Anno XI - Numero 75 - 14 novembre 2006 La Stagione 2007 Tutti i titoli della prossima Stagione d’opera al Costanzi A Pag 2 L’Intervista Parlano il direttore Gelmetti ed il regista Alli A Pag 2 La filosofia di Schopenhauer Il filosofo tedesco, Wagner ed il Tristano A Pag 8 -9 L’enigma dell’opera Il famoso accordo del Preludio A pag. 7 e 15 TRISTAN UND ISOLDE d i R i c h a r d Wa g n e r Tristan und Isolde 2 « Un capolavoro assoluto ~ ~ La Copertina ~ ~ John William Waterhouse "Tristan und Isolde", 1905. Il G iornale dei G randi Eventi Direttore responsabile Andrea Marini Direzione Redazione ed Amministrazione Via Courmayeur, 79 - 00135 Roma e-mail: [email protected] Editore A. M. Stampa Tipografica Renzo Palozzi Via Vecchia di Grottaferrata, 4 - 00047 Marino (Roma) Registrazione al Tribunale di Roma n. 277 del 31-5-1995 © Tutto il contenuto del Giornale è coperto da diritto d’autore Le fotografie sono realizzate in digitale con fotocamera Kodak Easyshare V705 Visitate il nostro sito internet www.giornalegrandieventi.it dove potrete leggere e scaricare i numeri arretrati del giornale « «C chetta per il capolavoro i sono tre ipodi Alfano La Leggenda si tesi per chi nell’aprile Sakuntàla ascolta il scorso. Innamorato da “Tristano ed Isotta”: o questo capolavoro di giaci inconsapevole; o rifiuti e te ne vai; oppure, come vorrei succedesse al pubblico, resti e coscientemente ti dissolvi, per quanto possibile, nel “mare” e nella “notte” di Wagner. Bisogna lasciarsi alle spalle tutto, pensieri, passioni, aspettative e credo anche il troppo ragionare per riconoscere singoli brani dell’opera. Reputo che per goderla al meglio, bisognerebbe lasciarsi completamente trascinare da questo impetuoso ed incantevole fiume di note e perdere così la dimensione del tempo». Parla da inna- Gianluigi Gelmetti morato il Maestro Wagner che può essere Gianluigi Gelmetti, diconsiderato lo spartiacrettore musicale del Teaque verso la musica motro dell’Opera di Roma, derna. «Non c’è in Wagner sul podio per questo Triun vero legame con la tradistano dopo aver rinunzione precedente, se non ciato di dirigere l’aperqualche riferimento a Wetura della stagione per ber e Beethoven. Così, se godersi al meglio la sua Mozart usa il linguaggio prima paternità ed aver musicale del suo tempo, poi impugnato la bac- Giornale dei Grandi Eventi L’ultimo appuntamento della Stagione 2006 al Teatro Costanzi Parlano il direttore Gianluigi Gelmetti ed il regista e scenografo Pier'Alli d'ascoltare con la mente libera Il Wagner il proprio linguaggio lo inventa di sana pianta. Nel “Tristano ed Isotta” non adopera e non sfrutta il libretto: la sua è una navigazione verso l’oblio ed il superamento di se che parte dall’interno. Per questo gli episodi dell’opera sono così dilatati, estesi, innaturali, per permettere che la dissoluzione avvenga nel tempo artificiale che Wagner decide e crea. Per un direttore la difficoltà è restituire la musica wagneriana di tali dimensioni in teatro. E la sfida massima è proprio il “Tristano”. Io ho fatto tutto il Ring a Bologna, ma è la prima volta che dirigo Wagner a Roma». «Ogni parte di quest’opera – continua Gelmetti – è per me un assoluto del teatro musicale. In essa anche ogni luogo è parte di riferimenti della memoria: la nave è la nostalgia; il giardino è il luogo natio; il 3° atto il luogo della morte, della corrosione, della luce che si consuma come la vita e le passioni». Nella spiegazione si inserisce Pier’Alli, fiorentino di nascita, che di questo nuovo allestimento ha firmato la regia, le scene ed i costumi: «Fondamentale è la scena in quest’opera, opera che a ben vedere è immobile. Per questo abbiamo puntato su un connubio tra scene reali e virtuali che si integrano, per rendere al meglio questa trasfigurazione che c’è nella drammaturgia dell’opera. I grandi elementi curvi rimandano alla rotondità del mondo ed allo sguardo del XIX sec. proiettato nel XX. Non è possibile rappresentare in teatro ciò ce Wagner indica sul libretto, ma lo si può rendere attraverso una grande attenzione agli elementi». And. Ma. 7 - 14 Dicembre CARMEN di Georges Bizet Alain Lombard Rinat Shaham, Vincenzo La Scola, Giorgio Surian, Anna Laura Longo Direttore Interpreti La Stagione 2007 al Teatro Costanzi 16 - 21 Gennaio SALOMÈ Direttore Interpreti di Richard Strauss Alain Lombard Francesca Patanè, Graciela Araya, Kristjan Ingvar Johannsson, Anooshah Golesorskhy Direttore Interpreti di Jules Massenet Alain Lombard Rolando Villanzon, Beatrice Uria-Monzon, Natale De Carolis, Yvette Bonner Direttore Interpreti di Giuseppe Verdi Gianluigi Gelmetti Angela Gheorghiu, Vittorio Grigolo, Renato Bruson, Giuseppe Filianoti Direttore Interpreti di Gaetano Donizetti Bruno Campanella Carmela Remigio, Aldo Caputo, Alberto Rinaldi, Anna Procleme 8 - 14 Marzo WERTHER 20 Aprile - 3 Maggio 16 - 22 Maggio LA TRAVIATA LA FILLE DU RÉGIMENT 15 - 23 Giugno MANON LESCAUT Direttore Interpreti 27 Novembre - 2 Dicembre Direttore Interpreti 21 - 30 Dicembre di Giacomo Puccini Donato Renzetti Norma Fantin, Marco Berti MOSÈ IN EGITTO di Gioachino Rossini Antonino Fogliani Michele Pertusi, Giorgio Surian, Anna Rita Taliento, Stefano Secco LA VEDOVA ALLEGRA di Franz Lehàr Daniel Oren Fiorenza Cedolins, Vittorio Grigolo, Markus Werba Direttore Interpreti ~~ La Locandina ~ ~ Terme Costanzi, 14 - 22 novembre 2006 TRISTAN UND ISOLDE Dramma musicale in tre atti Libretto e musica di Richard Wagner Maestro concertatore Gianluigi Gelmetti e Direttore Maestro del Coro Andrea Giorgi Regia, Scene e Costumi Pier’Alli Disegno Luci Pier’Alli, Alessandro Santini Prima rappresentazione: Monaco, Königliches Hof- und Nationaltheater, 10 giugno 1865 Personaggi / Interpreti Tristan (T) Isolde (S) Kurvenal (B) Brangäne (Ms) Re Marke (B) Timoniere (B) Pastore (T) Marinaio (T) Melot (T) Richard Decker / Louis Gentile (18, 22/11) Janice Baird / Anna Katharina Behnke (18, 22/11) Michele Kalmandy Marianne Cornetti / Hermine May (18, 22/11) Rafal Siwek Mario Bellanova Cesare Ruta Gian Luca Floris Angelo Nardinocchi ORCHESTRA E CORO DEL TEATRO DELL’OPERA Nuovo Allestimento In lingua originale con sovratitoli in italiano “Anch’io vado a Teatro”: per la recita di domenica 19 novembre è previsto un servizio gratuito di Baby Sitting per bambini dai 6 agli 11 anni. L Il Giornale dei Grandi Eventi a data del 10 giugno 1865, ovvero della prima esecuzione del “Tristano e Isotta” a Monaco, è stata indicata come l’atto di nascita della musica moderna. Ed infatti è un’opera che ha aperto orizzonti nuovi nel mondo della musica, fin dal suo famoso ed enigmatico preludio del primo atto con il celebre “Accordo Tristan und Isolde del Tristano”. E’opera di grande lirismo e sentimenti, opera erotica, un fiume di note appassionante. Un lavoro di Wagner - libretto e musica - che risente di due esperienze concomitanti vissute dall’autore tra la fine del 1857 e l’agosto 1859: da una parte la burrascosa vicenda sentimentale con Mathilde Wesendonk, moglie del ricco commerciante svizzero presso il quale Wagner aveva trovato “esilio” durante un periodo “caldo” della sua vita e dall’altra l’entusiastica lettura dell’opera più profonda di Schopenhauer, Il mondo come volontà e rappresentazione. Il “Tristano”, che si rifà ad una leggenda medioevale ripresa da diversi autori fin da prima del 1200, si muove sul collaudato soggetto dell’amore impossibile. Ma è soprattutto la musica ad incantare. Questo nuovo allestimento firmato da Pier’Alli è un connubio di scene dipinta, costruite ed anche di proiezioni che trasportano l’immaginazione dello spettatore nelle tre ambientazioni dei rispettivi atti che 3 Le Repliche giovedì 16 novembre, ore 19,00 sabato 18 novembre, ore 18,00 domenica 19 novembre, ore 16,30 martedì 21 novembre ore 19,00 mercoledì 22 novembre, ore 16,30 sono poi la trasposizione degli stati d’animo dei protagonisti. Sul podio sarà il maestro Gianluigi Gelmetti. Melodie travolgenti per Tristano ATTO I - Isolde, principessa d’Irlanda, sta riposando sotto una tenda sulla tolda della nave che dalla sua patria la deve portare in Cornovaglia per andare in sposa a re Marke. Il cavaliere che la scorta è Tristan, nipote del Re. Così, mentre un marinaio canta l’infelice destino della fanciulla, Isolde ordina all’ancella Brangäne di condurle davanti Tristan perché le renda omaggio, ma questo turbato dice di non poter abbandonare il timone. Alle insistenze dell’ancella, Kurwenal, fedele scudiero di Tristan, afferma con sarcasmo che il suo signore non deve rendere alcun omaggio dato che non può essere vassallo di colei che sta portando in sposa al suo Re dopo aver ucciso Morold, l’eroe irlandese che Isolde amava. Rimasta sola con la sua ancella, Isolde le confida l’antefatto: un giorno raccolse e curò un ferito di nome Tantris, che scoprì poi averle ucciso il fidanzato Morold, proprio per un frammento di spada trovato nel corpo dell’amato che corrispondeva con l’arma di Tantris. Aveva successivamente riconosciuto Tantris in Tristan quando questo era tornato, con la sua vera identità, a reclamarla in sposa per re Marke. Ora Isolde vuole che Tristan beva un filtro di morte, decisa a berlo con lui per cancellare con la morte l’offesa. Ordina così all’ancella di portare di portare i filtri magici affidatigli dalla madre e di preparare la bevanda di morte. Entra Kurwenal annunciando che il viaggio è alla fine e di prepararsi dunque allo sbarco. Isolde si congeda amorevolmente da Brangäne e le dice di chiamare Tristan, che ora non avrà più scuse per negarsi. Quando Tristan arriva, Isolde le ricorda con durezza la viltà ed il tradimento, poi si calma e gli propone di bere alla riconciliazione ed all'oblio. Tristano capisce che oblio significa morte e dopo qualche attimo di esitazione beve, seguito da Isolde pronta a morire. Ma l’ancella Brangäne ha sostituito la bevanda di morte con un filtro d’amore. I due si guardano così in preda all’estasi, mentre l’equipaggio urlante annuncia l’approdo e l’arrivo di Re Marke. temendo che il