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Sabato 2 Marzo 2013
ESTERO - LE NOTIZIE MAI LETTE IN ITALIA
Le grandi industrie alimentari tendono a utilizzare soltanto le varietà più redditizie
Aiutate le patate in estinzione
Salvata Linda, Kartoffel des Jahres, il tubero dell’anno
da Berlino
ROBERTO GIARDINA
C
i battiamo per salvare dall’estinzione le
tigri bianche, il panda
gigante, il koala, le
balene azzurre e anche il cirneco dell’Etna, che sarebbe un
cane amato dagli antichi egizi.
Ma chi pensa alle piante, alle
mele, alle patate? Rischiano di
sparire a causa dell’industria
alimentare. Si coltivano solo
quelle specie che rendono di
più, le pere che sopportano un
lungo trasporto, e anche i floricoltori producono solo le rose
o i tulipani che fioriscono nelle
serre esotiche e non appassiscono prima di venir venduti in
Europa. Io non ho mai capito
quali patate comprare. I miei
amici tedeschi si orientano tra
almeno 200 tipi: quelle novelle
le riconosco, le altre mi sembrano tutte uguali. Ci sono le Kartoffel per il bollito misto, quelle
per il puré, quelle da friggere a
tocchetti e altre da mettere in
padella a striscioline, le patate
per il röstli, specialità svizzera,
tortino in padella con cipolle, e
quelle da servire con i crauti. In Germania il consumo è
calato da 125 chili all’anno
nel 1960 agli attuali 68. I tedeschi si preoccupano per la
linea, seguono i consigli dei
dietologi, mangiano meno patate, ma non vogliono rinunciare a nessun tipo. Di anno
in anno, tuttavia, aumenta la
quota delle patate conservate
(31 chili) rispetto alle fresche
(37). E quindi cresce il potere
delle industrie conserviere e
della grande distribuzione.
Patatine fritte, cibo preferito
dai piccoli tedeschi insieme
con spaghetti e pizza, e Kartofellpuffer, le frittelle di patate,
sono ormai quasi esclusivamente congelate. E il puré si
compra liofilizzato, in busta.
Alle varietà però ci tengono,
battendosi contro la grande
distribuzione e le sue regole
venali. Senza ironia, come la
pizza è il simbolo dell’Italia, anche se gli americani pensano di
averla inventata loro, il simbolo della Germania è la patata,
magari accanto a un boccale di
birra. I tedeschi hanno salutato
dunque con entusiasmo la de-
cisione delle Nazioni Unite di
proclamare il 2008 «anno della patata», fatto che da noi, mi
sembra, è passato inosservato.
La mobilitazione nazionale è
servita a salvare Linda, proclamata nel 2007 «Kartoffel
des Jahres», patata dell’anno.
Era particolarmente amata per
il suo profumo e la sua morbidezza, ma era stata condannata a morte dalla colossale impresa agricola Europlant: non
valeva la pena di continuare a
tenerla in vendita. Linda, ufficialmente battezzata nel 1974,
rappresenta l’1,4% del mercato complessivo in Germania, e
secondo i cuochi
è la migliore per
le Bratkartoffeln,
le patate in padella con cipolla
e speck. Però era
troppo sensibile
ai virus. Dunque
non redditizia.
L’eroe che ha
salvato Linda è
l’agricoltore Karsten Ellenberg,
diventato il simbolo della resistenza
contro i dittatori dell’alimentazione. Quando cominciò a coltivare patate nella sua fattoria
nel 1996, gli esperti gli consigliarono di lasciar perdere: il
terreno non era abbastanza
vasto per una produzione redditizia, a un costo conveniente
per resistere alla concorrenza
dei produttori internazionali
che offrono sul mercato il 67%
del fabbisogno. Ogni anno in
tutto il mondo vengono prodotte 315 milioni di tonnellate
di patate, per un valore complessivo di 46 miliardi di dollari
(35,2 mld di euro). Ellenberg riuscì a resistere, anzi a produr-
re diverse specialità invece di
specializzarsi su un solo tipo
di Kartoffel: produce 170 qualità, e ne mette in vendita 37.
L’arte per l’arte. «In passato»,
dice Ellenberg, «ogni contadino
coltivava la sua patata particolare, ed era orgoglioso di essere
l’unico a produrla». Le grandi
società alimentari sono una
lobby influente a Bruxelles, e
c’era il rischio che l’Ue vietasse
la coltivazione di specialità non
«conformi», anche se, quando
prende queste decisioni, non
spiega mai il perché. Se tutti
coltivassero quel che vogliono,
si sostiene, la qualità ne soffrirebbe, ma la verità è esattamente il contrario. Ellenberg,
invece di preoccuparsi del suo
reddito, si è battuto, ha mobilitato il governo a Berlino, nelle
scuole elementari le maestre
hanno dato agli allievi il tema
«Rettet Linda», salvate la patata del 2007. Infine l’Ue ha
sospeso la condanna a morte:
per trent’anni Linda potrà
essere consumata dai suoi
fan, solo in Germania. Poi si
vedrà.
