali
dell’architettura consentono di sfruttare un terreno
in qualsiasi circostanza»,17 perché lo attestano diversi
disegni e schizzi della Petite Maison in collina, calata
fra le terrazze dei vigneti – vale a dire in quel «paesaggio del Lemano, tutto fatto a mano» come spiegava nella conferenza tenuta il 18 febbraio del 1924 a Losanna, dove la Petite Maison, ancora in fieri, già serve a
illustrare la nozione di «standard», la casa come «machine à habiter», «la revisione di tutti gli elementi
[che] procedono dal dentro al fuori», l’origine delle
sensazioni eccetera.
Le note per quella conferenza rivelano che Le
Corbusier, certamente per la prima volta, espone la
sua storia dell’architettura, ricondotta a una storia di
3. Le Corbusier, Petite
Maison, 1923-1924,
veduta d’epoca
del giardino con il muro
di ri va in cui è ric avat a
la finestra tipo
«buco nel muro»; la mano
di bianco data alla
muratura, l’aper turave dut a e il davanz ale
arredato con og get ti
domestici, il tavolo
e le sedie, posate su
di un piano pavimentato,
conferiscono a questo
angolo di giardino
le connotazioni di un
interno. Le Corbusier
in Précisions a proposito
del giardino: «Une salle
de verdure – un intérieur»
(Fondation Le Corbusier
L3 (17) 55).
3.
45
LA FINESTRA
4.
4. Le Corbusier,
Petite Maison,
1923-1924, schizzo
prospet tico del giardino
(Fondation Le Corbusier
DE 4897).
finestre e dei presupposti materiali e tecnici che ora
permettono la finestra a nastro: storia illustrata da
una serie di schizzi diagrammatici di finestre storiche
e moderne... e da un curioso disegno della Petite Maison, la quale appare in primo piano sullo sfondo del
lago e delle Alpi savoiarde, ma con la finestra a nastro
rivolta verso chi guarda, cioè verso monte, perché
questo disegno ha uno statuto concettuale all’interno
di un paragrafo che abborda «la questione architettura paesaggio».18
Ma l’atto di nascita della finestra a nastro come dispositivo innovante che, mettendo a profitto un progresso
tecnico, migliora l’apporto della luce naturale e rivoluziona la relazione interno esterno, precede la conferenza di Losanna e deve qualcosa, ma non sapremmo
quanto, a una provocazione di Perret. In una intervista concessa al giornalista Guillaume Baderre della rivista «Paris-Journal» nella prima quindicina del mese
di dicembre del 1923, a proposito del recente Salon
d’Automne, Perret, tra le altre cose, critica forma e ripartizione delle aperture così come ha potuto osservarle nei modelli esposti da Le Corbusier; e fra questi
la Villa La Roche (Auteuil, 1923-1925).
«Il sig. Auguste Perret ci parla
dell’architettura al Salon d’Automne»
Questo titolo su due colonne nell’edizione dell’1 dicembre 1923 del «Paris-Journal» annuncia l’intervista
accordata da Auguste Perret a proposito della sezione
Architecture et Art urbain al Salon d’Automne aperto
dall’1 novembre al 16 dicembre del 1923. Stando alle
parole del giornalista Guillaume Baderre, questa sezione aveva colpito in particolar modo la curiosità del
pubblico: «Gli uni sono rimasti sedotti dall’arditezza
delle concezioni dei nostri giovani costruttori, gli altri
ne furono invece scandalizzati, ma nessuno è rimasto
indifferente».
Al centro dello scandalo sono gli oggetti esposti da Le
Corbusier e Pierre Jeanneret: «Le discussioni sorsero
soprattutto a proposito dei numerosi modellini presentati da Le Corbusier e Jeanneret, architetti la cui
nuova tecnica sovverte ogni tradizione».19 II catalogo
del Salon dà notizia soltanto di due modelli di hôtels
privés, senza ulteriori precisazioni, ma è probabile che,
oltre alla Villa La Roche e alla Villa Besnus a Vaucresson (1923), fossero esposti anche l’hôtel particulier a
Rambouillet (1923-1924) e un’abitazione del tipo Citrohan (1921-1922).20 L’intervista si risolve in un attacco frontale ad Adolf Loos, a Le Corbusier e Jeanneret,
particolarmente insidioso perché ritorce contro i «nostri architetti d’avanguardia» i loro stessi argomenti,
accusandoli di fomentare un nuovo accademismo formale, del tutto simile a quello che professano di combattere e, come questo, indifferente alle funzioni
dell’abitare. «I giovani architetti – sostiene Perret –
commettono in nome del volume e della superficie gli
stessi errori che, in un recente passato, si commettevano in nome della simmetria, del colonnato o dell’arcata
… Il volume li ipnotizza, non pensano che a quello e, in
un deplorevole spirito di sistema, cercano di creare le
loro combinazioni di linee senza preoccuparsi del resto; ma questo resto è importante: dimenticano l’abbiccì della professione, che è di costruire anzitutto
una casa abitabile».21
Questi «fabbrica-volumi», continua la requisitoria, riducono i comignoli a un rudimento compromettendone il tiraggio, e abolendo le cornici espongono le facciate a un rapido insudiciamento e deterioramento.
«Tali trasgressioni ai principi utilitari – specifica maliziosamente Perret – è curioso debbano constatarsi per
46
LA FINESTRA
5.
6.
5., 6. Vedute dell’enfilade
spaziale interna e della
finestra a nastro come
elemento che lega
i luoghi della casa e li
met te in rappor to con
il paesag gio
(foto dell’autore).
esempio in Le Corbusier, che è o si vanta di essere l’architetto utilitario per eccellenza».22 Ma la critica più
gravida di implicazioni è quella concernente le aperture, sia perché innesca le più virulenti repliche da parte
di Le Corbusier, sia soprattutto perché negli sviluppi
successivi della controversia Perret-Le Corbusier segnala un contrasto che, al di là degli argomenti strettamente tecnici ed estetici, marca lo spartiacque fra due
culture dell’abitare, intendendo il termine «culture»
nel suo significato più vasto, direi quasi antropologico.
Ma vediamo con ordine le posizioni in contrasto.
Pro e contro la «finestra a nastro»:
gli argomenti tecnici
In questa intervista, Perret insiste sulle contraddizioni tra forma e funzione nelle proposte architettoniche di Le Corbusier: «bisogna che la funzione crei
l’organo. Ma l’organo non deve eccedere la sua funzione. Una finestra è fatta per illuminare, per dar
luce a un interno, e questa è la sua ragione di esistere,
la sua prima qualità. Ha poi altre qualità secondarie,
una delle quali, ad esempio, è di abbellire la facciata
con le diverse forme che può assumere la sua apertura: ma questo non è che un dettaglio e sarebbe assurdo, prendendo in qualche modo la parte per il tutto,
considerare una finestra unicamente come un motivo ornamentale. Ora questa è un po’ la tendenza di
Le Corbusier; per ottenere degli effetti di volume dispone le sue finestre a gruppi, lasciando vaste superfici completamente cieche; oppure, sempre per l’eccessiva bizzarria del suo disegno, tortura le aperture
allungandole esageratamente in senso verticale oppure orizzontale. L’effetto che si ottiene all’esterno è
assai originale, ma temo che l’effetto interno non lo
sia per niente: la metà dei locali deve mancare com-
pletamente di luce, il che vuol dire spingere l’originalità un po’ troppo lontano».23
Quest’ultima critica soprattutto colpisce nel vivo Le
Corbusier, che risponderà risentito in due riprese,
dalle pagine dello stesso «Paris-Journal». La prima,
pubblicata nell’edizione del 14 dicembre, si intitola
Une visite à Le Corbusier-Saugnier (Una visita a Le Corbusier-Saugnier), visita intrapresa dallo stesso Baderre per ascoltare «l’altra campana». Qui Le Corbusier
si dice costernato della scarsa collegialità dimostrata
da Perret, che espone in pubblico argomenti lesivi e
per di più falsi. Contestate sbrigativamente le critiche
ai comignoli e all’assenza di cornici, l’architetto affronta di petto la questione delle aperture: «E finalmente
l’ultimo fiero rimprovero di Perret: Le mie finestre
non illuminano. E qui io scatto, perché l’ingiustizia
grida vendetta. Ma come? Io mi sforzo di creare degli
interni chiari e ben illuminati; … e proprio per questo il disegno delle mie facciate può sembrare ai soliti
conformisti un po’ stravagante. (Stravaganza voluta,
dice Perret; ma certamente, voluta; e non certo per il
mero piacere della stravaganza, bensì per far entrare
il più possibile, a torrenti, l’aria e la luce nelle mie
case; e quindi quella cosiddetta stravaganza qui non è
che la risultante del mio desiderio di sacrificare tutto
alle esigenze vitali). E mi si accuserebbe di costruire
dei tuguri malsani, quando è proprio questo che io
odio di più, e che più mi affanno a evitare. Tutta la
mia architettura è in funzione delle finestre. Finestre
completamente adattate alle nuove condizioni del cemento armato e della metallurgia, ma anche riadattate alle funzioni umane. Le finestre sono il mio assillo
principale, assillo di tecnico e di esteta. Vorrei che
Perret sapesse che, dopo anni di studi, finalmente le
mie finestre saranno costruite in serie da una grande
47
LA FINESTRA
officina metallurgica; dovrebbero funzionare come
macchine di precisione, e questo di per sé non è cosa
facile da ottenere».24
La controversia doveva interessare anche il pubblico
non specializzato, se nel «Paris-Journal» del 28 dicembre Guillaume Baderre riferisce di una Seconde visite à
Le Corbusier (Seconda visita a Le Corbusier).25 Questa
volta l’articolista prende le parti di Le Corbusier e ne
riassume le note tesi a favore della finestra a nastro,
anticipando i testi e le conferenze che le hanno poi
rese di dominio pubblico. In sintesi: la finestra verticale tradizionale è imposta da tecniche costruttive
ormai superate (pietra e mattone), che permettono
soltanto piccole portate e richiedono ampie sezioni
piene nei muri di sostegno; per questa ragione negli
edifici di prestigio l’aumento della superficie illuminante richiedeva un’altezza smisurata delle aperture
e, di conseguenza, dei locali. L’impiego del calcestruzzo armato, che permette grandi luci e la drastica
riduzione degli appoggi, offre ora la finestra a nastro.
«Quindi – riferisce Baderre – questa è più comoda. A
parità di superficie rischiara meglio: effettivamente
la sua forma le consente di raccogliere tutta la luce
all’altezza utile, che è quella degli occhi di chi abita la
casa. Le finestre di modello vecchio perdono una
buona metà della luce utile rischiarando per tutta la
loro altezza, da un lato il pavimento, dall’altro il soffitto, il che non serve a nessuno. È necessario, beninteso, che il pavimento sia illuminato. Ma il massimo
dell’illuminazione deve trovarsi a mezza altezza, che
è la parte in cui si vive, l’ambiente che va dalla testa ai
piedi. D’altronde una gran parte di quelle finestre
che arrivano fino al pavimento spesso è coperta dai
mobili che vi si mettono davanti; tavoli o sedie fanno
da schermo e intercettano la luce buona. Tale inconveniente sparisce con la finestra a mezza altezza.
Quest’ultima ha anche il vantaggio di consentire l’abbassamento dei soffitti … Oltre all’economia di spazio che rappresentano, i soffitti bassi danno del resto
la sensazione di essere più confortevoli, sembrano
fatti apposta per l’uomo, come un abito su misura.
Sembra quindi superfluo insistere ancora sull’utilità
così evidente della trasformazione delle finestre». Ma
il pezzo forte dell’articolo consiste nella pubblicazione dei primissimi studi – la planimetria e una prospettiva – per la Petite Maison a Corseaux, sul lago
Lemano, che Le Corbusier e Pierre Jeanneret stanno
progettando per i genitori dell’architetto.26 La pianta
di questa minuscola abitazione costituisce un’autentica sfida alle critiche di Perret. «Una vera e propria finestra non c’è che su un solo lato, ma questa corre
lungo tutta la facciata»; e tuttavia, insiste l’articolista,
essa basta ampiamente a illuminare l’intera abitazione: «poiché, oltre alla capacità illuminante che le
conferiscono le sue dimensioni, va a finire esattamente, da ambedue i lati, fino agli angoli che forma coi
muri perpendicolari alla sua superficie. Questi muri
bianchi filano così, direttamente, nel paesaggio, senza interposizione del rilievo di alcuna spalletta; sono
inondati di luce».27
Nel momento in cui Perret e, per sua bocca, l’«Istituzione» («un’autorità dell’architettura», aveva scritto con
deferenza Baderre; «parla un dio dell’Olimpo», gli fa
ironicamente eco Le Corbusier in una caustica lettera a Perret),28 pronuncia l’interdetto, Le Corbusier
risponde con un’opera dove il pezzo incriminato assume valore di manifesto. Nel prezioso libriccino
compilato a distanza di trent’anni dalla realizzazione,
Le Corbusier non esiterà infatti a definire questa finestra a nastro «l’attore primordiale della casa», e ancora: «l’unico attore della facciata».29
Fin qui la disputa pro o contro le aperture lecorbusiane sembra vertere principalmente su questioni tecniche: l’illuminazione dei locali, le possibilità costruttive, l’economia di spazio eccetera. Ma ben altro bolle
in pentola!
Langfenster –
die Bedrohung des traditionellen Interieurs
La Petite Maison a Corseaux, 1923-1924
In dem Essay von Bruno Reichlin aus seinem Buch Dalla «soluzione
elegante» all’«edificio aperto». Scritti attorno ad alcune opere
di Le Corbusier (Hrsg. Annalisa Viati, Navone Mendrisio Academy
Press 2013) werden Genesis und Bedeutung von Langfenstern in der
Form analysiert, die Le Corbusier zwischen 1923 und 1924 in der
Petite Maison in Corseaux realisierte. Das Werk und diese architektonische Figur beruhen auf zahlreichen Interpretationsebenen, die mit der
semantischen und ästhetischen Revolution der damaligen architektonischen Kultur zusammenhängen, von den Auswirkungen der Umgestaltung der Innenräume bis hin zu technischen Fragestellungen. Diese
Aspekte gehen deutlich aus dem berühmten Streit zwischen Le Corbusier
und Auguste Perret hervor – Perret sah in den Langfenstern das Zeichen einer gefährlichen Verletzung der kulturellen Werte des traditionellen Interieurs und allgemein ein Abstandnehmen von den Grundsätzen guten Bauens. Dieser Streit, der auch in der nicht fachlich gebildeten
Öffentlichkeit Resonanz fand, markierte nicht nur die Distanz zwischen
zwei Generationen, sondern erzählt auch von einem Klima, in dem
eine neue Konzeption und Realisierungsform von Architektur entstehen konnten, deren revolutionärer Charakter in der Neugestaltung der
einzelnen Elemente des Bauwerks lag.
