Afghanistan, Iran, Iraq: guerre e radicalismo religioso

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Liceo scientifico “Giacomo Ulivi” a.sc. 2016- 2017 classe 5 D
Afghanistan, Iran, Iraq: guerre e radicalismo religioso
Afghanistan: la montagna del Budda; il leader dei mujaheddin Ahmad Shah Massoud
A cura di Riccardo Riva, Federico Sello, Alessandro Sorba, Davide Zecca
1
Liceo scientifico “Giacomo Ulivi” a.sc. 2016- 2017 classe 5 D
1.Introduzione
Analizziamo in questo capitolo le conseguenze in Medioriente della rivoluzione islamica avvenuta
in Iran nel 1979: l’URSS invase l’Afghanistan, che venne sostenuto dagli USA, preoccupati di aver
perso, con la caduta dello scià Reza Pahlavi, il controllo di quell’area strategica; l’Iraq approfittò
della debolezza del nuovo regime iraniano per invadere il Paese. Secondo gli esperti la
destabilizzazione dell’area mediorientale, massima in questi ultimi anni, ha avuto origine proprio
dalla rivoluzione iraniana che ha instaurato una teocrazia islamica sciita, in forte contrapposizione
con tutti i paesi governati dai sunniti nel Golfo Persico.
2. La rivoluzione iraniana
Dal 1979 l'Iran è una delle poche Repubbliche Islamiche al mondo e l’unica governata dagli sciiti.
Prima di quella data l’Iran era una monarchia con a capo lo scià ed era il più grande alleato degli
Stati Uniti in Medioriente. La rivoluzione ha cambiato tutto e da allora l’Iran è un paese diverso da
quello che era prima, finito al centro delle attenzioni di politica estera di molti paesi del mondo.
2.1 Dall'alleanza con gli Stati Uniti alla rivoluzione islamica di Khomeini
Prima del 1979 a governare l’Iran c’era lo scià: si chiamava così il re di Persia, di fatto si trattava di
una monarchia. Dal 1941 al 1979 lo scià fu Reza Pahlavi, che ereditò la carica dal padre, Reza I,
costretto ad abdicare nel 1941 durante la Seconda Guerra Mondiale. Alla fine della guerra il Regno
Unito, che era stato la potenza dominante in Medioriente fino a quel momento, decise di
disimpegnarsi: il nuovo governo laburista britannico preferì usare le risorse per la ricostruzione
nazionale e il welfare state, piuttosto che per la politica estera. Gli Stati Uniti avevano bisogno di un
alleato che la sostituisse e che svolgesse funzioni da “poliziotto” nell’area: scelsero l’Iran dello scià,
considerato sufficientemente affidabile, che accettò il ruolo.
Lo scià fu allontanato per un certo periodo dal nazionalista
Mohammed Mossadegh, capo del Fronte Nazionale, che divenne
primo ministro dell'Iran il 28 aprile 1951: due giorni dopo
nazionalizzò la Anglo-Iranian Oil Company, cioè la società
britannica che si occupava dello sfruttamento delle risorse
petrolifere iraniane. Era la prima volta che una grande compagnia
petrolifera veniva sfidata così apertamente da un paese
produttore di petrolio. Il Regno Unito ruppe le relazioni
diplomatiche con l'Iran, e nel 1953, con l'insediamento di
Eisenhower alla Casa Bianca, anche gli Stati Uniti decisero di
agire. Lo scià riprese il controllo del paese con un colpo di stato
contro il nazionalista Mossadegh grazie all'intervento dei servizi
segreti statunitensi e britannici. Da quel momento esercitò sui 34
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milioni di abitanti una feroce dittatura appoggiata sull’esercito e caratterizzata da un durissimo
sistema poliziesco. 1
Intanto l’Iran si affermava come stato produttore ed esportatore di petrolio: i soldi guadagnati dalla
vendita del greggio gli permisero di comprare molte armi, principalmente dagli Stati Uniti, e di
trasformare l’esercito iraniano nell’esercito più forte di tutto il Medioriente. Era l’Iran che piaceva
agli americani; quello che l’ex segretario di stato Henry Kissinger sintetizzò efficacemente così:
«Non c’era alcuna possibilità di inviare forze americane nell’Oceano Indiano, nel pieno
della guerra del Vietnam e mentre gli Stati Uniti ne vivevano il trauma […]. Il vuoto
lasciato dal ritiro britannico, ora minacciato dall’intrusione sovietica così come dalla
radicalizzazione, sarebbe dovuto essere colmato da una potenza locale a noi favorevole.
L’Iraq sarebbe stato così scoraggiato dal compiere gesti avventurosi contro gli Emirati del
Golfo, la Giordania o l’Arabia Saudita. Un Iran più forte avrebbe spento le tentazioni
indiane di completare la conquista di tutto il Pakistan. E tutto ciò poteva essere compiuto
senza impegnare risorse americane, poiché lo scià era disposto a pagare gli armamenti
con i proventi della vendita del petrolio»2
La ricchezza petrolifera acquisita dai trusts internazionali e dai ceti elevati alimentava un’intensa
speculazione mentre i lavoratori del petrolio e degli altri settori industriali dovevano affrontare la
disoccupazione, i bassi salari e l’aumento dei prezzi.
Su suggerimento dell’amministrazione statunitense di John F. Kennedy, per “anticipare” in qualche
modo le spinte di cambiamento che avrebbero potuto far guadagnare consensi all’opposizione
comunista, lo scià attuò un ampio programma di riforme. La modernizzazione fu però troppo
veloce e fu presto accusata di essere una “occidentalizzazione”, soprattutto dai religiosi. Le
manifestazioni contro lo Scià, la sua politica e l’imperialismo americano si scatenarono a partire
dall’inizio del 1978, ma furono sempre violentemente represse.
Il 7 settembre 1978 uno sciopero generale portò avanti le stesse rivendicazioni, a cui si aggiungeva
la richiesta del ritorno dell’ayatollah3 Ruhollah Khomeyni, arrestato ed esiliato quindici anni prima;
forse anche perché era un esponente religioso, egli appariva come il primo oppositore allo Scià.
