Multimedialità, interattività, formazione: quale futuro

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Multimedialità, interattività, formazione: quale futuro
Marcello Giacomantonio
Direttore Marketing TRAINET s.p.a. (Gruppo STET - Telecom Italia)
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0. Introduzione e sintesi
Pur correndo il rischio di apparire eccessivamente didascalici, abbiamo ritenuto opportuno
iniziare l’analisi degli scenari della multimedialità da una definizione e distinzione dei
concetti di multimedialità e multimedia.
Spesso infatti nella fase di nascita e sviluppo di un’area tecnologica si ha la tendenza ad
utilizzare certi termini assegnando significati non del tutto codificati e concordati, generando
così una sorta di sfocatura semantica sull’area stessa.
Abbiamo ritenuto che una raffigurazione corretta degli scenari dello sviluppo dei sistemi
multimediali dovesse tener conto di quali strade si sono privilegiate e come queste si situano
in relazione al linguaggio specialistico settoriale.
Una volta individuate diverse declinazioni del concetto di multimedialità si è passati ad
analizzare quali sono le possibili variazioni del mix tecnologico per i progetti di formazione e
come ne varia la complessità quando ci riferiamo ad attività di formazione in aula, ad attività
di open learning, o ad interventi più specifici di formazione a distanza (FAD).
Un ulteriore passo ci porta ad analizzare quali sono le tecnologie multimediali di punta per le
attività formative. La formazione multimediale infatti, e quella a distanza in particolare,
giocherà sempre più le sue carte in interventi su grandi numeri, con economie di scala ed
ampia flessibilità di studio.
Le problematiche principali di fondo sono:
- il trasferimento di conoscenze e la possibilità di sviluppare abilità utilizzando i media e gli
ambienti più efficaci;
- le possibilità di integrare con gli utenti assicurando un adeguato livello di feed-back,
soprattutto nei processi di FAD;
- la possibilità di verificare sistematicamente l’apprendimento anche in funzione di un
intervento di qualità.
In questa ottica, ed a parziale soluzione di queste problematiche, si sono analizzate le
principali tecnologie oggi in campo (memorie ottiche, videocomunicazione, satellite) per
arrivare poi a tratteggiare alcuni scenari di sistemi FAD multimediali con diversi livelli di
complessità e diversi obiettivi da raggiungere.
Infine per scendere nella realtà si è lanciato uno sguardo al mercato ed alle prospettive di
sviluppo in questo settore.
1. Multimedialità e multimedia: una distinzione per la formazione
A differenza di quanto accade a volte nel campo delle comunicazioni di massa, la
comunicazione mediatizzata per la formazione non può fare a meno dell’intermediazione
umana per essere veramente efficace, o meglio la comunicazione mediatizzata funziona
veramente bene in un processo più generale controllato dall’uomo.
Anche al processo di comunicazione multimediale sarà quindi opportuno dare una
impostazione a due stadi (two step flow of communication) caratterizzata da uno schema
triangolare in cui si ha un flusso primario mediatizzato (media-utenti, media-tutor), ed un
flusso secondario di natura interpersonale (tutor-utenti).
Da ciò si può cominciare a dedurre che un processo multimediale canonico non può
prescindere dai flussi interpersonali per essere efficace. Si è però potuto verificare che in
talune condizioni anche il flusso interpersonale può essere simulato, realizzando cos una
triangolarità virtuale, ed ottenendo risultati migliori del semplice flusso a due stadi.
In base ai flussi di comunicazione i sistemi multimediali si caratterizzano diversamente.
Sulla base dei possibili modelli emergenti si possono definire tre differenti varianti del
concetto di multimedialità:
- multimedialità dei processi
- multimedialità dei supporti
- multimodalità.
I processi di sviluppo di sistemi multimediali attualmente in atto non prendono molto in
considerazione la prima tipologia (multimedialità dei processi), che implica l’intervento di
mediazione umana.
Ma la multimedialità dei processi rappresenta uno stato permanente, in quanto qualunque
medium presente e futuro potrà sempre essere inserito in un processo più ampio contribuendo
a sviluppare comunque un processo multimediale.
Secondo questa definizione canonica la multimedialità dei processi è l’impiego di differenti
media in un unico flusso comunicativo, scelti in base alle loro specificità, al centro dei quali
rimane la gestione dell’operatore umano.
