Università Degli Studi di Bari Aldo Moro

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Università Degli Studi di Bari
Aldo Moro
Facoltà di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali
Corso di Laurea Specialistica in Fisica Nucleare e Subnucleare
Tesi di laurea specialistica in Fisica
Classicazione di immagini di
risonanze magnetiche nucleari per
lo studio di
malattie neurodegenerative
Relatore:
Prof. Roberto BELLOTTI
Laureanda:
Valentina FINAMORE
Anno Accademico 2010/2011
Indice
Introduzione
1
1 Malattia di Alzheimer
4
1.1
Cenni storici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
4
1.2
Sindromi dementigene . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
6
1.3
Note generali sull'AD . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
8
1.4
Indagini diagnostiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
10
1.5
Le nuove frontiere della ricerca . . . . . . . . . . . . . . . . . .
11
1.5.1
13
I biomarcatori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
2 Risonanza Magnetica per Immagini
2.1
2.2
18
La Risonanza Magnetica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
19
2.1.1
Cenni storici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
20
2.1.2
Funzionamento
21
2.1.3
Tempo di rilassamento spin-reticolo e spin-spin
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
. . . .
27
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
30
2.2.1
Sequenza spin-eco . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
31
2.2.2
Sequenza Turbo spin-eco . . . . . . . . . . . . . . . . .
37
Sequenze di acquisizione
INDICE
ii
2.2.3
Gradient Eco
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
37
2.2.4
Sequenza Inversion Recovery . . . . . . . . . . . . . . .
38
2.3
Principi di imaging
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
40
2.4
I mezzi di contrasto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
41
2.5
Lo scanner . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
43
3 Estrazione di scatole ippocampali
4
47
3.1
Cenni storici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
48
3.2
Pre-processamento
49
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
3.2.1
Reallignamento
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
51
3.2.2
Coregistrazione
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
51
3.2.3
Segmentazione
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
52
3.2.4
Normalizzazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
52
3.2.5
Smooth
53
3.2.6
Modelli e inferenze statistiche
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
. . . . . . . . . . . . . .
53
. . . . . . . . . . . . . . .
54
3.3
Gestione delle immagini con SPM8
3.4
Analisi delle immagini
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
55
3.5
Estrazione delle scatole . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
62
Validazione con sistemi di Pattern Recognition
68
4.1
Concetti generali
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
69
4.2
SVM . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
71
4.3
Procedimento
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
74
4.3.1
Estrazione delle caratteristiche . . . . . . . . . . . . . .
74
4.3.2
Scaling . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
80
INDICE
4.3.3
4.4
iii
Validazione incrociata
Analisi dei dati
. . . . . . . . . . . . . . . . . .
80
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
81
Conclusione
85
A Principi di imaging con la Trasformata di Fourier
89
Bibliograa
97
Introduzione
Aptissima omnino sunt, Scipio et Laeli, arma senectutis artes exercitationesque virtutum, quae in omni aetate cultae, cum diu multumque vixeris,
miricos ecferunt fructus, non solum quia numquam deserunt, ne extremo
quidem tempore aetatis (quamquam id quidem maximum est), verum etiam
quia conscientia bene actae vitae multorumque bene factorum recordatio iucundissima est.
Le armi in assoluto più idonee della vecchiaia, cari Scipione e Lelio, sono le arti e la pratica della virtù, le quali, coltivate in ogni età, dopo una vita
lunga e intensa producono frutti meravigliosi, non solo perché non vengono
mai meno, neppure al limite estremo della vita (benché ciò sia davvero la cosa più importante), ma perchè la coscenza di una vita spesa bene e il ricordo
di molte buone azioni sono cose gradevolissime.
De Senectute, Cicerone
La decadenza sica, la debolezza, l'attenuarsi delle capacità intellettive e
l'impossibilità di godere dei piaceri dei sensi sono le accuse mosse alla vec-
Introduzione
2
chiaia e che Cicerone confuta nella sua opera datata 44 a.C. È il
ricordo quello
che rende piacevole il trascorrere del tempo e dà dignità alla vecchiaia. Che
ne è, dunque, di una vecchiaia senza ricordi? Di una vecchiaia in cui anche
le attività abituali vengono compresse? Di una vecchiaia che cancella anche
i meccanicismi di gesti consueti?
Purtroppo sempre un numero maggiore di donne di uomini sono aetti da
demenze neurodegerative e perdono, progressivamente, persino la capacità di
essere autosucienti.
Uno studio recente, pubblicato sulla rivista Lancet, ha stimato che dal 1950
ad oggi le aspettative di vivere no ad 80 anni sono raddoppiate per entrambi i sessi, almeno nei Paesi più sviluppati. I ricercatori autori dello studio,
un'equipe di medici danesi dell'Aging Research Center presso la University
of Southern Denmark, hanno inoltre rilevato che la tendenza a diventare più
anziani è un fenomeno in costante crescita dal 1840, e che questa tendenza
non mostra, almeno no ad oggi, segni di rallentamento.
Nel 1950 la probabilità di sopravvivenza ad 80 e 90 anni di età era, in media,
del 15-16% nelle donne e del 12% tra gli uomini.
Nel 2002, le percentuali
sono salite al 37% per le donne ed al 25% per gli uomini. Tuttavia un aumento delle prospettive di vita ha, inevitabilemente portato con se, la diusione
sempre maggiore delle malattie neurodegenerative legate all'avanzare dell'età. Secondo la stima approvata negli Stati Uniti, i casi gravi rappresentano
il 4% della popolazione sopra i 65 anni, che tradotto nella realtà italiana
signica circa 500.000 casi e le cifre sono in continuo aumento.
La demenza più diusa è la malattia di Alzheimer per questo negli ultimi
Introduzione
3
anni si sono profuse numerose energie per riuscire a capire come rallentare e
diagnosticare la malattia in tempi utili.
Si osservato che un buon biomarcatore per la diagnosi precoce della malatia
di Alzheimer è l'atroa cerebrale ed in particolare dell'ippocampo. Questo
lavoro di tesi si propone di elaborare codici in MatLab (Matrix Laboratory) in grado di estrarre da immagini di risonanze magnetiche cerebrali delle
scatole contenenti delle particolari strutture cerebrali come l'ippocampo e
di analizzare quanto ottenuto mediante un classicatore, specicatamente
SVM.
Gli aspetti innovativi presenti in un lavoro di questo tipo sono dati dalla
non conoscenza in letteratura della capacità del tool SPM di estrarre regioni
come quella proposta.
Nel primo capitolo verrà presentata la malattia di Alzheimer, i sintomi indicativi della malattia e le nuove frontiere della ricerca.
Nel secondo verrà fatta una breve introduzione su i principi e sul funzionamento delle risonanze magnetiche nucleari.
Nel terzo capitolo sarà presentato il tool SPM e verrà presentato il codice in
grado di estrarre le scatole ippocampali da immagini di risonanze magnetiche.
Inne nel quarto capitolo verrà implementato un metodo di pattern recognition per poter classicare, in base alle caratteristiche delle immagini
ippocampali, i sani dagli aetti da malattia di Alzheimer.
Capitolo 1
Malattia di Alzheimer
Il termine demenza deriva dalla composizione di due parole latine
(mancanza) e
mens
de
(mente); con questo termine si suole indicare la totalità
delle malattie che riducono le capacità intelletive. Esistono diverse forme di
demenza e il continuo incalzare del numero di soggetti aetti da tale patologia
ha portato la World Health Organization (WHO) a considerare la demenza
la quinta tra le sette priorità del Mental Health Gap Action Plan (mhGAP).
In questo capitolo verrà dato particolare risalto alla malattia di Alzheimer
(AD), ai sintomi identicativi, alla specica patologia e alle nuove frontiere
di ricerca per la diagnosi della stessa.
1.1
Cenni storici
L'immagine del vecchio
saggio
folle
è ben radicata insieme a quella del vecchio
già nella cultura greca e romana. Un riferimento, probabilmente il più
antico, si ritrova nel rituale del
Suicidio obbligatorio dopo i 70 anni
descrit-
Malattia di Alzheimer
5
to in era pre-minoica nell'isola greca di Keos; Solone e Platone riconoscono
che la capacità di giudizio può essere alterata e persa con l'avanzare dell'età,
un concetto che si ritrova sia negli scritti di Orazio che nel
De senectute
di
Cicerone. Un'anticipazione degli aspetti medici è già evidente nelle descrizioni cliniche di Celso che per primo utilizzò il termine
demenza ;
di Areteo
di Cappadocia che introdusse il concetto di
disturbi correlati all'età senile ;
morosis [1].
Tuttavia sino al XVIII secolo il
di Galeno che coniò il termine di
paziente demente veniva confuso con l'insano, il folle. Solo nel 1801 Philippe Pinel, medico e psichiatra francese, utilizzò per la prima volta il termine
demenza
[2] per descrivere le malattie che portano ad una abolizione delle
capacità di pensiero.
La chiave di volta nella storia delle demenze fu data nel 1906, quando Alois
Alzheimer, neurologo tedesco, pubblica un articolo dal titolo
ristica malattia della corteccia cerebrale
Una caratte-
[3]. In una donna di circa 50 anni
Alzheimer identica un'insolita anomalia della corteccia cerebrale causa di
perdita di memoria, di disorientamento e allucinazioni e, inne, di morte.
Un anno dopo, durante la Convenzione psichiatrica di Tubingen, Alzheimer
presenta il caso di questa donna, sottolineando come, successivamente ad
analisi postmortem, il cervello mostri
una scarsità di cellule nella corteccia
cerebrale e gruppi di lamenti localizzati tra le cellule nervose.
Nel 1910 Emil
Kraepelin, il più famoso psichiatra di lingua tedesca dell' epoca, ripubblica
il suo trattato
Psichiatria ;
in questo denisce una nuova forma di demenza
scoperta da Alois Alzheimer, chiamandola appunto malattia di Alzheimer
(AD) [4].
Malattia di Alzheimer
6
Da allora sono passati poco più di 100 anni e la sindrome dementigena si sta
notevolmente diondendo; il British Medical Journal la considera come
nuo-
va e silente epidemia e lo scienziato e saggista Lewis Thomas non ha esitato a
denire l'AD come la malattia del secolo. L'Alzheimer Disease International
(ADI) ha stimato che nel 2009 ben 36 milioni di persone nel mondo aette
da demenza, i numeri sono in continua crescita e si valuta che nel 2050 si
giungerà a contare no a 115 milioni di malati nel mondo [5].
1.2
Sindromi dementigene
La demenza è caratterizzata dalla compromissione di più funzioni cognitive (fasica, gnosica, prassica), coinvolge la memoria e interferisce con lo
svolgimento delle attività abituali del paziente; l'andamento è progressivo
ed irreversibile.
Il Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders
(DSMMD) [6] individua tra i sintomi della sindrome dementigena anche la
riduzione delle capacità di formulare un discorso coerente e di capire un discorso parlato o scritto, di riconoscere e identicare gli oggetti, di eseguire
attività motorie.
A seconda dei dierenti sintomi e delle diverse anomalie cerebrali, si possono
distinguere i diversi tipi di demenza che possono essere catalogati.
sono riportati nella tabella 1.1 [7].
Questi
Malattia di Alzheimer
Malattia di Alzheimer
7
I malati da Alzheimer costituiscono dal
60% all' 80% dei malati di demenza.
L'incopacità di ricordare nomi e avvenimenti recenti, l'apatia e la depressione
sono i primi sintomi di tale patologia
a cui si aggiunge, in seguito, disorientamento, confusione capacità di giudizio compromessa, dicoltà nel parlare,
degluttire e camminare.
Demenza Arterio-sclerotica
È causata dalla riduzione del usso sanguigno in alcune zone del cervello. Ha
le stesse conseguenze dell'AD, sebbene
la perdita di memoria non è una delle
caratteristiche peculiari.
Demenza Mista
Presenta aspetti tipici sia dell'AD che
della VD
Demenza a Corpi di Lewy
Ha caratteristiche molto simili a quelle
dell'AD
a
cui
si
aggiungono
al-
lucinazioni, irrigidimento muscolare e
tremolio.
Malattia di Parkinson
È generalmente caratterizzata da problemi
di
movimento.
Chi
contrae
la PDD sviluppa una demenza negli
ultimi stadi della malattia.
Demenza frontotemporale
Colpisce
le
cellule
nervose
della
re-
gione frontale e laterale del cervello.
Induce cambiamenti di personalità e
comportamento oltre che dicoltà nel
linguaggio.
Malattia di Creutzfeldt-Jacob
Conduce ad una forma di demenza progressiva fatale.
La sindrome clinica
è caratterizzata da perdita di memoria, cambiamenti di personalità, allucinazioni, disartria, mioclono, rigidità
posturale e convulsioni.
Idroencefalo a pressione normale
Tra
i
sintomi
movimento,
presenta
perdita
di
dicoltà
di
memoria
incapacità di controllare la minzione.
Tabella 1.1:
Tipi di demenza più comuni e rispettive caratteristiche tipiche. Adattata da [7]
e
Malattia di Alzheimer
1.3
8
Note generali sull'AD
Recenti studi hanno stimato che persone con età supeiore ai 75 anni hanno
il 45% di probabilità di contrarre l'AD, tale valore si riduce al 6% per coloro
che superano i 65 anni; tuttavia esiste, seppure minima (4%), la probabilità
ammalarsi di AD al di sotto dei 65 anni [7].
Un problema ancora irrisolto è la capacità di comprendere il meccanismo per
il quale si contrae l'AD; probabilmente non c'è un'unica causa, ma diversi
concatenarsi di eventi che, con il passare degli anni, provocano i sintomi
più evidenti.
Tuttavia oggi due ipotesi sulla eziologia della malattia sono
generalmente accettate [8]:
•
Ipotesi genetica.
Durante gli studi prodotti negli ultimi anni si sono
avute numerossisime evidenze sui fattori genetici nella eziopatogenesi della AD: un'anamnesi familiare posiva deve essere considerato un
fattore di rischio per lo sviluppo della malattia [9].
•
Ipotesi sulle proteine anomale.
teiche anomale.
L'AD è associata a strutture pro-
Un cervello di un soggetto adulto sano ha circa 100
bilioni di neuroni. I neuroni hanno una struttura ramicata che permette a ciascun neurone di mettersi in
connessioni prendono il nome di
sinapsi
contatto
con gli altri. Queste
e sono circa 100 trilioni. Nei
malati di Alzheimer le informazioni trasportate dalle sinapsi si riducono, con conseguente perdita dei neuroni [7].
di tale disfunzione è ancora oggetto di studio.
Quali siano le cause
Molti ricercatori con-
cordano sull'ipotesi che l'AD sia provocato da una
amiloidosi
(ovvero
Malattia di Alzheimer
9
l'accumulo di proteine nello spazio extracellulare); nel cervello viene
generato un eccesso di peptidi della proteina amiloide beta, che si raggruppano a formare delle placche. Queste placche, poi, rilasciano dei
frammenti tossici che hanno una serie di eetti estremamente dannosi
per il cervello, tra questi l'iperattivazione della proteina tau. Questa
proteina, che nei neuroni sani è adibita alla stabilizzazione di elementi
strutturali (i cosiddetti microtubuli), nei pazienti con AD acquisisce un
numero troppo elevato di gruppi fosfato e inizia a funzionare male: si
aggrega all'interno dei neuroni e fa collassare i microtubuli. Tutto questo groviglio blocca la comunicazione tra un neurone e l'altro e porta
alla creazione di molecole altamente tossiche che inducono la morte del
neurone [10].