48
LA FINESTRA
Note
1. «Mon père vécut une année dans cette maison.
Ce paysage le comblait» (Le Corbusier, Une petite maison,
1923, Girsberger, Zürich 1954, p. 15; trad. it. parziale in Id.,
Scritti, a cura di R. Tamborrino, Einaudi, Torino 2003,
pp. 459-462).
2. Cfr. bozza del testo Une petite maison, Fondation
Le Corbusier B2 (19) 100-117, p. 18, recante la dedica:
«à la mémoire de mon père Edouard Jeanneret Perret qui
vécut une année dans cette maison».
3. Cfr. Le Corbusier al padre, lettera del 29 novembre 1925,
conservata nella Biblioteca della città di La Chaux-deFonds, ora in Le Corbusier, Correspondance. Lettres à la
famille 1900-1925, a cura di R. Baudoui, A. Dercelles,
Infolio, Gollion 2011, p. 726.
4. Cfr. Le Corbusier, L’art décoratif d’aujourd’hui, G. Crès et Cie,
Paris 1925, capitolo «Confession», pp. 197-218, la citazione
è a p. 199; trad. it. Arte decorativa e design, con prefazione
di G. Gresleri e J. Oubrerie, Laterza, Bari 1973, pp.
199-222, la citazione è a p. 201.
5. II diario del padre di Le Corbusier, Georges-Édouard
Jeanneret-Perret, è conservato almeno in parte nella
Biblioteca della città di La Chaux-de-Fonds.
6. «Ce site est une salle de spectacle» (cfr. note preparatorie
per la conferenza data alla sala Rapp a Losanna il 18 febbraio
1924, foglio Fondation Le Corbusier C3 (6) 25 in basso a
destra, ora in T. Benton, Le Corbusier conférencier, Editions
du Moniteur, Paris 2007, p. 86; la sottolineatura è di Le
Corbusier).
7. Per le vicende relative alla Maison Blanche cfr.
K. Spechtenhauser, A. Rüegg (a cura di), Maison blanche.
Charles-Edouard Jeanneret Le Corbusier. Histoire et restauration
de la villa Jeanneret-Perret 1912-2005, Birkhäuser, BaselBoston-Berlin 2007, in particolare il contributo di C.
Courtiau, Le roman d’une œuvre de transition, ibidem, pp.
26-51; L. Schubert, La villa Jeanneret-Perret di Le Corbusier
1912. La prima opera autonoma, Marsilio, Venezia 2006,
in particolare le appendici. Cfr. pure Le Corbusier,
Correspondance. Lettres à la famille 1900-1925, cit.
8. Questo chalet era stato prodotto ed esposto in occasione
dell’Esposizione Nazionale Svizzera a Ginevra del 1896
nell’ambito della sezione «Village Suisse», poi venduto a
privati e rimontato a Les Châbles. Devo questa informazione a Patrick Moser, storico e sovrintendente del patrimonio, che ringrazio.
9. Per le circostanze del trasloco, cfr. Le Corbusier,
Correspondance. Lettres à la famille 1900-1925, cit. pp. 553-569.
10. Cfr. Georges-Édouard Jeanneret ai figli Albert e Edouard,
lettera del 10 novembre 1919, ora in Le Corbusier,
Correspondance. Lettres à la famille 1900-1925, cit. p. 566).
11. Un precoce accenno a questa intenzione si trova nella
lettera che Le Corbusier invia ai genitori il 20 marzo 1923
in occasione delle feste di Pasqua: «J’attends des nouvelles
du terrain. Avec Lotti et Albert vous pourrez déjà préciser
vos idées. Je puis venir quand vous voudrez»
(cfr. Le Corbusier, Correspondance. Lettres à la famille
1900-1925, cit. p. 650).
12. Cfr. Georges-Édouard Jeanneret, Diario in data 19 maggio
1924: «… le site est magnifique. Nous voilà embarqués dans
une nouvelle entreprise ... à notre âge! Est-ce bien?»,
quando finalmente si è conclusa l’acquisizione del terreno
a Corseaux.
13. Cfr. Georges-Édouard Jeanneret, Diario in data 5
settembre 1923.
14. Si tratta del Cahier de dessins n. 9, conservato alla Fondation
Le Corbusier.
Sul disegno a p. 3 (Fondation Le Corbusier 5053) figura
l’annotazione, apposta però com’è probabile, in epoca più
tarda: «ici: de page 3 à page 75 recherches pour un terrain
pour la maison «Le Lac» Jeanneret-Perret».
15. Le Corbusier userà sovente la locuzione «nouveaux mots» a
proposito dei dispositivi architettonici di cui si attribuisce
la paternità: ad esempio afferma «Les techniques nouvelles
nous ont apporté de nouveaux mots» (Le Corbusier,
Précisions sur un état présent de l’architecture et de l’urbanisme,
G. Grès et Cie, Paris 1930, p. 58; trad. it. Precisazioni sullo
16.
17.
18.
19.
20.
21.
22.
23.
24.
25.
26.
27.
28.
29.
stato attuale dell’architettura e dell’urbanistica, a cura di
F. Tentori, Laterza, Roma-Bari 1979, p. 74: «Le tecniche
nuove ci hanno conferito nuovi sostantivi»).
Cfr. Georges-Édouard Jeanneret, Diario in data 27
dicembre 1923: «Ed fait des plans très simples, d’une
maison puriste, forme wagon, un seul rez de chaussé».
«… je vous ai montré précédemment que les éléments
nouveaux de l’architecture moderne permettaient de
prendre contact avec un terrain dans toutes les circonstances. … Plan en poche, je suis allé chercher un terrain»
(Le Corbusier, Précisions, cit. pp. 127 e 130; trad. it. pp.
148-149).
«La question architecture paysage». Negli appunti per la
conferenza alla sala Rapp a Losanna il 18 febbraio 1924,
foglio Fondation Le Corbusier C3 (6) 25, Le Corbusier
annota: «L’homme fait le paysage. Le paysage Lémanique,
tout fait à la main, a Rivaz» (nell’originale sottolineatura di
Le Corbusier) ora in T. Benton, Le Corbusier conférencier, cit.
p. 86.
«Les uns ont été séduits par les hardiesses de conception
de nos jeunes constructeurs, les autres franchement
choqués, mais personne n’est resté indifférent. Les
nombreuses maquettes présentées par MM. Le Corbusier
et Jeanneret ont surtout soulevées les discussions, ces
architectes ayant une technique très neuve qui bouscule
toutes les traditions» (G. Baderre, M. Auguste Perret nous
parle de l’architecture, in «Paris-Journal», n. 2478, 7 dicembre
1923, p. 5).
Cfr. il Catalogue du Salon d’Automne 1923 (16e exposition),
Soc. Franç. d’imprimerie, Paris 1923, p. 344. È certo
che Le Corbusier e Jeanneret avessero esposto il grande
modello in gesso della Villa La Roche.
Cfr. G. Baderre, M. Auguste Perret nous parle de l’architecture,
cit. p. 5).
«Ces manquements aux principes de la construction sont
curieux à constater chez Le Corbusier, par exemple,
l’architecte utilitaire type, ou qui s’en vante» (ibidem, p. 5).
(ibidem, p. 5).
Cfr. G. Baderre, Une visite à Le Corbusier-Saugnier,
in «Paris-Journal», n. 2479, 14 dicembre 1923, p. 6.
Cfr. G. Baderre, Seconde visite à Le Corbusier,
in «Paris-Journal», n. 2481, 28 dicembre 1923, p. 3.
Il diario del padre di Le Corbusier, Georges-Édouard
Jeanneret, contiene un primo accenno all’intenzione
di costruire la casa in data 5 settembre 1923. La proposta
«d’une maison puriste, forme wagon», è menzionata per
la prima volta il 27 dicembre del 1923 (Georges-Édouard
Jeanneret, Diario in data 27 dicembre 1923, cit.).
Cfr. G. Baderre, Seconde visite à Le Corbusier,
cit. p. 3.
Le Corbusier a Auguste Perret, lettera del 13 dicembre
1923, Fondation Le Corbusier E1 (11) 239, ora in Le
Corbusier, Lettres à ses maitres, vol. 1: Lettres à Auguste Perret,
a cura di M.-J. Dumont, Éditions du Linteau, Paris 2002,
pp. 212-215, la citazione è a p. 213 (trad. it. Lettere a Auguste
Perret, Electa, Milano 2006).
«C’est une innovation constructive conçue pour le rôle
possible d’une fenêtre: devenir l’élément, l’acteur
primordiale de la maison. … La fenêtre est donc l’unique
acteur de la façade» (Le Corbusier, Une petite maison, 1923,
cit. pp. 30-31, 36).
49
LA FINESTRA
Gabriele Neri
Dalla feritoia al curtain wall
Figure e significati delle finestre di Vico Magistretti
in due edifici milanesi
Chi affronta, oggi, un problema creativo deve inserire il proprio pensiero nella realtà oggettiva che, di volta in volta, si
presenta alla sua interpretazione, perciò non disegnerà una
costruzione a Milano uguale a quella che avrebbe studiato
per il Brasile, e, anzi, in ogni via di Milano, cercherà di costruire un edificio appropriato ai motivi circostanziati. (…)
Una costruzione a Milano sarà diversa se debba servire per
uffici piuttosto che per abitazione – è naturale – ma anche se
sarà in un terreno o in un altro, vicino a certe costruzioni
preesistenti o ad altre.1
Ernesto N. Rogers
Con queste parole, esattamente sessant’anni fa, Ernesto Nathan Rogers (1909-1969) fissò una posizione
teorica che ebbe un impatto molto forte sui giovani
architetti milanesi chiamati ad affrontare i temi e i
contesti eterogenei messi a disposizione dalla riemergente metropoli. Proponendo la ricerca di un perenne adeguamento alla fenomenologia del reale piuttosto che l’idealistica prefigurazione di grandi visioni
ovunque valide, la posizione del direttore della rivista
«Casabella Continuità» entrava infatti in risonanza
con la propensione all’«eclettismo» che diversi architetti dimostravano di possedere. Troppo giovani per
aver vissuto in prima fila gli anni eroici del Movimento Moderno, essi non ne condividevano l’ortodossia
linguistica e il rifiuto per la storia, ma continuavano a
riconoscerne – come Rogers – la metodologia e non
potevano dimenticare la fondamentale lezione delle
avanguardie. Oltre a Luigi Caccia Dominioni (classe
1913), che in quegli anni si misurò spesso con registri
diversi alla scala architettonica e dell’arredo, su questa linea operativa si distinse il nome di Vico Magistretti (1920-2006): la sua produzione architettonica
tra la fine degli anni Quaranta e l’inizio degli anni
Sessanta rivela infatti una notevole varietà di soluzioni tipologiche e figurative che pur basandosi su radici specificamente personali devono molto alle sollecitazioni di Rogers, con il quale aveva stretto rapporti
durante la guerra quando entrambi si trovavano rifugiati, l’uno come studente e l’altro come professore,
al Champ Universitaire Italien di Losanna. Per comprendere nei fatti la natura di tale «eclettismo» può
essere interessante mettere a confronto due edifici
realizzati a Milano da Vico Magistretti nella seconda
metà degli anni Cinquanta, molto diversi tra loro per
contesto, premesse e risultati, concentrandosi su un
aspetto fondamentale: il progetto delle facciate e nello specifico le figure e i significati del sistema di finestrature impiegato.
Finestre, feritorie, bow windows e altro ancora
Il primo edificio, non tra i più conosciuti dell’architetto milanese né tra i più apprezzati,2 si trova al numero 3 di via San Gregorio, una traversa di corso Buenos Aires.3 Realizzato tra il 1956 e il 1958, fu concepito
per una destinazione mista, con residenze ai piani alti
e un cinematografo al piede dell’edificio: in quest’area infatti fin dai primi anni del secolo c’era il cineteatro Modena, che rimarrà attivo fino al 1958 per riaprire completamente rinnovato nell’agosto 1959.
Nonostante la regolarità dell’area, parte del tracciato
del Piano Beruto, Magistretti si trovò a fare i conti
con una condizione eccezionale: il lotto confina infatti con l’ultimo tratto esistente del grande lazzaretto
realizzato a partire dal 1489 per far fronte all’emergenza sanitaria scatenata dalla peste. Collocato fuori
1.
50
LA FINESTRA
dalla Porta Orientale della città, esso consisteva in un
vasto recinto quadrato – con lato pari a circa 375 metri – circondato da un fossato pieno d’acqua, definito
all’interno da 504 arcate su cui si affacciavano le celle
dei malati e una cappella al centro dell’impianto,
tutt’ora esistente. Dopo la peste del 1629-1630 il lazzaretto fu riconvertito per servire a scopi diversi – militari, agricoli, produttivi ecc. – fino agli anni Ottanta
dell’Ottocento, quando fu acquistato dalla Banca di
Credito Italiano e demolito per fare spazio alle lottizzazioni berutiane.4 Nel suo piccolo, e quasi inaspettatamente dato il tema progettuale e la distanza dal
centro storico, il compito affidato a Magistretti può
allora essere accostato a più celebri e rilevanti occasioni di progetto che in questi anni videro molti professionisti milanesi confrontarsi con le fabbriche storiche della città, a cominciare dal progetto di restauro
e ridefinizione del corpo martoriato dell’ex Ospedale Maggiore, trasformato in Università degli Studi.
Diversi disegni, conservati presso la Fondazione Magistretti,5 mostrano l’attenzione riservata dall’architetto al frammentario lacerto affacciato sulla via San
Gregorio: ad esempio uno schizzo, tracciato con inchiostro blu, mostra l’essenziale restituzione della facciata del lazzaretto con il rilievo degli elementi architettonici; la misurazione di finestre, timpani e camini;
l’analisi della tessitura in laterizio e della composizione di modanature e cornici.
