Patologia Generale – 8/11/2012 sera – 3^ parte – Batetta Giulia

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Patologia Generale – 8/11/2012 sera – 3^ parte – Batetta
Giulia Cerrone
Oltre alla rideposizione della nuova proteina, sono necessari un rimodellamento
e la presenza di enzimi che consentano la demolizione del collagene.
Naturalmente si devi ricordare che se la ferita è di 2^ intenzione o di 1^ ma non
c'è un equilibrio nel controllo della deposizione del collagene abbiamo cicatrici e
patologie successive che possono essere esplosioni di tessuto connettivale, con
sintesi abnorme di tale tessuto.
Un esempio è illustrato nella Fig.1; si tratta di un cheloide. Spesso questo è il
risultato di molte operazioni chirurgiche. Alcune ferite diventano cheloidi
cicatriziali, ma i cheloidi possono essere anche il risultato del riparo diFigura 1
un'ustione. Sono delle forme precancerogene.
Nel rimodellamento del tessuto connettivo deve esserci
un equilibrio tra la produzione e la demolizione del
collagene. Per questa ragione esistono alcuni enzimi litici
(stromalisine, collagenasi, gelatinasi, metalloproteasi
della matrice, attivatori del plasminogeno (PA)) e i TIMPS
(inibitori tessutali delle metalloproteasi, di tipo
urochinasi (uPA) e inibitori tessutali (tPA) ) che
garantiscono l'omeostasi anche a livello della matrice
Figura 2
interstiziale.
Ovviamente la sostituzione del tessuto di granulazione con tessuto cicatriziale comporta una variazione
della composizione dell'ECM.
La resistenza della ferita aumenta gradualmente.
Dopo 7 giorni (ossia il tempo dopo il quale generalmente si rimuove una sutura a livello di una ferita dermoepidermica) la resistenza è del 10% rispetto alla cute intatta.
Verso il 3° mese invece la resistenza è circa del 70-80%, è difficile che raggiunga il 100%.
Nei primi mesi il ripristino della tensione è dovuto ad una prevalenza della sintesi del collagene sulla sua
degradazione. Successivamente la sintesi cessa, si presenta una condizione di equilibro tra i due fenomeni e
si hanno modificazioni strutturali delle fibre del collagene.
Patologia genetica
La patologia genetica studia i fenomeni patologici che riconoscono come causa un'alterazione del genoma.
Tale alterazione può essere di due tipi:
 ereditaria, ossia trasmessa dai genitori ai figli, quindi ciò significa che era già presente nelle cellule
germinali dei genitori;
 non ereditaria, ossia non trasmessa dai genitori.
Tra le malattie non ereditarie possiamo includere le malattie congenite non ereditarie, le quali sono il
risultato dell'effetto di fattori patogeni di natura fisica, chimica o biologica che, agendo durante la vita
intrauterina, inducono alterazioni organiche come deviazioni delle normali modalità di differenziazione e
sviluppo dell'embrione.
Queste ultime si devono distinguere in:
 embriopatie, ossia alterazioni dello sviluppo dell'embrione (2^-12^ settimana);
 fetopatie, ossia alterazioni dello sviluppo del feto1 (dopo la 12^ settimana).
Questa distinzione vale per le malattie genetiche che non riconoscono delle cause ereditarie, ma per le quali
1 Nella slide c'è scritto “Fetopatie – alterazioni delle sviluppo dell'embrione”, ma si sta chiaramente riferendo al feto
e non all'embrione. Tra l'altro nel libro di embriologia definiva il prodotto del concepimento come “embrione” fino
all'8^ settimana.
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l'incontro dell'agente lesivo avviene a livello embrionale o fetale; sono da correlare ad una patologia
materna intervenuta prima della gravidanza o a livello embrionale o a livello fetale.
Se un agente perturbante agisce sull'embrione il risultato può essere devastante. Le malformazioni che si
possono provocare a livello embrionale possono danneggiare molti tessuti e molti organi.
Le cause di malattie genetiche (Fig. 3) sono rappresentate da:
 malattie ereditarie 20%;
 malattie citogenetiche 4%;
 farmaci, agenti chimici, radiazioni 2%;
 infezioni materne 2%;
 fattori metabolici materni 1%;
 trauma alla nascita e fattori uterini 1%;
 cause sconosciute 70%.
Gran parte di tali patologie hanno dunque delle cause
sconosciute. Per questo motivo si stanno effettuando degli studi al
fine di identificare delle possibili condizioni, normalmente
innocue, ma che possono provocare malattia nel prodotto del
concepimento.
A livello genetico possono esserci mutazioni (alterazioni del
materiale genetico). Le mutazioni a carico di un singolo
amminoacido sono provocate da mutazioni della sequenza diFigura 3
DNA). La mutazione è un cambiamento stabile di un gene.
Il mutamento (sostituzione, shift, ecc...) in una tripletta può dar luogo a diverse conseguenze. Il gene ha
diverse porzioni, quindi modificazioni in diverse parti del gene, provocheranno differenti problematiche.
