SCIENZA E FILOSOFIA EDIZIONE ITALIANA: Giulio Einaudi, 1991

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SCIENZA E FILOSOFIA
EDIZIONE ITALIANA: Giulio Einaudi, 1991 (pp.218)
INDICE: L’opera è composta da cinque saggi: 1) Tre punti di vista a proposito della conoscenza
umana; 2) Lo scopo della scienza; 3) Le fonti della conoscenza e dell’ignoranza; 4) Problemi, scopi
e responsabilità della scienza; 5) Verità, razionalità e accrescimento della conoscenza scientifica.
L'AUTORE: Karl R. Popper (1902-1994), filosofo austriaco, è considerato uno dei più grandi
epistemologi del XX secolo. Fra le sue opere principali ricordiamo: Logica della scoperta scientifica,
Congetture e confutazioni, Conoscenza oggettiva. Popper ha dato un notevole contributo anche alla
filosofia politica, di cui si occupa ne La miseria dello storicismo e ne La città aperta e i suoi nemici,
scritti negli anni’40 in Nuova Zelanda, dove il filosofo si era trasferito in seguito all’avvento del
nazismo in Europa.
ABSTRACT: (a
cura di Mauro Buccheri)
1) Scienza e filosofia è un’opera che contiene una sintesi delle principali tesi di Popper, ed è
composta da cinque saggi, scritti tra il 1956 e il 1963. Nel primo di questi saggi, intitolato Tre punti di
vista sulla conoscenza umana, Popper prende in considerazione le due principali concezioni della
scienza: quella strumentalistica e quella galileana. La concezione strumentalistica, secondo cui le
teorie scientifiche sono soltanto strumenti di calcolo, è diventato oggi il punto di vista ufficiale della
scienza, ed è stato sposato dalla maggior parte degli scienziati del novecento (con l’importante
eccezione di Einstein). Gli strumentalisti ritengono che il mondo fisico è tale e quale ci appare, non è
altro che superficie, non ha profondità: per cui le teorie scientifiche non possono rivelarci alcun
mondo nascosto dietro la superficie, non spiegano né descrivono il mondo, ma sono semplicemente
degli strumenti.
Secondo il punto di vista galileano, al contrario, le teorie scientifiche non sono solo strumenti, ma
anche, e soprattutto, descrizioni del mondo (o di parti di esso). Popper non accetta il punto di vista
strumentalistico, e cerca di difendere il punto di vista galileano; tuttavia ritiene che gli strumentalisti
abbiano ragione a rifutare un aspetto della concezione galileana della scienza: l’essenzialismo.
Analizzando la filosofia galileana della scienza, Popper afferma che essa consta di tre dottrine: 1) la
teoria scientifica vuol essere una descrizione del mondo che consenta una spiegazione dei fatti
osservabili; 2) lo scienziato può riuscire ad accertare definitivamente la verità di una teoria
scientifica; 3) le teorie scientifiche descrivono l’essenza delle cose, la realtà che si cela dietro
l’apparenza, e pertanto sono delle spiegazioni ultime. Popper è d’accordo con la prima di queste
dottrine. Allo stesso tempo però, rifiuta la seconda dottrina in quanto ritiene che lo scienziato non
può mai essere del tutto sicuro che la sua teoria sia vera, dal momento che i suoi controlli empirici
non possono mai essere esaurienti. Le teorie scientifiche sono ipotesi, rimangono sempre sul piano
congetturale (doxa), e non possono ambire al grado di certezze indubitabili (episteme). Popper
rifiuta anche la terza dottrina, che assieme alla seconda costituisce l’essenzialismo; la rifiuta al pari
degli strumentalisti, ma per motivi differenti. Lo strumentalista infatti è convinto che non vi sia nulla di
occulto, e che se ci fosse, potrebbe essere conosciuto soltanto grazie alla Rivelazione divina.
Popper invece nega l’essenzialismo poiché ritiene che la credenza nelle essenze crea degli ostacoli
al pensiero scientifico (per esempio, la credenza diffusa che la teoria di Newton, secondo cui la
materia è dotata di gravità, costituisse l’essenza della realtà impedì che venissero poste domande
importanti, del tipo: “qual è la causa della gravità?”). Del resto, anche se per puro caso ci
imbattessimo in una teoria che coglie davvero l’essenza del mondo, di certo non potremmo mai
saperlo.
Agli strumentalisti, secondo cui le teorie scientifiche sono solo strumenti di calcolo, Popper
dimostra la profonda differenza tra le teorie scientifiche e gli strumenti di calcolo: la teoria scientifica
è controllabile, ossia può essere sottoposta a tentativi di confutazione (e qualora il tentativo di
confutarla fallisce, si dice che la teoria è corroborata dall’esperimento). Gli strumenti di calcolo, al
contrario, non possono essere confutati, e il loro controllo può suggerirci solo delle informazioni
riguardo la loro applicabilità.