L’impianto distributivo e volumetrico generale dell’edificio fu abbozzato in forma preliminare nell’ottobre del 1956.6 Il lotto, stretto e lungo, viene occupato
quasi interamente dalla sala del cinematografo, che
prende i primi due livelli fuori terra e il piano interrato con la platea ribassata e una galleria semicircolare;
gli appartamenti sono invece nei quattro livelli superiori, secondo una sezione rastremata in altezza. Gli
ultimi due piani sono arretrati rispetto alla strada e
contengono solo due appartamenti per piano, contro
i tre dei sottostanti. Oltre a raffinare le soluzioni planimetriche e ad approfondire l’allestimento della sala
del cinema, per cui viene studiato un interessante sistema di pannellature policrome in legno a trama verticale, nei mesi successivi Magistretti può concentrarsi sulla composizione delle facciate, in particolare
delle due rivolte verso strada e verso il lazzaretto. Dato
l’arretramento degli ultimi due piani, la facciata su
strada viene definita prevalentemente dai primi quattro livelli fuori terra, scanditi in cinque campate di
2.
3.
Titolo tedesco
Testo tedesco
1. Casa e cinematografo
in via San Gregorio a Milano,
1956-58. In primo piano
il frammento superstite del
Lazzaret to. Fo to Tommaso
Per fe t ti, cour tesy Fonda zione
Ma gis tr e t ti, Milano
2., 3. Vico Magistret ti, s tudi
p er le f ac ciate di via San
Gregorio, s.d.. Cour tesy
Fonda zione Ma gis tre t ti,
Milano
51
LA FINESTRA
4.
ampiezza variabile, legata alla distribuzione planimetrica retrostante, che negavano la simmetria generale.
Al centro si trova la fascia più sottile, corrispondente
all’ingresso alla zona residenziale e quindi al vano
scale, posto in facciata. Al piano terra questa scansione è dichiarata da un arretramento che va a creare
un piccolo portico, da cui si accedeva a un locale con
funzione di negozio e all’atrio del cinematografo.
Questa zona viene sottolineata dall’esternazione della struttura portante: al piano terra infatti i pilastri
pentagonali in cemento armato, rivestiti con lastre di
granito bocciardato, creano uno stacco cromatico rispetto al resto della facciata e soprattutto un lieve corrugamento che prosegue, con materiale diverso, nel
corpo superiore. Come dimostrano gli schizzi di studio, più che questo andamento verticale l’attenzione
di Magistretti si concentra dapprima sulla partitura
orizzontale, tutta giocata sulla ricerca del ritmo delle
finestrature rispetto alla massa piena della facciata. Il
lucido o il foglio di carta si trasforma in una sorta di
spartito musicale, dove il pentagramma è rappresentato dalle fasce orizzontali corrispondenti all’altezza
d’interpiano, destinate a riempirsi di variazioni ritmiche in cui la misura di suono e silenzio è delegata a
figure geometriche di varia derivazione. L’analisi di
queste finestrature, così come effettivamente realizzate o come ipotizzate durante nel corso del progetto,
offre spunti di riflessione interessanti.
La prima tipologia di bucatura, che assume la funzione di tema dominante e a cui spetta il compito di dettare l’andamento generale del prospetto, corrisponde
alle finestre degli ambienti principali e si cristallizza
fin da subito in forma di rettangolo verticale largo 90
cm, alto da pavimento a soffitto con un serramento
in legno laccato bianco. L’idea di utilizzare tale forma
e proporzione per gli ambienti principali non è un
dettaglio trascurabile: queste aperture si distanziano
infatti in maniera evidente dalle tipiche figure della
finestra razionalista così come declinata a Milano in
alcuni edifici che serviranno da riferimento per l’edilizia cittadina degli anni successivi. Ad esempio la
Casa Rustici (1935) di Terragni, dove grazie al telaio
in cemento armato le bucature si allargano orizzontalmente denunciando la funzione non-portante dei
tamponamenti; il Palazzo Montecatini di Gio Ponti
(1936); il celebre isolato di Asnago e Vender in via
Albricci (1939-1942 e 1953-1956), dove la finestra
mantiene il senso verticale ma con proporzioni
meno slanciate, spesso rimarcate dalla bipartizione
verticale del serramento; oppure anche le Case Albergo di Luigi Moretti (1950), con bucature ancora orizzontali. La finestra di via San Gregorio trova invece
riferimenti in edifici come la Casa al Parco (1948) di
Ignazio Gardella e la casa di Caccia Dominioni in
piazza Sant’Ambrogio (1949); oppure – anche se qui
la tipologia è molto diversa – nella Torre della Permanente di Achille e Pier Giacomo Castiglioni (1952).
4. Vico Magistret ti, det taglio della facciata di via San Gregorio in una
fotografia di Pino Musi, par te dell’opera «Facecit y Scroll» realizzata
per la Biennale di Architet tura di Venezia 2012. Foto Pino Musi
Analizzando l’opera di Magistretti questo tipo di finestra è ricorrente: si ritrova ad esempio nella torre
di via Revere (1956) e nell’edificio per abitazioni e
uffici di via Leopardi (1961). Tuttavia, il riferimento
più diretto è in realtà quello dell’edilizia storica e popolare milanese (e non solo), fornita spesso di finestre a tutta altezza con parapetto metallico e persiane
in legno. Non a caso negli ultimi due piani di via San
Gregorio, dove l’arretramento concede la presenza di
terrazzi, la tapparella avvolgibile usata ai livelli inferiori cede il posto a tradizionali persiane in legno,
come farà in diverse occasioni Caccia Dominioni.
In parallelo, Magistretti si concentra su un altro tipo
di apertura, di ampiezza minore, pensata soprattutto
per gli ambienti di servizio (cucine, bagni, vano scala), a cui viene delegata la funzione di contrappunto
contribuendo a generare una composizione più articolata e mossa. La matrice è sempre rettangolare, ma
le dimensioni ridotte e le proporzioni molto allungate rendono queste aperture simili a feritoie incise nello spessore del muro, che nel corso del progetto sono
pensate raggruppate in terzine – con l’apertura centrale più alta delle laterali –, in gruppi di cinque o
addirittura in numero maggiore. Tali soluzioni lasceranno tuttavia il posto a un’altra versione, composta
52
LA FINESTRA
5.
da una semplice feritoia molto stretta (20 cm) e allungata, di altezza variabile: nella seconda, quarta e
quinta campata essa prende la misura della finestra
principale (259 cm), mentre nella campata mediana,
in corrispondenza del corpo scale, viene disegnata –
rievocando l’idea germinale esplorata in precedenza
– una terzina fatta di finestre sfalsate tra loro e anche
rispetto alla scansione orizzontale dei piani. Come
sottolinea uno scatto di Pino Musi del 2012 (fig. 4),
realizzato per la mostra «Facecity»,7 si tratta di una
cesura particolarmente calcata e originale, che rompe la regolarità dell’orditura rimarcando l’asimmetria complessiva e la differenza funzionale di questa
zona dell’edificio. Il tema diventa quello del taglio,
che nella Milano degli anni Cinquanta non può non
far pensare agli squarci verticali di Lucio Fontana ma
anche alle fessure scavate in molti edifici della città
da diversi architetti. Si pensi alle scanalature che percorrono l’intera altezza dei due lati corti del grattacielo Pirelli (1960) o agli edifici di Luigi Moretti in via
Corridoni (1950) e corso Italia (1953): in quest’ultimo in particolare troviamo proprio delle sottili «feritoie» incise nella facciata cieca del corpo lanciato verso la strada. Interessante è come viene risolto il
serramento da Magistretti: la parte apribile, in legno,
si alterna infatti a una parte fissa composta da piccoli
oblò di vetrocemento tipo Favaron, impostati sopra a
una lastra di graniglia di porfido lisciata.
A mettere a sistema le finestre «principali» e le feritoie degli spazi di servizio ci pensano i davanzali, composti da una beola bianca martellinata inclinata di
circa 35 gradi verso il basso, espediente che Magistretti utilizzerà di lì a poco nella casa per abitazioni e
uffici in via Leopardi. Il colore chiaro della pietra
crea così, come accade con i pilastri alla base, un deciso stacco cromatico rispetto alla superficie della facciata, che è scandita da pannelli prefabbricati di cemento color vinaccia con finitura superficiale in
graniglia, in omaggio al laterizio del lazzaretto. Questi pannelli non hanno ampiezza uniforme, ma rispettano le dimensioni delle finestre diventando loro
sottomoduli.
La facciata rivolta al lazzaretto svela altre soluzioni. In
particolare, proprio in corrispondenza dell’edificio
storico Magistretti decide di approfondire un’ulteriore tipologia di finestra, creando – al terzo, quarto e
quinto piano fuori terra – dei leggeri bow windows
composti da cinque serramenti verticali che si estendono per una larghezza complessiva di 400 cm, adatti
a sfruttare la vista e il respiro concessi dal ben più
basso lazzaretto. Davanti ai serramenti bianchi è sovrapposto un parapetto metallico, anch’esso bianco,
che continua il gioco cromatico già visto in precedenza e che si relaziona con i parapetti degli ultimi piani
del fronte su strada, dando continuità alle due facciate. Un nodo fondamentale dell’edificio, di cui si trovano molti schizzi, è infatti costituito dal loro punto
5. Vico Magistret ti, edificio per uf fici in corso Europa a Milano,
1955-57. Foto Gabriele Basilico
d’incontro: in corrispondenza del quinto livello fuori
terra avviene l’arretramento della facciata principale,
mentre la facciata laterale prosegue la scansione con
l’ultimo bow window, sormontato dal terrazzo più alto,
che ne riprende la sagoma. Per le finestre della terza
e ultima facciata, rivolta verso l’interno del lotto, Magistretti pensa a ulteriori figure, come una bucatura a
forma ottagonale per il primo livello sopra al cinematografo.8
Curtain wall all’italiana
Completamente diversa è la facciata realizzata negli
stessi anni da Vico Magistretti in corso Europa (19551957): qui infatti l’architetto fu chiamato a costruire
un moderno palazzo per uffici in «un ambiente architettonicamente spurio e non qualificato».9 Per
questo edificio, composto da un corpo doppio profondo 14 metri con otto piani fuori terra e due sotterranei, il ricorso al curtain wall era obbligato, per ragioni funzionali, tipologiche e rappresentative. Piuttosto
che l’esplorazione di un abaco eterogeneo di finestre
da disegnare caso per caso, come aveva fatto in via
San Gregorio, l’architetto era chiamato a risolvere un
53
LA FINESTRA
problema a metà tra l’impaginazione grafica e il disegno industriale, campo in cui Magistretti si distinguerà di lì a poco: individuare un modulo geometrico e
delle soluzioni costruttive replicabili per l’intera superficie, magari sfruttando prodotti già presenti sul
mercato.
La necessità di ottimizzare la superficie interna, che
la committenza voleva suddivisa nel maggior numero
possibile di unità immobiliari indipendenti, portò a
scartare fin da subito l’idea di avere una facciata completamente vetrata da pavimento a soffitto, cosicché
fu posta a 140 cm la quota del davanzale (e quindi
della parte cieca) per poter disporre anche della parete esterna per appoggiare gli arredi. Come si vede
in alcuni schizzi preliminari (fig. 6), inizialmente
l’opzione più lineare appariva quella di dividere ogni
interpiano in due fasce orizzontali: la prima alta 140
cm, rivestita in intonaco in graniglia di porfido, e la
seconda vetrata, con serramenti all’incirca quadrati e
accoppiati, apribili a bilico orizzontale, oppure composti da moduli più piccoli leggermente sfalsati. Queste soluzioni sono però presto superate da una maggiore articolazione delle parti: Magistretti non vuole
infatti rinunciare alla possibilità di avere una superficie vetrata a tutta altezza, e comincerà a verificare un
«compromesso». Ancora una volta i disegni conservati documentano lo studio comparativo di varie soluzioni, che foglio dopo foglio fanno abbandonare la
prima soluzione smembrando la fascia cieca e quella
vetrata in composizioni grafiche di memoria neoplastica. Si tratta di schizzi tracciati prima a matita e poi
ripassati a pennarello a punto spessa che tengono
conto sia delle necessità funzionali – verificando la
posizione dei classificatori da ufficio – sia della figura
7.
6.
6. Vico Magistret ti, schizzo di studio preliminare
della facciata dell’edificio di corso Europa, s.d.
Si noti come questa soluzione preveda due fasce
orizzontali ben definite: pannello in pietra-finestre.
Cour tesy Fondazione Magistret ti, Milano
8.
7., 8. Vico Magistretti, studi del modulo di facciata dell’edificio di corso Europa in relazione
alla disposizione degli interni, s.d. Cour tesy Fondazione Magistret ti, Milano
9.
9. L’uf ficio tipo visto dall’interno in una
foto d’epoca. Foto Gian Sinigaglia
54
LA FINESTRA
11.
10.
umana e del suo punto di vista: in uno di questi (fig.
7) si vedono addirittura affiancate due soluzioni con
le scritte «NO» e SÌ», che segnano l’irreversibile momento in cui si compie la «liberazione» di un breve
tratto di facciata e la nascita della definitiva tripartizione verticale del modulo. A sinistra e a destra permane l’alternanza in verticale di fascia cieca e trasparente, con serramento a ghigliottina da un lato e ad
anta a ventola (apribile solo per la pulizia) dall’altro;
al centro invece, per poche decine di centimetri, il vetro si fa continuo e dona finalmente la visuale da pavimento a soffitto, come del resto – in maniera però
molto diversa – accade negli appartamenti di via San
Gregorio. Per ovvie ragioni di sicurezza, quest’ultima
fascia è divisa in due parti: quella superiore con serramento ancora a ghigliottina e quella inferiore fissa,
con vetro di sicurezza. Tende alla veneziana color grigio chiaro provvedono a schermare la luce in eccesso.
Il risultato è un modulo molto articolato, con la parte
vetrata a forma di «T» asimmetrica (le due fasce laterali sono di ampiezza diversa) e due zone basse ai lati
in lastre di granito bianco lucidato, che si ripete sei
volte in orizzontale e sei in verticale. In alcuni disegni
di studio (fig. 10) i moduli della facciata sono pensati
sfalsati, giocando sulla loro asimmetria; Magistretti
tuttavia preferirà allineare in verticale le fasce centrali vetrate, per formare un unico nastro interrotto soltanto, in corrispondenza delle solette, da brevi inserti
in granito. Ad esse si aggiungono poi le fasce verticali
costituite dai pilastri in cemento a vista della struttura
portante – più strette e senza interruzioni – che se-
10. Vico Magistret ti, schizzo di studio della facciata dell’edificio
in corso Europa, s.d. Si noti la dif ferenza nell’allineamento
dei moduli rispet to alla soluzione realizzata.
