perdite durevoli di valore delle immobilizzazioni materiali e immateriali

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APPROFONDIMENTI E PROCEDURE
PERDITE DUREVOLI DI VALORE
DELLE IMMOBILIZZAZIONI
MATERIALI E IMMATERIALI
A cura di
Alessandro Terzuolo
Dottore Commercialista
in Torino
Premessa
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Commento e analisi del nuovo OIC 9 e delle connesse svalutazioni da effettuarsi, con una particolare attenzione all’approccio semplificato per i
soggetti di piccole e medie dimensioni.
Il 5 agosto 2014 l’Organismo Italiano di Contabilità ha
pubblicato 16 nuovi principi contabili (OIC 9, 10, 12, 13,
14, 16, 17, 18, 19, 22, 23, 25, 26, 28, 29 e 31). Alcuni di
questi principi sono stati oggetto di revisione e aggiornamento rispetto alla precedente versione, altri, come
l’OIC 9, sono stati pubblicati ex novo. L’obiettivo del nuovo OIC 9 è quello di fornire un quadro sistematico e dettagliato sul
tema delle svalutazioni per perdite durevoli di valore delle immobilizzazioni materiali e immateriali andando a sostituire le indicazioni precedentemente contenute nei rispettivi OIC 16 (Immobilizzazioni materiali) e OIC 24 (Immobilizzazioni immateriali).
I primi bilanci d’esercizio a dover applicare il principio contabile in
commento saranno quelli chiusi al 31/12/2014. Pertanto il principio
varrà ovviamente anche per i bilanci che verranno chiusi in data successiva al 31/12/2014, mentre si applicheranno le previsioni precedenti
per i bilanci chiusi in data anteriore al 31/12/2014.
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La principale novità dell’OIC 9 consiste nel considerare il modello
basato sull’attualizzazione dei flussi di cassa come la base logica per
verificare la recuperabilità delle immobilizzazioni non finanziarie. Parallelamente all’importanza riposta in questo modello, si è però deciso di concedere delle semplificazioni ai soggetti di piccole e medie
dimensioni affinché le valutazioni da effettuarsi sul valore recuperabile
delle immobilizzazioni non finanziarie non comportino oneri eccessivi
per tali società. Con tale spirito viene consentito ai soggetti suddetti
di utilizzare un approccio semplificato basato sulla capacità di ammortamento.
L’approccio basato sulla capacità di ammortamento è inoltre chiarito
nella Appendice C del principio contabile con due casi applicativi semplificati di notevole utilità ai fini dell’applicazione pratica del metodo.
La perdita durevole
di valore
Va in primo luogo chiarito che si realizza una perdita durevole di valore nel momento in cui il valore recuperabile di una immobilizzazione non finanziaria risulta inferiore al valore netto contabile iscritto in
bilancio. La durevolezza della perdita deve essere valutata in una prospettiva di lungo termine e non semplicemente nel momento della
valutazione. Nel caso in cui si realizzi una perdita durevole di valore
dovrà essere indicato il minor valore recuperabile nell’attivo immobilizzato iscrivendo nella voce B10c) di Conto economico la perdita, se
connessa alla gestione ordinaria, qualora invece la perdita sia connessa alla gestione straordinaria la stessa dovrà essere indicata nella voce
E21. Gli eventuali successivi ripristini di valore dovranno invece essere
indicati conseguentemente nelle voci A5 o E20.
Prima di procedere con la complessa determinazione del valore recuperabile la società deve valutare se esistono indicatori di potenziali
perdite di valore. Tali indicatori si riassumono in quanto segue:
- evidenza dell’obsolescenza o del deterioramento fisico di un’attività;
- significative variazioni, presenti o future, nell’ambiente tecnologico, di mercato, economico o normativo che avranno effetto
negativo per la società;
- aumento dei tassi di interesse di mercato o di altri tassi di rendimento degli investimenti, con effetto negativo sul tasso di attualizzazione utilizzato nel calcolo del valore d’uso, che si analizzerà in seguito, di un’attività e con conseguente riduzione del
valore equo;
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- significativa riduzione del valore di mercato di un’attività in misura maggiore rispetto alle previsioni di normale riduzione dovuta al tempo o al normale uso;
- superamento da parte del valore contabile delle attività nette
del valore equo stimato delle stesse attività. Tale evento può
avvenire, ad esempio, in occasione di una potenziale vendita
dell’intera società o di una parte di essa;
- cambiamenti che hanno o avranno effetti negativi sulla società.