L'espressione di un gene può essere, ad esempio, iper-regolata. La mutazione di un amminoacido può non
provocare sul prodotto finale (proteina che può essere funzionale o enzimatica) alcun cambiamento oppure
può provocare un cambiamento dell'attività enzimatica stessa. Esistono varie patologie enzimatiche, una
molto comune nella nostra regione è la carenza di G6PD.
Le mutazioni consistono in modificazioni di tipo quantitativo o qualitativo della normale sequenza delle
basi nel DNA, che possono alterare o meno la normalità dell’informazione in esso presente, con
conseguente comparsa, nelle proteine codificate, di cambiamenti rispettivamente quantitativi (sintesi in
eccesso, in difetto, mancata) o qualitativi (alterazioni strutturali).
Dei geni che se alterati possono dare modificazioni quantitative o qualitative sono i geni per l'emoglobina.
Un'alterazione quantitativa, ossia che prevede troncamento della molecola con produzione di catene
globiniche alterate alfa o beta, è alla base delle talassemie. In queste condizioni i globuli rossi non possono
arrivare a maturazione completa, precipitano nel midollo provocando un'iperplasia midollare.
Un'alterazione qualitativa delle catene globiniche, non particolarmente frequente in Sardegna, è l'anemia
falciforme, nella quale c'è un'alterazione che provoca iper-sensibilita all'ossigenazione. In entrambi i casi
abbiamo una mutazione, differente tra le due situazioni e quindi il risultato finale è chiaramente diverso.
Una proteina mutata, a seconda del danno strutturale subito, che riflette la zona coinvolta dalla mutazione
nel suo gene codificante, modifica in varia maniera la sua funzione, nel senso che può perderla (mutazioni
inattivanti) o anche incrementarla.
Proteine che con il loro incremento possono causare dei danni sono, ad esempio, quelle che regolano il
ciclocellulare. Gli oncogeni, ossia le proteine che favoriscono la proliferazione (p21, recettori che
rispondono a fattori di crescita, ecc) se iper-funzionano mandano in proliferazione continua la cellula, infatti
sono state trovate inizialmente in cellule tumorali, nelle quali speso i geni che le codificano risultano
alterati. Quindi anche l'iper-attivazione crea dei problemi.
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Le mutazioni possono interessare sia le regioni codificanti che le regioni regolatorie del DNA. Se le regioni
non sono codificanti non ci accorgiamo della mutazione. Nel caso di mutazioni delle regioni regolatorie, non
avremo un problema correlato ad un gene alterato, bensì tutto il sistema che attiva l'espressione genica
sarò compromesso. A questo proposito ci occuperemo dello stato di metilazione e acetilazione del gene,
che controlla l'espressione genica e può provocarne alterazioni, pur in assenza di mutazioni nel gene. Lo
stato di acetilazione e metilazione del DNA (studiato dall'epigenetica) è ritenuto responsabile di gran parte
delle malattie (facenti parte di quel 70% menzionato nella Fig. 3). L'epigenetica studia questi meccanismi,
che sono controllati soprattutto da fattori esterni.
Le mutazioni possono essere di vario genere in base al tipo di cellule colpite o all'estensione della mutazione
stessa:
Mutazioni delle cellule germinali: sono trasmesse alla progenie e possono essere responsabili di una
malattia ereditaria.
Mutazioni delle cellule somatiche: non possono causare malattie ereditarie, possono essere importanti
nell’insorgenza del cancro e di alcune malformazioni congenite.
Mutazioni geniche: delezioni parziali o complete di un gene oppure di una singola base .
Mutazioni cromosomiche: riarrangiamento del materiale genetico con variazione strutturale visibile dei
cromosomi .
Mutazioni genomiche: perdita o acquisizione di un intero cromosoma (monosomie, trisomie) .
Mutazioni nelle cellule germinative (spermatozoi e cellule uovo)
Esiste un'ulteriore distinzione in:
 mutazione “disvitale” (sindromi ulteriormente ereditabili, in quanto il soggetto può arrivare in età
fertile e dunque trasmetterla);
 mutazione “sub-letale” (sterilità o morte in età prepubere, ossia autoeliminazione)
 mutazione “letale” (morte del feto).
Possono tra l'altro essere:
 spontanee (ca. 1 ogni 100'000 gameti);
 indotte da agenti mutageni (agenti chimici, virus, radiazioni).
Tale distinzione non si po' fare per le malattie trasmesse dai genitori (i genitori trasmettono chiaramente
solo alterazioni disvitali).
A causa di mutazioni geniche possiamo avere deficit di proteine enzimatiche (che provocano errori del
metabolismo, accumuli, malattie lisosomiali) o di altre proteine.
Molte mutazioni trasmesse ereditariamente riguardano proteine enzimatiche, un esempio è rappresentato
dalle mutazioni a carico del gene per la glucosio-6-fosfato-deidrogenasi (G6PD), la quale interviene nel
metabolismo degli esoso-mono-fosfati o shunt dei pentoso-fosfati (importante per la creazione di pentosi,
indispensabili a loro volta per la produzione del DNA e dell'RNA, e dell'NADPH, importante antiossidante
che insieme al glutatione mantiene lo stato redox cellulare). Molti errori del metabolismo dipendono dal
fatto che queste proteine enzimatiche non vengano prodotte.