Cour tesy Fondazione Magistret ti, Milano
11. Vico Magistret ti, edificio per uf fici in corso Europa. Det taglio
del cur tain wall con in evidenza la terrazza all’ultimo piano.
Foto Gabriele Basilico
parano in verticale un modulo dall’altro (fig. 11).
L’accoppiata di queste linee infonde un eccezionale
dinamismo alla facciata, rinforzato ulteriormente
dall’asimmetria di ogni modulo e dalle leggere ma
ben percettibili divisioni orizzontali costituite dai serramenti a ghigliottina, posti ad altezza variabile nel
corso di una stessa giornata in funzione della loro
apertura. Per certi versi questo ritmo potrebbe ricordare lo smottamento provocato in via San Gregorio
dalle «feritorie» sfalsate in corrispondenza del blocco
scale. La scansione verticale di corso Europa viene
inoltre sottolineata da elementi a T in alluminio verniciato grigio scurissimo, che servono sia come coprigiunto tra i diversi materiali (granito-cemento armato-serramento) sia come montante di battuta per i
serramenti. Viene di certo alla mente l’utilizzo di profilati metallici nel lessico di Mies van der Rohe, inevitabile punto di riferimento internazionale per la progettazione di curtain wall in quegli anni; tuttavia a
Milano la facciata è complanare e quindi gli elementi
metallici hanno una funzione grafica, e senza intervenire per dare rilievo tridimensionale all’ordito, secondo una concezione architettonica molto diversa.
55
LA FINESTRA
Se le facciate di Mies ostentano la sublimazione dell’assemblaggio meccanico di elementi industrialmente
prodotti in un ordine architettonico della modernità,
ponendosi come modello ideale per l’edilizia commerciale americana, Magistretti offre invece una performance «tipografica» in cui il montante, il serramento e
la lastra di vetro sono ridotti a componente grafica di
un impaginato che delimita la nuova quinta urbana.
Su questo dettaglio l’architetto milanese si concentra
studiando a mano libera (fig. 12) la silhouette del singolo profilo metallico e la sua unione con le varie
componenti della facciata, dando prova della sua dimestichezza con la «meccanica» dell’architettura.
Egli è inoltre molto attento alle questioni realizzative
e produttive: come precisa nella relazione tecnica, l’idea di dividere in questo modo le parti vetrate della
facciata consentì «di valersi di serramenti già prodotti in serie e in dimensioni relativamente piccole con
evidenti vantaggi economici di funzionamento; le
differenze di misure sono state assorbite nel grande serramento a ventola semi fisso e “fuori serie”».10
La divisione dei serramenti, fatti in lega d’alluminio,
permetteva anche «lo spostamento dei tavolati divisori secondo uno scatto di misura che permette ai locali
una variazione di dimensione adatta alle probabili o
possibili future destinazioni (piccola segreteria, grande ufficio ecc.)».11 Dettaglio tecnico, organizzazione
planimetrica e risultato estetico sono insomma perfettamente coordinati.
La moltiplicazione orizzontale e verticale del modulo
di facciata, che si ripete sei volte in orizzontale e sei in
verticale, viene confinata da una fascia basamentale e
una di coronamento. In basso, una pensilina in cristallo opaco divide piano terra e piano ammezzato
dal corpo dell’edificio; serrande a inferriata verniciate di bianco proteggono, scorrendo a saliscendi tra
un pilastro e l’altro, le vetrine dei negozi. In sommità
invece la presenza di un cornicione ad ala inclinato
verso l’alto – presente negli schizzi di Magistretti fin
dalle prime soluzioni di facciata – segna la conclusione dell’edificio, anticipata da un arretramento del
volume e delle superfici, che nelle due campate esterne si fa più marcato e dà vita a una terrazza che rompe la regolarità dell’impaginato. In questa tripartizione dell’organismo architettonico si può trovare
un’analogia di metodo rispetto all’edificio di via San
Gregorio, anch’esso diviso in base, corpo e coronamento arretrato; inoltre proprio nella terrazza asimmetrica all’ultimo livello troviamo inaspettatamente
l’utilizzo di due portefinestre con le imposte a persiana e una ringhiera metallica che rievocano il carattere domestico dell’edificio davanti al lazzaretto.
Si ricorderà infine che mentre Magistretti progetta il
curtain wall di corso Europa Gio Ponti stava mettendo
a punto la facciata del grattacielo Pirelli (1955-1960),
a cui l’edificio deve una parte consistente del suo carattere differenziandolo da molti altri esempi coe-
12.
12. Vico Magistret ti, det taglio di un disegno di studio del modulo
di facciata, s.d.. Cour tesy Fondazione Magistret ti, Milano
vi. Composta da un sistema di montanti e traversi in
alluminio – il cosiddetto stick system, molto diffuso negli anni Sessanta – anche la facciata del Pirelli fu studiata in accordo con la disposizione interna: un modulo di 95 cm, su cui si basa l’intero sistema degli
arredi, scandisce infatti la misura dei serramenti in
alluminio secondo un ritmo 1-2-1. La necessità di collocare arredi in facciata decretò inoltre la divisione
verticale di tali serramenti in tre fasce: pannello cieco, vetro-camera Saint-Gobain Thermopan 79 e ancora pannello cieco. Sia in corso Europa sia nel Pirelli
ci si trova di fronte a una declinazione tutta italiana
di una tipologia trattata in altri paesi in termini più
rigidi: sebbene, come si è visto, anche Magistretti e
Ponti si relazionino con le disponibilità del mercato, i
loro curtain wall non possono essere intesi come il risultato di un assemblaggio ma come frutto di un preciso disegno, in cui l’approccio artigianale è visibile nelle premesse e negli esiti finali. Emerge allora
un’interpretazione polemica del curtain wall, come
ha osservato il catalano Oriol Bohigas: «L’aspetto vibrante e quasi gratuito della facciata è un deciso attacco nei confronti di tutta l’architettura neocapitalista dell’efficienza levigata, delle convenzioni dello
standard sociale, del perfezionismo tecnologico apparente e del falso razionalismo che appaga le coscienze».12
Complessità e contraddizioni
Gli edifici progettati da Vico Magistretti per via San
Gregorio e corso Europa dimostrano la sua camaleontica capacità di passare con disinvoltura da un
tema – e da uno specifico registro – all’altro: in questo caso da un appartato edificio d’abitazione (con
cinematografo) in cui proporzioni e dettagli alludo-
56
LA FINESTRA
no alla nostalgia di un passato borghese affiancandosi con sobrio rispetto a un frammento di una Milano
scomparsa, a un visibilissimo e moderno edificio di
rappresentanza nel cuore pulsante della città degli
affari trattato in superficie secondo la lezione delle
avanguardie e con grande consapevolezza tecnologica. Paradossalmente, nonostante la profonda distanza tipologica e contestuale tra le due facciate, l’analisi
svolta ha portato all’identificazione di non pochi
punti di contatto: ad esempio la suddivisione dell’edificio in tre fasce orizzontali (base, corpo e coronamento); l’esternazione della struttura portante, tesa a rimarcare un ritmo verticale; il favore per la figura
geometrica del rettangolo allungato, che sotto forma
di finestra, di fascia vetrata o di feritoia diventa la matrice ricorrente in entrambi gli edifici, spesso soggetta
a uno sfalsamento tendente a dare dinamicità all’edificio; la propensione per la finestra vetrata da pavimento a soffitto; l’utilizzo della pietra; il richiamo alla
tradizione edilizia cittadina ecc. A stupire, però, al di
là di questi elementi apparentemente in comune,
sono anche quegli inaspettati momenti di rottura che
contaminano il carattere dell’uno e dell’altro edificio: quelle improvvise alterazioni che scompaginano
il tema dominante seguito per il resto del progetto. In
via San Gregorio l’«intrusione» è rappresentata dalle
fessure verticali così ben catturate dallo scatto di Pino
Musi, asimmetriche, irrispettose dell’altrimenti regolare scansione orizzontale dell’impaginato e capaci di instillare una frattura neoplastica (o futurista, o
spazialista) nella domesticità milanese alla quale si
vorrebbe alludere. In corso Europa è invece quel bizzarro piano attico, con la sua terrazza fuori asse dotata
di persiane in legno, che immette un tono domestico
sopra a un curtain wall sperimentale e inequivocabilmente moderno, seppur non allineato con l’internazionalismo della coeva edilizia commerciale.
Per alcuni, una simile «versatilità» progettuale, e più
in generale la visione «fenomenologica» di Rogers,
avrebbe presentato limiti intrinseci nella «adesione
senza riserve […] all’unicità dell’occasione, vale a
dire la tendenza all’episodicità; il fatale modellarsi
dei principi sulle pieghe autobiografiche della poetica».13 Si può discutere a lungo sul carattere positivo o
negativo di questa tensione alla performance14, singolare, autosufficiente e spesso anche manierista; sta di
fatto che nei casi migliori tale approccio ha dimostrato di sapersi tradurre in una flessibilità critica lontana
dai pericolosi schematismi di formule apparentemente più sobrie e consolidate. Al «razionale» appiattimento al ribasso di buona parte dell’edilizia milanese
di quegli anni, architetti come Magistretti sostituirono infatti un’architettura piena di complessità e di contraddizioni – per utilizzare le categorie che Robert
Venturi esplorerà pochi anni dopo15 – inserendosi in
quel delicato processo di ripensamento della modernità che stava sconvolgendo la cultura architettonica.
Note
1. E.N. Rogers, Le preesistenze ambientali e i temi pratici
contemporanei, in «Casabella Continuità»,
n. 204, febbraio-marzo 1954, p. 4.
2. Cfr. M. Grandi, A. Pracchi, Milano. Guida all’architettura
moderna, Zanichelli, Bologna 1980, p. 308:
l’edificio è descritto come «appesantito da dettagli
scarsamente comunicativi».
3. Su questo edificio si veda: F. Irace, V. Pasca, Vico Magistretti
architetto e designer, Electa, Milano 1999, p. 50.
4. Cfr. L. Patetta, L’architettura del Quattrocento a Milano, Città
Studi, Milano 1987.
5. Costituita nel gennaio 2010, la Fondazione Studio Museo
Vico Magisretti occupa i locali in cui si trovava lo studio
dell’architetto, in via Conservatorio 20 a Milano.
6. Cfr. Fondazione Magistretti, V. Magistretti, Cinema
Modena. Studio di massima, tavola con disegni in scala
1:200, 29/10/1956.
7. La mostra «Facecity» (a cura di F. Irace) si è svolta durante
la Biennale di architettura di Venezia del 2012. Chi scrive
ha curato la sezione dedicata agli elaborati grafici
all’interno della stessa mostra.
8. Cfr. Fondazione Magistretti, V. Magistretti, Fronte verso
corte, scala 1:50, 17/1/1959.
9. [V. Magistretti], Relazione, in «Casabella Continuità»,
n. 217, 1957, p. 32.
10. [V. Magistretti], Relazione, cit., p. 32.
11. Ibidem.
12. O. Bohigas, Aspectos ya historicos en la obra de Vico
Magistretti, in «Cuadernos de arquitectura»,
n. 72, 2° trimestre 1969, pp. 35-49, qui p. 38.
13. M. Grandi, A. Pracchi, Milano, cit., p. 285.
14. Ibidem, p. 286.
15. R. Venturi, Complessità e contraddizioni nell’architettura,
Ed. Dedalo, Bari 1980 (ed. or. Complexity and Contradiction
in Architecture, New York 1966).
Vom Schartenfenster zur Vorhangfassade
In seinem Essay vergleicht Gabriele Neri zwei in Mailand in der
zweiten Hälfte der 50er-Jahre von Vico Magistretti (1920–2006)
errichtete Gebäude und analysiert anhand von originalen, in der
Fondazione Magistretti aufbewahrten grafischen Darstellungen die
Fassaden und die unterschiedlichen Fensterformen. Die beiden Gebäude unterscheiden sich hinsichtlich der Voraussetzungen und der
Ergebnisse stark voneinander. Im ersten (1956–58) befinden sich
ein Kino und Wohnungen. Es steht in der Via San Gregorio neben
einem wichtigen historischen Bauwerk aus früherer Zeit (dem letzten
Fragment eines Lazaretts, das gegen Ende des 15. Jahrhunderts errichtet wurde) und tritt mit diesem in einen Dialog. Das zweite
(1955–57) dagegen liegt am Corso Europa – einer damals neu im
Stadtzentrum angelegten Verkehrsader – und ist ein modernes Bürogebäude, das genauen Vorgaben bezüglich der Raumanordnung
und der Technologie entsprechen musste. Dieser Unterschied kommt
in der Gestaltung der Fenster zum Ausdruck. In der Via Gregorio
entwirft Magistretti unterschiedliche Lösungen, die eindeutig von
der modernen Architektur der vorhergehenden Jahrzehnte abweichen. Am Corso Europa setzt er dagegen auf die Modularität der
Vorhangfassade, die er eigenständig mit großer Distanz zu den herkömmlichen Modellen interpretiert. Die Analyse, aus der auch unerwartete Ähnlichkeiten zwischen den beiden Gebäuden hervorgehen,
zeigt die Flexibilität und Anpassungsfähigkeit an unterschiedliche
Themen, die das Werk Magistrettis kennzeichnen. Er wurde von der
Theorie Ernesto N. Rogers beeinflusst und steht für die allgemeine
kritische Neubetrachtung der rationalistischen Dogmen in der Architektur jener Zeit.
57
LA FINESTRA
Andrea Roscetti
Tappare i buchi?
La finestra e le politiche di risparmio energetico
L’incremento del livello di comfort termico e acustico
richiesto dagli occupanti degli edifici, associato agli
strumenti di attuazione delle politiche energetiche degli
ultimi anni, concentrate fortemente sugli interventi riguardanti il parco edilizio esistente, pongono il progettista di oggi di fronte a questioni sempre più complesse.
Negli edifici esistenti, al fine di migliorare le condizioni interne e di ridurre il ricorso agli impianti – e il
corrispondente elevato fabbisogno energetico – appare necessaria la sostituzione degli elementi con ridotta qualità isolante, come ad esempio i serramenti.