All'esame autoptico il cervello di un paziente aetto da AD è spesso ridotto di
volume, soprattuto nelle forme di esordio pre-senile. All'osservazione esterna
la caratteristica più saliente è la notevole, e sovente simmetrica, attroa che,
sebbene generalizzata, tende a colpire maggiormente i lobi frontali e quelli
parietali.
Dal punto di vista microscopico la caratteristica predominante è la presenza
delle placche senili. Queste possono essere così numerose da occupare sino al
50% della supercie della corteccia, con particolare concentrazione nel giro
ippocampale [8].
L'encefalo umano ha due ippocampi. La regione ippocampale è una struttura
cerebrale situata nella zona mediale del lobo temporale e svolge un ruolo
importante nei meccanismi di memoria.
InFigura 1.1 viene rappresentato
Malattia di Alzheimer
Figura 1.1:
10
Rappresentazione graca dell'ippocampo.
gracamente l'ippocampo.
1.4
Indagini diagnostiche
La diagnosi di AD è di specie clinica. Fatta eccezione per la biopsia cerebrale, non ci sono attualmente test di laboratorio per una diagnosi denita di
malattia. Tuttavia numerose indagini strumentali possono essere utilizzate
[8].
•
La risonanza magnetica per immagini (MRI) è l'esame usato per lo studio dell'encefalo ed in particolare dell'ippocampo e della circonvoluzione
ippocampale, il cui aspetto atroco è indicatore della malattia.
•
Sia PET (Positron Emission Tomography) che SPECT (Single Photon
Emission Computed Tomography ) forniscono indicazioni sul metabolismo e sul usso ematico regionale. Nei pazienti con AD probabile queste
tecniche mostrano spesso una riduzione del usso ematico cerebrale e
del metabolismo bilaterale e temporale.
Malattia di Alzheimer
•
11
L'EEG (Electroencephalography) può servire per un'analisi dierenziale delle sindromi demenziali.
In particolare nell'AD si verica un
caratteristico rallentamento del tracciato dell'EEG; tuttavia tali alterazioni sono presenti solo nelle fasi conclamate della malattia, mentre
nelle fasi iniziali il tracciato può essere ancora normale.
Inne è opportuno che i soggetti con sospetta AD siano sottoposti ad una
adeguata serie di test neuro-psicologici, come il Boston Naming Test, l'IMC
test o, il più diuso, Mini Mental State Extimation Test (MMSE). L'MMSE
test permette di ottenere un punteggio di ecienza cognitiva generale che
discrimina la normalità dalla patologia.
Questo test esplora sette funzioni
cognitive: orientamento temporale, orientamento spaziale, memoria immediata, attenzione e calcolo, memoria di richiamo, linguaggio e prassia visuocostruttiva [11].
Il test non permette da solo di stabilire una diagnosi di
demenza né di determinarne l'eziologia; l'MMSE viene utilizzato come strumento in grado di suggerire il ricorso ad ulteriori approfondimenti e non è
tuttavia sucientemente sensibile nelle fasi iniziali di demenza.
1.5
Le nuove frontiere della ricerca
Dato il continuo diondersi delle sindromi dementigene, causa dell'aumento delle prospettive di vita, numerose energie si stanno investendo al ne
di riuscire a dare una diagnosi precisa e tempestiva dell'AD. A causa della
diusione delle demenze, sono nate collaborazioni a livello mondiale sia per
il supporto psicologico del malato e della famiglia dello stesso sia per l'inve-
Malattia di Alzheimer
12
stimento nella ricerca.
La Alzheimer's Association nata nel 1980 a Chicago è la principale organizzazione mondiale di volontariato sanitario per la cura e il supporto dei
malati di Alzheimer, oltre ad essere il più grande nanziatore privato senza
scopo di lucro nella ricerca per l'AD.
La Alzheimer's Disease International (ADI), invece, è una federazione internazionale fondata nel 1984 e che attualmente annovera 73 associazioni
nazionali di Alzheimer in tutto il mondo. L'obiettivo principale dell'ADI è
quello di riuscire a migliorare la qualità della vita delle persone con demenza
e delle loro famiglie e sensibilizzare l'opinione pubblica mondiale sulla malattia di Alzheimer e tutte le altre cause di demenza.
La Europian Alzheimer's Disease Consortium (EADC) è una rete che comprende 45 centri di eccellenza in tutta Europa per ampliare le conoscenze
scientiche di base della AD, per sviluppare un metodo per prevenire l'insorgenza della malattia e per ritardarne i sintomi più gravosi per il paziente
e i familiari. Il principale obiettivo della collaborazione è la dierenziazione
della diagnosi di AD per la discriminazione dalle altre forme di demenza.
Particolare attenzione è dedicata a una maggiore comprensione del mild cognitive impairment per capire in quali casi si presenta come stadio iniziale
della AD.
La Alzheimer's Disease Neuroimaging Initiative (ADNI) è stata fondata
dal National Institute on Aging (NIA), dal National Institute of Biomedical
Imaging and Bioengineering (NIBIB), dal Food and Drug Administration
(FDA), da compagnie farmaceutiche private e da organizzazioni no prot ha
Malattia di Alzheimer
13
come scopo quello di determinare il tasso di progressione del decadimento
cognitivo lieve (MCI) e dell'AD.
Il progetto Alzheimer's Disease Neuroimaging Initiative nasce nel 2004 [12]
con l'obiettivo di denire la velocità di avanzamento del decadimento cognitivo lieve e della malattia di Alzheimer e di sviluppare metodi avanzati per
la sperimentazione clinica in questo settore.
Principale scopo dell'ADNI è
quello di sviluppare metodi standard per l'analisi e la raccolta di dati.
I
dati raccolti e uniformati rispetto ad una procedura universale vengono resi
disponibili sul sito web sia per scopi accademici che industriali [13]. Gli studi
dell'ADNI sono tesi alla validazione di tecniche di neuroimmagine associate
a MRI e PET e all'individuazione di biomarcatori di AD e MCI. Ottimizzare le tecnologie imaging cerebrale, unitamente ad altri test, può essere un
modo per misurare la progressione del decadimento cognitivo lieve e della
malattia di Alzheimer [14].
A tal ne l'attenzione è rivolta a pazienti con
eMNI (decadimento cognitivo lieve nella fase iniziale) [12]. Con una migliore
conoscenza delle prime fasi della malattia, i ricercatori potrebbero essere in
grado di testare potenziali terapie in fasi precedenti rispetto a quelle attuali
e avere così maggiori probabilità di rallentare la progressione di questa malattia devastante. L'ADNI ha dato un notevole contribbuto alla scoperta dei
biomarcatori identicabili come strumenti di diagnosi.
1.5.1
I biomarcatori
Un biomarcatore è una sostanza utilizzata quale indicatore di un particolare stato biologico.
Un biomarcatore ideale dovrebbe identicare uno
Malattia di Alzheimer
14
Biomarcatori come indicatori di demenza. Ciascuna delle cinque curve descrive i
cambiamenti causati dall'AD a seconda dello specico biomarcatore.
Figura 1.2:
specico fattore sio-patologico dell'AD che non sia presente né in soggetti
sani né in quelli aetti da altre demenze e permette, quindi, di identicare l'AD prima della manifestazione palese della malattia; cinque sono quelli
normalmente usati [15]:
1. beta amiloide;
2. proteina tau;
3. atroa cerebrale;
4. perdita di memoria;
5. generale declino cognitivo;
I biomarcatori da 1 a 3 evidenziano dierenze prima della
dichiarazione
di
malattia; quelli 4 e 5 sono gli indicatori classici di demenza e vegono misurati
dalla valutazione cognitiva. In Figura 1.2 viene mostrato come i biomarcatori
vengono alterati in relazione all'evolversi della malattia.
Malattia di Alzheimer
15
Scansione PET. Si possono osservare placche amiloidi, che appaiono come colori caldi
(rosso e arancione). La scansione di sinistra è quella di un soggetto aetto da AD, quella di destra è di
un encefalo normale.
Figura 1.3:
La tomograa ad emissione di positroni (PET) e la tomograa ad emissione di
fotone singolo (SPECT) sono metodiche di indagine funzionale che consentono di misurare in vivo specici processi biochimici cerebrali. Possono quindi
individuare dei cambiamenti che hanno luogo a livello cellulare e molecolare che non si riettono necessariamente in alterazioni a livello macroscopico.
Tali caratteristiche rendono i metodi di immagine funzionale particolarmente
adatti allo studio delle alterazioni cerebrali associate a demenza, dove modiche di parametri cerebrali, quali il metabolismo e il usso ematico, o di
sistemi biochimici di neurotrasmissione sono conseguenza delle modicazioni
neurodegenerative. Questi esami permettono,dunque, riconoscere quando un
cervello sta accumulando beta amiloide (Figura 1.3).
Alterazioni della presenza della proteina tau sono rivelabili con FDG-PET
(Tomograa ad Emissione di Positroni con Fluoro-desossi-glucosio).
Fisio-
logicamente uno degli organi interni che maggiormente consuma glucosio è
l'encefalo. Una scansione FDG-PET di un paziente che non abbia problemi
neurologici evidenzia una regolare, simmetrica e siologica distribuzione del
Malattia di Alzheimer
16
tracciante a livello encefalico che rispecchia in pratica la normale attività
metabolica neuronale della corteccia (Figura 1.4).
Scansione FDG. Si può osservare una riduzione dell'attività metabolica nella regione
parietale e temporale in pazienti aetti da MCI e AD.
Figura 1.4:
La MRI può mostrare quadri di atroa che riettono la comparsa di alterazioni microscopiche, quali la perdita di neuroni, la formazione di placche
senili e le modicazioni di tipo qualitativo a livello delle cellule neuronali. La
valutazione dell'atroa ippocampale, insieme ai correlati genetici in presenza
di modicazioni cognitive, ha dimostrato essere un parametro sensibile e un
possibile indicatore specico di demenza di tipo Alzheimer [16] (Figura 1.5).
Le neuroscienze cognitive, che costituiscono l'insieme delle tecniche che permettono di rilevare e riprodurre gracamente, in termini anatomici e funzionali, l'attività cerebrale possono avere un ruolo diagnostico, sia precoce
che dierenziale, e possono anche orire un contributo scientico per quanto
riguarda gli aspetti più squisitamente patogenetici.
Sia la tomograa computerizzata (TC) che la risonanza magnetica funzionale
(fMRI) hanno un ruolo importante nel processo diagnostico di esclusione di
altre patologie potenzialmente responsabili di demenza (ad esempio, lidro-
Malattia di Alzheimer
17
Scansione MRI. Si possono osservare le dierenze tra un encefalo normale (a sinistra) e
uno aetto da AD (a destra).
Figura 1.5:
Scansione CT e fmri. Si possono osservare le dierenze tra un encefalo normale (1a e
2a) e uno aetto da AD (1b e 2b). Nei casi 1a e 1b mediante scansione CT (tomograa compiuterizzata),
nei casi 2a e 2b mediante fmri (risonanza magnetica per imaging funzionale).
Figura 1.6:
cefalo a bassa pressione, o un ematoma subdurale). In Figura 1.6 possiamo
osservare immagini di una tomograa compiuterizzata e di una risonanza magnetica funzionale. Vengono paragonate le immagini relative ad un encefalo
normale ed uno aetto da AD.
L' individuazione di biomarcatori e lo sviluppo sempre maggiore di tecniche
di neuroimaging sono gli attuali strumenti a disposizione per una diagnosi
precoce dell'AD.
Capitolo 2
Risonanza Magnetica per
Immagini
Negli ultimi anni si sono fatti molti progressi della sica applicata alla
medicina nel campo delle immagini; tecniche avanzate di analisi morfologica
come MRI, fMRI e PET hanno permesso lo sviluppo di nuove tecniche diagnostiche e nuove procedure chirurgiche. Lo sviluppo della digitalizzazione
delle immagini ha permesso non solo per la possibilità di ottenere informazioni quantitative, ma anche di realizzare una rete multimediale di condivisione
delle immagini che amplia notevolmente le prospettive di diagnosi e di ricerca.
In questo capitolo verrà descritto il funzionamento della risonanza magnetica
per immagini. Le MRI cliniche sono immagini tridimensionali caratterizzate da un'elavata risoluzione (dell'ordine del millimetro) che si basano sul
fenomeno sico della risonanza magnetica nucleare.
Risonanza Magnetica per Immagini
2.1
19
La Risonanza Magnetica
La Risonanza Magnetica per Immagini (MRI) è una tecnica utilizzata
principalmente in campo medico per produrre immagini ad alta denizione
dell'interno del corpo umano. La MRI è basata sui principi della Risonanza
Magnetica Nucleare (NMR); essa ha esordito come tecnica di imaging tomograco in grado di produrre un'immagine da un segnale di NMR.
Da normale tecnica di produzione di immagini tomograche, si è evoluta a
tecnica di imaging volumetrica, capace di dare una rappresentazione in 3-D
di una qualunque parte del corpo.
La MRI permette di visualizzare i tes-
suti molli e, quindi, di discriminare tra le diverse tipologie di tessuti non
apprezzabili con altre tecniche.
Ad esempio la TAC (Tomograa Assiale
Compiuterizzata), sfruttando le radiazioni ionizzanti, è in grado di ottenere
immagini le cui gradazioni di grigio variano a seconda della densità elettronica dei tessuti: a densità elettroniche elevate corrispondono gradazioni di
grigio più chiare. La TAC è molto utile nello studio delle strutture scheletriche e per visualizzare gli eetti dei traumi cranici, in cui possono essere
presenti emorragie. Inoltre la TAC è molto utilizzata in campo oncologico
per indagare quelle aree del corpo dicilmente osservabili con altri metodi,
come ad esempio i vasi sanguigni, le strutture interne del cuore e i bronchi
[17].
Risonanza Magnetica per Immagini
2.1.1
20
Cenni storici
La scoperta del principio di risonanza magnetica si deve sia a Felix Bloch
che ad Edward Purcell; entrambi scoprirono questo fenomeno indipendentemente l'uno dall'altro.
Inizialmente sviluppata e usata principalmente per
analisi molecolari chimiche e siche, la risonanza magnetica trova un'applicazione medica solo 1971, quando Raymond Damadian riuscì a dimostrare
la sua validità come strumento per la rivelazione delle malattie. Su cavie da
laboratorio egli osservò che i tempi di rilassamento magnetico-nucleari dei
tessuti sani erano dierenti da quelli dei tessuti tumorali [18].
Nel 1973 Paul Lauterbur sperimentò per primo, e con successo, la possibilità
di fare imaging con risonanza magnetica utilizzando come oggetto test delle
provette contenenti acqua [19].
Nel 1977 Peter Manseld ideò la tecnica di imaging eco-planare (EPI). Nel
1980 Edelstein ed i suoi collaboratori sperimentarono l'imaging del corpo
usando una tecnica che prevedeva un processo di codica di fase e frequenza
e l'impiego della trasformata di Fourier; in questo modo ogni singola immagine poteva essere acquisita in circa cinque minuti. Il tempo di imaging verrà
drasticamente ridotto a circa cinque secondi, senza signicativi cambiamenti
della qualità dell'immagine, a partire dal 1986. Nel 1987 Charles Dumoulin
perfezionava l'angiograa a risonanza magnetica (MRA), grazie alla quale
diventava possibile ottenere immagini del usso sanguigno senza l'utilizzo di
un mezzo di contrasto [20]. Nel 1992 ebbe inizio lo sviluppo dell'MRI funzionale (fMRI), una nuova applicazione per l'EPI che permette di costruire una
mappa delle regioni del cervello responsabili del controllo del pensiero e del
Risonanza Magnetica per Immagini
21
movimento [21]. Nel 2003 Paul C. Lauterbur dell'Università dell'Illinois e Sir
Peter Manseld dell'Università di Nottingham ricevettero il premio Nobel
per la Medicina per le loro scoperte nel campo dell'imaging con risonanza
magnetica.