cavaliere Melot, segretamente innamorato di Isolde, possa tendere una trappola per smascherarli. Ma Isolde non sente ragioni e spegne la fiaccola. Tristan entra precipitosamente e si getta tra le braccia dell’amata in un impetuoso amplesso. Dolcemente avvinti, i due invocano la notte perché custodisca il loro amore. Più tardi Brangäne li ammonisce che l’alba è vicina, ma gli amanti, trasportati dall’estasi, non le prestano ascolto. Al culmine della loro passione, l’ancella lancia un grido lacerante. Kurwenal entra con la spada sguainata per avvertire Tristan del pericolo. Subito giungono Melot e re Marke. Quest’ultimo di fronte ai fatti chiede con amarezza a Tristan come l’abbia potuto tradire. Tristan non può rispondere e si rivolge invece ad Isolde per chiederle se lo vuole seguire in esilio. Isolde gli risponde mostrandogli la via. Melot, accecato dalla gelosia sguaina la spada. Tristan accetta il duello, ma quando Melot gli oppone la lama si lascia colpire. La Trama ATTO II - Giardino del castello di Re Marke. Mentre è in corso una caccia reale, Isolde attende nella sua stanza l’ora propizia per incontrare Tristan. Quando spegnerà una fiaccola quello sarà il segnale per l’amante. L’ancella Brangäne l’invita però alla prudenza, ATTO III - Giardino del castello di Tristan a Kareol, in Bretagna. Tristan giace ferito, vegliato dal fedele Kurwenal, mentre la cornamusa di un pastore intona un triste lamento. Al suono familiare, pian piano Tristan riprende le forze e comincia a ricordare. Ma il ricordo fa più disperato il suo delirio, in una violenta lotta interiore. Poco dopo si placa e si abbandona sfinito. Ad un tratto il suono della cornamusa si fa più festosa per annunciare l’arrivo di una nave che porta Isolde. Tristan, si strappa le bende e le corre incontro, ma appena è tra le sue braccia muore. Dopo un ultimo saluto Isolde si accascia svenuta sul corpo dell’amato. Il pastore annuncia un’altra nave. Kurwenal, scorgendo con re Marke e Brangäne anche Melot ed i suoi guerrieri, pensa ad un assalto e si scaglia contro Melot uccidendolo. Ma è anch’egli colpito e muore vicino a Tristan. Re Marke inorridisce poiché, avendo saputo da Brangäne del filtro, era venuto per benedire l’unione dei due amanti. Isolde non ode le parole e fissando il volto di Tristan intona il suo ultimo canto, cadendo dolcemente tra le braccia di Brangäne e spirando sul corpo di Tristan. Il Giornale dei Grandi Eventi I Tristan und Isolde 5 Janice Baird e Anna Katharina Behnke Richard Decker e Louis Gentile Isolde, principessa d’Irlanda Tristan, ingannatore ed amante di Isolde T soprano Janice Baird (14, 16, 19, 21 novemristan è interpretato dai tenori Richard Decker (14, 16, 19, bre) e Anna Katharina Behnke (18, 22 no21 novembre) e da Louis Gentile (18, 22 novembre). Rivembre) prestano la voce a Isolde. Janice chard Deker, originario della Pennsylvania, ha studiato alBaird è una dei maggiori soprano di oggi per la Manhattan School of Music. Ha debuttato come Tamino ne Il quanto riguarda i ruoli drammatici, e in partiflauto magico alla Bronx Opera, perfeziondosi poi all’Opera Stucolare quelli delle eroine di Wagner e Strauss. dio di Zurigo. Da qui è stato ingaggiato come Ferrando in Così Le sue interpretazioni del ruolo di Brunhilde fan tutte a St. Gallen e Macerata. Si è specializzato come tenore le hanno fatto ricevere numerose segnalazioni eroico, debuttando in Tristan, in Die Soldaten, in Parsifal e Otello. come cantante dell’anno dalla prestigiosa riviE’ ospite abituale dei principali teatri, da Dussendorf a Napoli, a sta Opernwelt. Ha riscosso grandi successi coRoma, al Metropolitan di New York, Francoforte, Seoul. me Elektra (anche al Teatro dell'Opera di RoLouis Gentile è nato a New Haven, Connecticut, e ha studiato ma), Salome, Arianna in Arianna a Nasso, Orcanto a New York, ottenendo poi il primo premio all’Università trud nel Lohengrin. Cantante e attrice carismadi Siena e all’Opera Studio di Zurigo. Ha debuttato nel suo pritica, ha ottenuto grande successo anche come mo ruolo drammatico ne I Pagliacci alla Kammeroper di Vienna. Isolde, come Leonora nel Fidelio, come Turan- Richard Decker e Janice Baird Dal 1988 è ospite nei principali teatri del mondo e interpreta i dot, come Minnie ne La Fanciulla del West e principali ruoli da tenore drammatico. Tra i suoi ultimi impegni Lady Macbeth. operistici da ricordare Aida a San Diego, Tristan a Oslo e Salisburgo, Katharina Behnke, al suo debutto nel ruolo, è nata a Wuppertal, do- Tannhäuser a Vienna, mentre a livello concertistico, la Missa solemnis di po gli studi alla Scuola superiore di musica di Monaco, ha debuttato Beethoven a Chicago e il Lied von der Erde a Amsterdam. alla Kammeroper di Vienna come Susanna ne Le nozze di Figaro. Dopo un periodo di collaborazione con l’Opera di Bonn è stata chiamaMichele Kalmandy ta come artista ospite in ruoli principali a Praga, Karlsruhe, Basilea, Parigi, Essen, Trieste, Norimberga. Nel 2002 ha debuttato come Salome al Teatro alla Scala di Milano e come Arabella allo Châtelet di Parigi, poi, sempre come Salome, si è esibita a Tokio, al Bolshoi di Mosca e al Mariinski di San Pietroburgo. E’ Lo scudiero Kurvenal, compagno di Tristan Marianne Cornetti e Hermine May A Brangäne, fedele ancella di Isolde d interpretare Brangäne sono Marianne Cornetti (14, 16, 19, 21 novembre) e Hermine May (18, 22 novembre). Il mezzosoprano Marianne Cornetti, nata in Pennsylvania, ha conseguito un diploma in musica e canto alla Duquesne University, perfezionando i suoi studi al Cincinnati Conservatory of Music e alla Manhattan School of Music. E' diventata membro della Pittsburgh Opera Center, dove si è affidata alla guida del M° Capobianco. Ha un repertorio estremamente vario che include ruoli in Così fan tutte, Werther, il Matrimonio segreto, Hänsel und Gretel, il Barbiere di Siviglia, la Ragazza boema di Balte, l’Elektra, lo Zauberflöte, la Morte a Venezia di Britten e l’Happy End di Weill. Tra i premi ricevuti ci sono il Catherine Shouse/Wolftrap Opera Career Grant, il Shoshana Foundation "Richard F. Gold Career Grant" e il Pennsylvania Federation of Music Clubs Award (1990). Hermine May, nata in Romania ma cresciuta in Germania, si è affermata inizialmente interpretando il ruolo di Carmen in moltissimi teatri, dalla Germania alla Cina; negli ultimi an- Marianne Cornetti ni ha debuttato in ruoli quali Brangäne in Tristan und Isolde, Clairon in Capriccio, Kundry in Parsifal, Ortrud in Lohengrin, Dalila in Samson et Dalila, ed anche Santuzza in Cavalleria Rusticana, Ulrica ne Un ballo in maschera. Nella musica concertistica ha collaborato come solista, tra gli altri, con la Israel Philharmonic Orchestra e recentemente con la Filarmonica di Dresda. Pagina a cura di Diana Sirianni – Foto: Corrado M. Falsini il baritono Michele Kalmandy a prendere le vesti di Kurvenal. Nato in Romania, a sei anni ha iniziato gli studi di pianoforte e chitarra classica, diplomandosi in musica all’Academy G. Dima a Cluj-Napoca. Successivamente si è trasferito a Budapest, dove è diventato solista principale dell'Opera di Stato. Dopo il debutto al Teatro Verdi di Trieste come Nabucco, ha cantato nei maggiori teatri d’Europa. Tra le opere in cui si è esibito ricordiamo il Fliegende Holländer, Nabucco, Don Carlos, Falstaff, Il Trovatore, Macbeth, La TraMichele Kalmandy viata, Un ballo in maschera, Rigoletto, Aida, La forza del destino, Carmen, la Gioconda, Bluebeard’s Castle, La Fiamma, Fedora, Salome, la Cavalleria Rusticana, Le nozze istriane, Le Jongleur de Notre Dame, Tristan und Isolde, Lucia di Lammermoor, Don Giovanni. Rafal Siwek A Re Marke, aspirante sposo di Isolde d interpretare Re Marke è il basso Rafal Siwek, che dopo il diploma all’Accademia di Musica di Varsavia e lo studio con Kaludi Kaludow, ha vinto numerosi premi internazionali, incluso il Concorso Moniuszko di Varsavia (2001), il Concorso Belvedere di Vienna (2001) e il Concorso dell’Opera di Dresda (2002). Ancora studente, Siwek ha debuttato nel 2001 come Ferrando nel Trovatore al Wroclaw State Opera e, nello stesso anno, è stato al Warsaw Chamber Opera nel Flauto Magico, Don Giovanni, Die EntRafal Siwek fuhrung Aus Dem Serail, le Nozze di Figaro, il Barbiere di Siviglia l’Incoronazione di Poppea. Il repertorio concertistico di Siwek include impegni con le principali orchestre francese, olandese e polacche, con cui ha interpretato i Requiem di Mozart e di Verdi, la IX Sinfonia e la Missa Solemnis di Beethoven, lo Stabat Mater e la Petite Messe Solennelle di Rossini, lo Stabat Mater di Dvorak e Berliotz. 