A supportare finanziariamente i proprietari sono attivi da tempo strumenti di incentivo agli interventi,
erogati a livello nazionale e locale.
È necessario definire una strategia chiara circa le modalità di intervento e le possibili alternative, curando
gli aspetti del dettaglio architettonico, la fattibilità e
la convenienza (economica ed energetica): in questo
ambito i requisiti normativi e legali a livello svizzero
risultano piuttosto stringenti.
In generale è possibile classificare gli interventi sull’elemento finestra in tre livelli di complessità e di impatto sulla progettazione architettonica del risanamento:
– manutenzione con sostituzione
– restauro
– risanamento energetico.
Le prime due categorie sono tipicamente riferite agli interventi su edifici protetti o di particolare pregio architettonico. In merito a tale categoria di edifici può essere
possibile derogare alle richieste dei regolamenti energetici: solitamente l’intervento si limita al ripristino funzionale dei serramenti e delle parti ammalorate degli edifici. In pochi casi sino a oggi si è operato in profondità
operando con soluzioni energeticamente interessanti.
L’intervento di risanamento energetico che a prima
vista appare più semplice è la sostituzione del serramento esistente.
Alle nostre latitudini una buona parte degli edifici è
già dotata di sistemi vetrati isolanti, con differenti caratteristiche termoisolanti e di trasparenza.
Le perdite energetiche invernali per trasmissione dai
serramenti rappresentano mediamente il 20-25% del
fabbisogno termico invernale per un edificio. Negli
ultimi venti anni i fabbricanti di serramenti, spinti anche dalle richieste di mercato e dalle normative volte
all’incremento di efficienza energetica, hanno realizzato prodotti con caratteristiche qualitative elevate.
Parallelamente la possibilità di scelta si è ampliata,
cercando sempre più di rispondere alle richieste dei
progettisti anche riguardo alle caratteristiche archi-
Condizioni per incentivi finanziari previsti dal
Programma nazionale di risanamento degli edifici
(Programma Edifici)
L’incentivo al risanamento degli involucri degli edifici è sogget to a condizioni uniformi in tut ta la Svizzera e vale per edifici costruiti prima del 2000.
Il Programma Edifici fissa dei contributi per metro quadrato
(30.- Fr. per elementi verso il clima esterno, 10.- Fr. per elementi verso zone non riscaldate).
Vengono sussidiati solo singoli elementi di costruzione dotati di buone carat teristiche isolanti. Il coef ficiente U minimo
del vetro ammesso per accedere al contributo è Ug ” 0.7 W/m2*K.
Molto impor tante è che le par ti adiacenti all’elemento risanato devono essere anch’esse risanate energeticamente. I
valori U minimi richiesti per le par ti opache verso il clima
esterno sono di 0.2 W/m 2 *K, mentre quelle verso le zone non
riscaldate devono avere U” 0.25 W/m 2 *K. Il contributo minimo per accedere agli incentivi deve essere pari almeno a
3000.- Fr.
A livello cantonale inoltre è possibile accedere a contributi
supplementari, che dipendono dalla qualità del risanamento
ef fet tuato (classe energetica CECE post-inter vento, cer tificazione Minergie o superiori) e dall’adozione di impianti che
sfrut tino fonti energetiche rinnovabili.
In molte altre nazioni sono presenti programmi simili, che
erogano finanziamenti in conto capitale o permet tono la deducibilità fiscale delle spese sostenute.
Riferimenti:
www.dasgebaeudeprogramm.ch
www.ti.ch/incentivi
tettoniche oltre che alle performance energetiche.
L’80% dei sistemi di finestra venduti oggi in Svizzera
è costituito da vetri tripli basso emissivi, che rappresentano di fatto uno standard per le nuove costruzioni e i risanamenti energetici. In valore assoluto è possibile valutare quale sia il miglioramento effettivo: si
passa da valori di trasmittanza medi dell’assieme vetro telaio di 5 W/m2*K a sistemi attuali che disperdono 1 W/m2*K, riducendo quindi le perdite termiche
invernali dell’80%. Nonostante tali prestazioni il potere isolante delle parti trasparenti rispetto a quelle
opache si è mantenuto costante e attorno a 1/5 anche
negli edifici di nuova costruzione.
La finestra rappresenta anche un sistema che in inverno permette di acquisire energia grazie alla radiazione solare, riducendo o addirittura migliorando il fabbisogno termico invernale degli edifici.
Gli edifici molto vetrati richiedono particolare attenzione in fase di progettazione. Già dal 2002 esistono
58
Altezza della finestra in luce 1,15 m
LA FINESTRA
Vetro:
superficie Ag; valore Ug; parte vetrata
Valore U della finestra
Distanziatore:
perimetro lg; ponte termico Ψg
Telaio:
superficie Af; valore Uf
Uw =
Finestra:
superficie Aw; valore Uw
A f . U f + A g . U g + l g . Ȍg
[W/m 2 K]
Aw
Larghezza della finestra in luce: 1,55 m
Vetro: valore Ug = 1,1 oppure 0,7 W/m2K
I diagrammi mostrano la dipendenza del valore complessivo
della finestra (U w ) dal rappor to tra le super fici del vetro e
quella dell’aper tura, dalle carat teristiche termiche del telaio
(U f ), del vetro (U g ) e del distanziatore (Ȍg ). Scelto il tipo di
vetro (U g ) con il relativo distanziatore (Ȍg) e il tipo di telaio (U f ),
si individua poi la % di par te vetrata. È quindi possibile leggere
sull’asse il valore U w complessivo della finestra.
Ogni diagramma ripor ta due varianti di telaio (U f ) in funzione
delle carat teristiche di vetro (Ug ) e distanziatore (Ȍg ).
I limiti di leg ge at tuali per la verifica tramite le esigenze
puntuali, che fissa il valore massimo ammessi per ogni
elemento costrut tivo (MoPEC 2008 – U w ” 1.3 W/m 2 K), sono
rag giungibili anche con vetri doppi (U g = 1.1) oppure con vetri
tripli (U g = 0.7) anche prevedendo telai poco isolanti (U f =2.2).
L’assemblea generale della Conferenza dei Diret tori cantonali
dell’energia ha proposto nel mag gio 2014 un valore U w massimo
per le nuove finestre di 1 W/m 2 K, rag giungibile esclusivamente
con vetro triplo, telaio e distanziatore di buona qualità. AR
Elementi grafici e dati Marco Ragonesi/Fak tor Verlag
1,40
Ug = 1,1 W/m2K
Ψg = 0,06 W/mK
Uf = 1,
4 W/m 2
K
1,35
U f=
0,9
2K
W/m
Ug = 1,1 W/m2K
Ψg = 0,05 W/mK
Limite MoPEC* 2008
Uw=1.3 W/m2K
1,30
Trasmittanza finestra Uw [W/m2K]
1,25
1,20
1,15
1,10
U f=
1,05
K
W/m
2,4
2
Limite MoPEC*
proposto nel 2014
Uw=1.0 W/m2K
1,00
Uf
0,95
=1
,4 W
/m 2
K
Ug = 0,7 W/m2K
Ψg = 0,06 W/mK
Uf = 0,9 W/ 2
m K
0,90
75
80
85
90
95
Ug = 0,7 W/m2K
Ψg = 0,05 W/mK
100
* Modelli di prescrizioni Energetiche dei Cantoni
Parte vetrata [%]
Vetro: valore Ug = 0,6 W/m2K
Vetro: valore Ug = 0,7 W/m2K
1,10
Limite MoPEC*
proposto nel 2014
Uw=1.0 W/m2K
1,00
,8
=1
Uf
2K
m
W/
0,95
1,00
Uf =
1,2
W/m 2
K
Limite MoPEC*
proposto nel 2014
Uw=1.0 W/m2K
Uf = 0,9 W/m 2K
0,95
Ψg = 0,06 W/mK
Ψg = 0,05 W/mK
0,90
Ψg = 0,04 W/mK
0,85
Trasmittanza finestra Uw [W/m2K]
Trasmittanza finestra Uw [W/m2K]
1,05
0,90
Uf =
0,85
Uf =
1,2
W/m
2K
2
W/
0,6 m K
Ψg = 0,05 W/mK
0,80
Ψg = 0,04 W/mK
0,75
Ψg = 0,03 W/mK
0,80
75
Ψg = 0,06 W/mK
80
85
90
Parte vetrata [%]
95
100
Ψg = 0,03 W/mK
0,70
75
80
85
90
95
100
Parte vetrata [%]
59
LA FINESTRA
linee guida per la progettazione e l’intervento su edifici con più del 50% della facciata trasparente o con
un rapporto tra superfici trasparenti di involucro e
pavimento superiore al 30% [cfr. Quaderno Tecnico
sia 2021:2002, Edifici vetrati - comfort ed efficienza
energetica]. In tali casi i rischi – surriscaldamento e
discomfort – sono molto elevati e il controllo deve essere eseguito sin dalle prime fasi della progettazione.
La finestra si può dire sia uno dei principali elementi
tecnici della costruzione: deve essere in grado di garantire il contenimento dei consumi energetici e il
comfort all’interno dell’edificio. Il bilancio energetico invernale e la protezione estiva dipendono principalmente dall’orientamento scelto, dagli elementi
architettonici circostanti e accessori e dalle caratteristiche delle componenti dei serramenti. Le aperture
non sono più solo lo strumento di captazione della
luce naturale come fino a metà del secolo scorso ma
anche e soprattutto una parte di una pelle trasparente e mutevole, le cui funzioni sono dettate dalle esigenze del progetto e degli occupanti dell’edificio.
Prodotti che integrano nel telaio sistemi di ventilazione a recupero di calore, nati per i risanamenti ma
adattabili a tutti gli interventi, rafforzano ulteriormente quest’immagine di finestra come elemento di
impianto sempre più integrato nell’involucro edilizio.
Per garantire la facilità di posa ed ermeticità, oltre che
per dipendere meno dalla qualità delle finiture, sono
state anche proposte soluzioni integrate per l’isolamento del foro della finestra, utili anche a integrare tutti gli
elementi che la compongono (veletta, davanzale, sistema di oscuramento, cassonetti per avvolgibili, …).
I parametri di scelta delle finestre coinvolgono differenti aspetti del progetto architettonico, in particolare:
– l’apporto di luce naturale, su cui incidono sia la quota della parte vetrata rispetto alla dimensione del
serramento sia il fattore di trasmissione luminosa;
– la modalità e l’efficienza di ventilazione, influenzata dalle caratteristiche del sistema di apertura del
serramento o dall’integrazione di sistemi di ventilazione meccanica;
– il livello di comfort acustico, su cui influiscono le
dimensioni, le caratteristiche degli elementi e la
cura del dettaglio architettonico;
– il comfort termico (altezza della vetrata per evitare
cadute di aria fredda, superfici trasparenti orizzontali ridotte e/o schermate per il clima estivo);
– le soluzioni statiche e di dettaglio architettonico, su
cui influiscono le caratteristiche dimensionali e di
peso dell’assieme di telaio e parte vetrata;
– la garanzia di assenza di punti di condensa, garantita dalle caratteristiche di isolamento delle componenti del serramento e in particolare del distanziatore tra i vetri (l’aria a 20°C e con il 50% di umidità
relativa condensa su superfici attorno ai 9°C);
– il posizionamento del serramento rispetto alla profondità della parete e il conseguente raccordo al materiale isolante degli elementi opachi, che influisce
sui ponti termici di raccordo tra parete e serramento;
– la modalità di smaltimento delle acque per garantire all’interno dell’edificio l’impermeabilità agli
agenti atmosferici.
Dal punto di vista puramente energetico è necessario
considerare:
– l’apporto energetico dovuto ai guadagni solari, fondamentale in inverno per contribuire a migliorare
il bilancio energetico e in estate per ridurre il surriscaldamento;
– le perdite di calore per trasmissione in inverno, dovute alla trasmittanza termica di tutte le componenti (vetro, telaio e distanziatore);
– il livello di ermeticità all’aria e conseguentemente
ai rumori, dovuto al dettaglio costruttivo scelto, alle
caratteristiche del serramento e al sistema di posa.
L’architetto si trova quindi di fronte a una scelta complessa, dovendo far coincidere le proprie scelte progettuali con i parametri che le leggi, la normativa e la buona pratica impongono. Per semplificare il compito sono
nati differenti sistemi di etichettatura, sviluppati a livello
nazionale e internazionale, utili a caratterizzare i prodotti e a fornire maggiori garanzie di qualità.
Tra le scelte fondamentali in caso di risanamento il progettista dovrebbe assolutamente considerare che, sostituendo i serramenti esistenti con elementi nuovi maggiormente isolanti termicamente ed ermetici all’aria, il
comportamento termo-igrometrico dell’edificio varierà. Il minor tasso di ventilazione inciderà sui livelli di
umidità relativa interna, se non corretto da adeguati
ricambi d’aria che però non devono vanificare i risparmi ottenuti dal maggior isolamento. La comparsa di
condensa superficiale e muffa sulle superfici che non
saranno isolate rappresentano i tipici problemi causati
da interventi parziali sull’involucro.
Un risanamento che includa l’intervento anche sulle
parti opache risulta fondamentale per minimizzare tali
rischi (oltre che a ridurre i consumi energetici), così
come una corretta informazione agli occupanti riguardo alle corrette modalità di ventilazione dei locali in
inverno e alla gestione delle aperture e degli ombreggiamenti in estate. Il risanamento energetico delle parti adiacenti alle finestre permetterebbe inoltre la possibile fruizione degli incentivi federali e cantonali.
Prendendo spunto dal titolo di una campagna del 2011
promossa da Heimatschutz Basel sul risanamento delle
finestre negli edifici storici della città, è possibile dire
che le finestre non sono più solo gli occhi di una casa, ma
un vero e proprio organismo integrato nella casa stessa.
60
LA FINESTRA
Parametri, dimensione
e posizionamento della finestra
Il metodo di calcolo del valore U complessivo della finestra tiene conto dei contributi della par te vetrata,
del telaio e del distanziatore tra i vetri, in funzione
del peso relativo dei singoli elementi.
I valori di trasmittanza richiesti per l’ottenimento dei
contributi e per i giustificativi energetici cantonali – in
caso di verifica dei valori puntuali – puntano alla minimizzazione delle perdite energetiche di questo elemento costruttivo. I vetri tripli con una trasmittanza
inferiore a 0.7 W/m 2 *K permettono con quasi tutte le
tipologie di telaio il rispetto sia dei requisiti imposti
per legge (U w, complessivo ” 1.3) sia per l’ottenimento
dei contributi federali (U g , del vetro, ” 0.7).