Questa rapida cronologia permette di osservare che l'imaging applicato alle
neuroscienze è scienza giovane ma anche in rapida evoluzione, come si vedrà
in seguito nuovi sviluppi riguardano l'intensità del campo magnetico:
at-
tualmente si lavora con campi dell'ordine di un 1 tesla, ma nel futuro anche
abbastanza prossimo, si potranno raggiungere i 4 tesla o anche più, permettendo di aumentare il contrasto tra materia bianca e materia grigia, e di avere
quindi una migliore risoluzione dell'immagine [22].
2.1.2
Funzionamento
La Risonanza Magnetica per Immagini si basa sui principi della Risonanza Magnetica Nucleare (NMR). La NMR sfrutta le proprietà magnetiche dei
nuclei atomici. L'interazione del campo magnetico del nucleo con un campo
esterno induce la separazione dei livelli energetici nucleari (in accordo con
le regole della meccanica quantistica). Tuttavia i nuclei che hanno numero
atomico pari non hanno momento magnetico e quindi non sono interessanti
ai ni della NMR [23].
Il modello a shell dei nuclei stabilisce che i nucleoni, così come gli elettroni
atomici, riempiono degli orbitali.
Poiché anche i nucleoni hanno spin, nel
riempire gli orbitali, due nucleoni dello stesso tipo possono appaiarsi nella congurazione spin up-spin down, annullando lo spin nucleare risultante
Risonanza Magnetica per Immagini
[24].
22
Quasi tutti gli elementi della tavola periodica hanno un isotopo con
spin nucleare diverso da zero. La NMR può essere eseguita soltanto su isotopi con uno spin nucleare risultante non nullo e la cui abbondanza naturale
sia sucientemente alta da poter essere rivelata [25]. Alcuni nuclei che sono
d'interesse per la MRI sono elencati nella Tabella 2.1.2.
Nuclei Protoni spaiati Neutroni spaiati Spin risultante
1
H
2
H
31
P
23
Na
14
N
13
C
19
F
1
0
1
1
1
1
0
1/2
1
2
3/2
1
1
1
0
1
1/2
1
0
1/2
Tabella 2.1:
1/2
Alcuni nuclei d'interesse per la MRI.
Dato che il corpo umano è principalmente costituito da acqua e grasso, l'elevata presenza di atomi di idrogeno (numero atomico Z=1) in questi
due elementi fa sì che questo sia costituito per il 63% da atomi di idrogeno;
essendo i nuclei di idrogeno in grado di produrre un segnale di risonanza
magnetica, l'MRI utilizza in primo luogo la loro abbondanza per produrre
immagini del corpo umano [25].
In assenza di campo magnetico esterno, i dipoli dei nuclei degli atomi di
idrogeno sono disposti casualmente nello spazio e la magnetizzazione complessiva risulta nulla. Se questi nuclei sono sottoposti all'azione di un campo
magnetico statico
B0
(dell'ordine dei tesla), i nuclei si ordineranno secondo
la sua direzione, assumendo due possibili orientazioni: una congurazione di
Risonanza Magnetica per Immagini
23
Rappresentazione graca delle due possibili congurazioni di spin quando un protone si
trova immerso in un campo magnetico
Figura 2.1:
bassa energia e uno stato di alta energia (Figura 2.1). I nuclei con energia
minore si allineranno parallelamente al campo esterno e sono detti
spin up,
mentre quelli con energia maggiore si allineranno in direzione antiparallela e
sono detti
spin down ; il verso antiparallelo è meno probabile poiché necessita
di maggior energia da parte dei protoni.
A temperatura ambiente, il numero degli spin nel livello energetico più basso
+
−
(N ) supera di poco il numero di quelli a livello energetico superiore (N ).
Il rapporto tra le popolazioni dei due stati di spin è dato dalla
Boltzmann :
dove con
∆E
N−
− ∆E
kT ,
=
e
N+
statistica di
(2.1)
si indica la dierenza di energia tra i due stati di spin, con k la
−23
costante di Boltzmann (1.38 · 10
J/K) e con T la temperatura espressa in
kelvin. A temperatura ambiente, in un campo magnetico di 1.41 Tesla (60
MHz) abbiamo un nucleo in più nello stato di bassa energia ogni duecentomila nuclei, in un campo di 7.05 Tesla (300MHz) abbiamo 5 nuclei in più nello
Risonanza Magnetica per Immagini
24
stato di bassa energia ogni duecentomila nuclei. Eppure sono proprio questi
pochi nuclei in eccesso quelli che permettono di generare il segnale NMR [26].
L'assorbimento di un fotone è in grado di indurre una transizione tra i due
stati energetici di una particella facendola passare dallo stato di bassa energia allo stato di alta energia. L'energia necessaria anché questo passaggio
avvenga deve essere esattamente pari alla dierenza di energia tra i due stati;
l'energia del fotone è messa in relazione alla sua frequenza
ν
dalla
legge di
Planck :
E = hν,
dove h è la costante di Planck (h =
6.626 · 10−34 Js ).
non solo dal rapporto giromagnetico
γ,
(2.2)
La frequenza
ν
dipende
ossia dal rapporto tra momento ma-
gnetico e momento angolare orbitale della particella, ma anche dall'intensità
dal campo magnetico esterno applicato, secondo la relazione:
ν = γB0 .
La frequenza
Larmor.
ν
prende il nome di
frequenza di risonanza
(2.3)
o anche
frequenza di
Mettendo in relazioni le equazioni (4.1) e (2.3) si ricava che l'energia
di cui il fotone ha bisogno per provocare una transizione tra due stati dello
condizione di risonanza ) può essere così riscritta:
spin (
E = hγB0 .
(2.4)
In realtà gli spin sottoposti all'azione del campo magnetico non si allineano
Risonanza Magnetica per Immagini
25
a) Nuclei di 1 H in assenza di campo magnetico esterno; b) nuclei di 1 H in presenza del
campo magnetico B0 esterno; c)moto di precessione degli spin intorno a B0 .
Figura 2.2:
esattamente lungo l'asse del campo stesso ma formano un certo angolo
sono dunque soggetti ad un moto di precessione intorno a
La velocità angolare degli spin intorno a
B0
B0
θ;
(Figura 2.2).
è determinata dalla legge di
Larmor:
ω0 = γB0 .
(2.5)
Per la descrizione macroscopica della NMR è utile denire il pacchetto di
spin; con questo termine si suole indicare un gruppo di spin soggetti allo
stesso campo magnetico esterno. L'intensità del vettore magnetizzazione per
ogni pacchetto è proporzionale alla dierenza di popolazione tra i due stati
N+ − N− .
La somma vettoriale dei vettori magnetizzazione proveniente da
tuti i pacchetti di spin è la magnetizzazione totale, detta
netta
o
risultante
magnetizzazione
e può essere rappresentata da un vettore di magnetizza-
zione macroscopica
M (Figura 2.3).
Nel sistema convenzionale di coordinate
NMR, ossia quello in cui l'asse z è posto lungo la direzione del campo magnetico esterno, il vettore di magnetizzazione risultante si dice che è in equilibrio
Risonanza Magnetica per Immagini
26
Figura 2.3:
a) Magnetizzazione risultante M. b)Sistema convenzionale di coordinate NMR.
Conguurazione all'equilibrio della magnetizzazione risultante.
se è posizionato lungo la direzione del campo magnetico statico
indicato con
M0 .
magnetizzazione ,
B0
e viene
In questo caso si avrà che la componente z del vettore di
Mz
(magnetizzazione longitudinale), è uguale a
tre è nulla la componente trasversale
Mxy
M0 , men-
del vettore di magnetizzazione
(Figura 2.3).
Se si sottoponesse il sistema ad una perturbazione aggiuntiva (B1 ) perpendicolare a
B0
per un certo intervallo di tempo, allora l'intensità del vettore di
magnetizzazione risultante sarebbe modicata. Inoltre, come indicato in precedenza, ad enegie di frequenza pari alla frequenza di Larmor ( per il protone,
in presenza di un campo magnetico di 1 tesla, la frequenza di Larmor è di
43 milioni di hertz e raddoppia in presenza di un campo magnetico di 2 tesla
[28]), si ha il fenomeno della risonanza, condizione nella quale si ha il massimo trasferimento di energia tra la perturbazione e il sistema. L'azione di
modica il rapporto tra spin up e spin down, per cui
xy di un angolo
zione di
B1 .
α
chiamato
ip angle
Msi
B1
inclina nel piano
che dipende dalla durata dell'applica-
A livello macroscopico si osserva che il vettore magnetizzazione
Risonanza Magnetica per Immagini
27
Campione di spin irradiato lungo l'asse x con un impulso di radiofrequenza. Questo
inclina il vettore magnetizzazione risultante che inizia un moto di precessione attorno all'asse z.
Figura 2.4:
macroscopica
M0
ruota allontanandosi dall'asse z per avvicinarsi al piano xy
iniziando un moto di precessione attorno all'asse z (Figura 2.4).
È possibile saturare il sistema di spin ed ottenere
Mz =0
. Al termine del-
l'eccitazione il sistema tende a ritornare alla sua condizione di equilibrio con
un andamento esponenziale nel tempo.
Le
equazioni di Bloch
sono un insieme di equazioni dierenziali che consento-
no di descrivere il comportamento degli spin nucleari in un campo magnetico
e sotto l'azione di impulsi in radiofrequenza.
Tali equazioni evidenziano i
tempi dierenti di rilassamento del vettore magnetizzazione relativi all'asse
z e al piano xy [29].
Le costanti di tempo che descrivono il ritorno all'e-
quilibrio della magnetizzazione sono il
indicato con
2.1.3
T1
e il
tempo di rilassamento spin-reticolo,
tempo di rilassamento spin-spin, indicato con T2 .
Tempo di rilassamento spin-reticolo e spin-spin
Si denisce
tempo di rilassamento spin-reticolo T1 il tempo necessario per
far sì che la componente z del vettore magnetizzazione riacquisti il 63% del
Risonanza Magnetica per Immagini
28
suo valore iniziale [25]. Il processo ha un andamento esponenziale:
− Tt
Mz = M0 (1 − e
con
M0 = Mz
prima di applicare
1
)
(2.6)
B1 .
Se il vettore di magnetizzazione, per eetto della perturbazione, avesse una
componente non nulla nel piano xy, esso ruoterebbe attorno all'asse z ad
una frequenza uguale alla frequenza del fotone (frequenza di Larmor) che
ha causato la transizione tra i due livelli di energia; il moto di rotazione
del vettore di magnetizzazione è chiamato
precessione.
energia con quelli adiacenti, quindi gli spin
precedono
I nuclei scambiano
con frequenze diverse:
si ha una perdita di coerenza di fase. Questo processo si indica con il termine
rilassamento spin-spin ed è dovuto al decadimento e alla perdita di coerenza
della magnetizzazione trasversale
Mxy .
Si denisce tempo di rilassamento spin-spin
T2
il tempo necessario per far
sì che la magnetizzazione trasversale si riduca del 63%.
In questo caso il
fenomeno ha un andamento di un esponenziale decrescente:
− Tt
Mxy = M0 e
In Figura 2.5 sono gracati gli andamenti di
che
T2
è sempre minore o uguale a
(2.7)
2
T1
e
T2 .
È importante notare
T1 .
L'eetto totale sarà che la magnetizzazione risultante nel piano xy tenderà
a zero e allo stesso tempo la magnetizzazione longitudinale crescerà lungo
l'asse z no a che non raggiungerà nuovamente il valore
M0 .
Risonanza Magnetica per Immagini
29
a) Tempo di rilassamento spin-reticolo: andamento della magnetizzazione longitudinale con costante di tempo T1 . b) Tempo di rilassamento spin-spin: andamento della magnetizzazione
trasversale con costante di tempo T2 .
Figura 2.5:
Il decadimento trasversale è dovuto in realtà alla combinazione di due fattori:
1. le interazioni molecolari, che portano ad un eetto molecolare detto
puro
che è quello appena descritto;
2. le variazioni del campo magnetico statico
detto
T2
T2disomog
di
B0 , che portano ad un eetto
disomogeneità di campo.
Questo secondo aspetto può essere dovuto sia a cause microscopiche che macroscopiche. Tra le prime si può citare la presenza di deossiemoglobina (emoglobina de-ossigenata); tra gli eetti macroscopici vengono inclusi agenti di
contrasto paramagnetici, i prodotti del sangue, i depositi di ferro [30]. Questi
due eetti producono il fenomeno del decadimento trasversale complessivo,
la cui costante di tempo
T2 *
vale:
1
1
1
=
+
∗
T2
T2 T2disomog
con
T∗2 < T2 < T1
[27].
(2.8)
Risonanza Magnetica per Immagini
Figura 2.6:
2.2
30
Segnale generato dal decadimento della magnetizzazione trasversale (FID).
Sequenze di acquisizione
Negli esperimenti NMR la frequenza di Larmor del fotone si trova nel
range delle radiofrequenze (RF), nell'intervallo tra i 60 e gli 800 MHz [25].
Il ritorno all'equilibrio del vettore di magnetizzazione di un sistema di spin
che ha assorbito un impulso RF genera un segnale che può essere rivelato.
Al ne di leggere il segnale di risonanza viene posta una bobina per RF nel
piano trasversale xy.
La variazione temporale di
Mdà
luogo ad un usso
magnetico variabile nel tempo che, in base alla legge di Faraday, induce
Free Induction Decay
corrente nella bobina; tale segnale prende il nome di
(FID). Riportando in un graco la corrente indotta in funzione del tempo, si
ottiene un'onda sinusoidale di frequenza
ν = ω0 /2π .
Quest'onda si attenua
in maniera esponenziale secondo la costante di tempo
misura del FID dipende da tre parametri
la densità protonica; in base al tipo di
T1 , T2
sequenza
e
ρ,
T2 *
(Figura 2.6). La
dove con
ρ
si indica
utilizzata si può enfatizzare
Risonanza Magnetica per Immagini
Figura 2.7:
31
Diagramma temporale di un impulso di 90-FID.
l'uno o l'altro parametro.
Una sequenza è costituita dall'applicazione di una serie di impulsi RF. Ogni
aspetto di una sequenza di impulsi, in funzione del tempo, può essere descritto
da un graco ad assi multipli detto
diagramma temporale.
Il diagramma
temporale di una sequenza di impulsi FID riporta in funzione del tempo sia
l'energia RF che il segnale. Un esempio di diagramma temporale è riportato
in Figura 2.7 dove è rappresentato un impulso 90-FID, ottenuto da un impulso
◦
RF a 90 che viene usato per ribaltare la magnetizzazione risultante [33].
Un parametro comune a qualsiasi tipo di sequenza utilizzata è il
ripetizione
tempo di
ed indicato con TR [25]. Con questo termine si indica il tempo
che intercorre tra le ripetizioni della sequenza.
Gli impulsi di RF sono applicati in più modi per generare
B1 .
Di seguito
vengono elencati i più comuni.
2.2.1
Sequenza spin-eco
Una sequenza di impulsi comunemente utilizzata per produrre un segnale
NMR è la sequenza Spin Eco (SE).
Risonanza Magnetica per Immagini
32
Figura 2.8: echo. a-c al termine dell'applicazione dell'impulso a 90◦ c'è una progressiva perdita di
coerenza di fase. d-f L'impulso a 180◦ ribalta la fase degli spin. La velocità relativa non viene modicata
e gli spin dopo un tempo TE convergono.
In questa sequenza, ad un sistema di spin, viene inizialmente applicato un
◦
impulso RF a 90 rispetto la direzione del campo magnetico statico.