6 Tristan und Isolde L Mille difficoltà per la “prima” di Monaco Il Giornale dei Grandi Eventi Lo sfortunato debutto del Tristano a prima messa in scena di Tristano e Isotta il 10 giugno 1865 al Königliches Hofund Theater di Monaco, in Baviera, fu un parto doloroso. Fu il re Ludwig II di Baviera ad assumersi il ruolo di ostinato e zelante ostetrico, insistendo contro le mille, consuete titubanze di Wagner, che aveva tuttavia le sue buone ragioni per prendere tempo. Già nel 1862 aveva compiuto un un tentativo per far rappresentare Tristano e Isotta a Vienna, ma il progetto era naufragato a causa della mancanza di cantanti in grado di sostenere la difficilissima parte dei protagonisti. Nel 1865, almeno, questo problema sembrava risolto grazie ad una coppia di eccellenti cantanti: il tenore ventinovenne Ludwig Schnorr von Carolsfeld e sua moglie Malvina, soprano. Per scritturare i due il Re Ludwig in persona aveva dovuto chiedere il permesso al Re di Sassonia con il quale i due artisti avevano già firmato un contratto. Nonostante la corpulenta stazza, i due artisti si trasfigurarono completamente agli occhi di Wagner quando iniziarono Ludwig Schnorr von Carolsfeld, primo Tristan a cantare: con simili stupende voci, anche la loro imponenza fisica avrebbe contribuito a trasmettere emozione al pubblico. Una frase fuori posto Trovati finalmente gli interpreti, un nuovo problema fu causato da una frase infelice del direttore d'orchestra, Hans von Bülow, strenuo sostenitore e fedele collaboratore di Wagner. Il diretto- vampare immediatamente una campagna di stampa contro il direttore. A poco valsero le sue scuse, che affermavano di essersi riferito, con quella frase, ai critici anti-wagneriani e non certo al pubblico di Monaco. Il Re rimase impassibile di fronte alla trivialetta querelle e l'11 maggio, nel giorno della prova generale, promulgò un'amnistia per tutti gli stranieri che avevano preso parte ro di sollievo, per Wagner giunse la notizia fatale: Malvina Schnorr von C a r o l sfeld, l'interprete di Isotta, Koenigliches Nationaltheater di Monaco aveva pernorr von Carolsfeld, cui so la voce in seguito a era affidata la parte di un bagno di vapore. Tristano, portò la moTroppo tardi ormai per glie Malvina a Bad Reichenstall, per ristabilirsi e ritrovare la voce. Il grande giorno Ludwig e Malvina Schnorr von Carolsfeld a Monaco nel 1865 re, oltre che stremato dal lavoro musicale su Tristano, era anche esaurito per le sue tristi vicende familiari. La relazione adulterina di sua moglie Cosima con Wagner era in pieno svolgimento e la gente ne mormorava. Il 2 maggio, durante le prove pomeridiane, informato della necessità di togliere una trentina di poltrone di platea per far posto ad altri elementi d'orchestra, von Bülow esclamò: «Che differenza fa avere qui Schweitrenta nehunde (porci) in più o in meno?». Queste parole furono casualmente raccolte da un cronista del Neueste Nachrichten e fecero di- ai moti del '48; un palese favore verso Wagner, il quale, nel 1849 a Dresda, era salito sulle barricate a fianco a Bakunin. Il disastro Il giorno della prima, il 15 maggio1865, la catastrofe. Nella mattina bussarono alla porta di Wagner, alcuni ufficiali giudiziari che gli intimarono il pagamento immediato di 2400 gulden, il corrispettivo di un debito contratto anni prima e mai onorato. Per evitare il pignoramento del suo ricco mobilio, Wagner dovette abilmente intrattenere gli ufficiali giudiziari, mentre Cosima von Bülow si precipitava dal Re, che anche questa volta pagò senza batter ciglio. Tratto appena un sospi- cercare una sostituzione. Completamente distrutto, Wagner dovette far annullare la rappresentazione di gala prevista per la sera. Sui giornali di Monaco, solitamente malevoli nei confronti di Wagner, si avvicendarono versioni contrastanti: chi sosteneva che la barbara musica wagneriana avesse rovinato la voce di Malvina, chi invece portava avanti la tesi di un complotto per uccidere il musicista, chi attribuiva il tutto alle minacce subite da von Bülow per la frase sugli Schweinehunde. Tutti i giornali, comunque, gongolavano di fronte alla sfortuna che perseguitava Wagner e i suoi amici. La data della prima fu quindi spostata al 10 giugno. Nel frattempo, il tenore Ludwig Sch- Il giorno della prima era carico di tensione: si temevano disordini o altri infausti contrattempi. Il Re fece il suo ingresso nel palco reale vestito di una semplice marsina nera; non aveva voluto nessuno dei suoi familiari nel palco, affinché non disturbassero il suo estatico ascolto. Alla fine dell'impegnativa esecuzione, durata diverse ore ma svoltasi senza intoppi, il pubblico scoppiò in applausi, decretando il successo di un'opera che sarebbe divenuta una pietra miliare nella storia della musica. Qualche fischio volò all'indirizzo del palco di Wagner così come sui giornali, alcuni critici tra i più conservatori come Eduard Hanslick, espressero critiche velenose. Il più commosso di tutti fu il Re Ludwig, colui che aveva reso possibile la messa in scena del capolavoro nonostante le difficoltà tecniche, le malignità della stampa e le bizze degli artisti. Subito rientrato nei suoi appartamenti dopo la recita, scrisse a Wagner poche, adoranti righe: «Mio Divino! Che meraviglia! Perfetto! Così pieno di estasi! Naufragare…affondare - inconsapevolmente - suprema letizia! Eternamente fedele - fino alla tomba!». Andrea Cionci Il Giornale dei Grandi Eventi «U Tristan und Isolde 7 Analisi musicale Tristano, un fiume di note appassionate na stravaganza che doveva una volta essere compiuta, ma con la quale non bisognava giocare». Commentò così, anni dopo, Wagner la rivoluzione armonica messa in atto con il suo Tristan und Isolde. Un’affermazione volutamente equivoca quasi che il “gioco” messo in atto fosse in realtà involontario. Al contrario l’atto sovversivo fu tale che, com’è noto, la data del 10 giugno 1865, ovvero della prima esecuzione del Tristan und Isolde, è stata indicata come l’atto di nascita della musica moderna. rato utilizzo di cromatismi: si pensi alla ricchezza “armonica” dei madrigali di Gesualdo da Venosa, che suonano ancora oggi a tratti quasi espressionisti nel loro urtante movimento delle parti. Cromatismo, dunque, come sensualità e forza perturbatrice. E’ interessante ricordare ricordato, la tavolozza armonica era andata via via arricchendosi. Se il primo Beethoven non si era discostato molto dall’armonia di Haydn e di Mozart, nelle sue opere estreme si avverte, complice una più sofferta e totalizzante elaborazione e variazione motivica con intense soluzioni anche contrappuntistiche, un di- mento (quelli che al nostro orecchio, per intenderci, suonano più o meno dissonanti, ci danno cioè l’idea che debba succedere qualcosa subito dopo) e accordi di quiete (rassicuranti, di riposo). Un musicista di qualche tempo fa ricordava spiritosamente che quando la moglie voleva che lui si alzasse da letto, andava al che se si prende un’altra opera di Wagner, più o meno coeva, I Maestri Cantori di Norimberga (1859), il linguaggio musicale è totalmente diverso, assai meno corrosivo. Ciò dimostra che in Wagner è il “dramma” a condizionare la scelta musicale. E nel caso del “Tristano” l’amore impossibile fra i due amanti richiedeva un discorso sonoro di profonda e trascinante sensualità. Tristano ed Isotta è opera erotica, il grande duetto è fra i più straordinari, coinvolgenti e travolgenti inni all’amore del teatro di tutti i tempi. E Tristano ed Isotta non sono un amore idealizzato, ma vero, carnale, sentito, come quelli che viveva con trasporto Wagner. Ma il loro desiderio, il loro amore non poteva avere pace. Ed ecco, allora, subentrare l’altro elemento già presente nel Preludio, la sospensione nelle risoluzioni armoniche. Nell’arco dell’Ottocento, va scorso armonico spesso urtante e imprevedibile (si pensi alla stupefacente Fuga della Sonata op. 106). Con la generazione centrale del Romanticismo, l’armonia divenne un elemento portante del discorso, nel senso di un impiego sempre più raffinato per un’identificazione soggettiva del tema associato a un’idea, ad un sentimento. Se si prendono Chopin o Schumann, la tavolozza armonica è ricchissima. E sulla scia di Chopin si pose, naturalmente, anche Liszt, suocero di Wagner e suo diretto anticipatore se è vero che una volta dichiarò provocatoriamente: «Qualunque accordo può essere seguito da qualunque accordo». pianoforte, suonava un accordo “di movimento” (una settima di dominante) e lui sentiva l’impulso di alzarsi per andare a “risolvere” l’accordo lasciato in sospeso! Alla terza battuta, dunque, Wagner mette un accordo di movimento, ma non lo risolve. Lo avesse fatto seguire dal prevedibile accordo risolutivo, Isotta sarebbe morta dopo 20 secondi di musica e ci saremmo persi la più travolgente, ma anche lunga storia d’amore in musica. Invece, non solo Wagner fa saltare quell’accordo che il nostro orecchie presentiva, ma via via ne saltano molti altri e il discorso musicale si fa affannoso, interrotto, agitato, come agitato, tormentato è l’amore fra i due giovani. La rivoluzione wagneriana Cerchiamo dunque di capire la portata della rivoluzione wagneriana. E che di rivoluzione vera e propria si trattasse se ne resero conto gli stessi orchestrali quando iniziarono le prove: «Ho fatto suonare per la prima volta il Preludio e ora mi accorgo di quanto enormemente mi sia allontanato dal mondo negli ultimi otto anni», annotò Wagner nella sue Memorie. «Questo Piccolo Preludio fu per gli orchestrali così incomprensibilmente nuovo che dovetti addirittura guidare di nota in nota i miei uomini come alla scoperta di pietre preziose nella miniera». Cosa c’era di nuovo e di diverso? La novità stava nella combinazione esplosiva fra due elementi ampiamente storicizzati: il cromatismo e il ritardo nella risoluzione armonica. Da sempre il cromatismo è stato collegato all’idea della sensualità. Lo era ai tempi dei Greci, ad esempio, quando il genere cromatico e quello enarmonico erano considerati lascivi e contrari alla corretta morale. Inoltre, da sempre, il cromatismo è un elemento perturbatore di un ordine precostituito. Così era anche nel Rinascimento, quando il processo di superamento dell’antica modalità con il conseguente, lento approdo al sistema tonale fu messo in moto dall’esaspe- Il Preludio del Tristano L’intero Preludio del “Tristano”, dunque, gioca a confondere le carte dell’armonia classica, alterando l’equilibrio che solitamente esiste fra accordi di movi- Un fiume di note appassionate In più, in quel piccolo e travolgente Preludio, Wagner riunisce, cita, annuncia i vari Leitmotive che poi animano l’intera partitura, preparando pertanto un intreccio di elementi che poi costituisce l’humus principale dell’intero tessuto sinfonico dell’opera. I tre atti sono preceduti da altrettanti Preludi. Wagner lascia in questa partitura uno dei suoi esempi più mirabili di orchestrazione. E’ un’orchestra piena, colorita, imponente, capace tuttavia anche di leggerezze e di delicatezze. E la musica si piega così a evocare suoni della natura, a dar voce al mare, al mistero della notte, ai sentimenti più profondi. C’è la magia del filtro d’amore (annunciato da un Leitmotiv già nel Preludio). E poi c’è l’amore che gonfia la musica, la trasforma in un fiume di note appassionate, sublimi. C’è una pienezza melodica travolgente. Non è la melodia “italiana”, non c’è il lirismo alla Bellini, naturalmente. Ma