Per concludere, il punto di vista popperiano, che intende superare sia l’essenzialismo che lo
strumentalismo, accetta la dottrina galileana secondo cui lo scienziato tende a una descrizione vera
del mondo, ma nel contempo sottolinea come non sia possibile constatare la verità di una teoria
(sebbene talvolta sia possibile accertarne la falsità). Il fatto che la teoria abbia una dimensione
congetturale non deve sminuirne la pretesa a descrivere la realtà delle cose. Del resto, se
controlliamo una teoria e la falsifichiamo, ci rendiamo conto che c’era una realtà cui la teoria poteva
aderire. Questo è il motivo per cui, secondo Popper, il realista ha ragione.
2) Il secondo saggio contenuto in Scienza e filosofia si intitola Lo scopo della scienza. Per Popper
lo scopo della scienza è quello di fornire spiegazioni soddisfacenti della realtà, intendendo per
spiegazione un insieme di asserzioni, una delle quali descrive la situazione che deve essere
spiegata (explicandum), mentre le altre, le asserzioni esplicative, costituiscono la spiegazione in
senso stretto (l’explicans dell’explicandum). L’explicandum è noto, mentre l’explicans è da scoprire,
per cui la spiegazione scientifica mira alla spiegazione del noto attraverso l’ignoto. Per essere
soddisfacente, un explicans deve implicare logicamente l’explicandum e tuttavia deve essere
indipendente dall’explicandum, ossia devono esistere prove indipendenti a suo favore. Ciò vuol dire
che non possiamo spiegare l’explicandum attraverso se stesso, che non possiamo fare uso di
spiegazioni circolari, ossia spiegazioni nelle quali la sola prova dell’explicans è l’explicandum
stesso. Per esempio, qualcuno potrebbe chiedersi: “perché il mare è agitato?”, e un altro potrebbe
rispondere: “perché Nettuno è molto arrabbiato”. Se chiedessimo a costui di portare una prova alla
sua spiegazione egli risponderebbe: “non vedi il mare come è agitato? Il mare è sempre agitato
quando Nettuno è arrabbiato”; ebbene, tale spiegazione è insoddisfacente perché circolare.
L’explicans dev’essere ricco di contenuto, ossia deve essere controllabile indipendentemente
dall’explicandum. Una spiegazione tanto più è soddisfacente quanto più è controllabile. E se lo
scopo della scienza è spiegare, allora essa dovrà cercare di spiegare anche ciò che è considerato
un explicans. Si deve procedere a spiegazioni dotate di un grado crescente di universalità, e questo
procedimento potrebbe andare avanti all’infinito: secondo Popper, infatti, non esistono spiegazioni
ultime. Ogni spiegazione può essere ulteriormente spiegata, non esistono spiegazioni che non
necessitano di ulteriori spiegazioni.
3) Nel saggio Le fonti della conoscenza e dell’ignoranza, Popper confronta l’empirismo (che
riconduce a Bacone), secondo cui fonte della conoscenza è l’osservazione, e il razionalismo (che ha
in Cartesio uno dei suoi esponenti più convinti), secondo cui fonte della conoscenza è la ragione,
ossia l’intuizione intellettuale di idee chiare e distinte, e cerca di mostrare come in realtà, empirismo
e razionalismo presentino più affinità che divergenze. Secondo Russell vi è una stretta correlazione
fra epistemologia e politica: il pessimismo epistemologico (non esiste una verità oggettiva) va di pari
passo con idee autoritaristiche e totalitarie (se l’uomo non può discernere la verità, allora deve
appellarsi ad una potente autorità che dia ordine al caos in cui versa la società). Viceversa,
l’ottimismo epistemologico sarebbe connesso al liberalismo (se l’uomo è in grado di discernere il
vero, allora può essere libero).
Bacone e Cartesio furono due grandi portavoci dell’ottimismo epistemologico in quanto
insegnavano che l’uomo porta in sé la fonte della conoscenza (sia essa la facoltà di percezione
sensibile o quella di intuizione intellettuale), per cui non ha bisogno di appellarsi alla tradizione o a
un’autorità. Popper analizza l’epistemologia ottimistica, la cui dottrina fondamentale è che la verità è
manifesta: l’uomo può riconoscere la verità, può svelarla anche quando essa si nasconde. In
Cartesio questa dottrina assume la forma della veracitas dei: ciò che vediamo chiaramente e
distintamente non può ingannarci, poiché Dio non è ingannevole; la veracità di Dio ci permette di
discernere la verità. In Bacone questa dottrina assume la forma della veracitas naturae: la natura è
un libro aperto, e chi lo legge con mente pura può facilmente cogliere la verità: l’errore può sorgere
solo nel momento in cui ci lasciamo ingannare dai nostri pregiudizi.