Nell’ottobre ci fu una nuova ondata di scioperi. Nel novembre la popolazione lavoratrice, senza
armi, affrontava più di mezzo milione di militari nel corso di manifestazioni di centomila o
duecentomila persone, in un’atmosfera da guerra civile.
Tutto il popolo ormai si alzava contro la dittatura e sembrava che niente lo potesse più fermare, né
1
Efficace la sintesi della storia dell'Iran fino a Khomeyni all'inizio del film Argo, regia di Ben Affleck, USA 2012
https://www.youtube.com/watch?v=s98c5K5g0cs
2
Elena Zacchetti, Da dove viene l’Iran, 26 novembre 2013 http://www.ilpost.it/2013/11/26/iran-rivoluzione/2/
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“ayatollah” significa letteralmente “segno di Dio”, è un titolo di grado elevato che viene concesso agli esponenti più
importanti del clero sciita.
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le poche concessioni, né la repressione. Gli altiforni di Ispahan erano fuori uso, la produzione
petrolifera ad Abadan era quasi ferma, la vita economica paralizzata.
Una manifestazione popolare a Teheran nel gennaio del 1979 (foto AFP/Getty Images)
All’inizio del gennaio 1979 la borghesia iraniana e i suoi tutori imperialisti cercarono di dare
l’illusione di un cambio politico con l’instaurazione del governo di Sciapur Bakhtiar. Quest’ultimo
dichiarò che "la tortura non era necessaria" e cominciò a smantellare in parte la Savak (la polizia).
Ma lo Scià rimaneva al suo posto e i manifestanti continuavano ad affrontare l’esercito per esigere
le sue dimissioni.
Nel frattempo dal suo esilio Khomeini moltiplicava gli appelli a manifestare per una "Repubblica
islamica"; alla fine di gennaio grandi manifestazioni della sinistra furono organizzate dal partito
comunista Tudeh e dalle organizzazioni guerrigliere dei Fedain (laici) e dei Mujaheddin
(musulmani). Queste prime apparizioni pubbliche della sinistra si svolsero però dietro i ritratti
dell’ayatollah; lo Scià fu quindi costretto ad accettare il ritorno di Khomeini, accolto trionfalmente a
Teheran (la capitale) il 1° febbraio 1979 da milioni di manifestanti.
Il 9 febbraio reggimenti dell’esercito aereo decisero di dare il loro sostegno a Khomeini e, insieme
ai gruppi di Fedain e di Mujaheddin, annientarono la guardia imperiale e liberarono i prigionieri
politici; ormai le armi delle caserme erano in possesso della popolazione.
Ma Khomeini non era tornato per prendere la testa di una rivoluzione e, con l’aiuto dei responsabili
religiosi e dei militanti islamisti, stava per ripristinare l’ordine. Già il 12 febbraio, mentre il
presidente americano Carter riconosceva il nuovo regime e proponeva una "cooperazione
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pacifica", l’ayatollah chiedeva alla popolazione di rispettare l’ordine pubblico, di restituire le armi e
di riprendere il lavoro. Pochi giorno dopo, creava il Partito della Rivoluzione Islamica che sarebbe
rapidamente diventato il partito unico; alla fine del marzo 1979 veniva proclamata la Repubblica
Islamica in seguito ad un referendum, in cui il Tudeh aveva chiamato a votare sì.
Ma non era nell’intento di Khomeini, né dei possidenti iraniani di cui in fondo difendeva gli
interessi, di portare il sollevamento popolare fino alla soddisfazione delle rivendicazioni dei
lavoratori e delle masse povere. Cercò però di conservare il loro sostegno grazie alla demagogia
nazionalista e anti-americana e ad iniziative quale la presa di ostaggi nell’ambasciata degli Stati
Uniti nel novembre 1979. Tenendo testa alla maggiore potenza mondiale, il regime di Khomeini,
incontestabilmente popolare, trovò per anni un riscontro presso le popolazioni oppresse anche
dall’imperialismo.
Assalto all’ambasciata americana e ostaggi (foto AFP/Getty Images)
Nel frattempo l'azione dei Pasdaran, i "Guardiani della Rivoluzione", soppresse ogni tipo di
opposizione politica e limitò drasticamente le libertà individuali, in particolare per le donne. Così il
grande movimento popolare e gli enormi sacrifici del popolo iraniano nel corso di questa
rivoluzione “confiscata” dagli esponenti religiosi sarebbe sfociata per anni nel regime repressivo
della repubblica islamica.
2.2 Conseguenze della rivoluzione
La nuova Repubblica Islamica si sganciò presto dal sistema di alleanze dello scià: gli Stati Uniti si
ritrovarono senza il loro principale alleato in Medioriente, problema non da poco, vista
l’importanza che la regione aveva sul piano della produzione ed esportazione di gas e petrolio. Nel
1979 i rapporti tra Iran e Stati Uniti si ruppero del tutto a causa della già citata "crisi degli ostaggi“,
iniziata il 4 novembre 1979 quando alcune centinaia di studenti iraniani islamici occuparono
l’ambasciata degli Stati Uniti a Teheran, come reazione all’asilo che il governo americano aveva
concesso nel frattempo allo scià. Gli studenti occuparono l’ambasciata e tennero sequestrati 50
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ostaggi per 444 giorni4. “Come ha scritto l’iraniana Farian Sabahi nel libro Storia dell’Iran: «A
Khomeini spetta dunque il merito o, secondo alcuni la colpa, di aver trasformato lo sciismo da
corrente quietista dell’islam in ideologia politica e teoria terzomondista che sfidava l’imperialismo
personificato dalle potenze straniere e dall’alta borghesia iraniana»”5
3. La differenza fra musulmani sciiti e sunniti
Nel mondo musulmano si moltiplicano gli scontri tra le due correnti dell’islam, i sunniti e gli sciiti,
in particolare in Medio Oriente dove le differenze religiose hanno acuito le divisioni tra il governo
sciita dell’Iran e gli stati del golfo, che hanno governi sunniti. Nel 1980, approfittando della
debolezza del nuovo regime e sperando di ottenere l’egemonia nella zona, l’Iraq di Saddam
Hussein invase l’Iran, dando origine a una guerra molto sanguinosa che durò fino al 1988.