Ta-
le impulso ribalta la magnetizzazione sul piano trasversale, con conseguente
perdita di fase nella magnetizzazione longitudinale.
◦
Successivamente per compensare lo sfasamento si applica un impulso a 180 :
la magnetizzazione torna in fase e genera un segnale eco (Figura 2.8).
◦
Il tempo tra un impulso di 90 e la massima ampiezza dell'eco è denito
tempo di eco
e viene indicato con
TE .
Il diagramma temporale di una se-
quenza eco è rappresentato in Figura 2.9, e dove sono gracati i gradienti
di campo che sono variazioni lineari del campo magnetico e di cui si parlerà
più approfonditamente 2.3. In applicazioni cliniche
TE /2≪ TR
e il segnale
misurato è dato dalla seguente relazione:
S ∝ ρ(1 − e
T
T
− TR
1
)e
− TE
2
.
(2.9)
Risonanza Magnetica per Immagini
33
Figura 2.9: Diagramma temporale di una sequenza spin-echo. RF indica il segnale in radiofrequenza
inviato. SEG, PEG e FEG sono i tre tipi di gradienti usati rispettivamente per la codica della slice,
della frequenza e della fase se si fà uso del metodo di Fourier per la formazione dell'immagine, inne, c'è
il segnale echo generato.
Un vantaggio nell'uso della sequenza spin-echo è che essa introduce nel segnale la dipendenza da
di
T1
T2 .
Poichè alcuni tessuti e patologie hanno valori simili
ma dierenti valori di
che produca immagini
T2 , è vantaggioso avere una sequenza di imaging
T2 -dipendenti.
Lo svantaggio di questa sequenza ri-
siede nei tempi di scansione che possono divenire lunghi, perchè per avere il
massimo del segnale bisogna aspettare che
M
ritorni nella posizione iniziale
di equilibrio lungo z per riprendere la sequenza.
Dall'equazione 2.9 si può
osservare che scegliendo opportunamente la sequenza di impulsi RF è possibile imporre al sistema di spin una determinata dinamica, così da ottenere
l'informazione dal segnale risonanza magnetica. I parametri che inuenzano
il risultato dell'immagine sono: il tempo di ripetizione e quello di eco che
possono essere lunghi o brevi rispetto ai tempi di rilassamento spin-reticolo
e spin-spin. Mediante la combinazione di
TR
e
TE
lunghi o brevi, si avranno
Risonanza Magnetica per Immagini
34
Rappresentazione graca, per diversi tipi di tessuto, del fenomeno del decadimento
(rilassamento) longitudinale del vettore magnetizzazione, che avviene con costante di tempo T1 .
Figura 2.10:
immagini pesate in
•
T1 , T2
o
ρ
.
Sequenza pesata in T1 .
usa un
TR
Per ottenere una sequenza SE
breve associato ad un
TE
T1 -pesata,
breve in modo tale che
si
TE ≪ T2 .
In questa condizione il segnale misurato è:
T
− TR
S ∝ ρ(1 − e
1
)
(2.10)
T1 (tempo di rilassamento longitudinale) è una misura del tempo richiesto ai protoni per tornare alle condizioni di equilibrio iniziale. Questo
parametro dipende da numerosi fattori, tra cui lintensità del campo
B0
(T1 cresce all'aumentare di questo) e le dimensioni della molecole (ad
esempio, il DNA o i liquidi hanno un
T1 più
lungo rispetto a quello dei
lipidi), come è gracato nella Figura 2.10. Mediamente, i tessuti viventi immersi in un campo magnetico di intensità 0,1-0,5 T hanno un
T1
Risonanza Magnetica per Immagini
35
compreso tra 300 e 700 millisecondi. Ad esempio nelle immagini
T1 -
pesate il liquido cefalo-rachidiano è scuro mentre il grasso è brillante.
La sostanza bianca e grigia ha dei segnali di intensità intermedia.
•
Sequenza pesata in
T2 ,
si usa un
TR ≫ T1.
TR
T2 .
Per ottenere una sequenza SE pesata in
lungo associato ad un
TE
lungo in modo tale che
In questa condizione il segnale misurato è:
S ∝ ρe
È stato precedentemente denito
T
− TE
2
T2
.
(2.11)
come il tempo di rilassamento
trasversale, ossia il tempo impiegato dallo spin dei protoni per desincronizzarsi.
Questa progressiva desincronizzazione determina l'an-
nullamento della magnetizzazione trasversale (nel piano xy, perpendicolare ai piani che attraversano z). Lecienza di
T2
dipende da vari
fattori come ad esempio le dimensioni delle molecole: più la molecola è
piccola, più lungo sarà il tempo di desincronizzazione; grosse molecole
hanno
T2
biologici
più brevi (Figura 2.11). L'acqua ha un
T2 è compreso tra 50 e 150 millisecondi.
è poco inuenzato dal valore di
B0 .
T2
lungo. Nei tessuti
A dierenza di
Nelle immagini
T2 -pesate
T1 , T2
i liquidi
o, comunque, i tessuti molto idratati, appaiono bianchi brillanti.
•
Sequenze pesate in
usano
TR
ρ.
ρ-pesata
si
TR ≫ T1
e
Per ottenere una sequenza SE
lunghi associati a
TE
brevi in modo tale che
Risonanza Magnetica per Immagini
36
Rappresentazione graca, per diversi tipi di tessuto, del fenomeno del decadimento
(rilassamento) trasversale del vettore magnetizzazione, che avviene con costante di tempo T2 .
Figura 2.11:
Figura 2.12:
TE ≪ T2 .
Confronto tra un'immagine T1 -pesata,una T2 -pesata ed una ρ-pesata.
In queste condizioni il segnale misurato sarà:
S ∝ ρ.
Nella Figura 2.12 possiamo osservare le dierenze tra un'immagine
una
T2 -pesata
ed una
ρ-pesata.
(2.12)
T1 -pesata,
Risonanza Magnetica per Immagini
Figura 2.13:
2.2.2
37
Diagramma temporale di una sequenza turbo spin-eco.
Sequenza Turbo spin-eco
La sequenza turbo spin-echo (TSE) è un'evoluzione dell'eco convenzionale; l'utilizzo di una sequenza di questo tipo permette di accelerare l'acquisizione degli echo senza alterarne l'eccitazione.
Vengono applicati impulsi
◦
multipli a 180 nelle RF dopo ogni impulso di eccitazione; i picchi eco decadono con una costante di tempo T2. In Figura 2.13 è gracato il diagramma
temporale di una sequenza TSE.
2.2.3
Gradient Eco
La sequenza di acquisizione Gradient Eco, indicata con la sigla GE, è
stata elaborata con lo scopo di rendere il contrasto dei tessuti dipendente
da
TR ;
◦
a tal ne si utilizzano ip angle minori di 90 . In questo modo solo
una frazione di
Mz
viene ribaltata sul piano trasversale, mentre la restante
parte è già disponibile per i successivi
TR .
Per riallineare gli spin la GE
◦
applica gradienti al posto di impulsi a 180 , questo permette di non annulare
gli eetti di defasamento: il FID che si ottiene decade con costante di tempo
Risonanza Magnetica per Immagini
Figura 2.14:
T∗2 .
38
Diagramma temporale di una una sequenza Gradient Eco.
Il diagramma temporale di una sequenza di questo tipo è ragurato in
Figura 2.14. Sebbene una sequenza di questo tipo permette di ottenere
TR
brevi, e quindi di ridurre la durata complessiva della scansione, d'altra parte
questo induce un svantaggio per l'ampiezza del segnale che risulta ridotta.
Agendo su
•
α
e
TE ,
si possono ottenere immagini pesate diversamente:
◦
◦
immagini pesate inT1 con ip angle elevati (70 -90 ) e
TE
brevi (5-10
ms);
•
immagini pesate in
T∗2
◦
con ip angle piccoli (<70 ) e
TE
lunghi (20-35
ms).
2.2.4
Sequenza Inversion Recovery
Una sequenza di Inversion Recovery, generalmente indicata con la sigla
IR, fornisce un segnale legato al tempo di rilassamento spin-reticolo
◦
sequenza è costituita da un impulso iniziale a 180 che inverte
Mz .
T1 .
La
Dopo
Risonanza Magnetica per Immagini
Figura 2.15:
39
Diagramma temporale di una una sequenza Invertion Recovery.
l'applicazione di questo impulso,
Mz
tenderà a riportarsi nella condizione di
equilibrio iniziale. Dopo un intervallo
TI
(tempo di inversione) si applica un
◦
◦
impulso a 90 seguito a sua volta da uno a 180 di rifasamento applicato dopo
TE
[38]. Si ha dunque un impulso di inversione seguito da un spin-eco. In
Figura 2.15 è schematizzato il diagramma temporale dell'IR. Nell'immagine
risultante il contrasto tra due tessuti è principalmente legato alla scelta di
Infatti valori diversi di
TI
TI .
permettono di annullare il segnale proveniente da
un tipo tessuto. Ad esempio, scegliendo un
TI
che permetta alla componente
Mz del uido cerebro-spinale (CSF) di tornare al valore nullo prima della spineco, consente di ottenere segnali che annullano la componente proveniente dal
CSF. Una sequenza che opera in questo modo prende il nome di Flair (Fluid
Attenuated Inversion Recovery). Inoltre, se l'uso di un impulso di inversione
addizionale permette di annullare contemporaneamente il contributo di due
tessuti, allora la sequenza viene detta DIR (Double Inversion Recovery).
La tecnica DIR ore un metodo per segmentare i tessuti cerebrali, senza il
bisogno di utilizzare algoritmi di post-processing, come invece accade per
Risonanza Magnetica per Immagini
40
Spettro NMR rivelato in assenza di gradiente del campo magnetico statico, considerando
solo tre zone con densità di idrogeno (quelle in rosso).
Figura 2.16:
altre sequenze [31].
2.3
Principi di imaging
La MRI è una tecnica che consete di ricostruire un'immagine da segnali
di radiazione magnetica nucleare provenienti dai nuclei di idrogeno del soggetto esaminato; al ne di creare un'immagine da una radiazione magnetica
nucleare è necessario applicare un gradiente di campo magnetico nel campo
statico
B0 .
Infatti se per semplicita si considerasse una testa umana che con-
tenente solo tre piccole regioni distinte in cui c'è densità di spin di idrogeno,
allora le regioni di spin subirebbero la stessa intensità di campo magnetico
e nello spettro NMR ritroveremmo un solo picco (Figura 2.16). Per riuscire ad individuare la posizione di ciascuna regione nello spazio è necessario
trovare un modo che permetta di codicare nel segnale l'informazione sulla
posizione. Il mezzo che permette di leggere nell'impulso generato l'informa-
Risonanza Magnetica per Immagini
Figura 2.17:
41
Spettro NMR rivelato in presenza di gradiente di campo magnetico mono-direzionale.
zione richiesta è un gradiente di campo magnetico. Il gradiente più utilizzato
nell'MRI è un gradiente di campo magnetico lineare mono-direzionale. Un
gradiente di campo magnetico mono-direzionale lungo l'asse x in un campo
magnetico
B0
indica che il campo magnetico va aumentando lungo la dire-
zione x (Figura 2.17).
Esistono diverse tecniche di imaging, attualmente le più impiegate sono
quelle che fanno uso della trasformata di Fourier [25] vedi Appendice A).
2.4
I mezzi di contrasto
Il mezzo di contrasto è una sostanza che, introdotta nel corpo, permette
di aumentare il contrasto tra i tessuti nelle immagini. I mezzi di contrasto
possono essere costituiti o, nella maggior parte dei casi, da sostanza ferromagnetiche o da sostanza paramagnetiche.
Le sostanze ferromagnetiche migliorano il contrasto tra i tessuti modicando
Risonanza Magnetica per Immagini
42
Tempo di rilassamento spin-reticolo in funzione della concentrazione del mezzo di
contrasto paramagnetico gadolinio (Gd+3 ).
Figura 2.18:
nel loro intorno il campo magnetico
B0
e di conseguenza il
T∗2
delle molecole
di acqua contenute nei tessuti nei quali la sostanza va a distribuirsi. Agenti
di contrasto ferromagnetici sono tipicamente nanoparticelle di ferro legate a
un substrato organico [39].
Le sostanze paramagnetiche modicano il contrasto creando campi magnetici variabili nel tempo che stimolano il rilassamento spin-reticolo e spin-spin
delle molecole di acqua. All'origine di questi campi magnetici variabili nel
tempo vi sono i moti rotazionali delle molecole del mezzo di contrasto e le
transizioni tra gli stati di spin degli elettroni spaiati della sostanza paramagnetica. A seconda della frequenza dei campi magnetici si avranno modiche
o su
T1
o su
T2 .
Un tipico mezzo di contrasto paramagnetico è uno ione
complesso di un metallo paramagnetico come il manganese (Mn
+2
), il fer-
+3
+3
ro (Fe ) o il gadolinio (Gd ). Quest'ultimo è attualmente l'elemento più
usato per i mezzi di contrasto. La variazione indotta dal mezzo di contrasto
Risonanza Magnetica per Immagini
43
Figura 2.19: a) MRI pesata in T1 di un paziente aetto da glioblastoma senza mezzo di contrasto;
b) MRI pesata in T1 dello stesso paziente con mezzo di contrasto Gd+3 .
per i tempi
r2 .
T1
e
T2
è detta
relassività
e si indica rispettivamente con
r1
e
Per osservare la variazione dei tempi di rilassamento causati dai mezzi di
contrasto si consideri la Figura 2.18. In essa viene gracato il tempo di rilassamento spin-reticolo (1/T1 ) in funzione della concentrazione di gadolinio
Gd+3 ;
l'intercetta sull'asse delle ordinate restituisce il valore di
1/T1
dell'ac-
qua a concentrazione zero, mentre il coecente angolare è la relassività
r1 .
Generalmente i valori di relassività sono espressi per un dato valore del campo magnetico
Bo
ed una data temperatura [40].
In Figura 2.19 sono visualizzate le MRI pesate in
T1
con e senza la sommi-
nistrazione del mezzo di contrasto.
2.5
Lo scanner
Uno scanner commerciale è principalmente formato da elementi che creano campi magnetici statici e variabili (nel tempo e nello spazio), coordinati
da una complessa elettronica di controllo. Gli elementi principali sono:
Risonanza Magnetica per Immagini
44
Rappresentazione graca delle bobine di gradiente. Esse inducono gradienti di campo
magnetico lungo l'asse x e y.
Figura 2.20:
•
un magnete;
•
tre generatori di campi magnetici di intensità variabile nello spazio e
nel tempo (gradienti);
•
un sistema generatore/ricevitore di radiofrequenze;
•
un sistema computerizzato in grado di controllare tutti i componenti,
calcolare e visualizzare le immagini e i dati MRI, gestire l'archiviazione,
la stampa ed il trasferimento degli studi delle risonanze.
Il magnete principale è il componente fondamentale. Produce il campo magnetico statico
B0 il
cui valore tipico attuale è di circa 1.5 tesla. I magneti
più diusi sono quelli del tipo superconduttore.
All'interno del magnete ci sono delle bobine per produrre dei gradienti del
campo
B0 nelle direzioni x, y e z, chiamate bobine di gradiente.
In Figura 2.20
sono ragurate delle particoli bobine di gradiente a forma di otto che permettono di generare gradienti di campo
bobine di gradiente troviamo la
il campo magnetico
B1
B0
lungo x e y [36]. All'interno delle
bobina di radiofrequenza (RF)
che produce
◦
◦
necessario per far ruotare gli spin di 90 , 180 o di
Risonanza Magnetica per Immagini
45
Rappresentazione graca della strutturura dello scanner di un sistema di imaging a
risonanza magnetica.
