Imbrigliare l`energia del Sole

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Imbrigliare l’energia
del Sole
Fusione nucleare: una via per l’energia pulita e illimitata
Carlo Mancini
(Studente di fisica alla Sapienza di Roma)
ome in Cielo cosı̀ in Terra: il sogno di avvicinarsi
alla volta celeste muove da sempre filosofi, teologi
e scienziati. Un esempio è la Meccanica di Newton, che ha unificato Cielo e Terra affermando che le
leggi della dinamica sono le stesse. Oggi abbiamo un sogno non
meno ambizioso: produrre energia elettrica usando le stesse reazioni nucleari che permettono al Sole e a tutte le stelle di brillare
in cielo. Costruire insomma una piccola Stella sulla Terra!
Le stelle brillano perché trasformano quattro nuclei di idrogeno,
composti da un solo protone, in un nucleo di elio, composto da
due protoni e due neutroni. Dato che protoni e neutroni hanno
circa la stessa massa, mettendo i nuclei su una bilancia ci aspetteremmo che quello di elio pesi all’incirca come i quattro protoni
di partenza. Scopriremmo invece che l’elio pesa meno. La massa
apparentemente scomparsa si è trasformata in energia, secondo la
famosa relazione di Einstein ∆E = ∆m · c2 , in cui ∆m è la quantità di massa mancante, ∆E è la quantità di energia prodotta e c
è la velocità della luce nel vuoto. Dato il valore elevato di quest’ultima (300.000 km/s), bruciando anche una piccola massa si
produce un grandissimo quantitativo di energia.
C
Il quarto stato della materia
In una stella le reazioni termonucleari appena descritte vengono
innescate dalla forza di gravità: la stella comincia a comprimersi sotto al proprio peso, fin quando la pressione nel nucleo è cosı̀
grande da portare il nocciolo a superare i 15 milioni di gradi. Normalmente la materia che ci circonda è elettricamente neutra, perché nei nuclei degli atomi sono contenuti protoni carichi positivamente, circondati da un ugual numero di elettroni. A temperature
molto elevate, come quelle che si raggiungono nel cuore delle
La sala del reattore FTU: il toroide che contiene il plasma è all’interno del criostato visibile sulla destra (foto di Silvia Mancini – www.
diaporama.it).
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stelle, gli elettroni hanno un’energia tale che l’attrazione dei nuclei non è sufficiente a tenerli legati: in tale situazione è come se
coesistessero due gas, uno composto dai nuclei positivi, che nel
caso delle stelle sono principalmente di idrogeno e quindi protoni
singoli, e l’altro composto da elettroni. Questo stato della materia
è considerato il quarto dopo quelli comuni cui siamo abituati (gassoso, liquido e solido) ed è chiamato plasma. Normalmente due
ioni positivi, nel nostro caso due protoni, si respingono per via
dell’uguale carica elettrica. Per permettere una reazione fra loro
bisogna farli urtare cosı̀ violentemente da superare la repulsione
elettrostatica, è necessario quindi che la temperatura e la densità
del plasma siano mantenute abbastanza elevate: la prima per far
sı̀ che l’energia cinetica media dei protoni sia elevata e la seconda
affinché ci sia un numero di reazioni per unità di tempo abbastanza grande da avere un guadagno di energia. Sulla Terra non si
possono raggiungere le densità dei nuclei interni delle stelle e per
compensare è necessario raggiungere temperature ancora più elevate di quelle che raggiunge il plasma stellare: circa 100 milioni
di gradi! Se un gas cosı̀ caldo sfiorasse un qualunque recipiente lo
fonderebbe, raffreddandosi. Per questo motivo il problema principale della progettazione e costruzione di un reattore a fusione è
il confinamento del plasma.
Tokamak, calde ciambelle al plasma
Uno dei modi con cui si può risolvere il problema è utilizzare
campi magnetici. Una particella carica in moto all’interno di un
campo magnetico subisce una forza che la costringe su una traiettoria curva. Visto che il plasma è costituito da un gas di protoni
positivi e di elettroni negativi, si possono costruire dei tori (detto
in parole povere, delle ciambelle) di campo magnetico in cui intrappolare un plasma in movimento, esattamente come avviene in
uno degli esperimenti in cui l’ENEA di Frascati è impegnato: il
“Frascati Tokamak Upgrade” (FTU).
Ne parliamo con Giuseppe Mazzitelli, responsabile del Laboratorio – Gestione Grandi Impianti Sperimentali dell’“Unità Tecnica
Fusione” di Frascati, che di FTU è direttore dal 1999. “Macchine
di questo tipo si chiamano tokamak, acronimo russo che deriva
dalle iniziali delle parole della frase camera toroidale con bobine
magnetiche. La tecnologia dei tokamak è quella più promettente per realizzare una fusione nucleare controllata e stabile, ed è
una delle più studiate da quando i ricercatori russi stupirono il
mondo annunciando durante una conferenza svoltasi a Novosibirsk nel ’68 di aver raggiunto la ragguardevole temperatura di
accastampato num. 2, Settembre 2010
IL RICERCATORE ROMANO
Giuseppe Mazzitelli, direttore di FTU, ci spiega il funzionamento del
reattore di fronte a una foto dell’interno del toroide (foto di Silvia
Mancini – www.diaporama.it).