Ma cosa di preciso divide queste due correnti, e quanto è profonda la spaccatura?
La distribuzione dei sunniti/sciiti nei paesi del Medio Oriente, in una cartina BBC del 2013
La diatriba affonda le sue radici nel 632 d.C, l’anno della morte del profeta Maometto, il fondatore
dell’islam. Le tribù arabe che lo seguivano si divisero sulla questione di chi avrebbe dovuto
ereditare quella che a tutti gli effetti era una carica sia politica che religiosa. La maggioranza dei
suoi seguaci, che sarebbero in seguito divenuti noti come sunniti e che oggi rappresentano l’80 per
cento dei musulmani, appoggiarono Abu Bakr, amico del profeta e padre della moglie Aisha.
Secondo gli altri, il legittimo successore andava individuato tra i consanguinei di Maometto.
Sostenevano che il profeta avesse designato a succedergli Ali, suo cugino e genero, e diventarono
noti come sciiti, una forma contratta dell’espressione “shiaat Ali”, i partigiani di Ali.
I sostenitori di Abu Bakr ebbero la meglio, anche se Ali governò per un breve periodo in veste di
4
L’evento, oltre a essere raccontato da diversi documentari, libri e film – su tutti Argo – fu considerato anche uno dei
motivi della sconfitta elettorale del presidente Jimmy Carter.
5
Elena Zacchetti, op.cit.
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quarto califfo, il titolo conferito ai successori di Maometto. La frattura in seno all’islam si consolidò
quando Hussein, figlio di Ali, fu ucciso nel 680 a Kerbala (nell’attuale Iraq) dalle truppe del califfo
sunnita al potere. I governanti sunniti hanno continuato a monopolizzare il potere politico, mentre
gli sciiti hanno vissuto all’ombra dello stato. Con il passare del tempo, le credenze religiose dei due
gruppi cominciarono a differenziarsi. Oggi tutti i musulmani del mondo, 1,6 miliardi di persone,
concordano sul fatto che Allah sia l’unico dio e che Maometto sia il suo profeta. Osservano i cinque
pilastri dell'islam - tra cui si trova il ramadan, il mese di digiuno - e condividono un libro sacro, il
Corano. Tuttavia, mentre i sunniti basano la loro pratica religiosa anche sugli atti del profeta e sui
suoi insegnamenti (la sunna), gli sciiti vedono nei loro leader religiosi, gli ayatollah, un riflesso di
Dio sulla Terra. Questo ha indotto i sunniti ad accusare gli sciiti di eresia, mentre gli sciiti
sottolineano come il dogmatismo sunnita abbia dato vita a sette estremiste. Ma entrambi i rami
dell’Islam hanno dato origine a regimi ispirati dalla religione molto severi, come quelli di Iran e
Arabia Saudita, che pure si odiano e accusano a vicenda.
Si può affermare che le differenze dottrinali siano state utilizzate per legittimare i conflitti di questi
ultimi decenni, che hanno motivazioni economico-politiche. Come ha affermato Seyed Ali
Fadlullah, un importante funzionario sciita libanese: «Le differenze di dottrina vengono utilizzate
perché hanno un impatto molto efficace: se inviti la tua gente a combattere per ottenere un
predominio regionale o internazionale, non verrà nessuno. Ma le persone agiscono quando viene
detto loro che la propria setta religiosa è sotto attacco, o che i propri luoghi sacri stanno per essere
distrutti»6.
4. La guerra Iran-Iraq (1980-1988)
4.1 Cause della guerra
Dopo la rivoluzione iraniana guidata dall'ayatollah Khomeini, all’interno del mondo islamico si
inasprì la rivalità fra sciiti (Iran) e sunniti (Iraq). In Iraq, una repubblica dittatoriale governata dal
Partito di Rinascita Araba Socialista (Ba'th), dal 1979 aveva preso il potere Saddam Hussein, il cui
regime privilegiava gli arabi musulmani sunniti a danno delle minoranze degli arabi sciiti e dei curdi
musulmani sunniti.
Saddam Hussein, con il pretesto di impedire il diffondersi in Medio Oriente del fondamentalismo
di Khomeini, decise di attaccare il nuovo e ancora debole regime khomeinista, convinto di avere la
vittoria in pugno. Affermò infatti in quell’occasione: "La banda di estremisti fanatici che è andata al
potere a Teheran ha i giorni contati. Il popolo iracheno ha deciso di riprendersi le terre arabe a
occidente di Bassora e di aiutare gli iraniani a rovesciare il regime khomeinista. Questi sono due
obiettivi a breve scadenza. Probabilmente entro la fine dell’anno saranno raggiunti." 7
6
Perché sciiti e sunniti litigano, 4 gennaio 2016, http://www.ilpost.it/2016/01/04/sunniti-sciiti/ (fonte di tutto il
paragrafo)
7
Prima guerra del golfo (la prima volta di Saddam Hussein) http://cronologia.leonardo.it/storia/a1980a15.htm
7
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Intendeva conquistare il territorio a sud-est di Bassora, ricco di giacimenti petroliferi e in grado di
allargare l’accesso al mare del suo paese e offrire una via commerciale sul Golfo Persico. L'Europa,
l'URSS e, soprattutto, gli USA finanziarono il leader iracheno.
4.2 Lo scontro
Il 22 settembre del 1980 l’esercito iracheno attraversò il confine tra i due paesi ed avanzò per circa
un anno e mezzo senza trovare grandi resistenze: l’Iran, infatti, stava lentamente mobilitando il suo
gigantesco esercito lontano dal fronte.
Nel marzo del 1982 il comando dell’esercito iraniano venne trasferito dai militari di professione al
clero. La mobilitazione era oramai pronta: l’Iran aveva meno carri armati, elicotteri e cannoni - la
gran parte erano bloccati nei depositi perché non c’erano i tecnici per farli funzionare. Ma gli
iraniani avevano un vantaggio: potevano schierare più di 350 mila soldati - sarebbero diventati 900
mila alla fine della guerra – cioè due uomini per ognuno dei soldati che poteva schierare l’Iraq. Da
quel momento fino alla fine della guerra l’Iraq fu costretto a restare sulla difensiva, subendo le
ondate degli assalti della fanteria iraniana e ritirandosi lentamente.