Wagner fa cantare a piene voci e lo strumentale palpita, scavalca le voci stesse, incorporandole nel suo tessuto. Infine, la morte. Quella di Tristano e quella commovente, trasfigurata di Isotta che desidera solo ricongiungersi con il suo amato. La morte, nella tipica concezione romantica, vista come catarsi, come superamento del dolore e recupero di una pace superiore. «Nel flusso ondeggiante, nell’armonia risonante – canta Isotta – nello spirante universo del respiro del mondo, annegare, inabissarmi, senza coscienza, suprema voluttà». Nella morte di Isotta c’è il trionfo dell’amore superiore. Isotta e Tristano lasciano questa terra per ricongiungersi altrove e la musica di Wagner che sa di divino, di celestiale è lì con le sue armonie inquietanti, con le sue pienezze sonore a trasformare una semplice storia d’amore in un mito immortale. Roberto Iovino 8 P Tristan und Isolde Il Giornale dei Grandi Eventi I rapporti dell’opera con il lavoro filosofico che influenz L’intensità del Tristano e Isotta è l’intensità della Volo er Nietzsche, sodale quasi predestinato di Wagner, «Tristano e Isotta è il vero “opus metaphysicum” di tutta l’arte, un’opera da cui promana lo sguardo rotto di un morente, con la sua insaziabile, dolcissima nostalgia dei misteri della notte e della morte, remotissima dalla vita, una vita che riluce nel chiarore tagliente di un’aurora orrida e spettrale, in quanto essa è male, è inganno, è separazione». A suo riguardo, Nietzsche racconta in Ecce homo: «Dal momento in cui ci fu una trascrizione per pianoforte del Tristano, io fui wagneriano. Le opere precedenti di Wagner io le vedevo al di sotto di me – erano ancora troppo triviali, troppo “tedesche”... Ma cerco ancor oggi un’opera che abbia un fascino ugualmente pericoloso, che abbia un’infinità ugualmente raccapricciante e dolce come il Tristano - la cerco invano in tutte le arti. Tutti gli arcani di Leonardo da Vinci perdono la loro magia alla prima nota del Tristano. Quest’opera è senz’altro il non plus ultra di Wagner». Schopenhauer per la vita Come si vede, c’è qui una consonanza di Nietzsche con Wagner che maggiore non potrebbe essere, e di ciò è certamente causa la comune fede scho- La morte di Tristano penhaueriana. In precedenza, nel suo periodo socialista e anarchico, Wagner aveva avuto come filosofi di riferimento Feuerbach e Proudhon, ma poi era passato a Schopenhauer, e il Tristano e Isotta ripete, nella sua ispirazione e intensità, l’ispirazione e l’intensità della Volontà di vivere di Schopenhauer, forza cieca, irrefrenabile e onnipotente. Così essa è esposta nel Mondo come volontà e rappresentazione, e in particolare nel capitolo sulla “Metafisica dell’amore sessuale”. Quest’opera, di cui tutte le altre del filosofo tedesco si possono dire integrazioni, era stata donata a Wagner nel 1854 («dono del cielo!») dal poeta Herweg a Zurigo, dove Wagner si era rifugiato dopo il fallimento della sollevazione anarchica di Dresda del 1849 e dove aveva vissuto il grande amore per Mathilde Wesendonck, moglie del ricco commerciante svizzero presso il quale Wagner aveva trovato ospitalità. Questo amore gli aveva ispirato il Tristano e Isotta, che ebbe la prima rappresentazione a Monaco di Baviera nel 1865. Da allora Wagner rimase schopenhaueriano per il resto della vita, anche se invece, da parte sua, Schopenhauer, che dannoso sulle cose più importanti, interrompe le occupazioni più serie, getta in confusione anche le menti più grandi, si introduce con le sue smancerie fra le trattative degli uomini di Stato e le ricerche dei dotti, intrufola i suoi bigliettini zuccherosi e le sue ciocche di capelli nei portafogli ministeriali e nei manoscritti filosofici, ordisce le mene peggiori e più aggrovigliate, fa sciogliere i rapporti più preziosi, spezza i legami più saldi, immola a sé talvolta la vita o la salute, talvolta la ricchezza, il rango e la felicità, rende senza coscienza chi era prima onesto e traditore chi era stato fino allora fedele». Un’opera che influenzò tutta la cultura occidentale Arthur Schopenhauer amava soprattutto Bellini, Rossini e Mozart, non divenne wagneriano. L’amore secondo Schopenhauer Dopo le rivoluzionarie, ma pacate negazioni kantiane degli articoli di fede e di ragione fino allora più fortemente creduti, Schopenhauer irrompe sulla scena filosofica con la sua “volontà di vivere”, che soggioga la ragione e se ne fa sgabello per i suoi fini. La “volontà”, perpetuamente assetata di vita, agita tutto, e agita in particolare i membri della specie umana, ispirando loro la passione d’amore. Questa passione irresistibile e inestinguibile li spinge a ricercare e unirsi coi membri del sesso opposto per godere, come credono, di una perenne felicità, ma in realtà per assicurare la propagazione della specie. L’amore sessuale «è il fine ultimo di quasi ogni aspirazione umana, esplica un influsso E’ Nietzsche rimprovera a Schopenhauer di non aver mai sviluppato (mutato) la visione iniziale, che secondo lui è la visione romantica di un ventiseienne e non Schopenhaue Due edizioni per “Il Mondo com sicuramente il capolavoro del filosofo tedesco Arthur Schopenhauer “Il Mondo come volontà e rappresentazione”, tanto da registrare tre edizioni tra il 1819 ed il 1859. Il senso rivoluzionario Arthur Schopenhauer – Il mondo come volontà e rappresentazione – 2 volumi (pag. 879 + 909) - Rizzoli BUR, 2002 - € 30,00 dell’opera sta nella concezione della volontà metafisica, considerata come il vortice inarrestabile che governa il tutto e da cui la volontà umana può liberarsi solo autosopprimendosi, per raggiungere in tal modo la beatitudine. Precedentemente gli altri filosofi partivano dal mondo per spiegare l’uomo, ma poiché solo l’uomo conosce la realtà dal di dentro oltre che dal di fuori, Shopenhauer parte dall’uomo per spiegare il mondo. Un’opera che ha riscosso una grande fortuna ed è stata di ispirazione non soltanto in ambito strettamente filosofico con Nietzsche e Bergson, ma anche nella musica, nella letteratura e nell’arte con Wagner, Tolstoi e Il Giornale dei Grandi Eventi Tristan und Isolde 9 zò Wagner ontà schopenhaueriana un pensiero per persone adulte. Ma la concezione di Schopenhauer pretende di cogliere le prime e ultime cose sub specie aeternitatis, sicché essa poteva essere smentita o confermata, non trasformata. Comunque la gioventù, con la sua malinconia, il suo romanticismo e il suo pessimismo esagerato, parossistico, ma non certo infondato, c’è, ma c’è insieme con una costruzione concettuale che, anche se le basi sono dovute a Kant, rimane una delle più mirabili della storia della filosofia, servita com’è anche da uno stilista, artista e moralista di prim’ordine. Come tale, essa ha esercitato un influsso enorme nella cultura occidentale (Wagner, Nietzsche, Thomas Mann, Einstein, Kafka, Gide, Borges, Marx, Tolstoj, Freud, Gehlen, Horkheimer ecc.). Qual è il suo segreto? 1) Quel- lo di fondarsi, come il sistema kantiano, sull’esperienza, ma, a differenza di questo, di interpretare anche l’esperienza come un tutto e di oltrepassarla, sul suo stesso slancio e senza mai perderne il contatto, in quanto essa non è autosufficiente e non si spiega da sé, donde la necessità della metafisica; 2) quello di correggere la mutilazione a cui Kant si era fermato (l’uomo non può fuoruscire dal fenomeno), aggiungendo un altro modo, interno, diretto, di fare esperienza della vita come “volontà”, cioè attraverso il proprio corpo. Rappresentazione come unità di soggetto ed oggetto In base alla doppia conoscenza che noi abbiamo del nostro corpo: una volta come oggetto della mente al pari di tutti gli altri oggetti, e er in libreria me volontà e rappresentazione” Mann, in psicoanalisi con Freud, in antropologia con Gehlen e nell’indagine critica della società con Horkheimer. I due libri che presentiamo, sono la stessa traduzione della massima opera di Shopenhauer, curata da Sossio Giametta, uno dei maggiori studiosi europei della filosofia tedesca del XIX secolo, autore della traduzione di diversi filosofi tra i quali quasi tutto Nietzsche. Il primo libro ha presentato l’opera, in forma economica, fin dal 2002 per i tipi della Biblioteca Universale Rizzoli ed ha già avuto una seconda edizione nel 2003. Il secondo volume, fresco di stampa per i tipi della Bompiani, nelle sue 2500 pagine, oltre il testo origi- nale tedesco a fronte, è completato da una interessante bibliografia sugli studi degli ultimi 50 anni sulle tematiche relative al Mondo e da due preziosi indici di 68 pagine dei Termini e dei Nomi. Arthur Schopenhauer – Il mondo come volontà e rappresentazione – (pag. LXX 2288) - Edizione con testo in tedesco a fronte ed indici dei Termini e dei Nomi – Bompiani, 2006 - € 42,00 Tristano beve la pozione d'amore con Isotta di John Duncan 1912 un’altra come oggetto della coscienza, noi possiamo attribuire la doppia e coincidente realtà che ne risulta anche a tutte le altre cose e al mondo stesso. Questo diventa così un macroantropo (fatto come l’uomo solo di volontà e rappresentazione), mentre per gli altri filosofi era l’uomo che diventava un microcosmo. Pur avendo genialmente indagato le forme a priori della conoscenza nel soggetto: spazio, tempo e causalità, Kant aveva appuntato la sua attenzione sull’oggetto, la “cosa in sé”, che in quanto non è la cosa in noi, non potrà mai essere da noi conosciuta. Ma non era arrivato a proclamare: nessun oggetto senza soggetto. Lo fa Schopenhauer, che parte dunque non dall’oggetto, ma dalla rappresentazione come unità inscindibile di soggetto e oggetto. In base a questa innovazione, egli coglie importanti verità e risolve secolari problemi filosofici. Combinando questa innovazione con l’analisi della co- scienza, cioè con l’accesso interno alla cosa in sé (la “volontà”), arriva a una “decifrazione del mondo” quale in filosofia non c’era mai stata. Di essa fa parte integrante la definizione dei limiti della nostra conoscenza: noi potremo sempre e solo conoscere ciò che si dà nell’esperienza, ossia