Tali cambiamenti includono casi quali il non utilizzo di una attività, piani di dismissione o ristrutturazione del settore operativo a cui l’attività appartiene, anticipo della data prevista per
i piani di dismissione dell’attività, ridefinizione della vita utile
dell’immobilizzazione o evidenza che l’andamento economico
di un’attività risulterà peggiore di quanto previsto, come desumibile dall’informativa interna.
Nel caso in cui si rilevi una perdita durevole di valore la si deve imputare in primo luogo al valore contabile dell’avviamento della singola
unità generatrice di flussi di cassa (UGC) e successivamente alle altre
attività in percentuale rispetto al totale dell’UGC.
Metodo ordinario per
la determinazione
delle eventuali perdite
durevoli di valore
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Come detto il valore recuperabile ha un’importanza fondamentale nel
determinare la presenza o meno di una perdita durevole di valore.
Dove non sia possibile valutare il valore recuperabile della singola immobilizzazione è opportuno procedere a determinare il valore recuperabile dell’unità generatrice di flussi di cassa di cui l’immobilizzazione fa parte.
A sua volta il valore recuperabile risulta dal maggiore tra il valore d’uso (su cui vertono le principali differenze tra il metodo ordinario e
l’approccio semplificato) e il valore equo al netto dei costi di vendita. È
quindi sufficiente che uno dei due valori (d’uso o equo) risulti superiore rispetto al valore netto contabile iscritto in bilancio per consentire
alla società di non iscrivere una perdita di valore.
Per valore equo (fair value) si intende il beneficio economico ricavabile
dalla vendita dell’attività in questione al momento della data di valutazione e al verificarsi di una transazione ordinaria e indipendente tra
operatori di mercato.
Pertanto il prezzo che viene concordato in un accordo vincolante di
vendita tra parti indipendenti, consapevoli e disponibili, o il prezzo di
mercato in presenza di un mercato attivo rappresentano indicatori
corretti del valore equo. Qualora non sia possibile, circostanza non
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infrequente, reperire accordi vincolanti o non esista un mercato attivo, dovranno essere utilizzate le migliori informazioni disponibili dalla
società per individuare un valore di vendita nelle condizioni suddette,
considerando, ad esempio, le cifre pattuite per transazioni recenti e
nello stesso settore industriale per attività similari. Il valore equo utile
ai fini del calcolo del valore recuperabile deve essere sempre conteggiato al netto dei costi di vendita.
La determinazione del valore d’uso prevede, invece, un processo logicamente più articolato rispetto al valore equo e deriva dal valore attuale dei flussi finanziari futuri che avranno origine dall’attività oggetto
di valutazione. Pertanto il valore d’uso deriva da dati e informazioni
di natura finanziaria quali la stima dei flussi finanziari futuri in entrata,
al netto di quelli in uscita, derivanti dall’uso continuativo dell’attività
sommati agli eventuali flussi netti incassabili dalla dismissione dell’attività stessa. I flussi finanziari netti devono poi essere correttamente
attualizzati con appropriato tasso di attualizzazione. Il tasso di sconto
utilizzato deve identificare il rendimento che un investitore si attenderebbe per un’attività in grado di fornire flussi finanziari di importo,
tempistica e rischio equivalenti rispetto a quelli attesi dalla società
dall’immobilizzazione in questione.
Al fine di determinare i suddetti flussi finanziari, il redattore del bilancio deve utilizzare appositi piani e previsioni approvati dall’organo amministrativo, reperendo quelli più recenti a disposizione, considerando che tali piani o previsioni non dovrebbero superare un orizzonte
temporale di cinque anni. Inoltre nella stima dei flussi finanziari non
devono essere considerati i flussi derivanti dall’attività di finanziamento, da pagamenti o rimborsi fiscali e da investimenti futuri per cui non
sia già esistente un obbligo giuridico per la società. Le proiezioni non
devono tenere in considerazione nemmeno i flussi che potrebbero
derivare da future ristrutturazioni per le quali la società non si è ancora impegnata o dal miglioramento o l’ottimizzazione del rendimento
aziendale.
Infine, la stima dei flussi finanziari attesi deve essere condotta per unità generatrice di flussi di cassa (UGC) intendendo con tale terminologia il più piccolo gruppo identificabile di attività che include l’attività
oggetto di valutazione e genera flussi finanziari indipendenti da altre
attività.
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L approccio
semplificato per i
soggetti di piccole e
medie dimensioni
Al fine di determinare eventuali perdite durevoli di valore, solamente
per le società considerate di piccole o medie dimensioni, è possibile
applicare un approccio semplificato basato sulla capacità di ammortamento. La capacità di ammortamento è rappresenta da una grandezza
di tipo economico e non finanziario e consiste nel margine che l’attività aziendale riesce a mettere a disposizione per la copertura degli
ammortamenti. A tal fine dovrà essere utilizzato il risultato economico dell’esercizio oggetto di stima senza però considerare la gestione
straordinaria e il carico fiscale.