La dottrina della verità manifesta, secondo Popper, è soltanto un mito, perché in realtà la verità è
molto difficile da portare alla luce. Popper riconosce i meriti dell’epistemologia ottimistica, ossia
l’avere incoraggiato gli uomini a pensare con le proprie teste e l’aver reso possibile la scienza
moderna, grazie alla quale gli uomini iniziarono ad affrancarsi dalla miseria. Tuttavia, l’epistemologia
ottimistica ha portato anche a delle conseguenze nefaste. Secondo Popper, infatti, la teoria secondo
cui la verità è manifesta è alla base del fanatismo, e può condurre all’autoritarismo più direttamente
di quanto possa farlo il pessimismo epistemologico (Popper prende dunque le distanze da Russell).
Ciò avviene perché in realtà la verità non è affatto manifesta, per cui per decidere sulla verità l’ultima
parola spetta ad un’autorità, la quale potrebbe sentirsi in diritto di liquidare gli oppositori, ossia
coloro che non vedono la presunta verità manifesta… Bacone e Cartesio, pur attaccando la
tradizione, non riuscirono a liberare le loro epistemologie dall’autorità, non rinunciarono a pensare in
termini di autorità, sebbene volessero farlo. Riuscirono solo a sostituire un’autorità (Aristotele o la
Bibbia) con un’altra autorità (quella dei sensi, per Bacone; quella dell’intelletto, per Cartesio).
Per Popper la nostra conoscenza ha fonti di vario tipo, ma nessuna ha autorità: l’esperienza e la
ragione sono importanti per noi, ma non possiamo fare affidamento su di esse. Non esistono fonti
ideali; tutte le fonti possono talvolta condurci all’errore. Si tratta allora di porci la domanda: come
possiamo sperare di accorgerci dell’errore e di eliminarlo? Ciò può avvenire criticando le teorie
altrui, ed anche quelle nostre. La filosofia ha sempre fatto confusione fra le questioni d’origine e
le questioni di validità. Popper, al contrario, vuole tenere ben distinte le due problematiche. Non
occorre preoccuparsi della fonte della conoscenza perché una conoscenza può avere diverse
origini; quel che importa è cercare di criticare, controllandole severamente, le conoscenze stesse, al
fine di giungere a conoscenze sempre più affidabili.
Quantitativamente parlando, la tradizione è la fonte primaria della conoscenza: noi conosciamo le
cose perché le abbiamo imparate, perché le abbiamo lette, o perché ci sono state insegnate;
l’antitradizionalismo costituisce dunque un’assurdità. Ogni conoscenza tradizionale, tuttavia, è
sottoponibile all’esame critico, può essere smentita in qualsiasi momento. L’uomo non ha a
disposizione alcun criterio di verità, e ciò favorisce il proliferare del pessimismo. Tuttavia,
possediamo un criterio che permette di riconoscere l’errore, il criterio di controllabilità o
falsificazione, e tale criterio, permettendoci di giungere a spiegazioni sempre migliori della realtà, ci
mostra come anche l’epistemologie pessimistiche siano errate, al pari di quelle ottimistiche.
4) Il quarto saggio del libro che stiamo esaminando si intitola: Problemi, scopi e responsabilità
della scienza. Bacone viene visto da Popper come il profeta di una nuova religione, la religione della
scienza. A Dio, Bacone sostituisce la Natura. La Natura è un libro aperto, e per penetrarne i segreti
l’uomo deve accostarsi ad essa con mente libera da pregiudizi. Ciò che trae l’uomo in inganno,
infatti, non è la natura, bensì i nostri pregiudizi, le nostre idee preconcette, le nostre teorie.
L’osservazionismo baconiano si basa sulla convinzione che l’osservazione pura non può farci
sbagliare, mentre le teorie costituiscono fonte di errore in quanto ci fanno interpretare erroneamente
le nostre osservazioni. L’osservazionismo esercita tuttora una notevole influenza nella comunità
scientifica.