Gli iracheni utilizzarono spesso anche armi chimiche,
fabbricate utilizzando componenti comprati da aziende
europee o americane.8 Nel 1982, infatti, il presidente degli
Stati Uniti, Ronald Reagan, aveva offerto all'Iraq di Saddam
Hussein aiuti consistenti, in funzione anti Iran8
Fonte del paragrafo La guerra fra Iran e Iraq, 20 agosto 2013, http://www.ilpost.it/2013/08/20/la-guerra-tra-iran-eiraq/
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fondamentalista9. Nel 1983 Donald Rumsfield10 fu inviato dal presidente in Iraq a siglare uno
storico accordo di collaborazione militare con Saddam Hussein in funzione anti-iraniana.
4.3 La fine della guerra e le sue conseguenze
Il 20 agosto del 1988 la guerra si concluse, grazie alla mediazione dell'ONU fra i due paesi ormai
stremati da quasi dieci anni di guerra, ripristinando i confini precedenti all’inizio della guerra. Fu
una delle guerre più sanguinose, lunghe e inutili della storia Medio Oriente.
Gravi furono le conseguenze economiche e sociali: oltre al prezzo altissimo di centinaia di migliaia
di vittime, il conflitto stremò le economie dei due paesi a causa dei reciprochi attacchi ai centri
nevralgici dell’industria e ai campi petroliferi da cui ricavavano gran parte dei loro introiti.
L’Iraq, in particolare, ne uscì fortemente indebolito. Di lì a poco, nell’agosto del 1990, avrebbe
invaso il Kuwait, colpevole - secondo Saddam - di sottrarre di nascosto petrolio dai pozzi iracheni e
di pretendere il pagamento da parte dell’Iraq di un enorme debito di guerra per gli aiuti concessi
durante la guerra con l’Iran.
Gli americani, come è noto, sarebbero presto intervenuti contro l’ex alleato con l’operazione
“Desert Storm” nel gennaio del 1991.
5. Guerra URSS-Afghanistan (1979-1989)
Tra il dicembre del 1979 e il febbraio del 1989, l’Afghanistan, stato d’importanza strategica per il
dominio sul Medioriente, venne invaso dalle armate sovietiche. La guerra è stata definita ‘’il
Vietnam della Russia’’ per la sua crudeltà e perché morirono più di 14 mila soldati russi; molto più
elevate le perdite afghane: considerando anche i civili rimasti uccisi nei bombardamenti di città e
villaggi, il conteggio delle vittime arriva a mezzo milione.
5.1 Storia
Sorto come regno indipendente nel 1747, l'Afghanistan ha sempre avuto una vita tormentata, sia
per la sua posizione strategica, che suscitò, nell'Ottocento, l'interesse di Russi e Inglesi, sia per i
contrasti tra le varie popolazioni che ne facevano parte. Negli anni Venti del Novecento
l'Afghanistan si liberò dalla tutela britannica, durata per tutto l'Ottocento, e avviò una politica di
equidistanza da Urss, Cina e Stati Uniti.
9
Tusio De Juliis, Le non verità di Wiki Liks a vent’anni dalla guerra del golfo, 16 gennaio 2011
http://www.ildialogo.org/cEv.php?f=http://www.ildialogo.org/noguerra/NotizieCommenti_1295346637.htm
10
Donald Rumsfeld è un politico e diplomatico statunitense. Segretario della Difesa degli Stati Uniti sotto
l'amministrazione del presidente Gerald Ford dal 1975 al 1977 e successivamente sotto il presidente George W.Bush
dal 2001 al 2008; negli anni 1983-84 fu inviato speciale del presidente Reagan in Iraq.
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Nel 1917 fu il primo stato a riconoscere la Russia dei Soviet, invece negli anni Trenta, durante le
feroci repressioni dei popoli dell'Asia centrale ordinate da Stalin, offrì ospitalità e aiuti ai profughi,
salvandone decine di migliaia dai massacri bolscevichi.
Il re Mohammad Zahir Shah, che regnò dal 1933 al 1973, riuscì a mantenere la neutralità nella
seconda guerra mondiale. Modernizzò il paese e rafforzò le relazioni internazionali. Nel 1964
introdusse elezioni libere e suffragio universale.
Nel 1973 un colpo di stato, attuato da Mohammed Daoud Khan, abbatté la monarchia, dando vita
alla prima repubblica, ma sul governo di Kabul continuava a pesare l'influenza dei mullah, i capi
religiosi musulmani che da sempre sostenevano lo spirito d'indipendenza della popolazione, ma
erano ostili alla modernizzazione e laicizzazione del Paese. Il 27 aprile 1978, un altro colpo di Stato
abbatté il governo di Khan, che si opponeva all’influenza sovietica, portando al potere Noor
Mohammed Taraki, leader di un partito di ispirazione marxista, il PDPA, e uomo sostenuto da
Mosca.
Taraki avviò una serie di riforme in senso socialista, volte alla laicizzazione del Paese: i servizi
sociali vennero statalizzati, le donne acquisirono il diritto di voto e vennero abrogate le leggi
tradizionali e i tribunali tribali. Gli uomini furono obbligati a tagliarsi la barba, le donne non
potevano indossare il burqa, mentre le scuole furono aperte anche alle studentesse. Lo stato,
inoltre, si impegnò ad impedire i matrimoni combinati, in cui le bambine erano oggetto di scambio
economico. Alcune donne ebbero posti nel governo e sette di loro furono elette in Parlamento.
La sua politica, laica e socialista, incontrò l’opposizione dell’ala più intransigente degli islamici, che
organizzarono la resistenza armata dei mujaheddin, “i combattenti per la fede”. Gli USA, per
sovvertire il governo di Taraki, supportarono indirettamente i mujaheddin. I sovietici, invece,
appoggiarono Taraki, che tuttavia venne assassinato il 14 settembre 1979, e fu sostituito da
Hafizullah Amin.
5.2 Importanza strategica dell’Afghanistan
Si era in piena Guerra fredda e il controllo anche di una
piccola parte del globo da parte di uno dei due
contendenti appariva di rilevanza cruciale.