Nel caso in cui non si intenda installare tripli vetri, alcune tipologie di telaio con carat teristiche energetiche inferiori probabilmente non garantirebbero il rispet to dei valori minimi di leg ge. È fondamentale
quindi considerare anche il valore U f, trasmit tanza
del telaio e il contributo dei ponti termici tra vetro e
telaio (intercalare) e tra telaio e costruzione.
Per l’ot timizzazione di tut ti i parametri di proget to è
necessario tenere conto anche di tut ti gli altri fat tori.
La valutazione dei guadagni solari, ad esempio con il
calcolo del bilancio energetico secondo la norma SI A
380/1, è di aiuto alla scelta ideale del valore g del vetro scelto. Contemporaneamente è utile una verifica
per evitare il surriscaldamento estivo: per ridurre l’energia entrante in estate il valore g complessivo
dell’assieme finestra più elemento ombreg giante dovrebbe essere at torno a 0.1 ÷ 0.15.
L’altezza della par te vetrata va verificata, per evitare
discomfor t dovuto alle cadute di aria fredda: mag giore è l’altezza e minore dovrà essere la trasmit tanza
del vetro per proteg gere gli occupanti.
La dimensione della par te apribile del serramento in-
Approfondimenti
– Themenheft 30 - Fenster, Faktor Verlag, Juni 2011
– La finestra nel giustificativo energetico,
endk e SvizzeraEnergia, 2009
– Evitare il surriscaldamento estivo,
Brochure endk e SvizzeraEnergia, 2009
– Catalogue des ponts thermiques,
Ufficio Federale dell’Energia ufe, 2003
– Catalogo degli elementi costruttivi,
Ufficio Federale dell’Energia ufe, 2001
– Modello di prescrizioni energetiche dei cantoni (MoPEC),
Edizione 2014, disponibile su www.endk.ch
Normativa
– sia 380/1:2009 L’energia termica nell’edilizia
– sia 382/1:2007 Lüftungs- und Klimaanlagen - Allgemeine
Grundlagen und Anforderungen
– sia 331:2012 Fenster und Fenstertüren
– sia 180:2014 Isolamento termico, protezione contro
l’umidità e clima interno degli edifici
Inoltre, all’interno della rubrica sia, a pagina 16,
è riportato un elenco delle principali norme e raccomandazioni sull’argomento recentemente tradotte in italiano.
cide principalmente sulla ventilazione naturale. Super fici apribili mag giori permet tono in inverno un ricambio più ef ficiente dell’aria senza raf freddare le
super fici, mentre in estate rendono possibile un rapido raf frescamento not turno.
Due parametri legati sia al risparmio energetico sia
alla qualità architet tonica dell’edificio sono il fattore
di trasmissione luminosa ( T I ), che indica la frazione di
luce visibile in grado di penetrare at traverso la vetratura e la percentuale di super ficie vetrata rispetto al
totale del serramento: grazie a valori mag giori di entrambi si ridurrà la necessità di utilizzo di luce ar tificiale all’interno.
La scelta del distanziatore determina il ponte termico
tra vetro e telaio: minore è il valore ȥ g , migliore sarà
l’isolamento in quel punto.
Fondamentale in caso di risanamento completo dell’involucro, sono il posizionamento relativo della finestra
rispetto all’isolamento della parete esterna, le caratteristiche isolanti del davanzale e dell’eventuale cassonetto per gli av volgibili: esse determinano il valore
dei ponti termici di raccordo tra finestra e parete (ȥ w).
Gli strumenti di aiuto alla progettazione (come il Catalogo dei ponti termici), consulenti e rivenditori possono guidare l’architetto alla scelta più ef ficiente e meno
problematica già nelle prime fasi.
Dal punto di vista fonico è necessario prestare attenzione alle caratteristiche di fonoisolamento (indice di
fonoisolamento ponderato adattato allo spettro
R ’ w +C tr ) della soluzione scelta: il rispetto della legislazione in merito richiede la verifica dei valori di fonoisolamento dell’elemento. In questo caso lo studio del
dettaglio architettonico e la qualità della posa sono
fondamentali. La norma SIA 181:2006, Rumore nell’edilizia, of fre un suppor to fondamentale per il calcolo e la
valutazione riguardo alla protezione dal rumore esterno, oltre a fornire limiti più restrittivi rispetto alla legislazione attuale.
Die Löcher schließen?
Um in Bestandsgebäuden den Komforts im Innern zu verbessern und
um die Nutzung von Anlagen – und den entsprechenden Energiebedarf – zu reduzieren, müssen Elemente mit geringer Dämmleistung,
wie z. B. Fenster, ersetzt werden.
Der Prozess zur Auswahl der Produkte gestaltet sich aufgrund der
zahlreichen Entscheidungskriterien sehr komplex. Bestimmungen, Gesetze und entsprechende Fördermittel spielen für Planer und Experten
bereits in den ersten Planungsphasen eine immer wichtigere Rolle.
Die heutigen und zukünftigen Energiestrategien, die nationalen und
internationalen Energiesparförderungen und der technische Fortschritt stellen einen Anreiz für Planer dar, die Produkte mit den höchsten Leistungen einzusetzen.
Fenster sind also nicht mehr nur die Augen des Hauses, sondern ein
in die Hülle integrierter Organismus.
61
LA FINESTRA
Luigi Snozzi
foto Filippo Simonetti
La finestra totale
Casa Stefano Guidotti a Monte Carasso
L’edificio si situa all’interno di un nucleo residenziale
in una zona centrale di Monte Carasso. Si tratta di
una piccola parcella tra diverse proprietà già edificate, con i fronti contigui senza aperture.
Il progetto prevede l’edificazione totale del lotto, previa demolizione dello stabile esistente.
L’edificio si sviluppa su due piani: al piano terreno
sono inserite l’autorimessa per due vetture, le cantine
e i locali tecnici, l’appartamento vero e proprio si sviluppa su un solo livello al primo piano, a cui si accede
da una scala esterna coperta. Questo piano si pone in
contiguità con tutte le proprietà circostanti ed è caratterizzato da un patio a forma geometrica regolare,
aperto su un lato verso il nucleo abitato, che oltre a
illuminare e ventilare l’intero appartamento serve da
spazio esterno e ne garantisce la totale privatezza. La
grande vetrata che delimita il patio si contrappone ai
muri periferici dell’appartamento: pieni, irregolari e
senza aperture. Si tratta di un grande spazio unitario
e articolato, in cui sono inseriti due corpi di fabbrica
autonomi che contengono le camere dei figli.
L’edificio, che in pratica ha una sola facciata, è realizzato in calcestruzzo a vista, con copertura piana e serramenti in alluminio. Nel patio una pavimentazione
in lastre di granito delimita un piccolo giardino.
62
LA FINESTRA
CASA STEFANO GUIDOT TI A MONTE CAR ASSO
Committente Stefano Guidotti e Isabella Polti; Monte Carasso
| Architettura Luigi Snozzi Architetto; Locarno Collaboratori Mauro Malisia, DL Giuliano Mazzi | Ingegneria civile
Fovini Riccardo; Quartino | Fotografia Filippo Simonetti;
Brunate (I) | Date progetto 2009, realizzazione 2011
63
LA FINESTRA
Pianta piano terra
Pianta piano cantina
Sezioni
64
LA FINESTRA
65
LA FINESTRA
66
LA FINESTRA
Testo e disegni Luigi Snozzi
67
LA FINESTRA
Wespi de Meuron Romeo
architetti
Un monolite di beton lavato
Casa a Brissago
Dalla topografia naturale del pendio sorge un semplice e chiaro monolite in beton lavato, ancorato direttamente alla strada. Due auto vengono parcheggiate direttamente sulla copertura del monolite.
Attraverso un vicolo d’ingresso, il visitatore è condotto fino al portone d’entrata. Dietro al portone di legno si apre il cortile d’ingresso. Attraverso questo
cortile si accede al piano superiore della casa: si è accolti nella cucina, completata da un lungo tavolo da
pranzo e da un focolare. Già entrando lo spazio si
apre al paesaggio, il lago Maggiore e le montagne.
Porta d’ingresso e parete vetrata verso il cortile possono essere incassate completamente nella parete, in
modo che d’estate cortile e locale interno confluiscano in un unico spazio continuo. Ascensore e scale
conducono ai piani inferiori.
Il piano sottostante ospita la seconda zona giorno,
leggermente più grande, con soggiorno, camino, biblioteca e tv; nonché una zona esterna coperta e un
cortile a doppia altezza con acciottolato in pietra naturale, due ulivi e una fontana gorgogliante. Con la
parete vetrata centrale verso il cortile, a scomparsa
nel muro, e con le aperture strutturali laterali generose, tutto il piano è vissuto come uno spazio unico;
esterno e interno, paesaggio e architettura si legano
in un tutt’uno; lo spazio interno partecipa al cortile,
come il cortile attraverso prospettive attrattive partecipa al paesaggio.
Il cortile può essere chiuso da due portoni di legno,
che gli conferiscono un carattere di protezione. Diversi percorsi arrivano in questo cortile, analogamente
alle vie di un paese che s’incontrano nella piazza; il
cortile è il cuore della casa.
Su entrambi i lati del cortile dei percorsi conducono
in fondo al terreno sulla piattaforma-terrazza, scavata, con piscina e cucina esterna.
Entrambi i piani inferiori ospitano tre camere e i bagni, nonché il locale fitness e la sauna, e sono pure
collegate tramite le proprie uscite a cortile, giardino
e piscina.
Grazie alla sua varietà spaziale, alla relazione tra spazi interni ed esterni, alla libera e molteplice scelta di
percorsi, la casa è vissuta come un piccolo borgo, sorto nel vigneto sopra il lago Maggiore.
NUOVA CASA IN CEMENTO A BRISSAGO
Committente Privato | Architettura Wespi de Meuron
Romeo architet ti; Caviano | Direzione Lavori Rober to La
Rocca architet to; Minusio | Ingegneria civile Pedrazzini
Guidotti Sagl; Lugano | Fisica della costruzione IFEC Consulenze SA ; Rivera | Date progetto 2010, realizzazione 2013
68
LA FINESTRA
69
PROGETTI TI
Pianta piano tet to
Pianta livello 4
Pianta livello 3
Pianta livello 2
Pianta livello 1
Sezione longitudinale
70
LA FINESTRA
Sezione esecutiva longitudinale
71
72
LA FINESTRA
Testo e disegni e foto Wespi de Meuron Romeo architet ti
73
LA FINESTRA
Colombo+Casiraghi
architetti
foto Radek Bruneck y
I rettangoli armonici di von Wersin
Casa in mattoni di cotto
Situazione generale
Il terreno destinato alla costruzione di questa casa era
un rettangolo allungato, di circa 4300 mq di superficie, con due lati minori affacciati su due vie parallele,
e due lati maggiori confinanti con altre particelle private già edificate, in una zona paesaggisticamente curata, poco distante da un nucleo storico.
L’immobile progettato si dispone lungo la strada a
nord, al limite della linea di arretramento imposta dal
pr. Questa posizione tiene conto fondamentalmente
di un possibile futuro frazionamento della proprietà
che ritagliando un’area di circa 1000 mq, secondo
una linea di confine tracciata parallela alla strada e
da questa distante circa 20 m., dà alla casa una sua
propria più ridotta pertinenza, isolandola dal resto
del terreno.
L’andamento topografico indicava per questa ridotta
porzione di terreno non ancora frazionata, una lieve
pendenza verso sud e dunque una differenza di quota di poco meno di 2 m tra il punto più alto e quello
più basso. La sistemazione del terreno ha previsto, in
vista del possibile futuro frazionamento, di ottenere la
minima pendenza del giardino della nuova casa con
la realizzazione di un basso muro di contenimento.
Aspetti funzionali, architettonici e distributivi
Secondo un principio distributivo relativamente tradizionale al primo piano si dispongono i locali notte
mentre al piano terreno si trovano il soggiorno pranzo, la cucina, la stanza della padrona di casa e lo studio-biblioteca del padrone di casa che vi trascorre la
parte del suo tempo che dedica agli studi della materia che professa.
Al piano interrato, esteso in pianta quanto quelli superiori, stanno i locali tecnici e le cantine. L’autorimessa integrata al volume della casa, ha la direzione
d’entrata parallela alla strada e dimensioni che consentono lo stallo di due auto.
mittenti ed è stato possibile decidere una disposizione
dei diversi locali, ai diversi piani; e una prima determinazione della situazione dell’edificio nel lotto.
Sulla figura della pianta, o delle piante di queste tre
case di prova, si era disposto dapprima, e in tutte e
tre le varianti, un tetto piano; fu subito chiaro però
che per i nostri committenti un tetto piano era del tutto inaccettabile e che su questo punto né loro avrebbero ascoltato ragioni, né noi saremmo stati capaci di
trovare argomenti validi che potessero dimostrare la
superiorità tecnica o la convenienza etica ed estetica
di costruire una casa con un tetto piatto, anziché una
con un tetto a falde. Questa condizione insieme all’altra che escludeva l’uso del beton rendeva inutilizzabili molti modelli ed alcuni esempi pur belli di edifici
costruiti negli ultimi anni in Ticino tanto da maestri
che da colleghi più vicini per generazione. E dunque,
se una casa in beton con un tetto piano fosse stato
il nostro irrinunciabile modello, avremmo dovuto
rinunciare all’incarico. Convinti tuttavia che il committente sia un co-autore, o il modello di un ritratto,
ci è parso che questa difficoltà non fosse altro che un
aspetto costitutivo del tema stesso della casa unifamiliare, e così anche l’idea che le finestre dovessero disporre di inferriate, zanzariere e tapparelle.