I molti media di questa multimedialità vengono quindi gestiti al meglio proprio perché
l’operatore umano può correttamente valutare l’impatto sull’utenza. Questo si verifica
facilmente in attività d’aula, ma gli stessi processi si possono ormai facilmente verificare
anche in altri contesti formativi.
é facile comprendere come questo processo non sia legato nè alla tipologia, nè alla qualità dei
singoli media, ma possa integrarli progressivamente quando questi si rendono disponibili.
Lo sviluppo tecnologico in atto tende invece ad individuare sistemi il più possibile automatici
che integrano più tecnologie e già per questo si autodefiniscono multimedia. é quella che
abbiamo definito la multimedialità dei supporti.
Molti sistemi, spesso definiti come sistemi multimediali, fanno riferimento ad una
integrazione di tecnologie diverse (vedi ad esempio la multimedialità delle origini fornita
dall’integrazione videodisco + microcomputer) integrando supporti che costituivano già
media autonomi (multimedialità dei supporti).
Rispetto a ciò va fatta una riflessione sul processo generativo di un qualsiasi medium per
rilevare come questo derivi anch’esso da una interazione sistemica di mezzi, linguaggi e
strategie comunicative, e solo la fase non focalizzata dello sviluppo porta a considerarlo un
fatto multimediale. In una fase successiva, quando il mezzo è meglio definito ne emergono le
caratteristiche specifiche.
Questo processo di integrazione è spinto da una forte esigenza di mimesi che porta ad
integrare su un unico supporto la potenza espressiva dell’immagine con le capacità di
interazione tipiche del computer. In un primo momento la comunicazione audiovisiva era
fornita dal video (analogico) che poteva essere reso interattivo pilotando con un computer
prima il videoregistratore, poi un lettore di videodischi. In questa seconda fase tutto il
processo implica la gestione di segnali digitali che possono essere archiviati su un disco
assieme ai programmi di gestione. Siamo alla fase del video digitale interattivo.
Infine capita spesso di trovarsi di fronte a media in rapida evoluzione che nel loro sviluppo
arrivano ad inglobare modalità espressive diverse. Pensiamo a quanto è successo alla
televisione che ha fagocitato cinema, stampa, fotografia, cartone animato e sta adesso
dilagando anche nei campi dell’interattività.
Pur essendo divenuto, anche dal punto di vista commerciale, un super-medium, non per
questo ha perso la sua caratteristica monomediale, presentando invece una multimodalità dei
suoi processi di comunicazione.
In tal senso può essere inteso anche il nuovo processo, generatosi con l’affinamento delle
tecnologie informatiche, battezzato recentemente multimedia.
Lo si definisce così perché caratteristiche tecniche particolari dei supporti permettono di
presentare messaggi tramite un mosaico interattivo di differenti modalità espressive e
linguaggi (visivo, auditivo, testuale, ecc.).
Anche se questa è sicuramente la parte più interessante per il mercato attuale, per correttezza
di analisi va rilevato che siamo anche qui in presenza più di una multimodalità
rappresentativa nello stesso medium che evolve (il computer) più che una multimedialità vera
e propria.
Questa triplice distinzione (multimedialità dei processi, dei supporti e multimodalità) vuole
dare un contributo nella scelta delle strategie della multimedialità e non tanto presentarsi
come una accademica distinzione terminologica (terminologia che per altro è ormai diffusa
nell’uso comune).
Il nostro interesse deve infatti andare con visione differenziata a queste tre tipologie della
multimedialità.
Mentre la seconda infatti (multimedialità dei supporti) rappresenta sempre delle fasi
momentanee ed evolutive dello sviluppo di una tecnologia, per sfociare poi ad integrazione
avvenuta nella terza (multimodalità) con la nascita di una tecnologia integrata, la prima si
conserva sempre strategicamente rilevante e modello primario. Si presta quindi meglio a
delineare investimenti di lungo periodo, soprattutto in ambito formativo.
2. Il mix tecnologico dei processi di formazione
Uno studio completo della progettazione formativa dovrebbe iniziare ora a delineare le
metodologie progettuali che possono portare ad un risultato efficace. In questo contesto
dobbiamo invece accettare una semplificazione e riduzione che ci permetta di avere chiaro il
quadro generale, pur perdendo elementi di dettaglio.
Un progetto di TBT (Technology Based Training) deve rispondere in fase iniziale ad alcune
domande che permettono di definire il dosaggio o mix delle tecnologie riferite a quelle
specifiche esigenze.