Il controllo dell'Afghanistan avrebbe consentito all’URSS
l'avvicinamento al Mare Arabico, al Golfo Persico e
all'Oceano Indiano. Inoltre l'URSS temeva una rivoluzione
islamica simile a quella dell'Iran e la minaccia di un
Pakistan “cliente” degli USA.
L'invasione dell'Afghanistan fu la prima mossa sovietica.
A questa, secondo le intenzioni di Mosca, avrebbe
dovuto seguire la "conversione" del Pakistan al
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socialismo sovietico, anche in chiave anti-indiana. L'Iraq, la Giordania e l'Egitto, dove già erano
presenti commissari politici sovietici, sarebbero entrati completamente nella sfera d'influenza
russa, mentre l'Arabia Saudita avrebbe approfittato della situazione per svincolarsi dalle
compagnie petrolifere occidentali trovando nei Paesi del blocco comunista un ottimo cliente. Gli
altri Stati del Golfo (Kuwait, Oman, Qatar, Emirati Arabi) seppur filo-americani, sotto la nuova
pressione geo-strategica si sarebbero rinchiusi in una equidistante neutralità, senza più fornire
petrolio agli Stati Uniti e ad Israele. Questi piani di Mosca prevedevano di mettere alle strette tutti
i Paesi europei sotto l'influenza statunitense, poiché totalmente dipendenti dal petrolio del Medio
Oriente, mentre gli USA avrebbero iniziato ad attingere alle proprie riserve. In questo modo si
sarebbero aperti nuovi scenari geopolitici a vantaggio dell'URSS.
Mosca aveva anche previsto le reazioni del mondo all'invasione militare dell'Afghanistan: non
credeva ci sarebbe stata una ritorsione militare da parte dell'Occidente. Infatti non ci furono
ritorsioni clamorose da parte degli USA e dei Paesi occidentali, solo una condanna formale da
parte dell'ONU, un embargo su tutte le forniture di grano e di tecnologie, e il boicottaggio delle
Olimpiadi di Mosca del 1980.
Quanto agli Stati Uniti, gli americani temevano “l’effetto domino’’: "se uno Stato chiave in una
determinata area fosse stato preso dai comunisti, gli Stati vicini sarebbero caduti come pezzi di un
domino, diventando anch'essi socialisti uno dopo l'altro"11. Con la perdita dell'Iran, inoltre, erano
rimasti privi di un punto strategico in cui schierare, contro l'URSS, i missili a lungo raggio:
l'Afghanistan poteva essere un'ottima soluzione alternativa. Inoltre il Paese era stato individuato
dalla Casa Bianca anche come sito idoneo per la costruzione di un oleodotto per il trasporto del
petrolio dal Kazakistan e dal Turkmenistan fino all'Oceano Indiano.
Il governo USA già da metà del 1979 aveva iniziato l’operazione “Cyclone”,
firmata dal presidente Jimmy Carter, per aiutare segretamente gli
oppositori del regime filosovietico ad organizzare un esercito di
mujaheddin. Il consigliere per la Sicurezza Nazionale avvertì che
l'operazione avrebbe indotto i sovietici ad intervenire; in un’intervista del
1998 dirà: «Non abbiamo spinto i russi ad intervenire, ma abbiamo
consapevolmente aumentato le probabilità di un loro intervento»12.
5.3 L'intervento sovietico a Kabul
Il nuovo governo di Hafizullah Amin con l’aiuto l'Unione Sovietica ridusse ogni forma di
opposizione, in particolare quella dell'altro partito marxista, il Parcham. La situazione si fece però
11
Renzo Paternoster, Afghanistan 1979-1989: il Vietnam dell'URSS, http://win.storiain.net/arret/num167/artic3.asp
Sbancor, American Nightmare: incubo americano, Nuovi Mondi Media, 2003 p.73; Sbancor è pseudonimo di Franco
Lattanzi, banchiere e scrittore, morto nel 2008.
12
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caotica: il PDPA, partito socialista filocomunista, iniziava a sgretolarsi; la guerriglia islamica, riunita
in un unico fronte di resistenza alla modernizzazione, si avviava a controllare gran parte del
territorio. Questo spinse l'URSS ad intervenire in Afghanistan, accusando Amin di contatti con la
CIA.
Il 25 dicembre 1979, un contingente sovietico di 30.000 truppe si diresse a Kabul e due giorni dopo
gli Spetsnaz, i reparti speciali sovietici, assaltavano il palazzo presidenziale e uccidevano il
presidente Amin. Al suo posto si insediava Babrak Karmal, gradito dal Cremlino.
L’obiettivo iniziale dei russi era quello di appropriarsi di centri nodali del paese e stabilizzarlo, ma
non appena arrivarono in Afghanistan si resero conto che la situazione era ben più complessa.
Dopo aver schierato altri uomini per conquistare le principali città, i sovietici, non addestrati a
combattere sul territorio montuoso, si diressero verso il passo Khyber, valico montuoso strategico
tra Afghanistan e Pakistan, per stabilire la frontiera.
5.4 La guerriglia islamica e il ritiro delle truppe sovietiche
Il movimento di resistenza afghana nacque nel caos, anche se via via crebbero l'appoggio esterno e
il coordinamento regionale; le unità di base delle organizzazioni di mujaheddin e le loro azioni
continuarono però a riflettere la natura altamente frammentata della società afghana.
Gli Stati Uniti per contrastare l’URSS aiutarono i Mujaheddin; si creò inoltre una vera e propria rete
di sostenitori quali Pakistan, Arabia Saudita e Iran. Furono inviati sostegni pari a quaranta miliardi
di dollari e un contingente di centomila soldati dagli stati vicini, tra cui Osama Bin Laden, armati e
addestrati dalla CIA in centri di reclutamento e addestramento del Pakistan. I mujaheddin afghani
diventarono rapidamente una potente forza militare, rendendo dura la vita dell'esercito sovietico.
Il presidente americano Reagan fece riferimento ai mujaheddin come a "combattenti per la libertà
... che difendono i principi di indipendenza e libertà che formano le basi della sicurezza e della
stabilità globali"13.