Figura 2.21:
un qualsiasi altro angolo specicato dalla sequenza di impulsi.
Le bobine,
inoltre, rivelano, la magnetizzazione trasversale e come essa si muove di moto
di precessione nel piano xy. Le bobine di RF possono essere divise in tre categorie generali: bobine trasmittenti e riceventi, bobine solamente riceventi e
bobine solamente trasmittenti. Le bobine che trasmettono e ricevono servono
come trasmettitori dei campi
B1
e ricevitori dell'energia di RF proveniente
dall'oggetto esaminato. Una bobina di sola trasmissione è usata per creare
il campo
B1
e una bobina solo ricevente è usata per captare il segnale dagli
spin dell'oggetto esaminato.[37]
Inoltre sono anche presenti delle
bobine ausiliarie, che servono a compensare
per eventuali inomogeneità o per modicare in altro modo le geometrie dei
campi principali.
La struttura interna della scanner è riportata in Figura 2.21. In questo capitolo si è fatta una rapida illustrazione sul funzionamento delle MRI. Ulteriori
Risonanza Magnetica per Immagini
46
sviluppi delle tecniche di MRI si stanno evolvendo negli ultimi anni. Si stanno
progettando, infatti, scanner MRI in grado di raggiungere campi magnetici
maggiori, rispetto a quelli classici no ad ora utilizzati ( di circa 1,5 tesla).
Questo permetterebbe una migliore risoluzione delle immagini, e quindi uma
migliore risoluzione dei dettagli anatomici e di osservare dettagli nore non
visualizzabili. Infatti se in qualche caso campi magnetici di 3 tesla sono una
realtà, si sta lavorando per ottenere campi di 7 tesla, che sarebbero utili per
lo sviluppo della ricerca, soprattutto nel campo delle MRI cerebrali in particolare per lo studio di quelle zone del cervello che
lavorano
per le decisioni e
i compiti cognitivi e ciò sarebbe un passo avanti per la ricerca e lo studio di
malettie come l'autismo, l'epilessia, la malattia di Parkinson e la malattia di
Alzheimer [41].
Capitolo 3
Estrazione di scatole ippocampali
L'ambizione di capire il funzionamento del cervello osservando il cranio
dall'esterno ha incuriosito molti nel corso dei secoli. I frenologi (XVII-IXX
sec.), ad esempio, credevano di poter capire il cervello guardando i bernocoli
sulla supercie del cranio.
Oggi, grazie alle moderne tecniche di visualizzazione cerebrale, si può stabilire una corrispondenza tra struttura encefalica e funzione: le stranezze della
mente e del comportamento sono legate a
misurazioni
delle strutture cere-
brali.
La prima tecnica funzionale sviluppata fu la PET (Tomograa ad Emissione
di Positroni), seguita dalla MRI (Risonanza Magnetica per Immagini), dalla
fMRI (MRI funzionale), dalla EEG (Elettroencefalogramma), MEG (Magnetoencefalogramma) e SPECT (Tomograa Computerizzata ad Emissione di
Singolo Fotone).
Lo studio delle immagini provenienti da queste tecniche
funzionali necessitano di metodi molto sosticati di analisi dei dati.
Estrazione di scatole ippocampali
48
Un programma di analisi di larghissima diusione, che ha standardizzato
l'elaborazione dei dati delle immagini, è noto come
rametrica
mappatura statistica pa-
(SPM) [42].
In questo capitolo verrà presentato SPM nella versione SPM8. Questo programma verrà utilizzato per l'estrazione di
scatole ippocampali.
Come detto
nel Capitolo 1, infatti, un'accurata analisi dell'ippocampo, e in particolar
modo la sua atroa possono essere considerati dei segni identicatori per la
rivelazione precoce della malattia di Alzheimer.
3.1
Cenni storici
SPM è un software sviluppato dai membri della Wellcome Department
of Imaging Neuroscience dell'istituto di neurologia dell'University College di
Londra.
Esso consiste di funzioni, scripts, le dati e routine esterne in C
compilate per MATLAB (MathWorks, Inc. Natick, MA, USA).
SPM nasce dalla mente di Karl Friston per le sole immagini PET. La sua
prima distribuzione (SPM classic) risale al 1991 e nasce dall'esigenza di promuovere la collaborazione e un comune schema di analisi fra dierenti laboratori.
La versione SPM94 è stata la prima maggiore revisione del software. Essa è
stata scritta principalmente da Karl Friston nell'estate del 1994 con il supporto teorico e tecnico fornito da John Ashburner, John Heather, Andrew
Holmes e Jean-Baptiste Poline.
SPM95, 96, 99 e SPM2 sono basati sullSPM94 [44].
Estrazione di scatole ippocampali
Figura 3.1:
49
Finestra di SPM8 che permette di selezionare il tipo di immagini da analizzare.
La versione SPM5 fu rilasciata il 1 Dicembre del 2005; è uno dei più importanti aggiornamenti di SPM e contiene notevoli miglioramenti teorici,
algoritmici, strutturali e di interfaccia rispetto alle versioni precedenti.
L'ultima versione è SPM8 uscita nell'Aprile 2009 [43].
3.2
Pre-processamento
All'apertura SPM presenta una nestra graca che permette di selezionale il tipo di immagini che si vuole analizzare (Figura 3.1).
Una volta selezionato il campo di interesse, si accede propriamente a SPM8.
Vengono visualizzate tre nestre: una nestra di selezione dei comandi, una
nestra di input ed una graca come si può osservare nella Figura 3.2.
La nestra di selezione dei comandi è divisa in tre zone:
la zona di pre-
processamento, quella di analisi statistica e quella che permette di selezionare
le opioni di visualizzazione delle immagini, cambiare la directory, far girare
Estrazione di scatole ippocampali
50
Figura 3.2: Finestre di SPM8. In alto a sinistra la nestradi selezione dei comandi, in basso a sinistra
la nestra di input, a destra la nestra graca.
diversi toobox nati come estensione di alcune proprietà di SPM (Figura 3.3).
Il pre-processamento prevede sia un pre-processamento di tipo temporale
(dalla nestra di comando
Slice Timing ),
sia uno di tipo spaziale, che in-
clude il realignamento, la coregistrazione, lo smooth, la segmentazione, la
normalizzazione. Il pre-processamento temporale permette di correggere le
dierenze dei tempi di acquisizione della fetta.
Il pre-processamento spaziale prevede più passi che vengono analizzati in
seguito.
Estrazione di scatole ippocampali
Figura 3.3:
3.2.1
51
Finestre di selezione dei comandi di SPM8.
Reallignamento
Questa procedura riallinea una serie temporale di scansioni usando un approccio ai minimi quadrati, e una trasformazione rigida a sei gradi di libertà.
La prima immagine inserita nella sequenza delle scansioni da riallineare è
usata come riferimento al quale riallineare tutte le altre.
Per ogni sessione di reallineamento, vengono salvati i parametri in un le
txt. Le immagini vengono quindi ricostruite in modo da farle corrispondere voxel per voxel alla scansione riferimento e rinominate automaticamente
apponendo il presso r al nome del le originale [46].
3.2.2
Coregistrazione
La tecnica di coregistrazione permette di allineare le immagini funzionali con un immagine riferimento di tipo anatomico in modo da ottenere una
Estrazione di scatole ippocampali
52
corrispondenza spaziale, e dunque ricavare speciche informazioni funzionali
riguardo strutture cerebrali denite. Si applica a immagini già precedentemente realignate. Bisogna specicare un'immagine riferimento, che non subirà trasformazioni bensì servirà come modello per l'allineamento delle immagini funzionali. La trasformazione viene applicata a tutte le altre scansioni.
Le trasformazioni applicate poi alle immagini funzionali sono rappresentate
da un set di 3 parametri di rotazione e 3 di traslazione, in quanto si opera
in spazio 3D. Le immagini coregistrate vengono memorizzate apponendo il
presso r al nome del le originale [46].
3.2.3
Segmentazione
Questa procedura consente di ottenere la separazione dei tre tessuti principali costituenti la materia cerebrale: materia grigia (GM), materia bianca
(WM), e uido cerebrospinale (CSF).
Le immagini contenenti la specica zona vengono memorizzate anteponendo al nome del le originale rispettivamente c1,c2 e c3.
La procedu-
ra di segmentazione produce inoltre un le txt contenente i parametri di
normalizzazione spaziale.
3.2.4
Normalizzazione
La procedura di normalizzazione consiste nell'applicare una trasformazione a 12 parametri per riportare le immagini funzionali e anatomiche di
ogni soggetto ad uno spazio standard.
Cervelli diversi si dierenziano per
forma e dimensioni, da qui la necessità di normalizzarli a uno spazio comune
Estrazione di scatole ippocampali
53
per poterli confrontare (viene utilizzato latlante di Talairach). Le immagini
normalizzate vengono memorizzate anteponendo al nome del le originale il
presso w.
3.2.5
Smooth
La procedura di smoothing, ovvero di ltraggio spaziale con kernel di tipo
Gaussiano, permette di aumentare il rapporto segnale/rumore. Lo svantaggio
introdotto da un ltraggio di questo tipo, in cui il valore di ogni pixel è dato
dalla media pesata dei pixel adiacenti, è una diminuzione della risoluzione
spaziale.
Le immagini sottoposte a questo metodo vengono memorizzate
anteponendo al nome originale del le il presso s.
3.2.6
Modelli e inferenze statistiche
SPM8 consente di eettuare analisi statistiche sia di
secondo livello
Il
primo livello
primo livello
che di
sulle immagini funzionali.
è del tipo
General Liner Model.
Questa analisi consente di
ricavare le mappe di attivazione relative ai diversi stimoli e di visualizzarle.
SPM8 permette anche un
sample t-test
e
analisi di secondo livello
multiple sample test
una o più popolazioni di dati. [47].
che può essere di due tipi:
che sono due test statistici che trattano
Estrazione di scatole ippocampali
Figura 3.4:
3.3
54
Visualizzazione MRI con SPM8.
Gestione delle immagini con SPM8
Con SPM8 le risonanze magnetiche sono visualizzate nella nestra graca.
Come mostrato nella Figura 3.4 vi possono osservare tre dierenti immagini
.
Estrazione di scatole ippocampali
Figura 3.5:
Finestre di dialogo presenti nella nestra graca.
La prima in alto a sinistra è l'immagine
stra quella
saggitale
55
coronale
dell'encefalo, in alto a de-
e inne in basso a destra quella
assiale ; muovendo con il
mouse gli assi (quelli in blu in Figura 3.4), si può esaminare tutto il volume
cerebrale.
Nella nestra graca oltre le immagini MRI, ci sono delle nestrelle di dialogo visualizzabili meglio in Figura 3.5. La prima a sinistra consete di scegliere
uno specico punto sia nello spazio (x, y, z) che in quello dei voxel, di effettuare traslazioni, rotazioni e dilatazioni rispetto a ciascuno dei tre assi.
La seconda raccoglie tutte le informazioni sull'immagine tra cui il nome, la
dimensione, il tipo, la dimensione dei voxel.
3.4
Analisi delle immagini
Le immagini che sono state oggetto di analisi, fanno parte del database
di ADNI, sono, quindi, immagini tutte pesate in
T1 ,
realizzate utilizzando
Estrazione di scatole ippocampali
56
campi magnetici di 1.5 T. Ho avuto a disposizione 176 risonanze magnetiche,
suddivise in due gruppi:
•
87 MRI di non aetti dalla malattia di Alzheimer;
•
89 MRI di pazienti a cui è stata diagnosticata la patologia.
Per entrambi i gruppi le immagini erano a erano a 16 bit di dimensioni pari
3
a 166x256x256mm , mentre la dimensione dei voxel era di 1,2x0.937x0.938
3
mm . Scopo dell'analisi è l'estrazione di scatole ippocampali. L'ippocampo
3
è contenuto in box di dimensioni 30x70x30 mm .
Per poter riuscire a far
questo, ho dovuto eettuare le operazioni di pre-processamento spaziale, che
possono essere enumerati come segue.
1.
Ridimensionamento dei voxel.
Ho modiato le loro dimensioni in
3
modo da ottenere voxel di 1x1x1 mm ; questo mi consente una più
semplice equivalenza tra voxel e mm
3
delle dimensioni della scatola
ippocampale da estrarre . Per fare questo ho fatto uso di due funzioni
implementate in SPM8 la funzione
spm-_matrix.m
e
spm_get_space ;
la prima richiede come parametro d'ingresso la matrice con i valori
numerici necessari alla trasformazione; la seconda applica tale matrice
alle immagini selezionate.
Questo processo è stato iterato per i due
gruppi: i sani che i malati.
Ovviamente dato che le dimensioni dei voxel erano le stesse per tutte le
immagini e per entrampi i gruppi la matrice di trasformazione è stata
la stessa.
Estrazione di scatole ippocampali
Figura 3.6:
2.
Reallignamento.
57
Finestra di selezione di Reslice (Est & Res).
Come detto in precedenza tutte le immagini ven-
gono realignate rispetto ad una, la prima dell'elenco, che viene presa
come riferimento. A tale scopo ho selezionato tra le immagini in mio
possesso, nel gruppo dei sani, una che è stata poi il mio riferimento per
entrambi i gruppi.
Al ne di realignare le MRI ho selezionato, dalla
nestra dei comandi, il comando
Realign (Est & Res).
una nestra del tipo Figura 3.6. Ho iserito alla voce
Si apre dunque
Data
le immagini
MRI e ho mandato in esecuzione. Dopo qualche minuto ho ottenuto le
immagini realignate, nella stessa cartella di quelle originarie, ma pre-
Estrazione di scatole ippocampali
Figura 3.7:
58
Graco delle trasfomazioni applicate alle immagini per il realignamento.
cedute da una r, un le txt con la serie di trasformazioni eettuate
un'uletriore rielaborazione dell'immagine di riferimento identicata dal
presso
mean.
Sulla nestra graca vengono invece schematizzate le
trasformazioni eettuate (Figura 3.7) [48]. La serie di operazioni che
ho eseguito per il relignamento, equivale a richiamare sulla nestra di
lavoro di MatLab la funzione di SPM8 denominata
spm_reslice.
Tale
funzione richiede come argomenti di ingresso l'insieme delle immagini da realignare.
Automaticamente considera come prima dell'elenco
selezionato l'immagine di riferimento.
3.
Rotazione delle immagini.
L'esigenza di ruotare le immagini na-
Estrazione di scatole ippocampali
59
Immagine a sinistra: sezione coronale dell'ippocampo; vengono evidenziate sei aree: 1.
il giro dentato; 2. l'Area CA3; 3. l'Area CA1; 4.la più piccola Area CA2 tra esse (CA signica cornu
ammonis, in riferimento alla forma); 5.il subiculo sito alla base dell'ippocampo, attiguo alla 6. corteccia
entorinale. Immagine a destra: segione sagittale dell'ippocampo.
Figura 3.8:
sce dallo studio della posizione dell'ippocampo.
L'ippocampo è una
struttura localizzata nel lobo temporale mediale [49]. La sua sezione
coronale appare come in Figura 3.8. Se osserviamo l'ippocampo nella
sezione sagittale di Figura 3.8, è immediato notare che, rispetto al piano assiale è inclinato di un certo angolo. Ovviamente, il valore di tale
angolo varia da soggetto a soggetto. Tuttavia si è stimato che l'inter-
◦
◦
vallo di variazione di tale angolo è tra 17 e 42 , quindi un valor medio
◦
di 29 [52].