ciò che ricade sotto il principio di ragione. Non potremo invece mai conoscere la volontà stessa, le idee platoniche, che l’arte ci mostra, il soggetto, «che tutto conosce e da nessuno è conosciuto», la materia, che si può pensare ma non intuire, se non come materia specifica. Perché queste cose sono fuori del tempo, dello spazio e della causalità. Non potremo mai rispondere alle domande: qual è l’inizio del mondo e quale sarà la sua fine? perché le cose sono come sono? perché esiste il male? perché esistiamo noi? qual è il senso della vita e del tutto? ecc. Problemi rimasti confusi e irrisolti vengono chiariti e genialmente risolti, so- prattutto quello del primato dell’intelletto o della volontà (della vita, della realtà). Prima esso era stato sempre attribuito alla mente, alla ragione. Per Schopenhauer invece la mente è strumento della volontà, organo tra gli organi, con la funzione di cercare il nutrimento e l’occorrente per vivere, e la ragione non è, come per gli idealisti, una capacità del sovrasensibile, ma un elaboratore delle intuizioni dell’intelletto, che senza questo input è come un computer vuoto. Con Schopenhauer giunge così al culmine un’antica lotta, affrontata dai filosofi tedeschi fin dai tempi di Eckhart e Böhme, contro l’astrazione e le generalizzazioni che mortificano la vita. Dopo di lui, la filosofia non comincerà più con la coscienza ma con la “volontà”, cioè la vita, per continuare nella stessa direzione con Nietzsche, la nuova antropologia filosofica, le filosofie della vita e l’esistenzialismo. Sossio Giametta Scrittore e traduttore Tristan und Isolde 10 Il Giornale dei Grandi Eventi L’influenza di Mathilde Luckmeyer Wesendonk sella genesi del “Tristano” «L Wagner e le sue Isotte a mia arte ha avuto sempre da lodarsi de’ cuori muliebri, e ciò deriva senza dubbio dal fatto che fra tutta la volgarità regnante riesce sempre ormai difficile alle donne far indurire così completamente le loro anime come è il caso dei nostri politicanti del sesso forte. Le donne sono veramente la musica della vita…». E’ un passo di una lettera di Wagner a Theodor Uhlig da Zurigo il 27 dicembre 1849. Wagner ha sempre goduto di particolari attenzioni femminili. Sarà stata la sua musica, passionale e seducente, la galleria delle sue eroine mitologiche o, più probabilmente, la personalità vivace, scapestrata, rivoluzionaria; fatto sta che oltre alle due mogli ufficiali, Minna Planer e Cosima Liszt, il grande musicista si circondò di un nugolo di ammiratrici. Fra queste, certamente la più celebre fu Mathilde Luckmeyer Wesendonk, nata nel 1828, moglie di un ricco commerciante svizzero presso il quale Wagner trovò ospitalità durante il suo esilio. Mathilde e Wagner si incontrarono probabilmente in casa di amici a Zurigo nel 1851. L’amore scoppiò nel 1854. Mathilde Wesendonk Wagner identificò l’idillio con quello di Siegmund e Sieglinde del suo “Anello”, come attestano le allusioni a Mathilde, sotto forma di Villa Wesendonk iniziali decifrate nel manoscritto del primo atto di Walkiria. Dall’Anello al Tristano Improvvisamente Wagner mise da parte la c o m p o s i z i o n e dell’“Anello” e si gettò a capofitto in quella del “Tristano” di cui completò il poema nel settembre 1857. Il 18 settembre Wagner lesse a Mathilde il poema. Convinta di essere la vera ispiratrice del dramma, la donna si commosse, strinse fra le braccia Richard e gli disse (secondo una testimonianza, non sappiamo quanto attendibile, di Wagner stesso): «D’ora in poi non avrò altri desideri e non mi resta altro che morire». Sulla reale influenza esercitata da Mathilde sulla genesi del “Tristano” esistono tuttavia non pochi dubbi. «Wagner – ha scritto ad esempio il biografo Ernst Newman non ha mai permesso che le donne influenzassero la sua arte. Sono al contrario i bisogni della sua arte che lo portano incessantemente a idealizzare la donna che, in quel momento, pare armonizzare nel modo più perfetto con il suo mondo interiore… La sua vita non ha mai determinato la sua arte tanto quanto la sua arte ha colorato la sua vita». Pochi giorni dopo, Wagner lesse il poema in casa sua davanti ad alcuni amici. C’erano la moglie Minna, i coniugi Wesendonk e il direttore d’orchestra Hans von Bulow con la giovane moglie Cosima figlia di Franz Liszt. Un quadretto francamente divertente: c’erano infatti, inconsapevolmente riunite, la moglie ufficiale, l’amante e la futura seconda moglie di Wagner, Cosima, appunto. Il 23 dicembre per il compleanno di Mathilde, approfittando che il marito Otto era in viaggio, Wagner organizzò una serenata davanti alla villa. E il 31 dicembre le offrì lo schizzo del “Tristano” (primo atto) dedicandole questi versi: Felice beato, al dolore strappato, in purezza e libertà, tuo per l’eternità d’Isolde e Tristan i lamenti, e le rinunce, in casti aurei accenti, i loro baci e lacrime amare ai tuoi piedi voglio lasciare acciocchè l’angelo possan lodare, che tanto mi seppe innalzare! Il 6 aprile 1858 Wagner si recò in casa Wesendonk. Mathilde era in compagnia di due amici, uno dei quali il letterato Francesco De Santis. In to di piombare in camera mia per farmi i più straordinari rimproveri in seguito alla terribile scoperta che credeva d’aver fatto…». La fiamma dell’amore fra Mathilde e Wagner gradualmente si spense negli anni successivi, quando i due amanti dovettero vivere lontano, mantenendo per lungo tempo solo un rapporto epistolare. Wagner compose i celebri Wesendonk Lieder su testi poetici della donna amata. E qua e là nelle sue lettere fece riaffiorare la sua antica passione, anche se a Mathilde seguirono altre, rapide infatuazioni. L’amore per Mina comunque sfiorì e la moglie, infelice e ammalata di cuore, indirizzò alla rivale un biglietto significativamente duro: «Debbo dirle con il cuore uno slancio di gelosia, Wagner si gettò a capofitto in una violenta discussione con la donna a proposito del Faust di Goethe. Probabilmente trascese se la mattina dopo si sentì in dovere di indirizzare a Mathilde una lettera di otto pagine, condita di dolcezze e di richieste di perdono. Sfortunatamente la lettera finì nelle mani di Minna che fece al musicista una vera e propria scenata come ha ricordato ironicamente lo stesso Wagner nelle sue fantasiose “Memorie”: «Mia Cosima Wagner moglie da qualche sanguinante che lei è riutempo aveva cominciato a scita a separare mio marito mostrarsi insoddisfatta dei da me, dopo quasi ventidue suoi rapporti con la nostra anni di matrimonio. Possa vicina; … e soprattutto troquesta nobile azione contrivava che nei nostri rapporti buire alla pace del suo spidi vicini di casa, le visite delrito e alla sua felicità». la nostra amica fossero assai Nel 1866 Minna si spenpiù per me che per lei. Tutse e poco dopo nella vita tavia, veri e propri sospetti di Wagner entrò Cosima, di gelosia, Minna finora non la sua seconda moglie. ne aveva ancor manifestati. Da notare che sia Otto Ora trovandosi quel mattino Wesendonk, sia Hans in giardino, ella s’imbatté von Bulow furono fra gli per caso nel mio invio, lo tolamici più stretti di Wase dalle mani del domestico e gner, pronti non solo ad aprì la lettera. Assolutamenammirarlo, ma ad aiute incapace di comprendere tarlo concretamente. lo stato d’animo espresso in Wagner, insomma, proquelle righe, ella si attenne vava una particolare attanto più fermamente ad un trazione per le mogli detriviale significato letterale, gli amici più fedeli! quello che a lei era consueto e si credette perciò in diritRoberto Iovino Il Giornale dei Grandi Eventi Tristan und Isolde 11 La visione del mondo del filosofo tedesco Amore e pessimismo nella filosofia di Schopenhauer D el filosofo tedesco Arthur Schopenhauer, due tesi sono molto popolari: il pessimismo radicale e la denuncia del carattere mistificatorio dell’amore. Sono noti molti degli aforismi concisi e pungenti con cui egli si riferiva a questi argomenti, come per esempio quello che recita: «La vita umana è un continuo oscillare fra il dolore e la noia», o quello che smaschera la finta sublimità del sentimento amoroso: «Ogni innamoramento, per quanto etereo voglia apparire, affonda sempre le radici nell’istinto sessuale […] Se la passione del Petrarca fosse stata appagata, il suo canto sarebbe ammutolito». Ma cominciamo dall’inizio, e precisamente da Danzica, dove nel 1788 si apre la vicenda biografica di Schopenhauer. Figlio di un ricco commerciante di origine olandese, nell’infanzia viaggiò molto e apprese diverse lingue, anche nella prospettiva di subentrare al padre nell’attività com- Schopenhauer in una caricatura merciale. Tuttavia nel 1805 la morte improvvisa del genitore (vicenda inquietante, visto che si trattò forse di suicidio) impresse alla vita di Schopenhauer una nuova direzione. Trasferitosi a Weimar insieme alla madre scrittrice, fu introdotto da quest’ultima nei circoli letterari di Wieland e Goethe. Egli però non approvava né la vita mondana, né la condotta della madre, che giudicava immorale. Nel periodo di Weimar condusse una vita solitaria, completando le proprie conoscenze dei classici latini e greci, e iniziando lo studio delle filosofie orientali. Iscrittosi a medicina, nel 1811 si trasferì nella facoltà di filosofia dell’università di Berlino, dove seguì i corsi di Schleiermacher e di Fichte. Nel 1813 conseguì la laurea, con una tesi su La quadruplice radice del principio di ragion sufficiente. La carriera accademica a cui lo studioso si avviò fu piuttosto infelice. La fortuna delle sue opere fu molto tarda: per esempio, egli dovette aspettare vent’anni prima di vedere ripubblicata la sua opera maggiore, Il mondo come volontà e rappresentazione, che era stata data alle stampe nel 1819. E’ leggendario Arthur Schopenhauer in un ritratto giovanile il suo conflitto velo ingannevole delcon Hegel, che all’epoca l’apparenza, si scoprirà regnava incontrastato alche la realtà è fondata e l’università di Berlino. dominata da una forza Nostante il contrasto irrazionale e cieca, che personale, Schoaspira