Si stima che, dopo quattro anni di guerra, esistessero almeno 4.000
basi dalle quali operavano le unità di mujaheddin. La maggior parte di
queste erano affiliate ai sette partiti espatriati con base in Pakistan,
che servivano come fonte di rifornimenti e fornivano vari gradi di
supervisione. I comandanti più importanti guidavano unità di 300
uomini o più, controllavano diverse basi e dominavano un distretto o
una suddivisione di una provincia. Le loro operazioni variavano molto
negli obiettivi, i più ambiziosi vennero ottenuti da Ahmad Shah
Massoud14 (nella foto) della Valle del Panjshir, a nord di Kabul. Egli
guidò almeno 10.000 uomini addestrati alla fine della guerra contro i
13
Message on the Observance of Afghanistan Day, reagan.utexas.edu, 21 marzo 1983, da Wikipedia, voce
“mujaheddin”
14
Ahmad Shah Massoud (1953-2001), uomo politico e militare afghano, combatté i talebani dopo la fine della guerra
con l’URSS; venne ucciso due giorni prima dell’attacco delle Torri Gemelle in un attentato suicida da due finti
giornalisti. Proposto per il Nobel per la pace postumo nel 2002, venne nello stesso anno proclamato eroe nazionale.
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sovietici, e aveva espanso il suo controllo politico delle aree dominate dai Tagiki sulle province
nordorientali dell'Afghanistan, sotto la supervisione del Consiglio del Nord.
Come per gli USA la guerra in Vietnam, anche per l'Unione Sovietica, quella in Afghanistan si
trasformò presto in una lunga, estenuante guerra di resistenza contro la "resistenza". Gli eventi
militari furono caratterizzati dalla disfatta nella battaglia di Paghman del 1981, venti chilometri a
sud di Kabul, dal fallimento di due offensive lanciate dai russi a giugno e a settembre dello stesso
anno, e dalle disastrose azioni militari fra i picchi dell'Hindu Kush. All'Armata Rossa non restò che
copiare la strategia americana nel Vietnam: bombardamenti aerei e interi villaggi rasi al suolo.
Mujaheddin sulle montagne dell'Hindu Kush nel 1984 (Foto di Steve McCurry, Magnum)
A partire dal 1985 la guerra in Afghanistan fu influenzata dalle vicende dell’Unione Sovietica. Dopo
la morte di Breznev nel 1982, artefice del conflitto, gli successe Yuri Andropov che continuò sulla
stessa linea. Ma nel 1985 salì al potere Gorbacëv che diede vita ad una radicale riforma dello stato
che portò alla caduta della dittatura sovietica. Con Gorbacëv perse vigore anche la dottrina
Breznev che aveva reso possibile l'ingerenza sovietica nelle questioni interne dei "Paesi fratelli". In
quest'ottica fu deciso il ritiro unilaterale dei soldati sovietici dall'Afghanistan, che iniziò il 25
maggio del 1986 e si concluse il 15 febbraio del 1989. La ritirata fu ratificata dall’accordo
internazionale di Ginevra, 1988, sulla pace in Afghanistan al quale hanno preso parte i
rappresentanti di USA, Pakistan, Russia e naturalmente Afghanistan.
Nel frattempo in Afghanistan, il 20 novembre del 1986 Karmal, ormai impotente contro la
guerriglia, rassegnò le dimissioni su invito di Mosca. Al suo posto si insediò Haji Mohammed
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Chamkani, politico legato al PDPA. Dopo poco più di un anno gli succederà Sayd Mohammed
Najibullah, già capo del KHAD, la polizia segreta afghana. Grazie a una campagna militare guidata
personalmente dal nuovo presidente Najibullah, nel settembre del 1987 furono arrestati circa
quarantamila guerriglieri. Fu tuttavia una vittoria effimera, poiché la guerriglia si riorganizzò,
continuando la guerra civile e riconquistando molte zone attorno a Herat e Kandahar. Fu così che
Najibullah abbandonò la via militare per abbracciare quella diplomatica: propose una tregua con
l'apertura di negoziati, contemporaneamente promosse una nuova Costituzione, cambiando
anche il nome dello Stato in "Repubblica dell'Afghanistan", offrì seggi e ministri ai partiti
d'opposizione, nominò primo ministro Mir Hussein Sharq, uomo slegato da qualsiasi partito. Con
l’aiuto sovietico tentò di modernizzare il paese costruendo strade, opere pubbliche e ospedali.
Tuttavia i mujaheddin non scesero a compromessi e la guerra civile continuò.
5.5 La guerra civile
I mujaheddin erano apparsi come vincitori quando l'Unione Sovietica aveva ritirato le truppe
dall'Afghanistan nel 1989; un successo parve anche la caduta del regime comunista di Najibullah
nel 1992. Venne creato lo Stato islamico dell'Afghanistan guidato da tante fazioni e salì al potere a
tempo indeterminato Rabbani, ma non vennero indette elezioni. Si riaccese così la guerra civile, a
cui le potenze straniere presero subito parte: Russia, Iran e India si schierarono con il governo di
Rabbani mentre Stati Uniti, Pakistan e Arabia Saudita diedero il proprio sostegno al partito
islamico. Dopo numerosi e sanguinosi scontri che causarono nel solo 1993 la morte di diecimila
civili, Kabul rimase nelle mani di Rabbani. Hekmatyar, capo dei mujaheddin, ordinò di bombardare
Kabul fino a renderla un cumulo di macerie, senza però riuscire a conquistarla e a prendere il
potere.
Con Rabbani ormai sconfitto, gli americani e i
loro alleati decisero di far affidamento sui
talebani, un movimento studentesco guidato
dal mullah Mohamed Omar che predicava
un'applicazione rigidissima della sharia. I
talebani con armi americane, soldi sauditi e
consiglieri militari pakistani conquistarono,
nel 1994, le città di Herat e Kandahar mentre
l'anno successivo prenderanno gran parte del
paese fino alla conquista di Kabul, avvenuta
nel 1996.