La rotazione delle immagini è stata possibile mediante l'uso, ancora
una volta delle funzioni
spm_matrix
però, la matrice di ingresso a
e
spm_get_data.
spm_matrix
In questo caso,
contiene l'angolo di rotazio-
ne nel piano sagittale. L'angolo di rotazione, espresso in radianti, è di
◦
-0.5rad, corrispondenti ai 29 dell'inclinazione media dell'ippocampo.
L'angolo in questione è identicato con il termine
pitch.
La rotazione è
stata eseguita sulle immagini già realignate. Un esempio di immagine
ruotta è riportato in Figura 3.9.
Estrazione di scatole ippocampali
Figura 3.9:
4.
Coregistrazione.
60
MRI ruotate di -0.5rad.
Una volta realignate e ruotate, bisogna coregistrar-
le. Per fare questo ho selezionato dalla nestra dei comandi di SPM8
Coregister (Reslice).
Questo consente di aprire una nestra di dialo-
Image Dening Space,
go in cui richiede sia l'
che
Images to reslice.
L'immagine di denizione dello spazio è l'immagine che verrà usata come immagine di riferimento per la ridenizione dello spazio delle altre
immagini.
L'immagine di ridenizione dello spazio che ho inserito è
l'immagine di
template
presente di defoult in SPM8. In questo modo
Estrazione di scatole ippocampali
normalizzo lo spazio delle MRI. Alla voce
61
Images to reslice
tutte le immagini realignate ruotate [51].
ho inserito
Questa procedura è stata
applicata a entrambi i campioni. In uscita sono state ottenute, nella
stessa cartella, immagini con il presso r.
possibile dalla funzione
Si osservi un particolare.
Questa procedura è resa
spm_run_coreg_reslice.m.
Il processo di rotazione è stato eettuato prima
della coregistrazione, e non a caso. Quando viene fatta la rotazione, lo spazio dei voxel viene ruotato rispetto allo spazio (x, y, z) espresso in millimetri.
Questo fa perdere la corrispondenza 1:1 tra i due spazi. Le coordinate dei
un sistema rispetto altro subiranno la trosformazione tipiche della rotazione.
pitch )
Dato il tipo di rotazione fatta (
questa rotazione intereserà solo l'asse
y e l'asse z. Eettuando la corregistrazione con un'immagine diriferimento
che non sia ruotata, ritorna la corrispondenza tra il
passo
nel sistema milli-
metrico e in quello del voxel.
Un altro particolare rillevante è che nella sequenza di pre-processamento spaziale non ho fatto uso né del processo di normalizzazone né dello smooth. Lo
smooth non è stato eseguito per non perdere sulla risoluzione spaziale, che
come già detto è conseguenza dell'attivazione diquesta funzione. D'altraparte
una buona risoluzione spaziale è fondamentale per l'individuazione dell'ippocampo.
Il motivo per il quale non ho eettuato la normalizzazione deriva
dal fatto che dopo la corregistrazione io ho a che fare con immagini ruotate
nel piano sagittale. Come ho spiegato questo processo mette in relazione i
voxel dell'immagine in esame con quelli di una immagine standar dell'atlante
Estrazione di scatole ippocampali
62
di Talairach. La rotazione produrrebbe un'immagine totalmente distornta in
uscita della funzione di normalizzazione.
Le immagini in uscita dall'ultimo passo del processo di pre-elaborazione
spaziale le ho utilizzate per l'estrazione delle scatole ippocampali.
3.5
Estrazione delle scatole
Prima di poter estrarre delle porzioni di immagine che contengono l'ippocampo, bisogna localizzarlo, per far questo ho fatto uso di appositi atlanti
anatomici [53].
Per poter identicare la zona d'intersse ho fatto uso degli
atlanti presenti in
neuroinf.it.
Le immagini proposte dal sito sono derivate
da diverse metodologie di rappresentazione o da atlanti cerebrali convenzionalmente utilizzati: l'atlante di Talairach; l'atlante di risonanza magnetica;
l'atlante derivato da MRIcro; l'atlante derivato da preparato anatomico.
Per l'atlante di Talairach sono presenti 14 immagini di sezioni assiali dell'encefalo, secondo i disegni dell'Atlante di Talairach-Tournoux. Nell'atlante di
risonanza magnetica sono presenti sono presenti 14 immagini tomograche
di Risonanza Magnetica relative a un singolo soggetto, per ciascuna delle
quali vengono indicati i nomi delle principali strutture cerebrali.
L'MRI-
cro associa colori diversi alle diverse aree cerebrali. Ognuna delle 14 sezioni
proposte corrisponde ad una delle 14 immagini tomograche dell'Atlante di
Talairach-Tournoux e RM. Per il
preparato anatomico
sono presenti 4 im-
magini autoptiche di sezioni dellencefalo, con indicazione graca di alcune
strutture cerebrali; i lobi occipitali sono divaricati per rendere visibile il cer-
Estrazione di scatole ippocampali
Figura 3.10:
63
Selezione dell'ippocampo nelle MRI.
velletto.
Il sistema di coordinate degli atlanti proposti è riferito allo spazio standard
stereotassico di Talairach-Tournoux, secondo il quale il piano di riferimento
per l'origine delle coordinate è la sezione assiale dell'encefalo passante per la
commissura anteriore (tale piano ha coordinata z = 0) i valori di z che contraddistinguono le varie immagini misurano la distanza in millimetri della
sezione dall'origine (valori negativi per piani inferiori al piano di riferimento,
valori positivi per piani superiori) [49].
Estrazione di scatole ippocampali
64
Date tutte queste accortenze e utilizzando il sistema di riferimento millimetrato di cui dispone SPM8, ho selezionato l'ippocampo sinistro, com'è
possibile osservare in Figura 3.10.
La scelta di selezionare l'ippocampo sinistro piuttosto che quello destro non è
casuale. Recenti studi honno dimostrato che se l'ippocampo destro si attiva
soprattutto per compiti di navigazione spaziale, è l'ippocampo sinistro che
si attiva fortemente per compiti che impegnano la memoria a lungo termine
[50].
In Figura 3.11 si può osservare come sono orientati gli assi nel sistema di riferimento di SPM. Il centro dell'immagine corrisponde alla coordinata (0,0,0).
Una volta individuato l'ippocampo, ho eleborato un codice in MatLab che
mi permettesse di selezionare la regione d'inperesse (ROI). Il codice che ho
elaorato prevede i seguenti passi:
•
Individuare le MRI oggetto di analisi.
•
Denizione di una struttura contenete la forma della ROI, il centro
della regione d'interesse estresso in coordinate millimetriche rispetto al
sistema di riferimento fornito da SPM8 e le dimensioni (in millimetri)
della regione da selezionare.
•
Estrazione delle intensità dei toni di grigio dei voxel contenuti nel
volume considerato.
•
Creazione di un numero di strutture, pari al numero di immagini in
ingresso, numerate in modo crescente e contenenti i gradienti di grigio
estrapolati.
Estrazione di scatole ippocampali
Figura 3.11:
65
Orientazone degli assi in SPM8.
Nella struttura che ho denito per l'estrazione della ROI ho identicato con
il termine
box
la forma della mia regione d'interesse. Una volta individuato
l'ippocampo grazie agli atlanti oerti, ho inserito il centro della mia ROI
corrispondente al centro della box e in coordinate millimetriche al punto (-27,21,-11). Le dimensioni della scatola ippocampale che ho inserito sono quelle
3
convenzionalmente utilizzate 30x70x30 mm [55]. In uscita dall'esecuzione di
tale codice ho ottenuto, per ogni immagine, come ho specicato prima, una
Estrazione di scatole ippocampali
Figura 3.12:
66
Scatola ippocampale.
struttura contenente un vettore di 63000 elementi. Questi numeri ottenuti
non sono altro che i livelli di grigio dei 63000 voxel selezionati. Infatti aver
3
ridimensionato i voxel a cubi di volume di 1 mm mi ha consentito di ottenere
questo numero di voxel. Per poter visualizzare la scatola selezionata e avere
un riscontro visuale dell'immagine è suciente creare una matrice dal vettore
3
di 63000 elementi di dimensioni 30x70x30mm .
In Figura 3.12 è riportato l'esempio di una scatola ippocampale ottenuta.
Le scatole ottenute dai due gruppi le ho catalogate in strutture etichettandole
Estrazione di scatole ippocampali
Figura 3.13:
in
sani
e
67
Istogramma dei gradienti di grigio di una delle scatole ippocampali nell'intervallo 0-256.
malati.
3
Le immagini ippocampali sono di 30x70x30 mm , con voxel
3
di dimensione 1x1x1mm e a 16 bit.
Avere immagini a 16 bit signica avere immagini i cui gradienti di grigio
variano da 0, corrispondente al nero, a 65535 corrispondente al bianco. Per
poter gestire al meglio tali dati, ho innanzitutto ridotto le immagini a 8 bit,
ossia nell'intervallo 0 -255.
In Figura 3.13 si può osservare l'istogramma di gradiendi di grigio ottenuto
per una immagine.
I valori ottenuti sono stati utilizzati per il sistema di classicazione di cui
parlerò nel seguente capitolo.
Capitolo 4
Validazione con sistemi di Pattern
Recognition
La capacità umana di riconoscere forme consuete è data per scontata. Il
pattern recognition
ha come scopo quello di automatizzare questa funzione,
ossia di trovare metodi astratti ed algoritmi per imparare a riconoscere congurazioni d'interesse e prendere, in modo ottimale, decisioni riguardo alle
categorie di cui fanno parte. Non esiste un metodo unico e valido sempre, ma
esistono diversi approcci ormai consolidati e ricchi di applicazioni speciche.
In questo capitolo verrà descritto il classicatore SVM (Support Vector Machine); esso sarà testato come sistema di pattern recognition per classicare,
in base ai dati raccolti, i sani dai pazienti aetti da malattia da Alzheimer.
Validazione con sistemi di Pattern Recognition
4.1
69
Concetti generali
I sistemi di
pattern recognition
(PR) osservano gli oggetti tramite una
loro descrizione sintetica, rappresentabile come un vettore di dati (
vector ).
feature
Il tipo di dato da misurare dipende dal particolare problema. La
scelta delle
feature
(caratteristiche) è il punto più critico nella realizzazione
di un qualunque sistema di PR. Nessun algoritmo, per quanto intelligente,
può lavorare con
feature
mal selezionate.
Esistono due tipologie principali di classicatore:
supervisionato
e
non su-
pervisionato.
Le fasi di un processo di classicazione supervisionata sono tipicamente due.
addestramento,
La prima fase è l'
noto con il termine
training.
Il sistema
trainig set ), in base ai quali
opera su un insieme di campioni preclassicati (
vengono ottimizzati struttura e parametri del riconoscitore, no a raggiungere una corretta classicazione.
La seconda è la
test set
verica, ossia la fase di test :
tale fase è svolta operando su un
composto da dati anch'essi preclassicati, ma non utilizzati in fase
di training; se sono ottenute buone prestazioni sul test set, si può operare su
dati incogniti.
Nei classicatori non supervisionati non viene usato alcun training set, tipicamente perchè le classi non sono note nè facilmente identicabilili. Devono,
pertanto, essere studiati algoritmi in grado di raggruppare in classi naturali
i diversi oggetti generati sulla base della realtà osservata.
Possibili
feature vector
vettoriale (
X possono essere pensati come punti di uno spazio
feature space ).
La scelta delle features deve portare (se possibi-
Validazione con sistemi di Pattern Recognition
Figura 4.1:
feature.
70
Semplice esempio di un vettore di feature, uno spazio du feature e uno scatter plot di
le) ad un feature space in cui le classi rappresentano regioni disgiunte. Per
valutare l'ecacia della scelta delle feature occorre in generale un insieme di
training set ).
dati per i quali la classe di appartenenza sia nota (
Un metodo di classicazione ha il compito di decidere a quale classe di ap-
pattern ),
partenenza debba essere assegnato ciascun campione (
basandosi
sul vettore delle misure (feature). I parametri in ingresso di un sistema di
classicazione sono, dunque (Figura 4.1):
•
le
feature.
Le possibili N
te un vettore colonna, il
feature possono essere rappresentate median-
feature vector
come punti in uno spazio vettoriale, il
•
le
classi.
detto anche
campione
e pensate
feature space ;
A ciascuna delle M classi è possibile associare un sottinsieme
dello spazio spazio delle caratteristiche.
Il risultato di ogni decisione, che sia giusta o sbagliata, comporta in generale un costo complessivo, valutabile attraverso l'analisi di tutte le possibili
combinazioni. Un buon sistema di PR deve tendere a minimizzare tale costo
Validazione con sistemi di Pattern Recognition
Figura 4.2:
(
71
Esempio di classicazione lineare in due classi.
cost sensitive classication ).
La decisione ottimale comporta di solito l'im-
piego di un feature space N-dimensionale, con N>1 [56].
Il classicatore che ho utilizzato è SVM (Support Vectoe Machine) implementato in TMVA ( Toolkit for Multivariate Data Analysis) con ROOT.
4.2
SVM
Support Vector Machine (SVM) è una potente tecnica per la
ne
dei dati. Tale sistema di
pattern recognition
classicazio-
permette la classicazione
costruendo un iperpiano N-dimensionale che ottimizza la separazione dei dati
nelle diverse categorie categorie.
SVM opera sia nel caso lineare che nel caso non lineare. Si consideri il semplice caso della classicazione lineare in due classi.
Figura 4.2.
In questo
semplice esempio, l'analisi di SVM, prevede di trovare l'iperpiano unidimensionale, ossia la retta, che meglio separa le due classi. Esistono un'innità
di possibilità, SVM seleziona quella migliore. Se l'insieme di
addrestramento
è separabile linearmente, allora vuol dire che esiste una coppia costituita da
Validazione con sistemi di Pattern Recognition
72
un vettore e uno scalare (ω
⃗ , b) che soddisfa la relazione:
yi (⃗
xi · ω
⃗ + b) − 1 ≥ 0, ∀i.
dove con
(4.1)
x⃗i si indicano i vettori di ingresso, con yi che può assumere solo valori
+1 o -1 si indicano le uscite, metre la coppia (ω
⃗ , b) denisce un iperpiano.
La funzione di decisione del classicatore è:
f (⃗
xi ) = sign(⃗
xi · ω
⃗ + 1)
questa può assumere solo due valori: +1 per tutti i
(4.2)
punti
che si trovano da
una zone rispetto l'iperpiano, -1 per quelli che si trovano nella zona opposta.
Denito il margine come la distanza tra due punti appartenenti a due classi
diverse, la classicazione migliore si ha quando il margine è massimo.
A questo punto possiamo dividere signicativamente i vettori trainig di ingresso: quelli che si distribuiscono lungo il margine e che vengono chiamati
vettori di supporto
e tutti gli altri. I vettori di supporto sono fondamenta-
li per la scelta adeguate dei conni delle due classi.
Infatti si potrebbero
eliminare tutti gli altri vettori di trainig e la scelta dell'adeguato iperpiano
non varierebbe (Figura 4.3).
Per risolvere il preblema di dover individua-
re il miglior iperpiano possibile, si riescrime l'equazione 4.1 in termini di
Lagrangiana:
∑
1
L(⃗ω , b, α
⃗ ) = |⃗ω |2 −
αi [yi ((⃗
xi · ω
⃗ ) + b) − 1]
2
i
(4.3)
Validazione con sistemi di Pattern Recognition
73
Figura 4.3: Iperpiano di classicazione in due dimensioni. I vettori (eventi) x⃗1 , x⃗2 , x⃗3 , x⃗4 deniscono
l'iperpiano e il margine e sono detti vettori di supporto.
La Lagrangiana
rispetto a
α
⃗.