A ben guardare, una casa per la propria famiglia, è
un tema particolarissimo; chi ne è committente il più
delle volte si è formato alcune idee precise sulle caratteristiche che deve avere l’ambiente nel quale far cre-
I desideri dei committenti
Siamo stati scelti dai committenti per prossimità sociale, non perché conoscessero qualche edificio realizzato da noi da quando lavoriamo insieme a da qualcuno di noi due prima di quella data. Così per
conoscere meglio le loro aspettative e per istituire un
dialogo, abbiamo creduto che il modo migliore potesse essere quello di fare tre progetti, diversi l’uno
dall’altro, chiedendo loro di sceglierne uno e poi
spiegare i motivi della loro scelta. Attraverso questo
esercizio abbiamo potuto sapere di più delle abitudini di vita e delle esigenze generali dei nostri com-
Wolfgang von Wersin, Das Buch vom Rechteck,
Ot to Maier Verlag, Ravensburg 1956
74
LA FINESTRA
CASA UNIFAMILIARE IN TICINO
Committente Privato | Architettura Colombo+Casiraghi
architetti; Lugano Collaboratori M. Bürgi, S. Thoma, L. Lazzaroni | Direzione Lavori Stefano Micheli; St.Antonino | Ingenieria civile Mario Monotti, Monotti Ingenieri Consulenti
SA ; Locarno | Fisico della costruzione Franco Semini; Lugano | Ingenieria RVCS Fabrizio Zocchetti, Studio di Ingegneria Zocchetti SA ; Lugano | Ingenieria elettrotecnica
Patrick Vianello, Elettrocrivelli SA ; Cureglia | Fotografia Radek Brunecky; Zürich | Date progetto 2009-2011, realizzazione 2009-2011
75
LA FINESTRA
Sviluppo facciata
scere i propri figli, ricevere amici e parenti, e trascorrere la quotidianità con i propri conviventi riempiendola
dei propri ricordi e delle proprie manie.
Attorno a questo «rametto di Salzburg» ancor prima
che venga iniziato lo scavo, e ancor prima dell’incontro col proprio architetto, sono spesso già cristallizzate aspettative e immagini che in modi complessi e
diversi vengono a costituire parte del contesto formativo dell’opera.
Siamo dell’opinione che un’architettura, o l’architettura di un edificio, sia sempre significativamente legata alle condizioni della sua nascita, al luogo e al
programma al quale deve rispondere.
Ed è poi ovviamente legata a regolamenti edilizi e
norme di pr, ovvero a distanze dai confini, altezze di
gronda ecc. Quando progettiamo (gli architetti in generale) in verità ci destreggiamo sempre tra questi limiti che se da un lato sono fondamentali e imprescindibili, dall’altro occorre dire che da soli non sarebbero
in grado di portarci da nessuna parte se non li mettessimo in una sorta di meccanismo interattivo con la
nostra concezione dell’arte e le immagini del passato
prossimo o remoto, che costituiscono la nostra biblioteca personale.
Le finestre e il rapporto col paesaggio
Crediamo si possa intendere in molti modi un tema
come quello del «rapporto col paesaggio» che un
nuovo oggetto architettonico dovrebbe dimostrare di
voler e sapere istituire con ciò che gli sta intorno.
Perlomeno ci sembra che il modo nel quale gli architetti fanno sì che il loro oggetto architettonico sia capace di istituire questo significativo rapporto con il
contesto, magari negandolo, non sia per tutti lo stesso.
E gli edifici a questo riguardo si trovano poi, a ben
vedere e indipendentemente dal loro valore, nella curiosa condizione di essere «paesaggio» costruito per
quelli che li guardano da fuori, mentre dettano a
quelli che stan dentro un certo rapporto col paesaggio che sta fuori.
pareti che cambiano nel tempo e nelle stagioni; e
comunque così abbiamo voluto vederle una per una.
Ogni stanza la sua o le sue finestre.
In virtù di questo principio o premessa ogni finestra
poteva dunque avere dimensioni sue. Per legarle le
une alle altre, non ci sembrava disponessimo però di
molti principi sino a quando non ci vennero in mente
i dodici rettangoli armonici di Wolfgang von Wersin
e il suo Das Buch vom Rechteck. Si tratta di un curioso
libro che arricchisce in tempi più vicini ai nostri la
lunga e ininterrotta tradizione degli studi dedicati
all’approfondimento e alla ricerca di ricette matematiche e leggi di armonia per comporre, meno autorevole del De divina proportione ma altrettanto interessante. Abbiamo così stabilito che tutte le finestre di
questa casa dovessero avere una delle dodici proporzioni stabilite.
Al piano terra le finestre hanno architravi allineati e
due possibili quote di davanzale.
Al piano superiore gli architravi sono pure allineati
tranne nella zona del portico dove sono invece i davanzali a esserlo posto, che si appoggiano alla copertura sottostante.
Riguardo la costruzione, le aperture attraversano la
parete portante interna (in laterizio o beton) di 18
cm, l’isolamento termico di 15 cm e il rivestimento
esterno, ovvero una parete di mattoni pieni facciavista di 12 cm separati 4 cm dall’isolamento. Quest’ultima parete è autoportante, agganciata solo puntualmente a quella interna per evitare il ribaltamento.
L’immagine costruttiva della finestra, dotata di piedritti (formati modellando una lamiera metallica dello
spessore di 4 mm per ricevere le guide delle tapparelle,
delle zanzariere e il fissaggio delle grate quando richiesto) e sormontata dall’architrave, rimanda alla sua
reale funzione di sostenere i mattoni facciavista sovrastanti; esattamente come le finestre tradizionali, con
piedritti, architravi e davanzali in pietra, di cui rrappresenta la re-interpretazione e la traduzione in un
nuovo materiale, in un contesto tecnologico e costruttivo totalmente diverso.
Finestre, porte, portoni, vetrate e loggiati, portici e
bovindi, o le loro interpretazioni più astratte, sono i
veicoli di questo commercio e trasportando le immagini del «fuori» a chi sta dentro inventano uno specifico paesaggio proprio per lui. Ogni casa, ogni luogo
ha il suo proprio paesaggio; e forse esistono per fare
un esempio, altrettanti «laghi di Lugano» quante sono
le finestre delle case dalle quali lo si può osservare.
Non è un’idea inedita e forse nemmeno originale
quella di considerare le finestre come «quadri» alle
Sezione
76
LA FINESTRA
F114
Pianta piano tet to
SW
ø75
F009
Pianta primo piano
F005
F007
4.0m
Pianta piano terra
77
LA FINESTRA
78
LA FINESTRA
Testo e disegni Colombo+Casiraghi architet ti
79
LA FINESTRA
Gionata Epis
foto Marcelo Villada Or tiz
La scatola di fiammiferi
Casa di legno a Cugnasco
La parcella, coltivata a vigna, è situata su un terreno
in leggera pendenza circondata su tutto il perimetro
da case monofamiliari, eccezion fatta per un terreno
libero da costruzioni orientato a sud.
Il nuovo manufatto s’inserisce nel contesto sfruttando le caratteristiche morfologiche del terreno e rispettando la parte esistente di vigneto.
La concezione dell’edificio è sintetizzabile in due
pensieri fondamentali:
– il primo: il bisogno di intimità in un contesto densamente costruito
– il secondo: una chiara relazione con l’esterno e il
contesto esistente
Entrando nell’edificio ci si trova in una zona filtro
concepita per garantire uno spazio esterno coperto
che non vada a intaccare il netto volume della casa.
All’interno di questo spazio, grazie a delle ante scorrevoli e a una grande apertura verso l’alto, si percepisce la propria privacy sotto diverse forme. È possibile
modulare il rapporto con l’esterno secondo i propri desideri, che possono variare durante la giornata.
Da questa zona filtro si accede all’abitazione vera e
propria dove, al piano terreno, trovano spazio la zona
giorno e la cucina. Lo spazio è stato sviluppato attorno a un blocco massiccio, vero e proprio cuore pulsante della casa. Tutto ruota attorno ad esso, permettendo così una chiara lettura delle profondità della
casa in qualsiasi punto ci si trovi.
Il primo piano si raggiunge passando attraverso il
blocco centrale. Si viene accolti da uno spazio aperto
che segue la logica del piano terreno. Anche qui lo
spazio risulta fluido e aperto contrassegnato dall’assenza di ostacoli visivi che impedirebbero la corretta
percezione del volume. La sala da bagno appoggiata
al nucleo centrale si relaziona con lo spazio vuoto,
che a oggi, è utilizzato quale sala giochi per i bambini. Quando le esigenze della famiglia cambieranno
gli spazi si adatteranno ad esse grazie alla modularità
del sistema.
Tale scelta è dettata pure dal sistema di riscaldamento scelto, una pigna a legna costruita sul posto che
diffonde il calore per irradiazione. Meno ostacoli ci
sono e più il calore si distribuisce uniformemente.
Il tema delle aperture è stato affrontato con grande
scrupolo. Un unico modulo di 175 x 175 cm viene
combinato per garantire apporti solari e ventilazione
dei locali. Il modulo base è composto da una parte
vetrata fissa a filo esterno della facciata. La parte apribile è invece opaca ed è posizionata a filo interno della muratura. Venendosi a formare delle nicchie ad
altezza di 42 cm, la finestra diventa elemento d’arre-
do incorporato nello spessore del muro. Piccoli spazi
dove è possibile raccogliersi o giocare in relazione
con l’esterno. Delle ante scorrevoli in legno esterne,
larghe quanto la parte vetrata, garantiscono il necessario oscuramento pur mantenendo la possibilità di
ventilare i locali.
Al piano terreno le due grandi pareti vetrate sono costituite da due porte finestre, entrambe a tutt’altezza
(250 cm), mentre la parte fissa è caratterizzata dalla
«scomparsa» del telaio che risulta essere a filo sia del
pavimento che del soffitto. Così facendo si perde la
concezione classica di finestra ottenendo più fluidità
tra interno ed esterno.
L’intera casa è costruita in legno (solette e muri) secondo il metodo costruttivo della prefabbricazione.
L’isolamento è costituito da cellulosa di legno (22 cm)
ai quali vanno aggiunti 5 cm di fibra di legno e 5 cm
di lana di pecora per un totale complessivo di 32 cm.
Questa scelta permette alle pareti di «respirare» garantendo un corretto mantenimento del calore.
Il rivestimento delle pareti è in assi massicce di abete,
internamente al naturale, mentre esternamente trattate con olio di lino pigmentato con ossido di ferro.
La particolare efficacia dei concetti energetici utilizzati nella
realizzazione del progetto sarà oggetto di un testo nel prossimo numero di Archi.
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LA FINESTRA
UNA SCATOL A DI FIAMMIFERI
Committente Epis Elisa e Gionata; Cugnasco | Architettura Gionata Epis; Cugnasco | Fisica della costruzione
IFEC Consulenze SA ; Rivera | Impianto fotovoltaico MORE engineering SA ; Rivera | Ingegneria civile Galli Michele & associati SA ; S.Antonino | Ingegneria e costruzione in legno
Schärholzbau AG; Altbüron | Fotografia Marcelo Villada Ortiz; Lugano | Date progetto 2013, realizzazione 2013-2014
81
LA FINESTRA
Pianta piano superiore
Pianta piano terra
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LA FINESTRA
Sezione longitudinale
Sezione trasversale
83
LA FINESTRA
84
LA FINESTRA
Testo e disegni Gionata Epis
85
LA FINESTRA
Bruno Keller
foto Rober to Nangeroni
Il volume scomposto
Casa di legno a Lugano-Besso
Una condizione particolare ha accompagnato la progettazione di questa casa: le esigenze del committente in rapporto con lo spazio fisico a disposizione; da
una parte un programma relativamente grande da
inserire all’interno di un involucro di legno energeticamente performante, e dall’altra un terreno relativamente piccolo, in pendenza, e in presenza di una
costruzione preesistente.
Il concetto prende forma dall’idea di un basamento
quadrangolare di cemento armato per l’appoggio di
una costruzione di legno, posto al centro del terreno
ed emergente da un «mare di ghiaia».
Il terreno in pendenza circostante viene «allontanato» e contenuto da un perimetro di muri in cemento
fortemente inclinati in modo da svincolare l’edificio
di legno dalle costrizioni presenti nel lotto.
Un muro di cemento ad angolo sull’impronta dell’edificio preesistente ancora il nuovo involucro al sito
conformando una corte esterna introversa.
L’edificio, che presenta al livello inferiore una pianta
rettangolare, si libera più in alto da questa forma e
proietta dei corpi in aggetto verso lo spazio esterno;
uno di questi corpi si trasforma in ponte in modo da
collegare la strada situata a monte del terreno.
Il ponte conduce dalla strada alla soglia d’ingresso.
Superata la soglia, si riesce ad abbracciare con un colpo d’occhio tutti gli spazi principali interni della casa
mentre alcune aperture ritagliate nell’involucro in
posizioni precise si aprono sui pochi spazi di pregio
individuati all’esterno dell’edificio.
Dal livello di entrata, dove sono inserite le camere,
si scende passando da un livello intermedio al piano giorno, aperto sui quattro lati verso il giardino.
Dalla soglia d’ingresso si percepisce uno spazio sovrastante particolare: un lucernario allungato su tutto
l’edificio in comunicazione con un terzo livello: un
«tetto giardino» accessibile unicamente dalla camera
matrimoniale.
Tutto l’involucro è rivestito di doghe verticali di cedro. Il ponte e la terrazza presentano una pavimentazione in doghe di larice.
Il pavimento del livello camere e la scala sono in parchetto di rovere oliato, mentre il pavimento del livello
giorno è in cemento colorato in massa.
I serramenti sono di legno alluminio con vetri termoisolanti tripli. L’oscuramento e la protezione solare sono garantiti da lamelle a pacco.
I rivestimenti interni come pure l’arredo fisso e le
porte interne sono in gran parte in derivati del legno
con vernice coprente all’acqua.
La piscina esistente è parzialmente recuperata e trasformata in piscina «naturale».
I limiti dello spazio esterno completano il concetto
dei muri di contenimento: un alto e fitto perimetro
verde quasi un bosco, dove lo sguardo non deve percepire i limiti reali del lotto.
CASA DI LEGNO A LUGANO-BESSO
Committente Alma e Giacomo Veragouth; Lugano-Besso | Architettura Bruno Keller; Lugano Collaboratori M. Keller, G. Benatti, F.
Breguet, A. Bernardelli, L. Caporale, Y. Rubaniak | Ingegneria civile
e protezione incendi Geo Viviani; Lugano | Ingegneria e costruzione
in legno Federica Zambelli, Xilema; Bedano | Fotografia Roberto
Nangeroni | Date progetto 2010, realizzazione 2014
86
LA FINESTRA
87
LA FINESTRA
Pianta piano terrazza
Pianta piano accesso
Pianta piano terra
Massivholzplatte
34mm
.../187
Massivholzplatte
34mm
.../187
Massivholzplatte
34mm
.../187
Massivholzplatte
34mm
.../187
Sezione longitudinale
Sezione trasversale
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LA FINESTRA
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LA FINESTRA
LA FINESTRA
Testo e disegni Bruno Keller
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LA FINESTRA
Cristiana Guerra
foto Marcelo Villada Or tiz
Fra strada e ferrovia
Casa d’appartamenti a Bellinzona
La casa d’appartamenti Nella si trova su un piccolo
lotto di circa 800 mq, a ridosso del riale La Guasta,
sul confine tra Bellinzona e Giubiasco in località Isolabella.