Gli elementi che costituiscono questo mix possono variare in base alle diverse esigenze
progettuali, ma in linea di massima possiamo riportarli ai sei che qui indichiamo: target,
funzioni, obiettivi, contenuti, processo, budget.
Il Target
Il primo elemento da considerare è l’utente del processo formativo con tutte le sue
caratteristiche. In particolare l’età (bambini, ragazzi, giovani, adulti), i prerequisiti culturali,
il contesto di attività, le esigenze, ecc.
Gli Obiettivi
In funzione del target vengono quindi chiariti gli obiettivi del progetto formativo, tenendo
sempre presente che un obiettivo, per essere tale, deve essere sempre verificabile nell’ambito
del progetto stesso.
I Contenuti
Vanno quindi articolati i contenuti suddividendoli, se possibile, secondo una struttura
gerarchica in cicli, moduli ed unità didattiche. Questa articolazione incomincia anche a
mettere in chiaro i tempi di fruizione e l’importanza da assegnare al singolo contenuto.
Le Funzioni dei Media
é a questo punto che conviene ripartire i contenuti in base ai media che si utilizzeranno per la
loro rappresentazione. Se i media non sono integrati (video, computer, carta) è più facile
distinguere le funzioni svolte, diversamente sarà anche necessario dettagliare le modalità di
rappresentazione (immagine statica, in movimento, di tipo grafico, fotografico, ecc.).
Il Processo
Vanno ora articolate le strategie comunicative e formative adottate nella realizzazione, passo
passo, di tutto l’intervento formativo. Rispetto alla fruizione di un video sarà necessario
stabilire quali azioni sarà necessario compiere prima e quali dopo la visione, con che
materiali integrativi operare e quali risultati raggiungere. Tutto questo andrà esplicitato nella
microprogrammazione dell’intervento.
Il Budget
Le risorse finanziarie disponibili potrebbero anche essere considerate al primo posto. Ma in
realtà la programmazione tiene sempre conto ad ogni passo anche degli altri elementi e
attraversa raffinamenti e ritocchi successivi. Il budget deve tenere conto del dettaglio dei
costi per le singole operazioni (progettazione, stesura dei contenuti, realizzazione dei singoli
supporti mediatizzati, ecc.) e deve sistematicamente confrontarsi con la disponibilità in caso
di intervento a finanziamento fisso, o deve andare ad incrociare i ricavi per determinare il
punto di pareggio (break-even point) in caso di attività sul mercato.
La scelta e l’accorto dosaggio dei diversi media costituisce appunto il mix tecnologico dei
sistemi formativi.
3. Mix tecnologico e concetti formativi
Le modalità con cui gli interventi vengono fruiti possono essere le più diverse, ma tuttavia
riassumibili in tre casistiche principali:
- uso dei pacchetti come supporto ad interventi in aula, con un impiego ridotto delle
potenzialità e forse anche dei materiali del pacchetto;
- pacchetti di supporto ad interventi in autoformazione, con utilizzo ridotto del set dei servizi;
- pacchetti di supporto ad interventi a distanza FAD, con impiego al massimo delle
potenzialità sia dei pacchetti che dei servizi.
Nonostante le tecnologie siano sottoutilizzate nelle attività classiche di formazione in aula, è
ormai consolidata la consapevolezza della loro funzionalità. Inoltre i materiali formativi
mediatizzati ben si prestano ad una prima sperimentazione in aula, utilizzando cos un
importante banco di prova.
Nei tre casi è possibile partire da pacchetti formativi tradizionali, per passare alla
realizzazione di pacchetti mediatizzati con la scelta di volta in volta di una sola tecnologia,
per giungere infine a soluzioni di integrazione multimediale, con mix differenti di tecnologie.
Possiamo quindi schematizzare la crescita del grado di complessità in funzione della
tipologia di intervento e del mix tecnologico adottato come nello schema 3 (v.).
In linea di massima possiamo stabilire che la complessità dell’intervento mediatizzato
aumenta nel passare da interventi in aula, all’autoapprendimento, alla FAD (Formazione a
Distanza).
Dove per complessità si intende l’insieme delle strategie che è necessario mettere in atto sia
con l’uso del singolo mezzo, sia con la scelta di un mix multimediale particolarmente
sofisticato, ma anche nel passaggio dall’attività d’aula ad attività a distanza.