esclusivamente penhauer riuscì a consealla propria affermazioguirvi la libera docenza; ne e perpetuazione: egli ma i suoi corsi (tenuti la chiama “volontà”. La nello stesso orario di volontà si oggettiva nel quelli di Hegel) ebbero mondo secondo gradi scarso successo, tanto da diversi: al grado più basfargli abbandonare l’inso si trovano le forze gesegnamento dopo un senerali della natura (come mestre. la forza di gravità o il Lasciata Berlino, il filomagnetismo); seguono sofo viaggiò ancora, in quindi, in un processo Svizzera, Italia e Germaascendente, le forze che nia; tornò a Berlino nel governano la vita delle 1825, con l’intenzione di piante e degli animali; riprendere i corsi: ma lo infine, nell’uomo, la voscarso seguito e l’epidelontà diviene ragione, mia di colera del 1831 lo agisce secondo motivi indussero a rinunciare determinati. Ma questa definitivamente alla carstessa volontà, oggettiriera accademica. Finalvatasi nei singoli esseri, mente, nel 1833 si stabilì si trasforma nello stesso a Francoforte, dove tratempo nel principio di scorse il resto della sua una lotta feroce tra gli vita (che si concluse nel egoismi individuali; una 1860). lotta perenne e senza alNon si sposò mai, e la tro scopo che quello delfama di misantropo che l’autosopravvivenza. egli si guadagnò, non è certo immeritata. Gli studiosi sono concordi nel La concezione considerare Schodell’amore penhauer come uno dei principali teorici del pessimismo nell’età moderIl conflitto è anche l’esna.. e, in effetti, la sua senza dei rapporti umaspeculazione non lascia ni, ma a differenza degli scampo! animali, gli uomini danno spesso una giustificaLa realtà dominata zione razionale ai loro dalla volontà impulsi, rivestendoli di un’apparenza logica. Si Schopenhauer sostiene tratta naturalmente solo che una volta sollevato il di un’illusione! Anche i sentimenti più nobili non sono in realtà quello che sembrano; per esempio l’amore, lungi dall’essere una delle emozioni moralmente più elevate che l’animo umano possa sperimentare, non è che un’“astuzia” della natura che mira alla continuazione della specie: «Ogni innamoramento, per quanto si atteggi ad etereo, è radicato esclusivamente nell’istinto sessuale [… ]. Ciò che alla fine attira con tanta violenza due individui di sesso diverso è la volontà di vivere dell’intera specie. Uomini e donne, finché la vecchiaia non li abbia ridotti ad un’esistenza quasi vegetale, si abbandonano incessantemente all’infaticabile ricerca del compagno loro conveniente». Dunque, una più onesta considerazione della realtà individuerà come suo fondamento una tensione che si ripropone costantemente, imponendo all’individuo dei bisogni, la cui soddisfazione non è mai duratura. La volontà, in quanto desiderio di qualcosa che deve ancora essere raggiunto, è privazione, e quindi dolore e sofferenza. Tuttavia, una volta ottenuto l’oggetto desiderato, la soddisfazione si rivela non essere che momentanea e si traduce subito in noia. Quando è placato il bisogno, e con esso la volontà che lo sostiene, la vita, che non è altro che volontà, appare come svuotata e priva di senso. Così, l’esistenza si dispiega come una penosa altalena tra due mali, la privazione e la noia. L’esistenza dell’uomo è caratterizzata dall’infelicità al punto che Schopenhauer afferma: «Se a un Dio si deve questo mondo, non ci terrei ad essere quel Dio: l’infelicità che vi regna mi strazierebbe il cuore». Diana Sirianni Tristan und Isolde 12 «F Il Giornale dei Grandi Eventi Il sentimento contrastato nelle trame d’opera e nella letteratura Amori ostacolati, esperienze travolgenti ratelli, a un tempo stesso, Amore e Morte/ ingenerò la sorte». Si esprimeva così il più grande dei nostri Romantici in apertura del ventisettesimo dei suoi Canti. Giacomo Leopardi aveva il coraggio di fissare negli occhi "l'arido vero" e contemporaneamente subire il fascino della bellezza, sapeva sentire la verità della Morte e insieme aspirare al sogno dell’Amore in un unico atto creativo, fondendo mirabilmente Realismo e Romanticismo nella sua immensa poesia. Se l’Ottocento romantico è il momento del trionfo in letteratura del tema dell’amore impossibile, irraggiungibile, presago di morte, fin dalle sue origini la poesia, con la sua capacità di conciliare i mondi più lontani e di esplorare gli abissi dell’animo umano ed i suoi irrisolvibili conflitti, ha celebrato l’inscindibile binomio Eros e Thanatos. stano ed Isotta, in genere considerata capostipite di quel filone di amore e morte che troverà nel romanticismo il suo apogeo, ha degli antenati anche nel lontano mondo della mitologia classica. Le antiche leggende riconducibili allo schema dell’amore impossibile sono molte, ma la più suggestiva, la più enig- ta, tradendo il patto fatto con Ade. Amore occidentale velato di sofferenza In genere tuttavia, l’amore nel mondo greco e latino è gioioso, dionisiaco, e raramente si sposa con l’idea di morte. L’amore occidentale, invece, dalle sue origini cortesi, ap- Liberata. Il tema dell’amore irrealizzabile qui diventa una vicenda straziante, narrata dal Tasso con partecipazione commossa. Nel momento culminante dell’uccisione di Clorinda, il motivo guerresco e quello amoroso si fondono in toni sensuali che possono far pensare insieme ad una punta di sadismo e ad una metafora sessuale: «Ma ecco omai l'ora fata- Il massimo della separazione è la morte Tristano e Isotta, Romeo e Giulietta, Paolo e Francesca, sono soltanto i più noti fra una miriade di amori ostacolati od irrealizzati, ma soprattutto alimentati da una mai sopita nostalgia. Anzi, nella maggioranza dei casi sono proprio la lontananza, il distacco a rendere possibile il perdurare dell’amore. L’amore sussiste solo se c’è l’ostacolo e il massimo dell’ostacolo-separazione è proprio la morte: a questo sembrano tendere i due amanti, questo sembra essere il fine del sentimento che li unisce. «Mi ama tanto che la morte ama», dice Isotta dalle bianche mani. E Tristano non riesce staccarsi da lei con la mente, cosa che sembrerebbe l’unica soluzione, vista l’impossibilità di essere vicini: «Son legato alla Regina: son legato a questa donna! E’ così: non so lasciare e non so dimenticare!». In realtà la vicenda di Tri- Il bacio di Tristano ed Isotta di Gustav Klimt matica ed inquietante è il mito di Orfeo e Euridice. Per lo più banalizzata in molte delle numerosissime rivisitazioni moderne, spesso edulcorata con un lieto fine, la storia originalmente raccontata da Ovidio e Virgilio conserva tuttora una grande potenza evocativa ed una carica problematica maggiore rispetto a quella di altri miti apparentemente analoghi. Difficile ancor oggi dare un’interpretazione a quel distacco definitivo e ineluttabile di Euridice che svanisce nel momento stesso in cui Orfeo - non resistendo alla tentazione di guardarla mentre s’incammina per lasciare l’Oltretomba e tornare sulla terra - si vol- pare fondamentalmente legato al distacco, alla sofferenza. E’ un sentimento che esige l’assenza e l’idealizzazione di chi si ama, un desiderio fine a se stesso che il più delle volte rimane inappagato. Così cantano l’amore i trovatori provenzali e i nostri poeti della scuola siciliana, che adorano la donna con tensione mistica, con una dedizione totale, pervasa da un senso di morte quale fuga dalla realtà quotidiana, difficile e banale. Per non parlare degli Stilnovisti, che addirittura sublimano la figura femminile rendendola angelica. Amore e Morte trovano, poi, uno dei vertici più sublimi nella poesia italiana nel “Combattimento di Tancredi e Clorinda” della Gerusalemme le è giunta/ che 'l viver di Clorinda al suo fin deve./ Spinge egli il ferro nel bel sen di punta/che vi s'immerge e 'l sangue avido beve;/ e la veste, che d'or vago trapunta/ le mammelle stringea tenera e leve,/ l'empie d'un caldo fiume». L’amore nella letteratura moderna Tralasciando il Settecento razionalistico e dunque meno votato alla passione amorosa, voliamo avanti agli ultimi due secoli, che ci hanno lasciato ancora numerosissime versioni diverse dell’eterna vicenda dell’amore impossibile. In Francia il tema è stato l’ingrediente principale, per esempio, di alcuni racconti di Flaubert (Passione e virtù), Stendhal (San Fran- cesco a Ripa), Zola (Nantas), giù giù fino al bellissimo romanzo breve di Marguerite Duras, L’Amante, in cui per una volta è l’uomo ad essere impossibilitato ad unirsi per sempre all’amata, giovane e povera, perché già promesso sposo di una donna ricca; o al recente Attentato, di Amelie Nothomb, moderna favola dell’amore irrealizzabile calata, con l’umorismo sottile che contraddistingue sempre l’autrice, nell’odierna società attenta solo alle apparenze. Nel mondo Anglosassone scrissero di unioni impossibili George Eliot (Il mulino sulla Floss), Dickens (Il nostro comune amico) ed in fondo fu forse un sentimento proibito e quindi disperato, perché rivolto ad una bambina, quello che spinse Lewis Carroll a scrivere Alice nel Paese delle Meraviglie. Nello stesso filone dei desideri perversi e dunque irrealizzabili verso i giovanissimi si possono collocare allora anche altri due capolavori quali La morte a Venezia di Mann, e più tardi Lolita di Nabokov. Fra gli italiani ci limitiamo a citare a titolo di esempio Le ultime lettere di Jacopo Ortis (che a sua volta ricalca la vicenda dell’amore sofferto del Werther di Goethe), ma anche Storia di una capinera di Verga, Daniele Cortis di Fogazzaro, Senilità di Svevo e Un amore di Buzzati. Tutte storie suggestive e coinvolgenti proprio in quanto incentrate sulla fusione di amore e morte, simbiosi e separazione, desiderio di possesso e assenza… Perché, come scrisse Hemingway in Morte nel pomeriggio - quasi a dettare una regola, si spera, più della finzione letteraria che della vita vera - «Se due persone si amano non può esserci per loro una fine felice». Perchè, come notò Freud «è l’assente a perturbare e a rinfocolare il desiderio». Perché, infine, vivere l’amore significa spostarlo sempre più in avanti vivendo, … fino