Donne afghane in burqua
Najibullah, l'ultimo leader dell'Afghanistan comunista che aveva barattato le dimissioni con
l'immunità, venne prelevato dai talebani, torturato e impiccato nel centro di Kabul con la sola
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accusa di essere un comunista e un ateo. Alcune fazioni di mujaheddin si ritirarono nel nord del
paese dando vita alla cosiddetta Alleanza del Nord, lasciando ai talebani il controllo del 90% del
territorio. I talebani imposero alla popolazione una rigidissima interpretazione della legge islamica
che impediva qualsiasi forma di libertà, di modernizzazione e non riconosceva nessun diritto alle
donne. L'alleanza, che si strinse nel 1996, tra i talebani e Al-Qaida, portò gli Stati Uniti a non
riconoscere ufficialmente il loro regime, come fecero invece Pakistan e Arabia Saudita.
Dopo l’attentato alle Torri Gemelle, tuttavia, alcune inchieste hanno svelato che le compagnie
americane UNOLOCAL e ENRON, interessate alla costruzione di un oleodotto in Afghanistan,
versarono milioni di dollari ai talebani negli anni ‘90.15 Anche gli USA (cioè la CIA e le
amministrazioni Bush e Clinton, all’insaputa del Congresso) sostennero “per procura” i talebani
attraverso i loro alleati Arabia Saudita e Pakistan per tutti gli anni ‘90. In seguito governo e
intelligence USA cominciarono a progettare il rovesciamento del regime dei talebani, visto che non
riusciva a pacificare il paese diviso fra signori della guerra rivali; i talebani avrebbero ricevuto
finanziamenti se avessero accettato un governo di unità nazionale; sarebbero così finalmente
iniziati i lavori di costruzione di un oleodotto e di un gasdotto da molti milioni di dollari 16. Venne
esplorata anche la via militare: ci sono prove che l’invasione del Paese venne progettata almeno un
anno prima dell’11 settembre 2001, che fornì un valido motivo per l’intervento militare USA
nell’ottobre 2001.17
6. Al Qaeda e Bin Laden
Al-Qāʿida (in italiano Al Qaida o con grafia inglese Al Qaeda), è un movimento paramilitare sunnita
terroristico, il cui nome significa in arabo “la base”. Nata nel 1988, a Peshawar, in Afghanistan, tale
organizzazione intende affermare le idee del fondamentalismo islamico, e di conseguenza
combattere contro “l’ipocrisia” del mondo occidentale, visto come un mondo infedele (kufr) e
corrotto.
Per spiegare il perché delle azioni terroristiche di Al Qaeda, dobbiamo prima dare una definizione
di fondamentalismo islamico; Bassam Tibi, scienziato politico e professore di rapporti
internazionali, ne dà una definizione nel suo testo Il fondamentalismo religioso: “un’ideologia
totalitaria che si fonda sulla politicizzazione di elementi secondari, scelti arbitrariamente,
dell’Islam”.18
15
Nafeez M. Ahmed, Guerra alla verità. Tutte le menzogne dei governi occidentali e della commissione “indipendente”
USA su Al Qaeda e l’11 settembre, Fazi, Roma 2005 pp.29-30; Nafeez M. Ahmed, nato nel 1978, è uno scrittore e
giornalista investigativo inglese, direttore dell’Institute for Policy Research and Development (IPRD), che studia i
conflitti nel contesto delle crisi internazionali.
16
Ivi p.25
17
Ivi pp.39-42
18
Bassam Tibi, Il fondamentalismo religioso, Bollati Boringhieri, Torino 1997 p.24
15
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Attenzione quindi a non confondere il fondamentalismo islamico con l’Islam stesso; o a credere che
il fondamentalismo sia presente solo all’interno dell’Islam. Si tratta, come spiega Cecilia Tosi, di
“un modo di vivere la religione dando affidamento solo alle parole scritte nei testi sacri, rifiutando
qualsiasi tipo di interpretazione che si discosti dall’insegnamento letterale di questi libri.”19 E’
dunque per questo che il fondamentalismo non può essere sinonimo di Islam, perché è forte la sua
presenza anche in religioni come cristianesimo, protestantesimo o ebraismo.
Ora che la definizione di fondamentalismo
islamico è stata data, possiamo parlare di Al Qaeda
e del suo leader, al secolo: Osama Bin Laden.
Diciasettesimo di cinquantadue figli, Osama nasce
il 10 marzo 1957 a Riyadh, in Arabia Saudita. Il
padre, Mohammed Bin Laden era un imprenditore
miliardario, mentre sua madre Alia Ghanem, di
origini siriane, era la decima moglie del padre, e
Osama fu l’unico figlio dato dal loro matrimonio.
Dopo il divorzio dei genitori, Osama andò a vivere
con la madre e il suo nuovo compagno, passando
l’adolescenza assieme ai suoi quattro fratellastri, e
frequentando la scuola superiore più prestigiosa di
Jedda. A quattordici anni, fu riconosciuto come un
eccellente studente e, come premio, fu invitato ad
unirsi ad un piccolo gruppo di studio islamico con
la promessa di ottenere crediti extra. Il suo
insegnante era influenzato da una setta dell’islam
chiamata La Fratellanza. Il maestro impartì agli alunni un rigido codice disciplinare e insegnò loro
che era di assoluta importanza formare un mondo arabo regolato unicamente dalla legge
dell’Islam, utilizzando se necessario morte e distruzione. Bin Laden si diplomò ad Al Thager (scuola
di Jedda) nel 1976, poi studiò scienze politiche all’università King Abdul Aziz di Jedda.
Nel 1979 Osama si unì alla resistenza Afghana dopo l‘invasione dell’URSS; quando poi nel 1989
L’URSS si ritirò dal paese, Bin Laden tornò in Arabia e fu riconosciuto come eroe, e addirittura gli
USA definirono lui e i suoi soldati “Freedom Fighters”.
Osama però entrò rapidamente in conflitto con il governo Saudita, considerandolo corrotto. Nel
1992 fu così bandito dall’Arabia e visse in esilio nel Sudan fino al 1996, quando anche il governo del
Sudan lo bandì dal proprio stato, dove aveva aperto campi di addestramento militare. Osama trovò
rifugio in Afghanistan, protetto dai Talebani, e da qui dichiarò una guerra sacra contro gli USA.