Prima di addentrarci nella struttura del sistema formativo multimediale, vediamo allora nel
dettaglio queste tre tipologie di intervento.
3.1. Interventi d’aula
Nel caso dell’intervento d’aula il pacchetto mediatizzato può presentarsi anche poco
strutturato, potendo contare sulla gestione da parte del docente. Anzi in tali casi pacchetti
poco strutturati risultano assai più flessibili conservando un più ampio grado di impiego in
situazioni più differenziate.
é il docente in tal caso a dosare l’utilizzo del pacchetto stesso, inserendolo in una strategia
ragionata ad hoc per uno specifico gruppo di utenza e traendone il massimo beneficio.
Spesso possono essere utilmente riciclati a tale scopo anche pacchetti nati con intenti
differenti o con un più profondo grado di strutturazione.
L’intervento d’aula, soprattutto se protratto per lunghi periodi e con attività intensive, non
potrà che beneficiare di tutti i vantaggi che il pacchetto mediatizzato presenta.
In particolare ben si prestano a tale utilizzo pacchetti ad alto valore aggiunto, pacchetti cioè
dove la stessa informazione si presenta attraverso due o più media che danno cos al pacchetto
un altissimo grado di flessibilità.
Una videolezione, in genere studiata per open learning, può avere una applicazione efficace
in aula per presentare in modo sintetico un argomento o il punto di vista di un esperto. Ma il
materiale video prodotto a tale scopo presenta spesso molti schemi, diagrammi e
raffigurazioni che possono entrare anche autonomamente a far parte del pacchetto formativo
sotto forma di diapositiva o di trasparenza per lavagna luminosa.
In tal modo ogni docente può decidere di presentare l’argomento secondo le strategie
comunicative più opportune per il particolare gruppo di utenza o per la fase formativa in cui
si trova.
Inoltre il costo ulteriore di realizzazione di tali materiali supplementari è assai modesto una
volta che l’immagine è già stata realizzata per la fase della post-produzione video. Il valore
che viene tuttavia aggiunto al pacchetto è invece notevole, proprio per la sua massima
flessibilità di impiego che rompe la rigidità di destinazione del prodotto audiovisivo.
Per l’attività d’aula i supporti di distribuzione che riteniamo più funzionali per l’integrazione
di una didattica tradizionale sono proprio quelli a tecnologie più povere (trasparenza e
diapositiva) abbinate ad un uso attento del video.
La videolezione infatti più che un prodotto è una metodologia e costituisce in sé un piccolo
pacchetto. Ogni videolezione, secondo una consuetudine ormai stabilizzata, non dovrebbe
essere infatti costituita solo da una videocassetta, ma da un insieme di materiali, quali ad
esempio:
- una videocassetta che propone la tematica presentata da un esperto secondo un accorto
dosaggio di discorso, schemi ed immagini raffigurative;
- un piccolo manuale di riferimento per l’approfondimento dei contenuti, in particolare
quando devono essere indicate formule, calcoli ed altri processi di dettaglio;
- uno schema di lavoro da proporre al gruppo di utenza;
- un test di verifica della comprensione dei contenuti proposti.
Non dimentichiamo tuttavia che il CBT si presta principalmente ad uso individuale e che
l’utilizzo in attività tradizionali d’ultima generazione. Una buona variante che permette di
orientare il CBT ad un uso di gruppo è l’utilizzo di simulazioni nelle diverse tipologie. Si può
anche qui prendere in considerazione una complessità crescente che va dallo studio di casi
con il supporto del computer alle più complesse .
In questi casi il computer torna ad essere uno degli elementi della strategia comunicativa ad
integrazione di processi guidati assai più complessi.
Infine all’apice dei sistemi mediatizzati poniamo i sistemi videodigitali. Questi sistemi si
prestano sia ad utilizzi di open learning che a strategie didattiche avanzate in aula. In
particolare possono realizzare ipotesi avanzate di CBT in cui sia necessario l’utilizzo di
immagini sia dal vivo sia statiche che in movimento.
A tale proposito va tuttavia sottolineata una certa inerzia negli attuali sistemi di delivery,
anche a causa di una certa difficoltà nella definizione degli standard.