alla morte. Ines Aliprandi Il Giornale dei Grandi Eventi L Tristan und Isolde 13 La storia della leggenda di Tristano ed Isotta Un mito che ha appassionato in ogni epoca e passioni cavalleresche, le gesta eroiche, gli incantesimi, i destini di Tristano ed Isotta attraversano i secoli. I due amanti ci raccontano non soltanto una storia d’amore, ma anche l’evoluzione di un mito. Le origini della leggenda si perdono nei racconti attorno al fuoco delle popolazioni celtiche che abitavano le terre di Galles e di Bretagna. L’anima sognatrice, compenetrata di sacralità dei Celti partorisce un racconto che diventa parte fondante della tradizione orale. Il passaggio dalla parola alla carta, però, non è immediato, e bisogna aspettare il 1170 per avere una prima trascrizione ad opera del poeta anglo-normanno Thomas d’Angleterre: del suo Tristram, profondo e raffinato, rimangono pochi versi. Sarà qualche anno dopo il giullare Béroul a redigere un’avventura più resistente alle ingiurie del tempo, ma anche più rude nelle forme e nei contenuti. Di questo Tristano popolare arrivano a noi circa 4500 versi che costituiscono la straordinaria testimonianza di una lingua d’Oil pensata per il pubblico. Attraversata la soglia del XIII secolo, le avventure di Tristano scavalcano i confini della Francia e si riversa- I no su tutta l’Europa delle corti medievali. I poeti tedeschi sono i primi ad essere affascinati dall’onnipotenza e dalla fatalità dell’amore trasmessi dalla storia, e cominciano ad occuparsene. Goffedo di Strasburgo traduce l’opera di Thomas, l’approfondisce e la reinterpreta, dando al Tristano normanno, frammentario e decontestualizzato, anche una nascita, una morte ed un profilo psicologico di grande spessore. Sul finire del 1300 la leggenda di Tristano è già sulle penne dei poeti e sulle bocche dei cantori di Spagna e di Italia: attorno alla metà del secolo fa la sua comparsa un “cuento de Tristan” in aragonese, mentre nel V canto della Divina Commedia Virgilio mostra a Dante un Tristano “lussurioso”, insieme alle altre anime «ch’amor di nostra vita dipartille» (Inferno, V, 69 - che un amore mal con- cepito costrinse a uccidersi), o Petrarca al 33 verso del primo canto del suo Trionfo d’amore: «ch’anzi tempo ha di vita Amor divisi». Nel corso del Rinascimento i personaggi del mito cominciano a perdere di fascino, e ben presto sono costretti a farsi da parte per far posto alle più immediate e vivaci avventure di Lancillotto e Ginevra e degli altri personaggi Arturiani. Un capitolo della Morte di Artù dell’inglese Thomas Malory dedicato alla passione di Tristano ed Isotta contribuisce a tenere accesi i riflettori sulla leggenda. La passione drammatica, i riferimenti mitologici, l’ineluttabilità del destino: tra il XVIII e il XIX secolo i romantici tedeschi riscoprono le vicende dei due amanti infelici e non possono che appassionarvisi. Tra poemi e drammi scrivono delle gesta di Tristano August Schlegel, Friedrich Ruckert, Hermann Kurz, per arrivare infine a Richard Wagner, che dall’antica leggenda celtica trae un’ispirazione Strenne di Natale - Novità in libreria Sinfonia Gastronomica, ovvero lo stretto rapporto tra i piaceri della musica e della cucina l nostro collaboratore, il musicologo Roberto Iovino ha appena pubblicato con Ileana Mattion un nuovo libro per la “Viennepierre edizioni” di Milano che sarà in libreria nei prossimi giorni. Si tratta di Sinfonia gastronomica, un viaggio nei secoli fra musica, eros e cucina. Il volume ha una impostazione musicale e si sviluppa nei tempi di una sinfonia. Nel “primo tempo” (Allegro con moto) Iovino e Mattion raccontano il rapporto fra musica e cucina partendo dal banchetto dei greci fino ai fast food odierni. Dedicano poi la seconda parte (Andante con variazioni) alla presenza di banchetti e brindisi nella librettistica: «… nel teatro, trasfigurazione della realtà, un brindisi o una cena hanno rappresentato spesso i momenti culminanti di una vicenda. È durante un brindisi che Alfio sfida Turiddu e che nasce l’idillio fra Violetta Valery e Alfredo Germont. Ed è mentre gusta cibi mortali che Don Giovanni viene sprofondato nell'inferno». Il terzo movimento (Scherzo) ritrae un’ampia schiera di musicisti a tavola, da raffinati gourmet come Rossini, Haendel, Brahms, Verdi e Mascagni a inappetenti come Paganini. Nel Rondò i due autori invitano i lettori a un banchetto e propongono diversi menù di epoche differenti, abbinando ai piatti alcuni ascolti musicali. Mi. Mar. spontanea e compone un melodramma intenso e passionale. I personaggi Tristano – Che si chiami Tristan, Tristram o Tristano, che faccia la sua comparsa nelle liriche di un troviere francese o nel melodramma di un compositore tedesco, il personaggio principale del mito appare sempre come un’anima genuina, limpida, ma oppressa tragicamente dall’amore fatale. Figlio di Riwaalen, re del Loonois e di Biancofiore, sorella del re Marco di Cornovaglia, Tristano, “il triste”, porta nel nome il suo destino. Il padre spodestato ed ucciso, la madre morta di parto, Tristano viene allevato in tenera età da un personaggio di nome Governale, e raggiunta l’adolescenza si trasferisce in Cornovaglia alla corte di suo zio Marco, che lo considera come un figlio e ne apprezza l’uso delle armi e l’abilità nel suonare l’arpa. Ma le doti cavalleresche del giovane si trovano ben presto a fare i conti con la legge dell’amore, che è in grado di vincere e schiacciare il diritto, la moralità, e persino l’onore, valore supremo del mondo cortese. Tristano occupa il ruolo di un eroe tragico, simile ad alcuni personaggi delle tragedie greche: suo malgrado assassino del fidanzato della donna che l’ha salvato, suo malgrado amante, suo malgrado traditore di colui che lo ha allevato, prigioniero di un destino ineluttabile. Molti sono gli accostamenti con la mitologia, ed in particolare con la storia di Teseo, cui si avvicina nelle versioni in cui, nel finale, compare un episodio indubbiamente ripreso dall’antico mito. Tristano, ferito gravemente ed in fin di vita, manda a chiamare da sua moglie, sposata controvoglia, l’amante, suo unico vero amore: se la donna invocata risponderà al richiamo, la nave che la porterà dovrà issare le vele bianche. La nave giunge, con l’amata e le vele bianche, ma la moglie per gelosia annuncia che il colore delle vele è nero. Tristano, infelice, muore. Come Egeo, padre di Teseo, morì alla vista delle vele nere che annunciavano la disfatta del figlio, e che per una dimenticanza non erano state tolte. Isotta la Bionda – Sposa di Re Marco, amante di Tristano, Isotta è un personaggio femminile complesso e al tempo stesso nuovo, stretto tra la sensualità e la passionalità dell’amante e l’onestà ed il rimorso della moglie. Isotta vive profondamente il dramma del tradimento, ed oscilla tra l’amore-adultero, passionale ed intenso, teso inevitabilmente - nel più puro spirito romantico - alla morte, e l’amore-nuziale, volto alla tradizione e alla conservazione della società. I due amori sono inconciliabili, così come inconciliabili sono gli uomini verso cui sono rivolti: il cavaliere, sottomesso ad un ordine che è costretto a tradire, e il Re, conservatore di questo ordine. Eppure la donna Isotta non può rinunciare a nessuno dei due amori, e una volta sciolto il legame con il marito, il suo viaggio verso l’amante si tramuta in un viaggio verso la distruzione di sé stessa. Re Marco – Il Re di Cornovaglia, zio di Tristano, è figura non protagonista della trama, ma fondamentale per l’importanza che assume dal punto di vista della trasmissione dei valori cavallereschi. E’ il sovrano, tutore di un ordine. E’ un uomo tradito. Ma è al tempo stesso uno zio benevolo ed un marito innamorato e, dunque, oscilla in continuazione tra la necessità di punire i colpevoli dell’adulterio e di assolverli essendo le stesse le due persone che più ama. Re Marco è forse il personaggio più libero per le sue doti di umanità e comprensione, ed al tempo stesso colui che è più prigioniero del destino. In bilico tra sentimenti contrastanti, sintesi dell’uomo e dei suoi molteplici caratteri, rimane una delle figure più complesse ed intriganti del medioevo cavalleresco. Jacopo Matano 14 Tristan und Isolde R La concezione wagneriana del dramma musicale Il Giornale dei Grandi Eventi Quella rivoluzione della musica chiamata Wagner ichard Wagner, che suscitò al contempo l’ammirazione e l’esecrazione di un secolo intero, aveva una vera e propria mania per il teatro: egli fu un genio che impose ad un pubblico dapprima restio, poi rispettoso e infine entusiasta, l’idea che un evento teatrale potesse essere un’opera d’arte nel senso assoluto del termine. Determinante e significativa è la pretesa estetica e sociale che viene avanzata denominando il teatro Gesamtkunstwerk (Opera d’arte totale): quintessenza dell’arte in cui parola, musica e gesto si fondono e confluiscono trovando il proprio compimento e superamento nel Wort–Ton–Trama (Dramma di parole e musica), ossia quella che per Wagner doveva essere «l’opera d’arte dell’avvenire». La tesi del musicista, secondo cui l’evento teatrale non è solo il mezzo per rappresentare un’opera d’arte ma è esso stesso la vera e propria opera d’arte in cui poesia, musica e gesto vanno intese in funzione di questa, fu una vera e propria rivoluzione estetica. Una rivoluzione che lanciava una sfida tanto alla religione del testo, quanto ai pregiudizi sociali di un secolo in cui il teatro era ritenuto una forma d’arte di secondo piano. L’idea di dramma, un dramma in cui si intrecciano antico e moderno, passato e futuro, costituisce il centro intorno al quale gravitano le concezioni artistiche di Wagner, sia dal punto di vista filosofico, che tecnico – musicale, concezioni esposte in modo programmatico nel famoso saggio Opera und Drama (1851). L’evoluzione del dramma musicale Nel saggio Über die Benennung Musikdrama (1872) Wagner parla del dramma come di «azioni della musica divenute visibili», dunque un evento teatrale