L
è minimizzata rispetto a
ω
⃗
e b, mentre è massimizzata
Questa procedura, che nel caso rappresentato sembra banale,
in realtà non lo è se si hanno a disposizione più attributi e se le classi non
sono così facilmente distinte, ma si mescolano come è gracato in Figura 4.4
La divisione tra le due classi non è lineare. In questo caso SVM usa quelle
che sono note come
funzioni kernel
che trasformano i dati in uno spazio di
dimensione maggiore (Figura 4.5) Le più usuali
•
lineare:
•
polinomiale:
•
funzione radiale di base:
•
funzione sigma:
Dove
γ,
funzioni kernel
sono:
K(xi , xj ) = xT
i xj .
d
K(xi , xj ) = (γxT
i xj + r) , γ > 0;
K(xi , xj ) = e( − γ||xi − xj ||2 , γ > 0.
K(xi , xj ) = tanh(γxT
i xj
+r).
r e d, sono i parametri di kernel [57].
Nell'analisi fatta ho utilizzato come funzione kernel la funzione radiale di
base (RBF).
Validazione con sistemi di Pattern Recognition
Figura 4.4:
4.3
74
Caso di divisione non lineare tra due classi.
Procedimento
La procedura eseguita può essere schematizzata nel seguente modo:
•
trasformare i dati in un formato consono per l'utilizzo di SVM;
•
scalare i dati;
•
utilizzare il kernel RBF;
•
utilizzare processi di
•
utilizzare i parametri C e
•
eseguire il test.
4.3.1
cross validation
γ
per trovare i miglio vlori C e
trovati per
addestrare
γ;
l'intero trainig set;
Estrazione delle caratteristiche
È fondamentale scegliere le giuste
nelle tecniche di
feature
al ne di avere buoni risultati
riconoscimento delle strutture
(pattern recognition).
Validazione con sistemi di Pattern Recognition
Figura 4.5:
75
Esempio di utilizzo delle funzione kernel per creare spazi di dimensione maggiore .
Un istogramma come quello in Figura 3.13 è la rappresentazione graca di
una
distribuzione di frequenza.
Quello che ho fatto è stato estrarre le caratte-
ristiche fondamentali della distribuzione di frequenza ottenuta per ciascuna
immagine. Le
1.
Media.
feature
estratte sono venticinque.
La media aritmetica è denita come somma delle osservazioni
divise per il loro numero, ossia:
∑N
µ=
k=1
N
xk
.
iche, ha un unico grosso inconveniente, quello che può essere inuenzata
notevolmente dai valori estremi.
2.
Moda.
La moda è il valore più frequente di una distribuzione, o meglio,
la modalità più ricorrente della variabile cioè quelle a cui corrisponde
la frequenza più elevata. Una distribuzione è unimodale se ammette un
Validazione con sistemi di Pattern Recognition
76
solo valore modale, è bimodale se ne ammette due (ossia: se esistono
due valori che compaiono entrambi con la frequenza massima nella data
distribuzione), trimodale se ne ha tre, ecc [59].
3.
Mediana.
In statistica descrittiva, data una distribuzione X di un
carattere quantitativo oppure qualitativo ordinabile (ovvero le cui modalità possano essere ordinate in base a qualche criterio), si denisce la
mediana, o mediano, il valore (o modalità ) assunto dalle unità statistiche che si trovano nel mezzo della distribuzione.
Riordinata la distribuzione secondo valori crescenti, la mediana bipartisce la distribuzione in due sotto-distribuzioni: la prima, a sinistra della
mediana, costituita dalla metà delle unità la cui modalità è minore o
uguale alla mediana, e la seconda, a destra della mediana, costituita
dalla metà delle unità la cui modalità è maggiore o uguale alla mediana.
Tecnicamente si aerma che la mediana è il valore per il quale la fre-
◦
quenza relativa cumulata vale 0,5, cioè il secondo quartile, ossia il 50
percentile. In una distribuzione o serie di dati, ogni valore estratto a
caso ha la stessa probabilità di essere inferiore o superiore alla mediana.
Per calcolare la mediana di un gruppo di dati, bisogna innanzitutto
disporre i valori in ordine crescente oppure decrescente e contare il numero totale N di dati; se N è dispari, la mediana corrisponde al valore
numerico del dato centrale, quello che occupa la posizione (N+1)/2;
se N è pari, la mediana è stimata utilizzando i due valori centrali che
occupano le posizioni N/2 e N/2+1.
Validazione con sistemi di Pattern Recognition
77
Usualmente si indica la mediana con Me [58].
4.
Percentili.
I percentili ripartiscono la distribuzione in 100 parti di pa-
ri frequenza, dove ogni parte contiene la stessa frazione di osservazioni.
Quindi, ad esempio, il
primo percentile
è denito come il numero
per il quale il 1% dei dati statistici è minore o uguale a
percentile
è denito come il numero
stici è minore o uguale a
q2 ,
q2
q1 ;
il
q1
secondo
per il quale il 2% dei dati stati-
e così via.
Per la mia analisi ho utilizzato il 5, 10, 25, 35, 65, 75, 80, 85, 90 e 95
percentile.
5.
Scarto inter percentile.
Lo scarto inter percentile, detto anche
dif-
ferenza inter percentile, è dato dalla diernza dei percentili.
Ho utilizzato tre scarti interpercentili:
75-50, 50-35, 75-25, che mi
permettono di avere l'intervallo di valori all'interno del quale cade,
rispettivamente il 25%, 15% e 50% delle osservazioni.
6.
Varianza.
La varianza è la media dei quadrati degli scarti:
∑N
var(x) =
7.
Deviazione standar.
k=1 (xk
N
− µ)2
.
La deviazione standard o scarto quadratico me-
dio è un indice di dispersione delle misure sperimentali, vale a dire è
una stima della variabilità di una popolazione di dati o di una variabile casuale. La deviazione standard è uno dei modi per esprimere la
dispersione dei dati intorno ad un indice di posizione, quale può essere,
Validazione con sistemi di Pattern Recognition
78
ad esempio, il valore atteso o una stima del suddetto valore atteso. La
deviazione standard ha pertanto la stessa unità di misura dei valori
osservati (al contrario della varianza che ha come unità di misura il
quadrato dell'unità di misura dei valori di riferimento). La deviazione
standar è indicata con
σ
[60].
√
∑N
k=1 (xk
σ=
8.
Entropia di Shannon.
N
− µ)2
.
L'emphentropia dell'informazione, altro nome
con cui è nota l'entropia diShannon, misura l'incertezza di una distribuzione di probabilità.
Presa una variabile casuale X denita su un
insieme di eventi mutuamente esclusivi X=x1 , x2 , , xN in accordo con
la distribuzione di probabilità p(X) e tale che
∑N
i=1
p(xi ) = 1,
si può
considerare questa variabile casuale come una sorgente di informazione.
Diventa lecito cercare di misurarne, in maniera consistente, il grado di
incertezza associato ad ogni singolo evento. Per stimare in maniera numerica il grado di incertezza viene denita H(X),
come:
H(x) = −k
N
∑
entopia di Shannon
p(xi ) · logp(xi ),
i=1
dove k è una costante positiva posta solitamente uguale a 1 [62].
9.
Coeciente di skewness.
Il coeciente di skewness caratterizza la-
simmetria di una distribuzione intorno alla media campionaria: skewness negativo indica che i dati sono sparsi più a sinistra che a destra
Validazione con sistemi di Pattern Recognition
79
rispetto alla media; skewness positivo indica che i dati sono sparsi più
a destra rispetto alla media. Lo skewness di una distribuzione normale
è zero [61].
∑N
k=1 (xk
σ3
γ1 =
10.
− µ)3
·
1
.
N
Coeciente di kurtosis Il coeciente di kurtosis, noto anche come
emphcoeciente di curtosi caratterizza lampiezza relativa di una distribuzione; kurtosis negativo indica una distribuzione più piatta rispetto
a quella normale; kurtosis positivo indica una distribuzione più alta
rispetto a quella normale [61].
∑N
γ2 =
k=1 (xk
σ4
− µ)4
·
1
− 3.
N
A causa dalla quarta potenza, tale indice, è sensibile ai valori di grande
ampiezza e quindi è un buon indicatore della presenza di picchi nel
segnale.
11.
Primo coeciente di Pearson.
Karl Pearson ha suggerito i calcoli
più semplici come una misura di asimmetria della distribuzione.
Il
primo coeciente di Pearson è denito come:
p1 =
12.
3(µ − moda)
.
σ
Secondo coeciente di Pearson.
È un altro parametro che misura
Validazione con sistemi di Pattern Recognition
Figura 4.6:
80
Schema delle feature estratte.
l'asimmetria di una distribuzione ed è denito come:
p1 =
3(µ − mediana)
.
σ
In Figura 4.6 sono schematizzate le feature estratte n qui discusse.
4.3.2
Scaling
L'operazione di scaling ha esenzialmete due vantaggi innanzitutto quello
di evitare che diverse caratteristiche abbiano diversi range, e secondo rendere
i calcoli più agevoli; generalmente si scalano gli attribbuti nel range [-1;1] o
[0;1].
4.3.3
Validazione incrociata
La funzione kernel utilizzata è RBF. Questa dipende da due parametri C,
il
cost parameter e γ ; tali parametri non sono noti a priori, bisogna ricavarse-
li. Riuscire a ricavare i migliori valori di C e
γ
ci consente di poter classicare
Validazione con sistemi di Pattern Recognition
81
correttamente dati non noti, quelli che abbiamo identicato con il termine
testing data.
Per fare questo ho utilizzato dei metodi di cross-validation.
Ricordo che i miei dati iniziali a disposizione constavano di 87 soggetti malati
e 89 sani.
Entrambi i gruppi sono stati suddivisi in due sottiinsimi: per i
malati in due sottoinsiemi uno di 43 e un altro di 44 elementi, i sani contavano di un gruppo da 45 e un altro da 44 soggetti. Il primo sottogruppo dei
sani e il primo sottogruppo dei malati è stato usato come gruppo di trainig
per valutare i migliori valori di C e
γ
possibili per generare l'iperpiano di
separazione tra i 43 soggetti malati e gli 44 sani. I parametri ottenuti sono
stati usati per vericare se gli altri due sottogruppi (quelli da 44 e 45) erano
ben separati dall'iperpiano così ricavato. Al ne di ottenere la miglior classicazione possibile ho ottimizzato i parametri, ossia ho valutato la miglior
combinazione delle feature estratte. Il valore di
γ
per il quale ho la miglior
classicazione è 0.25, con C=1 e con una tolleranza di 0.01. La tollerenza
indica l'errore di massimizzazione della procedura, ed è un valore numerico
imposto dal sistema.
Tuttavia per una visione migliore dei dati ottenuti,
i valori in uscita dal classicatore gli ho rappresentati in una curva ROC
(Receiver Operating Characteristic).
4.4
Analisi dei dati
Dai dati in uscita dal classicatore voglio vedere se realmente la selezione
di giuste feature mi permette di identicare, sulla base di un'atroa ippocampale un sano da un malato. A tal ne ho utilizzato una curva di ROC.
Validazione con sistemi di Pattern Recognition
82
Lanalisi ROC viene eettuata attraverso lo studio della funzione che lega la
probabilità di ottenere un risultato vero-positivo nella classe dei malati-veri
(ossia la sensibilità) alla probabilità di ottenere un risultato falso-positivo
nella classe dei non-malati (ossia 1-specicità). In altre parole, vengono studiati i rapporti fra allarmi veri (hit rate) e falsi allarmi. Si denisce
specicità
di un esame diagnostico la capacità di identicare correttamente i soggetti
sani, ovvero non aetti dalla malattia o dalla condizione che ci si propone di
individuare. Se un test ha un'ottima specicità, allora è basso il rischio di
falsi positivi, cioè di soggetti che pur presentando valori anomali non sono affetti dalla patologia che si sta ricercando. Un'alta specicità indica, dunque,
un'alta probabilità che un soggetto sano risulti negativo al test; al contrario
una bassa specicità indica una bassa probabilità che un soggetto sano risulti
positivo al test.
Si denisce
sensibilità
di un esame diagnostico la capacità di identicare
correttamente i soggetti ammalati, ovvero aetti dalla malattia o dalla condizione che ci si propone di individuare. Se un test ha un'ottima sensibilità,
allora è basso il rischio di falsi negativi, cioè di soggetti che pur presentando
valori normali sono comunque aetti dalla patologia o dalla condizione che si
sta ricercando. Dunque un'alta sensibilità indica un'alta probabilità che un
soggetto malato risulti positivo al test ;al contrario una bassa sensibilità indica una bassa probabilità che un soggetto malato risulti negativo al test. La
capacità discriminante di un test, ossia la sua attitudine a separare propriamente la popolazione in studio in malati e sani è proporzionale allestensione
dellarea sottesa alla curva ROC (Area Under Curve, AUC) ed equivale al-
Validazione con sistemi di Pattern Recognition
Figura 4.7:
83
Curva ROC ottenuta dalla classicazione di SVM.
la probabilità che il risultato di un test su un individuo estratto a caso dal
gruppo dei malati sia superiore a quello di uno estratto a caso dal gruppo dei
non-malati. Nel caso di un test perfetto, ossia che non restituisce alcun falso
positivo né falso negativo (capacità discriminante = 100%), la AUC passa
attraverso le coordinate (0;1) ed il suo valore corrisponde allarea dellintero
quadrato delimitato dai punti di coordinate (0,0), (0,1), (1,0) (1,1), che assume valore 1 corrispondendo ad una probabilità del 100% di una corretta
classicazione. Dai dati elaborati da SVM ho ottenuto la curva ROC gracata in Figura 4.7. L'area sottesa al graco è pari 80%. Questo signica che
dalle gure ippocampali che ho estratto mediante SVM sono stata in grado
di estrarre delle feature in grado di descrivere queste scatole. Il sistema di
classicazione correttamente i malati al 0.83 con un errore dell'0.01.
Le immagini elaborate con SPM8 hanno permesso di ottenereil valore
Validazione con sistemi di Pattern Recognition
dell'area sottesa alla curva di ROC pari all'80%.
84
Implementazioni di stes-
se feature estratte da altre immagini ha portato risultati più soddisfacenti.
Tuttavia i valori ottenuti sono migliorabili considerando il fatto che non ho
applicato alcun ltro alle immagini e non ho applicato criteri di selezione
alcuna delle stesse. Infatti, sebbene il fatto che le immagini fossero immagini del database ADNI mi garantissero grandezze comuni, come il campo
magnetico applicato e il fatto che fossero pesate in
T1 ,
resta il fatto che
sono immagini provenienti da macchinari dierenti, sono infatti 58 i diversi possibili scaneer da cui provengono le immagini, ciascuno dunque con un
suo errore sistematico, la propria scala di livelli di grigio non uniformabile.
Questo implica range di grigio dierenti per le dierenti apparrecchiature.
Inoltre molte delle immagini in mio possesso erano visibilmente non buone
perché i soggetti erano fuori asse. Tuttavia se avessi dovuto applicare una
selezione accurata avrei ridotto di gran lunga il campione e quindi il mio
test avrei dovuto eettuarlo su un numero esiguo di immagini, e in questo
caso avrebbe dato poca validità al mio test. Quindi alla luce di tutto questo
possiamo considerare i risultati ottenuti soddisfacenti. Miglioramente sono
sicuramente ottenibili uniformando il campione. Un ulteriore sviluppo della
ricerca può essere implementato nei pazienti aetti da decadimento cognitivo
lieve (MCI) infatti questi si dierenziano in due categorie coloro che sviluppano la malattia e coloro che non la sviluppano. Una buona classicazioni
di questi soggetti avalorerebbe ulteriormente la teoria.