3.2. Processi di autoistruzione
L’autoistruzione sta diventando sempre più una strategia formativa di vasto impiego e
costituisce la base di alcune applicazioni in aula come di molti interventi a distanza
Abbiamo voluto distinguerla come tipologia a sé, individuando con essa tutte quelle forme di
open learning che prevedono in massima parte una gestione individuale del processo
formativo da parte dell’utente.
Attività di autoistruzione sono possibili già con materiali cartacei tradizionali. Non
dimentichiamo infatti che tutto il processo di approfondimento e di aggiornamento si è
sempre svolto in questo modo da parte di chi, interessato ad un particolare argomento, ne ha
ricercato libri ed articoli su riviste, studiando poi per proprio conto.
In molti casi, soprattutto in passato, gli uomini di scienza erano degli autodidatti.
Ma gli interventi di autoistruzione si riferiscono principalmente alla possibilità di fornire ad
utenti occupati uno strumento rapido ed efficace per aumentare le loro competenze generali e
di base, contribuendo alla loro crescita professionale.
Questi processi hanno la necessità di motivare l’utente stesso con forme didatticamente
accattivanti, con processi autoformativi brevi e di facile esecuzione, da realizzare in ritagli di
tempo sottratti sia all’attività lavorativa che al tempo libero.
Un tale tipo di utente non avrebbe spesso né la disponibilità né la capacità di gestire una
propria ricerca di conoscenza, basata sulla lettura di testi e di articoli, mentre solo
parzialmente potrebbe essere coinvolto nell’uso di una manualistica non immediatamente
finalizzata alluso di strumenti di lavoro.
Per la diffusione di questi pacchetti formativi possiamo concentrare la nostra attenzione su
due diversi tipi di tecnologie che individueremo come on line (cioè pacchetti distribuiti in
tempo reale, con l’utilizzo di reti telematiche o canali televisivi) ed off line (pacchetti
realizzati con diversi supporti mediatizzati e non, distribuiti con i supporti fisici relativi).
In molti casi queste due diverse tipologie possono utilizzare anche gli stessi materiali,
distinguendosi solo per l’ampiezza e la simultaneità dell’intervento.
In altri casi verrà invece esaltata la specificità dei mezzi trasmissivi ed il loro grado di
interattività, costruendo pacchetti ad hoc per i canali utilizzati.
In linea di massima possiamo dire che le due tecnologie di base utilizzabili per la diffusione
on line possono essere il CBT e la Videolezione, utilizzando nei due casi le reti telematiche
ed il satellite.
I due mezzi si prestano ad interventi diversificati e si giustificano comunque solo per progetti
di ampia diffusione. Solo l’estensione del progetto infatti può far accettare la necessaria
riduzione della qualità grafica del CBT o la scarsa interattività di un sistema semplicemente
televisivo.
Diversa si presenta la situazione per i pacchetti off line. L’ampia disponibilità di memoria
delle memorie ottiche (CD-ROM, WORM, Erasable) permette infatti di utilizzare in modo
esteso sia le soluzioni grafiche più avanzate (anche con immagini a colori di tipo
fotografico), sia interfacce di tipo ipertestuale.
Con un indirizzo applicativo di tipo non formativo le stesse tecnologie si possono applicare al
campo della manualistica producendo materiali tecnici di rapida consultazione, in genere
registrati su CD-ROM, a costi di delivery assai vantaggiosi.
Nelle sue ipotesi più avanzate poi il CBT può divenire videodisco interattivo, CD-I o DVI, a
seconda della soluzione tecnica adottata.
Anche la videocassetta si presta ancora bene ad interventi di autoistruzione, magari
accompagnata da materiali cartacei di documentazione, in tutti quei casi in cui l’immagine in
movimento è irrinunciabile ed i costi di esercizio devono mantenersi bassi.
Ma come abbiamo già avuto modo di dire altre volte, ogni mezzo presenta alcuni limiti
quando si deve utilizzarlo in autoistruzione. La soluzione più efficace in questa forma di
didattica (come vedremo pure per la formazione a distanza) rimane quella della
multimedialità.
Nel caso che stiamo esaminando multimedialità vuol dire limitarsi principalmente a due
ipotesi:
- la prima, nel breve periodo, data dall’integrazione di CBT, videolezioni e materiali cartacei;
- la seconda, nel medio-lungo periodo, che prevede l’integrazione su un unico supporto una
volta stabilizzato lo standard (MPC, CDI, ecc.).
Ogni altro mix rischierebbe di aumentare il grado di complessità del sistema conducendo ad
accrocchi di attrezzature di gestione interattiva complicata.