Il progetto utilizza le potenzialità del piano regolatore proponendo un edificio che si sviluppa in altezza,
il cui volume è definito di fatto dalle distanze minime
dai confini e dalle esigenze foniche imposte dal contesto. La questione fonica ha rivestito infatti grande
importanza e ha condizionato sin dall’inizio la progettazione, in quanto il sedime si trova racchiuso tra
la strada cantonale di via Lugano e la linea ferroviaria del S. Gottardo, che si trova a pochi metri.
L’edificio si sviluppa su sei piani, con al piano terreno
uno spazio d’ingresso aperto che accoglie sotto un
grande porticato anche i posteggi e gli spazi di deposito
per moto e cicli. Esso si affaccia su un giardino a disposizione degli inquilini, leggermente incassato rispetto
alla strada, che dialoga con la facciata dei balconi.
I sette appartamenti in locazione sono organizzati ai
quattro livelli superiori, con al primo, secondo e terzo
piano appartamenti da 3 ½ e da 2 ½ locali. Al quarto
piano si trova un attico da 4 ½ locali.
Tutte le camere sono orientate a nord-est verso la città e i castelli, mentre la zona giorno si apre con ampie
terrazze coperte a sud.
Il principio che regola la composizione delle facciate
è quello di dare a ogni locale abitato un’apertura
schermata dal rumore mediante elementi fonici che
nel contempo ne caratterizzano l’architettura.
Sono state sperimentate infatti diversi tipi di schermatura fonica. Verso sud, le pareti e il soffitto delle
terrazze vetrate sono rivestite con pannelli fonoassorbenti di larice che attutiscono il rumore della strada.
Sulla facciata nord, la schermatura avviene mediante
lamelle fonoassorbenti dello stesso legno che proteggono l’apertura della camera dalle emissioni foniche
della ferrovia, senza d’altro canto togliere la bella vista sui Castelli. Mentre, sempre sulla facciata nord, le
camere vengono schermate con elementi di metallo e
vetro applicati alla facciata, una sorta di cubi vetrati
aperti verso l’alto. Pure l’appartamento del piano attico si attiene a questo principio, creando degli spazi
esterni a corte che sono ventilati naturalmente mediante i tagli sul tetto.
92
LA FINESTRA
Non
finita
CASA D’APPARTAMENTI NELL A, A BELLINZONA
Committente Rosanna e Emilio Lafranchi; Bellinzona | Architettura Studio di architettura Cristiana Guerra; Bellinzona
Collaboratori L. Bianchi, M. Bagut ti, S. Rigo | Ingegneria
civile Ingegneri Bernardoni; Lugano | Ingegneria elettrotecnica Augusto Solari; Bellinzona | Ingegneria RS
Studio tecnico Diego Fenazzi; Bellinzona | Esperto diagnostica
amianto Francesco Camoesa; Bellinzona | Protezione
antincendio MAWI Marcionelli & Winkler + Par tners S A ;
Bellinzona | Fotografia Marcelo Villada Or tiz; Lugano |
Date proget to 2011, realizzazione 2013-2014
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LA FINESTRA
Sezione longitudinale
Pianta piano tet to
Pianta piano at tico
94
LA FINESTRA
Pianta piano tipo
Pianta piano terra
95
LA FINESTRA
LA FINESTRA
Testo e disegni Cristiana Guerra
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LA FINESTRA
Michele Arnaboldi
con Raffaele Cammarata
foto Nicola Roman
Walbeck
Case con vista
Residenze al Gaggio, Orselina
Il sedime in oggetto è caratterizzato da una forte pendenza (70%), la prossimità di un riale e il panorama
spettacolare sul lago Maggiore. Da queste peculiarità
nasce il progetto di sei appartamenti e due villette
suddivisi in due elementi ripetuti sulla verticale. Il volume dei due corpi è articolato attorno al nucleo dei
percorsi che serve da snodo per rompere il fronte a
valle. Le «villette», infatti, sono arretrate rispetto agli
appartamenti in modo da ammorbidire l’impatto
della facciata. La tipologia degli appartamenti è sviluppata in modo da avere lo spazio principale rivolto
verso il riale e il paesaggio, mentre le «villette», con la
loro tipologia a «L», si aprono sul lato opposto verso il
panorama del lago.
Al piano strada si trovano i posteggi coperti interrati,
al livello superiore gli spazi comuni e le lavanderie
degli appartamenti. Sopra questi spazi si sviluppano
tre appartamenti di 4 locali e una «villetta» di 5 locali. Quest’ultima è composta da un piano di cantine e
lavanderia, da un piano giorno che si apre sulla corte
semicoperta e da un piano notte che si relaziona a
monte con il giardino-corte retrostante.
La stessa tipologia è ripetuta a monte con la differenza che gli appartamenti sono più generosi negli spazi
avendo ridotto il numero dei locali.
Un percorso pedonale a rampe e scale collega le due
strade, la via Patocchi in basso con la via Eco a monte.
Su via Eco sono disposti due ulteriori posteggi per i
visitatori.
La struttura della costruzione è in cemento armato a
facciavista, i serramenti in alluminio termolaccato. I
tetti sono coperti con vegetazione di tipo estensivo.
98
LA FINESTRA
RESIDENZ A AL GAGGIO, ORSELINA
Committente Wincare Versicherungen Winteherthur; Zurigo | Architettura Michele Arnaboldi con Raffaele Cammarata, Michele Arnaboldi Architetti Sagl; Locarno Collaboratori D. Cavalli, J. Manouras, D.Heim | Ingegneria civile
Luvini Ingegneria sagl; Manno, Passera & Associati SA ; Lugano | Ingegneria elettrotecnica Sped SA ; Locarno | Ingegneria RSV Protec SA ; Ascona | Paesaggistica Giorgo Aeberli;
Gordola | Fotografia Nicola Roman Walbeck Photography Düsseldorf (D) | Date progetto 2007-2008, realizzazione 2008-2012
99
LA FINESTRA
Pianta livello 6
Pianta livello 5
Pianta livello 3
Pianta livello 2
LA FINESTRA
Pianta livello 4
Pianta livello 1
Sezione trasversale
101
LA FINESTRA
102
LA FINESTRA
Testo e disegni Michele Arnaboldi Architet ti
103
Aziende che hanno partecipato alla realizzazione dei progetti
La finestra totale
p. 8
Impresa di costruzione EREDI LUIGI BASSI SA; Bellinzona
Serramenti REGAZZI SA; Gordola
Un monolite di beton lavato
p. 3
Impresa di costruzioni VERZEROLI ELIA E FIGLI SA;
Ronco s. A.
Opere da falegname STEINER SCHREINEREI GmbH;
Riedt-Erlen
Finestre LURATI & FREI SA; Ascona
Copritetto JCB LAVORI SPECIALI SA; Gudo
Opere da sanitario GIUNTA E PANIZZOLO Sagl; Locarno
Opere da elettricista ELETTRICITÀ DE LORENZI;
p. 24
Locarno
Opere da gessatore DI MARCO Sagl; Taverne
p. 12
I rettangoli armonici di von Wersin
p. 24
p. 26
p. 3
p. 5
Impresa di costruzione GALLI COSTRUZIONI SA; Rivera p. 2
Carpenteria CHIESA SA; Mezzovico
Impermeabilizzazioni CORTI ANTONIO SA; Caslano
Opere da sanitario CRIVELLI SA; Cureglia
Opere da elettricista ELETTROCRIVELLI SA; Breganzona p. 24
Costruzioni metalliche MECOBA SA; Agno
Serramenti VERAGOUTH SA; Bedano
Opere da falegname BINDA SA; Taverne
Pavimenti ISIDORI PAVIMENTI; Cadenazzo, P.L.VALLI SA;
Grancia, GENERELLI SA; Rivera
Intonaci RUGGERO CANONICA E FIGLI SA; Taverne
Opere da pittore RISANA & COLOR Sagl; Montagnola
Cucina SANITAS TROESCH SA; Zurigo
Tapparelle GRIESSER AG; Aadorf
Opere da giardiniere GRANO GIARDINI SA; Vezia
La scatola di fiammiferi
p. 2
p. 8
p. 2
p. 6
p. 2
p. 2
p. 3
Impresa di costruzioni AP COSTRUZIONI EDILI Sagl; Gordola p. 2
Struttura e rivestimenti in legno SCHAERHOLZBAU AG;
Altbüron
p. 24
Impianto sanitario E. + A. CALZASCIA SA; Cugnasco
Impianto elettrico ELETTRO MASTAI SA; Riazzino
Impianto di riscaldamento CANDRAC; Olivone
Cucina PURO DESIGN Sagl; Locarno
Opere da pittore e resine IVO BETRISEY SA; Gordola
Impianto a gas MP FERRAMENTA; Losone
Intonaci CIARDO ANGELO Sagl; Monte Carasso
Sottofondi MANUTECNICA Sagl; Barbengo
Metalcostruttore PAGANI MARCO; Losone
Opere da lattoniere EGIDIO SACCOL; Golino
Opere da giardiniere IVANO PURA; Gordola
Il volume scomposto
Impresa di costruzioni FRANCESCO FERA Sagl; Torricella
Costruzioni in legno e rivestimento esterno XILEMA;
Bedano
Finestre, porte esterne e portoni VERAGOUTH; Bedano
Opere da lattoniere MANZ ISOLAZIONI SA; Mezzovico
Protezioni solari GRIESSER; Bedano
Opere da elettricista TI ELECTRIC SA; Agno
Corpi illuminanti REGENT SA; Cadempino
Risc., vent., sanitario IDROTERMICA TICINO SA; Lugano
Cucina e opere da falegname VERAGOUTH; Bedano
Opere da gessatore KNAUF SA; Manno
Costruzioni metalliche MARCO CIMA; Dangio
Sottofondi B&L LAUDATO SA; Vacallo
Pavimenti senza giunti MANUTECNICA Sagl; Barbengo
Pavimenti in legno PAVI & COL SA; Taverne
Rivestimenti di pareti e soffitti XILEMA; Bedano
Opere da fumista SEEWERF CAMINI SA; Mezzovico
Opere da pittore SERGIO VEGEZZI SA; Pregassona
Opere da giardiniere GIARDINI PERRI Sagl; Bedano
Piscina BATH & POOL Sagl; Bioggio
Fra strada e ferrovia
p. 2
p. 2
p. 3
Serramenti SWISSWINDOWS AG; S.Antonino
Stenditoio lavanderia KRUEGER + CO SA; Gordola
Serrature DELL’AVA APRE E CHIUDE; Bellinzona
Separazioni cantina CONSUTEC SA; Camorino
Macchine da lavare LAVALOC SA; Bellinzona
Isolazioni speciali G&D Isolazioni SA; Bellinzona
Estintori MINIMAX TICINO; Bellinzona
Opere da giardiniere OM GIARDINI DIVINI Sagl; Claro
Pavimenti in microcemento IMPREGEST SA; Ligornetto
Pavimenti in piastrelle (fornitura)
CC COTTOCERAMICHE SA; Giubiasco
Pavimenti in piastrelle (posa)
JACOBELLI PIASTRELLE Sagl; Aquila
Elettrodomestici NIMIS NORD SA; Bellinzona
Case con vista
Impresa di costruzione UGO BASSI SA;Pregassona
Impianto elettrico ALPIQ INTEC SA; Rivera
Impianto rsv LOTTI SA; Lumino
Cucine ACF STILE DI DIO Sagl; Cadenazzo
Opere da falegname TRIPPEL SA; Manno
Opere da gessatore PEGI SA; Comano
Opere da pittore IVO BETRISEY SA; Gordola
Pavimenti in legno PEDRAZZI PAVIMENTI SA; Locarno
Opere in pietra GENERELLI SA; Rivera
Opere da lattoniere DONADA SA; Vezia
Impermeabilizzazioni DONADA SA; Vezia,
LINER SA; Lumino
p. 40 Ascensore Ascensori SCHINDLER SA; Bioggio
Serramenti GIUGNI SA; Locarno
Tende esterne GRIESSER SA; Cadenazzo
Opere da fabbro BINETTI SA; Canobbio
p. 104 Opere da vetraio VETRERIA BEFFA SA; Losone,
VETRERIA PEDUZZI SA; Locarno
Sottofondi PAVIBETON SA; Lugano
Asfalto FRANCO ROSSI SA; Locarno
Opere da giardiniere BECKMANN & PÜNTENER; Gordevio
p. 3
Demolizioni CONTRABI SA; Biasca
Impresa di costruzione ANTONIO BIANCHI & PARTNER
SA; Bellinzona
Impianto sanitario e risc., opere da lattoniere
FRATELLI PASOTTI SA; Sementina
Impianto elettrico CABLEX SA; Bellinzona
Protezioni solari TENDE SCHENKER SA; Camorino
Intonaci RUGGERO CANONICA E FIGLI SA; Taverne
Sottofondi MANUTECNICA Sagl; Barbengo
Isolamento esterno e opere da pittore interne
G.SPAGGIARI SA; Bellinzona
Pavimentazione esterna PAVINORD SA; Bellinzona
Zoccolini in legno ISIDORI PAVIMENTI; Cadenazzo
Elementi fonici in legno GIACOMAZZI & RUFFINI SA;
Avegno
Metalcostruzioni JODA METALCOSTRUZIONI SA; Bioggio
Cucine MOBILI ERRE SA; Bellinzona
Apparecchi sanitari IL PIACERE; Malnate (I)
Opere da falegname ELVA Sagl; Cresciano
La lista delle aziende è stata fornita dagli studi dei progettisti
STONE IS UNIQUE
BSI - Banca della svizzera italiana, Lugano
Johann Gottlieb Fichte
La pietra rimane pietra in eterno e non è affatto suscettibile di un tale predicato [la bellezza]:
ma l’anima dell’artista era bella quand’egli concepì la sua opera
e bella diverrà l’anima di ogni osservatore intelligente che la concepisce dopo di lui
HEADQUARTER
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