Mutazioni puntiformi all’interno di sequenze codificanti
Queste mutazioni possono modificare il codice di lettura di una tripletta di basi e portare alla sostituzione,
nel prodotto genico, di un aminoacido (mutazioni di senso).
Anemia falciforme
Mutazione che interessa la catena beta della globina e che causa la falcemia. La tripletta
CTC che codifica per l’acido glutamico nella posizione 6 della catena beta è mutata in
CAC che codifica per la valina.
Figura 4
Facendo uno striscio al paziente, a causa dell'ipossia si vede la falcizzazione dei globuli
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rossi. Questa piccola mutazione è sufficiente ad alterare la forma del globulo rosso.
Il globulo rosso ha una membrana elastica che gli permette di modificare la propria forma per poter passare
anche nei capillari dalle dimensioni più ridotte, ma basta poco (una sola base mutata) per cambiare un
amminoacido e modificare così la funzionalità di tutta la molecola dell'Hb.
Talassemia beta
Una mutazione del codone per la glutamina (CAG) che sostituisca
la C con una U crea un codone di stop (UAG). Questa sostituzione
porta ad un’ interruzione nella traduzione del gene per la catena
Beta; il peptide accorciato che è sintetizzato viene rapidamente
degradato. Gli individui portatori della mutazione mancano delle
catene beta e sviluppano una grave forma di anemia .
Se l'Hb non ha due catene alfa e due catene beta integre, il
Figura 6
globulo rosso prima di maturare precipita a livello midollare.
In questa situazione l'eritropoietina viene incrementata per stimolare la
produzione di globuli rossi, provocando l'invasione delle ossa piatte e delle ossa
lunghe a causa dell'iperplasia midollare. Nella Fig. 6 si può vedere una
Figura 5
deformazione causata da questa patologia; in passato era facile trovare in
Sardegna persone con questa situazione, mentre attualmente è raro. La forma più grave caratterizzata da
una condizione di omozigosi è anche chiamata morbo di Cooley o beta-talassemia major.
Mutazioni all’interno di sequenze non codificanti
Le mutazioni che non coinvolgono gli esoni possono avere degli effetti dannosi. E’ noto che la trascrizione
del DNA inizia ed è regolata da sequenze che si trovano a monte o a valle del gene e che sono definite
sequenze promotrici ed intensificatrici (prometer ed enhancer). Le mutazioni o le delezioni di queste
sequenze regolatrici possono interferire con il legame dei fattori di trascrizione e portare ad una mutazioni
frame shift , caratterizzate da piccole inserzioni o delezioni all’interno di sequenze codificanti, che hanno
come risultato quello di alterare il modulo di lettura del filamento.
Mutazioni delle triplette ripetute
Mutazioni caratterizzate da triplette ripetute, quasi sempre costituite da nucleotidi di
guanina e citosina (sindrome della X fragile) .
Anche questa malattia non è nota da tantissimo tempo. In alcune famiglie, soprattutto
quando erano numerose, c'era talvolta il “figlio maschio scemo” (Fig. 7). Il bambino della
Fig. 7 è affetto dalla sindrome dell'X fragile. Nel nostro genoma c'è una tripletta instabile
e ripetuta varie volte nell'individuo normale2.
Il fatto che si presenti prevalentemente in soggetti di sesso maschile è chiaramente da Figura 7
correlare al fatto che viene trasmessa con il cromosoma X.
Se in una famiglia ci sono diversi soggetti affetti da tale patologia è consigliato un esame specifico perché in
2
Nelle persone normali questa tripletta CGG è ripetuta un numero variabile di volte: da 6 a 55 e viene
trasmessa stabilmente attraverso le generazioni .
Se il numero di triplette CGG supera le 56 ripetizioni, la sequenza di DNA diventa instabile e nel passaggio alle
generazioni successive si espande il numero di ripetizioni CGG. Le persone che possiedono un numero di ripetizioni
comprese tra 56 e 200 CGG vengono definite portatori sani della premutazione. In questo intervallo l’espansione CGG
consente al gene FMR1 di funzionare ancora e quindi non provoca alcun sintomo clinico della malattia.
Quando il numero di ripetizioni CGG supera le 200 copie all’espansione della tripletta CGG si associa
un’ulteriore modificazione del DNA, che viene metilato, provoca il mancato funzionamento del gene FMR1, e viene
definita mutazione completa. I maschi con la mutazione completa presentano ritardo mentale di grado variabile (da
lieve a grave) e tratti fisici caratteristici, mentre solo la metà delle femmine con la mutazione completa presenta i
sintomi della malattia.
Patologia Generale – 8/11/2012 sera – 3^ parte – Batetta
tal caso è possibile intervenire.
Mutazioni degli introni e nelle giunzioni di splicing portano ad alterazione della maturazione dell’RNA e
quindi della proteina.
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