Queste due ipotesi sembrano non proporre nulla di nuovo rispetto a quanto detto anche
precedentemente parlando delle soluzioni semplicemente mediatizzate, soprattutto perché tali
soluzioni non ci hanno mai convinto ed abbiamo sempre ritenuto opportuno sottolineare
l’esigenza di supporti cartacei adeguati o di altre integrazioni.
La realtà produttiva presenta invece spesso programmi per CBT o videocassette fornite al più
con un foglietto di istruzioni per l’uso, ma senza indicazioni per l’impiego didattico o alcun
materiale di supporto, adducendo come ragione i costi elevati di produzione di materiale
integrato.
Ma affrontando in fase di progettazione una adeguata strategia multimediale, ed utilizzando
sistemi e criteri di sviluppo messi a punto ad hoc, è possibile raggiungere un buon grado di
efficacia del pacchetto a costi contenuti.
3.3. Formazione a distanza
Con formazione a distanza intendiamo una serie di strategie formative integrate che tendono
a riprodurre l’efficacia della formazione in aula senza richiedere tuttavia il trasferimento
fisico e la concentrazione degli utenti in aule.
Le recenti esperienze hanno individuato molti vantaggi nell’utilizzo delle tecnologie in tali
interventi secondo modalità integrate on line ed off line che costituiscono specifici mix
multimediali.
Riteniamo infatti di concentrare l’attenzione sulle strategie multimediali per la FAD,
rimandando a quanto già detto nel caso delle attività di autoistruzione per interventi con
singoli media.
La differenza principale con interventi in autoistruzione può essere individuata nella presenza
di servizi di rinforzo e controllo dell’apprendimento, tramite la creazione di classi virtuali (o
reali), gestite da tutor che non necessariamente hanno competenza sulle tematiche trattate, ma
sono in grado di gestire le carriere formative degli utenti.
Le caratteristiche multimediali del pacchetto base sono ancora quelle analizzate per
l’autoistruzione data dall’integrazione di CBT, videolezioni e materiali cartacei che tiene
tuttavia conto dell’evoluzione delle tecnologie e dell’integrazione dei diversi media su un
unico supporto.
In base alle caratteristiche dell’intervento il CBT e le videolezioni possono essere distribuite
on line tramite le reti telematiche ed i canali televisivi via satellite che si ritengono più
opportuni.
Ma nel caso della FAD l’architettura dell’intervento prevede attività formative e di controllo
collaterali.
Uno strumento di rinforzo della motivazione ed approfondimento (assessement) della
tematica inizialmente trattata con CBT e video è il collegamento in teleconferenza con
l’esperto che ha partecipato alla costruzione dei materiali didattici e che può quindi chiarire
quanto non compreso tramite i materiali disponibili.
Riteniamo che normalmente sia più facilmente percorribile la strada dell’audioconferenza
con supporti videografici, assai meno costosa di quella della videoconferenza, oggi
accessibile ancora a costi assai elevati, per un intervento di formazione.
Inoltre con la ormai avviata distribuzione da parte di SIP degli allacci ISDN (Integrated
Services Digital Network) i tempi di trasmissione delle immagini si sono ridotti a qualche
istante ed a frazioni di secondo se accettiamo un compromesso sulla qualità, rendendo la
comunicazione assai più efficace e perfettamente gestibile in tempo reale.
Questi servizi di teleconferenza permettono alle classi virtuali di trovarsi riunite sotto la
guida di un unico docente, dibattendo interattivamente le tematiche, pur rimanendo in località
fra loro remote.
Altri servizi rilevanti degli interventi FAD sono quelli di comunicazione all’interno del
gruppo virtuale e con esperti o coordinatori.
Queste attività sono assicurate da servizi di posta elettronica facilmente accessibili all’utente
anche dalla propria abitazione, con una minima dotazione hardware.
Tali servizi possono essere utilizzati anche per attività di telemonitoraggio qualora non si
ritenesse opportuno far svolgere tale attività ad un tutor che può garantire il contatto fisico
con l’utente.
Va tuttavia rilevato che il successo dell’attività di formazione a distanza dipende in gran
parte dalla presenza fisica di un tutor che prenda in carico, anche solo saltuariamente, la
carriera formativa dell’utente, ne indirizzi la pianificazione dello studio e ne verifichi
l’apprendimento nel tempo.