10 milioni di gradi.” Mazzitelli ci accoglie nella sala controllo del
tokamak, all’interno dei laboratori dell’ENEA di via Enrico Fermi a Frascati. Davanti a un modellino dell’esperimento ci spiega
che in realtà un futuro reattore non funzionerà con l’idrogeno, ma
con due suoi isotopi (un isotopo di un elemento è un atomo con lo
stesso numero di protoni, ma con un diverso numero di neutroni):
il deuterio e il trizio. Il deuterio e il trizio allo stato gassoso sono
iniettati all’interno della ciambella e successivamente ionizzati e
per dar luogo al plasma. Una volta raggiunto lo stato di plasma
diventa fondamentale il campo magnetico che lo confina. Su FTU
il campo è generato con delle bobine di rame tenute a −196 ◦ C e
raggiunge un’intensità di 8 Tesla: per dare un’idea il campo magnetico della Terra è inferiore a un millesimo di Tesla. Quando
si innescano le reazioni di fusione fra trizio e deuterio vengono
liberati molti neutroni con grande energia, che, essendo neutri,
non risentono del campo magnetico, che sono fermati in una zona
chiamata mantello dove interagendo con il litio danno luogo alla produzione del trizio e contemporaneamente ne provocano un
innalzamento della temperatura. L’energia è estratta dal tokamak
proprio raffreddando questo mantello. Sul JET (il tokamak europeo in funzione in Inghilterra ) in un esperimento deuterio-trizio
con una potenza in ingresso di circa 20 MW ne sono stati prodotti
circa 16MW dalle reazioni di fusione.
Le centrali nucleari del futuro
Il primo tokamak in grado di produrre più energia di quella che
consuma per funzionare è però già stato progettato: si chiama
ITER, “International Thermonuclear Experimental Reactor”, in
costruzione Provenza e dovrebbe produrre 10 volte l’energia che
consuma. Sarà costruito con l’esperienza fatta sui tokamak oggi
esistenti dai paesi dell’Unione Europea più la Svizzera insieme
con Giappone, Cina, Russia, Stati Uniti, India e Corea del Sud.
“ITER ha come obiettivo principale quello di dimostrare che questo tipo di centrali è commercialmente realizzabile.” Non sappiamo quanto ci vorrà, ma siamo abbastanza sicuri che questo sarà
uno dei modi con cui verrà prodotta energia in grande quantità in
futuro. Il nucleare a fusione potrà infatti produrre grandi quantità
di energia in modo continuo come le centrali nucleari a fissione
già oggi esistenti, pur essendo pulito e sicuro. Pulito perché, anche se si tratta di energia ottenuta grazie a una reazione nucleare,
non produce scorie radioattive: il risultato del processo è l’elio,
quello che si usa per gonfiare i palloncini. Al contrario le centrali nucleari di qualsivoglia generazione funzionano spaccando
atomi di uranio, che decade in stati instabili anch’essi radioattivi.
Sicuro perché per i tokamak non ci sono nemmeno rischi legati
alla sicurezza, un’eventuale centrale nucleare a fusione non potrà
mai trasformarsi in una nuova Chernobyl: anche se se ne perdesse il controllo, è sufficiente spegnere il campo magnetico che il
plasma non è più confinato e le reazioni nucleari si interrompono
immediatamente. Non si deve poi dimenticare che l’uranio, come
il petrolio, è disponibile sulla terra in quantità limitate, mentre il
deuterio può essere estratto dall’acqua: da cinquecento litri di acqua si estrae abbastanza deuterio per coprire il consumo di energia
elettrica di un cittadino europeo per tutta la sua vita!
“Il futuro è qui a Frascati”
Dopo che Mazzitelli ci ha parlato di ITER ci viene spontaneo
chiedergli quale sarà il futuro del tokamak di Frascati. Per un
istante gli si illuminano gli occhi e ci dice che l’ENEA ha proposto un nuovo tokamak, FAST, la cui costruzione potrebbe iniziare nel 2013. Un esperimenti di supporto a ITER e nel quale
si vorrebbero anche studiare soluzioni avanzate per l’interazione plasma–parete utilizzando litio liquido. Il vantaggio è che un
liquido, anche se sottoposto ad uno stress grande, è in grado di
ritornare nella posizione di equilibrio nel momento in cui la forza
che lo deforma cessa. Insomma, per usare le parole di Mazzitelli,
“il futuro è qui a Frascati!”
Bibliografia
Sito del Dipartimento Fusione, Tecnologie e Presidio Nucleari
dell’ENEA: www.fusione.enea.it/
Progetto ITER: www.iter.org/sci/whatisfusion
Ufficio Stampa dell’ENEA: tinyurl.com/2vdwt2p
Galleria fotografica: tinyurl.com/2wza6u4
Sull’autore
Carlo Mancini ([email protected]) è laureando in fisica delle particelle elementari presso la Sapienza di
Roma ed è fra i fondatori di accatagliato.org.
accastampato num. 2, Settembre 2010
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