Conclusione
L'aumento delle prospettiva di vita ha portato ad un incremento maggiore delle malattie associate all'età senile. In questa tesi si è dato particolare
risalto alla malattia di Alzheimer (AD) che è la malattia dementigena più
diusa.
Attualmente esiste solo una diagnosi clinica di AD: non esistono
esami di laboratorio in grado di testare o meno la presenza della malattia. Tuttavia, le nuove frontiere della ricerca hanno permesso di identicare
alcuni biomarcatori quali identicatori della malattia prima della manifestazione palese della stessa. Uno di questi biomarcatori è l'atroa cerebrale, in
particolare ippocampale. L'encefalo umano possiede due ippocampi. L'ippocampo è localizzato nella zona mediale del lobo temporale ed è responsabile
della memoria a medio e lungo termine. In realtà i due ippocampi svolgono
funzioni diverse. L'ippacampo destro si
occupa
essenzialmente della memoria
spaziale, quello sinistro della memoria a lungo termine.
Scopo della tesi è stato vericare la bontà della classicazione di ippocampi di soggetti sani e malati, usando come strumento di elaborazione delle
immagini SPM8 (Statistical Pametric Mapping) e come classicatore SVM
(Support Vector Machine).
Conclusione
86
Il punto di partenza del mio lavoro sono state delle immagini di MRI provenienti dal database ADNI (Alzheimer Disease Neuroimaging Initiative), che
è un'associazione che a livello internazionale si occupa di catalogare MRI
aventi medesime caratteristiche.
magnetiche pesate in
T1
In particolare ho lavorato con risonanze
a 1.5 tesla. Ho avuto a disposizione 176 MRI ce-
rebrali, di queste 87 di soggetti non eeti da alcuna demenza e 89 a cui è
stata diagnosticata la malattia di Alzheimer. La prima la fase ha previsto la
pre-elaborazione spaziale. Questa fase include i processi di normalizzazione
della dimensione dei voxel, di riellignamento, di rotazione e di coregistrazione
mediante il tool SPM8.
SPM8 è un software sviluppato dai membri del Wellcome Department of
Imaging Neuroscience di Londra; questo è un software molto sosticato che
permette analisi di dati di immagini funzionali. La scelta di utilizzare tale
software non è casuale. Infatti questo tool nasce specicatamente per l'analisi statistica di immagini funzionali, in questo lavoro ho utlizzto il tool per
la sola elaborazione spaziale. Questa scelta è stata operata con il specico
intento di utilizzare strumenti tipicamenti usati in ambito medico per sviluppare competenze verticali di tutte le specicità in gioco (ambito medico
e sico).
Tra le fasi di pre-processamento da osservare la rotazione. Ho eseguito, in-
◦
fatti , una rotazione nel piano assiale delle MRI pari ad un angolo di 29 ;
rotazione necessaria dovuta all'inclinazione dell'ippocampo.
Terminata la fase di pre-elaborazione spaziale, ho estratto le scatole ippocampali. Una volta individuato l'ippocampo mediante l'uso di appositi atlanti,
Conclusione
87
come quello di Talairach ho elaborato un codice che mi permettesse di estrarre l'ippocampo sinistro dalle MRI di entrambi i gruppi. Gli ippocampi sono
3
stati racchiusi in scatole di 30x70x30 mm , come si è soliti fare.
Per ciascuna immagine ho, dunque, ottenuto, in uscita dal codice, 6300 valori
identicativi del livello di grigio di ciascun voxel della scatola ippocampale.
Tali valori sono stati ingresso del clasicatore SVM. La funzione Kernel utilizzata, per aumentare la dimensione è la
funzione radiale di base
(RBF). Il
valori dei parametri della RBF, ottiamli per la classicazione assumono valore 0,01 per
γ
e C=1, con tolleranza pari a 0.01. La tolleranza è il parametro
che controlla la precisione della minimizzazione. La bontà del classicatore è
stata valutata mediante la curva ROC (Receiver Operating Characteristic).
Lanalisi ROC viene eettuata attraverso lo studio della funzione che lega la
probabilità di ottenere un risultato vero-positivo nella classe dei malati-veri
(ossia la sensibilità) alla probabilità di ottenere un risultato falso-positivo
nella classe dei non-malati (ossia 1-specicità). La capacità discriminante di
un test, ossia la sua attitudine a separare i sani dai malati è proporzionale
all'area sottesa alla curva ROC, che nell'analisi fatta è stata valutata pari
all'80%.
Per una classicazione ottimale ci saremmo apettati un'area maggiore del
90%. Tuttavia il risultato ottenuto può essere considerato soddisfacente facendo opportune considerazioni.
In primo luogo perché nell'elaborazione
delle immagini non si è usato alcun ltro, dato che mi sono basata sulle sole prestazione di pre-elaborazione di SPM8.
In secondo luogo le immagini
provenienti dal data base ADNI seppure da un lato mi permettono di avere
Conclusione
88
immagini catalogate, dall'altro la provienienza delle MRI da diversi scanner implica diverse tonalità di livelli di grigio. Inoltre, un altro particolare
non poco rillevante è che molte immagini presentavano evidenti anomalie come distosioni, o non rientravano nelle dimensione standard. Se avessi fatto
un'accurata selezione delle immagini, tuttavia, il campione sarebbe diventato
esiguo e privo di validità.
Alla luce di queste considerazione posso dunque aermare che la segmentazione eettuata con SPM, e la successiva classicazione con SVM ha dato
risultati soddisfacenti.
Appendice A
Principi di imaging con la
Trasformata di Fourier
La Trasformata di Fourier (FT) è una tecnica matematica che consente
di convertire dei dati dal dominio del tempo al dominio della frequenza e
viceversa [25]. La FT di una funzione f(t) è denita come [63]:
∫
+∞
f (ω) =
f (t)e−iωt dt.
−∞
L'imaging tomograco di risonanza magnetica basato sulla FT usa tre tipi
di gradiente.
1.
Gradienti di codica in frequenza.
Come già spiegato nel para-
grafo 4.1, al ne di individuare le dierenti regioni di spin, che per
semplicità abbiamo considerato essere solo tre, è necessario applicare
un gradiente di campo. In questo modo il risultato è uno spettro NMR
con più di un segnale (l'ampiezza del segnale è proporzionale al numero
APPENDICE A
90
degli spin in un piano perpendicolare al gradiente). Questa procedura
è chiamata codica in frequenza e fa sì che la frequenza di risonanza
sia proporzionale alla posizione dello spin.
Indicato con
con
ν0
B0
il valore del campo magnetico al centro del magnete e
la rispettiva frequenza di risonanza (il punto al centro del ma-
gnete di coordinate (x,y,z) =0,0,0 è detto isocentro), allora applicando
un gradiente di campo magnetico monodirezionale, si avrà:
ν = γ(B0 + xGx ) = ν0 + γxGx ,
x=
Con
Gx
ν−ν0
.
γGx
(A.1)
(A.2)
si è indicato in gradiente del campo magnetico nella direzione
x.
2.
Gradienti di selezione della fetta.
La selezione del piano di imaging
in MRI è la selezione degli spin appartenenti ad un piano che seziona
l'oggetto (piano immagine o fetta). Il principio alla base della selezione
del piano di imaging è contenuto nell'equazione di risonanza. La selezione è realizzata applicando un impulso RF contemporaneamente ad un
gradiente di campo magnetico (lineare mono-dimensionale) di direzione
◦
perpendicolare al piano da acquisire. Un impulso a 90 ruoterà gli spin
che sono localizzati in una fetta dell'oggetto. L'applicazione di questo
◦
impulso a 90 , con un gradiente di campo magnetico nella direzione x,
ruoterà di 90
◦
alcuni degli spin in un piano perpendicolare all'asse x. Il
termine alcuni è stato usato per sottolineare che alcune delle frequenze
APPENDICE A
Figura A.1:
hanno un
91
Selezione di un piano di spin mediante il gradiente di selezione di una fetta.
B1
◦
minore di quello richiesto per una rotazione di 90 con
la conseguenza che gli spin selezionati non costituiscono eettivamente
una fetta (Figura A.1). Una soluzione alla scarsa denizione del prolo
◦
della fetta consiste nel modellare l'impulso a 90 secondo la forma di
un impulso sinc che ha una distribuzione in frequenza a onda quadra.
3.
Gradienti di codica di fase.
gradiente del campo magnetico
Il gradiente di codica di fase è un
Bo usato per impartire al vettore di ma-
gnetizzazione trasversale un angolo di fase specico. L'angolo di fase
dipende dalla localizzazione, in un determinato istante di tempo, del
vettore di magnetizzazione trasversale.
Si considerino nuovamente le tre regioni di spin. Si ipotizzi che il vettore di magnetizzazione trasversale relativo a ciascuno spin sia ruotato
ad una certa posizione rispetto all'asse delle x:
i tre vettori, in un
campo magnetico uniforme, avranno la stessa frequenza di Larmor (Fi-
APPENDICE A
92
a) Tre vettori di sono in un campo magnetico uniforme; b) tre vettori di spin soggetti
all'azione diun gradiente di campo magnetico lungo la direzione x.
Figura A.2:
gura A.2).
Se applicassimo un gradiente di campo magnetico lungo
la direzione x, i tre vettori ruoterebbero lungo la direzione del campo
magnetico applicato ad una frequenza data dall'equazione di risonanza
espressa nell'equazione (4.1) (Figura A.2). Mentre il gradiente di codica di fase è acceso, ciascun vettore di magnetizzazione trasversale
ha la sua propria (unica) frequenza di Larmor.
Se il gradiente nella
direzione x venisse spento, il campo magnetico esterno subito da ciascuno spin sarebbe identico. Perciò la frequenza di Larmor di ciascun
vettore di magnetizzazione trasversale,in questo caso, è identica. Tuttavia l'angolo della fase
ϕ
di ciascun vettore non è identico. L'angolo
della fase è l'angolo che il vettore di magnetizzazione forma con un asse
di riferimento (asse y), al tempo in cui il gradiente di codica di fase
viene spento. Nel caso di tre vettori di spin sarà possibile distinguere
tre dierenti angoli della fase [25].
La più semplice sequenza per imaging con la trasformata di Fourier contiene
◦
un impulso a 90 di selezione della fetta, un gradiente per la selezione della
fetta, un gradiente per la codica di fase, un gradiente per la codica in
frequenza e un segnale. Gli impulsi relativi ai tre gradienti sono rappresenta-
APPENDICE A
93
Diagramma temporale di sequenzaper imaging con trasformata di Fourier. È presente un
impulso a 90◦ , un gradiente per la selezione della fetta, un gradiente per la codica di fase, un gradiente
per la codica in frequenza e un segnale.
Figura A.3:
tivi dell'intensità (ampiezza) e della durata degli stessi. Il reale diagramma
temporale per questa sequenza è un po' più complicato di quello proposto in
Figura A.3 che ne è una semplicazione. Il primo evento che ha luogo secondo questa sequenza di imaging è l'attivazione del gradiente per la selezione
della fetta.
L'impulso RF per la selezione della fetta (una breve e intensa
cessione di energia con un impulso che ha la forma della funzione sinc) è
applicato nello stesso istante. Al termine dell'impulso RF, il gradiente per la
selezione della fetta viene spento e viene attivato il gradiente per la codica
di fase. Una volta che il gradiente per la codica di fase viene spento, viene
acceso il gradiente per la codica in frequenza e viene registrato un segnale.
Questo segnale ha la forma di un eco o di un FID. La sequenza di impulsi di
solito è ripetuta 128 o 256 volte per raccogliere tutti i dati necessari a produrre un'immagine. Il tempo tra le ripetizioni della sequenza è chiamato il
tempo di ripetizione, TR. Ogni volta che la sequenza viene ripetuta, cambia
APPENDICE A
94
a) Cubo di spin immerso in campo magnetico; b) cubo di spin sotto l'azione di un
gradiente di fetta lungo l'azze z.
Figura A.4:
l'intensità del gradiente di codica della fase. L'intensità viene incrementata
con un certo passo a partire dal valore minimo no alla massima ampiezza
del gradiente.[64].
Per immaginare la sequenza da un punto di vista macroscopico dei vettori di
spin, si consideri un cubo di spin, messo in un campo magnetico e composto
da molti elementi di volume, ognuno col suo proprio vettore di magnetizzazione netta.
Se si volesse creare l'immagine di una fetta nel piano xy,
nell'ipotesi in cui il campo magnetico
Bo
sia lungo l'asse z, allora gradiente
di selezione della fetta deve essere applicato lungo l'asse z. Gli impulsi RF
faranno ruotare solamente quei pacchetti di spin nel cubo che soddisfano la
condizione di risonanza. Questi pacchetti di spin sono localizzati, in questo
esempio, in un piano xy; la localizzazione di tale piano lungo l'asse z rispetto
all'isocentro è data da:
z=
∆ν
,
γGs
(A.3)
APPENDICE A
dove
∆ν
è la deviazione dalla frequenza,
della fetta e
γ
95
ν0 , Gs
il gradiente di selezione
il rapporto giromagnetico. Gli spin localizzati sopra e sotto
questo piano non sono interessati dagli impulsi RF; saranno perciò trascurati
(Figura A.4).
Una volta ruotati nel piano xy questi vettori ruoteranno (nel piano) alla
frequenza di Larmor data dal campo magnetico che ognuno di essi stava subendo.
Nella sequenza per imaging, dopo il gradiente di selezione della fetta è applicato un gradiente di codica di fase. Assumendo che questo sia applicato
lungo l'asse x, gli spin a diverse posizioni lungo l'asse x cominciano a muoversi di moto di precessione a frequenze di Larmor diverse. Quando il gradiente
di codica di fase viene spento, i vettori di magnetizzazione netta ruotano
con ugual frequenza ma possiedono fasi diverse. La fase è determinata dalla
durata e dall'ampiezza degli impulsi del gradiente di codica di fase.
Terminato l'impulso del gradiente di codica di fase, viene attivato un impulso del gradiente di codica in frequenza. Nel caso esaminato, il gradiente di
codica in frequenza è nella direzione -y. Il gradiente di codica in frequenza
causa una precessione dei pacchetti di spin a velocità dipendenti dalla loro
localizzazione su y.
È importante notare che ognuno dei vettori di magnetizzazione netta è caratterizzato da un unico angolo della fase e un'unica frequenza di precessione.
La trasformata di Fourier è in grado di determinare fase e frequenza del segnale generato da un vettore di magnetizzazione netta localizzato in qualche
punto dello spazio. Per esempio, se un singolo vettore fosse localizzato nel
APPENDICE A
96
punto (x,y) = 2,2, i suoi FID conterrebbero una sinusoide di frequenza 2 e
fase 2. Una trasformata di Fourier di questo segnale produrrebbe un picco a
frequenza 2 e fase 2.
Al ne di ottenere un'immagine o mappa di localizzazione degli spin, i FID
o i segnali sopra descritti devono essere trasformati secondo Fourier.
I se-
gnali sono prima trasformati secondo Fourier nella direzione della codica di
frequenza per estrarre le informazioni relative alla localizzazione degli spin
nel dominio delle frequenze (solitamente l'asse x) e poi nella direzione della
codica di fase per estrarre le informazioni circa la localizzazione nella direzione di applicazione del gradiente di codica di fase (asse y).
In conclusione durante un'acquisizione, l'apparecchiatura di risonanza magnetica registra dei segnali, che sono funzione del tempo, nei quali l'informazione sulla posizione degli spin relativa a un piano di imaging 2D è codicata
con l'utilizzo di un gradiente di codica in frequenza e di codica di fase.
Il campionamento dei segnali ad una frequenza fs genera una matrice di dati bidimensionale detta spazio-k.
La trasformata di Fourier dello spazio-k
fornisce l'immagine di risonanza magnetica.
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