Il tutor rappresenta con la sua figura l’organizzazione erogante gli interventi di formazione e
garantisce un utilizzo sistematico ed efficace di tutte le risorse disponibili nel progetto
formativo.
In sostanza questi interventi di formazione a distanza vanno visti come metodologie per la
strutturazione di centri territoriali che costituiscano una rete formativa di livello nazionale,
dove la qualità dell’intervento può essere garantita dall’impiego di massimi esperti per la
produzione dei materiali e per i dibattiti in teleconferenza, da un’assistenza puntuale di tutor
di alta professionalità didattica e da una produzione di materiali multimediali di alto livello.
4. I supporti tecnologici per il multimediale della formazione
Ormai abbiamo capito che il vero multimedia degli anni a venire è un processo di continua
aggregazione ed integrazione di tecnologie, metodi e modalità espressive. Soprattutto il vero
multimedia implementerà l’interattività a distanza e quindi opererà in rete.
Le memorie ottiche, che stanno svolgendo un ruolo strategico per la diffusione,
riacquisteranno la giusta collocazione di semplici memorie di massa sia riscrivibili che non,
mentre il multimedia potrà essere accessibile in rete a costi contenuti.
In questo processo vediamo coinvolti tutti i principali supporti tecnologici ed in particolare:
- il desktop multimedia che si porrà l’obiettivo di andare ad integrare per gradi tutte le
tecnologie dell’immagine, del suono e del testo soppiantando cos anche la videoregistrazione
classica ed arrivando ad un’unica tecnologia digitale;
- _i processi di videocomunicazione, intesi come utilizzo delle reti telematiche per la
trasmissione in tempo reale o differito di immagini e suono per collegamenti punto-a-punto o
multipunto, con completa bidirezionalità, ma verosimilmente limitato ad un numero modesto
di utenti in contemporanea (più per problemi di regia che non di tecnologia);
- le trasmissioni video in diretta da satellite (DBS = direct by satellite) che puntano ormai alla
tecnologia digitale in alta definizione ed integreranno anch’esse servizi in testo (teletext) e
distribuzione di applicativi informatici (telesoftware).
5. Difficoltà ed ostacoli sulla strada dello sviluppo
Quando si parla, e si sente parlare gli esperti, di queste problematiche sembra sempre di
essere all’interno di un processo automatico che ineluttabilmente si realizza nei tempi e nei
modi predefiniti. Quasi uno schiacciasassi tecnologico che spinge inesorabile a spianare la
strada del progresso.
In realtà nulla è più lontano dal vero di questa immagine. La strada dello sviluppo delle
tecnologie è costellata di innumerevoli fallimenti, ritardi e veri e propri cadaveri tecnologici.
Le ragioni di fondo sono almeno due (ma a pensarci qualche istante se ne potrebbero trovare
mille altre).
La prima ragione è che il progresso tecnologico è stato ultimamente cos rapido e con un
turnover di tecnologie cos spinto che anche tecnologie che agli addetti ai lavori sembrano
scontate ancora non sono affatto stabilizzate e del tutto digerite. Non lo sono nel nostro Paese
che, nel bene e nel male, è uno dei più avanzati, figuriamoci in generale.
In questa ragione di fondo va anche compresa una ulteriore considerazione. Nonostante le
ultime evoluzioni, la nostra è, e per molto sarà, una civiltà delle macchine, cioè
dell’hardware. L’industria dell’hardware, pur in crisi profonda, ha tenuto per decenni il piede
sull’acceleratore dello sviluppo. In tal modo l’uomo medio (se questo concetto può esistere)
si è sempre trovato fra le mani una tecnologia più avanzata dei suoi bisogni reali del
momento. Nel 1932 diceva Bertold Brecht a proposito dell’invenzione della radio: «E’ potuto
così accadere che la tecnica fosse tanto progredita da produrre la radio in un’epoca in cui la
società non era tanto progredita da poterla accogliere. Non c’era un pubblico in attesa della
radio, era la radio invece ad essere in attesa del pubblico. ...D’improvviso si aveva la
possibilità di dire tutto a tutti, ma a pensarci bene non si aveva nulla da dire».