19
C. Tosi, Il terrorismo spiegato ai ragazzi Imprimatur, Reggio Emila 2016
16
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Dopo vari attentati ai danni degli USA, culminati nell’attacco alle Torri Gemelle dell’11 settembre
2001, Bin Laden fu ucciso durante un’incursione delle forze speciali americane nel 2011 ad
Abbottabad, in Pakistan.
E’ difficile per noi occidentali capire come Bin Laden e la sua organizzazione Al Qaeda abbiano
potuto rivoltarsi contro gli USA, considerato che la CIA aveva appoggiato i combattenti talebani e lo
stesso Bin Laden, fornendo armi con le quali la milizia talebana riuscì ad avere il sopravvento
sull'esercito russo e instaurare il proprio potere nel Paese. Anzi, gli appoggi continuarono
segretamente anche negli anni successivi, mentre Al Qaeda attuava attentati contro gli americani
nel mondo e i Talebani davano rifugio a Osama Bin Laden. (vedi paragrafo precedente)
7. Attentati contro gli USA prima dell’11 settembre
Elenchiamo di seguito i principali attentati subiti dagli USA prima dell’11 settembre 2001.
26 febbraio 1993, USA, World Trade
Center di New York: un camioncino
contenente 500 chilogrammi di esplosivo
ad alto potenziale viene fatto esplodere
all'interno della torre nord, provocando 6
morti, 100 feriti e danni per mille miliardi
(nella foto il garage del grattacielo dopo
l’attentato).
Viene arrestato e condannato a 240 anni
l’iracheno Ramzy Ahmed Yousef. Per
fortuna, Yousef aveva parcheggiato il
camion lontano dalle colonne centrali di
sostegno.
16 giugno 1996. A Dahran, in Arabia Saudita, un’autobomba esplode tra i militari della base
aeronautica Usa: 19 morti e 446 feriti (173 americani). Nessuno rivendica l’attacco, ma in agosto
Osama Bin Laden dichiara pubblicamente guerra agli USA e in novembre esalta “gli attentati
commessi in Arabia Saudita, definendoli un atto di ‘terrorismo degno di plauso’, promette futuri
attacchi contro obiettivi americani e si dichiara corresponsabile degli attentati contro truppe
americane in Somalia (1993) e nello Yemen (1992)”20.
Nel 1998 proclama una “Fatwa”, termine islamico che indica una condanna universale e religiosa,
ai danni degli USA; vengono infatti invitati tutti i musulmani ad attaccare gli americani e i loro
interessi nel mondo.
20
Nafeez M. Ahmed, op. cit. p.31
17
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Il 7 agosto 1998, le ambasciate americane in Kenya e Tanzania sono colpite da due bombe. A
distanza di soli dieci minuti due esplosioni sventrano le ambasciate americane di Nairobi, in Kenya
e Dar-es-Salaam, capitale della Tanzania. Il primo attentato causa 222 morti (tra cui 12 diplomatici
Usa) e oltre 4.500 feriti. La seconda bomba causa 11 morti e 85 feriti. Anche stavolta nessuna
rivendicazione e nessun elemento che permetta di accusare qualcuno, anche se il nome di Bin
Laden è sempre più presente.
12 ottobre 2000. Nel porto di Aden (Yemen) un gommone con almeno 200 kg di esplosivo, guidato
da due terroristi suicidi, dilania la fiancata del cacciatorpediniere americano «USS Cole»: 12 morti e
39 feriti. 21 A questo punto i media mondiali sono certi: Bin Laden è l'artefice.
L’ambasciata americana di Nairobi
Il cacciatorpediniere USS cole dopo l’attacco
Tutti gli attentati furono poi visti come la prova generale per l'11 settembre 2001.
Bibliografia e sitografia
capp.2-3
Massimo Campanini, Storia del Medio Oriente, Il Mulino, Bologna 2010
Perché sciiti e sunniti litigano, 4 gennaio 2016, http://www.ilpost.it/2016/01/04/sunniti-sciiti/
Elena Zacchetti, Da dove viene l’Iran, 26 novembre 2013, http://www.ilpost.it/2013/11/26/iranrivoluzione/2/
21
Dati di “Panorama”, 13 settembre 2001, dal sito http://www.storiaxxisecolo.it/attaccoagliusa/precedenti.htm
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Inizio del film Argo, regia di Ben Affleck, USA 2012,
https://www.youtube.com/watch?v=s98c5K5g0cs
cap.4
La prima guerra del golfo: Iran-Iraq (1980-1988), 8 agosto 2006
http://www.archivio900.it/it/documenti/doc.aspx?id=350
La guerra fra Iran e Iraq, 20 agosto 2013, http://www.ilpost.it/2013/08/20/la-guerra-tra-iran-e-iraq/
Prima guerra del golfo (la prima volta di Saddam Hussein)
http://cronologia.leonardo.it/storia/a1980a15.htm
Tusio De Juliis, Le non verità di Wiki Liks a vent’anni dalla guerra del golfo, 16 gennaio 2011
http://www.ildialogo.org/cEv.php?f=http://www.ildialogo.org/noguerra/NotizieCommenti_
cap.5
V. Castronovo, Nel segno dei tempi MilleDuemila, La Nuova Italia, Firenze 2015
Luciano Garibaldi, La guerra in Afghanistan,
http://www.italialibri.net/storia/afghanistan/guerradafghanistan79-89.html
Matteo Liberti, L’invasione sovietica dell’Afghanistan,
http://www.instoria.it/home/invasione_sovietica_afghanistan.htm
Renzo Paternoster, Afghanistan 1979-1989: il Vietnam dell'URSS,
http://win.storiain.net/arret/num167/artic3.asp
Sbancor, American Nightmare: incubo americano, Nuovi Mondi Media, 2003
capp.6-7
Nafeez M. Ahmed, Guerra alla verità. Tutte le menzogne dei governi occidentali e della
commissione indipendente USA su Al Qaeda e l’11 settembre, Fazi, Roma 2005.
Cecilia Tosi, Il terrorismo spiegato ai ragazzi, Imprimatur, Reggio Emila 2016
Gli USA nel mirino: cronologia di 25 anni di attentati (“Panorama” 13 settembre 2001)
http://www.storiaxxisecolo.it/attaccoagliusa/precedenti.htm
Osama Bin Laden http://www.biography.com/people/osama-bin-laden-37172
19
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