Per Popper è ingenuo ed errato sostenere che la mente umana possa liberarsi dai propri
pregiudizi. L’uomo opera sempre a partire da teorie, anche se a volte non ne è consapevole. Tutte le
osservazioni partono dalle teorie, per cui non esiste alcuna osservazione pura. Popper chiama
criterio di falsificabilità, o di confutabilità, il suo criterio di demarcazione fra teorie scientifiche e teorie
non scientifiche. Secondo tale criterio, una teoria è scientifica se può essere confutata attraverso
l’esperimento. Le teorie non sottoponibili a controllo empirico, e dunque non confutabili, non sono
scientifiche (e tuttavia non è detto che siano prive di significato; per esempio le teorie metafisiche
sono inconfutabili ma non insignificanti). In questa prospettiva, le osservazioni, gli esperimenti,
servono da sostegno a una teoria se mirano a controllarla severamente, ossia se costituiscono un
serio tentativo di confutarla. L’osservazione ha quindi un ruolo importante nella scienza, ma solo in
quanto ha una funzione critica, permette di eliminare le teorie più deboli e di sostenere le teorie più
forti, ossia quelle che sono state controllate severamente ma non sono state confutate. Anche le
teorie che riescono a superare i controlli hanno un carattere congetturale, ipotetico, in quanto nulla
ci dice che un esperimento più severo, in futuro, non possa confutarle, spianando la strada ad una
teoria più forte.
Lo scienziato non deve cercare conferme alle sue teorie; al contrario, deve cercare in tutti i modi
di confutarle: solo in questo modo ci può essere un progresso scientifico. L’accrescimento della
conoscenza consiste nell’imparare dagli errori che commettiamo: gli errori delle teorie non vanno
nascosti ma cercati. Lo scalzamento di importanti teorie, non dovrebbero essere visto come un
fallimento ma come un trionfo, poiché scalzare una buona teoria significa imparare tante cose dal
suo fallimento. La scienza non nasce dall’osservazione, ma da teorie, da problemi (pratici o teorici);
problemi che si cerca di superare mediante congetture (ossia tentativi di soluzione al problema) e
confutazioni (ossia controlli). Anche se i nostri tentativi di risolvere un problema falliscono, tuttavia
avremo imparato molto dal nostro fallimento. Gli sbagli ci fanno acquisire familiarità col problema e
ci consentono di aumentare le nostre possibilità di risolverlo. Il procedimento scientifico si può
riassumere dunque in tre parole: problema, teoria, critica.
Popper respinge la credenza che il metodo scientifico sia un metodo induttivo. Il termine
“induzione”, in passato, è stato usato in due accezioni: Popper le ritiene false entrambe. L’induzione
per enumerazione consiste nella generalizzazione a partire da osservazioni particolari. La falsità di
tale procedimento consiste nel fatto che il numero di osservazioni effettuabili è infinito (per quanti
cigni bianchi possiamo vedere, non potremo mai inferire che tutti i cigni sono bianchi). L’induzione
eliminatoria consiste nella credenza che eliminando le teorie false si possa accertare la validità di
una teoria. Anche questo procedimento è errato perché il numero delle teorie rivali è infinito. Popper
dimostra così che la scienza non può fondarsi sull’induzione.
5) Nel quinto ed ultimo saggio (Verità, razionalità e accrescimento della conoscenza scientifica)
Popper si occupa del problema del progresso in campo scientifico. Parlando di accrescimento della
conoscenza scientifica Popper non intende l’accumulazione di osservazioni, bensì la demolizione di
teorie scientifiche e la loro sostituzioni con teorie migliori. Quando una teoria è migliore di un’altra?
Quando contiene una maggiore quantità di informazioni empiriche, quando ha un maggiore potere
esplicativo e predittivo, e può essere sottoposta a controlli più severi.
Popper sottolinea il fatto che col crescere del contenuto informativo cresce anche l’improbabilità
della teoria. Per chiarire questo punto fa un esempio: le proposizioni A (“venerdì pioverà”) e B
(“sabato sarà sereno”) hanno un contenuto informativo minore della proposizione AB (“venerdì
pioverà e sabato sarà sereno”), tuttavia hanno una maggiore probabilità di AB. Se cerchiamo di
accrescere la conoscenza scientifica, ossia se cerchiamo teorie con un maggior contenuto
informativo, è chiaro che cerchiamo teorie più improbabili logicamente. Queste osservazioni
possono sembrare banali, e tuttavia vengono respinte da molti studiosi i quali ritengono che il
compito della scienza sia quello di raggiungere teorie altamente probabili. Secondo Popper, le teorie
bassamente probabili dal punto di vista logico hanno un’alta probabilità di essere falsificate poiché
fanno più predizioni, e lo scopo dello scienziato dev’essere proprio quello di trovare teorie altamente
falsificabili, controllabili, e dunque ad alto contenuto informativo. L’idea di probabilità, insomma, non
va confusa con l’idea di maggiore approssimazione alla verità, ossia di maggiore verosimiglianza.
La teoria scientifica costituisce un tentativo di risolvere un problema scientifico, tuttavia ogni teoria
degna di tale nome solleva a sua volta nuovi problemi inaspettati. Il progresso scientifico consiste
dunque nel progredire da un problema ad un altro problema di profondità superiore. La scienza
comincia da problemi e finisce sempre con problemi. In quest’ottica l’importanza di una teoria
scientifica si può valutare in base alla profondità dei problemi che essa solleva.
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