Ad un convegno di qualche settimana fa un esperto tecnologo faceva notare che dobbiamo
affinare le tecniche di scelta dei messaggi, perché con la TV digitale avremo fra qualche anno
diverse migliaia di canali televisivi fra cui poter scegliere. Un aspetto che non è stato
approfondito, ma che si è presentato, era così sintetizzabile: chi avrà il tempo di seguirli? Un
chiaro esempio di tecnologia eccessiva? Può darsi, tuttavia è una realtà con cui doversi
misurare.
La seconda buona ragione per cui l’evoluzione tecnologica è ben lungi da essere un fatto
scontato è che essa è in realtà il risultato di uno scontro, spesso feroce, fra grandi interessi
economici. La risultante finale è quindi sempre quella che riesce ad imporsi come tecnologia
vincente. Proprio per queste ragioni (il mercato) alcune tecnologie da noi si sono appena
affacciate senza mai vivere una vera opportunità di sviluppo prima di entrare nella fase di
declino (vedi ad esempio la storia del videodisco analogico). Altre invece, pur essendo sul
mercato da alcuni anni, sono ancora al palo, attendendo alleanze strategiche ed opportunità di
mercato (vedi qui ad esempio il caso CDI cioè compact disc interattivo).
Nel campo della formazione il multimediale deve poi fronteggiare una serie di errori assai
comuni, proviamo ad enumerarli:
- sovrastima delle dimensioni del mercato;
- sovrapproduzione/sottoprezzamento;
- tecniche di valutazione modeste;
- notevoli resistenze al cambiamento;
- investimenti realizzati ipotizzando un ritorno a breve termine;
- management finanziario modesto;
- mancanza di ricerca di mercato e marketing.
Ma secondo le ricerche di alcuni programmi di sviluppo della Comunità Europea (come ad
esempio il programma DELTA indirizzato proprio alle tecnologie per la formazione) vi sono
anche ostacoli intrinseci delle stesse tecnologie al loro sviluppo. Fra questi ostacoli possiamo
ad esempio citare:
- mancanza di standardizzazione che compromette talvolta gli investimenti;
- alto costo unitario dei programmi formativi multimediali non rivolti ad una base di utenza
sufficientemente ampia;
- esperienza di insegnamento/apprendimento inadeguata negli operatori;
- sistemi non sufficientemente user friendly (di uso facile, amichevole).
In questo scenario è quindi necessario individuare alcuni acceleratori del mercato della
formazione multimediale e perseguire l’applicazione se si vuole facilitare lo sviluppo.
Fra questi teniamo in conto:
- lo sviluppo dei sistemi per il mercato del consumer;
- lo stabilizzarsi dello standard delle tecnologie;
- programmi integrati della Comunità Europea volti alla sperimentazione ed applicazione;
- progetti di interesse nazionale sia nel campo della scuola che della formazione
professionale ed aziendale;
- misure legislative di salvaguardia che facilitino il recupero degli investimenti e combattano
il fenomeno della pirateria.
Nonostante l’importanza strategica del fenomeno tecnologico allo stato attuale la nostra
situazione nazionale dei produttori di multimedia è piuttosto modesta.
I principali produttori, secondo uno studio recente, sono circa 20 piccole e piccolissime
imprese assai specializzate che fatturano da 500 a 5.000 milioni annui. Spesso queste imprese
sono legate a grosse imprese in diversi settori: sviluppatori di hardware, sviluppatori di
software, formazione e comunicazione.
La gran parte di queste imprese ha poi una struttura monocliente (lavorano cioè per un unico
grosso cliente) o monotecnologia (si occupano cioè dello sviluppo di una particolare
applicazione con uno strumento ben preciso). Inutile sottolineare come questa tipologia di
impresa sia ad alto rischio, esposta come è al mutare delle esigenze di mercato o all’evolvere
della stessa tecnologia che essi vendono.
D’altra parte il mercato italiano del multimedia, pur presentando un trend di crescita assai
interessante del 25% annuo, rappresenta oggi in valore globale meno dell'1% del mercato più
generale dell’informatica. Un mercato troppo piccolo per indurre ad investimenti adeguati.
La soluzione allo sviluppo è quindi un’altra: bisogna cioè puntare a produrre non per il
mercato italiano ma per un più vasto mercato internazionale, magari, questo sì, proponendo
titoli caratteristici della nostra cultura come possono essere quelli nel settore dei beni
culturali.
Solo in questo modo possiamo pensare allo svilupparsi di una realtà produttiva interna ed alla
possibilità che anche in questo campo il nostro Paese non sia territorio di conquista per
l’industria estera.
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