© Riproduzione riservata
Hewlett-Packard, Unilever e Henkel si sono rifatte vive Entro il 2016, 150 mln di passeggeri
Le multinazionali tornano
A Istanbul
a investire in Grecia
nuovo aeroporto
A
poco a poco e timidamente le multinazionali stanno
facendo ritorno in
Grecia. L’ultima in ordine
di tempo è la Philip Morris,
che il 27 febbraio ha suggellato un accordo col governo
di Atene nell’ambito del
quale il gruppo si impegna
ad acquistare per tre anni
la metà della produzione
greca di tabacco, pari a circa 200 milioni di euro. Philip Morris prevede anche di
trasferire in Grecia alcune
delle sue attività.
Proprio il giorno prima, il
ministro ellenico dello sviluppo, Costis Hatzidakis,
aveva ricevuto i rappresenLe infrastrutture portuali del Pireo sono
tanti di 11 multinazionali
al centro dell’interesse delle multinazionali
presenti nel paese (Barilla,
Nestlé, Bic ecc.). E ieri il
primo ministro Antonis Samaras si è recato nel paese la fabbricazione di 110 prodotti di
al porto del Pireo per la firma di un accordo consumo che fino a oggi venivano importati
fra il gruppo cinese Cosco, che gestisce uno dall’Europa centrale o occidentale. Essi sarandei terminal del porto di Atene, l’americana no prodotti, sotto licenza, da aziende partner
Hewlett-Packard e le ferrovie greche. Il grup- greche. Anche la tedesca Henkel ha ripreso la
po informatico Usa intende fare del Pireo il produzione in Grecia di una cinquantina di
proprio hub per il Mediterraneo e l’Europa prodotti. Il governo di Samaras conta inoltre
centrale. I container saranno sbarcati nel por- sulle privatizzazioni per accelerare gli inveto ateniese e il materiale informatico dovrà stimenti in Grecia. Ma, malgrado una certa
raggiungere la propria destinazione in treno stabilità politica e monetaria (dopo la fuga dei
o via nave. Le infrastrutture portuali del Pireo capitali degli ultimi due anni, i depositi hansono al centro dell’interesse delle multinazio- no ripreso la strada delle banche elleniche),
nali, che però ultimamente hanno deciso di questa timida ripresa resta, per il momento,
riportare in Grecia anche la produzione. Il ancora troppo fragile.
colosso Unilever, per esempio, ha trasferito
© Riproduzione riservata
L’aeroporto Atatürk di Istanbul
I
stanbul avrà un terzo aeroporto. Il governo turco
ha infatti annunciato la
costruzione nel 2016 di
un terzo scalo nella capitale,
con una capacità di 150 milioni
di passeggeri. Il nuovo megaaeroporto è destinato a scalzare l’attuale scalo di Istanbul,
l’Atatürk, dove transitano in
media 35 milioni di passeggeri.
La notizia non è però piaciuta
alla società francese Adp (Aéroports de Paris), che un anno fa
aveva messo piede in Turchia
entrando nel capitale di Tav,
un’impresa privata locale che
opera nella gestione di aeroporti: 37 in Turchia, fra cui proprio
l’Atatürk, in concessione fino al
2021, e altri in Georgia, Macedonia, Tunisia e Arabia Saudita. Un vero Eldorado per Adp,
che, proprio grazie alle performance di Tav (il cui fatturato
nel 2012 è cresciuto del 25% a
più di un miliardo di euro e il
cui risultato netto è balzato del
125% a 124 milioni), accantona
16 milioni di risultato operativo corrente.
Per questo la notizia della
costruzione del nuovo scalo di
Istanbul è stata un fulmine a
ciel sereno per Adp. C’è da dire
tuttavia che il governo turco si è
impegnato a versare indennizzi
compensatori alla società francese nel caso in cui l’apertura
dell’aeroporto avvenisse prima
del 2021. E c’è pure da dire che
Adp, insieme a Tav, società presente anche nel settore edilizio,
sarà in corsa per aggiudicarsi
la gara per la costruzione del
nuovo scalo. La data di deposito delle candidature è fissata
al prossimo 3 maggio.
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Le due pagine di «Estero
- Le notizie mai lette in
Italia» sono a cura di
Sabina Rodi
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