in cui è la musica, origine e “grembo materno” del dramma, ad avere un ruolo predominante. La musica, linguaggio dei suoni, «come pura emanazione del sentimento, esprime appunto sol quello che il linguaggio delle parole non può esprimere, l’inesprimibile», riconducendo l’uomo a «ciò che è puramente umano», ossia ciò da cui la parola, sbiadita e ridotta alla convenzione, si è allontanata estraniando l’uomo da se stesso, dalla sua natura originaria. Il ripristino dell’originario è, dunque, il fine immanente del dramma. La parola si unisce alla musica in un canto lontano sia dalle forme chiuse, che dal recitativo tradizionale. Un canto che diviene declamato arioso flessibile e che, attraverso linee melodiche di ampio fraseggio quasi senza punti cadenzali e prive quasi del tutto di elementi ripetitivi, si estende con continuità in una unendliche melodie (melodia infinita). All’orchestra, strumento principe di comunicazione, è conferito il peso principale del discorso musicale. Oltre a fornire la base armonica, essa enuncia i leitmotive (“motivi conduttori”), raramente cantati, in una tavolozza timbrica di straordinaria ricchezza. La wagneriana insoddisfazione verso il linguaggio, di cui egli sentiva l’incapacità di giungere a ciò che è essenziale, rappresenta il rovescio della sua insoddisfazione verso la musica, che si esprime nella convinzione che questa, per avere diritto all’esistenza, dovrebbe essere ‘motivata’. I leitmotive, precise unità musicali, sono associate ad uno stato d’animo, pensiero, sentimento riguardante singoli per- Richard Wagner sonaggi, oppure collegati ad una determinata situazione, evento, concetto, oggetto del dramma. L’essenza del leitmotif consiste primariamente nell’essere ricordo sonoro, collegamento del passato con il presente: una “memoria”, come la definiva Wagner. Si potrebbe supporre che attraverso la tecnica dei leitmotive lo scorrere del tempo venga sospeso o appaia inessenziale. In realtà accade il contrario: il collegamento del presente con il passato serve a rendere consapevole della dimensione temporale ed a dare all’uomo la coscienza del suo esserci nel tempo presente. Una tecnica dei leitmotive, che risulti essenziale per la forma del dramma ed una regolare struttura del periodo musicale si escluderebbero a vicenda. Il “sistema” wagneriano, consistente nel conferire ad un dramma musicale una coesione interna «attraver- so una trama dei temi principali che si estenda non soltanto ad una scena ma all’intero dramma nel più intimo rapporto con l’intenzione poetica», presuppone profonde modificazioni della “quadratura” ritmico–sintattica, perfino la sua dissoluzione in “prosa musicale” al fine di realizzare un durchkomponiert, ossia una struttura composta da cima a fondo, senza riprese e ripetizioni. L’orchestra L’organico orchestrale delle opere di Wagner conosce un notevole ampliamento e ciò non solo per le conseguenti possibilità di potenza sonora ma anche e soprattutto per la maggiore disponibilità a creare impasti timbrici sempre più variegati. Con la sua mania per il teatro Wagner si sentiva erede del classicismo, sia di quello poetico sia di quello musicale, dunque, per cosi dire, un ‘classico vivente’. Per conferire al dramma musicale il carattere di vera arte fece ricorso all’elaborazione tematica e motivica che proveniva dalla sinfonia classica, sia in quanto tecnica sia in quanto idea estetica. La tecnica dei motivi conduttori può, dunque, essere intesa come un metodo per assicurare la sopravvivenza della sinfonia entro il dramma. Nel dramma musicale i motivi conduttori, che compenetrano tutta la parte orchestrale e ne determinano la struttura in ogni istante, costituiscono una fitta trama che ha una qualità fondamentale in comune con l’elaborazione tematica di Beethoven: ambedue creano una forma musicale che non si basa sull’equilibrio di periodi melodici, ma scaturisce piuttosto da una logica motivica. Non a caso Wagner presenta i suoi drammi musicali come opere concepite nello spirito delle sinfonie di Beethoven. Nel proclamare la fine della sinfonia - affermando cioè che la musica assoluta abbia raggiunto lo stadio ultimo nel finale con coro della Nona Sinfonia di Beethoven – Wagner sosteneva che i mezzi di espressione musicale sviluppati da Beethoven trovino il loro sviluppo naturale nel dramma musicale, poiché in essi vengono “motivati” da testi e azioni. Il Musikdrama, nuovo genere artistico che nelle parole del suo autore corrispondeva all’atmosfera e alle esigenze del tempo, segnò in modo rivoluzionario la storia del dramma musicale, storia che, attraverso la Salome e l’Elektra di Richard Strauss si estenderà fino al Wozzeck di Berg e al Moses un Aron di Schönberg. Si. Me. Il Giornale dei Grandi Eventi I Tristan und Isolde 15 Il famoso accordo del Tristan Un enigma che da sempre accompagna l’opera l tanto famoso accordo del Tristan und Isolde di Wagner segna l’inizio del Preludio del 1° atto: fa –si – re diesis – sol diesis, queste le quattro note che formano uno degli accordi più “ambigui” della storia della musica. L’ambiguità del materiale sonoro giustifica l’importanza che i musicologi sono stati portati ad assegnare a questo accordo, in funzione dell’orientamento delle rispettive teorie. Le numerose e vaste analisi dell’accordo del Tristan possono esser ripartite in tre classi: il Basso numerato, L’analisi funzionale, Le identificazioni non funzionali. Il Basso numerato si concentra esclusivamente sulla struttura dell’accordo. Ricordiamo a titolo di esempio quella di Jadassohn: un accordo di settima (fa – sol diesis – si – re diesis = mi diesis – sol diesis – si – re bemolle) posto sul settimo grado in fa diesis minore. Il re diesis è introdotto da Jadassohn nell’accordo seguente, sotto il la del sesto tempo (fa – la – si – re diesis), come secondo grado in la minore. In una simile analisi il grado, dunque la collocazione all’inter- La morte di Isolde no di una tonalità, non ha alcuna importanza funzionale, poiché l’autore passa, per le sole due prime battute, attraverso tre tonalità differenti, ciò che importa è la natura strutturale dell’accordo. Nelle Analisi funzionali al contrario domina il principio che la musica tonale è fatta di concatenazioni caratteristiche di gradi e dunque ciò che è importante è la funzione dell’accordo all’interno del sistema musicale. Non bisogna credere che riguardo l’accordo del Tristan le analisi funzionali giungano alle stesse conclusioni. Al contrario tante e diverse sono le scuole di pensiero. Come nota Nattiez nel suo Il discorso musicale «la molteplicità delle analisi funzionali ha qualcosa di sospetto. Se il nostro accordo è talmente instabile che una lieve spinta può cambiarne la fondamentale (dunque la sua funzione, n.d.r.), è possibile dire che la funzione, in questo caso, è pertinente?». In altri termini, se quest’entità musicale è talmente “spuria” da poter essere classificata secondo più analisi armoniche, forse la sua importanza non risiede nella sua funzione armonica. Tale è il principio delle Analisi non funzionali. In quest’ambito Schenker è stato il primo a considerare l’accordo del Tristano dal punto di vista melodico, mettendolo in relazione a un fenomeno contrappuntistico di dissonanza della fuga in mi minore del primo volume del Clavicembalo ben temperato di Bach. Anche Noske, situandosi nell’ambito di un pensiero melodico, si rifiuta di caratterizzare l’accordo dal punto di vista funzionale. Quindi, perché l’accordo del Tristan ha tanto colpito l’attenzione dei musicologi? La ragione, sostiene Nattiez alla luce di tali diverse spiegazioni teoriche, è che «esso suona come entità armonica (ossia come un accordo, n.d.r.), ma risulta da fattori melodici», inscritto cioè in un movimento melodico, in una durata e in una progressione cromatica da cui non si può prescindere, si presenta dunque come un accordo “spurio”. Dal momento che tale accordo appare “ambiguo”, ossia difficilmente definibile, realizzato non a caso in un periodo di transizione della storia della musica, è normale e comprensibile che tut- Richard Wagner te le teorie vi si siano date appuntamento, teorie peraltro tutte autorevoli. Nel 1962 il musicologo tedesco Martin Vogel dedicò un intero libro di 163 pagine al famoso “Accordo del Tristano”: L’accordo del Tristano e la crisi della teoria armonica moderna. Il titolo conteneva già una risposta all’importante opera di Ernst Kurth L’armonia romantica e la sua crisi nel “Tristano” di Wagner (1920). Vogel esaminava una per una tutte le analisi pubblicate su tale accordo dal 1879 in poi e giungeva infine alla conclusione che «la crisi dell’armonia romantica (realizzata in Wagner, n.d.r.) è in realtà una crisi della teoria dell’arquella monia», che, volendo semplificare, ha origine con Bach. L’accordo di Tristan, espressione del più sfuggente cromatismo e di quel mezzo retorico ed espediente tecnico che è la progressione, contribuisce, come tutta la musica di Wagner, all’indebolimento dei valori tonali dell’armonia classica disciogliendone in perpetua fluidità i nessi “sintattici”. Dunque, aldilà della sua grande importanza drammatica all’interno dell’opera e della sua intrinseca difficoltà definitoria, ciò che è certo è il ruolo fondamentale che esso ha acquisito, proprio in virtù del suo essere un limite estremo di equilibrio armonico e di riconoscibilità definitoria, nello sviluppo armonico musicale della seconda metà dell’Ottocento, realizzando un punto di rottura e al tempo stesso un punto di avvio di quell’intrinseco divenire della musica occidentale che doveva portare poi nel XX secolo al superamento del tradizionale sistema diatonico basato sul concetto dell’unità tonale e alla radicale emancipazione delle dissonanze. Si. Me. Nasce BancoPosta Office. Il conto vicino al tuo business. Offerta lancio: Fogli Informativi disponibili negli Uffici Postali o sul sito internet www.poste.it canone mensile di 5E fino al 31/12/2007. 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