Si considerano società di piccole o medie dimensioni quelle società
che non hanno superato due dei tre limiti sotto elencati per due esercizi consecutivi. Tali limiti dimensionali sono:
- un numero medio di dipendenti superiore a 250;
- un totale attivo di bilancio superiore a 20 milioni di euro;
- ricavi netti delle vendite e delle prestazioni superiori a 40 milioni di euro.
Le società che rientrano in questi limiti dimensionali possono quindi
optare per un metodo meno oneroso in termini di complessità valutativa, posto che la logica del metodo valutativo rimane identica e che
si ipotizza che i due risultati non divergano in misura rilevante. Le motivazioni che inducono a considerare il metodo dei flussi economici
sostanzialmente simile a quello basato su flussi finanziari sono legate
al fatto che spesso, nelle società di dimensioni minori, l’unità generatrice di flussi di cassa coincide con l’intera società e che in presenza di
capitale circolante stabile i flussi economico-reddituali risultano simili
a quelli finanziari.
Tuttavia, tale metodo semplificato non è applicabile nel caso di redazione del bilancio consolidato.
Rilevante differenza, tipica dell’approccio semplificato, è legata al fatto che la capacità di ammortamento è considerata su flussi reddituali
complessivi e non su flussi finanziari della singola immobilizzazione o
UGC. Per tale motivo, qualora siano presenti all’interno dell’attività
sociale diversi rami di azienda in grado di produrre flussi reddituali autonomi è consigliata un’applicazione del metodo semplificato ad
ogni ramo di azienda autonomo. Nel caso in cui la società presenti
una struttura produttiva segmentata in rami d’azienda che producono
flussi di ricavi autonomi è necessario prestare particolare attenzione
alle modalità di ripartizione dei costi indiretti su ogni singolo ramo
d’azienda. L’OIC 9 inoltre chiarisce come gli ammortamenti, che devono essere almeno inferiori alla capacità di ammortamento, fanno ri-
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ferimento alla struttura produttiva presente al momento della valutazione, senza considerare eventuali ampliamenti produttivi (e connessi
investimenti).
Infine la presenza, nel periodo temporale preso a riferimento, di esercizi sociali in perdita non implica automaticamente un obbligo di procedere con una svalutazione delle immobilizzazioni non finanziarie.
Tale affermazione è valida anche quando la capacità di ammortamento
di un esercizio non sia in grado di coprire gli ammortamenti dell’anno.
La valutazione va infatti eseguita per il complessivo periodo temporale preso a riferimento, preferibilmente non superiore a cinque anni, al
termine del quale la capacità di ammortamento dovrà risultare complessivamente superiore all’importo degli ammortamenti del periodo.
In sostanza, il periodo di riferimento nel suo complesso dovrà evidenziare un margine economico positivo.
Conclusioni
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L’introduzione dell’OIC 9 deve certamente essere accolta con favore
in quanto dedica a un argomento estremamente delicato e attuale nel
contesto economico nazionale odierno, la dovuta attenzione e sistematicità.
Particolarmente apprezzabile è anche la distinzione effettuata, a seconda delle dimensioni aziendali, tra un metodo di valutazione ordinario ed uno semplificato.
Infine è opportuno sottolineare come particolare cautela deve essere
riposta dall’organo amministrativo nella redazione dei piani aziendali
pluriennali. Essi costituiscono una base fondamentale anche per stabilire se il valore delle immobilizzazioni materiali o immateriali è recuperabile dalla gestione aziendale futura in tutto o in parte.
A tal proposito, la durata del periodo temporale preso a riferimento, tanto nel metodo ordinario quanto in quello semplificato, riveste
un’importanza fondamentale nella giustificazione dei flussi finanziari o
economici futuri e su di essa devono essere fornite informazioni nella nota integrativa. Sempre nella nota integrativa devono anche essere fornite informazioni su altri valori fortemente in grado di variare
il risultato delle stime, ossia sul tasso di attualizzazione utilizzato e su
eventuali tassi di crescita previsti per i flussi finanziari o economici futuri. Da tutto quanto detto deriva, è bene ricordarlo, la fondamentale
importanza dei piani aziendali pluriennali siano essi finanziari o economici. Gli stessi dovranno pertanto essere redatti con il maggiore dettaglio e grado di analiticità possibili.
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